Language of document : ECLI:EU:T:2004:223

Arrêt du Tribunal

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)
8 luglio 2004 (1)

«Marchio comunitario – Opposizione – Marchio anteriore denominativo HIPPOVIT – Domanda di marchio comunitario denominativo HIPOVITON – Uso effettivo del marchio anteriore – Art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento (CE) n. 40/94 – Diritto di essere sentiti»

Nella causa T-334/01,

MFE Marienfelde GmbH, con sede in Amburgo (Germania), rappresentata dagli avv.ti S. Rojahn e S. Freytag,

ricorrente,

contro

Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. E. Joly e G. Schneider, in qualità di agenti,

convenuto,

procedimento in cui la controparte dinanzi alla commissione di ricorso dell'UAMI, interveniente dinanzi al Tribunale, è

Vétoquinol AG, già Chassot AG, con sede in Berna (Svizzera), rappresentata dall'avv. A. Kochläuner,

avente ad oggetto un ricorso contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell'UAMI 26 settembre 2001 (procedimento R 578/2000-4), relativa a un procedimento d'opposizione tra la MFE Marienfelde GmbH e la Vétoquinol AG,



IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),



composto dal sig.  N. J. Forwood, presidente, e dai sigg. J. Pirrung e A. W. H. Meij, giudici,

cancelliere: sig.ra D. Christensen, amministratore

visti il ricorso e la replica, depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 24 dicembre 2001 e il 29 luglio 2002,

visti il controricorso e la controreplica dell'UAMI, depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 24 aprile e il 30 ottobre 2002,

visti il controricorso e la controreplica dell'interveniente, depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 22 aprile e il 29 ottobre 2002,

in seguito alla trattazione orale dell'11 novembre 2003,

ha pronunciato la seguente



Sentenza




Fatti all’origine della controversia

1
Il 30 dicembre 1996 l’interveniente, che agiva con la sua precedente denominazione, ossia Chassot AG, ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) una domanda di marchio comunitario ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2
Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo HIPOVITON.

3
I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 31 ai sensi dell’accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Alimenti per animali».

4
L’11 maggio 1998 la domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari.

5
L’11 agosto 1998 la ricorrente ha presentato opposizione, ai sensi dell’art. 42, n. 1, del regolamento n. 40/94, contro la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti considerati nella domanda di marchio. L’opposizione era basata sull’esistenza di un marchio registrato in Germania il 17 maggio 1972, con data di priorità 16 maggio 1969. Tale marchio (in prosieguo: il «marchio anteriore»), consistente nel segno denominativo HIPPOVIT, è stato registrato per prodotti rientranti nella classe 31 ai sensi dell’accordo di Nizza e corrispondenti alla descrizione seguente: «Alimenti per animali».

6
A sostegno della sua opposizione, la ricorrente ha fatto valere l’impedimento alla registrazione di carattere relativo, di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

7
Con lettera 15 marzo 1999, l’interveniente ha chiesto che la ricorrente fornisse la prova, conformemente all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, che il marchio anteriore, nel corso dei cinque anni precedenti la pubblicazione della domanda di marchio comunitario, era stato seriamente utilizzato nello Stato membro in cui tale marchio era tutelato. Con comunicazione 8 aprile 1999, la divisione d’opposizione dell’UAMI (in prosieguo: la «divisione d’opposizione») ha invitato la ricorrente a fornire tale prova entro un termine di due mesi.

8
Il 4 maggio 1999 la ricorrente ha inviato all’UAMI, in primo luogo, quattro opuscoli pubblicitari nei quali figurava il marchio anteriore, ove tuttavia, la lettera «O» era ornata con la testa e la parte anteriore di un corpo di cavallo. In secondo luogo, essa ha prodotto una pagina di copertina dal titolo «Marienfelder Tierfutter-Programm» («Alimenti per animali – il programma Marienfelde »), corredata da un buono d’ordine, nonché un opuscolo dal titolo «Ich liebe Pferde von A-Z» («La passione dei cavalli dalla A alla Z»). In terzo luogo, essa ha presentato una dichiarazione dal titolo «Eidesstattliche Versicherung» («dichiarazione giurata») del suo amministratore, sig. Bode. Quest’ultimo ivi precisa che il fatturato realizzato mediante le vendite con il marchio anteriore ammontava, per il periodo gennaio – giugno 1998, a DEM 12 500 e, per il periodo gennaio – dicembre 1998, a DEM 21 100.

