Language of document : ECLI:EU:T:2018:251

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

3 maggio 2018 (*)

«Dumping – Importazioni di acido tartarico originario della Cina – Modifica del dazio antidumping definitivo – Riesame intermedio parziale – Ricorso di annullamento – Incidenza diretta ed individuale – Ricevibilità – Determinazione del valore normale – Valore normale costruito – Cambiamento di metodo – Trattamento individuale – Articolo 2, paragrafo 7, lettera a), e articolo 11, paragrafo 9, del regolamento (CE) n. 1225/2009 [divenuto articolo 2, paragrafo 7, lettera a), e articolo 11, paragrafo 9, del regolamento (UE) 2016/1036] – Modulazione nel tempo degli effetti di un annullamento»

Nella causa T‑431/12,

Distillerie Bonollo SpA, con sede in Formigine (Italia),

Industria Chimica Valenzana (ICV) SpA, con sede in Borgoricco (Italia),

Distillerie Mazzari SpA, con sede in Sant’Agata sul Santerno (Italia),

Caviro Distillerie Srl, con sede in Faenza (Italia),

Comercial Química Sarasa SL, con sede in Madrid (Spagna),

rappresentate da R. MacLean, solicitor, e A. Bochon, avvocato,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da S. Boelaert e B. Driessen, in qualità di agenti, assistiti inizialmente da G. Berrisch, avvocato, e N. Chesaites, barrister, successivamente da G. Berrisch e infine da N. Tuominen, avvocato,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata inizialmente da M. França e A. Stobiecka‑Kuik, successivamente da M. França e J.-F. Brakeland, in qualità di agenti,

e da

Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd, con sede in Changzhou (Cina), rappresentata da E. Vermulst, S. Van Cutsem, F. Graafsma e J. Cornelis, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 626/2012 del Consiglio, del 26 giugno 2012, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 349/2012 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido tartarico originario della Repubblica popolare cinese (GU 2012, L 182, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata),

composto da A. M. Collins (relatore), presidente, M. Kancheva, E. Bieliūnas, R. Barents e J. Passer, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 ottobre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        L’acido tartarico è utilizzato in particolare come additivo alimentare nella produzione del vino e di altre bevande e come agente ritardante nel gesso. Nell’Unione europea e in Argentina l’acido tartarico L+ è ricavato da sottoprodotti della vinificazione, chiamati fecce di vino, che vengono trasformati in tartrato di calcio e, successivamente, in acido tartarico. In Cina l’acido tartarico L+ e l’acido tartarico DL sono ricavati dal benzene, che viene trasformato in anidride maleica, poi in acido maleico e, infine, in acido tartarico. L’acido tartarico ricavato mediante sintesi chimica possiede le stesse caratteristiche fisiche e chimiche ed è destinato ai medesimi usi di base di quello ricavato dai sottoprodotti della vinificazione.

2        Il 24 settembre 2004 la Commissione europea ha ricevuto una denuncia relativa a pratiche di dumping nel settore dell’acido tartarico presentata da diversi produttori europei, tra i quali la Comercial Química Sarasa SL, le Distillerie Mazzari SpA e l’Industria Chimica Valenzana (ICV) SpA.

3        Il 30 ottobre 2004 la Commissione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di apertura di un procedimento antidumping relativo alle importazioni di acido tartarico proveniente dalla Repubblica popolare cinese (GU 2004, C 267, pag. 4).

4        I produttori denunzianti hanno comunicato le loro osservazioni.

5        La Commissione ha condotto visite di accertamento nelle sedi di una serie di produttori europei, tra cui le tre società indicate al precedente punto 2 e le Distillerie Bonollo SpA.

6        Il 27 luglio 2005 la Commissione ha adottato il regolamento (CE) n. 1259/2005 che istituisce un dazio antidumping provvisorio sulle importazioni di acido tartarico originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2005, L 200, pag. 73; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»).

7        Il 23 gennaio 2006 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 130/2006 che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di acido tartarico originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2006, L 23, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento definitivo»)

8        In seguito alla pubblicazione, il 4 agosto 2010, di un avviso di imminente scadenza di alcune misure antidumping (GU 2010, C 211, pag. 11), la Commissione ha ricevuto, il 27 ottobre 2010, una domanda di riesame in previsione della scadenza di tali misure, presentata dalle ricorrenti: la Caviro Distillerie Srl, la Comercial Química Sarasa, le Distillerie Bonollo, le Distillerie Mazzari e l’Industria Chimica Valenzana.

9        Il 26 gennaio 2011 la Commissione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso di apertura di un riesame in previsione della scadenza e di un riesame delle misure antidumping applicabili alle importazioni di acido tartarico originario della Repubblica popolare cinese (GU 2011, C 24, pag. 14), ai sensi del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU 2009, L 343, pag. 51; in prosieguo: il «regolamento di base») [sostituito dal regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21)] e, in particolare, dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 2, del regolamento 2016/1036).

10      Il 9 giugno 2011 le ricorrenti hanno depositato una domanda di riesame intermedio parziale relativamente alle Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd e alla Ninghai Organic Chemical Factory (in prosieguo: i «due produttori esportatori cinesi»), ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 3, del regolamento 2016/1036).

11      Il 29 luglio 2011 la Commissione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di apertura di un riesame intermedio parziale delle misure antidumping applicabili alle importazioni di acido tartarico originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2011, C 223, pag. 16), ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base.

12      Il 16 aprile 2012 il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 349/2012 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido tartarico originario della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base (GU 2012, L 110, pag. 3).

13      Alla stessa data, la Commissione ha comunicato alle ricorrenti il documento di divulgazione finale contenente i fatti e le considerazioni essenziali in base ai quali essa intendeva raccomandare la modifica delle misure antidumping in vigore.

14      Lo stesso giorno, le ricorrenti hanno inviato alla Commissione una richiesta di chiarimenti a proposito del calcolo del valore normale.

15      Il 19 aprile 2012 la Commissione ha trasmesso la sua risposta alle ricorrenti.

16      Il 25 aprile 2012 le ricorrenti hanno inviato alla Commissione osservazioni sul documento di divulgazione finale, criticando in particolare il presunto cambiamento di metodo per il calcolo del valore normale. Le ricorrenti hanno, inoltre, chiesto un’audizione con i rappresentanti della Commissione.

17      Il 10 maggio 2012, in occasione dell’audizione con i rappresentanti della Commissione, le ricorrenti hanno espresso le proprie obiezioni sulla posizione di quest’ultima. Esse hanno, inoltre, presentato ulteriori osservazioni scritte il 16 maggio e il 7 giugno 2012.

18      All’esito del procedimento di riesame intermedio parziale relativo ai due produttori esportatori cinesi, il Consiglio ha adottato, il 26 giugno 2012, il regolamento di esecuzione (UE) n. 626/2012 che modifica il regolamento di esecuzione n. 349/2012 (GU 2012, L 182, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

19      In sostanza, il regolamento impugnato nega il trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «TEM») ai due produttori esportatori cinesi e, dopo aver costruito il valore normale in base alle informazioni fornite da un produttore che ha collaborato nel paese di riferimento, ossia l’Argentina, aumenta il dazio antidumping applicabile ai prodotti fabbricati dai due produttori esportatori cinesi, rispettivamente, dal 10,1% al 13,1% e dal 4,7% all’8,3%.

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 settembre 2012, le ricorrenti hanno proposto il ricorso di cui trattasi.

21      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 5 dicembre 2012, le ricorrenti hanno chiesto la sospensione del procedimento. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 7 dicembre 2012, anche il Consiglio ha chiesto la sospensione del procedimento.

22      Il 13 dicembre 2012 il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha accolto la domanda di sospensione per un periodo di due anni, ai sensi dell’articolo 77, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991.

23      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 31 gennaio e il 16 maggio 2013 la Commissione europea e la Changmao Biochemical Engineering hanno rispettivamente chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

24      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2014, le ricorrenti hanno domandato il mantenimento della sospensione del procedimento. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 novembre 2014, il Consiglio ha espresso il proprio consenso in merito a tale domanda.

25      Il 27 gennaio 2015 il Tribunale ha accolto la domanda di sospensione fino al 13 aprile 2015, ai sensi dell’articolo 77, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

26      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 18 maggio 2015, le ricorrenti hanno domandato un’ulteriore sospensione del procedimento. Tuttavia, poiché il Consiglio si è opposto a quest’ultima domanda con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2015, la causa non ha potuto essere sospesa sulla base dell’articolo 77, lettera c), del regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

27      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 29 giugno 2015, il Consiglio ha sollevato un’eccezione di irricevibilità, conformemente all’articolo 114, paragrafo 1, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991.

28      Il 22 aprile 2016, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, la presente causa è stata attribuita ad un nuovo giudice relatore, assegnato alla Sesta Sezione, che, con ordinanza del 20 luglio 2016, ha riunito al merito l’eccezione d’irricevibilità e ha riservato le spese.

29      Con decisione del 9 settembre 2016 e con ordinanza del 15 settembre 2016, il presidente della Sesta Sezione del Tribunale ha ammesso gli interventi della Commissione e della Changmao Biochemical Engineering, precisando che, poiché le loro domande di intervento erano state depositate dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 116, paragrafo 6, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, esse sarebbero state autorizzate a presentare le proprie osservazioni durante la fase orale, sulla base della relazione d’udienza che sarebbe stata loro comunicata.

