Language of document : ECLI:EU:C:2011:175

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

24 marzo 2011 (*)

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Decisione della Commissione – Constatazione dell’incompatibilità di un aiuto con il mercato comune – Ordine di recupero dell’aiuto – Principi di certezza del diritto e di non retroattività – Principio della tutela del legittimo affidamento – Determinazione del carattere appropriato del tasso di interesse applicabile al recupero degli aiuti»

Nel procedimento C‑369/09 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, proposta il 14 settembre 2009,

ISD Polska sp. z o.o., con sede in Varsavia (Polonia),

Industrial Union of Donbass Corp., con sede in Donetsk (Ucraina),

e

ISD Polska sp. z o.o., già Majątek Hutniczy sp. z o.o., con sede in Varsavia,

rappresentate dagli avv.ti C. Rapin e E. Van den Haute, avocats,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata dal sig. E. Gippini Fournier e dalla sig.ra A. Stobiecka-Kuik, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. J.-J. Kasel, E. Levits, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

avvocato generale: sig. Y. Bot

cancelliere: sig. A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione l’ISD Polska sp. z o.o., l’Industrial Union of Donbass Corp. e l’ISD Polska sp. z o.o. (già Majątek Hutniczy sp. z o.o.) chiedono alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 1° luglio 2009, cause riunite T‑273/06 e T‑297/06 (Racc. pag. I‑2185; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui quest’ultimo ha respinto i loro ricorsi di annullamento avverso la decisione della Commissione 5 luglio 2005, 2006/937/CE, relativa all’aiuto di Stato C 20/04 (ex NN 25/04) a favore di Huta Częstochowa SA (GU 2006, L 366, pag. 1; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        L’accordo europeo, firmato a Bruxelles il 16 dicembre 1991, che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Polonia, dall’altra (GU 1993, L 348, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo europeo»), è entrato in vigore il 1° febbraio 1994. Esso stabilisce un sistema di concorrenza fondato sui criteri del Trattato CE.

3        Il protocollo n. 2 relativo ai prodotti CECA dell’accordo europeo (in prosieguo: il «protocollo n. 2») prevede il divieto in linea di principio degli aiuti di Stato.

4        L’art. 8 del protocollo n. 2 enuncia quanto segue:

«1. (…) è incompatibile con il corretto funzionamento dell’accordo, poiché può compromettere gli scambi tra la Comunità e la Polonia:

(…)

iii)      qualsiasi forma di aiuti di Stato, fatta eccezione per le deroghe concesse a norma del Trattato CECA.

(…)

4.      Le parti riconoscono che, nei primi cinque anni dopo l’entrata in vigore dell’accordo, in deroga al paragrafo 1 iii), la [Repubblica di] Polonia può eccezionalmente, per quanto riguarda i prodotti di acciaio CECA, concedere aiuti di Stato a scopo di ristrutturazione, a condizione che:

–        il programma di ristrutturazione sia connesso ad una razionalizzazione globale e alla riduzione della capacità in Polonia,

–        gli aiuti contribuiscano a rendere vitali le imprese beneficiarie, nelle normali condizioni di mercato, per la fine del periodo di ristrutturazione e

–        l’importo e l’intensità degli aiuti siano strettamente limitati alla misura assolutamente necessaria per ripristinare detta vitalità e vengano progressivamente ridotti.

Tenendo conto della situazione economica della [Repubblica di] Polonia, il consiglio di associazione decide se sia opportuno prolungare il periodo di cinque anni.

(…)».

5        La decisione n. 3 del Consiglio di associazione UE‑Polonia 23 ottobre 2002, che proroga il periodo di cui all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2 (GU 2003, L 186, pag. 38; in prosieguo: la «decisione del Consiglio di associazione»), ha prorogato di altri otto anni a decorrere dal 1° gennaio 1997 oppure, se precedente, fino alla data di adesione della Repubblica di Polonia all’Unione europea, il periodo durante il quale la Repubblica di Polonia poteva eccezionalmente, per quanto riguarda i prodotti di acciaio, concedere aiuti di Stato a scopo di ristrutturazione alle condizioni di cui all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2.

6        L’art. 2 della decisione del Consiglio di associazione prevede quanto segue:

«La [Repubblica di] Polonia presenta alla Commissione (…) un programma di ristrutturazione e piani di attività conformi ai requisiti di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del protocollo [n.] 2, e valutati dalla sua autorità nazionale per il controllo degli aiuti di Stato (Ufficio per la concorrenza e la tutela dei consumatori)».

7        Il protocollo n. 8 sulla ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca allegato all’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 948; in prosieguo: il «protocollo n. 8»), ha autorizzato la Repubblica di Polonia, in deroga alle regole generali relative agli aiuti di Stato, a concedere aiuti ai fini della ristrutturazione del suo settore siderurgico sulla base delle modalità fissate nel piano di ristrutturazione ed alle condizioni previste in tale protocollo. Esso prevede in particolare:

«1. In deroga agli articoli 87 [CE] e 88 [CE], gli aiuti di Stato concessi dalla [Repubblica di] Polonia ai fini della ristrutturazione di parti specifiche dell’industria siderurgica polacca sono ritenuti compatibili con il mercato comune a condizione che:

–        il periodo di cui all’articolo 8, paragrafo 4, del protocollo n. 2 (…) sia prorogato fino alla data di adesione,

–        si rispetti, per tutto il periodo 2002‑2006, quanto stabilito nel piano di ristrutturazione in base al quale il Protocollo di cui sopra è stato ampliato,

–        siano soddisfatte le condizioni stabilite in detto Protocollo, e

–        non venga concesso alcun aiuto di Stato all’industria siderurgica polacca dopo l’adesione.

(…)

3.      Solo le società di cui all’allegato 1 (in appresso denominate “società beneficiarie”) avranno diritto agli aiuti di Stato nel contesto del programma di ristrutturazione della siderurgia polacca.

4.      La società beneficiaria non può:

a)      in caso di fusione con una società non compresa nell’allegato 1 trasmettere il beneficio dell’aiuto concesso alla società beneficiaria stessa;

b)      rilevare una qualsiasi società non compresa nell’allegato 1 che sia dichiarata fallita nel periodo fino al 31 dicembre 2006.

(…)

6.      L’aiuto alla ristrutturazione concesso alle società beneficiarie è determinato in ragione dei giustificativi contenuti nel piano approvato di ristrutturazione della siderurgia polacca e nei piani individuali di impresa approvati dal Consiglio. In ogni caso tuttavia l’aiuto pagato nel periodo 1997‑2003 e nel suo importo totale non deve superare 3 387 070 000 PLN.

(…)

La [Repubblica di] Polonia non dovrà concedere alcun aiuto ulteriore a scopo di ristrutturazione alla sua industria siderurgica.

(…)

10.      Eventuali modifiche successive del piano di ristrutturazione globale e dei piani individuali devono essere approvate dalla Commissione e, se del caso, dal Consiglio.

(…)

18.      Qualora i controlli rivelino che:

(…)

c)      nel corso del periodo di ristrutturazione la [Repubblica di] Polonia ha concesso all’industria siderurgica ed in particolare alle società beneficiarie aiuti di Stato supplementari incompatibili,

le disposizioni transitorie contenute nel presente Protocollo saranno prive d’effetto.

La Commissione adotterà le misure necessarie intese ad esigere dalle società interessate il rimborso di qualsiasi aiuto concesso in violazione delle condizioni di cui al presente Protocollo».

8        La decisione del Consiglio 21 luglio 2003, 2003/588/CE, relativa all’osservanza delle condizioni di cui all’art. 3 della decisione n. 3/2002 (GU L 199, pag. 17; in prosieguo: la «decisione del Consiglio 2003/589»), prevede nel suo unico articolo:

«Il programma di ristrutturazione e i piani aziendali presentati alla Commissione dalla [Repubblica di] Polonia il 4 aprile 2003 ai sensi dell’articolo 2 della decisione n. 3/2002 (…) soddisfano i requisiti di cui all’articolo 8, paragrafo 4, [del] protocollo [n.] 2».

9        Il regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), afferma all’art. 6, n. 1, quanto segue:

«La decisione di avvio del procedimento d’indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed espone i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato comune. La decisione invita lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine».

10      L’art. 7, n. 5, di tale regolamento prevede quanto segue:

«La Commissione, se constata che l’aiuto notificato non è compatibile con il mercato comune, decide che all’aiuto in questione non può essere data esecuzione (in seguito denominata “decisione negativa”)».

11      L’art. 14 del regolamento n. 659/1999 così dispone:

«1.      Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (in seguito denominata “decisione di recupero”). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

2.      All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.

(…)».

12      Ai sensi dell’art. 20, n. 1, di tale regolamento:

«Ogni parte interessata può presentare osservazioni, a norma dell’articolo 6 in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d’indagine formale. A ogni parte interessata che abbia presentato osservazioni e a ogni beneficiario di aiuti individuali viene trasmessa copia della decisione adottata dalla Commissione a norma dell’articolo 7».

13      Il regolamento (CE) della Commissione 21 aprile 2004, n. 794, recante disposizioni di esecuzione del regolamento (CE) n. 659/99 (GU L 140, pag. 1), così dispone all’art. 9:

«1. Se non diversamente stabilito in una decisione specifica, il tasso di interesse da utilizzare per il recupero degli aiuti di Stato concessi in violazione dell’articolo 88, paragrafo 3, [CE] è un tasso percentuale annuo, fissato per ogni anno civile.

