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SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

12 luglio 2001 (1)

«Appalti pubblici di lavori - Direttiva 93/37/CEE - Normativa nazionale

che consente al titolare di una concessione edilizia

o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta

di opere di urbanizzazione a scomputo di un contributo dovuto -

Normativa nazionale che consente alle pubbliche autorità

di negoziare direttamente con un privato

il contenuto di atti amministrativi che lo riguardino»

Nel procedimento C-399/98,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia nella causa dinanzi ad esso pendente tra

Ordine degli Architetti delle Province di Milano e Lodi,

Piero De Amicis,

Consiglio Nazionale degli Architetti,

Leopoldo Freyrie

e

Comune di Milano,

in presenza di:

Pirelli SpA,

Milano Centrale Servizi SpA,

Fondazione Teatro alla Scala, già Ente Autonomo Teatro alla Scala,

domanda vertente sull'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54),

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta dai sigg. C. Gulmann, presidente di sezione, V. Skouris (relatore), J.-P. Puissochet, R. Schintgen e dalla sig.ra F. Macken, giudici,

avvocato generale: P. Léger


cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore

viste le osservazioni scritte presentate:

-    per l'Ordine degli Architetti delle Province di Milano e Lodi e per il sig. De Amicis, dall'avv. P. Mantini;

-    per il Consiglio Nazionale degli Architetti e per il sig. Freyrie, dall'avv. A. Tizzano;

-     per il Comune di Milano, dagli avv.ti F.A. Roversi Monaco, G. Pittalis, S. De Tuglie, L.G. Radicati di Brozolo, nonché dall'avv. A. Kronshagen;

-    per la Pirelli SpA, dagli avv.ti G. Sala, A. Pappalardo e G. Greco;

-    per la Milano Centrale Servizi SpA, dagli avv.ti G. Sala, A. Pappalardo e L. Decio;

-    per la Fondazione Teatro alla Scala di Milano, dagli avv.ti P. Barile, S. Grassi e V.D. Gesmundo;

-    per il governo italiano, dal sig. U. Leanza, in qualità di agente, assistito dal signor P.G. Ferri e, successivamente, dal sig. M. Fiorilli, avvocati dello Stato;

-    per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. P. Stancanelli e M. Nolin, in qualità di agenti,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali dell'Ordine degli Architetti delle Province di Milano e Lodi, rappresentato dall'avv. P. Mantini, del Consiglio Nazionale degli Architetti, rappresentato dall'avv. F. Sciaudone, del Comune di Milano, rappresentato dall'avv. L.G. Radicati di Brozolo, della Pirelli SpA, rappresentata dagli avv.ti G. Sala, A. Pappalardo e G. Greco, della Milano Centrale Servizi SpA, rappresentata dall'avv. L. Decio, della Fondazione Teatro alla Scala, rappresentata dall'avv. V.D. Gesmundo, del governo italiano, rappresentato dal sig. M. Fiorilli, e della Commissione, rappresentata dal sig. P. Stancanelli, all'udienza del 12 ottobre 2000,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 7 dicembre 2000,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con ordinanza 11 giugno 1998, pervenuta alla Corte il 9 novembre 1998, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha posto, a norma dell'art. 177 del Trattato CE (divenuto art. 234 CE), due questioni pregiudiziali relative all'interpretazione della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure diaggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (GU L 199, pag. 54; in prosieguo: la «direttiva»).

2.
    Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di due ricorsi promossi, l'uno, dall'Ordine degli Architetti delle Province di Milano e Lodi (in prosieguo: l'«Ordine degli Architetti») e dal sig. De Amicis, architetto, l'altro, dal Consiglio Nazionale degli Architetti (in prosieguo: il «CNA») e dal sig. Freyrie, architetto, contro il Comune di Milano. Sono state chiamate a intervenire nel giudizio le società Pirelli SpA (in prosieguo: la «Pirelli») e Milano Centrale Servizi SpA (in prosieguo: la «MCS»), nonché la Fondazione Teatro alla Scala, già Ente Autonomo Teatro alla Scala (in prosieguo: la «FTS»).

Contesto normativo

La normativa comunitaria

3.
    La direttiva è stata adottata sulla base degli artt. 57, n. 2, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 47, n. 2, CE), 66 del Trattato CE (divenuto art. 55 CE) e 100 A del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 95 CE).

4.
    Ai sensi del secondo 'considerando‘ della direttiva, «la realizzazione simultanea della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici aggiudicati negli Stati membri per conto dello Stato, degli enti pubblici territoriali e di altri enti di diritto pubblico richiede, parallelamente all'eliminazione delle restrizioni, il coordinamento delle procedure nazionali di aggiudicazione di tali appalti».

5.
    In virtù del decimo 'considerando‘ della direttiva, «lo sviluppo di una concorrenza effettiva nel settore degli appalti di lavori pubblici richiede una pubblicità comunitaria dei relativi bandi di gara indetti [dalle] amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri».

6.
    L'art. 1, lett. a), b) e c), della direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva:

a)    gli ”appalti pubblici di lavori” sono contratti a titolo oneroso, conclusi in forma scritta tra un imprenditore e un'amministrazione aggiudicatrice di cui alla lettera b), aventi per oggetto l'esecuzione o, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle attività di cui all'allegato II o di un'opera di cui alla lettera c) oppure l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice;

b)    si considerano ”amministrazioni aggiudicatrici” lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico e le associazioni costituite da uno o più di tali enti pubblici territoriali o di tali organismi di diritto pubblico.

    (...)

c)    s'intende per ”opera” il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica».

7.
    Le «attività di cui all'allegato II», menzionate all'art. 1, lett. a), della direttiva, sono le attività di edilizia e di genio civile corrispondenti alla classe 50 della nomenclatura generale delle attività economiche nelle Comunità europee (in prosieguo: la «NACE»). Nel novero di tali attività compare espressamente la categoria relativa alla costruzione di immobili.

8.
    L'art. 3, n. 4, della direttiva, così recita:

«Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i concessionari di lavori pubblici, diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, applichino le regole di pubblicità definite all'articolo 11, paragrafi 4, 6, 7 e da 9 a 13 ed all'articolo 16, per gli appalti che essi concludono con terzi, se il valore di tali appalti è pari o superiore a 5 000 000 di [euro] (...)».