30      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

31      Su proposta dell’Ottava Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi ad un collegio giudicante ampliato.

32      Le ricorrenti, in sostanza, chiedono che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare il regolamento impugnato, pur mantenendone in vigore gli effetti fino all’adozione da parte del Consiglio delle misure di esecuzione necessarie per conformarsi alla sentenza del Tribunale;

–        condannare il Consiglio e ogni eventuale interveniente alle spese.

33      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

34      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89, paragrafo 3, lettera a), del regolamento di procedura, ha invitato le parti a rispondere a taluni quesiti scritti. Le parti hanno risposto a tali quesiti entro i termini impartiti.

35      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 17 ottobre 2017.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

36      L’eccezione di irricevibilità sollevata dal Consiglio si basa, da un lato, sull’assenza di legittimazione ad agire e, dall’altro, sulla mancanza di interesse ad agire delle ricorrenti.

 Sulla legittimazione ad agire

–       Argomenti delle parti

37      Il Consiglio sostiene che il regolamento impugnato si limita ad aumentare leggermente il dazio antidumping sulle importazioni di acido tartarico realizzato dai due produttori esportatori cinesi, senza modificare le altre constatazioni operate dal regolamento di esecuzione n. 349/2012, come quelle sul dumping praticato da qualsiasi altro produttore esportatore cinese, sul pregiudizio grave subito dall’industria dell’Unione, sul nesso di causalità tra il dumping e il pregiudizio e sull’interesse dell’Unione a mantenere le misure. Il Consiglio aggiunge che il regolamento impugnato è uno strumento giuridico ibrido. Infatti, secondo tale istituzione, benché il medesimo contenga decisioni individuali relative ai due produttori esportatori cinesi, costituisce per le ricorrenti una misura di portata generale. Ai fini della ricevibilità del ricorso, la situazione dei produttori esportatori e dei produttori dell’Unione, tra cui le ricorrenti, si differenzierebbe quindi in modo sostanziale.

38      A tale riguardo, il Consiglio ritiene non decisivo il fatto che le ricorrenti, con la loro domanda di riesame intermedio parziale, siano state all’origine dell’adozione del regolamento impugnato. A suo avviso, se la loro domanda di riesame fosse stata respinta, le ricorrenti avrebbero potuto contestare tale decisione. Benché il procedimento di riesame intermedio parziale sia stato avviato su richiesta delle ricorrenti, il regolamento impugnato che ne risulta sarebbe per loro una misura di portata generale, che esse non possono impugnare per vari motivi.

39      In primo luogo, secondo il Consiglio, le ricorrenti non sono direttamente interessate dal regolamento impugnato, il quale si limita ad istituire un dazio antidumping riveduto per i due produttori esportatori cinesi. A tal riguardo, il Consiglio aggiunge che la modifica dell’aliquota del dazio antidumping applicabile alle importazioni dei due produttori esportatori cinesi non può produrre effetti giuridici per le ricorrenti, non essendo queste ultime soggette al dazio antidumping. Anche se la revisione dell’aliquota in questione potesse avere un impatto economico sui produttori dell’Unione, ivi incluse le ricorrenti, ciò non ne dimostrerebbe i suddetti effetti giuridici necessari.

40      Le ricorrenti non avrebbero un diritto soggettivo all’istituzione di dazi antidumping di un certo livello a carico dei loro concorrenti. Da un lato, l’imposizione di dazi antidumping sarebbe subordinata all’esistenza di un interesse dell’Unione. D’altro lato, l’industria dell’Unione non avrebbe un diritto soggettivo a che sia fissato un dazio di un livello preciso, in quanto il livello del dazio dipende da dati riservati di altre parti ed è il risultato della valutazione di circostanze economiche, politiche e giuridiche complesse.

41      In secondo luogo, il Consiglio fa valere che le ricorrenti non sono individualmente interessate dal regolamento impugnato. La situazione delle ricorrenti, nella loro qualità di produttori di acido tartarico, sarebbe analoga a quella di qualsiasi entità operativa nel mercato dell’acido tartarico dell’Unione. A tale riguardo, si dovrebbe fare riferimento per analogia alla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato, la quale implicherebbe che le ricorrenti dimostrino che la loro posizione sul mercato sarebbe sostanzialmente pregiudicata dalla modifica dei dazi antidumping introdotta dal regolamento impugnato. La semplice circostanza che un atto possa influire in una certa misura sui rapporti concorrenziali nel mercato rilevante e che le ricorrenti si trovino in qualche modo in concorrenza con il beneficiario dell’atto non sarebbe sufficiente a far ritenere che quest’ultimo le riguardi individualmente.

42      Il Consiglio ha respinto come infondata l’affermazione delle ricorrenti secondo cui l’industria dell’acido tartarico dell’Unione potrebbe facilmente scomparire, visto il margine di profitto dell’industria dell’Unione durante il periodo dell’inchiesta di riesame.

43      Il Consiglio sostiene, inoltre, la partecipazione attiva delle ricorrenti al procedimento amministrativo non è sufficiente a considerarle individualmente interessate. In aggiunta, il livello dei dazi antidumping non sarebbe fondato su dati forniti dalle ricorrenti, ma su dati forniti dai due produttori esportatori cinesi e dal produttore del paese di riferimento che ha collaborato o su dati accessibili al pubblico.

44      In tale contesto, il Consiglio considera irrilevante il fatto che il regolamento impugnato menzioni espressamente le ricorrenti.

45      All’udienza, la Commissione ha indicato di sostenere le obiezioni del Consiglio quanto all’assenza di legittimazione ad agire delle ricorrenti. Tuttavia, in risposta ai quesiti del Tribunale, essa ha precisato che la circostanza che le ricorrenti non pagano il dazio antidumping è un elemento tra i tanti da prendere in considerazione, non di per sé decisivo, tuttavia, per stabilire se esse sono direttamente interessate dal regolamento impugnato.

46      Le ricorrenti contestano le obiezioni del Consiglio in merito alla loro legittimazione ad agire e sostengono che il regolamento impugnato le riguarda direttamente ed individualmente.

–       Giudizio del Tribunale

47      Ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione.

48      Poiché le ricorrenti non sono destinatarie del regolamento impugnato, va accertato innanzitutto se quest’ultimo le riguardi direttamente ed individualmente.

49      Per quanto riguarda la questione dell’incidenza diretta sulle ricorrenti, tale condizione presuppone, secondo una formula di frequente uso nella giurisprudenza, che, da un lato, il provvedimento dell’Unione impugnato produca effetti direttamente sulla situazione giuridica della parte ricorrente e, dall’altro, che tale atto non lasci ai propri destinatari incaricati della sua applicazione alcun potere discrezionale quanto all’applicazione stessa, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, T‑18/10, EU:T:2011:419, punto 71, e del 14 gennaio 2015, SolarWorld e a./Commissione, T‑507/13, EU:T:2015:23, punto 40).

50      Giacché gli Stati membri, incaricati dell’applicazione del regolamento impugnato, non avevano alcun margine di discrezionalità per quanto riguarda l’aliquota del dazio antidumping e l’imposizione di tale dazio ai prodotti in questione [v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2014, Crown Equipment (Suzhou) e Crown Gabelstapler/Consiglio, T‑643/11, EU:T:2014:1076, punto 28 (non pubblicata)], il secondo requisito menzionato al precedente punto 49 è soddisfatto.

51      Per quanto riguarda il primo dei summenzionati requisiti, contrariamente a quanto sostengono il Consiglio e la Commissione, un’interpretazione restrittiva del requisito dell’incidenza diretta sulla situazione giuridica delle ricorrenti non può essere accolta.

52      A questo proposito è opportuno rammentare le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:21, paragrafo 71), secondo cui non è raro che siano ammessi in giurisprudenza – e con piena ragione – ricorsi di annullamento proposti da singoli contro atti giuridici dell’Unione che producono sulle parti ricorrenti effetti di natura non giuridica ma semplicemente reale, ad esempio perché incidono direttamente sulla loro qualità di operatori di mercato in concorrenza con altri operatori.

53      Infatti, se la posizione sostenuta dal Consiglio e dalla Commissione nella presente causa sulla nozione di incidenza diretta fosse corretta, qualsiasi ricorso proposto da un produttore dell’Unione contro un regolamento che istituisce dazi antidumping dovrebbe essere sistematicamente dichiarato irricevibile, così come qualsiasi ricorso proposto da un concorrente del beneficiario di un aiuto dichiarato compatibile con il mercato interno dalla Commissione a conclusione del procedimento di indagine formale e qualsiasi ricorso proposto da un concorrente avverso una decisione che dichiara una concentrazione compatibile con il mercato interno.

54      Orbene, tali ricorsi sono stati dichiarati ricevibili dalla giurisprudenza a più riprese.

55      In primo luogo, nel settore dell’antidumping, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione (264/82, EU:C:1985:119, punti da 12 a 16), che riguardava una situazione molto simile a quella in esame, la Corte ha espressamente statuito che il regolamento in oggetto riguardava direttamente la parte ricorrente, un produttore europeo concorrente che riteneva che i dazi antidumping imposti non fossero sufficientemente elevati. Inoltre, nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze dell’8 luglio 1998, CECOM/Consiglio (T‑232/95, EU:T:1998:158), e del 28 ottobre 1999, EFMA/Consiglio (T‑210/95, EU:T:1999:273), l’irricevibilità dei ricorsi proposti da associazioni di produttori europei avverso regolamenti istitutivi di dazi antidumping, ritenuti insoddisfacenti da tali produttori, non è stata sollevata né dalla parte convenuta, né d’ufficio.