Esso è calcolato sulla base della media dei tassi swap interbancari a cinque anni per i mesi di settembre, ottobre e novembre dell’anno precedente, maggiorata di 75 punti base. In casi debitamente giustificati la Commissione può aumentare il tasso di più di 75 punti base per uno o più Stati membri.

(…)

4.      In mancanza di dati affidabili o equivalenti o in casi eccezionali la Commissione, in stretta cooperazione con lo Stato membro o gli Stati membri interessati, può fissare un tasso di interesse per il recupero degli aiuti di Stato per uno o più Stati membri, sulla base di un metodo diverso o sulla base delle informazioni disponibili».

14      Per quanto riguarda il metodo di applicazione degli interessi, l’art. 11, n. 2, del suddetto regolamento precisa che:

«Il tasso di interesse è applicato secondo il regime dell’interesse composto fino alla data di recupero dell’aiuto. Gli interessi maturati l’anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi».

 Fatti

15      Tra il 2002 ed il 2005, si è svolta un’operazione di ristrutturazione del produttore di acciaio polacco Huta Częstochowa SA (in prosieguo: la «HCz»). A tal fine gli attivi della HCz sono stati trasferiti a nuove società.

16      Così, nel 2002, la Huta Stali Częstochowa sp. z o.o. (in prosieguo: la «HSCz»), la cui società madre era la Towarzystwo Finansowe Silesia sp. z o.o. (in prosieguo: la «TFS»), una società detenuta al 100% dal Tesoro polacco, è stata costituita al fine di proseguire la produzione siderurgica della HCz. La HSCz ha preso in leasing dal curatore del fallimento gli impianti di produzione della HCz ed ha riassunto la maggior parte dei dipendenti.

17      Nel 2004 sono state fondate le società Majątek Hutniczy sp. z o.o. (in prosieguo: la «MH») e Majątek Hutniczy Plus (in prosieguo: la «MH Plus»). Le loro parti sociali erano detenute al 100% dalla HCz. La MH ha acquisito gli attivi siderurgici della HCz e la MH Plus ha acquisito taluni altri attivi necessari alla produzione.

18      Inoltre gli attivi non collegati alla produzione (definiti «attivi non siderurgici») nonché lo stabilimento di energia elettrica Elsen sono stati trasferiti alla società Operator ARP sp. z o.o., società facente capo all’Agencja Rozwoju Przemysłu SA, l’agenzia per lo sviluppo industriale detenuta dal Tesoro polacco, al fine di rimborsare i crediti di diritto pubblico soggetti a ristrutturazione (imposte e contributi previdenziali).

19      Con lettera del 19 maggio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 12 agosto 2004 (GU C 204, pag. 6), la Commissione ha comunicato alla Repubblica di Polonia che aveva deciso di avviare il procedimento formale di indagine relativamente all’aiuto alla ristrutturazione accordato al produttore di acciaio HCz ed ha invitato tutte le parti interessate a presentare osservazioni in merito ai fatti ed all’esame giuridico figuranti nella decisione di avvio. Essa ha ricevuto osservazioni della Repubblica di Polonia e di quattro parti interessate.

20      In un documento intitolato «Dichiarazione concernente aiuti di Stato potenzialmente accordati alla [HCz] e/o alla [HSCz]» del 3 febbraio 2005, la ISD Polska sp. z o.o. (operante all’epoca con la denominazione sociale ZPD Steel sp. z o.o.; in prosieguo: la «ISD»), una controllata al 100% dell’Industrial Union of Donbass Corp. (in prosieguo: la «IUD»), ha emesso, nell’ambito delle trattative precedenti al suo acquisto della HSCz, della MH, della MH Plus e di altre dieci controllate della HCz, la seguente dichiarazione:

«Qualora la Commissione adottasse una decisione che imponesse alla [HCz], alla [HSCz] o alla persona la quale ha rilevato gli attivi della [HCz] di rimborsare un aiuto di Stato illegittimo rientrante nell’ambito dell’aiuto relativo al programma di ristrutturazione e per un importo totale non superiore a [PLN] 20 milioni, dichiariamo che tale decisione non avrebbe affatto l’effetto di liberarci dagli obblighi risultanti dall’offerta e ci impegniamo a non presentare e far valere alcun tipo di domanda di risarcimento danni diretta contro: a) l’amministrazione tributaria della Repubblica di Polonia, b) l’[Agencja Rozwoju Przemysłu SA], c) la [TFS], d) la [HCz] (…) e connessa alla necessità di rimborsare l’aiuto o a qualsiasi procedimento condotto in materia dinanzi alla Commissione in seguito alla concessione dell’aiuto pubblico alla [HCz]. Ci impegniamo, in tal caso, ad agire in modo che la [MH], la [MH Plus] e la [HSCz] o altre società, al pari dei loro successori legali (indipendentemente dal titolo di un siffatto successore), rimborsino l’importo dell’aiuto di Stato illegittimo fissato nella decisione della Commissione, anche se tale decisione concernesse esclusivamente la [HCz]».

21      In esito al procedimento la Commissione è pervenuta alla conclusione che, contrariamente ai suoi dubbi iniziali, le misure dirette alla ristrutturazione della HCz, conformemente al disposto della legge 30 ottobre 2002, sull’aiuto di Stato alle imprese di importanza rilevante per il mercato del lavoro (Dz. U. n. 213, posizione 1800), come modificata, non costituivano un «aiuto di Stato» ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

22      Invece la Commissione ha considerato che la HCz aveva fruito a vari titoli di un aiuto di Stato per il periodo dal 1997 al 2002, il quale era in parte compatibile col mercato comune. Essa ne ha richiesto il rimborso per la parte considerata incompatibile col mercato comune, cioè per un importo di PLN 19 699 452 (in prosieguo: l’«aiuto controverso»).

23      Il 5 luglio 2005 la Commissione ha adottato la decisione controversa. L’art. 3 della medesima così recita:

«1.      L’aiuto di Stato dell’importo di 19 699 452 PLN che la [Repubblica di] Polonia ha concesso a [HCz] nel periodo dal 1997 al maggio 2002 sotto forma di aiuto al funzionamento e di aiuto a scopo di ristrutturazione dell’occupazione non è compatibile con il mercato comune.

2.      La [Repubblica di] Polonia deve prendere tutte le misure necessarie per ottenere da [HCz], [dal] Regionalny Fundusz Gospodarczy, [da MH SRL] e da [Operator SRL sp. z o.o.] la restituzione dell’aiuto di cui al paragrafo 1 illegittimamente concesso a [HCz]. Tutte queste imprese sono responsabili congiuntamente della restituzione dell’aiuto in questione.

La restituzione dell’aiuto deve avvenire immediatamente e conformemente alle procedure del diritto nazionale a condizione che esse portino all’immediata ed effettiva esecuzione della decisione. Gli importi da restituire devono essere calcolati con gli interessi relativi a tutto il periodo, dalla data della concessione dell’aiuto a [HCz] fino alla sua effettiva restituzione. Gli interessi devono essere calcolati conformemente alle norme di cui alla sezione V del regolamento (…) n. 794/2004.

(…)».

24      All’art. 4 della decisione controversa, la Commissione approva la proposta di modifica del programma nazionale di ristrutturazione, conformemente al punto 10 del protocollo n. 8, nella misura in cui essa permette la ristrutturazione della HCz senza aiuti di Stato e senza aumento della capacità produttiva.

25      Conformemente a due accordi conclusi il 30 settembre 2005 ed entrati in vigore il 7 ottobre 2005, l’ISD ha acquisito, da un lato, dalla HCz tutte le loro parti sociali della MH e della MH Plus nonché le dieci controllate della HCz rimanenti e, dall’altro, dalla TFS tutte le loro parti sociali della HSCz ed è quindi divenuta proprietaria della HSCz, della MH, della MH Plus e di dieci altre controllate della HCz.

26      Con lettera del 17 febbraio 2006 la Commissione ha chiesto alle autorità polacche di indicarle il tasso di interesse per il rimborso dell’aiuto controverso da parte dei debitori in solido menzionati all’art. 3, n. 2, della decisione controversa. Nella risposta del 13 marzo 2006, le autorità polacche hanno proposto determinati tassi di interesse applicabili alla restituzione ed una metodologia per calcolare gli interessi. Esse hanno proposto, in particolare, di prendere come base, per il periodo dal 1997 al 1999, il tasso delle obbligazioni del Tesoro polacco a tasso fisso, espresse in zloty polacchi, a cinque anni e, per il periodo dal 2000 sino all’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione europea, il tasso di tali medesime obbligazioni a dieci anni. Inoltre, tenuto conto della situazione all’epoca dei mercati di capitali in Polonia, caratterizzata da tassi molto elevati, ma in rapida diminuzione, esse hanno chiesto che si procedesse ad un aggiornamento annuale dei tassi in parola e che gli interessi non fossero calcolati secondo il regime dell’interesse composto.

