Language of document : ECLI:EU:T:2009:191

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

11 giugno 2009 (*)

«Aiuti di Stato – Regime di aiuti concessi dalle autorità italiane a talune imprese di servizi pubblici sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti a tasso agevolato – Decisione che dichiara gli aiuti incompatibili con il mercato comune – Ricorso di annullamento – Incidenza individuale – Ricevibilità – Aiuti esistenti o aiuti nuovi – Art. 87, n. 3, lett. c), CE»

Nella causa T‑301/02,

AEM SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti A. Giardina, C. Croff, A. Santa Maria e G. Pizzonia,

ricorrente,

sostenuta da

ASM Brescia SpA, con sede in Brescia, rappresentata dagli avv.ti G. Caia, V. Salvadori, N. Pisani e F. Capelli,

interveniente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento degli artt. 2 e 3 della decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. D. Šváby, S. Papasavvas, N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La AEM SpA, ricorrente, è una società per azioni quotata in borsa, le cui azioni appartengono, per il 51%, al Comune di Milano. Essa è stata costituita nel 1996 in seguito alla trasformazione della omonima azienda municipalizzata. La ricorrente provvede principalmente alla distribuzione dell’elettricità e alla distribuzione e alla vendita di gas naturale e di calore sul territorio, in particolare, della città di Milano.

 Il contesto normativo nazionale

2        La legge italiana 8 giugno 1990, n. 142, [sull’]ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135 del 12 giugno 1990; in prosieguo: la «legge n. 142/90»), ha introdotto in Italia una riforma degli strumenti giuridici organizzativi offerti ai comuni per la gestione dei servizi pubblici, in particolare nei settori della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e dei trasporti. L’art. 22 della detta legge, nella versione modificata, ha previsto la facoltà, per i comuni, di costituire società utilizzando differenti forme giuridiche per fornire servizi pubblici. In tale contesto è prevista la costituzione di società commerciali o di società a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria pubblica (in prosieguo: le «società ex lege n. 142/90»). La ricorrente è una società ex lege n. 142/90.

3        In tale cornice, in forza dell’art. 9 bis della legge 9 agosto 1986, n. 488, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° luglio 1986, n. 318, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale (GURI n. 190 del 18 agosto 1986), sono stati concessi prestiti a tasso agevolato presso la Cassa Depositi e Prestiti (in prosieguo: la «CDDPP»), tra il 1994 e il 1998, a talune società ex lege n. 142/90 che prestavano servizi pubblici (in prosieguo: i «prestiti della CDDPP»).

4        Inoltre, in forza del combinato disposto dell’art. 3, nn. 69 e 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 1995; in prosieguo: la «legge n. 549/95»), e del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (GURI n. 203 del 30 agosto 1993; in prosieguo: il «decreto legge n. 331/93»), sono state introdotte le seguenti misure a favore delle società ex lege n. 142/90:

–        l’esenzione da tutte le tasse sui conferimenti relativi alla trasformazione di aziende speciali e di aziende municipalizzate in società ex lege n. 142/90 (in prosieguo: l’«esenzione dalle tasse sui conferimenti»);

–        l’esenzione totale triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta locale sul reddito), non oltre l’anno fiscale 1999 (in prosieguo: l’«esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa»).

 Procedimento amministrativo

5        In seguito ad una denuncia riguardante le misure in questione, la Commissione, con lettere del 12 maggio, 16 giugno e 21 novembre 1997, ha domandato alle autorità italiane una serie di informazioni.

6        Con lettera datata 17 dicembre 1997, le autorità italiane hanno fornito una parte delle informazioni richieste. Peraltro, su domanda delle autorità italiane, si è svolta una riunione in data 19 gennaio 1998.

7        Con lettera del 17 maggio 1999, la Commissione ha comunicato all’Italia la decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE. Questa decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU C 220, pag. 14).

8        Dopo aver ricevuto osservazioni da terzi interessati e dalle autorità italiane, la Commissione ha chiesto più volte a queste ultime la trasmissione di informazioni ulteriori. La Commissione ha inoltre incontrato le autorità italiane ed i terzi interessati intervenuti nel procedimento.

9        Alcune società ex lege n. 142/90, quali la ricorrente nonché la ACEA SpA e l’Azienda Mediterranea Gas e Acqua SpA (in prosieguo: la «AMGA»), che peraltro hanno presentato ricorsi di annullamento della decisione che è oggetto della presente causa (cause T‑297/02 e T‑300/02), hanno sostenuto, in particolare, che le tre categorie di misure in questione non costituivano aiuti di Stato.

10      Le autorità italiane e la Confederazione Nazionale dei Servizi (in prosieguo: la «Confservizi»), confederazione cui aderiscono, segnatamente, le società ex lege n. 142/90 e le aziende speciali comunali in Italia, hanno sostanzialmente aderito a tale tesi.

11      Viceversa, il Bundesverband der deutschen Industrie eV (in prosieguo: il «BDI»), associazione tedesca degli industriali e dei prestatori di servizi e affini, ha osservato che le misure di cui trattasi potrebbero provocare distorsioni di concorrenza non solo in Italia, ma anche in Germania.

12      Analogamente, la Gas‑it, associazione italiana di operatori privati del settore della distribuzione del gas, ha osservato che le misure di cui trattasi, in particolare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, costituivano aiuti di Stato.

13      In data 5 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di società ex lege n. 142/90 (GU 2003, L 77, pag. 21; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 La decisione controversa

14      La Commissione sottolinea anzitutto che la sua inchiesta verte solo su regimi di aiuto di portata generale istituiti con le misure controverse e non su misure individuali di aiuto concesse alle singole imprese. Al riguardo, tale istituzione dichiara che la Repubblica italiana «non ha concesso vantaggi fiscali su base individuale e non ha notificato alla Commissione alcun caso individuale di aiuto fornendole tutte le informazioni necessarie per poterlo valutare». Di conseguenza la Commissione si considera obbligata a procedere a un esame generale ed astratto dei regimi di cui trattasi sia in ordine alla loro qualificazione, sia in ordine alla questione della loro compatibilità con il mercato comune (punti 42‑45 della decisione controversa).

15      Secondo la Commissione, i prestiti della CDDPP e l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (in prosieguo, globalmente: le «misure controverse») costituiscono aiuti di Stato. Infatti, la concessione, mediante risorse dello Stato, di vantaggi di tal genere alle società ex lege n. 142/90 produce l’effetto di rafforzare la loro posizione concorrenziale rispetto a tutte le altre imprese che intendano fornire gli stessi servizi (punti 48‑75 della decisione controversa). Le misure controverse sono incompatibili con il mercato comune, in quanto non rispettano né i presupposti ex art. 87, nn. 2 e 3, CE, né quelli ex art. 86, n. 2, CE e violano, inoltre, l’art. 43 CE (punti 94‑122 della decisione controversa).

16      Viceversa, secondo la Commissione, l’esenzione dalle tasse sui conferimenti non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, dato che tali tributi sono dovuti all’atto della costituzione di una nuova entità economica o in occasione di trasferimenti patrimoniali tra differenti entità economiche. Orbene, sotto il profilo sostanziale, le imprese municipalizzate, da un lato, e le società ex lege n. 142/90, dall’altro, fanno parte di una stessa entità economica. Pertanto, l’esenzione di tali imprese dalle dette tasse è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema (punti 76‑81 della decisione controversa).

17      Il dispositivo della decisione controversa è così formulato:

«Articolo 1

L’esenzione dalle tasse sui conferimenti (...), non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Articolo 2

L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito [d’impresa] (...) e i vantaggi derivanti dai prestiti [della CDDPP] (...) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune.

Articolo 3

L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti illegittimamente a loro disposizione.

Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione.

L’aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l’aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19      Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 gennaio 2003, la ASM Brescia SpA (in prosieguo: la «ASM») ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della ricorrente. Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale (vecchia composizione) 12 maggio 2003, tale società è stata autorizzata ad intervenire. La parte interveniente ha depositato le proprie memorie e le altre parti nel presente procedimento hanno presentato osservazioni in merito a tale intervento nei termini all’uopo stabiliti.