9.
    Gli artt. 4 e 5 della direttiva specificano le categorie di appalti alle quali la direttiva medesima non si applica. Si tratta degli appalti di lavori disciplinati dalla direttiva del Consiglio 17 settembre 1990, 90/531/CEE, relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 297, pag. 1), degli appalti di lavori quando sono dichiarati segreti o quando la loro esecuzione deve essere accompagnata da particolari misure di sicurezza o quando lo esiga la tutela degli interessi essenziali dello Stato membro, nonché degli appalti pubblici disciplinati da norme di procedura diverse ed aggiudicati in virtù di taluni accordi internazionali o della procedura specifica di un'organizzazione internazionale.

10.
    L'art. 6, n. 1, della direttiva prevede che essa si applichi agli appalti pubblici di lavori il cui importo stimato, al netto dell'IVA, sia pari o superiore a 5 milioni di euro.

11.
    Per quanto riguarda le procedure di attribuzione degli appalti pubblici di lavori, l'art. 7 della direttiva stabilisce, ai nn. 2 e 3, i casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici possono ricorrere alla procedura negoziata; quest'ultima viene definita, all'art. 1, lett. g), della direttiva, come la procedura nella quale «le amministrazioni aggiudicatrici consultano gli imprenditori di propria scelta e negoziano con uno o più di essi le condizioni del contratto».

12.
    In particolare, l'art. 7, n. 2, della direttiva prevede tre casi in cui la procedura negoziata deve essere preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara. A sua volta, l'art. 7, n. 3, enumera cinque casi nei quali la procedura negoziata non deve essere preceduta da siffatta pubblicazione, vale a dire, in primo luogo, il caso in cui l'esperimento di una gara a procedura aperta o ristretta si sia rivelato infruttuoso, in secondo luogo, il caso in cui, per ragioni di fatto o di diritto, la prestazione possa essere eseguita soltanto da un determinato imprenditore, in terzo luogo, il caso di urgenza imperativa risultante da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici, in quarto luogo, il caso di lavori complementari rispetto ad un appalto già attribuito e, in quinto luogo, il caso di lavori consistenti nella ripetizione di opere similari, le quali abbiano già costituito oggetto di un precedente appalto aggiudicato a seguito di una procedura aperta o ristretta.

13.
    L'art. 7, n. 4, della direttiva precisa che, in tutti gli altri casi, le amministrazioni aggiudicatrici attribuiscono gli appalti di lavori mediante la procedura aperta o la procedura ristretta.

14.
    Ai sensi dell'art. 11, n. 2, della direttiva, le amministrazioni aggiudicatrici che intendono attribuire un appalto pubblico di lavori mediante procedura aperta, ristretta o - nei casi previsti dall'art. 7, n. 2 - negoziata rendono nota tale intenzione mediante un bando di gara.

15.
    In conformità dell'art. 11, n. 9, della direttiva, tale bando di gara deve essere pubblicato per esteso nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

La normativa nazionale

La normativa italiana in materia urbanistica

16.
    Risulta dal fascicolo che, nell'ordinamento italiano, l'attività edificatoria è soggetta al controllo delle pubbliche autorità. Ai sensi dell'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, intitolata «Norme per la edificabilità dei suoli» (GURI n. 27 del 29 gennaio 1977; in prosieguo: la «legge n. 10/77»), «[o]gni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale partecipa agli oneri ad essa relativi e la esecuzione delle opere è subordinata a concessione da parte del sindaco».

17.
    Ai sensi dell'art. 3 della medesima legge, intitolato «Contributo per il rilascio della concessione», «[l]a concessione comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione nonché al costo di costruzione» (in prosieguo: il «contributo per gli oneri di urbanizzazione»).

18.
    Il contributo per gli oneri di urbanizzazione viene corrisposto al Comune all'atto del rilascio della concessione. Tuttavia, ai sensi dell'art. 11, primo comma, della legge n. 10/77, «[a] scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario puòobbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune».

19.
    A norma dell'art. 4, primo comma, della legge 29 settembre 1964, n. 847, intitolata «Autorizzazione ai Comuni e loro consorzi a contrarre mutui per l'acquisizione delle aree ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167», come modificata dall'art. 44 della legge 22 gennaio 1971, n. 865, e dall'art. 17 della legge 11 marzo 1988, n. 67 (in prosieguo: la «legge n. 847/64»), costituiscono opere di urbanizzazione primaria le strade residenziali, gli spazi di sosta o di parcheggio, le fognature, le reti idriche, le reti di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, l'illuminazione pubblica, nonché gli spazi di verde attrezzato.

20.
    A norma dell'art. 4, secondo comma, della medesima legge, costituiscono opere di urbanizzazione secondaria gli asili nido e le scuole materne, le scuole dell'obbligo nonché le strutture e i complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, i mercati di quartiere, le delegazioni comunali, le chiese e gli altri edifici religiosi, gli impianti sportivi di quartiere, i centri sociali e le attrezzature culturali e sanitarie, nonché le aree verdi di quartiere.

21.
    Disposizioni analoghe a quelle dell'art. 11, primo comma, della legge n. 10/77, benché soltanto in relazione alle opere di urbanizzazione primaria, erano già contenute nell'art. 31, quarto comma, della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 (GURI n. 244 del 17 agosto 1942), nel testo introdotto dalla legge ponte 6 agosto 1967, n. 765 (in prosieguo: la «legge n. 1150/42»), ove si dispone che «[l]a concessione della licenza è comunque e in ogni caso subordinata alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte dei Comuni dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio o all'impegno dei privati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alle costruzioni oggetto della licenza».

22.
    Per quanto più specificamente attiene alla realizzazione coordinata di un complesso di opere mediante un piano di lottizzazione, ipotesi questa corrispondente alla fattispecie della causa principale, l'art. 28, quinto comma, della legge n. 1150/42 prevede a questo proposito:

«L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:

1)    (...) la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;

2)    l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;

3)    i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;

(...)».

23.
    L'art. 28, nono comma, della medesima legge stabilisce che «[i]l termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in dieci anni».

24.
    Quanto alla normativa regionale, l'art. 8 della legge regionale della Lombardia 5 dicembre 1977, n. 60 (Bollettino ufficiale della Regione Lombardia, 2° supplemento al n. 49 del 12 dicembre 1977; in prosieguo: la «legge regionale della Lombardia n. 60/77»), stabilisce che i privati, «[a] scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione», possono chiedere nell'istanza di rilascio di una concessione semplice «di essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria»; l'autorizzazione viene rilasciata dal sindaco «[q]ualora la realizzazione diretta dell'opera sia riconosciuta conveniente per l'interesse pubblico».