27      Nella sua risposta del 7 giugno 2006, la Commissione ha constatato che il tasso di interesse applicabile al recupero dell’aiuto controverso doveva essere, per tutto il periodo in questione, il tasso delle obbligazioni del Tesoro polacco a tasso fisso, espresse in zloty polacchi, a cinque anni e che, a norma dell’art. 11, n. 2, del regolamento n. 794/2004, il tasso di interesse in parola doveva essere applicato secondo il regime dell’interesse composto.

28      Con lettere datate rispettivamente 7 luglio e 16 agosto 2006, la Commissione ha comunicato la decisione controversa alla IUD ed alla MH. Il 21 dicembre 2006 tale decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

29      Il 15 novembre 2006 ha avuto luogo la fusione della ISD e della MH, in quanto la ISD era subentrata in tutti i diritti e gli obblighi della MH.

 Il ricorso dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

30      Con i rispettivi ricorsi dinanzi al Tribunale, le ricorrenti ISD e IUD hanno chiesto a quest’ultimo, segnatamente, di annullare l’art. 3 della decisione controversa, facendo valere sei motivi a sostegno delle loro conclusioni.

31      Il primo motivo verteva sulla violazione del protocollo n. 8. Il quarto motivo era fondato sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento ed il sesto motivo si riferiva alla violazione del regolamento n. 794/2004. Il secondo, terzo e quinto motivo non sono stati invocati a sostegno dell’impugnazione e non saranno quindi esaminati in prosieguo.

32      Nella causa T‑297/06 la ISD ha presentato identiche conclusioni facendo valere quattro motivi in sostanza identici a quelli sollevati nella causa T‑273/06, ma ha chiesto inoltre l’annullamento dell’art. 4 della decisione controversa.

33      Con il loro primo motivo, le ricorrenti contestavano in sostanza l’applicabilità ratione temporis e ratione personae delle regole comunitarie in materia di aiuti di Stato e la competenza della Commissione a controllare la loro osservanza durante il periodo che ha preceduto l’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione europea.

34      Il Tribunale ha confermato al riguardo che gli artt. 87 CE e 88 CE non sono applicabili, in via di principio, ad un aiuto accordato prima dell’adesione di uno Stato membro il quale non sia più concesso dopo l’adesione e che, quindi, la Commissione si basa sul protocollo n. 8 quale lex specialis al fine di giustificare la sua competenza.

35      Osservando che tale regime differisce per numerosi aspetti dal regime generale previsto dal Trattato CE e dall’allegato IV dell’Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei Trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 2003, L 236, pag. 797; in prosieguo: l’«allegato IV dell’atto di adesione»), il Tribunale ha constatato, al punto 93 della sentenza impugnata, che il protocollo n. 8 fa riferimento agli aiuti concessi durante il periodo dal 1997 al 2003, che autorizza un importo limitato di aiuti alla ristrutturazione, pagato per tale periodo a talune società comprese nell’allegato 1 e che vieta, come contropartita, qualsiasi altro aiuto di Stato alla ristrutturazione dell’industria siderurgica.

36      Constatando, al punto 94 della sentenza impugnata, che l’applicazione retroattiva del protocollo n. 8 è pertanto sancita al punto 6 relativo al periodo dal 1997 al 2003, il Tribunale ha infine respinto, ai punti 95 e 96 della sentenza impugnata, l’argomento delle ricorrenti secondo cui, dato che, al momento della pubblicazione del protocollo n. 8 nel settembre 2003, tale periodo era quasi terminato, tale riferimento al periodo dal 1997 al 2003 significa soltanto che il calcolo dei futuri aiuti dovrebbe effettuarsi tenendo conto retrospettivamente degli importi di aiuti già accordati. Al contrario, secondo il Tribunale, lo scopo del protocollo n. 8 era di «istituire un regime estensivo per l’autorizzazione di aiuti destinati alla ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca e non soltanto di evitare il cumulo di aiuti da parte delle società beneficiarie».

37      Il Tribunale ha quindi concluso, al punto 97 della sentenza impugnata, che, rispetto all’allegato IV dell’Atto di adesione ed agli artt. 87 CE e 88 CE, il protocollo n. 8 rappresenta una lex specialis che estende il controllo degli aiuti di Stato effettuato dalla Commissione a norma del Trattato CE agli aiuti concessi a favore della riorganizzazione dell’industria siderurgica polacca durante il periodo dal 1997 al 2003.

38      Per quanto concerne l’argomento relativo all’applicabilità ratione personae del protocollo n. 8, secondo il quale quest’ultimo non riguarda le società non comprese nell’allegato 1, il Tribunale ha constatato, al punto 99 della sentenza impugnata, che il punto 3 del suddetto protocollo dispone esplicitamente che solo le società di cui all’allegato in parola avranno diritto agli aiuti di Stato nel contesto della ristrutturazione della siderurgia polacca. Se si ammettesse che una società non compresa nell’allegato 1 potesse conservare importi illimitati di aiuto alla ristrutturazione ricevuti prima dell’adesione senza ridurre in contropartita le capacità produttive, il protocollo n. 8 sarebbe totalmente privo di senso.

39      Per quanto riguarda l’argomento fondato sul punto 4, lett. b), del protocollo n. 8, secondo il quale solo le società beneficiarie non possono rilevare gli attivi di una società non compresa nell’allegato 1 del protocollo n. 8 che sia dichiarata fallita, il Tribunale rileva che le ricorrenti muovono da un’interpretazione errata di tale disposizione. Pur supponendo che tale punto preveda la possibilità che un terzo rilevi gli attivi di una società fallita non compresa nell’allegato 1 del protocollo n. 8, ciò non implicherebbe affatto, secondo il Tribunale, che il terzo in parola non sia obbligato a restituire un aiuto illegittimo percepito dalla suddetta società. Poiché la situazione della HCz non può dunque essere comparata a quella di una società fallita non compresa nell’allegato 1 del protocollo n. 8, la censura fondata su un’asserita violazione del principio della parità di trattamento nell’applicazione del protocollo suddetto è stata ugualmente respinta dal Tribunale.

40      Accogliere un motivo fondato sulla violazione del principio della parità di trattamento equivarrebbe quindi in sostanza a rimettere in questione il protocollo n. 8 che, quale fonte di diritto primario, fa parte del Trattato (v. punti 100 e 101 della sentenza impugnata).

41      Circa l’argomento secondo cui la Commissione ha oltrepassato la sua competenza, il Tribunale ha ricordato al punto 102 della sentenza impugnata che, a norma del protocollo n. 8, la Commissione adotterà le misure necessarie intese ad esigere dalle società interessate il rimborso di qualsiasi aiuto concesso in violazione delle condizioni di cui al presente protocollo, ivi comprese misure di controllo in forza dell’art. 88 CE, cosicché la Commissione era competente a controllare l’osservanza delle disposizioni del protocollo n. 8.

42      Il Tribunale ha di conseguenza respinto l’insieme degli argomenti che fanno valere la violazione del protocollo n. 8.

43      Col quarto motivo, le ricorrenti facevano valere che la Commissione, nella sua decisione di avvio del procedimento formale di indagine concernente l’aiuto alla ristrutturazione accordato alla HCZ, ha omesso di indicare con precisione gli aiuti di Stato di cui esige la soppressione nella decisione controversa, il che ha avuto anche per conseguenza che quest’ultima è viziata da un’illegittimità risultante dalla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. Il loro legittimo affidamento consisteva nel fatto che l’IUD dava per scontato che l’aiuto controverso sarebbe ritenuto come rimborsato e che l’aiuto concesso prima del 2003 era stato debitamente portato a conoscenza della Commissione.

44      Le ricorrenti deducevano al riguardo che la Commissione aveva fatto sorgere in capo a loro l’assicurazione che gli aiuti ricevuti dalla HCz non sarebbero soppressi. Infatti esse avrebbero potuto credere legittimamente che la Commissione non avrebbe richiesto il recupero degli aiuti ricevuti dalla HCz e rilevavano che l’aiuto controverso, pur se non era stato notificato ai sensi degli artt. 87 CE e 88 CE, era stato «debitamente annunciato» secondo i procedimenti rilevanti di cui al protocollo n. 2.

45      Il Tribunale ha dichiarato in proposito, al punto 134 della sentenza impugnata, che un affidamento siffatto non può essere tutelato in virtù del principio della tutela del legittimo affidamento. Infatti le ricorrenti non sono state indotte da un atto della Comunità a prendere una decisione che, in seguito, ha implicato per esse conseguenze negative, né sono state i beneficiari di un atto amministrativo favorevole di un’istituzione comunitaria che è stato revocato retroattivamente da quest’ultima. Riferendosi alla sentenza 20 marzo 1997, causa C‑24/95, Alcan Deutschland (Racc. pag. I‑1591), il Tribunale ha ricordato, al punto 135 della sentenza impugnata, che le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 88 CE e che un operatore economico diligente deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata.

46      Inoltre il Tribunale ha constatato, al punto 136 della sentenza impugnata, che nel caso di specie non è avvenuta alcuna notifica dell’aiuto controverso, poiché quest’ultimo è stato erogato quando la Repubblica di Polonia non era ancora membro dell’Unione europea ed una notifica a norma dell’art. 88 CE non era quindi possibile.