20      Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 6 gennaio 2003, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

21      Il 27 febbraio 2003 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni in merito all’eccezione d’irricevibilità.

22      In data 8 agosto 2002, anche la Repubblica italiana ha presentato dinanzi alla Corte un ricorso di annullamento della decisione controversa, iscritto a ruolo con il numero C‑290/02. La Corte ha constatato che quest’ultimo ricorso e quelli presentati nelle cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02 e T‑309/02 vertevano sullo stesso oggetto, vale a dire l’annullamento della decisione controversa, e che erano connessi, poiché i motivi in ciascuna di queste cause coincidevano ampiamente. Con ordinanza 10 giugno 2003, la Corte ha sospeso il procedimento nella causa C‑290/02, conformemente all’art. 54, terzo comma, del proprio Statuto, fino alla pronunzia della sentenza del Tribunale nelle cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02 e T‑309/02.

23      Con ordinanza 8 giugno 2004, la Corte ha deciso di rinviare la causa C‑290/02 dinanzi al Tribunale, che è divenuto competente a decidere sui ricorsi proposti dagli Stati membri contro la Commissione, conformemente al disposto dell’art. 2 della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5). Tale causa è stata iscritta sul ruolo del Tribunale con il numero T‑222/04.

24      Con ordinanza 5 agosto 2004, il Tribunale ha deciso di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione unitamente al merito della causa.

25      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, di porre per iscritto alcuni quesiti alle parti, ai quali queste ultime hanno risposto nel termine stabilito.

26      Con ordinanza 13 marzo 2008 il presidente dell’Ottava Sezione ampliata ha riunito le cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02, T‑309/02, T‑189/03 e T‑222/04 ai fini della fase orale, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

27      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 16 aprile 2008.

28      La ricorrente, sostenuta dall’interveniente, conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare l’art. 2 della decisione controversa, con il quale la Commissione ha dichiarato l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa incompatibile con il mercato comune;

–        annullare l’art. 3 della decisione controversa, nella parte in cui ordina alla Repubblica italiana il recupero degli aiuti erogati a titolo dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa;

–        condannare la Commissione alle spese.

29      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        respingerlo;

–        condannare la ricorrente e l’interveniente alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

30      La Commissione nega la legittimazione ad agire della ricorrente. La ricorrente non sarebbe individualmente interessata dalla decisione controversa, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

31      La Commissione afferma, in sostanza, che la decisione controversa dev’essere qualificata come atto di portata generale poiché riguarda un regime di aiuti e, quindi, un numero indeterminato e indeterminabile di imprese, definite in funzione di un criterio generale, quale l’appartenenza ad una categoria d’imprese. A suo parere, la portata generale e quindi la natura normativa di un atto non viene messa in forse dalla possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o addirittura l’identità dei soggetti di diritto ai quali esso si applica in un determinato momento, purché sia assodato che tale applicazione si effettua in ragione di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto, in relazione allo scopo di quest’ultimo.

32      Secondo la Commissione, affinché un operatore privato sia individualmente interessato da un atto di portata generale, quest’ultimo deve ledere i suoi diritti specifici o l’istituzione che lo emana dev’essere tenuta a prendere in considerazione le conseguenze di tale atto sulla posizione dell’interessato. La Commissione ritiene tuttavia che ciò non accada nella presente fattispecie. Infatti, la decisione controversa avrebbe inciso sulla situazione di tutte le imprese che hanno beneficiato delle misure controverse. Di conseguenza, non vi sarebbe stata una lesione dei diritti specifici di determinate imprese, che potrebbero perciò distinguersi dalle altre imprese beneficiarie delle misure medesime. D’altronde, in sede di adozione della decisione controversa, la Commissione non avrebbe dovuto né potuto tener conto delle conseguenze dell’emananda decisione sulla posizione di un’impresa in particolare. Né la dichiarazione di incompatibilità, né l’ordine di recupero contenuti nella decisione controversa si riferirebbero alla posizione di singoli beneficiari.

33      La Commissione rileva che la sua analisi è confermata dalla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato, secondo la quale il fatto di essere il beneficiario di un regime di aiuti dichiarato incompatibile con il mercato comune non è sufficiente a dimostrare un interesse individuale ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

34      Tale giurisprudenza consolidata non sarebbe messa in discussione da cause più recenti. Secondo la Commissione, la soluzione adottata nella sentenza della Corte 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I‑8855; in prosieguo: la «sentenza Sardegna Lines»), non è applicabile a tutti i ricorsi proposti da soggetti che abbiano fruito di aiuti concessi nel quadro di regimi dichiarati illegittimi ed incompatibili e dei quali sia stato ordinato il recupero. La stessa conclusione s’imporrebbe in particolare quando, come nella fattispecie, il regime di aiuti controverso sia stato esaminato in maniera astratta. Inoltre, nella causa definita dalla citata sentenza Sardegna Lines la ricorrente beneficiava di un aiuto individuale, poiché si trattava di un vantaggio accordato in virtù di un atto che era stato adottato sulla base di una legge regionale, chiara manifestazione di un ampio potere discrezionale. Per di più, tale caso sarebbe stato attentamente esaminato nel corso del procedimento d’indagine formale.

35      I fatti esaminati nella presente causa si distinguerebbero parimenti da quelli all’origine della sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4087; in prosieguo: la «sentenza Alzetta»), in quanto nella fattispecie la Commissione non conosceva il numero esatto né l’identità dei beneficiari degli aiuti in esame, non disponeva di tutte le informazioni rilevanti e non conosceva l’ammontare dell’aiuto concesso nei singoli casi. Inoltre, nel caso presente, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa si applicherebbe in via automatica, mentre gli aiuti controversi nella citata causa Alzetta erano stati concessi mediante un atto successivo.

36      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò che importa ai fini della ricevibilità non è il fatto che sia nota l’identità di un’impresa, ma che siano state portate all’attenzione della Commissione determinate caratteristiche del caso di specie, tali da richiedere un esame individuale. Ora, nella decisione controversa la Commissione aveva sottolineato che non le era stata fornita nessuna informazione che dimostrasse, nei confronti della ricorrente, che il provvedimento in questione non costituiva un aiuto oppure costituiva un aiuto esistente o compatibile con il mercato comune.

37      Ad ogni modo, secondo la Commissione né il fatto di aver preso parte al procedimento d’indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, CE, né l’ordine di recuperare gli aiuti contenuto nella decisione controversa sarebbero sufficienti ad individuare la ricorrente. Infatti, dato che i beneficiari potenziali di un regime di aiuti notificato non sono legittimati ad adire la Corte ai sensi dell’art. 230 CE, altrettanto dovrebbe valere per i beneficiari di un regime di aiuti non notificato.

38      Infine, l’irricevibilità del presente ricorso non si porrebbe in contrasto con il principio di una tutela giurisdizionale effettiva, poiché i rimedi giurisdizionali offerti dagli artt. 241 CE e 234 CE risulterebbero sufficienti (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677).

39      La ricorrente sostiene che la decisione controversa la riguarda individualmente per quanto concerne l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Infatti, essa sarebbe una società ex lege n. 142/90, quindi un’impresa destinataria del regime di aiuti in questione, che ha beneficiato dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, di cui è stato ordinato il recupero.

40      L’interveniente condivide sostanzialmente la posizione e la maggior parte degli argomenti della ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

41      Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione presa nei confronti di altre persone solo qualora la detta decisione la riguardi direttamente ed individualmente.

42      In base ad una giurisprudenza consolidata, le persone fisiche o giuridiche, diverse dai destinatari di una decisione, possono sostenere che essa le riguarda individualmente solo se detta decisione le concerne a causa di determinate qualità loro particolari e di una situazione di fatto che le contraddistingue rispetto a chiunque altro e, quindi, le individua in modo analogo ai destinatari (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 2 aprile 1998, causa C‑321/95 P, Greenpeace Council e a./Commissione, Racc. pag. I‑1651, punti 7 e 28).