25.
    Per contro, la realizzazione delle opere di urbanizzazione previste da un piano di lottizzazione è disciplinata dall'art. 12 della medesima legge regionale, come sostituito dalla legge regionale 30 luglio 1986, n. 31 (Bollettino ufficiale della Regione Lombardia, 2° supplemento al n. 31 del 4 agosto 1986; in prosieguo: la «legge regionale della Lombardia n. 31/86»). Il primo comma di tale articolo dispone quanto segue:

«La convenzione alla cui stipula è subordinato il rilascio delle concessioni edilizie relative agli interventi contemplati dai piani di lottizzazione (...) deve prevedere:

a)    (...)

b)    la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; (...) ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti distintamente per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, dovrà essere corrisposta la differenza; al Comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti alla lottizzazione nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla deliberazione comunale di cui all'art. 3 della presente legge».

26.
    Inoltre, l'art. 22, lett. b), della legge regionale della Lombardia 15 aprile 1975, n. 51, contiene un elenco delle opere di urbanizzazione secondaria, nel quale sono comprese le attrezzature culturali.

La normativa italiana in materia di procedimento amministrativo

27.
    Ai sensi dell'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, intitolata «Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi» (GURI n. 192 del 18 agosto 1990; in prosieguo: la «legge n. 241/90»), l'amministrazione «può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo».

Il procedimento a quo e le questioni pregiudiziali

28.
    Dall'ordinanza di rinvio risulta che all'origine del procedimento nel corso del quale è stata proposta la presente domanda di pronuncia pregiudiziale si collocano due ricorsi diretti all'annullamento delle delibere del Consiglio comunale di Milano n. 82/96, del 12 settembre 1996, e n. 6/98, del 16 e 17 febbraio 1998 (in prosieguo: le «delibere impugnate»).

29.
    Con la delibera n. 82/96 del 12 settembre 1996, il Consiglio comunale di Milano approvava un programma di lavori, articolato in diversi interventi, denominato progetto «Scala 2001».

30.
    Tale progetto prevedeva l'esecuzione dei seguenti interventi:

-    il restauro e la sistemazione dell'edificio storico del Teatro alla Scala, avente una superficie di circa 30 000 m2;

-    la sistemazione degli edifici comunali del complesso immobiliare Ansaldo;

-    infine, la costruzione, nella zona detta «della Bicocca», di un nuovo teatro (nella denominazione Comune: «Teatro alla Bicocca»; in quella ufficiale: «Teatro degli Arcimboldi») di circa 2 300 posti, su un terreno di 25 000 m2 (oltre a 2 000 m2 di parcheggio), destinato, in un primo momento, ad ospitare le attività del Teatro alla Scala per il periodo necessario all'esecuzione dei lavori di restauro e di sistemazione di quest'ultimo e, in un secondo tempo, ad accogliere tutte le attività di rappresentazione di opere teatrali e di altre manifestazioni a carattere culturale.

31.
    Risulta dal fascicolo che all'epoca, nella zona della Bicocca, era in corso di realizzazione un'importante lottizzazione ad iniziativa privata, denominata «progetto ”Bicocca”», che era diretta alla riconversione urbanistica di questa ex zona industriale e che prevedeva la sistemazione di un vasto complesso di costruzioni; nell'ambito di tale lottizzazione, la Pirelli agiva, unitamente ad altri operatori privati, in qualità di proprietario lottizzante. All'epoca dei fatti, tale iniziativa privata, avviata nel 1990, eragiunta alla fase conclusiva. Nell'ambito degli interventi urbanistici in programma sui terreni in questione, il Comune di Milano aveva già previsto che fosse realizzata una struttura di interesse generale «a carattere sovracomunale». Esso decideva che la costruzione del nuovo teatro prevista nell'ambito del progetto «Scala 2001» sarebbe stata compresa nella realizzazione di tale struttura.

32.
    Con la detta delibera n. 82/96 il Consiglio comunale di Milano assumeva anche una serie di impegni relativi alla realizzazione degli interventi, ai tempi e al finanziamento del progetto «Scala 2001», approvando una specifica convenzione stipulata dal Comune di Milano con la Pirelli, con l'Ente Autonomo Teatro alla Scala e con la MCS, mandataria dei soggetti promotori del progetto «Bicocca». Tale convenzione, sottoscritta il 18 ottobre 1996, prevedeva in particolare le seguenti modalità di esecuzione relativamente alla parte «Bicocca» del progetto «Scala 2001»:

-    la Pirelli si sarebbe fatta carico dei costi per il coordinamento delle fasi di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e della fase realizzativa degli interventi di restauro del Teatro alla Scala, di sistemazione degli immobili del complesso Ansaldo e di costruzione del Teatro alla Bicocca, laddove i compiti di concreto coordinamento sarebbero stati affidati alla MCS;

-    la MCS, nella veste di mandataria dei soggetti promotori del progetto di lottizzazione, avrebbe realizzato nella zona interessata da tale lottizzazione e sul terreno destinato a tal fine - che i detti promotori si erano impegnati a cedere gratuitamente al Comune di Milano - il Teatro alla Bicocca (nonché l'area di parcheggio annessa), quale opera di urbanizzazione secondaria, a scomputo dei contributi per gli oneri di urbanizzazione dovuti al Comune di Milano in forza della normativa italiana, nazionale e regionale. Veniva precisato che l'impegno della MCS era limitato alla realizzazione dell'«involucro esterno» dell'edificio, con predisposizione di quest'ultimo per la posa in opera di tutti gli impianti. La MCS si assumeva, tra l'altro, l'obbligo di consegnare l'edificio entro la fine del 1998;

-    gli allestimenti interni del Teatro alla Bicocca sarebbero invece rimasti a carico del Comune di Milano che, per realizzarli, avrebbe fatto ricorso ad una procedura di appalto pubblico.

33.
    L'Ordine degli Architetti e, a titolo individuale, il sig. De Amicis proponevano ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per l'annullamento della delibera n. 82/96.

34.
    A seguito di nuovi orientamenti adottati all'inizio del 1998 dalla nuova amministrazione comunale, la quale desiderava che le dimensioni del Teatro alla Bicocca fossero tali da permettere una capienza di pubblico maggiore di quella del Teatro alla Scala, il Consiglio comunale di Milano adottava la delibera n. 6/98, con la quale, in particolare:

-    approvava il progetto preliminare per la costruzione del nuovo teatro nella zona della Bicocca;

-    confermava che la realizzazione di tale opera sarebbe stata effettuata in parte mediante esecuzione diretta da parte dei lottizzanti, «in attuazione degli obblighi convenzionali relativi al piano di lottizzazione» incombenti sui medesimi (con spesa a loro carico per i lavori in questione prevista in un importo pari a ITL 25 miliardi), e in parte mediante procedura di appalto pubblico a cura del Comune di Milano;

-    modificava la convenzione del 18 ottobre 1996 relativamente ai termini di realizzazione di taluni degli interventi previsti; in particolare, la data prevista per il completamento del Teatro alla Bicocca veniva a quel punto fissata al 31 dicembre 2000.