47      Il Tribunale ha del pari respinto, ai punti 137 e 138 della sentenza impugnata, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’aiuto controverso è stato «debitamente annunciato» secondo i procedimenti di cui al protocollo n. 2. Infatti, nei limiti in cui le ricorrenti avessero fatto riferimento alla decisione del Consiglio 2003/588 in cui il medesimo ha constatato che il programma di ristrutturazione ed i piani individuali sottoposti alla Commissione dalla Repubblica di Polonia il 4 aprile 2003 soddisfacevano i requisiti di cui all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2, sarebbe necessario constatare che il piano individuale relativo alla HCz non è stato sottoposto alla Commissione. Di conseguenza, ad esso non si riferisce l’approvazione contenuta nella decisione del Consiglio 2003/588.

48      Quanto alla motivazione della proposta della Commissione secondo cui la proroga della deroga prevista all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2 avrebbe per effetto di regolarizzare retroattivamente tutti gli aiuti illecitamente erogati dall’entrata in vigore dell’accordo europeo, il Tribunale ha sottolineato, al punto 139 della sentenza impugnata, che i termini in questione non figurano nella decisione del Consiglio 2003/588. Orbene, una semplice proposta della Commissione soggetta ad una decisione del Consiglio non sarebbe idonea a creare un legittimo affidamento in capo alle ricorrenti.

49      Il Tribunale ha quindi respinto l’insieme degli argomenti relativi alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento.

50      Col sesto motivo, concernente in particolare la fissazione dei tassi di interesse applicabili al recupero degli aiuti controversi, le ricorrenti facevano valere la violazione del regolamento n. 794/2004 negando che la Commissione avesse fissato un tasso di interesse adeguato e contestandole di aver posto in non cale l’obiettivo degli artt. 9 e 11 del regolamento suddetto, cioè il ripristino della situazione esistente prima dell’erogazione dell’aiuto illegittimo, esigendo interessi su restituzioni di interessi e scegliendo un tasso di riferimento del tutto estraneo alla realtà del mercato polacco tra il 1997 ed il 2004.

51      A tale proposito le ricorrenti hanno fatto valere che, in diritto polacco, gli interessi maturano solo sul capitale degli arretrati di imposta e le leggi tributarie non prevedono capitalizzazione degli interessi su tali arretrati. Esse sostengono inoltre che era molto raro, tra il 1997 ed il 2004, che imprese ottenessero capitali esterni a lungo termine (cinque anni o più) ricorrendo ad obbligazioni e prestiti bancari espressi in zloty polacchi. Volendo applicare il tasso di interesse delle obbligazioni del Tesoro polacco, la Commissione non avrebbe utilizzato il tasso che riflette correttamente il vantaggio di cui la HCz aveva fruito, il che avrebbe per effetto di sopravvalutare tale vantaggio. La restituzione degli interessi collocherebbe le società beneficiarie in una situazione meno favorevole rispetto allo status quo ante.

52      Quanto alla decisione controversa, il Tribunale ha constatato, al punto 157 della sentenza impugnata, che gli interessi sono calcolati conformemente alle disposizioni del capitolo V del regolamento n. 794/2004 e che il motivo in questione è senza oggetto, giacché il tasso di interesse non è fissato né nel dispositivo né nel preambolo della suddetta decisione.

53      Circa il metodo di calcolo degli interessi, il Tribunale ha dichiarato che le constatazioni contenute in proposito nella decisione controversa sono di natura puramente dichiarativa dal momento che il metodo per il calcolo degli interessi risulta dal regolamento n. 794/2004 medesimo. Orbene, le ricorrenti non sollevano alcuna eccezione di illegittimità relativa a tale regolamento (v. punto 159 della sentenza impugnata).

54      Quanto alla lettera 7 giugno 2006, in cui la Commissione ha fissato il tasso di interesse applicabile per il recupero dell’aiuto controverso, il Tribunale ha ricordato che l’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004 prevede che la fissazione del tasso di interesse applicabile al recupero necessita una «stretta cooperazione» con lo Stato membro interessato.

55      Orbene, la corrispondenza scambiata tra la Commissione e le autorità polacche rivelerebbe che la fissazione del tasso si è svolta in «stretta cooperazione» con la Repubblica di Polonia la quale ha infatti proposto di applicare i tassi delle obbligazioni del Tesoro rispettivamente a cinque e dieci anni ed ha chiesto che fosse effettuato un aggiornamento annuale di tali tassi e che gli interessi non fossero calcolati secondo il regime dell’interesse composto (punto 163 della sentenza impugnata).

56      La Commissione, avendo accettato la sostanza di tali proposte, ha considerato che si doveva applicare solo il tasso sulle obbligazioni a cinque anni nel corso di tutto il periodo dal 1997 al 2004. Essa disponeva al riguardo di un certo potere discrezionale (punto 164 della sentenza impugnata).

57      Per quanto riguarda il metodo di applicazione dell’interesse e, in particolare, il calcolo degli interessi secondo il regime dell’interesse composto, il Tribunale ha constatato, al punto 165 della sentenza impugnata, che l’art. 11, n. 2, del regolamento n. 794/2004 precisa esplicitamente che il tasso di interesse viene applicato secondo il regime dell’interesse composto sino alla data di recupero dell’aiuto e che gli interessi maturati nell’anno precedente producono interessi in ciascuno degli anni successivi. Inoltre, l’art. 13 del regolamento n. 794/2004 prevede che gli artt. 9 e 11 si applichino a tutte le decisioni di recupero notificate successivamente alla data di entrata in vigore di tale regolamento. Poiché il regolamento n. 794/2004 era entrato in vigore nel maggio 2004, era quindi applicabile in occasione dell’adozione della decisione controversa, talché la Commissione era obbligata a chiedere che l’interesse fosse calcolato secondo il regime dell’interesse composto.

58      Il Tribunale ha pertanto respinto l’insieme dei motivi fondati sulla violazione del regolamento n. 794/2004.

59      Avendo ritenuto infondato l’insieme dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso, il Tribunale ha conseguentemente respinto quest’ultimo nella sua integralità.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

60      Le ricorrenti chiedono alla Corte di:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        accogliere in tutto o, in subordine, in parte le conclusioni presentate dinanzi al Tribunale nelle cause riunite T‑273/06 e T‑297/06;

–        condannare la Commissione a pagare l’integralità delle spese;

–        nell’ipotesi in cui la Corte decidesse che non v’è luogo a statuire, condannare la Commissione alle spese in forza del combinato disposto dell’art. 69, n. 6, e dell’art. 72, lett. a), del regolamento di procedura della Corte.

61      La Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare le ricorrenti alle spese.

 Sull’impugnazione

62      Le ricorrenti invocano a sostegno della loro impugnazione tre motivi fondati sulla violazione, rispettivamente del protocollo n. 8, del principio della tutela del legittimo affidamento e del regolamento n. 659/1999, segnatamente dell’art. 14, n. 2, nonché del regolamento n. 794/2004.

63      La Commissione contesta, da una parte, la ricevibilità dell’impugnazione nella sua integralità e, dall’altra, specificamente la ricevibilità del primo e del terzo motivo nonché la fondatezza dei tre motivi presentati dalle ricorrenti.

 Sulla ricevibilità dell’impugnazione nella sua integralità

 Argomenti delle parti

64      La Commissione eccepisce in via preliminare l’irricevibilità dell’impugnazione per il motivo che le ricorrenti confonderebbero, quanto alla forma dell’impugnazione, appello ed impugnazione in quanto l’atto introduttivo si limiterebbe sostanzialmente a reiterare argomenti contro la decisione controversa, come presentati in primo grado. Le ricorrenti non preciserebbero quali passaggi del ragionamento del Tribunale sono presi particolarmente in considerazione né quali errori di diritto il Tribunale avrebbe commesso nell’esame degli stessi argomenti in primo grado.

65      A tal riguardo, la Commissione fa valere che dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura risulta che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda. Non è conforme a tali precetti il ricorso che, senza neppure contenere un argomento specificamente diretto ad individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Infatti un ricorso di tal genere costituisce, in realtà, una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell’atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte.

 Giudizio della Corte

66      Secondo la giurisprudenza consolidata, dagli artt. 225 CE, 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia e 112, n. 1, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura risulta che l’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda (v., in particolare, sentenze 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 34; 8 gennaio 2002, causa C‑248/99 P, Francia/Monsanto e Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 68, nonché 14 ottobre 2010, causa C‑67/09, Nuova Agricast e Cofra/Commissione, Racc. pag. I‑9811, punto 48).

67      A questo proposito è sufficiente constatare che, se taluni passaggi dell’argomentazione sviluppata dalle ricorrenti nell’ambito del loro primo e secondo motivo mancano certo di rigore, tale argomentazione risulta tuttavia, nel suo insieme, sufficientemente chiara per poter individuare con la precisione richiesta gli elementi contestati della sentenza impugnata, nonché gli argomenti giuridici invocati a sostegno della censura in parola e consente, di conseguenza, alla Corte di effettuare il suo controllo di legittimità.

68      Ne consegue che l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, in quanto verte sull’impugnazione nella sua integralità, deve essere respinta.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

69      Col primo motivo, le ricorrenti fanno valere che il Tribunale ha violato il protocollo n. 8 considerando che quest’ultimo sancisce al punto 6 un’applicazione retroattiva delle sue disposizioni. Non risulterebbe chiaramente dal tenore letterale, dalla finalità o dall’economia del suddetto protocollo che debba essergli conferita una portata retroattiva.