43      La Corte ha pertanto dichiarato che un’impresa non può, in via di principio, impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti settoriale se è interessata da questa decisione solo a causa della sua appartenenza al settore di cui trattasi e della sua qualità di beneficiaria potenziale di tale regime. Infatti, una tale decisione si presenta, nei confronti dell’impresa ricorrente, come un provvedimento di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto (v. sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punto 15, e sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 35, punto 37, e giurisprudenza ivi citata).

44      Tuttavia la Corte, nei punti 34 e 35 della citata sentenza Sardegna Lines (v. il precedente punto 34), ha dichiarato parimenti che l’impresa Sardegna Lines, poiché era interessata dalla decisione oggetto di tale giudizio non solo in quanto impresa del settore della navigazione in Sardegna, potenzialmente beneficiaria del regime di aiuti degli armatori sardi, ma anche nella sua qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso a titolo di questo regime e del quale la Commissione aveva ordinato il recupero, era individualmente interessata dalla detta decisione e il suo ricorso contro quest’ultima era ricevibile (v. parimenti, in tal senso, sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 35, punto 39).

45      Occorre quindi verificare se la ricorrente possieda la qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale, concesso in base a un regime di aiuti settoriale di cui la Commissione abbia ordinato il recupero (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 settembre 2007, causa T‑136/05, Salvat père & fils e a./Commissione, Racc. pag. II‑4063, punto 70).

46      A questo riguardo occorre rilevare che, in primo luogo, dalla risposta della ricorrente ai quesiti formulati per iscritto dal Tribunale a tal riguardo si ricava che quest’ultima è realmente beneficiaria effettiva di un aiuto individuale, concesso ai sensi del regime di aiuti in questione. Infatti, la ricorrente sostiene di aver goduto dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa durante il periodo 1996-1999. Questa affermazione non è oggetto di obiezione da parte della Repubblica italiana.

47      In secondo luogo, dall’art. 3 della decisione controversa si evince che la Commissione ha disposto il recupero dell’aiuto in questione.

48      Ne deriva che la ricorrente è individualmente interessata dalla decisione controversa.

49      Per quanto riguarda l’interesse diretto della ricorrente, poiché l’art. 3 della decisione controversa obbliga la Repubblica italiana ad adottare tutte le misure necessarie per recuperare presso il beneficiario gli aiuti menzionati dall’art. 2 della medesima decisione, posti illegittimamente a sua disposizione, e poiché la ricorrente ne ha beneficiato e dovrà rimborsarli, quest’ultima dev’essere considerata direttamente interessata dalla suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza Salvat père & fils e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 75).

50      Da tutto quanto sin qui esposto si ricava che il presente ricorso dev’essere dichiarato ricevibile se e in quanto ha ad oggetto la parte della decisione controversa vertente sull’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

 Nel merito

51      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del proprio ricorso, riguardanti rispettivamente:

–        una violazione dell’art. 87, n. 1, CE e dell’art. 253 CE, riguardo alla qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato;

–        una violazione dell’art. 88, n. 1, CE e dell’art. 253 CE, a causa della qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto nuovo;

–        una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e dell’art. 253 CE;

–        una violazione del divieto di discriminazione e del principio della libertà di stabilimento, nonché un difetto di motivazione;

–        l’illegittimità dell’ordine di recupero.

 Sul primo motivo, riferito ad una violazione dell’art. 87, n. 1, CE e dell’art. 253 CE, riguardo alla qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato

 Argomenti delle parti

52      Con il presente motivo, la ricorrente sostiene che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Tale motivo è suddiviso in tre parti riguardanti, rispettivamente, alcune carenze dell’istruttoria, la mancanza di alterazioni della concorrenza e la mancata incidenza sugli scambi intracomunitari.

–       Sulla prima parte del motivo, relativa a carenze dell’istruttoria

53      Anzitutto, la ricorrente sostiene che la decisione controversa è viziata da un difetto generale di istruttoria quanto all’individuazione delle minacce alla concorrenza, che sarebbero provocate dall’applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, sui diversi mercati dei servizi pubblici locali. Diversamente dalla Commissione, la ricorrente ritiene che non esista un «mercato globale dei servizi pubblici locali» e che la Commissione avrebbe dovuto effettuare un’analisi per prodotto e/o per zona geografica, ciò che le avrebbe consentito di valutare gli effetti dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa su ogni mercato singolarmente considerato. Il mercato delle concessioni di servizi pubblici locali, menzionato nel punto 68 della decisione controversa, sarebbe altra cosa rispetto al mercato dei servizi pubblici. La ricorrente lamenta parimenti un vizio di motivazione relativo alla scelta della Commissione di condurre un esame generale ed astratto.

54      La ricorrente cita parimenti la decisione della Commissione 30 luglio 1997, 98/182/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Regione Friuli Venezia Giulia (Italia) in favore degli autotrasportatori di detta Regione (GU 1998, L 66, pag. 18). Infatti, nella detta decisione, il regime istituito dalla legislazione nazionale avrebbe costituito un aiuto di Stato solo relativamente ad alcuni settori. Inoltre, la medesima decisione avrebbe considerato alcuni aiuti compatibili con il mercato comune in ragione dell’attività delle imprese beneficiarie. Tale decisione dimostrerebbe che un’analisi più approfondita della situazione dei diversi settori interessati da un regime globale di aiuti è possibile.

55      La Commissione sottolinea che, poiché il caso presente concerne un regime di aiuti, essa sarebbe stata costretta ad effettuare una valutazione generale ed astratta. Peraltro, le autorità italiane non avrebbero precisato dinanzi alla Commissione quali servizi, tra quelli interessati, sarebbero stati esclusi dalla concorrenza comunitaria.

–       Sulla seconda parte del motivo, relativa all’assenza di alterazioni della concorrenza

56      Il ragionamento della ricorrente si impernia su tre argomenti principali.

57      Anzitutto, la ricorrente sostiene che le società ex lege n. 142/90 non operavano su mercati concorrenziali e che, di conseguenza, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa di cui hanno fruito non era in grado di falsare la concorrenza sui mercati dei servizi pubblici locali.

58      Infatti, il settore della produzione di energia elettrica sarebbe stato liberalizzato soltanto nel 1999 con il recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 dicembre 1996, 96/92/CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20). Del resto, prima del 31 dicembre 1999 la ricorrente non avrebbe svolto nessuna attività sul mercato degli utenti finali, liberi di scegliere il proprio fornitore di energia. Anche la distribuzione di energia elettrica sarebbe stata sottratta alla concorrenza, poiché le disposizioni legislative che disciplinavano la prestazione di tali servizi comportavano una situazione di monopolio in ciascuna area territoriale.

59      Per quanto riguarda poi la distribuzione del gas, la liberalizzazione di tale settore sarebbe avvenuta solo nel 2000, con il recepimento in Italia della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/30/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204, pag. 1).

60      Nella presente fattispecie, la Commissione avrebbe dovuto seguire l’impostazione adottata nella sua decisione 1° luglio 1998, 98/693/CE, relativa al regime spagnolo di aiuti all’acquisto di veicoli industriali «Plan Renove Industrial» (agosto 1994-dicembre 1996) (GU L 329, pag. 23), in cui ha considerato talune misure non costitutive di aiuti di Stato a motivo dell’assenza di concorrenza.

61      In secondo luogo, la ricorrente asserisce che la decisione controversa si basa su un’errata valutazione dei fatti riguardo alla possibilità che le società ex lege n. 142/90 operassero al di fuori del territorio di competenza del proprio comune di riferimento.

62      Le società ex lege n. 142/90 non avrebbero avuto libero accesso ai servizi pubblici locali di altri comuni. Infatti, la via dell’affidamento diretto sarebbe subordinata all’accordo tra questi ultimi e il comune controllante la società ex lege n. 142/90 interessata, oltre al requisito generale del soddisfacimento degli interessi della collettività locale di origine.