35.
    Il CNA e, a titolo individuale, il sig. Freyrie proponevano ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia per l'annullamento della delibera n. 6/98.

36.
    Con i due ricorsi d'annullamento presentati dinanzi a tale giudice, riuniti per la trattazione congiunta nel merito, i ricorrenti contestano la validità delle delibere impugnate sia in relazione al diritto italiano in materia di urbanistica e di appalti pubblici, sia in relazione al diritto comunitario. Per quanto riguarda segnatamente quest'ultimo aspetto, essi sostengono che il Teatro alla Bicocca presenta le caratteristiche di un'opera pubblica, sicché il Consiglio comunale di Milano avrebbe dovuto far ricorso alla procedura di gara d'appalto prevista dalla normativa comunitaria. Al contrario, con le delibere impugnate, il detto organo municipale avrebbe attribuito l'appalto a trattativa privata, ledendo così gli interessi di categoria dell'Ordine degli Architetti e degli architetti ricorrenti.

37.
    Nella sua ordinanza di rinvio il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia constata, in particolare, che il Comune di Milano ha correttamente applicato la normativa italiana, nazionale e regionale, vigente in materia urbanistica. Tuttavia, nutrendo dubbi in ordine al quesito se tale legislazione debba essere disapplicata laddove consente di realizzare - senza previo esperimento di gara - un'opera di urbanizzazione il cui valore superi la soglia fissata dalla direttiva, il detto giudice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Se le normative statali e regionali che consentono in capo al costruttore (titolare di concessione edilizia o di piano di lottizzazione approvato) la diretta realizzazione di opere di urbanizzazione, a scomputo totale o parziale della quota dovuta (art. 11 della legge n. 10/77, artt. 28 e 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150; artt. 8 e 12 della legge della Regione Lombardia n. 60 del 5 dicembre 1977), si pongano o meno in contrasto con la direttiva 93/37/CEE; quanto sopra, in relazione ai principi di rigorosa concorsualità chel'ordinamento comunitario impone agli Stati membri in tutta la materia dei lavori pubblici con rilevanza pari o superiore a [euro] 5 milioni.

2)    Se, nonostante i principi di concorsualità appena esposti, possano ritenersi compatibili con l'ordinamento comunitario gli accordi fra amministrazione e privato (consentiti in via generale dall'art. 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241) in materie caratterizzate dalla scelta, da parte della pubblica amministrazione, di un soggetto con il quale pattuire prestazioni di sorta, nel caso in cui tali prestazioni eccedano la soglia di rilevanza prevista dalle direttive di settore».

La prima questione pregiudiziale

Sulla ricevibilità

38.
    Il Comune di Milano e la FTS negano che vi sia un rapporto tra la prima questione pregiudiziale e l'oggetto della causa principale.

39.
    Essi rilevano come, in considerazione della qualità dei soggetti ricorrenti nella causa principale (architetti ed organismi professionali di rappresentanza di questi ultimi), il giudice di rinvio abbia limitato la ricevibilità dei ricorsi presentati dinanzi ad esso ai soli profili attinenti all'affidamento del lavoro di progettazione del Teatro alla Bicocca, ad esclusione di quelli relativi all'esecuzione dei lavori di costruzione. Un'attività di progettazione di questo tipo costituirebbe una prestazione di servizi. Orbene, la prima questione verterebbe - a loro avviso - sull'interpretazione della direttiva 93/37, la quale ha ad oggetto gli appalti pubblici di lavori e non gli appalti pubblici di servizi, i quali sono disciplinati dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU L 209, pag. 1).

40.
    Inoltre, sempre secondo il Comune di Milano e la FTS, posto che tale lavoro di progettazione del teatro è stato puramente e semplicemente offerto a titolo gratuito alla detta amministrazione comunale, il suo costo non può essere compreso nel costo di costruzione del Teatro alla Bicocca, la cui realizzazione diretta, «a scomputo» del contributo per gli oneri di urbanizzazione, secondo quanto affermano gli architetti, avrebbe leso i loro interessi.

41.
    Si deve rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, nell'ambito della collaborazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall'art. 177 del Trattato, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell'emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni sottoposte alla Corte (v., in particolare, sentenza 13 marzo 2001, causa C-379/98, PreussenElektra, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38). La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudicenazionale solo qualora risulti manifestamente che l'interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con l'effettività o con l'oggetto della causa principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica oppure anche qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari a fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, sentenza PreussenElektra, citata, punto 39).

42.
    Nel caso di specie, risulta dall'ordinanza di rinvio che i ricorrenti nel procedimento nazionale contestano le delibere impugnate in quanto queste avrebbero reso possibile la realizzazione diretta di un'opera pubblica, ossia il Teatro alla Bicocca, senza ricorrere ad una procedura di gara d'appalto comunitaria, ledendo così gli interessi dei ricorrenti medesimi. Risulta altresì dalla detta ordinanza che i ricorsi conseguentemente proposti dai soggetti ricorrenti nel procedimento nazionale sono stati dichiarati ricevibili.

43.
    Non v'è dubbio che, se per la costruzione del Teatro alla Bicocca dovesse svolgersi una procedura di gara d'appalto comunitaria, quest'ultima potrebbe ricomprendere anche la parte relativa al lavoro di progettazione. Che nell'ambito della direttiva una tale possibilità sussista risulta del resto confermato dal tenore letterale dell'art. 1, lett. a), della direttiva medesima, secondo il quale, ai fini di quest'ultima, gli «appalti pubblici di lavori» sono contratti che possono avere per oggetto sia l'esecuzione di lavori sia, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di lavori.

44.
    Ne consegue che l'argomento secondo cui la prima questione, avente ad oggetto l'interpretazione della direttiva, non presenta alcun legame con l'oggetto della causa principale deve essere respinto.

45.
    Sulla scorta di tali considerazioni, l'argomento relativo alla gratuità del lavoro di progettazione del Teatro alla Bicocca non è tale da poter rimettere in discussione la rilevanza della prima questione.

46.
    Occorre pertanto pronunciarsi su tale questione.

Nel merito

47.
    La prima questione verte sulla compatibilità con la direttiva delle disposizioni nazionali e regionali oggetto del procedimento a quo, le quali consentono la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto.