70      Al riguardo le ricorrenti fanno valere che, in realtà, il protocollo n. 8 ha per oggetto il fatto che le imprese elencate nel suo allegato 1 possono fruire di aiuti di Stato, entro certi limiti, tra il momento della sua firma il 16 aprile 2003 e la fine del 2003. L’unico elemento di retroattività che si potrebbe trovare nel protocollo n. 8 sarebbe il riferimento al periodo dal 1997 al 2003, operato sistematicamente in rapporto o con l’importo totale dell’aiuto che può essere concesso (punto 6 del protocollo n. 8), o con la riduzione netta di capacità cui deve pervenire la Repubblica di Polonia (punto 7 del protocollo n. 8). Ciò significherebbe che il calcolo dei futuri aiuti, accordati alle società beneficiarie dopo l’entrata in vigore del protocollo n. 8, dovrebbe effettuarsi tenendo conto retrospettivamente degli importi di aiuti già accordati, ma non considerando illegittimi, retroattivamente, i passati aiuti.

71      Le ricorrenti menzionano in proposito che, conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenze della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69; causa 99/78, Weingut Decker, Racc. pag. 101; 19 maggio 1982, causa 84/81, Staple Dairy Products, Racc. pag. 1763, nonché 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869), in linea di massima, il principio della certezza delle situazioni giuridiche osta a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, salvo, in via eccezionale, qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato. Ciò significherebbe che, in assenza di indicazione contraria, si presume che un testo di diritto comunitario non abbia efficacia retroattiva.

72      Orbene, nel caso di specie, è certo ad avviso delle ricorrenti che il Consiglio di associazione UE-Polonia ha adottato, il 23 ottobre 2002, una decisione che proroga di altri otto anni a decorrere dal 1º gennaio 1997 il periodo di esenzione previsto dal protocollo n. 2. Tale decisione subordinava la proroga a due condizioni: da una parte, la presentazione alla Commissione da parte della Repubblica di Polonia di un programma di ristrutturazione e di piani di attività e, dall’altra, la valutazione definitiva dei medesimi da parte della Commissione (artt. 2 e 3 della decisione del Consiglio di associazione). L’art. 3 di tale decisione prevedeva inoltre che l’attuazione dei piani di impresa fosse sorvegliata periodicamente dalla Commissione per conto della Comunità, e dall’Ufficio polacco per la concorrenza e la tutela dei consumatori per conto della Repubblica di Polonia.

73      La Commissione aveva concluso che il programma di ristrutturazione e i piani aziendali presentati dalla Repubblica di Polonia soddisfacevano i requisiti di cui all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2 e le condizioni fissate nel protocollo n. 8 ed ha quindi approvato con la sua proposta la valutazione definitiva e l’osservanza dell’impegno assunto dalla Repubblica di Polonia nel protocollo n. 8. La decisione del Consiglio n. 2003/588 è stata finalmente adottata in tal senso. Secondo le ricorrenti, la Commissione ha quindi rimesso in questione, nella decisione controversa, aiuti di Stato accordati tra il 1997 ed il 2002 in virtù del regime di esenzione che era stato prorogato dalla decisione del Consiglio 2003/588, che è successiva alla firma del protocollo n. 8 e vi fa riferimento.

74      Inoltre, il punto 6 del protocollo n. 8 contemplerebbe solo i futuri aiuti alla ristrutturazione che potrebbero essere versati alle società beneficiarie e non conterrebbe alcuna menzione esplicita di un’eventuale efficacia retroattiva. Non risulterebbe chiaramente dal tenore letterale, dalla finalità o dall’economia del suddetto protocollo che debba essergli conferita un’efficacia retroattiva.

75      Peraltro, le ricorrenti fanno valere che è certo che le autorità polacche avevano previsto di includere la HCz nell’elenco delle società beneficiarie menzionate nell’allegato 1 del protocollo n. 8 le quali potevano fruire degli aiuti di Stato nell’ambito del programma di ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca. Esse avevano rinunciato all’ultimo minuto alla misura in parola, dato che la HCz andava in fallimento e che la sua redditività era ormai considerata come poco probabile anche con nuovi aiuti. La redditività della HCz nel momento in cui il contenuto del protocollo n. 8 è stato adottato avrebbe quindi costituito l’unico aspetto che la distinguesse dalle otto imprese beneficiarie.

76      Orbene, dall’aprile 2003, le autorità polacche avevano contemplato la ristrutturazione della HCz attraverso una via diversa dal fallimento. La Commissione non ne avrebbe tenuto conto nella sua decisione controversa, mentre tali circostanze le erano note, ed avrebbe quindi trattato in maniera radicalmente diversa due categorie di persone le cui situazioni giuridiche e fattuali non presentano differenze essenziali – le società comprese nell’allegato 1 del protocollo n. 8, da una parte, ed il soggetto economico subentrato alla HCz, dall’altra. Pertanto, un siffatto trattamento differenziato di due situazioni essenzialmente simili costituirebbe una violazione supplementare del protocollo n. 8.

77      Dato quanto precede, l’interpretazione del protocollo n. 8 operata dalla Commissione nella decisione controversa costituirebbe una violazione manifesta del testo comunitario in parola. Il Tribunale, non sanzionando tale violazione, avrebbe violato a sua volta il diritto comunitario.

78      La Commissione fa anzitutto valere che il primo motivo è, in parte, irricevibile per due ragioni. Da una parte, le ricorrenti avrebbero invocato la proposta della Commissione e la decisione del Consiglio 2003/588 nel contesto del suddetto motivo, mentre tale punto sarebbe stato esaminato dal Tribunale quale motivo fondato sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. Ne consegue che le ricorrenti sollevano per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo ed argomenti non sollevati dinanzi al Tribunale talché la parte del motivo in questione dovrebbe essere dichiarata irricevibile.

79      D’altra parte, per quanto concerne l’argomento relativo alla disparità di trattamento tra due situazioni essenzialmente simili e quindi all’origine di una violazione del protocollo n. 8, quest’ultimo era nuovo nel senso che non era stato invocato dalla ricorrente nella causa T‑297/06, nell’ambito del motivo fondato sull’asserita violazione del protocollo n. 8. Di conseguenza, anche questa parte del primo motivo dovrebbe essere dichiarata irricevibile.

80      Quanto al merito, la Commissione afferma poi che condivide la lettura fatta dal Tribunale secondo cui lo scopo del protocollo n. 8 era di istituire un regime estensivo per il controllo degli aiuti destinati alla ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca. Dal suo punto di vista, il tenore stesso del punto 6 del suddetto protocollo indica un’efficacia retroattiva per il fatto che l’integralità del periodo considerato, cioè gli anni 1997‑2003, si colloca prima della data di adesione della Repubblica di Polonia all’Unione.

81      Inoltre, la Commissione contesta l’argomento delle ricorrenti secondo cui il riferimento al periodo in questione significherebbe in realtà che il controllo degli aiuti prima dell’adesione si limiterebbe a quelli erogati tra i mesi di settembre e dicembre del 2003. La Commissione è quindi del parere che il ragionamento del Tribunale ai punti 93‑97 della sentenza impugnata ha tenuto conto, correttamente, dei termini, della finalità e dell’economia del protocollo n. 8 e ne ha fatto a buon diritto il supporto della sua conclusione in merito all’efficacia retroattiva.

82      Infine, la Commissione considera gli argomenti presentati dalle ricorrenti in ogni caso infondati in quanto tali argomenti paiono contestare in realtà l’esclusione della HCz dall’elenco delle società beneficiarie comprese nell’allegato 1 del protocollo n. 8 e non una qualsiasi violazione del suddetto protocollo. Orbene, è manifesto che il contesto del ricorso di annullamento di cui ha dovuto conoscere il Tribunale si limitava al controllo di legittimità della decisione della Commissione e non permetteva di porre in discussione la legalità delle disposizioni del diritto primario come quelle del protocollo n. 8.

 Giudizio della Corte

–       Sulla ricevibilità

83      Circa la censura di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sul carattere di novità del motivo avanzato, occorre constatare che, secondo una giurisprudenza consolidata, consentire a una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte un motivo da essa non dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di investire la Corte, la cui competenza in sede di impugnazione è limitata, di una controversia più ampia di quella portata a conoscenza del Tribunale. In sede di impugnazione, la competenza della Corte è limitata pertanto alla valutazione della soluzione in diritto data ai motivi discussi dinanzi ai giudici di primo grado (v., in particolare, sentenze 11 novembre 2004, cause riunite C‑186/02 P e C‑188/02 P, Ramondín e a./Commissione, Racc. pag. I‑10653, punto 60, nonché 26 ottobre 2006, causa C‑68/05 P, Koninklijke Coöperatie Cosun/Commissione, Racc. pag. I‑10367, punto 96).

84      Si deve tuttavia constatare al riguardo che le ricorrenti, contrariamente alle asserzioni della Commissione, sollevano non un nuovo motivo dinanzi alla Corte, ma un mero argomento che si inquadra nel motivo fondato sulla violazione del protocollo n. 8 e già dibattuto dinanzi al Tribunale. Infatti, esse fanno riferimento ai documenti citati dalla Commissione allo scopo di corroborare la violazione del protocollo n. 8.