63      Ad ogni modo, la ricorrente dichiara di non aver partecipato ad alcuna gara per l’affidamento di servizi pubblici locali in altre aree geografiche durante il periodo di applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Essa non avrebbe pertanto usufruito di alcuna agevolazione rispetto alle imprese che non beneficiavano del medesimo trattamento. Essa aggiunge che tutte le imprese operanti nei settori considerati sarebbero state titolari di concessioni in esclusiva di lunga durata.

64      In terzo luogo, la ricorrente sostiene che, sebbene le società ex lege n. 142/90 abbiano assunto la forma di società per azioni a partecipazione maggioritaria pubblica, ispirandosi così a criteri applicati dalle imprese private, esse sono state costituite con il solo scopo di assicurare la fornitura dei servizi pubblici locali. L’ambito di attività di tali società sarebbe quindi circoscritto ai servizi pubblici locali. Sarebbe pertanto infondato quanto sostiene la Commissione, secondo cui, mentre le aziende speciali dei comuni erano tenute ad operare nei soli mercati dei servizi pubblici locali, le società ex lege n. 142/90 erano libere di operare in altri mercati. Il contenuto e lo scopo delle attività delle società ex lege n. 142/90 sarebbero rimasti in gran parte invariati rispetto a quelli delle aziende speciali dei comuni. La ricorrente dichiara che fino al 1999 essa ha svolto le proprie attività unicamente nei settori riservati del gas e dell’elettricità e che solo dopo il 1999 ha iniziato ad operare nel settore delle telecomunicazioni.

65      Secondo la ricorrente, dal momento che le società ex lege n. 142/90 sono state costituite appositamente per la gestione dei servizi pubblici locali, esse non hanno partecipato a gare per l’affidamento dei detti servizi. Ne consegue, a parere della ricorrente, che l’argomento della Commissione relativo all’esistenza di una concorrenza finalizzata all’assegnazione degli appalti non è convincente, poiché non vi era un mercato aperto nel settore dei servizi pubblici.

66      La sentenza delle Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione 6 maggio 1995, n. 4989, citata dalla Commissione nella nota in calce n. 61 al punto 92 della decisione controversa, si limiterebbe a riconoscere la natura giuridica privatistica delle società ex lege n. 142/90 senza pronunciarsi circa la possibilità di queste ultime di operare liberamente su mercati diversi. Tale sentenza confermerebbe altresì che la decisione di costituire una società ex lege n. 142/90 comportava automaticamente l’affidamento in esclusiva a quest’ultima dei servizi pubblici locali.

67      Ad ogni modo, l’utilizzo, da parte di un’impresa, dei profitti derivanti dalla fornitura in esclusiva di un servizio d’interesse economico generale, al fine di espandere la propria attività in un mercato contiguo aperto alla concorrenza, non comporta di per sé alcuna violazione delle norme in materia di concorrenza. Di conseguenza, la possibilità per le società ex lege n. 142/90 di operare in altri mercati non potrebbe costituire argomento per qualificare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato.

68      Riguardo all’art. 253 CE, la ricorrente sottolinea che l’obbligo di motivazione è particolarmente rilevante nello schema generale degli aiuti di Stato e diviene essenziale quando le misure statali accordano un’agevolazione fiscale che riguarda, come nel presente caso, un consistente numero di soggetti privati. L’obbligo di un’idonea motivazione risulta ancor più cogente nel caso di specie, trattandosi di mercati particolari, come quello dei servizi pubblici locali, contrassegnati talvolta da situazioni di monopolio.

69      La ricorrente sostiene che se è vero che in settori industriali e commerciali normali l’analisi delle condizioni concrete di concorrenza può risultare superflua, lo stesso non potrebbe dirsi per settori ampiamente regolamentati e riservati a particolari imprese, come erano i settori dei servizi pubblici locali in Italia negli anni ’90.

70      Quanto all’effetto anticoncorrenziale su altri mercati dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, la Commissione non darebbe alcuna dimostrazione del fatto che la concorrenza sia stata potenzialmente o effettivamente falsata, non preciserebbe quali fossero i mercati interessati e neppure evidenzierebbe che la presunta distorsione sia imputabile all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. La Commissione si sarebbe limitata a un generico richiamo a «mercati di altri prodotti in cui esistono scambi intracomunitari» e a «settori diversi dai cosiddetti servizi pubblici locali» (punto 74 della decisione controversa). Orbene, la Commissione avrebbe dovuto analizzare in modo più ampio ed esaustivo l’incidenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sulla concorrenza negli altri settori.

71      La decisione controversa sarebbe altresì viziata da un difetto di motivazione in quanto attua una distinzione tra le società ex lege n. 142/90, da un lato, e le aziende municipalizzate con personalità giuridica appartenenti ai medesimi enti locali e ugualmente soggette all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, dall’altro, senza indicarne le ragioni.

72      L’interveniente condivide sostanzialmente la posizione e gli argomenti della ricorrente riguardo alla violazione dell’art. 87 CE.

73      La Commissione critica tutti gli argomenti dedotti.

–       Sulla terza parte del motivo, relativa alla mancata incidenza sugli scambi intracomunitari

74      La ricorrente afferma sostanzialmente che gli scambi intracomunitari non sono alterati nel caso di specie. Essa sottolinea a questo proposito che i servizi pubblici locali sono assegnati direttamente alle società ex lege n. 142/90. Solo nelle aree in cui non operava nessuna azienda municipalizzata o nessuna società ex lege n. 142/90 sarebbero state organizzate procedure di selezione. La ricorrente respinge la tesi della Commissione, secondo cui l’esistenza stessa dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa avrebbe spinto i comuni ad affidare direttamente i servizi pubblici locali alle società ex lege n. 142/90, invece di organizzare gare d’appalto. Essa sostiene, al contrario, che, se non fosse stato possibile procedere all’assegnazione dei servizi pubblici mediante concessione diretta, nessun comune avrebbe accettato di costituire società ex lege n. 142/90. Infatti, in caso contrario, i comuni si sarebbero trovati esposti al rischio che «loro» società ex lege n. 142/90 si trovassero in concorrenza con altri operatori in occasione di gare d’appalto.

75      Inoltre, la ricorrente fa riferimento alla comunicazione della Commissione 20 settembre 2000, relativa ai servizi di interesse generale in Europa (GU 2001, C 17, pag. 4), in cui la Commissione ha enunciato che le norme in materia di concorrenza erano applicabili solo quando le attività interessate potevano incidere sugli scambi tra Stati membri. Per esempio, secondo una regola generale enunciata nel punto 32 della detta comunicazione, un’attività che incida sul mercato in modo marginale, come nel caso di numerosi servizi di interesse generale a carattere locale, non inciderebbe di norma sugli scambi tra Stati membri. Ebbene, la Commissione non spiegherebbe le ragioni per le quali la presente ipotesi si discosterebbe dalla detta regola generale.

76      La ricorrente ritiene che la Commissione abbia motivato insufficientemente, nella decisione controversa, la sua valutazione dell’impatto dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sugli scambi intracomunitari. Infatti, la Commissione non avrebbe fatto riferimento alle condizioni intrinseche di ciascun mercato dei servizi pubblici locali e si sarebbe limitata ad affermare che «non si può escludere che l’esistenza stessa dell’aiuto in favore di SpA ex lege 142/90 abbia creato un incentivo per i comuni ad affidare direttamente i servizi [a queste] anziché rilasciare concessioni secondo procedure aperte».

77      L’interveniente condivide sostanzialmente la posizione della ricorrente per quanto concerne la violazione dell’art. 87 CE.

78      La Commissione giudica alterati gli scambi intracomunitari nel caso di specie e ritiene la decisione controversa sufficientemente motivata a questo proposito.

 Giudizio del Tribunale

79      Si deve rammentare preliminarmente che, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, per qualificare un provvedimento come aiuto è necessario che tutti i presupposti previsti da tale disposizione siano soddisfatti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio selettivo. In quarto luogo, deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (sentenze della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747; in prosieguo: la «sentenza Altmark», punti 74 e 75, e 3 marzo 2005, causa C‑172/03, Heiser, Racc. pag. I‑1627, punto 27).