56      Sebbene la giurisprudenza abbia dichiarato irricevibile il ricorso proposto da un certo numero di produttori dell’Unione appartenenti ad un’associazione all’origine di una denuncia antidumping contro la decisione della Commissione di accettare gli impegni degli esportatori produttori nell’ambito di un procedimento antidumping, siffatta conclusione derivava dal fatto che si era ritenuto che tale decisione non producesse direttamente effetti sulle parti ricorrenti, effetti che sarebbero potuti eventualmente derivare dal regolamento antidumping attuativo degli impegni (v., in tal senso, ordinanza del 14 gennaio 2015, SolarWorld e a./Commissione, T‑507/13, EU:T:2015:23, punti 48, 52 e 58, confermata con ordinanza del 10 marzo 2016, SolarWorld/Commissione, C‑142/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:163, punti da 24 a 28), circostanza molto diversa da quella del caso di specie.

57      In secondo luogo, nel settore degli aiuti di Stato, è stato spesso statuito che i concorrenti delle imprese beneficiarie dell’aiuto erano direttamente interessati dalla decisione della Commissione che dichiarava l’aiuto in questione compatibile con il mercato interno (v., in tal senso, sentenze del 28 gennaio 1986, Cofaz e a./Commissione, 169/84, EU:C:1986:42, punto 30; del 27 aprile 1995, ASPEC e a./Commissione, T‑435/93, EU:T:1995:79, punti 60 e 61, e del 22 ottobre 1996, Skibsværftsforeningen e a./Commissione, T‑266/94, EU:T:1996:153, punto 49). A tale riguardo, occorre precisare che la situazione del concorrente del beneficiario di un aiuto e quella del concorrente del produttore esportatore i cui prodotti sono soggetti a dazi antidumping asseritamente insufficienti sono, in sostanza, equiparabili ai fini dell’analisi della condizione dell’incidenza diretta riguardo alla ricevibilità del ricorso.

58      In terzo luogo, esistono numerosi esempi nella giurisprudenza relativa a ricorsi presentati da concorrenti contro decisioni che dichiarano le concentrazioni compatibili con il mercato interno in cui la condizione dell’incidenza diretta è stata ritenuta soddisfatta (sentenze del 19 maggio 1994, Air France/Commissione, T‑2/93, EU:T:1994:55, punto 41; del 3 aprile 2003, BaByliss/Commissione, T‑114/02, EU:T:2003:100, punto 89, e del 30 settembre 2003, ARD/Commissione, T‑158/00, EU:T:2003:246, punto 60). In particolare, emerge da suddette cause che il carattere diretto dell’incidenza sulle parti ricorrenti è stato riconosciuto, anche se queste ultime non avevano preso parte alle concentrazioni. Infatti, poiché le decisioni di cui trattavano tali cause permettevano una realizzazione immediata della concentrazione, esse erano in grado di provocare una modificazione immediata della situazione dei mercati interessati. Il Tribunale ha dichiarato, inoltre, che, poiché la volontà delle parti della concentrazione di realizzare quest’ultima era fuor di dubbio, gli operatori economici che intervenivano sui mercati interessati potevano considerare acquisita, alla data della decisione impugnata, una modificazione immediata o rapida dello stato del mercato (sentenza del 4 luglio 2006, easyJet/Commissione, T‑177/04, EU:T:2006:187, punti 31 e 32).

59      Alla luce di quanto precede, occorre osservare che il regolamento impugnato pone fine al procedimento di riesame intermedio parziale, avviato su domanda delle ricorrenti, modificando i dazi antidumping applicabili alle importazioni dei due produttori esportatori cinesi. Con la loro domanda di riesame intermedio parziale ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base, le ricorrenti miravano infatti ad ottenere dalla Commissione e dal Consiglio l’adozione di misure adeguate per controbilanciare il dumping all’origine del pregiudizio da esse subito. Nella misura in cui sono all’origine del procedimento di riesame intermedio parziale e le misure adottate in esito a tale procedimento erano destinate a controbilanciare il dumping all’origine del pregiudizio di cui sono vittime in quanto produttori concorrenti operanti sullo stesso mercato, le ricorrenti sono direttamente interessate dal regolamento impugnato.

60      Gli altri argomenti dedotti dal Consiglio e dalla Commissione non valgono ad inficiare tale conclusione.

61      In primo luogo, si deve respingere l’argomento del Consiglio relativo al fatto che la modifica dei dazi antidumping applicabili non è idonea a produrre effetti giuridici nei confronti delle ricorrenti, in quanto queste ultime non pagano alcun dazio antidumping. Tale circostanza non è di per sé decisiva (v., in tal senso, la giurisprudenza citata al punto 55 supra), come peraltro riconosciuto dalla Commissione in sede d’udienza.

62      A maggior ragione, si deve ricordare che, come le ricorrenti hanno giustamente rilevato, neppure i due produttori esportatori cinesi sono soggetti al pagamento di tali dazi. Infatti, i medesimi sono pagati dagli importatori dell’Unione. Inoltre, l’articolo 12 del regolamento di base (divenuto articolo 12 del regolamento 2016/1036), letto alla luce dei suoi considerando 16 e 18 (divenuti considerando 17 e 19 del regolamento 2016/1036), osta a che i produttori esportatori si accollino, ossia «assorbano», i dazi antidumping.

63      In secondo luogo, si deve respingere l’argomento del Consiglio, sostenuto dalla Commissione in udienza, secondo il quale le ricorrenti non hanno un diritto soggettivo all’istituzione nei confronti dei loro concorrenti di dazi antidumping di un certo livello. Da un lato, ai fini dell’esame della ricevibilità del ricorso, è sufficiente esaminare se il regolamento impugnato riguardi direttamente le ricorrenti, circostanza che risulta provata per le ragioni di cui sopra. Dall’altro lato, va ricordato che, come risulta dal ricorso, le ricorrenti non fanno valere un proprio diritto soggettivo all’istituzione di dazi antidumping di uno specifico livello, ma si limitano a contestare al Consiglio e alla Commissione la violazione delle regole previste dal regolamento di base per il calcolo del valore normale.

64      In terzo luogo, va respinto anche l’argomento del Consiglio, sostenuto dalla Commissione in udienza, secondo il quale, una volta che il medesimo e la Commissione accettano di avviare il procedimento di riesame intermedio parziale, le ricorrenti non potrebbero contestare l’esito di tale procedimento. Emerge, in particolare, dal punto 16 dell’eccezione d’irricevibilità e dal punto 23 della controreplica che tale argomento sembra basarsi su due considerazioni, vale a dire che, da un lato, l’esito di un tale procedimento non potrebbe condurre ad un risultato meno favorevole per l’industria dell’Unione, poiché i dazi antidumping saranno o aumentati o mantenuti al medesimo livello, e che, dall’altro, l’atto adottato in esito a tale procedimento costituirebbe una misura di portata generale per le ricorrenti.

65      Il secondo aspetto di tale argomento sarà esaminato nell’ambito dell’esame della condizione relativa all’incidenza individuale infra ai punti da 74 a 91. Per quanto riguarda il primo aspetto dell’argomento, esso non può essere accolto per due motivi. Da un lato, il Consiglio non fa riferimento ad alcuna regola di diritto che impedirebbe al medesimo ed alla Commissione di decidere di imporre dazi antidumping meno elevati in seguito al procedimento di riesame intermedio, a cui possono partecipare peraltro i produttori esportatori in questione. Infatti, ciò non può essere escluso a priori dalle conclusioni dell’inchiesta di riesame, che potrebbe condurre all’uso di un metodo diverso se vi fosse un cambiamento delle circostanze ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base (divenuto articolo 11, paragrafo 9, del regolamento 2016/1036) o se il metodo impiegato inizialmente risultasse in contrasto con le disposizioni dell’articolo 2 del regolamento di base (divenuto articolo 2 del regolamento 2016/1036) (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 2008, Huvis/Consiglio, T‑221/05, non pubblicata, EU:T:2008:258, punti 41 e 42). Dall’altro lato, se la posizione del Consiglio e della Commissione venisse accettata, essi avrebbero la possibilità di sottrarsi de facto al controllo del giudice, limitandosi ad aumentare in modo puramente marginale i dazi antidumping in seguito ad una domanda di riesame intermedio da parte dell’industria dell’Unione, anche se l’applicazione corretta delle disposizioni del regolamento di base avrebbe dovuto condurre ad un aumento significativamente superiore. Una siffatta possibilità non può essere accettata.

66      In quarto luogo, si devono respingere gli argomenti addotti dal Consiglio sulla base della giurisprudenza al fine di contestare l’incidenza diretta sulle ricorrenti.