9
Dopo numerosi scambi di memorie tra la ricorrente e l’interveniente, l’UAMI ha inviato a tali parti una comunicazione scritta, in data 24 gennaio 2000, così formulata:

«L’[UAMI] fa presente che non può essere presentata nessuna ulteriore osservazione».

10
Con lettera 8 febbraio 2000, l’interveniente ha segnatamente fatto presente, da un lato, che il fatturato della ricorrente generato dalle vendite di prodotti con il marchio anteriore corrispondeva alla vendita di 459 unità e, dall’altro, che il fatturato annuo totale della ricorrente ammontava a DEM 2,8 milioni nel 1998.

11
Con comunicazione scritta 8 marzo 2000, l’UAMI, riferendosi alla sua comunicazione scritta 24 gennaio 2000, ha segnalato alla ricorrente e all’interveniente che nella sua decisione non avrebbe tenuto conto del contenuto della lettera dell’interveniente 8 febbraio 2000.

12
Con decisione 28 marzo 2000 (decisione n. 601/2000), la divisione d’opposizione ha respinto l’opposizione, in base all’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94, in quanto la ricorrente non aveva provato che il marchio anteriore era stato seriamente utilizzato ai sensi di tale disposizione. A questo proposito, essa ha considerato che la dichiarazione giurata presentata dalla ricorrente, non provenendo da una persona o da un organo neutrale, doveva essere corroborata da altre prove. Quanto agli altri elementi di prova addotti dalla ricorrente, la divisione d’opposizione ha ritenuto che non contenessero alcuna indicazione circa il luogo, la durata o la rilevanza dell’uso del marchio anteriore.

13
Il 23 maggio 2000 la ricorrente ha presentato ricorso all’UAMI, ai sensi dell’art. 59 del regolamento n. 40/94, contro la decisione della divisione d’opposizione.

14
In allegato alla memoria che espone i motivi di tale ricorso, in data 28 luglio 2000, la ricorrente ha presentato varie fatture riguardanti la partecipazione a diverse fiere nel 1998, il noleggio di padiglioni espositivi e l’acquisto di etichette e di materiale pubblicitario. Inoltre, essa ha prodotto quindici fatture concernenti vendite di prodotti con il marchio anteriore, effettuate tra il 6 marzo 1998 e il 19 maggio 1998. In tali fatture sono stati celati i nomi degli acquirenti dei prodotti. Il giro d’affari corrispondente a tali fatture, per il periodo precedente l’11 maggio 1998, ammontava a DEM 2 753,84.

15
In una memoria datata 9 ottobre 2000, l’interveniente, riferendosi alla sua lettera 8 febbraio 2000, ha riaffermato quanto vi era scritto a proposito del fatturato della ricorrente. La lettera dell’UAMI, datata 24 ottobre 2000, con cui quest’ultimo comunicava la suddetta memoria alla ricorrente, precisava che tale comunicazione veniva fatta esclusivamente a titolo informativo.

16
Con decisione 26 settembre 2001, notificata alla ricorrente il 15 ottobre 2001 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. In sostanza, essa ha esposto che il periodo pertinente, ai fini dell’esame dell’uso effettivo del marchio anteriore, si estendeva dal 12 maggio 1993 all’11 maggio 1998 e che la ricorrente non sosteneva di aver utilizzato tale marchio prima del 1998. Quanto alla dichiarazione giurata dell’amministratore della ricorrente, la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse necessario pronunciarsi sulla sua efficacia probatoria. Infatti, essa ha considerato che, supponendo che il fatturato realizzato nel 1998 mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore, come indicato nella detta dichiarazione, sia accertato, non se ne evincerebbe che tale marchio era stato seriamente utilizzato nel corso del periodo pertinente. Secondo la commissione di ricorso, il fatturato di DEM 12 500, supponendo che sia stato realizzato nel corso del periodo pertinente, da un lato, corrispondeva solo alla vendita di circa 450 unità di prodotti interessati e, dall’altro, era irrilevante rispetto al fatturato annuo totale realizzato dalla ricorrente, il quale ammontava a DEM 2,8 milioni nel 1998. Date tali circostanze, la commissione di ricorso ha ritenuto che non fosse necessario esaminare se la ricorrente, utilizzando il marchio anteriore in una forma diversa da quella in cui era stato registrato, aveva o meno usato tale marchio in modo idoneo a salvaguardare i suoi diritti.