48.
    In limine, occorre ricordare che, nell'ambito di un procedimento ai sensi dell'art. 177 del Trattato, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di norme di diritto interno con il diritto comunitario. Essa è tuttavia competente a fornire al giudice a quo tutti gli elementi d'interpretazione, che rientrano nel diritto comunitario, atti a consentirgli di valutare tale compatibilità per pronunciarsi nella causa per la quale èstato adito (v., in particolare, sentenza 30 aprile 1998, cause riunite C-37/96 e C-38/96, Sodiprem e a., Racc. pag. I-2039, punto 22).

49.
    Pertanto, la prima questione va intesa nel senso che è volta ad accertare se la direttiva osti ad una normativa nazionale in materia urbanistica che consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi.

50.
    Al fine di pronunciarsi in merito alla questione così riformulata, occorre verificare se la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione, quale quella in discussione nella causa principale, costituisca un appalto pubblico di lavori ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva.

51.
    Secondo la definizione fornita da quest'ultima disposizione, perché si abbia appalto pubblico di lavori debbono sussistere congiuntamente i seguenti elementi: un contratto a titolo oneroso, concluso in forma scritta tra un imprenditore e un'amministrazione aggiudicatrice di cui all'art. 1, lett. b), della direttiva, e avente per oggetto, in particolare, l'esecuzione di un certo tipo di opera o di lavori precisati dalla direttiva.

52.
    Posto che l'esistenza di un «appalto pubblico di lavori» costituisce un presupposto ai fini dell'applicazione della direttiva, l'art. 1, lett. a), deve essere interpretato in modo da assicurare l'effetto utile della direttiva medesima. A questo proposito, è importante rilevare che la direttiva - come risulta dal preambolo nonché dal secondo e decimo 'considerando‘ della medesima - mira a eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi in materia di appalti pubblici di lavori al fine di aprire tale settore ad una concorrenza effettiva. Come precisato nel decimo 'considerando‘, lo sviluppo di tale concorrenza richiede una pubblicità a livello comunitario dei relativi bandi di gara.

53.
    Occorre altresì rilevare come sia la stessa direttiva a precisare che cosa bisogna intendere per «amministrazione aggiudicatrice» [art. 1, lett. b)], per «lavori» [art. 1, lett. a), e allegato II] e per «opera» [art. 1, lett. c)].

54.
    La definizione così fornita dal legislatore comunitario suffraga l'importanza che i detti elementi rivestono, alla luce delle finalità della direttiva. Ne consegue che tali elementi debbono giocare un ruolo preponderante laddove si tratti di valutare se ci si trova in presenza di un «appalto pubblico di lavori» ai sensi della direttiva.

55.
    Di conseguenza, nelle situazioni nelle quali viene in questione l'esecuzione ovvero la progettazione e l'esecuzione di lavori oppure la realizzazione di un'opera che siano destinati ad un'amministrazione aggiudicatrice, conformemente alle previsioni della direttiva, la valutazione di tali situazioni in rapporto agli altri elementi menzionati all'art. 1, lett. a), della direttiva medesima deve essere effettuata in modo tale da garantire che l'effetto utile di quest'ultima non ne risulti compromesso, segnatamentenel caso in cui le dette situazioni presentino peculiarità derivanti dalle normative nazionali ad esse applicabili.

56.
    Tali sono i criteri alla luce dei quali occorre verificare se la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione, come la struttura esterna di un teatro, secondo condizioni e modalità quali quelle previste dalla normativa italiana in materia urbanistica, costituisca un «appalto pubblico di lavori».

Quanto all'elemento relativo alla qualità di amministrazione aggiudicatrice

57.
    A questo proposito, è pacifico che il Comune di cui si discute nel procedimento a quo costituisce un ente pubblico territoriale ai sensi dell'art. 1, lett. b), della direttiva e rientra dunque nella definizione di amministrazione aggiudicatrice contenuta in tale norma.

Quanto all'elemento relativo all'esecuzione di lavori o alla realizzazione di un'opera ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva

58.
    Ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva, gli appalti pubblici di lavori devono avere per oggetto:

-    l'esecuzione o, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle attività di cui all'allegato II, oppure

-    l'esecuzione o, congiuntamente, l'esecuzione e la progettazione di un'opera di cui all'art. 1, lett. c), vale a dire un'opera che rappresenti il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica, oppure

-    l'esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un'opera rispondente alle esigenze specificate dall'amministrazione aggiudicatrice.

59.
    Occorre constatare come opere di urbanizzazione quali quelle indicate all'art. 4 della legge n. 847/64 costituiscano lavori edilizi o di genio civile e rientrino pertanto nelle attività contemplate dall'allegato II della direttiva, e come esse costituiscano altresì opere che esplicano di per sé una funzione economica e tecnica. Pertanto, tali opere di urbanizzazione rispondono, quanto meno, ai criteri enunciati al primo e al secondo trattino del punto precedente.

60.
    Per quanto riguarda, più in particolare, la costruzione della struttura esterna di un teatro, come nella fattispecie oggetto del procedimento a quo, essa costituisce un'attività rientrante nel gruppo 501 della NACE, intitolato «Costruzione d'immobili (d'abitazione e altri)», che è contemplato dall'allegato II della direttiva.

61.
    Ne consegue che la realizzazione di un'opera di urbanizzazione quale la costruzione della struttura esterna di un teatro rientra tra i lavori contemplati dall'art. 1, lett. a), della direttiva.

62.
    Discende pertanto dai punti 57-61 della presente sentenza che i due elementi rilevanti per poter ritenere sussistente la fattispecie «appalto pubblico di lavori» - ossia quello relativo alla qualità di amministrazione aggiudicatrice e quello relativo al tipo di lavori o di opere in questione - risultano entrambi soddisfatti in presenza di una situazione quale quella oggetto del procedimento a quo.

Quanto all'elemento relativo all'esistenza di un contratto

63.
    Il Comune di Milano, la Pirelli, la MCS e la FTS sostengono che tale elemento non sussiste in quanto la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione costituisce una regola prevista da precise disposizioni della normativa italiana, nazionale e regionale, in materia urbanistica; l'oggetto, la finalità e le caratteristiche di questa normativa e gli interessi che essa mira a salvaguardare sono differenti da quelli della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici.

64.
    Le parti suddette sottolineano inoltre l'insussistenza, in capo all'amministrazione locale, del potere di scegliere il soggetto incaricato di eseguire le opere, essendo questi individuato dalla legge in virtù della sua qualità di proprietario dei terreni oggetto della lottizzazione.