67      Innanzitutto, il Consiglio cita il punto 75 dell’ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (T‑18/10, EU:T:2011:419), secondo cui, sebbene non possa escludersi che il divieto generale di immissione in commercio di cui al regolamento impugnato possa avere ripercussioni sull’attività delle persone che intervengono a monte o a valle di detta immissione, tali ripercussioni non possono essere considerate tuttavia una conseguenza diretta del suddetto divieto. Tale punto precisa parimenti che, «per quanto riguarda le eventuali conseguenze economiche del divieto in questione, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza, queste ultime non riguardano la situazione giuridica, ma unicamente la situazione di fatto dei ricorrenti».

68      A tal riguardo, si evince dalla lettura d’insieme del punto 75 dell’ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (T‑18/10, EU:T:2011:419), che esso verteva sulla questione se un regolamento sull’immissione sul mercato di prodotti derivati dalla foca producesse effetti diretti unicamente sulla situazione di coloro che erano attivi su tale mercato o se producesse effetti diretti anche sulla situazione dei soggetti che operavano nei segmenti a monte, come i cacciatori, circostanza che il Tribunale ha escluso ritenendo che gli eventuali effetti fossero indiretti. Tale interpretazione è peraltro confermata dai paragrafi da 73 a 75 delle conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:21). Il Consiglio, pertanto, non può invocare a sostegno della sua tesi l’ordinanza del 6 settembre 2011, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (T‑18/10, EU:T:2011:419), le cui circostanze e problematica sono completamente diverse da quelle del caso di specie.

69      Il Consiglio si riferisce anche al punto 40 dell’ordinanza del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione (T‑202/13, EU:T:2014:664), relativa ad un ricorso di annullamento contro una direttiva. Emerge dai punti da 36 a 40 di tale ordinanza che sono le disposizioni nazionali di recepimento della direttiva, e non la direttiva stessa, che possono produrre effetti giuridici sulla situazione della parte ricorrente. In tale contesto, il Tribunale ha dichiarato che quest’ultima non poteva basarsi sulle presunte ripercussioni finanziarie derivanti dalla direttiva per dimostrare che essa la riguardava direttamente.

70      Si deve constatare che le circostanze e la problematica dell’ordinanza del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione (T‑202/13, EU:T:2014:664), non sono equiparabili a quelle della presente causa. Nel caso di specie, le ricorrenti non impugnano una direttiva e non esiste una misura nazionale di recepimento che possa incidere in modo diretto sulle medesime. In realtà, come riconosciuto dal Consiglio nella sua risposta ai quesiti scritti del Tribunale e in udienza, il regolamento impugnato non comporta alcuna misura di esecuzione sul piano nazionale nei confronti delle ricorrenti. Sebbene il Consiglio si avvalga delle considerazioni esposte, ad abundantiam, al punto 40 dell’ordinanza del 7 luglio 2014, Group’Hygiène/Commissione (T‑202/13, EU:T:2014:664), relative all’assenza di incidenza diretta sulla situazione giuridica della parte ricorrente, ciò non toglie che la particolare situazione della parte ricorrente in quel caso specifico non appare trasponibile alla presente controversia, mentre, come ricordato al precedente punto 52, la giurisprudenza ammette la ricevibilità dei ricorsi di annullamento proposti contro atti dell’Unione i cui effetti sulle parti ricorrenti sono principalmente effetti sostanziali.

71      Il Consiglio cita, infine, i punti 78, 79 e 87 della sentenza del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio (T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340), a sostegno delle proprie deduzioni circa l’assenza di incidenza diretta.

72      Si deve rilevare che i punti da 75 a 87 della sentenza del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio (T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340), riguardavano una questione diversa da quella qui in esame. In particolare, essi vertevano sull’esame della legittimazione ad agire a titolo individuale e, quindi, indipendentemente dalla legittimazione ad agire in quanto rappresentanti dei propri membri, di due associazioni di produttori americani i cui prodotti erano stati assoggettati a dazi antidumping. In tali circostanze, il Tribunale ha ritenuto che il regolamento antidumping avente ad oggetto i prodotti dei loro membri non riguardasse a titolo individuale le associazioni ricorrenti, salvo per quanto concerneva un motivo vertente sulla tutela dei loro diritti procedurali in ragione della loro partecipazione al procedimento antidumping. Ne deriva che i punti 78, 79 e 87 della sentenza del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio (T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340) non possono supportare la tesi del Consiglio.

73      Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che il regolamento impugnato riguardi direttamente le ricorrenti.

74      Per quanto riguarda la questione se le ricorrenti siano individualmente interessate, emerge dalla giurisprudenza che chi non sia destinatario di un provvedimento può sostenere che questo lo riguarda ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE solo qualora detto provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualità personali, ovvero di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalità e, quindi, lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari (sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 220).

75      Con riguardo, in particolare, al settore dell’antidumping, pur essendo vero che, alla luce dei criteri dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, i regolamenti che istituiscono un dazio antidumping hanno, per natura e per portata, carattere normativo, in quanto si applicano alla generalità degli operatori economici interessati, non è tuttavia escluso che talune disposizioni di tali regolamenti possano riguardare direttamente ed individualmente taluni operatori economici (v., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, TMK Europe, C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 19).

76      Ne consegue che i provvedimenti con cui sono istituiti dazi antidumping possono, in determinate circostanze e senza perdere la propria natura regolamentare, riguardare individualmente determinati operatori economici, i quali hanno pertanto titolo per chiederne l’annullamento in giudizio (sentenza del 16 maggio 1991, Extramet Industrie/Consiglio, C‑358/89, EU:C:1991:214, punto 14).

77      Tale riconoscimento della legittimazione di determinate categorie di operatori economici a chiedere l’annullamento di un regolamento antidumping non toglie tuttavia che anche altri operatori possano essere individualmente interessati da tale regolamento (sentenze del 16 maggio 1991, Extramet Industrie/Consiglio, C‑358/89, EU:C:1991:214, punto 16, e del 16 aprile 2015, TMK Europe, C‑143/14, EU:C:2015:236, punto 22). A tale riguardo, è importante sottolineare che non esiste un elenco esaustivo dei criteri a cui dovrebbe corrispondere la situazione delle ricorrenti, i quali possono anche riferirsi all’esistenza di un complesso di elementi atti a dimostrare una siffatta situazione particolare (v., in tal senso, sentenza del 16 maggio 1991, Extramet Industrie/Consiglio, C‑358/89, EU:C:1991:214, punto 17).

78      Ai fini di tale analisi, occorre esaminare, da un lato, il ruolo delle ricorrenti nell’ambito del procedimento antidumping e, dall’altro, la loro posizione sul mercato interessato dal regolamento impugnato (v., in tal senso, sentenze del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punti da 12 a 15; del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio, T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340, punto 122, e del 9 giugno 2016, Marquis Energy/Consiglio, T‑277/13, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:343, punto 84).

79      In primo luogo, emerge dalla giurisprudenza che la partecipazione attiva della parte ricorrente al procedimento amministrativo, ad esempio, attraverso una denuncia, la comunicazione di dati, il deposito di osservazioni scritte o la partecipazione ad un’audizione, costituisce un elemento pertinente al fine di determinare l’incidenza individuale rispetto alla medesima parte (v., in tal senso, sentenze del 16 aprile 2015, TMK Europe, C‑143/14, EU:C:2015:236, punti da 24 a 26, e del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio, T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340, punti da 123 a 127).

80      In secondo luogo, al fine di valutare il pregiudizio arrecato alla posizione di una parte ricorrente sul mercato, il giudice dell’Unione si fonda su una serie di elementi quali la struttura concentrata o frammentata del mercato, la posizione della parte ricorrente e del concorrente in questione in termini assoluti e relativi sul mercato o l’entità dell’impatto dell’atto controverso sulle attività della parte ricorrente (v., in tal senso, sentenze del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punto 15; del 16 maggio 1991, Extramet Industrie/Consiglio, C‑358/89, EU:C:1991:214, punto 17; del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio, T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340, punto 128, e del 9 giugno 2016, Marquis Energy/Consiglio, T‑277/13, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:343, punto 90).

81      Si può evincere della valutazione di tale insieme di elementi effettuata dal giudice dell’Unione che più i rapporti di concorrenza tra la parte ricorrente e il concorrente in questione sono diretti, sia perché il numero di operatori attivi sul mercato è limitato, sia perché l’impresa di cui trattasi è il principale concorrente della parte ricorrente, e maggiori sono gli effetti negativi per quest’ultima, più è giustificata la conclusione che essa è individualmente interessata dal provvedimento impugnato.

82      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la situazione delle ricorrenti al fine di determinare se esse siano individualmente interessate dal regolamento impugnato.

83      In primo luogo, per quanto riguarda la loro partecipazione al procedimento amministrativo – criterio di per sé né necessario, né sufficiente e tuttavia rilevante – si evince dal considerando 2 del regolamento impugnato che le ricorrenti sono state all’origine della procedura di riesame intermedio parziale a causa della loro domanda presentata, il 9 giugno 2011, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento di base. Inoltre, si evince parimenti dal considerando 2 del regolamento impugnato che le ricorrenti vi sono identificate nominativamente, il che costituisce un elemento pertinente assieme ad altri per valutarne l’incidenza individuale, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio. Esse hanno inoltre presentato osservazioni scritte almeno cinque volte durante il procedimento di riesame intermedio, a proposito del rifiuto del TEM ai due produttori esportatori cinesi e riguardo al metodo di calcolo del valore normale impiegato dalla Commissione. Esse hanno anche partecipato ad una riunione con i rappresentanti della Commissione il 10 maggio 2012. Oltre a ciò, risulta in particolare dai considerando 39 e 41 del regolamento impugnato che quest’ultimo confuta esplicitamente alcuni argomenti addotti dalle ricorrenti nel corso del procedimento di riesame.

