Language of document : ECLI:EU:T:2008:211

Causa T‑410/03

Hoechst GmbH

contro

Commissione delle Comunità europee

«Concorrenza — Intese — Mercato dei sorbati — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE — Determinazione dell’importo delle ammende — Obbligo di motivazione — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Principio del ne bis in idem — Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo — Accesso al fascicolo — Durata del procedimento»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Violazione derivante dall’obbligo della Commissione — Rispetto dei principi di buona amministrazione e di parità di trattamento

(Regolamento del Consiglio n. 17, artt. 15, n. 2, e 17; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 17, artt. 19, n. 1, e 20)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Cessazione delle infrazioni — Potere della Commissione — Ingiunzioni rivolte alle imprese

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 3, n. 1)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Prescrizione in materia di ammende — Applicazione esclusiva del regolamento n. 2988/74

(Regolamento del Consiglio n. 2988/74, art. 2, nn. 1 e 3)

5.      Concorrenza — Ammende — Decisione con cui vengono inflitte ammende — Obbligo di motivazione — Portata

(Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

6.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

8.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Ripartizione delle imprese interessate in categorie aventi un elemento specifico identico

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Carattere dissuasivo dell’ammenda

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, quarto e quinto comma)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Durata dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 B, primo e terzo comma)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità e durata dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punti 1 A e B)

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Recidiva

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazioni della Commissione 96/C 207/04 e 2002/C 45/03)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Presa in considerazione della cooperazione dell’impresa incriminata con la Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, sezione B)

16.    Concorrenza — Ammende — Sanzioni comunitarie e sanzioni inflitte in uno Stato terzo per violazione del diritto nazionale della concorrenza

[Art. 3, n. 1, lett. g), CE; regolamento del Consiglio n. 17, art. 15]

1.      Nell’ambito dell’applicazione della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intese tra imprese, la Commissione viola i principi di buona amministrazione e di parità di trattamento qualora assicuri ad una delle imprese cooperanti che sarà avvertita qualora altre imprese dovessero tentare di precederla in materia di cooperazione, ancorché tale promessa non venga effettivamente mantenuta in seguito.

Qualora tale irregolarità procedurale non sia tale da comportare l’annullamento della decisione finale della Commissione, l’importanza del rispetto di tali principi da parte di detta Istituzione può giustificare, nei confronti dell’impresa vittima dell’irregolarità, la riduzione dell’importo dell’ammenda da parte del giudice comunitario nell’ambito della sua competenza anche di merito.

(v. punti 136‑137, 581‑582)

2.      Il diritto di accesso al fascicolo, corollario del principio del rispetto del diritto di difesa, implica che, nei procedimenti in materia di concorrenza, la Commissione debba dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi ultimi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti commerciali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e le altre informazioni riservate.

La Commissione non può tuttavia richiamarsi, in maniera generale, alla riservatezza per giustificare il suo diniego assoluto di divulgare i documenti del suo fascicolo. Infatti, il diritto delle imprese e delle associazioni di imprese alla tutela dei loro segreti commerciali dev’essere bilanciato con la garanzia del diritto di accedere al fascicolo completo.

A tal riguardo, il fatto di consentire l’accesso alla versione non riservata di un documento contenuto nel fascicolo della Commissione, la quasi totalità delle cui pagine siano bianche e contrassegnate dalla dicitura «segreti commerciali», senza che ne venga fornita alcuna versione non riservata più comprensibile né un sunto, può essere equiparato alla mancata divulgazione di tale documento.

(v. punti 145, 152‑153)

3.      L’applicazione dell’art. 3, n. 1, del regolamento n. 17 può comportare il divieto di persistere in talune attività, pratiche o situazioni la cui illegittimità sia stata accertata, ma anche quello di tenere in futuro un comportamento analogo. Obblighi del genere imposti alle imprese non devono tuttavia eccedere i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso. Inoltre, il potere della Commissione di pronunciare ingiunzioni dev’essere esercitato in funzione della natura dell’infrazione accertata.