80      Nel caso di specie, la ricorrente critica sostanzialmente la qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato. Essa sostiene, in primo luogo, che la Commissione avrebbe dovuto effettuare un’analisi mercato per mercato e, in secondo luogo, che due dei quattro presupposti ex art. 87, n. 1, CE, relativi all’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza, non sarebbero soddisfatti. Inoltre, la decisione controversa sarebbe viziata per insufficienza o difetto di motivazione in merito all’esame di questi due presupposti.

–       Sulla prima parte del motivo, relativa a un difetto di istruttoria

81      Per quanto concerne l’analisi mercato per mercato, occorre rilevare che il provvedimento in questione è destinato a una specifica categoria di imprese, ossia le società ex lege n. 142/90. La circostanza di essere una società di tal genere costituisce l’unica condizione richiesta per poter godere del detto regime.

82      Occorre parimenti evidenziare che l’applicazione del regime di esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non è limitata a servizi specifici e che le attività delle imprese interessate dal detto regime non sono circoscritte al settore dei servizi pubblici. Infatti, si tratta di un unico regime di aiuti e non di diversi regimi di aiuto classificati in base all’attività o al mercato interessato.

83      Ne consegue che, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione non era tenuta ad effettuare un esame settore per settore al fine di valutare gli effetti dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

84      Quanto al riferimento alla decisione 98/182, occorre dare atto che, a differenza del caso che ha condotto alla menzionata decisione, che riguardava un unico settore, nel caso di specie è coinvolta una gran varietà di settori.

85      Relativamente alla constatazione che il mercato delle concessioni sarebbe diverso da quello dei servizi pubblici, va sottolineato che, per garantire i servizi pubblici, gli enti locali possono far uso dell’istituto giuridico della concessione e che il mercato delle concessioni in questo settore è aperto alla concorrenza comunitaria e soggetto alle norme del Trattato CE.

86      Infine, riguardo al presunto difetto di motivazione, si deve rilevare che la Commissione ha illustrato, nei punti 42‑45 della decisione controversa, la ragione per cui essa ha effettuato un esame generale ed astratto del regime in questione.

87      Alla luce di quanto sin qui esposto, la prima parte del presente motivo dev’essere respinta.

–       Sulla seconda e sulla terza parte del motivo, relative all’assenza di distorsioni della concorrenza ed alla mancata incidenza sugli scambi intracomunitari

88      Per quanto concerne il secondo e il quarto presupposto, menzionati nel punto 79 della presente motivazione, occorre ricordare che, nell’ambito della sua valutazione di tali due presupposti, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C‑148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I‑11137, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

89      Occorre parimenti ricordare che, nel caso di un programma di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del regime di cui trattasi per valutare, nella motivazione della sua decisione, se, in base alle modalità previste da tale programma, questo sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri (sentenza della Corte 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289).

90      Va peraltro ricordato che qualsiasi aiuto concesso ad un’impresa che eserciti le sue attività sul mercato comunitario è idoneo a causare distorsioni della concorrenza e ad incidere sugli scambi fra Stati membri (v. sentenza del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T‑92/00 e T‑103/00, Diputación Foral de Álava/Commissione, Racc. pag. II‑1385, punto 72, e giurisprudenza ivi citata).

91      Inoltre, non esiste un livello o una percentuale al di sotto dei quali si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano alterati. Infatti, l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori un’eventuale alterazione degli scambi tra Stati membri (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I‑959, punto 43; 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 42, e sentenza Altmark, citata nel precedente punto 79, punto 81).

92      La Corte ha sottolineato inoltre che non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica, concessa a un’impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d’origine, possa incidere nondimeno sugli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, quando uno Stato membro concede una sovvenzione pubblica a un’impresa, la fornitura di servizi di trasporto da parte della suddetta impresa può risultarne invariata o incrementata, con la conseguenza che le opportunità delle imprese aventi sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi di trasporto sul mercato di tale Stato membro ne risultano diminuite (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 79, punti 77 e 78).

93      Nel caso di specie, per quanto concerne, in primo luogo, il presupposto riguardante l’incidenza sulla concorrenza, occorre rilevare che, benché la ricorrente abbia indubbiamente sostenuto che le società ex lege n. 142/90 non operavano su mercati concorrenziali, riferendosi, in particolare, ai propri settori di attività, essa non ha fornito nessuna prova valida per suffragare l’affermazione secondo cui i settori economici dei servizi pubblici interessati non erano aperti alla concorrenza all’epoca dei fatti. A questo proposito, occorre ricordare che si tratta, nel caso di specie, di un regime di aiuti che comprendeva una molteplicità di settori e non di diversi regimi di aiuto vertenti ciascuno su un settore specifico.

94      La circostanza che il regime di aiuti in questione si applichi unicamente alle società ex lege n. 142/90, a prescindere dalle loro attività, e il fatto che le dette imprese operino effettivamente in diversi settori dell’economia, come già rilevato nei punti 81‑83 della presente motivazione, basta a far concludere che il provvedimento in questione può influire sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri.

95      A questo proposito, occorre osservare che, come indicato dalla Commissione nei punti 73 e 84 della decisione controversa, alcuni dei settori interessati, quali quelli dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti, del gas, dell’elettricità e dell’acqua, erano contrassegnati da un certo grado di concorrenza all’epoca dell’entrata in vigore della misura in questione.

96      Inoltre, le attività delle società ex lege n. 142/90 non sono limitate al settore dei servizi pubblici locali. Di conseguenza, il provvedimento in questione può agevolare l’espansione delle dette società su altri mercati aperti alla concorrenza, producendo così effetti distorsivi persino in settori diversi dai servizi pubblici locali. A questo proposito, dalla legge n. 142/90, nell’interpretazione datane nella sentenza della Corte suprema di cassazione 6 maggio 1995, n. 4989, e nella sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, si ricava che le società ex lege n. 142/90 hanno la facoltà di operare su aree diverse sia in Italia che all’estero e in ambiti diversi da quelli dei servizi pubblici previsti nei rispettivi statuti, a meno che ciò sottragga loro risorse e mezzi in misura rilevante e possa danneggiare l’ente locale di riferimento.

97      A questo proposito, occorre rilevare che lo statuto della ricorrente si pone sulla medesima linea. Infatti, dal detto statuto si ricava che la ricorrente può aprire sedi, rappresentanze, filiali e succursali in Italia e all’estero. Dal medesimo atto si ricava parimenti che l’oggetto della sua attività comprende un campo di azione esteso. Inoltre, è ivi previsto che la ricorrente può acquisire partecipazioni ed interessi in altre società od imprese, sia italiane che straniere, aventi un oggetto sociale analogo, affine o complementare.

98      Quanto poi all’argomento della ricorrente, secondo cui le norme in materia di concorrenza non ostano di per sé a che i profitti conseguiti mediante la fornitura di un servizio pubblico possano essere impiegati per ampliare un’attività su un mercato diverso, va rilevato che, se una società, la quale ha goduto di un aiuto di Stato e di conseguenza ha potuto incrementare i propri profitti, estende la sua attività su un altro mercato aperto alla concorrenza, è impossibile escludere un effetto certo sulla concorrenza medesima.

99      Infine, come già notato dalla Commissione, va rilevato che, nei settori di attività delle società ex lege n. 142/90, le imprese concorrono per aggiudicarsi le concessioni di servizi pubblici locali nei diversi comuni e che il mercato delle concessioni è un mercato aperto alla concorrenza (punti 67 e 68 della decisione controversa). Poco importa che la ricorrente abbia partecipato o meno a bandi di gara per l’attribuzione di servizi pubblici locali in altre zone geografiche durante il periodo di applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

100    L’argomento ricavato dalla mancanza di una concorrenza e pertanto di un’incidenza sugli scambi interstatali per il fatto che, in realtà, i servizi interessati sarebbero stati direttamente attribuiti alle società ex lege n. 142/90 dev’essere respinto. Da un lato, l’attribuzione diretta non inficia la constatazione effettuata nei punti precedenti, secondo la quale il mercato di cui trattasi era contrassegnato quanto meno da un certo grado di concorrenza. Dall’altro, l’argomento tenderebbe piuttosto a dimostrare gli effetti restrittivi del provvedimento in questione sulla concorrenza e non la mancanza di concorrenza sul mercato interessato. Infatti, come sottolinea la Commissione nel punto 71 della decisione controversa, non si può escludere che l’esistenza stessa dell’aiuto in favore delle società ex lege n. 142/90 abbia creato un incentivo per i comuni ad affidare loro direttamente i servizi anziché rilasciare concessioni mediante gare d’appalto.