Conclusioni delle parti

17
La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare la decisione impugnata nonché la decisione della divisione d’opposizione 28 marzo 2000;

condannare l’UAMI alle spese.

18
L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso;

condannare la ricorrente alle spese.


In diritto

Sulla ricevibilità della domanda diretta all’annullamento della decisione della divisione d’opposizione

19
Nel caso di specie, la ricorrente chiede l’annullamento sia della decisione impugnata sia di quella della divisione d’opposizione. Per il Tribunale tale domanda è ricevibile. Essa è diretta a che il Tribunale adotti la decisione che, secondo la ricorrente, avrebbe dovuto legittimamente adottare la commissione di ricorso quando è stata investita del ricorso presentato dinanzi all’UAMI. Orbene, risulta dall’art. 62, n. 1, seconda frase, del regolamento n. 40/94 che la commissione di ricorso può annullare la decisione dell’unità dell’UAMI che ha statuito in primo grado. Un siffatto annullamento rientra, pertanto, fra i provvedimenti che il Tribunale può ordinare in base al suo potere di riforma sancito dall’art. 63, n. 3, del regolamento n. 40/94 [v., in tal senso, trattandosi di una domanda diretta al rinvio di un’istanza all’esaminatore, sentenza del Tribunale 27 febbraio 2002, causa T‑106/00, Streamserve/UAMI (STREAMSERVE), Racc. pag. II‑723, punto 19 (confermata con ordinanza della Corte 5 febbraio 2004, causa C‑150/02 P, Streamserve/UAMI, Racc. pag. I‑1461)]. Ne consegue che il Tribunale è competente a conoscere della domanda diretta all’annullamento della decisione della divisione d’opposizione.

Nel merito

20
A sostegno del suo ricorso, la ricorrente solleva cinque motivi. Il primo motivo si riferisce alla violazione del combinato disposto degli artt. 43, nn. 2 e 3, e 15 del regolamento n. 40/94. Con il secondo motivo la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di non aver tenuto conto degli elementi di prova da essa prodotti nel procedimento di ricorso. Il terzo motivo si riferisce alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Il quarto e il quinto motivo riguardano la violazione, rispettivamente, del diritto di essere sentiti e dell’obbligo di motivazione.

Sul motivo relativo alla violazione del combinato disposto degli artt. 43, nn. 2 e 3, e 15 del regolamento n. 40/94 e sul motivo relativo alla violazione del diritto di essere sentiti

    Argomenti delle parti

21
La ricorrente espone, in via generale, che la nozione di «uso effettivo» di un marchio dev’essere interpretata nel senso di comprendere ogni atto che, per la sua natura, importanza e durata, costituisce obiettivamente un uso normale del marchio nel mercato interessato. Essa sottolinea che l’importanza che tale uso deve rivestire dipende dalle circostanze del caso di specie e, più precisamente, dalla dimensione dell’impresa interessata e dal grado di diversificazione delle sue attività.

22
Nella fattispecie, la ricorrente afferma che, applicando correttamente i criteri di valutazione da essa elencati, la commissione di ricorso avrebbe dovuto ritenere effettivo l’uso del marchio anteriore. A questo proposito, essa sostiene di aver venduto prodotti con tale marchio in tutto il territorio tedesco durante il periodo pertinente. Secondo la ricorrente, dalla dichiarazione giurata del proprio amministratore risulta che il fatturato realizzato mediante tali vendite, benché fosse relativamente modesto a causa dell’operazione di lancio dei prodotti interessati, dimostra un uso normale del marchio, avendo lo scopo di garantire uno sbocco per tali prodotti.