Il fatto che un’impresa che abbia preso parte a pratiche anticoncorrenziali non eserciti più attività sul mercato interessato al momento dell’adozione della decisione della Commissione che sanzioni tali pratiche, ovvero che queste ultime siano cessate già prima dell’adozione della decisione, non implica che la Commissione, laddove ingiunga a tale impresa di astenersi da qualsiasi atto o comportamento anticoncorrenziale, travalichi i poteri conferitile dall’art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, atteso che tale ingiunzione è, per sua natura, preventiva e non dipende dalla situazione dell’impresa interessata al momento dell’adozione della decisione.

(v. punti 198‑200)

4.      Se è pur vero che il superamento di un termine ragionevole può giustificare, a determinate condizioni, l’annullamento di una decisione di accertamento di una violazione delle norme in materia di concorrenza, tale principio non può essere applicato quando venga contestato l’importo delle ammende inflitte da tale decisione, dal momento che il potere della Commissione di infliggere ammende è disciplinato dal regolamento n. 2988/74, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto della concorrenza, che prevede, a tal fine, un termine di prescrizione. Tale regolamento ha infatti istituito una normativa completa che disciplina in dettaglio i termini entro i quali la Commissione può legittimamente infliggere – senza violare l’esigenza fondamentale della certezza del diritto – ammende alle imprese oggetto di procedimenti di applicazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza. L’art. 2, n. 3, di tale regolamento prevede che la prescrizione maturi in ogni caso, fatta salva l’eventuale sospensione, decorsi dieci anni, nell’eventualità in cui la prescrizione sia stata interrotta a termini dell’art. 2, n. 1, del regolamento medesimo, ragion per cui la Commissione non può, salvo incorrere nella prescrizione, procrastinare sine die la propria decisione sulle ammende. A fronte di tale disciplina, qualsiasi considerazione connessa all’obbligo della Commissione di esercitare il proprio potere di infliggere ammende entro un termine ragionevole dev’essere respinta.

(v. punti 220, 223‑224)

5.      Una decisione della Commissione che infligge ammende a varie imprese per infrazione alle norme comunitarie in materia di concorrenza è sufficientemente motivata, per quanto attiene alla ripartizione delle imprese interessate in singole categorie ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda, qualora la Commissione precisi di essersi basata sulle quote di mercato mondiale calcolate in base ai dati concernenti il fatturato mondiale relativo al prodotto di cui trattasi, ancorché, per motivi di riservatezza, essa non indichi tali fatturati, bensì semplicemente forcelle di quote di mercato, dovendosi ritenere tali elementi sufficientemente comprensibili.

(v. punti 258‑259, 261, 263‑265)

6.      Nella determinazione dell’importo di un’ammenda inflitta per violazione delle norme comunitarie in materia di concorrenza la Commissione dispone di un potere discrezionale. Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, l’importo dell’ammenda viene determinato in base alla gravità e alla durata dell’infrazione. Detto importo è altresì il risultato di una serie di valutazioni quantitative effettuate dalla Commissione in conformità degli orientamenti. La determinazione di tale importo è, in particolare, funzione di diverse circostanze collegate al comportamento individuale dell’impresa in questione, quali l’esistenza di circostanze aggravanti o attenuanti.

Da tale contesto normativo non si può dedurre che la Commissione debba garantire che l’importo dell’ammenda così calcolato sia proporzionale al volume globale del mercato del prodotto di cui trattasi nello Spazio economico europeo, in un determinato anno dell’infrazione.

(v. punto 342)

7.      I tre aspetti che devono essere presi in considerazione nella valutazione della gravità dell’infrazione, a termini degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, vale a dire la natura specifica dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante, non presentano lo stesso peso nell’ambito dell’esame globale. La natura dell’infrazione svolge un ruolo fondamentale, in particolare, nel caratterizzare le infrazioni qualificate come «molto gravi». A tal riguardo, dalla descrizione delle infrazioni molto gravi contenuta negli orientamenti risulta che accordi o pratiche concordate miranti specificamente alla fissazione di obiettivi di prezzo o alla ripartizione di quote di vendita possono già essere qualificati, solo per questa loro natura specifica, come infrazioni «molto gravi», senza necessità che tali comportamenti abbiano un impatto particolare.