101    Per quanto riguarda la questione della possibilità che il provvedimento di cui trattasi abbia falsato o rischiato di falsare il grado di concorrenza esistente sul mercato, va constatato che la misura di cui trattasi ha rafforzato la posizione concorrenziale delle società ex lege n. 142/90 rispetto a tutte le altre imprese italiane o straniere operanti sul mercato interessato. Come rileva giustamente la Commissione nel punto 62 della decisione controversa, le imprese la cui forma giuridica non sia quella di società per azioni, e il cui capitale non sia maggioritariamente detenuto da enti locali, si trovano in posizione svantaggiata qualora intendano gareggiare per l’aggiudicazione della fornitura di un determinato servizio in un certo territorio.

102    Da quanto sin qui esposto si evince che il provvedimento in questione altera o rischia di alterare la concorrenza ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

103    Per quanto concerne, in secondo luogo, il presupposto relativo all’incidenza sugli scambi interstatali, occorre ricordare anzitutto che la circostanza che le società ex lege n. 142/90 operino soltanto sul loro mercato nazionale o sul loro territorio di origine non è determinante. Infatti, gli scambi interstatali sono alterati dal provvedimento in questione quando le opportunità delle imprese con sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi sul mercato italiano si trovano ridotte (v. il precedente punto 92).

104    Pertanto, la Commissione ha constatato giustamente, nel punto 70 della decisione controversa, che il provvedimento in questione poteva creare un ostacolo alle imprese straniere che intendessero installarsi o vendere i loro servizi in Italia e quindi incideva sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

105    Infatti, da un lato, la misura in esame danneggia le imprese straniere partecipanti a gare per concessioni di servizi pubblici locali in Italia, dato che le imprese pubbliche beneficiarie del regime in oggetto possono concorrere a prezzi più competitivi rispetto ai loro concorrenti nazionali o comunitari, che non ne beneficiano. Dall’altro, la misura in questione rende meno attraente per le imprese di altri Stati membri l’investimento nel settore dei servizi pubblici locali in Italia (ad esempio, mediante acquisto di una partecipazione di maggioranza), poiché le aziende acquisite non potrebbero beneficiare (o potrebbero perdere) l’aiuto di cui trattasi, in conseguenza della natura dei nuovi azionisti (v. il punto 69 della decisione controversa).

106    Per quanto concerne il presunto difetto di motivazione della decisione controversa in merito a questi due presupposti, occorre ricordare che la Commissione ha spiegato sufficientemente, nei punti 62‑64, 69, 73 e 74 della decisione controversa, le ragioni per le quali essa aveva ritenuto che l’aiuto in questione fosse tale da falsare la concorrenza ed incidere sugli scambi tra Stati membri. Inoltre, come già è stato rilevato, la Commissione non è tenuta a dimostrare le effettive conseguenze degli aiuti già concessi (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punto 33).

107    Da quanto sin qui esposto si ricava che la qualificazione, nella decisione controversa, dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato non è viziata da errore e che, di conseguenza, vanno respinte la seconda e la terza parte del presente motivo.

108    Ne discende che il presente motivo dev’essere integralmente respinto.

 Sul secondo motivo, riferito ad una violazione dell’art. 88, n. 1, CE e dell’art. 253 CE, a causa della qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto nuovo

 Argomenti delle parti

109    La ricorrente fa valere, in subordine, che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è un aiuto esistente e che pertanto la Commissione, nella decisione controversa, ha violato l’art. 88, nn. 1 e 2, CE.

110    Essa sostiene che l’esenzione dall’imposta sui redditi è anteriore all’entrata in vigore del Trattato CE. Infatti, tale esenzione sarebbe già stata prevista per le aziende municipalizzate e speciali fin dall’inizio del secolo scorso e sarebbe stata prorogata a favore delle società ex lege n. 142/90 sotto forma di esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

111    A sostegno della sua tesi, la ricorrente cita la sentenza della Corte 9 agosto 1994, causa C‑44/93, Namur-Les assurances du crédit (Racc. pag. I‑3829, punto 33) e la sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T‑195/01 e T‑207/01, Government of Gibraltar/Commissione (Racc. pag. II‑2309), dalle quali emerge che la Commissione è tenuta ad esaminare gli aspetti nuovi di un regime di aiuti modificato. Ora, nella fattispecie, l’ambito di attività delle imprese incaricate della gestione di servizi pubblici non sarebbe cambiato. Infatti, secondo la ricorrente, la legge n. 142/90 mirava a permettere agli enti locali di organizzare i propri servizi locali attraverso una forma giuridica differente da quella delle aziende municipalizzate.

112    A parere della ricorrente, la motivazione della decisione controversa è illogica e contraddittoria. Infatti, da un lato, per fondare la legittimità dell’esenzione dalle tasse sui conferimenti, la Commissione ammetterebbe che le aziende municipalizzate e le società ex lege n. 142/90 costituiscano, sostanzialmente, una stessa entità economica mentre, dall’altro, essa considererebbe le società ex lege n. 142/90 come soggetti economicamente e sostanzialmente distinti dai comuni, ai fini della valutazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Nella decisione controversa, la Commissione avrebbe concluso che l’esenzione dall’imposta sui conferimenti non costituisce un aiuto di Stato. Orbene, giacché le condizioni per fruire di tale agevolazione erano identiche a quelle previste per l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, la Commissione avrebbe dovuto escludere che quest’ultima costituisca un aiuto di Stato.

113    Inoltre, l’art. 1, lett. b), v), del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), stabilirebbe che «qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione». Ciò significherebbe che, fino alla liberalizzazione dei settori considerati, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non può essere considerata un aiuto nuovo, poiché è stata introdotta in settori non aperti alla concorrenza.

114    Per tali motivi, la ricorrente fa altresì valere un vizio di motivazione.

115    L’interveniente condivide sostanzialmente la posizione e gli argomenti della ricorrente.

116    La Commissione critica questo argomento, facendo rinvio ai punti 86‑91 della decisione controversa. Essa aggiunge che la conclusione contenuta nella decisione controversa sarebbe confermata oggi dall’art. 4 del regolamento (CE) della Commissione 21 aprile 2004, n. 794, recante disposizioni di esecuzione del regolamento n. 659/1999 (GU L 140, pag. 1).

 Giudizio del Tribunale

117    Nel punto 13 della sua sentenza Namur-Les assurances du crédit, citata nel precedente punto 111, la Corte ha dichiarato che emerge sia dalla lettera sia dalla finalità delle disposizioni dell’art. 88 CE che devono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE gli aiuti che esistevano prima della data di entrata in vigore del Trattato CE e quelli cui sia stata regolarmente data esecuzione alle condizioni previste dall’art. 88, n. 3, CE, ivi compresi quelli risultanti dall’interpretazione data a tale articolo dalla Corte nella sentenza 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punti 4‑6), mentre devono considerarsi aiuti nuovi, soggetti all’obbligo di notifica previsto da quest’ultima disposizione, i provvedimenti diretti ad istituire o modificare aiuti, con la precisazione che le modifiche possono vertere vuoi su aiuti esistenti vuoi su progetti iniziali notificati alla Commissione.

118    Per quanto concerne gli aiuti esistenti, l’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 ha ripreso e sancito le norme fissate dalla giurisprudenza.