23
Inoltre, la ricorrente sostiene che il fatturato pari a DEM 2,8 milioni, considerato nella decisione impugnata per l’anno 1998, non è corretto.

24
Nell’ambito del motivo relativo alla violazione del diritto di essere sentiti, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di non averla informata, prima dell’adozione della decisione impugnata, di voler fondare la detta decisione sul fatto che, durante il periodo pertinente, essa aveva venduto, con il marchio anteriore, solo 450 circa unità di prodotto. Nella replica, essa precisa che la commissione di ricorso ha tenuto conto, nella decisione impugnata, del contenuto della memoria dell’interveniente 8 febbraio 2000, nonostante la divisione d’opposizione le avesse precisato che tale memoria non sarebbe stata considerata.

25
L’UAMI osserva che dalle varie versioni linguistiche dell’art. 43, n. 2, e dell’art. 15 del regolamento n. 40/94, si evince che l’uso effettivo richiede un uso vero, autentico, concreto o reale. Pertanto, secondo l’UAMI, un siffatto uso deve essere tale da differenziare i prodotti o i servizi designati e non semplicemente essere diretto a conservare un diritto di marchio esistente.

26
Secondo l’UAMI, per valutare, in una fattispecie, l’effettività dell’uso di un marchio, occorre procedere a un esame globale, tenendo conto del mercato interessato, del modo in cui i prodotti o i servizi interessati sono normalmente commercializzati, delle capacità di produzione e di commercializzazione del titolare del marchio e della quota di mercato che quest’ultimo detiene.

27
Per quanto riguarda il caso di specie, in primo luogo, l’UAMI ricorda che in base agli elementi di prova prodotti dalla ricorrente, l’uso del marchio anteriore è cominciato solo all’inizio del 1998, ossia un po’ più di quattro mesi prima della pubblicazione della domanda di marchio. In secondo luogo, l’UAMI sostiene che il fatturato realizzato mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore, durante il periodo pertinente, è irrisorio, il che non si può spiegare adducendo la circostanza che la commercializzazione dei prodotti interessati è cominciata solo all’inizio del 1998. Infatti, le vendite realizzate nel corso del secondo semestre di tale anno sarebbero inferiori a quelle realizzate all’inizio dello stesso anno. In terzo luogo, l’UAMI afferma che il fatturato realizzato dalla ricorrente mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore era insignificante rispetto al suo fatturato annuo totale.

28
Peraltro, l’UAMI ritiene che la commissione di ricorso abbia rispettato il diritto della ricorrente di essere sentita.

29
L’interveniente espone che la ricorrente non ha seriamente utilizzato il marchio anteriore. A questo proposito, essa afferma che il fatturato realizzato dalla ricorrente mediante le vendite di prodotti con tale marchio rappresenta al più lo 0,75% del suo fatturato annuo totale. All’udienza, essa ha precisato che, anche supponendo che il fatturato realizzato mediante la vendita di prodotti contrassegnati dal marchio anteriore, menzionato nella dichiarazione dell’amministratore della ricorrente, sia corretto, le vendite di tali prodotti sono solo di circa 38 unità al mese durante il periodo pertinente.

    Giudizio del Tribunale

30
Come risulta dal nono ‘considerando’ del regolamento n. 40/94, il legislatore ha ritenuto che la tutela di un marchio anteriore sia giustificata soltanto nella misura in cui esso sia effettivamente utilizzato. Conformemente a tale ‘considerando’, l’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 prevede che il richiedente un marchio comunitario può esigere la prova che il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato sul territorio nel quale esso è protetto nei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio comunitario che ha formato oggetto di un’opposizione [sentenza del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T‑39/01, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI – Harrison (HIWATT), Racc. pag. II‑5233, punto 34].

31
Ai sensi della regola 22, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), la prova dell’utilizzazione deve riguardare il luogo, la durata, la rilevanza e la natura dell’utilizzazione del marchio anteriore.