(v. punti 343, 345)

8.      Una decisione della Commissione contenente sanzioni rivolta a diverse imprese che abbiano partecipato ad un’intesa illecita, benché redatta sotto forma di una sola decisione, dev’essere considerata come un insieme di decisioni individuali che accertano, nei confronti di ogni singola impresa destinataria, la o le infrazioni assunte a suo carico infliggendole la relativa ammenda. La Commissione può quindi esaminare la situazione delle diverse imprese interessate separatamente ripartendole in categorie al fine di determinare il contributo individuale di ogni singola impresa alla realizzazione dell’intesa, anche quando, in seno all’intesa stessa, un gruppo di imprese abbia sempre tenuto un comportamento concertato.

(v. punti 308, 360, 365)

9.      Nella determinazione dell’importo di un’ammenda per violazione delle norme in materia di concorrenza ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, la Commissione può applicare un fattore di maggiorazione dell’importo di base per tener conto delle dimensioni e delle risorse globali dell’impresa.

Infatti, da un lato, la necessità di garantire un effetto dissuasivo sufficiente esige che l’importo dell’ammenda venga modulato al fine di tener conto dell’impatto voluto sull’impresa cui l’ammenda stessa viene inflitta, affinché questa non venga resa trascurabile o, al contrario, eccessiva, in considerazione, segnatamente, della capacità finanziaria dell’impresa in questione, conformemente agli obblighi derivanti, da un lato, dalla necessità di assicurare l’effettività dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità. La Commissione può tener conto del fatto che l’impresa interessata, in considerazione del suo fatturato complessivo rispetto a quello degli altri membri dell’intesa, possa mobilizzare più facilmente i fondi necessari ai fini del pagamento della propria ammenda, il che giustifica, ai fini di un effetto dissuasivo sufficiente di quest’ultima, l’applicazione di un coefficiente moltiplicatore. In tale contesto, le risorse economiche dell’impresa devono essere valutate, al fine di perseguire correttamente la finalità deterrente, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità, alla data in cui l’ammenda viene inflitta. A tal riguardo, per gli stessi motivi, si deve sottolineare che, nell’ambito dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, il tetto massimo dell’ammenda, fissato al 10% del fatturato dell’impresa interessata, è determinato in funzione del fatturato realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente la decisione.

Dall’altro lato, la Commissione può prendere in considerazione le infrastrutture giuridico-economiche di cui dispongono le imprese al fine di poter meglio valutare il carattere di infrazione del loro comportamento. Tale aspetto è volto a penalizzare maggiormente le grandi imprese delle quali si presume che dispongano di conoscenze e infrastrutture sufficienti per essere consapevoli del carattere illecito del loro comportamento e valutarne gli eventuali benefici. In tale ipotesi, il fatturato in base al quale la Commissione determina le dimensioni delle imprese in questione e, pertanto, la loro capacità di valutare il carattere e le conseguenze del proprio comportamento dev’essere riferito alla loro situazione al momento dell’infrazione stessa.

Un coefficiente di maggiorazione del 100% dell’importo di base dell’ammenda al fine di tener conto delle dimensioni e delle risorse complessive dell’impresa interessata non supera i limiti fissati dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dagli orientamenti.

(v. punti 374, 379, 382, 387)

10.    Se è pur vero che il punto 1 B, terzo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA parla, per quanto attiene alle infrazioni di lunga durata alle norme in materia di concorrenza, di un «rischio di forte maggiorazione» dell’importo di base dell’ammenda, l’impiego di tali termini non consente tuttavia di concludere che una maggiorazione che superi il 100% per un’infrazione di durata superiore a dieci anni sia contraria al metodo di calcolo previsto dagli orientamenti o superi i limiti fissati dai medesimi ovvero dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Infatti, il punto 1 B, primo comma, terzo trattino, degli orientamenti, sebbene non preveda una maggiorazione automatica del 10% all’anno per le infrazioni di lunga durata, lascia, a tal riguardo, un potere discrezionale alla Commissione, la quale può stabilire una siffatta maggiorazione senza in tal modo violare il principio di proporzionalità.

(v. punti 395‑396)

11.    Quand’anche taluni tipi di intesa, quali le intese sui prezzi e sui volumi di vendita, fossero intrinsecamente concepiti per durare nel tempo, occorre sempre distinguere, conformemente all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, tra la durata del loro funzionamento effettivo e la loro gravità quale risulta dalla loro stessa natura. Pertanto, la maggiorazione per la durata dell’infrazione non tiene conto, una seconda volta, della gravità dell’infrazione.