65.
    Infine, ad avviso della parte resistente e degli intervenienti nella causa principale, anche nel caso in cui si ritenesse che la realizzazione diretta viene effettuata in forza degli impegni sottoscritti nell'ambito della convenzione di lottizzazione, continuerebbe a mancare il presupposto relativo all'esistenza di un contratto. Infatti, avendo la convenzione di lottizzazione natura di convenzione di diritto pubblico, espressione dell'esercizio dei pubblici poteri e non di autonomia privata, non potrebbe esservi controversia su un «contratto» ai sensi della direttiva. L'amministrazione comunale conserverebbe i poteri pubblicistici inerenti all'esercizio delle funzioni conferitele in materia di gestione del territorio, «ivi incluso quello di modificare o di revocare gli strumenti urbanistici in relazione a situazioni sopravvenute, ovvero all'adozione di nuovi criteri di valutazione ritenuti più corrispondenti alle suddette esigenze» (sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 25 luglio 1994, n. 6941). Per lo stesso motivo, mancherebbero gli elementi costitutivi tipici della causa del contratto di appalto.

66.
    Occorre anzitutto osservare come il fatto che la disposizione nazionale che prevede la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione faccia parte di un complesso di norme in materia urbanistica dotate di caratteristiche proprie e dirette al raggiungimento di specifici obiettivi, distinti da quelli della direttiva, non sia sufficiente a escludere la realizzazione diretta dall'ambito di applicazione della direttiva, qualora risultino soddisfatti tutti gli elementi necessari affinché essa vi rientri.

67.
    A questo proposito, come rilevato dal giudice di rinvio, le opere di urbanizzazione menzionate all'art. 4 della legge n. 847/64 possono ben costituire opere pubbliche in senso stretto, da un lato, a motivo della loro idoneità funzionale a soddisfare le esigenze di urbanizzazione non limitate al semplice insediamento individuale e, dall'altro, a motivo del fatto che l'amministrazione competente ha il pieno controllo di tali opere, in forza di un titolo giuridico che ne assicura alla stessa la disponibilità al fine di garantirne la fruizione collettiva da parte di tutti gli utenti della zona.

68.
    Tali elementi sono importanti in quanto confermano la destinazione pubblica impressa, sin dall'origine, alle opere da realizzare.

69.
    Inoltre, risulta senza dubbio dall'ordinanza di rinvio che l'art. 28, quinto comma, della legge n. 1150/42 prevede la possibilità di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione secondaria nell'ambito di zona lottizzato e che, ai sensi dell'art. 12 della legge regionale della Lombardia n. 60/77, come modificato dall'art. 3 della legge regionale della Lombardia n. 31/86, la realizzazione diretta costituisce la regola. Tuttavia, le dette disposizioni non sono di natura tale da escludere l'esistenza dell'elemento contrattuale previsto dall'art. 1, lett. a), della direttiva.

70.
    Infatti, da un lato, risulta dalla succitata norma regionale della Lombardia che l'amministrazione comunale conserva in ogni caso la facoltà di esigere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle medesime nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento. Dall'altro, in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, occorre comunque procedere alla stipula di una convenzione di lottizzazione tra l'amministrazione comunale ed il proprietario o i proprietari dei terreni da lottizzare.

71.
    E' senz'altro vero che l'amministrazione comunale non ha la facoltà di scegliere la propria controparte contrattuale, dato che, per legge, tale soggetto deve necessariamente essere quello che ha la proprietà dei terreni da lottizzare. Tuttavia, tale circostanza non è sufficiente ad escludere il carattere contrattuale del rapporto che unisce l'amministrazione comunale ed il lottizzante, posto che è la convenzione di lottizzazione tra loro conclusa a stabilire le opere di urbanizzazione che di volta in volta il lottizzante deve realizzare, nonché le relative condizioni, ivi compresa l'approvazione dei progetti relativi a tali opere da parte del Comune. Per giunta, è in virtù degli impegni sottoscritti dal lottizzante nell'ambito della detta convenzione che il Comune disporrà di un titolo giuridico atto a garantirgli la disponibilità delle opere così individuate, in vista della destinazione pubblica delle medesime.

72.
    Tale constatazione risulta inoltre corroborata, nella causa principale, dalla circostanza che, in base alle delibere impugnate, il Teatro alla Bicocca deve essere realizzato in parte mediante esecuzione diretta da parte dei lottizzanti, «in attuazione dei loro obblighi convenzionali relativi al piano di lottizzazione», e in parte mediante gara d'appalto a cura del Comune di Milano.

73.
    Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte resistente e dagli intervenienti nella causa principale, il fatto che la convenzione di lottizzazione ha carattere pubblicistico e costituisce una forma di partecipazione all'esercizio dei pubblici poteri non solo non osta al ricorrere dell'elemento relativo all'esistenza di un contratto di cui all'art. 1, lett. a), della direttiva, ma depone addirittura in suo favore. In vari Stati membri, infatti, il contratto concluso tra un'amministrazione aggiudicatrice ed un imprenditore è un contratto di diritto pubblico, soggetto in quanto tale alle norme di quest'ultimo.

74.
    Sulla scorta delle considerazioni che precedono, la regolamentazione contenuta nella convenzione di lottizzazione e gli accordi stipulati nell'ambito di tale convenzione sono sufficienti perché sussista l'elemento contrattuale richiesto dall'art. 1, lett. a), della direttiva.

75.
    Occorre aggiungere che tale interpretazione è conforme all'obiettivo fondamentale della direttiva, che - come precisato al punto 52 della presente sentenza - è quello di aprire alla concorrenza il settore degli appalti pubblici di lavori. Infatti, proprio tale apertura alla concorrenza comunitaria in conformità delle procedure previste dalla direttiva garantisce contro il rischio di favoritismi da parte dei pubblici poteri. Pertanto, il fatto che i pubblici poteri non abbiano la possibilità di scegliere la loro controparte contrattuale non vale, di per sé, a giustificare la non applicazione della direttiva, in quanto una siffatta eventualità porterebbe al risultato di escludere dalla concorrenza comunitaria la realizzazione di un'opera altrimenti ricadente nell'ambito di applicazione della direttiva medesima.