84      Ne consegue che le ricorrenti hanno attivamente partecipato al procedimento amministrativo e hanno contribuito in modo significativo al suo svolgimento, nonché al suo risultato.

85      In secondo luogo, per quanto riguarda il criterio relativo all’incidenza sulla posizione delle ricorrenti sul mercato, anche se la giurisprudenza tradizionale in materia di antidumping non riprende in generale il requisito che l’incidenza sulla posizione della parte ricorrente sul mercato in questione sia sostanziale, come in materia di aiuti di Stato, il ragionamento applicato è in pratica identico. Inoltre, le ricorrenti non adducono alcuna ragione che giustifichi l’applicazione di criteri di ricevibilità meno rigorosi in materia di antidumping, da esse sostenuta. La giurisprudenza più recente del Tribunale, peraltro, fa riferimento al requisito di un’incidenza sostanziale sulla posizione sul mercato (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 2016, Growth Energy e Renewable Fuels Association/Consiglio, T‑276/13, con impugnazione pendente, EU:T:2016:340, punti 122 e 128, e del 9 giugno 2016, Marquis Energy/Consiglio, T‑277/13, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:343, punti 84 e 90). L’argomento del Consiglio, secondo cui spetta alle ricorrenti dimostrare che la loro posizione sul mercato è stata sostanzialmente pregiudicata, è pertanto fondato.

86      Per quanto riguarda la condizione dell’incidenza sostanziale sulla posizione delle ricorrenti sul mercato, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, occorre innanzitutto osservare che lo stesso Consiglio ammette che il regolamento impugnato non rimette in discussione le conclusioni del regolamento di esecuzione n. 349/2012 per quanto concerne l’esistenza di un notevole pregiudizio subito dall’industria dell’Unione e l’esistenza di un nesso di causalità tra le importazioni di provenienza cinese, ivi comprese quelle dei due produttori esportatori cinesi, e detto pregiudizio. Tali considerazioni, peraltro non contestate dalle parti, sono importanti per stabilire se le ricorrenti fossero individualmente interessate dal regolamento impugnato, che mirava ad adottare misure antidumping appropriate.

87      In particolare, le ricorrenti sostengono che la loro produzione rappresenta il 73% della produzione di acido tartarico dell’industria dell’Unione, senza che ciò sia confutato dal Consiglio e dalla Commissione. In udienza, la Commissione ha rilevato che l’industria dell’Unione aveva una quota di mercato del 44% nel 2012. Le ricorrenti hanno anche affermato in udienza, senza che ciò fosse confutato dal Consiglio e dalla Commissione, che tra loro figuravano i principali produttori dell’industria dell’Unione, ivi compreso il produttore più importante, le Distillerie Mazzari. Oltre a ciò, risulta dalle memorie delle ricorrenti e dal considerando 58 del regolamento di esecuzione n. 349/2012 che il mercato di cui trattasi è caratterizzato da un numero limitato di produttori nell’Unione e che è quindi relativamente concentrato.

88      Le ricorrenti sostengono, inoltre, di aver subito, in quanto concorrenti dei due produttori esportatori cinesi, gli effetti negativi gravi derivanti dalle pratiche di dumping, in particolare, perdite di quote di mercato e perdite di posti di lavoro del 28%, e che tali pratiche rischierebbero di farle scomparire. Anche se il Consiglio confuta il presunto rischio di scomparsa delle ricorrenti, si deve constatare che i considerando 75 e 77 del regolamento di esecuzione n. 349/2012, adottato appena due mesi prima del regolamento impugnato, indicano una riduzione della quota di mercato dei produttori dell’Unione di oltre 7 punti percentuali tra il 2007 e il 2010 nonché una riduzione del 28% del livello di occupazione durante lo stesso periodo. Il considerando 80 del regolamento di esecuzione n. 349/2012 indica altresì che l’industria dell’Unione restava vulnerabile agli effetti pregiudizievoli del dumping. Pertanto, non si può negare che le ricorrenti subissero gli effetti negativi gravi derivanti dalle pratiche di dumping che il regolamento impugnato mirava ad eliminare. Secondo il considerando 62 del regolamento di esecuzione n. 349/2012, inoltre, il volume delle importazioni nell’Unione del prodotto in esame proveniente dai produttori esportatori cinesi e assoggettato a misure antidumping ha raggiunto una quota di mercato superiore al 12% nel 2010, il che sarebbe un risultato degno di nota.

89      All’udienza, la Commissione ha fatto valere che le considerazioni relative alla Changmao Biochemical Engineering, presente all’udienza, non possono essere prese in considerazione ai fini dell’esame dell’incidenza sostanziale sulla posizione sul mercato delle ricorrenti. Tale argomento non può essere accolto per varie ragioni. Innanzitutto, si deve rammentare che il regolamento impugnato intendeva adottare dazi antidumping atti a controbilanciare il dumping dovuto alle importazioni dei prodotti della Changmao Biochemical Engineering e della Ninghai Organic Chemical Factory. Inoltre, le importazioni di prodotti della Changmao Biochemical Engineering hanno effettivamente avuto luogo. Inoltre, al momento della presentazione del ricorso, nessuna ragione ostava alla presa in conto di considerazioni relative alla Changmao Biochemical Engineering al fine di stabilire se le ricorrenti fossero individualmente interessate. Va poi rilevato che la sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372), ha annullato il regolamento impugnato unicamente a causa di una violazione dei diritti della difesa nei confronti della Changmao Biochemical Engineering. Infine, come indicato ai successivi punti da 105 a 113, le ricorrenti conservano un interesse ad agire anche per evitare che le illegittimità contestate non si ripetano in futuro, in particolare in previsione del mantenimento dei dazi antidumping.

90      A tal riguardo, occorre rilevare che, il 19 aprile 2017, la Commissione ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso di apertura di un riesame intermedio parziale delle misure antidumping applicabili alle importazioni di acido tartarico originarie della Repubblica popolare cinese (GU 2017, C 122, pag. 8), ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento di base. Se ne deduce che il Consiglio e la Commissione prevedono il mantenimento dei dazi antidumping sui prodotti di tutti i produttori esportatori interessati, tra cui la Changmao Biochemical Engineering.

91      Alla luce di quanto precede, si deve concludere che le ricorrenti presentano qualità particolari in quanto concorrenti dei due produttori esportatori cinesi e sono in una situazione di fatto che le caratterizza e le identifica analogamente a quanto avverrebbe con i destinatari del regolamento impugnato.

92      Peraltro, poiché non impone dazi antidumping sui prodotti delle ricorrenti, il regolamento impugnato non può, in linea di principio, comportare misure di esecuzione sul piano nazionale nei confronti di queste ultime, a differenza della situazione del produttore esportatore o dell’importatore di prodotti soggetti a dazi antidumping (v., in tal senso, ordinanza del 21 gennaio 2014, Bricmate/Consiglio, T‑596/11, non pubblicata, EU:T:2014:53, punti da 71 a 73). Ne consegue che le ricorrenti non hanno, in linea di principio, mezzi di ricorso alternativi sul piano nazionale per far valere la presunta illegittimità del regolamento impugnato.

93      Seppur tale circostanza non possa condurre ad escludere il requisito dell’incidenza individuale, che è espressamente previsto dal Trattato FUE, occorre ricordare che la condizione secondo cui una persona può presentare un ricorso contro un regolamento solo qualora essa sia interessata non solo direttamente, ma anche individualmente da tale atto deve essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle diverse circostanze atte a individuare un ricorrente (v., in tal senso, sentenze del 25 luglio 2002, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, C‑50/00 P, EU:C:2002:462, punto 44; del 1o aprile 2004, Commissione/Jégo-Quéré, C‑263/02 P, EU:C:2004:210, punto 36, e del 28 aprile 2015, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, C‑456/13 P, EU:C:2015:284, punto 44).

94      Alla luce dell’insieme di tali elementi, occorre ritenere le ricorrenti direttamente e individualmente interessate dal regolamento impugnato, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE.

95      In considerazione di tale conclusione, non vi è luogo, per il Tribunale, di pronunciarsi sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, terza parte di frase, TFUE, relativa alla ricevibilità di un ricorso proposto avverso un atto regolamentare che riguarda la parte ricorrente direttamente e che non comporta alcuna misura di esecuzione, aspetti sui quali le parti si sono pronunciate in risposta ai quesiti scritti del Tribunale e in udienza.

 Sull’interesse ad agire

–       Argomenti delle parti

96      Il Consiglio fa valere che le ricorrenti non hanno alcun interesse all’annullamento del regolamento impugnato, poiché tale annullamento comporterebbe l’applicazione retroattiva dei dazi antidumping, meno elevati, istituiti dal regolamento di esecuzione n. 349/2012, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento impugnato.

97      Esso aggiunge che non sono soddisfatte le condizioni per il mantenimento degli effetti del regolamento impugnato a norma dell’articolo 264, secondo comma, TFUE. In particolare, non si può non tener conto dell’interesse degli importatori, che dovrebbero pagare dazi antidumping illegittimi fino all’adozione di un nuovo regolamento.