(v. punti 397‑398)

12.    Nell’ambito di un procedimento amministrativo in materia di concorrenza, la Commissione viola il diritto di difesa di un’impresa qualora assuma a suo carico una circostanza aggravante sulla base di elementi di fatto i quali, ancorché menzionati in vari passi della comunicazione degli addebiti, non risultavano, complessivamente considerati, sufficientemente precisi quanto alla loro portata e qualificazione, cosicché solamente in sede di decisione tali elementi sono stati riuniti in un unico capo, facendo chiaramente apparire l’addebito formulato.

(v. punti 424, 431, 433)

13.    Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA contemplano la recidiva della stessa impresa «per un’infrazione del medesimo tipo». Ciò premesso, dal momento in cui un’impresa commette un’infrazione del medesimo tipo, ancorché il settore economico interessato sia differente, la Commissione può assumere la sussistenza di una circostanza aggravante.

A tal riguardo, la Commissione non può rilevare la recidiva di un’impresa facendo riferimento ad una precedente decisione che abbia sanzionato la stessa impresa per un’infrazione del medesimo tipo quando tale decisione sia stata annullata dal giudice comunitario anteriormente all’adozione della decisione con cui sia stata accertata la recidiva. Infatti, l’art. 231 CE prevede che, quando il ricorso di annullamento risulti fondato, il giudice dichiari l’atto impugnato nullo e non avvenuto.

Per contro, la Commissione può richiamarsi ad una precedente decisione che abbia sanzionato l’impresa stessa per un’infrazione del medesimo tipo, ma che sia stata impugnata con ricorso di annullamento pendente dinanzi al giudice comunitario, qualora la sospensione dell’esecuzione non sia stata nemmeno richiesta. Infatti, una tale decisione, conformemente all’art. 256, primo comma, CE, costituisce titolo esecutivo dal momento che comporta un obbligo pecuniario a carico di soggetti diversi dagli Stati, e ciò nonostante la proposizione di un ricorso di annullamento, in quanto, in forza dell’art. 242 CE, i ricorsi proposti dinanzi al giudice comunitario non hanno effetto sospensivo.

Qualora, nell’accertamento della recidiva, la Commissione si sia fondata su varie decisioni precedenti che abbiano sanzionato l’impresa interessata, di cui una sia stata annullata anteriormente all’adozione della decisione di accertamento della recidiva, l’errore commesso dalla Commissione non rimette in discussione né la qualificazione della recidività – in quanto questa trova sufficiente sostegno nelle altre precedenti decisioni – né il tasso di maggiorazione applicato, quantomeno in assenza di elementi che indichino che il rilievo della Commissione, secondo cui la recidiva risulterebbe da vari precedenti, abbia determinato un aumento dell’importo dell’ammenda per circostanza aggravante superiore a quello che sarebbe stato stabilito nel caso in cui fosse stato individuato un solo precedente.

(v. punti 465-466, 468-470, 474)

14.    Qualora la cooperazione con la Commissione delle imprese interessate da un procedimento in materia di intese abbia avuto inizio anteriormente all’adozione della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese del 2002 e qualora tali imprese si siano avvalse della precedente comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese del 1996, quest’ultima disposizione è la sola applicabile, ancorché la Commissione si sia definitivamente pronunciata solo successivamente all’adozione della comunicazione sulla cooperazione del 2002 e, segnatamente, sulla questione relativa all’individuazione delle imprese eventualmente idonee a beneficiare dell’immunità dalle ammende. Infatti, se è pur vero che, in tal caso, gli effetti degli atti di cooperazione si sono prodotti solo successivamente all’adozione della comunicazione sulla cooperazione del 2002, la norma nuova si applica immediatamente agli effetti futuri di una situazione creatasi nella vigenza della norma precedente solamente in mancanza di disposizioni transitorie. Orbene, il punto 28 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 prevede chiaramente che essa trova applicazione a decorrere dal 14 febbraio 2002 per tutti i procedimenti in cui nessuna impresa si sia avvalsa della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

Tale conclusione non può essere inoltre rimessa in discussione richiamandosi al principio della norma più favorevole. Infatti, senza necessità di stabilire se tale principio possa applicarsi alle comunicazioni della Commissione sulla cooperazione, non è possibile qualificare la comunicazione sulla cooperazione del 2002 come, complessivamente intesa, più favorevole rispetto alla comunicazione sulla cooperazione del 1996, modificata in vari punti, a livello sia di norme sostanziali sia di regole procedurali, ove talune modifiche risultano più favorevoli alle imprese interessate mentre altre, per contro, non lo sono.