32
Nell’interpretare la nozione di uso effettivo, occorre considerare che la ratio legis del fatto che occorra che il marchio anteriore sia stato seriamente utilizzato per essere opponibile ad una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare conflitti fra due marchi, purché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato [sentenza del Tribunale 12 marzo 2003, causa T‑174/01, Goulbourn/UAMI – Redcats (Silk Cocoon), Racc. pag. II‑789, punto 38]. Per contro, la detta disposizione non è diretta a valutare il successo commerciale né a controllare la strategia economica di un’impresa né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo.

33
Come si evince dalla sentenza della Corte 11 marzo 2003, causa C‑40/01, Ansul (Racc. pag. I‑2439), relativa all’interpretazione dell’art. 12, n. 1, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto normativo corrisponde, in sostanza, a quello dell’art. 43, del regolamento n. 40/94, un marchio è seriamente utilizzato allorché assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o di mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (sentenza Ansul, cit., punto 43). A tale proposito, il presupposto dell’uso effettivo del marchio richiede che quest’ultimo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno (sentenze Ansul, cit., punto 37, e Silk Cocoon, cit., punto 39).

34
Nel verificare l’uso effettivo del marchio occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza Ansul, cit., punto 43).

35
Per quanto riguarda la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre tener conto, in particolare, del volume commerciale di tutti gli atti di uso, da un lato, e della durata del periodo durante il quale sono stati compiuti atti d’uso nonché della frequenza di tali atti, dall’altro.

36
Per esaminare, in una fattispecie, l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Tale valutazione implica una certa interdipendenza tra i fattori considerati. Infatti, uno scarso volume di prodotti commercializzati con il detto marchio può essere compensato da una notevole intensità o da una grande costanza nel tempo dell’uso di tale marchio e viceversa. Inoltre, il fatturato realizzato nonché il numero di vendite di prodotti con il marchio anteriore non possono essere giudicati in assoluto, ma devono essere valutati rispetto ad altri fattori pertinenti, quali il volume dell’attività commerciale, le capacità di produzione o di commercializzazione o il grado di diversificazione dell’impresa che sfrutta il marchio nonché le caratteristiche dei prodotti o servizi nel mercato interessato. La Corte ha perciò precisato che affinché un uso possa essere ritenuto effettivo non occorre che esso sia sempre quantitativamente rilevante (sentenza Ansul, cit., punto 39).

37
Tuttavia, più il volume commerciale dello sfruttamento del marchio è limitato, più è necessario che la parte che ha presentato opposizione apporti ulteriori indicazioni che consentano di eliminare eventuali dubbi sull’effettività dell’uso del marchio interessato.

38
Occorre esaminare la decisione impugnata alla luce delle considerazioni che precedono.

39
In via preliminare, occorre ricordare che, poiché la domanda di marchio comunitario presentata dalla ricorrente è stata pubblicata l’11 maggio 1998, il periodo di cinque anni previsto dall’art. 43, nn. 2 e 3, del regolamento n. 40/94 si estende dall’11 maggio 1993 al 10 maggio 1998 (in prosieguo: il «periodo pertinente»).

40
Orbene, si evince dall’art. 15, n. 1, del medesimo regolamento che sono sottoposti alle sanzioni da esso previste solo i marchi il cui uso effettivo è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni. Pertanto, è sufficiente che un marchio sia stato seriamente usato in una parte del periodo pertinente per evitare le dette sanzioni.

41
È pacifico tra le parti che la ricorrente afferma di aver usato il marchio anteriore solo a decorrere dal gennaio 1998. La commissione di ricorso ha quindi giustamente fondato la decisione impugnata sulla valutazione dell’uso affermato dalla ricorrente nel periodo che si estende dall’inizio del 1998 al 10 maggio 1998.

42
Senza farne espressamente menzione nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha tenuto conto, ai fini del suo giudizio, solo degli stampati e della dichiarazione giurata prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento d’opposizione nonché delle osservazioni presentate dall’interveniente nelle sue memorie 8 febbraio e 9 ottobre 2000.

43
Per quanto concerne la dichiarazione giurata, il Tribunale osserva che la commissione di ricorso ha espressamente lasciata aperta la questione dell’accertamento del suo valore probatorio. Essa, tuttavia, ha basato la propria analisi sulla supposizione che il contenuto di tale dichiarazione fosse esatto. Ai fini della presente causa, il Tribunale ritiene opportuno partire dalla medesima premessa.