85      Quanto alla censura di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sul fatto che l’argomento relativo ad una disparità di trattamento tra due situazioni essenzialmente simili, invocato dalla ricorrente nella citata causa T‑297/06, aveva un carattere di novità nel senso che non era invocato da quest’ultima in primo grado, ma solo dalle ricorrenti nella citata causa T‑273/06, è sufficiente constatare che, poiché una parte deve essere in grado di contestare tutti i motivi di una sentenza che le arreca pregiudizio, quando il Tribunale ha riunito due cause ed ha pronunciato un’unica sentenza statuente sull’insieme dei motivi presentati dalle parti nel procedimento dinanzi al Tribunale, ciascuna di queste ultime può criticare i ragionamenti relativi a motivi che, dinanzi al Tribunale, erano sollevati soltanto dalla ricorrente nell’altra causa riunita (v. sentenze 29 novembre 2007, causa C‑176/06 P, Stadtwerke Schwäbisch Hall e a./Commissione, punto 17, nonché, per analogia, 21 febbraio 2008, causa C‑348/06 P, Commissione/Girardot, Racc. pag. I‑833, punto 50).

86      Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sul carattere di novità del motivo avanzato dalle ricorrenti non può essere accolta.

87      Risulta da quanto precede che il primo motivo dell’impugnazione è ricevibile.

–       Nel merito

88      Per quanto riguarda la fondatezza di tale motivo, occorre esaminare se il Tribunale abbia violato il protocollo n. 8 considerando nella sentenza impugnata che la competenza della Commissione a controllare il rispetto delle regole comunitarie in materia di aiuti di Stato durante il periodo precedente all’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione si fonda sul protocollo stesso e si riferisce agli aiuti erogati per l’integralità del periodo contemplato al punto 6 del suddetto protocollo, cioè dal 1997 al 2003 e non, come fanno valere le ricorrenti, esclusivamente tra il momento della sua pubblicazione il 23 settembre 2003 ed il 31 dicembre 2003 giacché esse mettono in questione l’efficacia retroattiva del protocollo n. 8.

89      Si deve ricordare al riguardo che il Tribunale è pervenuto a questa conclusione dopo aver esaminato, ai punti 89‑97 della sentenza impugnata, la portata del protocollo n. 8.

90      Nel contesto di tale disamina, il Tribunale ha anzitutto sottolineato, al punto 90 della sentenza impugnata, che, circa l’applicabilità ratione temporis delle regole comunitarie in materia di aiuti di Stato, è pacifico tra le parti che, in linea di principio, gli artt. 87 CE e 88 CE non riguardano gli aiuti concessi prima dell’adesione che non sono più applicabili dopo l’adesione.

91      In secondo luogo, il Tribunale osserva, al punto 91 della sentenza impugnata, che il regime previsto dal protocollo n. 8 differisce per numerosi aspetti dal regime generale previsto dal Trattato e dall’allegato IV del Trattato di adesione. Il Tribunale ha considerato che, conformemente al punto 1 del protocollo n. 8, taluni aiuti di Stato concessi dalla Repubblica di Polonia ai fini della ristrutturazione di parti specifiche dell’industria siderurgica polacca, che non sarebbero normalmente ammissibili a norma degli artt. 87 CE e 88 CE, sono ritenuti compatibili con il mercato comune. Inoltre, il Tribunale rileva che il meccanismo di transizione figurante all’allegato IV dell’Atto di adesione riguarda solo aiuti di Stato concessi prima dell’adesione che sono sempre applicabili dopo la data dell’adesione.

92      Il Tribunale ricorda anche, ai punti 93 e 94 della sentenza impugnata, che il protocollo n. 8 fa riferimento agli aiuti accordati durante il periodo dal 1997 al 2003, e quindi per un periodo che si colloca prima dell’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione. Il protocollo in questione autorizza un importo limitato di aiuti alla ristrutturazione (PLN 3 387 070 000), erogato per il suddetto periodo a talune società comprese nell’allegato 1, e prevede che nessun altro aiuto debba essere accordato per la ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca. Pertanto, secondo il Tribunale, l’applicazione retroattiva del protocollo n. 8 è sancita al punto 6 relativo al periodo dal 1997 al 2003.

93      Infine, al punto 95 della sentenza impugnata, il Tribunale respinge l’argomento delle ricorrenti secondo cui, dato che, al momento della pubblicazione del protocollo n. 8 nel settembre 2003, tale periodo era quasi terminato, il riferimento al periodo dal 1997 al 2003 significa soltanto che il calcolo dei futuri aiuti dovrebbe effettuarsi tenendo conto retrospettivamente degli importi di aiuti già accordati ma non considerando illegittimi, retroattivamente, i passati aiuti.

94      Esso sottolinea inoltre che, al contrario, lo scopo del protocollo n. 8 era di istituire un regime estensivo per l’autorizzazione di aiuti destinati alla ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca e non soltanto di evitare il cumulo di aiuti da parte delle società beneficiarie (v. punto 96 della sentenza impugnata).

95      Alla luce delle constatazioni precedenti, il Tribunale ha escluso, ai punti 97 e 104 della sentenza impugnata, qualsiasi violazione del protocollo n. 8, decidendo che quest’ultimo, rispetto all’allegato IV dell’Atto di adesione ed agli artt. 87 CE e 88 CE, rappresentava una lex specialis che estende il controllo degli aiuti di Stato effettuato dalla Commissione a norma del Trattato agli aiuti concessi a favore della riorganizzazione dell’industria siderurgica polacca durante il periodo dal 1997 al 2003 ed ha, quindi, respinto tale motivo.

96      Contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il Tribunale non ha violato il suddetto protocollo pervenendo ad una siffatta conclusione.

97      Occorre infatti constatare che il Tribunale ha rilevato a giusto titolo, ai punti 93 e 94 della sentenza impugnata, che il protocollo n. 8 prevedeva esso stesso, al punto 6, la sua applicazione al periodo comprendente gli anni dal 1997 al 2003, periodo anteriore alla data dell’adesione.

98      È vero che risulta da una giurisprudenza costante che, onde garantire l’osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, le norme comunitarie di diritto sostanziale devono interpretarsi nel senso che si possono applicare a situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto in quanto dalla lettera, dallo scopo o dalla sistematica di tali norme risulti chiaramente che dev’essere loro attribuita una tale efficacia (v., segnatamente, sentenze 10 febbraio 1982, causa 21/81, Bout, Racc. pag. 381, punto 13; 15 luglio 1993, causa C‑34/92, GruSa Fleisch, Racc. pag. I‑4147, punto 22; 29 gennaio 2002, causa C‑162/00, Pokrzeptowicz-Meyer, Racc. pag. I‑1049, punto 49 e 12 novembre 2009, causa C‑441/08, Elektrownia Pątnów II, Racc. pag. I‑10799, punto 33).

99      Orbene, dato che il protocollo n. 8 è entrato in vigore il 1° maggio 2004, di contro al contesto fattuale e giuridico delle cause, citati a sostegno dell’argomento presentato dalle ricorrenti, è necessario constatare che risulta chiaramente dalla lettera del protocollo n. 8 che esso prevede un’efficacia retroattiva riferendosi esplicitamente ad un periodo che sia integralmente terminato al momento della sua entrata in vigore.

100    Per quanto concerne la finalità e l’economia del protocollo n. 8, occorre constatare, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti che, poiché gli artt. 87 CE e 88 CE non si applicano agli aiuti accordati prima dell’adesione che non sono più applicabili dopo quest’ultima ed al fine di perseguire l’obiettivo di un divieto, in linea di principio, di qualsiasi aiuto di Stato ad eccezione delle deroghe esplicitamente previste, obiettivo che era già stato definito nel protocollo n. 2, l’istituzione di un regime che autorizza la Commissione ad esercitare il controllo degli aiuti di Stato a norma del Trattato su qualsiasi aiuto accordato alla ristrutturazione della siderurgia polacca negli anni dal 1997 al 2006 era la conseguenza logica della continuità sostanziale tra l’accordo europeo ed il Trattato circa gli aiuti di Stato significando, peraltro, l’obiettivo dell’applicazione di un unico regime prima e dopo l’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione.

101    Lo scopo del protocollo n. 8 era quindi, come ha giustamente constatato il Tribunale, di istituire un regime estensivo per l’autorizzazione di aiuti destinati alla ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca e non soltanto di evitare il cumulo di aiuti da parte delle società beneficiarie.

102    Conseguentemente, il Tribunale ha fondatamente disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui il protocollo n. 8 deve interpretarsi nel senso che concerne solo il periodo compreso fra la data della sua pubblicazione nel settembre 2003 e la fine del 2003 e, pertanto, che il calcolo dei futuri aiuti, accordati alle società beneficiarie sino alla fine del 2003, deve effettuarsi tenendo conto retrospettivamente degli importi di aiuti già erogati, ma non considerando illegittimi, retroattivamente, i passati aiuti.

103    Ne consegue quindi che il Tribunale ha fondatamente constatato che il protocollo n. 8 rappresenta una lex specialis la quale ha ampliato la competenza della Commissione a controllare gli aiuti concessi a favore della ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca nel periodo dal 1997 al 2003.