Quanto all'elemento relativo al carattere oneroso del contratto

76.
    Ad avviso della parte resistente e degli intervenienti nella causa principale, manca in ogni caso il carattere sinallagmatico del contratto, non essendovi controprestazione a carico del Comune. Infatti, il pagamento del contributo per gli oneri di urbanizzazione ovvero la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione non si porrebbero in un rapporto di corrispettività con il diritto del lottizzante di ottenere la concessione edilizia, e l'urbanizzazione dei terreni, la quale si collocherebbe nell'ambito del processo di trasformazione del territorio, non sarebbe in funzione del beneficio procurato da tale trasformazione ovvero del vantaggio che ne ritrae il titolare del permesso edilizio.

77.
    A questo proposito occorre rilevare come il carattere oneroso del contratto si riferisca alla controprestazione erogata dalla pubblica autorità interessata a motivo della realizzazione delle opere che costituiscono oggetto del contratto di cui all'art. 1, lett. a), della direttiva e che sono destinate ad entrare nella disponibilità della detta autorità.

78.
    La questione se il contratto stipulato in caso di realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione abbia carattere oneroso per l'amministrazione comunale si presenta - in una fattispecie quale quella oggetto del procedimento a quo - sotto un profiloparticolare, in ragione delle peculiarità che caratterizzano la normativa italiana in materia urbanistica.

79.
    Difatti, risulta dall'art. 28, quinto comma, n. 2, della legge n. 1150/42 e dall'art. 12, lett. b), della legge regionale della Lombardia n. 60/77, come modificato dall'art. 3 della legge regionale della Lombardia n. 31/86, che sono i proprietari dei terreni da lottizzare a sopportare il costo delle opere di urbanizzazione primaria, nonché una quota parte del costo delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione ovvero del costo dei lavori necessari per l'allacciamento della zona interessata ai pubblici servizi.

80.
    Ciò premesso, l'art. 11, primo comma, della legge n. 10/77 stabilisce che, «[a] scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione», a titolo di contributo per gli oneri di urbanizzazione, la cui corresponsione è collegata al rilascio della concessione, ai sensi dell'art. 3 della medesima legge.

81.
    L'espressione «a scomputo», utilizzata dall'art. 11, primo comma, della legge n. 10/77, consente di ritenere che l'amministrazione comunale, accettando la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, rinuncia a pretendere il pagamento dell'importo dovuto a titolo di contributo ai sensi dell'art. 3 della medesima legge.

82.
    Tuttavia, la parte resistente e gli intervenienti nella causa principale, nonché il governo italiano, sostengono che un'interpretazione siffatta non è corretta, in particolare per il fatto che la corresponsione del contributo per gli oneri di urbanizzazione è prevista come un'alternativa alla realizzazione diretta delle opere e che, di conseguenza, sarebbe errato ritenere che sussista un credito pecuniario del Comune relativo a somme che sarebbero dovute in ogni caso e delle quali l'amministrazione comunale rinuncerebbe a pretendere il pagamento in caso di realizzazione diretta delle opere. Secondo le parti suddette, la realizzazione diretta delle opere conferisce al proprietario lottizzante il potere di esercitare liberamente la facoltà di edificare, esentandolo dall'obbligo di pagare il contributo per gli oneri di urbanizzazione dovuto a fronte del rilascio della concessione. L'espressione «a scomputo» si riferirebbe, pertanto, a tale effetto liberatorio connesso all'esecuzione delle opere, e non già ad una contropartita o ad un qualsiasi altro vantaggio concesso dal Comune ai lottizzanti.

83.
    Posto che tali obiezioni riguardano l'interpretazione della normativa italiana in materia urbanistica nonché il modo in cui questa concepisce il rapporto tra il debito relativo al contributo per gli oneri di urbanizzazione e la realizzazione diretta delle opere, occorre fare riferimento alla valutazione espressa in proposito dal giudice di rinvio.

84.
    Nell'ordinanza di rinvio il giudice nazionale constata che, contrariamente alla tesi sostenuta dalla parte resistente e dagli intervenienti nella causa principale, il titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato che realizzi le opere di urbanizzazione non effettua alcuna prestazione a titolo gratuito, in quanto egliestingue un debito di pari valore - salvo conguaglio in denaro - che sorge in favore del Comune, ossia il contributo per gli oneri di urbanizzazione, senza che il carattere alternativo dell'obbligazione - contributo pecuniario o esecuzione diretta delle opere - consenta di differenziarne la causa a seconda della modalità di adempimento prescelta (o prestabilita dal legislatore).

85.
    Tale interpretazione della normativa nazionale è conforme all'obiettivo della direttiva, ricordato al punto 52 della presente sentenza, ed è pertanto idonea ad assicurare l'effetto utile della direttiva medesima.

86.
    Da ciò consegue che l'elemento relativo al carattere oneroso del contratto deve ritenersi sussistente.

Quanto all'elemento relativo alla forma scritta del contratto

87.
    A questo proposito, è sufficiente rilevare che il ricorrere di tale elemento non viene minimamente contestato e che, effettivamente, la convenzione di lottizzazione tra il Comune ed il proprietario o i proprietari lottizzanti è stata conclusa per iscritto.

Quanto all'elemento relativo alla qualità di imprenditore

88.
    La parte resistente e gli intervenienti nella causa principale, nonché il governo italiano, sostengono che tale elemento è insussistente posto che il lottizzante non viene individuato in quanto imprenditore o in quanto impresa di costruzioni, bensì semplicemente in ragione della proprietà dei terreni oggetto della lottizzazione. Al detto lottizzante non sarebbe richiesto di soddisfare requisiti particolari quanto alla capacità tecnica, patrimoniale ecc., salvo l'obbligo di fornire garanzie sufficienti all'amministrazione comunale, tenuto conto degli impegni sottoscritti nell'ambito della convenzione di lottizzazione.

89.
    Per di più, dalle risposte fornite ad un quesito formulato dalla Corte emergerebbe che la responsabilità della scelta degli imprenditori che saranno incaricati della progettazione e della realizzazione delle opere spetta unicamente al lottizzante titolare della concessione edilizia. Questi realizzerebbe le opere in nome proprio, e non per conto del Comune cui si impegna a cedere le medesime una volta completate.

90.
    Occorre rilevare, a questo proposito, che l'art. 1, lett. a), della direttiva non richiede che il soggetto che conclude un contratto con un'amministrazione aggiudicatrice sia in grado di realizzare direttamente con mezzi propri la prestazione pattuita, perché il medesimo possa essere qualificato come imprenditore; è sufficiente che tale soggetto abbia la possibilità di fare eseguire la prestazione di cui trattasi, fornendo le garanzie necessarie a tal fine.