44
Per quanto riguarda, inoltre, gli stampati prodotti dalla ricorrente, la commissione di ricorso ha giustamente constatato che essi non forniscono indicazioni sulla durata o la data di utilizzazione del marchio anteriore. Ciononostante essa ha ritenuto che fosse possibile dedurne la natura e il luogo di tale uso, poiché il buono d’ordine che figura tra tali stampati era chiaramente destinato al mercato tedesco.

45
Per determinare se tale uso poteva essere qualificato effettivo, la commissione di ricorso, si è basata, in sostanza, su due distinti elementi. Innanzi tutto, essa ha considerato che il fatturato pari a DEM 12 500, supponendo che sia stato realizzato dal 1° gennaio all’11 maggio 1998, e non dal 1° gennaio al 30 giugno 1998, nonché il numero delle vendite effettuate, stimato intorno alle 450 unità, erano troppo modesti trattandosi di un prodotto di prezzo medio. Essa ha poi constatato che il fatturato realizzato mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore, che corrisponde allo 0,75% circa del fatturato annuo totale della ricorrente, stimato in DEM 2,8 milioni, era insufficiente.

46
Dal contesto fattuale considerato dalla commissione di ricorso si evince che, mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore la ricorrente ha realizzato un certo fatturato. Pertanto, il marchio anteriore è stato oggetto di atti di utilizzo che, tenuto conto della situazione del settore economico interessato, erano obiettivamente idonei a creare o mantenere uno sbocco per i prodotti per i quali esso è stato registrato.

47
Il Tribunale constata che si tratta di un fatturato modesto, realizzato nel corso di un periodo relativamente breve di quattro mesi e mezzo che precede immediatamente la data di pubblicazione della domanda di marchio comunitario.

48
Di conseguenza, occorre accertare se, in base ai fatti e alle prove invocati dalle parti, erano giustificati dubbi circa l’effettività di tale uso, derivanti dalla scarsa rilevanza di quest’ultimo o dal fatto che esso era ricominciato giusto prima della pubblicazione della domanda di marchio.

49
Per quanto riguarda il rapporto tra il fatturato generato dalle vendite di prodotti con il marchio anteriore e il fatturato annuo della ricorrente, bisogna rilevare che il grado di diversificazione delle attività delle imprese operanti in uno stesso mercato è variabile. Inoltre, l’obbligo di addurre la prova dell'uso effettivo di un marchio anteriore non è diretto a controllare la strategia commerciale di un’impresa. Non è escluso che per un’impresa sia economicamente ed obiettivamente giustificato commercializzare un prodotto o una gamma di prodotti anche se la loro parte nel fatturato annuo dell’impresa di cui trattasi è irrisoria. Per di più, in un’impresa di piccole dimensioni, una scarsa percentuale del fatturato annuo corrisponde a un modesto importo espresso in valore assoluto.

50
Ne consegue che, nella fattispecie, il rapporto tra il fatturato complessivo della ricorrente e quello realizzato mediante le vendite di prodotti con il marchio anteriore, isolatamente considerato, ha solo un modesto valore indicativo e non può, pertanto, essere decisivo nel valutare l’effettività dell’uso di tale marchio.

51
Quanto al volume delle vendite di prodotti con il marchio anteriore e al fatturato generato mediante le medesime, espressi in valore assoluto, l’UAMI ha spiegato, all’udienza, che la commissione di ricorso ha considerato che i prodotti a medio prezzo sono venduti, di regola, in quantità superiore a quella dei prodotti a prezzo elevato. Difatti, nella decisione impugnata si segnala che fatturato e numero di vendite modesti, espressi in valore assoluto, di un prodotto a medio prezzo o poco elevato lasciano supporre un uso non effettivo del marchio in questione. Tale considerazione, sebbene non sia di per sé errata, resta incompleta se non si tiene conto delle caratteristiche del mercato interessato.