98      In risposta ai quesiti scritti del Tribunale sulle conseguenze della sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372), il Consiglio sostiene che la presente controversia è ormai priva di oggetto per quanto riguarda i dazi antidumping imposti sui prodotti della Changmao Biochemical Engineering. Pertanto, l’oggetto della presente controversia sarebbe limitato ai dazi antidumping imposti sui prodotti della Ninghai Organic Chemical Factory.

99      Per quanto riguarda la questione dell’interesse ad agire, la Commissione ha fatto valere in udienza che la natura delle illegittimità contestate non era tale da consentire loro di riprodursi in futuro indipendentemente dalle circostanze della causa in esame, ai sensi della sentenza del 15 dicembre 2016, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio (T‑199/04 RENV, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:740). In realtà, le illegittimità contestate sarebbero strettamente connesse alle circostanze del caso di specie.

100    Le ricorrenti contestano le obiezioni riguardanti il loro interesse ad agire.

–       Giudizio del Tribunale

101    In base ad una giurisprudenza costante, il ricorso di annullamento proposto da una persona fisica o giuridica è ricevibile solo ove il ricorrente abbia un interesse all’annullamento dell’atto in questione (v. sentenza del 20 giugno 2001, Euroalliages/Commissione, T‑188/99, EU:T:2001:166, punto 26 e giurisprudenza ivi citata). Ciò presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v. sentenza del 17 aprile 2008, Flaherty e a./Commissione, C‑373/06 P, C‑379/06 P e C‑382/06 P, EU:C:2008:230, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

102    Nel caso di specie, le ricorrenti non chiedono l’imposizione retroattiva di dazi antidumping più elevati ma la sostituzione dei dazi derivanti dal regolamento impugnato a partire dalla data di adozione dell’eventuale nuovo regolamento del Consiglio. Pertanto, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, non se ne può dedurre che la domanda delle ricorrenti non tiene conto delle esigenze imperative di certezza del diritto attinenti al complesso degli interessi in gioco, sia pubblici sia privati (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C‑409/06, EU:C:2010:503, punto 66).

103    A tale proposito, occorre rammentare che, quando un ricorso mira non già alla soppressione degli effetti dell’atto impugnato, bensì alla loro sostituzione con un provvedimento più rigoroso, che implichi un dazio antidumping più elevato, il giudice dell’Unione può far uso della facoltà prevista dall’articolo 264, secondo comma, TFUE, al fine di mantenere il dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato fino a quando le istituzioni competenti abbiano adottato i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta (sentenza del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punto 32; v. anche, per analogia, sentenza del 29 giugno 2000, Medici Grimm/Consiglio, T‑7/99, EU:T:2000:175, punto 55).

104    In tali circostanze, le ricorrenti hanno un interesse a chiedere l’annullamento del regolamento impugnato, che potrebbe procurare loro un beneficio. L’argomento del Consiglio deve essere pertanto respinto.

105    Per quanto riguarda la questione degli effetti della sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372), come risulta dalle risposte ai quesiti scritti del Tribunale, le parti concordano sul fatto che la presente controversia non è rimasta del tutto priva di oggetto a causa di tale sentenza, nei limiti in cui il Consiglio non confuta il fatto che la presente controversia mantenga il suo oggetto almeno per quanto riguarda l’applicazione del regolamento impugnato ai prodotti della Ninghai Organic Chemical Factory.

106    Infatti, il regolamento impugnato è stato annullato solo nella parte concernente la Changmao Biochemical Engineering e resta quindi pienamente in vigore per quanto riguarda i prodotti dell’altro produttore esportatore interessato, ossia la Ninghai Organic Chemical Factory. Inoltre, esso è stato annullato a causa di una violazione dei diritti della difesa.

107    Secondo la giurisprudenza, nel caso di annullamento di un atto per violazione di forme prescritte ad substantiam, il procedimento diretto a sostituire l’atto annullato può essere ripreso dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti 45 e 73).

108    Risulta parimenti dalla giurisprudenza che la parte ricorrente può anche mantenere un interesse a chiedere l’annullamento di un atto di un’istituzione dell’Unione per consentire di evitare che l’illegittimità da cui questo è asseritamente viziato si riproduca in futuro (sentenze del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 50, e del 18 marzo 2009, Shanghai Excell M&E Enterprise e Shanghai Adeptech Precision/Consiglio, T‑299/05, EU:T:2009:72, punto 48).

109    A tale proposito, occorre rilevare che, nell’ambito del presente ricorso, le ricorrenti contestano sotto vari profili il metodo scelto dal Consiglio e dalla Commissione, nel regolamento impugnato, per calcolare il valore normale e il margine di dumping; tale metodo potrebbe essere ripreso in futuro, in particolare per quanto riguarda le importazioni di acido tartarico originario della Cina.

110    Si deve respingere, inoltre, l’argomento della Commissione relativo alla sentenza del 15 dicembre 2016, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio (T‑199/04 RENV, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:740), secondo cui le irregolarità contestate nella fattispecie sarebbero strettamente connesse alle circostanze della causa e non possono riprodursi indipendentemente da essa. Da un lato, l’utilizzo di un metodo errato per il calcolo del valore normale può riprodursi in futuro indipendentemente dalle circostanze del caso di specie. Dall’altro, l’elemento decisivo menzionato nella sentenza del 15 dicembre 2016, Gul Ahmed Textile Mills/Consiglio (T‑199/04 RENV, non pubblicata, con impugnazione pendente, EU:T:2016:740) è il fatto che le irregolarità siano in grado di riprodursi in futuro, anche se l’atto impugnato ha cessato di produrre i suoi effetti, e non che tale possibilità esista indipendentemente dalle circostanze del caso.

111    Come indicato al precedente punto 90, il 19 aprile 2017 la Commissione ha altresì pubblicato un avviso di apertura di un riesame in previsione della scadenza delle misure antidumping applicabili alle importazioni di acido tartarico originario della Cina.

112    Ne consegue che la Commissione sta attualmente valutando il mantenimento delle misure derivanti dal regolamento impugnato che restano in vigore per i prodotti della Ninghai Organic Chemical Factory, fatta salva la possibilità di adottare misure idonee a correggere la violazione delle forme ad substantiam accertata, per quanto riguarda la Changmao Biochemical Engineering, dalla sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372).

113    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le ricorrenti conservano un interesse ad agire. Conseguentemente, il ricorso dev’essere dichiarato ricevibile.

 Nel merito

114    A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono cinque motivi, vertenti, il primo, sulla violazione dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base a causa del cambiamento del metodo utilizzato per il calcolo del valore normale; il secondo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base [divenuto articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento 2016/1036], in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafi da 1 a 3, del regolamento di base (divenuto articolo 2, paragrafi da 1 a 3, del regolamento 2016/1036), in quanto è stato fatto ricorso ad un valore normale costruito anziché ai prezzi di vendita sul mercato interno effettivamente praticati nel paese di riferimento; il terzo, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, per quanto riguarda la costruzione del valore normale sulla base dei costi in un paese diverso dal paese di riferimento; il quarto, sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento di base, per quanto concerne la costruzione del valore normale attraverso il ricorso ad una materia prima non equivalente e, il quinto, sulla violazione dei diritti della difesa e dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base

–       Argomenti delle parti

115    Con il primo motivo, le ricorrenti sostengono che il regolamento impugnato viola l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base, in quanto il Consiglio ha cambiato il metodo utilizzato per il calcolo del valore normale, senza che ciò sia giustificato da un mutamento di circostanze. In particolare, esse contestano il fatto che nel regolamento impugnato è stato costruito il valore normale anziché utilizzare i prezzi di vendita effettivamente praticati sul mercato interno.

116    Benché le ricorrenti ammettano che era inevitabile un cambiamento nel metodo per i due produttori esportatori cinesi, che non erano più eleggibili per il TEM, attraverso l’utilizzo di un paese di riferimento, esse ritengono che il Consiglio avrebbe dovuto utilizzare i prezzi di vendita effettivamente praticati sul mercato interno del paese di riferimento, come aveva fatto durante l’inchiesta iniziale per i produttori esportatori che non hanno richiesto il TEM.

117    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione per quanto concerne il presente motivo di ricorso, contesta gli argomenti delle ricorrenti.

118    In particolare, il Consiglio osserva che, nel corso dell’inchiesta iniziale, i due produttori esportatori cinesi hanno beneficiato del TEM e, di conseguenza, il valore normale è stato stabilito sulla base dei loro prezzi effettivamente praticati sul mercato interno, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base [divenuto articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento 2016/1036]. Secondo il Consiglio, tenuto conto del fatto che il regolamento impugnato ha concluso che le condizioni per beneficiare del TEM non erano da loro più soddisfatte, il metodo utilizzato nell’inchiesta iniziale per i due produttori esportatori cinesi non poteva più essere utilizzato e il valore normale doveva essere calcolato a norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. Di conseguenza, l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base non sarebbe applicabile nel caso di specie.