91.
    Così, l'art. 20 della direttiva stabilisce che «[n]el capitolato d'oneri l'amministrazione aggiudicatrice può chiedere all'offerente di comunicarle, nella sua offerta, la parte dell'appalto che intende eventualmente subappaltare a terzi».

92.
    Nel medesimo ordine di idee, la Corte ha statuito, con riferimento alla direttiva 92/50, che quest'ultima consente ad un prestatore di servizi, per comprovare il possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una gara d'appalto ai fini dell'aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a condizione che sia in grado di provare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti necessari all'esecuzione dell'appalto (v. sentenza 2 dicembre 1999, causa C-176/98, Holst Italia, Racc. pag. I-8607).

93.
    Dagli atti del fascicolo risulta che, in una situazione quale quella oggetto del procedimento a quo, il lottizzante titolare della concessione ha l'obbligo, in forza degli impegni sottoscritti nell'ambito della convenzione di lottizzazione stipulata con l'amministrazione comunale, di fornire a quest'ultima sufficienti garanzie relativamente alla realizzazione delle opere che saranno poi cedute al Comune e che l'operatore economico prescelto dal detto lottizzante ai fini della realizzazione delle opere presta la sua adesione agli accordi conclusi con l'amministrazione comunale. Tale ipotesi si è verificata nel caso oggetto del procedimento nazionale, laddove la MCS ha aderito agli accordi che il Comune di Milano ha concluso con la Pirelli.

94.
    Alla luce di tali circostanze, né il fatto che il lottizzante non sia in grado di realizzare con mezzi propri le opere di cui trattasi né la circostanza che l'operatore economico che sarà incaricato della realizzazione di tali opere venga scelto dal lottizzante titolare della concessione edilizia e non dall'amministrazione comunale consentono di escludere il ricorrere del suddetto elemento.

95.
    Inoltre, il fatto che le opere di urbanizzazione vengano realizzate dal titolare della concessione in nome proprio, per poi essere da lui cedute al Comune, non è tale da far venir meno in capo a quest'ultimo la qualità di amministrazione aggiudicatrice relativamente alla realizzazione di un'opera siffatta.

96.
    Pertanto, anche l'elemento relativo alla qualità di imprenditore deve ritenersi soddisfatto.

97.
    Sulla scorta delle considerazioni che precedono, occorre concludere che la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un «appalto pubblico di lavori» ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva.

98.
    Ne consegue che, nel caso in cui l'importo stimato di un'opera di questo tipo, IVA esclusa, eguagli o superi la soglia fissata dall'art. 6, n. 1, della direttiva, quest'ultima trova applicazione.

99.
    Tale constatazione implica che l'amministrazione comunale ha l'obbligo di rispettare le procedure previste dalla detta direttiva ogni volta che intende attribuire un appalto pubblico di lavori rispondente a tali caratteristiche.

100.
    Ciò non significa che, per garantire il rispetto della direttiva in caso di realizzazione di un'opera di urbanizzazione, debba necessariamente essere l'amministrazione comunale ad applicare le procedure di aggiudicazione previste dalla direttiva in questione. L'effetto utile di quest'ultima risulterebbe ugualmente garantito qualora la normativa nazionale conferisse all'amministrazione comunale il potere di obbligare il lottizzante titolare della concessione, mediante accordi stipulati con questo, a realizzare le opere pattuite ricorrendo alle procedure previste dalla direttiva, e ciò affinché vengano rispettati gli obblighi incombenti in proposito all'amministrazione comunale in forza della direttiva medesima. In tal caso, infatti, il lottizzante, alla luce degli accordi conclusi con il Comune che lo esentano dal contributo per gli oneri di urbanizzazione in cambio della realizzazione di un'opera di urbanizzazione pubblica, deve essere considerato come titolare di un mandato espresso conferito dal Comune ai fini della costruzione di tale opera. Una tale possibilità di applicazione delle regole di pubblicità della direttiva da parte di soggetti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici è peraltro espressamente prevista dall'art. 3, n. 4, della direttiva stessa in caso di concessione di lavori pubblici.

101.
    Quanto alle procedure previste dalla direttiva, risulta dal combinato disposto degli artt. 7, n. 4, e 11, nn. 2 e 9, di quest'ultima che le amministrazioni aggiudicatrici che intendono attribuire un appalto pubblico di lavori debbono render nota la loro intenzione mediante la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, salvo che si tratti di una delle ipotesi tassativamente enunciate dall'art. 7, n. 3, della direttiva, in presenza delle quali le dette amministrazioni sono autorizzate a ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.

102.
    Nel caso di specie, il fascicolo non contiene alcun elemento che consenta di ritenere che la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione alle condizioni previste dalla normativa italiana in materia urbanistica possa rientrare in uno dei casi menzionati nell'ultima disposizione sopra citata.

103.
    Occorre pertanto risolvere la prima questione dichiarando che la direttiva osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi.

La seconda questione pregiudiziale

104.
    Il CNA contesta la rilevanza di tale questione. Posto che nel procedimento a quo non sussisterebbe alcuno dei presupposti previsti dall'art. 11 della legge n. 241/90 e tenuto conto del fatto che gli accordi conclusi in vista dell'attribuzione di appalti pubblici al di fuori delle procedure previste dalle direttive in materia sarebbero certamente lesivi dei diritti degli imprenditori e dei soggetti esercitanti le professioni liberali che aspirassero a vedersi affidare l'appalto, l'art. 11 della legge n. 241/90 non sarebbe applicabile in una fattispecie quale quella oggetto della causa principale.

105.
    Senza che occorra pronunciarsi in merito alla tesi prospettata dal CNA, è giocoforza constatare che il giudice di rinvio non precisa né le disposizioni di diritto comunitario delle quali chiede l'interpretazione né gli esatti contorni della normativa italiana di riferimento, la cui applicazione nel procedimento nazionale solleverebbe problemi in rapporto al diritto comunitario.

106.
    In mancanza di tali indicazioni, non è possibile delimitare il concreto problema interpretativo attinente a disposizioni di diritto comunitario che potrebbe insorgere nell'ambito del procedimento nazionale.

107.
    In tali circostanze, bisogna constatare che la seconda questione è irricevibile.

Sulle spese

108.
    Le spese sostenute dal governo italiano e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa a qua il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, al quale spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE (Sesta Sezione),

pronunciandosi sulle questioni sottopostele con ordinanza 11 giugno 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, dichiara:

La direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi.

Gulmann

Skouris
Puissochet

Schintgen

Macken

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2001.

Il cancelliere

Il presidente della Sesta Sezione

R. Grass

C. Gulmann


1: Lingua processuale: l'italiano.