52
A questo proposito, la ricorrente sostiene, nell’ambito del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, che i prodotti venduti con il marchio anteriore sono usati solo in numero limitato. Tale affermazione non è stata contestata dall’interveniente nel corso del detto procedimento. Essa, è d’altronde corroborata dagli opuscoli pubblicitari prodotti dalla ricorrente che contengono indicazioni sul dosaggio dei prodotti interessati. Peraltro, tale indicazione non è menzionata nella decisione impugnata, mentre poteva spiegare il modesto volume di vendite realizzate con il marchio anteriore.

53
La commissione di ricorso non ha tenuto conto neanche di quanto affermato dalla ricorrente, sia nei motivi della sua memoria d’opposizione sia nella memoria presentata alla commissione di ricorso, e cioè che essa aveva rilanciato la commercializzazione dei prodotti interessati e che per questo motivo questi ultimi rappresentavano un volume commerciale modesto. Orbene, tale indicazione poteva essere rilevante nel valutare se il marchio anteriore fosse stato usato seriamente, nonostante il fatto che il fatturato asseritamente realizzato nel corso del secondo semestre del 1998 fosse inferiore a quello del primo semestre. È possibile, infatti, che la fase iniziale di commercializzazione di un prodotto si protragga per più di qualche mese.

54
Tuttavia, la ricorrente non ha addotto la prova che i prodotti commercializzati con il marchio anteriore fossero in fase di lancio, sebbene l’interveniente abbia contestato tale affermazione – per la prima volta – nel suo controricorso 9 ottobre 2000 dinanzi alla commissione di ricorso. Tale omissione, però, poteva essere contestata alla ricorrente solo se quest’ultima fosse stata correttamente messa in grado di replicare alla memoria dell’interveniente 9 ottobre 2000. Al riguardo, il Tribunale constata che si evince dal fascicolo che l’UAMI ha comunicato la detta memoria alla ricorrente, con lettera 24 ottobre 2000, segnalandole che tale comunicazione era unicamente a titolo informativo. Inoltre, per quanto concerne la memoria dell’interveniente 8 febbraio 2000, a cui quest’ultima si è riferita nella sua memoria 9 ottobre 2000, la divisione d’opposizione dell’UAMI aveva informato la ricorrente, con comunicazione 8 marzo 2000, che il contenuto di tale memoria 8 febbraio 2000 non sarebbe stato considerato. Ne consegue che la ricorrente, poiché non è stata invitata a prendere posizione in ordine alla memoria 9 ottobre 2000, è stata privata della possibilità di valutare l’opportunità di addurre ulteriori elementi di prova.

55
Lo stesso dicasi per quanto riguarda le indicazioni sul numero dei prodotti venduti, espresso in valore assoluto, e sull’asserito fatturato annuo totale della ricorrente che figura nella memoria dell’interveniente 8 febbraio 2000 (precedente punto 10), indicazioni cui ha fatto riferimento l’interveniente nella sua memoria 9 ottobre 2000 e di cui la commissione di ricorso ha tenuto conto nella decisione impugnata.

56
Va aggiunto che la regola 22, n. 1, del regolamento n. 2868/95, la quale prevede che la prova dell’uso effettivo sia fornita dall’opponente entro il termine stabilito dall’UAMI e che l’opposizione sia rigettata se tale prova non viene fornita entro il detto termine, non può essere interpretata nel senso che essa osta a che vengano esaminati ulteriori elementi di prova, tenuto conto dell’esistenza di elementi nuovi, anche se sono forniti dopo la scadenza di tale termine.

57
Poiché, infatti, il regolamento n. 2868/95 è stato adottato dalla Commissione ai sensi dell’art. 140, n. 1, del regolamento n. 40/94, le sue disposizioni devono essere interpretate conformemente alle disposizioni di quest’ultimo regolamento. A tale proposito, occorre tener conto, in particolare, dell’art. 43, n. 1, e dell’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94. Da un lato, l’art. 43, n. 1, del regolamento n. 40/94 dispone che, nel corso dell’esame dell’opposizione l’UAMI invita le parti, ogniqualvolta sia necessario, a presentare, entro un termine da esso stabilito, le loro osservazioni su comunicazioni emesse dalle altre parti o dall’Ufficio stesso. Dall’altro, l’art. 74, n. 2, del regolamento n. 40/94, che prevede che l’UAMI può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno presentato in tempo utile, conferisce agli organi dell’UAMI un sindacato discrezionale in ordine alla presa in considerazione di elementi prodotti dopo la scadenza di tale termine.