Infine, dev’essere parimenti respinta l’applicazione analogica della comunicazione sulla cooperazione del 2002, atteso che tale situazione si distingue dalle fattispecie nelle quali la comunicazione sulla cooperazione del 1996 ha potuto essere applicata, in via analogica, a procedimenti iniziati anteriormente all’adozione della comunicazione medesima, ma non soggetti a nessun’altra norma giuridica.

(v. punti 507-511)

15.    La concessione dell’immunità totale ovvero di una riduzione dell’importo dell’ammenda in forza della sezione B della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese del 1996 esige, segnatamente, che l’impresa interessata sia stata la prima a fornire elementi determinanti ai fini della prova dell’esistenza dell’intesa. A tal riguardo, se è pur vero che tali elementi non devono necessariamente essere di per sé sufficienti per provare l’esistenza dell’intesa, essi devono comunque essere determinanti a tal fine. Non deve trattarsi, quindi, semplicemente di una fonte di orientamento per le indagini che la Commissione deve effettuare, bensì di elementi che possano essere utilizzati direttamente come base probatoria principale per una decisione di accertamento di infrazione. Tali elementi possono essere parimenti forniti oralmente.

La Commissione dispone di un certo potere discrezionale per valutare se la cooperazione di cui trattasi sia stata «determinante» ai fini dell’adempimento del suo compito di accertare l’esistenza di un’infrazione e di farla cessare, ove il giudice comunitario può censurare solamente il manifesto superamento di tale potere discrezionale.

La Commissione non incorre in un manifesto errore di valutazione laddove ritenga che un’impresa che abbia fornito, in occasione di una riunione, una descrizione dettagliata delle attività e del funzionamento di un’intesa, corroborata da elementi documentali pertinenti ai fini della prova della sua esistenza, sia stata la prima ai sensi della sezione B della comunicazione sulla cooperazione del 1996, ancorché un’altra impresa abbia fornito, in occasione di una riunione precedente, una presentazione meno dettagliata dell’intesa stessa, che non rispecchiava correttamente l’oggetto ed il funzionamento di quest’ultima e che non era corroborata da alcun elemento documentale.

(v. punti 552‑555, 568‑569)

16.    L’applicazione del principio «ne bis in idem» è soggetta ad una triplice condizione di identità dei fatti, di unicità del contravventore e di unicità dell’interesse giuridico tutelato. Tale principio vieta, quindi, di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico.

In materia di sanzioni per violazione delle norme sulla concorrenza, tale principio non si applica a situazioni in cui gli ordinamenti giuridici e le autorità della concorrenza di Stati terzi siano intervenuti nel contesto di competenze proprie.

Nel caso di un’intesa mondiale, sanzionata, al tempo stesso, dalle autorità della concorrenza di uno Stato terzo e dalla Commissione, il detto principio non può quindi trovare applicazione, ancorché i fatti di cui sia causa dinanzi alle prime ed alla seconda siano scaturiti da uno stesso complesso di accordi, in quanto gli interessi giuridici protetti sono differenti. Infatti, l’azione della Commissione è intesa a salvaguardare la libera concorrenza all’interno del mercato comune che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), CE, un obiettivo fondamentale della Comunità, laddove, nell’ipotesi in cui il procedimento avviato dalle autorità di uno Stato terzo si riferisca ad applicazioni o ad effetti di un’intesa diversi da quelli verificatisi sul suo territorio e, in particolare, nello Spazio economico europeo, si tratterebbe di un palese sconfinamento nella competenza territoriale della Commissione.

Per gli stessi motivi, considerazioni di equità, intese a dedurre dall’ammenda inflitta la sanzione imposta dalle autorità dello Stato terzo, non possono trovare accoglimento.

(v. punti 600-605)