119    Il Consiglio ritiene che, in realtà, le ricorrenti sostengano che il regolamento impugnato avrebbe dovuto applicare ai due produttori esportatori cinesi lo stesso metodo utilizzato nell’inchiesta iniziale nei confronti degli altri produttori esportatori che non hanno collaborato. A suo parere, tale argomento deve essere respinto, in quanto l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base riguarda l’applicazione dello stesso metodo alla stessa entità economica nel corso sia dell’inchiesta iniziale sia di quella di riesame. Il Consiglio respinge, pertanto, l’argomento secondo cui sarebbe stata condotta un’unica inchiesta per tutte le esportazioni del prodotto in esame di provenienza cinese. In realtà, numerosi metodi sarebbero applicati simultaneamente nel corso di un’inchiesta in funzione della situazione specifica di ciascun produttore esportatore, a seconda che quest’ultimo sia incluso o meno nel campione e che collabori o meno.

120    L’interpretazione delle ricorrenti annullerebbe, inoltre, qualsiasi distinzione tra i produttori esportatori che hanno collaborato e i produttori esportatori che non hanno collaborato, il che sarebbe contrario al principio di non discriminazione.

121    Il Consiglio osserva altresì che, nel corso dell’inchiesta iniziale, i margini di dumping per i due produttori esportatori cinesi sono stati calcolati a partire dai dati relativi al processo di produzione sintetica. L’interpretazione delle ricorrenti porterebbe a fondare per la prima volta il calcolo del valore normale su dati relativi al processo di produzione naturale, mentre il prezzo all’esportazione sarebbe ancora calcolato sulla base di dati relativi al processo di produzione sintetica, il che ne falserebbe il confronto.

122    Infine, il Consiglio fa riferimento all’obbligo di effettuare un confronto equo, risultante dall’articolo 11, paragrafo 9, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafi 10 e 11, del regolamento di base (divenuto articolo 2, paragrafi 10 e 11, del regolamento 2016/1036). Pur ammettendo che l’articolo 2, paragrafo 10, del regolamento di base concerne il confronto tra il valore normale e il prezzo all’esportazione, tale disposizione implicherebbe altresì che si debba garantire che il calcolo del valore normale sia effettuato in modo da consentire che il successivo confronto sia equo. Nel caso di specie, tenuto conto delle differenze tra i processi di produzione in Argentina e Cina, sarebbe stato iniquo basarsi sui prezzi di vendita effettivi del produttore argentino.

–       Giudizio del Tribunale

123    Con il primo motivo, le ricorrenti addebitano in sostanza al Consiglio di aver costruito il valore normale utilizzato per calcolare il margine di dumping per i due produttori esportatori cinesi, invece di aver utilizzato i prezzi di vendita effettivamente praticati sul mercato interno del paese di riferimento, come aveva fatto per i produttori ai quali non è stato concesso il TEM nell’inchiesta iniziale. Secondo le ricorrenti, un tale modo di procedere sarebbe contrario all’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base.

124    A tale riguardo, occorre ricordare che le regole per il calcolo del valore normale sono definite all’articolo 2, paragrafi da 1 a 7, del regolamento di base (divenuto articolo 2, paragrafi da 1 a 7, del regolamento 2016/1036). Nel caso di importazioni in provenienza da un paese non retto da un’economia di mercato, che sia membro dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) alla data di apertura dell’inchiesta, il valore normale è determinato, in linea di principio, secondo il metodo specifico di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base. In base a tale metodo, il valore normale viene determinato in particolare in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato, vale a dire il paese di riferimento.

125    A titolo di eccezione, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, il valore normale è determinato a norma dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, di tale regolamento qualora sia dimostrata la prevalenza delle condizioni dell’economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione (v., in tal senso, sentenze del 28 ottobre 2004, Shanghai Teraoka Electronic/Consiglio, T‑35/01, EU:T:2004:317, punto 50, e del 26 settembre 2012, LIS/Commissione, T‑269/10, non pubblicata, EU:T:2012:474, punto 39). Occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base contiene le norme relative alla determinazione del valore normale per le importazioni provenienti da paesi aventi un’economia di mercato.

126    Ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base, inoltre, in tutte le inchieste relative a riesami, la Commissione, se le circostanze non sono cambiate, applica lo stesso metodo impiegato nell’inchiesta conclusa con l’istituzione del dazio, tenendo debitamente conto delle disposizioni dell’articolo 2 del regolamento di base.

127    Emerge dall’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base che, come regola generale, nell’ambito di un riesame, le istituzioni dell’Unione sono tenute ad applicare lo stesso metodo, anche per confrontare il prezzo all’esportazione e il valore normale, utilizzato nell’inchiesta iniziale che ha portato all’istituzione del dazio. Questa stessa disposizione prevede un’eccezione che consente alle istituzioni di applicare un metodo diverso da quello utilizzato in sede di inchiesta iniziale nel caso in cui le circostanze siano cambiate. Dalla stessa disposizione risulta che il metodo applicato deve essere conforme alle disposizioni dell’articolo 2 del regolamento di base (sentenza dell’8 luglio 2008, Huvis/Consiglio, T‑221/05, non pubblicata, EU:T:2008:258, punti 41 e 42).

128    Alla luce di tali principi occorre esaminare la fattispecie in esame.

129    Emerge dai considerando da 18 a 28 del regolamento provvisorio e dal considerando 13 del regolamento definitivo che, nell’inchiesta iniziale, per quanto riguarda i due produttori esportatori cinesi che avevano dimostrato la prevalenza nel loro caso di condizioni di economia di mercato e che, pertanto, avevano beneficiato del TEM, la Commissione ha calcolato il valore normale in base alle norme di cui all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base, in particolare sulla base del prezzo di vendita effettivamente praticato sul mercato interno da ciascun produttore esportatore. Per quanto riguarda i produttori esportatori che non hanno ottenuto il TEM durante l’inchiesta iniziale, emerge dai considerando da 29 a 34 del regolamento provvisorio e dal considerando 13 del regolamento definitivo che il valore normale è stato determinato sulla base di informazioni ricevute dal produttore del paese di riferimento, in particolare dei prezzi pagati sul mercato interno argentino, in applicazione delle norme di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base.

130    Secondo i considerando da 15 a 21 del regolamento impugnato, il TEM è stato rifiutato ad entrambi i produttori esportatori cinesi nel corso dell’inchiesta di riesame. Per questo motivo, il valore normale non poteva più essere determinato sulla base del prezzo di vendita effettivamente praticato sul mercato interno da ciascuno dei due produttori esportatori cinesi, in applicazione delle norme di cui all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base. Come ammettono le stesse ricorrenti, ciò non costituisce di per sé un cambiamento di metodo incompatibile con l’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base.

131    Orbene, risulta dai considerando da 27 a 29 del regolamento impugnato che, per i due produttori esportatori cinesi, durante l’inchiesta di riesame il valore normale è stato costruito, in sostanza, sulla base dei costi di produzione in Argentina e non utilizzando i prezzi di vendita sul mercato interno di tale paese.

132    Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, ciò costituisce un cambiamento di metodo ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base. Secondo tale disposizione, infatti, in tutte le inchieste di riesame, la Commissione «applica gli stessi metodi impiegati nell’inchiesta conclusa con l’istituzione del dazio». Nel caso di specie, il valore normale per i produttori esportatori cui non è stato concesso il TEM era stato calcolato, nell’inchiesta iniziale, sulla base dei prezzi di vendita praticati sul mercato interno argentino, mentre era stato, in sostanza, costruito in base ai costi di produzione in Argentina nell’inchiesta di riesame per i due produttori esportatori cinesi che non potevano più beneficiare del TEM. A tale riguardo, occorre sottolineare che la formulazione dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base fa riferimento all’applicazione dello stesso metodo nell’inchiesta iniziale e nell’inchiesta di riesame. Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, tale disposizione non si limita pertanto ad esigere soltanto l’applicazione dello stesso metodo alla stessa entità economica.

133    È evidente che metodi diversi possono essere applicati per il calcolo del valore normale di produttori esportatori che, trovandosi in situazioni diverse, sono soggetti a disposizioni diverse del regolamento di base. Si tratta, ad esempio, del caso dei produttori esportatori che beneficiano del TEM e di quelli che non ne beneficiano. Orbene, in linea di principio, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 9, del regolamento di base, le istituzioni dell’Unione sono tenute ad applicare durante l’inchiesta iniziale e l’inchiesta di riesame lo stesso metodo per calcolare il valore normale per i produttori esportatori che non hanno ottenuto il TEM, fatto salvo un cambiamento delle circostanze o nel caso in cui il metodo impiegato inizialmente si sia rivelato non conforme alle disposizioni dell’articolo 2 del regolamento di base.

134    Nella fattispecie, il regolamento impugnato non fa riferimento a un cambiamento di circostanze. Anche se è precisato al considerando 27 del regolamento impugnato che la scelta del metodo applicato deriva dalle differenze tra i processi di produzione dell’acido tartarico in Argentina e Cina, vale a dire, rispettivamente, il processo naturale e il processo sintetico, come affermano le ricorrenti a giusto titolo, tali differenze esistevano ed erano già note al momento dell’inchiesta iniziale.