58
Alla luce dell’insieme di tali considerazioni, il Tribunale constata che la commissione di ricorso non ha tenuto conto di tutti i fattori pertinenti al fine di valutare se l’uso del marchio anteriore potesse essere ritenuto effettivo. Per giunta, essa si è fondata su una base fattuale incompleta, avendo omesso di invitare la ricorrente a prendere posizione sui fatti e sugli argomenti nuovi evocati nella memoria dell’interveniente 9 ottobre 2000, ossia l’asserito fatturato annuo totale della ricorrente, gli argomenti concernenti il numero di prodotti venduti e la contestazione, da parte dell’interveniente, dell’affermazione della ricorrente che i prodotti designati con il marchio anteriore erano in fase di lancio.

59
Ne consegue che la decisione impugnata va annullata, senza che occorra pronunciarsi sugli altri motivi invocati dalla ricorrente.

Sulla domanda diretta a riformare la decisione impugnata

60
A sostegno della presente domanda, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di non aver annullato la decisione della divisione d’opposizione nei limiti in cui quest’ultima aveva considerato che una dichiarazione giurata, rilasciata da un amministratore del titolare del marchio anteriore, non può costituire un elemento di prova sufficiente.

61
A questo proposito occorre rilevare che la continuità funzionale all’interno dell’UAMI implica che la commissione di ricorso sia tenuta ad effettuare una nuova valutazione delle prove addotte dalla ricorrente. Ove tale esame pervenga a un risultato diverso da quello dell’unità che ha deciso in primo grado, la commissione di ricorso può, ai sensi dell’art. 62, n. 1, del regolamento n. 40/94, pronunciarsi sull’opposizione o rinviare l’istanza alla divisione d’opposizione.

62
Ne consegue che, pur accogliendo l’argomento della ricorrente come esposto al precedente punto 60, la commissione di ricorso avrebbe potuto decidere essa stessa sull’opposizione, oppure rinviare l’istanza alla divisione d’opposizione.

63
Orbene, il Tribunale, annullando la decisione della divisione d’opposizione, procederebbe a una riforma della decisione impugnata. Questa possibilità, prevista all’art. 63, n. 3, del regolamento n. 40/94 è, in via di principio, limitata alle situazioni in cui lo stato degli atti lo consente [sentenza del Tribunale 2 luglio 2002, causa T‑323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2), Racc. pag. II‑2839, impugnata, punto 18]. Ciò implica che il Tribunale possa, in base agli elementi di prova ad esso presentati, stabilire quale decisione la commissione di ricorso era tenuta a prendere ai sensi delle disposizioni applicabili al caso di specie. Dal precedente punto si evince che, nella fattispecie, tale condizione non è soddisfatta.

64
Alla luce delle considerazioni che precedono, il Tribunale non può riformare la decisione impugnata.


Sulle spese

65
Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente sopporti le proprie spese.

66
Nella fattispecie, sia l’interveniente sia l’UAMI sono rimasti soccombenti. Tuttavia, la ricorrente non ha chiesto che l’interveniente sia condannata alle spese e l’UAMI non ha contestato il punto delle conclusioni diretto a che sia condannato esclusivamente alle spese di questa.

67
Di conseguenza, occorre ordinare che l’UAMI sopporterà, oltre alle proprie, anche le spese sostenute dalla ricorrente e che l’interveniente sopporterà le proprie spese.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)
La decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) 26 settembre 2001 (procedimento R 578/2000-4) è annullata.

2)
Per il resto, il ricorso è respinto.

3)
L’UAMI sopporterà le proprie spese e quelle della ricorrente.

4)
L’interveniente sopporterà le proprie spese.

Forwood

Pirrung

Meij

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l'8 luglio 2004.

Il cancelliere

Il presidente

H. Jung

J. Pirrung


1
Lingua processuale: il tedesco.