119    Ai sensi di questa disposizione, costituisce aiuto esistente:

i)       qualsiasi aiuto esistente nello Stato membro interessato prima dell’entrata in vigore del Trattato CE;

ii)       qualsiasi aiuto autorizzato, ossia i regimi di aiuto e gli aiuti individuali che siano stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;

iii)  qualsiasi aiuto che si possa considerare autorizzato in caso di mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione entro il termine di due mesi, in linea di principio decorrenti dal giorno successivo a quello del ricevimento della sua notificazione completa, e di cui la Commissione dispone al fine di effettuare un esame preliminare;

iv)       qualsiasi aiuto nei confronti del quale sia scaduto il termine di prescrizione decennale in materia di recupero;

v)       qualsiasi aiuto considerato esistente in quanto possa essere dimostrato che al momento della sua attuazione non costituiva aiuto, ma lo è diventato successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione.

120    Inoltre, ai sensi dell’art. 1, lett. c), del detto regolamento, qualsiasi modifica di un aiuto esistente dev’essere considerata come aiuto nuovo.

121    In sostanza, le misure dirette a istituire aiuti o a modificare aiuti esistenti costituiscono aiuti nuovi. In particolare, quando la modifica incide sul regime iniziale proprio a livello dei suoi contenuti, questo regime si trova trasformato in un nuovo regime di aiuti. Tuttavia, non può parlarsi di una siffatta modifica sostanziale qualora l’elemento nuovo sia chiaramente separabile dal regime iniziale (sentenza Government of Gibraltar, citata nel precedente punto 111, punti 109‑111).

122    Nel caso di specie, è pacifico che l’esenzione non rientra nella seconda, terza e quarta ipotesi previste dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, le quali consentono di considerare un provvedimento di aiuti come aiuto esistente. Per di più, queste ultime non sono state richiamate dalla ricorrente.

123    Per quanto riguarda la prima ipotesi prevista dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare anzitutto che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è stata istituita mediante il decreto legge n. 331/93 e mediante la legge n. 549/95. Nel 1990, quando la legge n. 142/90 ha varato una riforma degli strumenti giuridici organizzativi a disposizione dei comuni al fine di gestire i servizi pubblici locali, che comprendeva la facoltà di istituire società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, per queste società non è stata prevista nessuna esenzione dall’imposta sul reddito d’impresa.

124    Infatti, tutte le società ex lege n. 142/90 costituite tra il 1990 e l’entrata in vigore, il 30 agosto 1993, dell’art. 66 del decreto legge n. 331/93 erano soggette all’imposta sui redditi.

125    Di conseguenza, come giustamente sostenuto dalla Commissione nel punto 91 della decisione controversa, per estendere alle società ex lege n. 142/90 il regime fiscale applicabile agli enti locali, il legislatore italiano ha dovuto adottare una nuova legislazione vari decenni dopo l’entrata in vigore del Trattato CE.

126    Inoltre, anche ipotizzando che l’esenzione dalle imposte per le imprese municipalizzate sia stata introdotta prima dell’entrata in vigore del Trattato CE e che essa sia rimasta in vigore sino al 1995, resta pur vero che le società ex lege n. 142/90 si distinguono sostanzialmente dalle imprese municipalizzate. Ebbene, l’estensione delle agevolazioni fiscali esistenti per le imprese municipalizzate e speciali a una nuova categoria di beneficiari, quali le società ex lege n. 142/90, costituisce una modifica separabile dal regime iniziale. Infatti, come rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, esistono differenze giuridiche tra le società ex lege n. 142/90 e le imprese municipalizzate dovute al fatto che, in particolare, le prime non sono soggette alla rigorosa limitazione territoriale imposta alle seconde e che la sfera d’attività delle prime è molto più estesa. Infatti, come già sottolineato nel precedente punto 96, le società ex lege n. 142/90 hanno la facoltà di operare al di fuori del territorio di riferimento, sia in Italia che all’estero, e in ambiti diversi da quello del servizio pubblico previsto dal loro statuto, a meno che ciò sottragga risorse e mezzi in misura rilevante e tale da recar danno all’ente locale di riferimento.

127    Di conseguenza, anche se le società ex lege n. 142/90 sono subentrate nei diritti e nei doveri alle imprese municipalizzate, la normativa che stabilisce la loro sfera di attività materiale e geografica è mutata a livello sostanziale.

128    Di conseguenza, è giocoforza concludere che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, istituita dal combinato disposto degli artt. 3, n. 70, della legge n. 549/95, e 66, comma 14, del decreto legge n. 331/93 non rientra nella sfera dell’art. 1, lett. b), i), del regolamento n. 659/1999.

129    Per quanto riguarda la seconda tesi della ricorrente, basata sull’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare che questa disposizione può applicarsi solo a misure che non costituivano aiuti all’atto della loro introduzione. A questo riguardo, basti constatare che il provvedimento in questione è stato introdotto in un momento in cui i mercati erano comunque aperti alla concorrenza, anche se assai verosimilmente a diversi livelli. Di conseguenza, occorre giudicare che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non ricade nell’ambito dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999.

130    Per questo motivo, non si può concludere nel senso dell’esistenza di un vizio di motivazione. La circostanza che esistesse un certo grado di concorrenza nel settore di operatività delle società ex lege n. 142/90 era la ragione per la quale la Commissione ha respinto l’argomento, in base al quale la misura in questione doveva considerarsi come aiuto esistente (punti 82‑85 della decisione controversa).

131    Infine, in merito alla presunta contraddizione tra, da un lato, l’analisi dell’esenzione dalla tassa sui conferimenti, alla luce della quale le aziende municipalizzate e le società ex lege n. 142/90 costituirebbero sostanzialmente una medesima entità economica, e, dall’altro, l’esame dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, basata sul fatto che questi due tipi di società costituiscono entità economicamente e sostanzialmente distinte, occorre osservare che la Commissione, nella decisione controversa, basandosi sull’informazione fornita dal governo italiano, ha rilevato che la prima esenzione poteva considerarsi giustificata dalla natura e dall’economia generale del sistema in questione. Senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza di tale valutazione, occorre rilevare che la circostanza che la Commissione abbia commesso eventualmente un errore per quanto riguarda l’esenzione dalla tassa sui conferimenti non implica che occorra annullare una parte diversa della decisione controversa.

132    Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre giudicare che il provvedimento in questione non costituisce un aiuto esistente. Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, relativo ad una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e dell’art. 253 CE

 Argomenti delle parti

133    La ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore, avendo escluso che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa potesse costituire un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE.

134    Essa deduce che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa avrebbe permesso la ristrutturazione delle aziende municipalizzate e il passaggio ad un mercato concorrenziale. La Commissione avrebbe dovuto applicare pertanto il medesimo ragionamento da essa seguito nella sua decisione 10 novembre 1999, concernente talune norme transitorie per l’abolizione dell’esenzione dall’imposta sulle società per le imprese di trasporto municipali (GU C 379, pag. 11), e nella sua decisione 22 dicembre 1999, 2000/410/CE, relativa all’aiuto di Stato al quale la Francia intende dare esecuzione in favore del settore portuale francese (GU 2000, L 155, pag. 52). Infatti, in queste due decisioni l’applicazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE a provvedimenti statali avrebbe mirato unicamente a garantire la transizione da un regime di monopolio ad un regime liberalizzato, mediante un processo di privatizzazione delle compagini azionarie delle società interessate.

135    La ricorrente argomenta che, senza l’adozione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, i comuni non avrebbero mai realizzato la trasformazione delle aziende municipalizzate in società ex lege n. 142/90. Peraltro, grazie a questo provvedimento sarebbe stata assicurata la trasparenza delle relazioni finanziarie tra le autorità pubbliche e le società ex lege n. 142/90 e sarebbe stato previsto un periodo transitorio al fine di consentire la ristrutturazione delle imprese, senza peraltro mettere in pericolo la continuità del servizio pubblico. Inoltre, le imprese coinvolte avrebbero subito pesanti limitazioni per quanto concerne il loro territorio e i loro ambiti operativi. Di conseguenza, data la restrizione degli ambiti operativi delle società ex lege n. 142/90, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sarebbe stata giustificata.