104    Rispetto all’argomento delle ricorrenti secondo il quale emerge sia dalla proposta della Commissione sia dalla decisione del Consiglio 2003/588 che, a parere di tali istituzioni, gli impegni assunti nel protocollo n. 8 erano stati rispettati, è sufficiente constatare che un atto di diritto dell’Unione derivato non può derogare ad un atto di diritto primario o modificarlo, anche se è stato adottato successivamente.

105    Infine, per quanto concerne l’argomento delle ricorrenti relativo ad una disparità di trattamento nei limiti in cui fanno valere che la HCz avrebbe dovuto essere iscritta nell’elenco delle società beneficiarie comprese nell’allegato 1 del protocollo n. 8, è sufficiente constatare che le ricorrenti, contestando in realtà l’esclusione della HCz da tale elenco, rimettono in questione il protocollo n. 8 che fa parte integrante del Trattato ed ha pertanto la qualità di diritto primario. Orbene, nell’ambito di un’impugnazione, la Corte si limita al controllo di legittimità della sentenza pronunciata dal Tribunale, il che non le consente di mettere in questione la legalità di una disposizione del diritto primario.

106    Alla luce del complesso delle considerazioni precedenti, il Tribunale aveva il diritto di considerare che non vi era stata violazione del protocollo n. 8 e che, di conseguenza, il primo motivo doveva essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

107    Con tale motivo, le ricorrenti fanno valere che i procedimenti previsti dal protocollo n. 2, grazie ai quali l’aiuto controverso è stato portato a conoscenza tanto della Commissione che del Consiglio, hanno creato in capo alle medesime un legittimo affidamento.

108    In proposito, secondo le ricorrenti, è certo che la Commissione ha appreso che la HCz aveva ricevuto aiuti di Stato quando essa ha valutato le versioni successive del programma di ristrutturazione polacco. La proposta della Commissione è stata pubblicata il 26 maggio 2003. Pur ammettendo che la motivazione di tale proposta non è idonea a creare un legittimo affidamento in capo alle ricorrenti, queste ultime sottolineano che la Commissione è stata nondimeno informata degli aiuti controversi.

109    Inoltre, le ricorrenti fanno valere che, poiché la decisione del Consiglio 2003/588 è stata adottata sulla base della proposta della Commissione e la stessa decisione constata che gli aiuti in questione soddisfano le conclusioni di esenzione di cui all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2, ed in assenza dei procedimenti formali enunciati all’art. 88 CE inapplicabili all’epoca alla Repubblica di Polonia, la procedura seguita dalla Commissione e dal Consiglio nel caso di specie realizza i presupposti stabiliti dalla giurisprudenza in materia di tutela del legittimo affidamento.

110    Le ricorrenti, invocando al riguardo le sentenze del Tribunale 27 marzo 1990, causa T‑123/89, Chomel/Commissione (Racc. pag. II‑131), e 31 marzo 1998, causa T‑129/96, Preussag Stahl/Commissione (Racc. pag. II‑609), sottolineano che la tutela del legittimo affidamento si estende a qualsiasi singolo che si trovi in una situazione dalla quale emerga che l’amministrazione comunitaria abbia fatto sorgere in lui speranze fondate.

111    Inoltre, le ricorrenti ricordano che il diritto di avvalersi della tutela del legittimo affidamento presuppone la riunione di tre condizioni, cioè che l’amministrazione comunitaria abbia fornito garanzie precise tali da far sorgere una legittima aspettativa in capo alla persona cui esse erano rivolte e che queste garanzie siano conformi alle norme vigenti.

112    Il Tribunale avrebbe precisato che costituiscono assicurazioni precise, indipendentemente dalla forma con cui vengano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti nonché provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (sentenze 6 luglio 1999, causa T‑203/97, Forvass/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑129 e II‑705, punti 70 e 71, nonché 19 marzo 2003, causa T‑273/01, Innova Privat-Akademie/Commissione, Racc. pag. II‑1093, punti 26, 28, 29 e 32).

113    Applicando tale giurisprudenza alla proposta della Commissione, le ricorrenti concludono che il punto 6 del preambolo della proposta avrebbe loro fornito assicurazioni precise, che tali assicurazioni erano tali da far sorgere un’aspettativa legittima in capo alle medesime ed erano conformi alle norme vigenti. Sarebbero pertanto soddisfatte le tre condizioni richieste affinché le ricorrenti si avvalgano del legittimo affidamento, giacché gli aiuti ricevuti non erano illeciti, né a quel tempo soggetti a restituzione. Per di più l’articolo unico della decisione del Consiglio 2003/588 sarebbe stato idoneo a far nascere in capo alle ricorrenti l’assicurazione che il programma di ristrutturazione era conforme all’accordo europeo e, di conseguenza, che gli aiuti compresi nel suddetto programma erano leciti.

114    La Commissione, riferendosi alla citata sentenza Alcan Deutschland, sottolinea che, invero, la sua proposta, al pari della decisione del Consiglio 2003/588, prende come punto di partenza il programma di ristrutturazione ed i piani individuali presentati dalla Repubblica di Polonia. Vi si prevedeva la liquidazione della HCz, e per essa non figurava nessun piano individuale. Pertanto, né la Commissione né il Consiglio hanno potuto fornire assicurazioni precise sul punto specifico degli aiuti versati alla HCz poiché tale società non era presa in considerazione.

115    Inoltre, la Commissione fa valere che le ricorrenti non contestano le constatazioni, effettuate dal Tribunale al punto 138 della sentenza impugnata, secondo le quali il piano individuale relativo alla HCz non era stato sottoposto alla Commissione e che, quindi, ad esso non poteva riferirsi l’approvazione contenuta nella decisione del Consiglio 2003/588. Orbene, il Tribunale si sarebbe fondato sulla constatazione in parola. Si tratterebbe di una constatazione di fatto che le ricorrenti non contestano e che non potrebbero contestare peraltro in sede di impugnazione.

116    Pertanto, a parere della Commissione, il motivo fondato sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento dovrebbe essere respinto. Né il dispositivo della proposta della Commissione, né quello della decisione del Consiglio 2003/588, né il tredicesimo punto del preambolo della proposta della Commissione potrebbero fondare un qualsiasi legittimo affidamento nella conformità al protocollo n. 8 di piani individuali che non sono stati presentati alla Commissione e che, pertanto, non potrebbero essere presi in considerazione dai suddetti testi.

117    Infine, la Commissione ricorda che il Tribunale ha dichiarato, al punto 139 della sentenza impugnata, che, poiché la decisione del Consiglio 2003/588 non riprende le considerazioni formulate dalla Commissione nella sua proposta secondo cui la proroga della deroga prevista all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2 avrebbe per effetto di regolarizzare retroattivamente tutti gli aiuti illecitamente erogati dall’entrata in vigore dell’accordo europeo, occorre constatare che i termini in questione non figurano nell’atto alla fine adottato dal Consiglio. Orbene, una semplice proposta della Commissione per una decisione del Consiglio non era idonea a creare un legittimo affidamento in capo alle ricorrenti.

118    Del resto la Commissione sottolinea che, inoltre, la questione sembra essere comunque meramente accademica giacché le ricorrenti non sollevano alcuna critica contro il punto 139 della sentenza impugnata.

 Giudizio della Corte

119    Col loro secondo motivo, le ricorrenti fanno valere in sostanza che il Tribunale ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento non avendo constatato che l’aiuto controverso era stato portato a conoscenza, nell’ambito dei procedimenti di cui al protocollo n. 2, tanto della Commissione che del Consiglio, il che ha creato un legittimo affidamento in capo alle ricorrenti. Inoltre, il preambolo della proposta della Commissione ai fini della decisione del Consiglio 2003/588 e l’articolo unico della suddetta decisione sarebbero stati idonei a creare, in capo alle ricorrenti, la legittima aspettativa che l’aiuto in questione fosse regolarizzato e che il programma di ristrutturazione fosse lecito.

120    In proposito si deve rilevare che il Tribunale è pervenuto alla sua conclusione dopo aver rievocato, ai punti 135‑139 della sentenza impugnata, la genesi dei diversi atti riferentisi direttamente o indirettamente agli aiuti controversi. Il Tribunale ha in secondo luogo constatato che, da una parte, il piano individuale relativo alla HCz non è stato sottoposto alla Commissione e non è quindi oggetto della decisione del Consiglio 2003/588 e che, dall’altra, questa decisione, contrariamente al preambolo della proposta della Commissione, non dispone che la proroga della deroga prevista all’art. 8, n. 4, del protocollo n. 2 avrebbe per effetto di regolarizzare retroattivamente tutti gli aiuti illecitamente erogati a partire dall’entrata in vigore dell’accordo europeo.

121    Occorre sottolineare al riguardo, in primo luogo, che l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione è stata informata dell’esistenza degli aiuti controversi è privo di qualsiasi rilevanza. Dato che il piano individuale relativo alla HCz non è stato sottoposto alla Commissione nell’ambito dei procedimenti all’uopo esplicitamente previsti, cioè il programma di ristrutturazione dell’industria siderurgica polacca, constatazione del Tribunale peraltro non contestata dalle ricorrenti, e per il fatto che la liquidazione della HCz vi era espressamente prevista, la HCz non poteva essere legalmente presa in considerazione dalla decisione del Consiglio 2003/588.