135    Occorre rilevare che il Consiglio sostiene nelle sue memorie che il confronto tra, da un lato, il valore normale calcolato sulla base dei prezzi di vendita praticati sul mercato interno in Argentina e quindi basato su dati relativi al processo di produzione naturale e, dall’altro, i prezzi all’esportazione dei due produttori esportatori cinesi relativi al processo di produzione sintetico sarebbe falsato e quindi iniquo. Interrogato sulla portata di tale argomento all’udienza, il Consiglio ha sostenuto che tale metodo di calcolo dei dazi antidumping sarebbe contrario all’articolo 2 del regolamento di base.

136    A tal riguardo, occorre rilevare che il regolamento impugnato non fornisce indicazioni del fatto che il metodo iniziale si sia rivelato contrario all’articolo 2 del regolamento di base, il che è peraltro confermato dal fatto che il dazio antidumping in vigore per gli altri produttori esportatori rimane basato sul valore normale determinato secondo il metodo iniziale. Se fosse accolta la tesi del Consiglio, ne deriverebbe che l’applicazione di tale metodo agli altri produttori esportatori, i cui dazi sono ancora determinati in base a detto metodo, sarebbe illegittima. Orbene, si deve constatare che il Consiglio e la Commissione non hanno in alcun modo modificato il dazio antidumping applicabile agli altri produttori esportatori dopo l’adozione del regolamento provvisorio.

137    Si deve, inoltre, respingere la fondatezza di tale argomento, tenuto conto del fatto che l’acido tartarico prodotto mediante sintesi chimica presenta le stesse caratteristiche ed è destinata alle stesse applicazioni di base di quello fabbricato a partire da sottoprodotti della vinificazione, come indicato al precedente punto 1. Pertanto, il confronto tra il valore normale calcolato sulla base di dati relativi al processo di produzione naturale e i prezzi all’esportazione basati su dati relativi al processo di produzione sintetica non risulta in contrasto con l’articolo 2 del regolamento di base.

138    Si deve aggiungere che il Consiglio non può giustificare il cambiamento di metodo semplicemente perché ritiene che il metodo adottato dal regolamento impugnato sia più appropriato. Infatti, secondo la giurisprudenza, non è sufficiente che un nuovo metodo sia più appropriato rispetto al precedente quando quest’ultimo è comunque conforme all’articolo 2 del regolamento di base (sentenza dell’8 luglio 2008, Huvis/Consiglio, T‑221/05, non pubblicata, EU:T:2008:258, punto 50).

139    Occorre, infine, respingere l’argomento del Consiglio secondo cui l’interpretazione delle ricorrenti annullerebbe qualsiasi distinzione tra i produttori esportatori che hanno collaborato all’inchiesta e quelli che non hanno collaborato. Risulta dal considerando 22 del regolamento impugnato che entrambi i produttori esportatori cinesi che hanno collaborato – i quali soddisfano le condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base (divenuto articolo 9, paragrafo 5, del regolamento 2016/1036) – hanno beneficiato di un trattamento individuale. A differenza degli altri produttori esportatori che non hanno collaborato, essi hanno beneficiato pertanto di un dazio antidumping individuale basato sui loro rispettivi prezzi all’esportazione.

140    Si evince altresì dalla giurisprudenza che, in forza dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base, un dazio antidumping individuale è di norma calcolato confrontando il valore normale, applicabile all’insieme dei produttori esportatori, con i singoli prezzi all’esportazione del produttore in questione [v., in tal senso, sentenze del 4 febbraio 2016, C & J Clark International e Puma, C‑659/13 e C‑34/14, EU:C:2016:74, punto 130, e del 26 novembre 2015, Giant (China)/Consiglio, T‑425/13, non pubblicata, EU:T:2015:896, punto 47]. Occorre, pertanto, respingere l’argomento dedotto dal Consiglio e dalla Commissione all’udienza volto a respingere il primo motivo di ricorso sulla base dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento di base.

141    Si deve rilevare, infatti, che è ragionevole che, qualora vari produttori esportatori abbiano ottenuto il TEM, il valore normale sia diverso per ciascuno, poiché esso è calcolato in base ai loro rispettivi dati. Per contro, non vi è ragione di ritenere che il valore normale sia diverso nel caso di più produttori esportatori a cui è stato rifiutato il TEM, poiché, in tale situazione, i calcoli del valore normale si basano sui dati di un paese di riferimento e prescindono, quindi, dai loro dati rispettivi. In quest’ultima ipotesi, un produttore esportatore può sempre chiedere un trattamento individuale, il che significa che il margine di dumping individuale sarà calcolato confrontando il valore normale, che è lo stesso per tutti, con i suoi prezzi all’esportazione, anziché confrontare il valore normale con i prezzi all’esportazione dell’industria.

142    Alla luce di quanto precede, il primo motivo di ricorso deve essere accolto. Il regolamento impugnato deve essere quindi annullato.

143    Pertanto, non occorre che il Tribunale esamini gli altri motivi di ricorso sollevati dalle ricorrenti.

 Sulla domanda di mantenimento degli effetti del regolamento impugnato

–       Argomenti delle parti

144    Nel caso in cui il ricorso di annullamento sia accolto, le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia mantenere in vigore gli effetti del regolamento impugnato fino a che il Consiglio non adotti i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del Tribunale, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE. A tale riguardo, le ricorrenti fanno valere che l’annullamento puro e semplice del regolamento impugnato avrebbe per conseguenza di porle in una situazione ancora più difficile, in quanto sarebbero esposte al dumping dei due produttori esportatori cinesi, in attesa dell’adozione dei provvedimenti di esecuzione da parte del Consiglio. Esse precisano che il loro ricorso non mira ad ottenere l’annullamento di tutti gli effetti del regolamento impugnato, ma piuttosto a correggere quest’ultimo. Pertanto, non vi sarebbe motivo di conferire un vantaggio indebito ai due produttori esportatori cinesi.

145    Secondo il Consiglio, le ricorrenti non hanno dimostrato che le condizioni per l’applicazione dell’articolo 264, secondo comma, TFUE erano soddisfatte nella fattispecie. In particolare, il Consiglio osserva che è necessario prendere in considerazione tutti gli interessi in gioco, in particolare quelli degli importatori che dovranno pagare dazi antidumping illegittimi finché le istituzioni non abbiano agito. Inoltre, le ricorrenti non avrebbero dimostrato l’esistenza di rilevanti ragioni di certezza del diritto a favore del mantenimento degli effetti del regolamento impugnato.

–       Giudizio del Tribunale

146    Tenuto conto dell’annullamento pronunciato con sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372), non è possibile accogliere la domanda delle ricorrenti per quanto riguarda la Changmao Biochemical Engineering. Tuttavia, tale domanda può essere accolta per quanto riguarda la Ninghai Organic Chemical Factory.

147    A tale proposito, occorre rilevare che il ricorso non riguarda la soppressione del dazio antidumping risultante dal regolamento impugnato, ma la sua sostituzione con un provvedimento più rigoroso che implichi un dazio antidumping maggiore in applicazione di un metodo di calcolo eventualmente diverso. Inoltre, poiché le conseguenze del semplice annullamento del regolamento impugnato potrebbero produrre l’effetto di ledere l’interesse generale della politica dell’Unione in materia di antidumping, è necessario, al fine di garantire l’efficacia di tali misure e contrariamente alle obiezioni del Consiglio, mantenere il dazio antidumping istituito dal regolamento impugnato fino a che le istituzioni non abbiano adottato i provvedimenti che l’esecuzione della presente sentenza implica, ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE (sentenza del 20 marzo 1985, Timex/Consiglio e Commissione, 264/82, EU:C:1985:119, punto 32).

148    È necessario altresì fare riferimento ai precedenti punti da 101 a 113 per quanto riguarda l’interesse ad agire delle ricorrenti, nonostante l’annullamento del regolamento impugnato.

149    Occorre pertanto accogliere la domanda di mantenimento degli effetti del regolamento impugnato nella parte in cui non è stato annullato dalla sentenza del 1o giugno 2017, Changmao Biochemical Engineering/Consiglio (T‑442/12, EU:T:2017:372).

 Sulle spese

150    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Consiglio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alla domanda delle ricorrenti.

151    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa si fanno carico delle proprie spese. Pertanto, la Commissione sopporterà le proprie spese.

152    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può decidere che un interveniente diverso da quelli indicati nei paragrafi 1 e 2 del medesimo articolo si faccia carico delle proprie spese. Nelle circostanze della fattispecie, si deve disporre che la Changmao Biochemical Engineering sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 626/2012 del Consiglio, del 26 giugno 2012, che modifica il regolamento di esecuzione (UE) n. 349/2012 che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di acido tartarico originario della Repubblica popolare cinese, è annullato.

2)      Il dazio antidumping istituito dal regolamento d’esecuzione n. 626/2012 è mantenuto nella parte relativa ai prodotti della Ninghai Organic Chemical Factory fino a che la Commissione europea ed il Consiglio dell’Unione europea non abbiano adottato i provvedimenti che l’esecuzione della presente sentenza implica.

3)      Il Consiglio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalle Distillerie Bonollo SpA, dall’Industria Chimica Valenzana (ICV) SpA, dalle Distillerie Mazzari SpA, dalla Caviro Distillerie Srl e dalla Comercial Química Sarasa SL.

4)      La Commissione sopporterà le proprie spese.

5)      La Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd sopporterà le proprie spese.

Collins

Kancheva

Bieliūnas

Barents

 

      Passer

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 maggio 2018.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.