122    In secondo luogo, occorre ricordare in proposito che, secondo una giurisprudenza consolidata, il principio della tutela del legittimo affidamento rientra fra i principi fondamentali dell’Unione (v., in particolare, sentenza 5 maggio 1981, causa 112/80, Dürbeck, Racc. pag. 1095, punto 48).

123    Deriva anche dalla giurisprudenza che il diritto di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento si estende a tutti i soggetti nei confronti dei quali l’amministrazione comunitaria abbia fatto sorgere fondate aspettative fornendo loro assicurazioni precise (sentenze 16 dicembre 1987, causa 111/86, Delauche/Commissione, Racc. pag. 5345, punto 24; 25 maggio 2000, causa C‑82/98 P, Kögler/Corte di giustizia, Racc. pag. I‑3855, punto 33, nonché 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03, Belgio e Forum 187/Commissione, Racc. pag. I‑5479, punto 147). Le assicurazioni date devono essere inoltre conformi alle norme applicabili (v., in tal senso, sentenze 20 giugno 1985, causa 228/84, Pauvert/Corte dei conti, Racc. pag. 1969, punti 14 e 15, nonché 6 febbraio 1986, causa 162/84, Vlachou/Corte dei conti, Racc. pag. 481, punto 6).

124    Orbene, è sufficiente constatare che, con riguardo alla condizione delle assicurazioni precise, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, una proposta di decisione della Commissione sottoposta al Consiglio non può fondare alcun legittimo affidamento nella conformità degli aiuti controversi con le regole del diritto dell’Unione.

125    Infatti, limitandosi a riprendere i termini del preambolo della proposta della Commissione, la decisione del Consiglio 2003/588 non può dar luogo ad un legittimo affidamento circa la regolarità degli aiuti a favore di una società il cui piano individuale non era stato sottoposto alla Commissione e non poteva quindi essere preso in considerazione nella suddetta decisione. Così, l’abbandono dei suddetti termini avrebbe dovuto rivelare alle ricorrenti il cambiamento di posizione del legislatore dell’Unione di fronte ad una siffatta regolarizzazione degli aiuti.

126    Ne consegue che, nel caso di specie, non ricorreva il presupposto delle assicurazioni precise per concludere nel senso di una violazione del principio della tutela del legittimo affidamento. Non occorre quindi verificare gli altri presupposti, poiché essi sono cumulativi.

127    Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso un errore di diritto considerando che la decisione controversa non aveva leso il legittimo affidamento delle ricorrenti.

128    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, il secondo motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

129    Con tale motivo, le ricorrenti contestano l’approvazione da parte del Tribunale del tasso di interesse applicabile al momento del recupero.

130    Le ricorrenti fanno valere che il Tribunale si è limitato a constatare che la Commissione aveva seguito il procedimento stabilito all’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004. Orbene, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare se la Commissione avesse fissato un tasso «appropriato», ai sensi dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, poiché la valutazione del carattere appropriato del tasso non consisterebbe unicamente nella constatazione che quest’ultimo è stato fissato in cooperazione con lo Stato membro interessato.

131    Le ricorrenti considerano che il carattere «appropriato» è una nozione sostanziale, indipendente dal procedimento che deve osservare la Commissione nei casi eccezionali in cui fissa il tasso di interesse in stretta cooperazione con uno Stato membro. Tale nozione autonoma – che sarebbe strettamente collegata al fatto che la Commissione dispone di un margine di manovra e che, in ultima analisi, spetta ad essa stabilire il tasso determinante – esige di essere interpretata, il che il Tribunale non avrebbe fatto.

132    Le ricorrenti ricordano che, quando si interpreta la suddetta nozione, occorre tener conto della sentenza del Tribunale 8 giugno 1995, causa T‑459/93, Siemens/Commissione (Racc. pag. II‑1675), secondo cui il recupero è diretto a ripristinare la situazione esistente prima della concessione dell’aiuto illegittimo. Al fine di garantire la parità di trattamento, sarebbe opportuno misurare oggettivamente il vantaggio risultante dall’aiuto a partire del momento in cui quest’ultimo è stato messo a disposizione della società beneficiaria.

133    Poiché la Commissione è tenuta a ripristinare la situazione esistente prima dell’erogazione illegittima dell’aiuto, la ripetizione degli interessi può essere effettuata solo per compensare i vantaggi finanziari che effettivamente discendono dall’attribuzione degli aiuti al beneficiario e dev’essere proporzionale a questi ultimi.

134    Ponendo in non cale il principio del ripristino della situazione precedente e scegliendo un tasso di riferimento del tutto estraneo alla realtà del mercato polacco tra il 1997 e il 2004, la Commissione nonché il Tribunale, secondo il quale la portata dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999 si esauriva in quella dell’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004 circa tale punto, avrebbero quindi violato le due disposizioni comunitarie in parola.

135    Secondo la Commissione tale motivo è irricevibile. Infatti le ricorrenti chiederebbero al giudice dell’impugnazione di esaminare un motivo che non sarebbe stato sottoposto al Tribunale. Il terzo motivo, fondato principalmente su un’asserita violazione dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, non sarebbe stato sottoposto al Tribunale dato che l’unico motivo invocato in primo grado relativamente al tasso di interesse era quello della violazione del regolamento n. 794/2004. Di conseguenza, le ricorrenti non potrebbero censurare la sentenza impugnata per aver interpretato in maniera non corretta la nozione di tasso di interesse «appropriato», quando i motivi di annullamento sollevati non chiamavano il Tribunale ad interpretare tale nozione.

136    In subordine, la Commissione sottolinea che le ricorrenti muovono da una premessa erronea asserendo che, secondo il Tribunale, la portata dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999 si esaurisce in quella dell’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004, cioè che il tasso di interesse stabilito dalla Commissione era «appropriato» per la sola ragione che era stato fissato «in stretta cooperazione con lo Stato membro».

137    Tuttavia il Tribunale, contrariamente alle affermazioni delle ricorrenti, non si sarebbe limitato a constatare che la Commissione aveva seguito il procedimento in vigore, cioè una stretta cooperazione con lo Stato membro, ma si sarebbe pronunciato sulla fondatezza del tasso preso in considerazione ricordando il margine di valutazione della Commissione ed esaminando le ragioni per cui quest’ultima aveva disatteso talune proposte. Inoltre, il Tribunale ne avrebbe inferito che non era provato un «errore manifesto di valutazione» e che il calcolo degli interessi secondo il regime dell’interesse composto discendeva obbligatoriamente dal regolamento n. 794/2004 (punti 159‑167 della sentenza impugnata).

138    Poiché l’impugnazione non presenta alcun argomento idoneo a rimettere in questione il ragionamento del Tribunale e non contiene alcun valido addebito contro quest’ultimo, la Commissione è del parere che il Tribunale abbia correttamente esaminato gli argomenti delle ricorrenti, pur rimanendo entro i limiti del motivo di annullamento quale sollevato in primo grado, che non sottoponeva al Tribunale la questione del carattere «appropriato» del tasso di interesse rispetto all’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999.

 Giudizio della Corte

–       Sulla ricevibilità

139    Quanto all’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sulla circostanza che il terzo motivo, basato principalmente su un’asserita violazione dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, non è stato fatto valere nel procedimento dinanzi al Tribunale, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al punto 83 della presente sentenza, invero un motivo presentato per la prima volta nell’ambito dell’impugnazione dinanzi alla Corte deve essere dichiarato, in linea di principio, irricevibile.

140    Così, è necessario constatare che le ricorrenti chiedono alla Corte di esaminare la legittimità del tasso di interesse fissato dalla Commissione, grazie al riferimento al suo carattere appropriato rispetto all’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999. Tuttavia, tale motivo non è stato sottoposto al Tribunale, giacché il solo motivo invocato dinanzi al tasso di interesse era quello fondato sulla violazione del regolamento n. 794/2004. Pertanto occorre accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione e fondata sul carattere nuovo del motivo avanzato dalle ricorrenti.

141    Ne consegue che il terzo motivo, nei limiti in cui si fonda su un’asserita violazione dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, deve essere dichiarato irricevibile. Viceversa il terzo motivo, quanto al regolamento n. 794/2004, è irricevibile.

–       Nel merito

142    Circa la fondatezza di tale motivo, è sufficiente constatare che, poiché il terzo motivo, nei limiti in cui è fondato su un’asserita violazione dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999, non è ricevibile, il terzo motivo, fondato sull’asserita violazione dell’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004 in rapporto alla fissazione di un tasso appropriato, appare privo di contenuto, come a giusto titolo ha fatto valere la Commissione. Infatti è improbabile discernere, nell’argomentazione delle ricorrenti, un addebito sollevato contro il Tribunale dedotto esclusivamente da un’asserita violazione dell’art. 9, n. 4, del regolamento n. 794/2004 e non dalla nozione di tasso «appropriato» dell’art. 14, n. 2, del regolamento n. 659/1999.

143    Di conseguenza il terzo motivo deve essere respinto.

144    Poiché nessuno dei motivi dedotti merita accoglimento, occorre respingere l’impugnazione proposta.

 Sulle spese

145    A norma dell’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento medesimo, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna delle ricorrenti, queste ultime, essendo rimaste soccombenti, devono essere condannate alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La ISD Polska sp. z o.o. e la Industrial Union of Donbass Corp. sono condannate alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.