136    Quanto alla sua posizione personale, la ricorrente sostiene che, dopo la sua privatizzazione nel 1998, essa ha effettuato una riorganizzazione e una ristrutturazione fondamentali dei suoi impianti, che avrebbero prodotto benefici a tutto vantaggio del comune di Milano.

137    L’interveniente condivide sostanzialmente la posizione e gli argomenti della ricorrente.

138    La Commissione, facendo riferimento ai punti 97 e segg. della decisione controversa, nega la fondatezza del presente motivo.

 Giudizio del Tribunale

139    Occorre anzitutto ricordare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nella materia disciplinata dall’art. 87, n. 3, CE (sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901, punto 18). Il controllo operato dal giudice comunitario deve limitarsi pertanto alla verifica del rispetto delle norme di procedura e dell’obbligo di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di errori manifesti di valutazione nonché di uno sviamento di potere.

140    Nel caso di specie, per quanto concerne anzitutto la motivazione, dalla decisione controversa si ricava che la Commissione ha verificato, in base all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, se l’aiuto potesse essere giudicato compatibile con il mercato comune, in primo luogo, alla luce dei pertinenti orientamenti e, in secondo luogo, indipendentemente dai medesimi. A questo proposito, essa ha illustrato le ragioni per le quali era giunta ad una conclusione negativa (punti 97 e segg. della decisione controversa).

141    Inoltre, si ricava chiaramente dal fascicolo che non sussistevano i requisiti che consentissero all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa di godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE. L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non mirava a ripristinare la redditività dei beneficiari e non era riservata ad imprese in difficoltà. Anche ipotizzando che ciò sia accaduto, non erano stati previsti né piani di ristrutturazione né misure destinate a compensare le distorsioni della concorrenza inerenti alla concessione degli aiuti in questione. Ebbene, secondo la giurisprudenza, per essere dichiarati compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, gli aiuti ad imprese in difficoltà devono essere connessi a un piano di ristrutturazione coerente, che va presentato alla Commissione corredato di tutte le necessarie precisazioni (sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 45).

142    Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il provvedimento in questione avrebbe agevolato il passaggio da un’economia di mercato monopolistica ad una di tipo concorrenziale, occorre rilevare che la ricorrente non dimostra in che modo il provvedimento in questione avrebbe comportato un’intensificazione della concorrenza. Infatti, come già rilevato, i mercati interessati erano già contrassegnati da un certo grado di concorrenza e, di conseguenza, il provvedimento di cui trattasi poteva falsare la medesima.

143    Per quanto concerne la presunta contraddizione con altre decisioni della Commissione che hanno autorizzato un sistema transitorio, occorre rilevare che dalle due decisioni cui fa riferimento la ricorrente si evince che queste ultime non sono paragonabili. Per quanto riguarda la decisione 10 novembre 1999, come giustamente sottolineato dalla Commissione, i beneficiari dell’esenzione fiscale nel detto caso erano stati colpiti da un divieto di partecipazione a gare d’appalto al di fuori del loro territorio di riferimento sino all’apertura dei rispettivi mercati domestici. Per quanto concerne la decisione 2000/410, la concessione degli aiuti oggetto di tale vicenda era soggetta alla realizzazione di investimenti finalizzati al trasferimento ed alla sostituzione di installazioni esistenti.

144    Di conseguenza, il terzo motivo va respinto.

 Sul quarto motivo, attinente ad una violazione del divieto di discriminazione e del principio della libertà di stabilimento, nonché ad un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

145    La ricorrente nega la violazione del divieto di discriminazione e del principio della libertà di stabilimento, eccepita dalla Commissione nella decisione controversa, e rileva altresì un difetto di motivazione al riguardo.

146    La ricorrente ricorda anzitutto che occorre distinguere il divieto di discriminazione, di carattere generale, dal principio della libertà di stabilimento, che ha invece carattere particolare. Secondo la ricorrente, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non comporta una loro violazione.

147    La ricorrente esclude che tanto le imprese di altri Stati membri quanto le stesse imprese italiane non risultanti dalla trasformazione di un’azienda municipalizzata in società ex lege n. 142/90 soddisfino le condizioni necessarie per beneficiare dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Pertanto, tali condizioni non sarebbero state applicate in maniera discriminatoria per favorire le imprese italiane.

148    La possibilità di beneficiare dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non dipenderebbe né dalla cittadinanza dell’impresa, né dalla natura dei suoi azionisti poiché, come la stessa Commissione afferma nel punto 121 della decisione controversa, la concessione, ad un’impresa, del beneficio dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa dipende unicamente dalla sua forma giuridica (ossia, un ex ente pubblico trasformato in società per azioni) e dal suo azionariato (maggioranza detenuta dall’autorità pubblica). Per tale ragione, la ricorrente sostiene inoltre che la decisione controversa è contraddittoria.

149    Del resto, il fatto che alle società ex lege n. 142/90 sia stata affidata la gestione diretta e in esclusiva dei servizi pubblici locali sul territorio del loro comune di riferimento avrebbe escluso la possibilità per qualsiasi altra impresa, italiana o di un altro Stato membro, di intervenire sul mercato di tali servizi.

150    Inoltre, secondo la ricorrente, le imprese di altri Stati membri con una partecipazione minoritaria in una società ex lege n. 142/90 potevano godere indirettamente dei vantaggi legati all’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

151    Il divieto di discriminazione esigerebbe anche che situazioni diverse non siano trattate nella stessa maniera. Pertanto, poiché la situazione delle società ex lege n. 142/90, a causa dei limiti dell’ambito operativo di queste ultime, non era uguale a quella delle società «normali», l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa sarebbe giustificata.

152    L’interveniente condivide, in sostanza, la posizione della ricorrente.

153    La Commissione ritiene infondato il presente motivo. A questo riguardo, essa ricorda che, secondo una giurisprudenza costante, se un aiuto di Stato infrange disposizioni del Trattato CE diverse dall’art. 87 CE, esso non può essere dichiarato compatibile con il mercato comune.

 Giudizio del Tribunale

154    Occorre ricordare, anzitutto, che il primo e il terzo motivo sono stati respinti in quanto l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa costituisce un aiuto e non sono soddisfatti i presupposti per poter godere della deroga ex art. 87, n. 3, CE. Di conseguenza, la dichiarazione di incompatibilità dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa con il mercato comune per violazione del divieto di discriminazione e del principio della libertà di stabilimento riguarda un motivo dedotto in subordine nella decisione controversa. Di conseguenza, il quarto motivo è ininfluente.

155    Pertanto, il quarto motivo va respinto.

 Sul quinto motivo, attinente all’illegittimità dell’ordine di recupero

 Argomenti delle parti

156    La ricorrente fa valere che l’ordine di recupero viola il Trattato CE e le norme giuridiche relative alla sua applicazione. Secondo la ricorrente, nella decisione controversa la Commissione ordina alla Repubblica italiana, in maniera incondizionata e generale, di recuperare tutte le agevolazioni di cui avrebbero beneficiato tutte le società ex lege n. 142/90, sebbene la Commissione abbia ammesso che determinati aiuti possano risultare compatibili con il Trattato CE, senza tuttavia averli individuati. Infatti, nella decisione controversa, la Commissione avrebbe ritenuto possibile che ad alcuni casi particolari sia applicabile il criterio de minimis o che certi casi siano considerati aiuti esistenti in funzione della situazione del beneficiario ovvero siano compatibili con il mercato comune per ragioni attinenti al caso specifico.

157    La decisione controversa sarebbe pertanto viziata da illegittimità sotto un duplice aspetto: da un lato, perché ordina il recupero di aiuti eventualmente compatibili con il Trattato CE e, dall’altro, perché obbliga la Repubblica italiana a stabilire quali misure concrete costituiscano aiuti. La collaborazione che la Commissione è tenuta a prestare non sarebbe in grado di ovviare alle incertezze della presente procedura di recupero.

158    L’interveniente condivide la posizione della ricorrente.

159    La Commissione respinge la tesi della ricorrente secondo cui la valutazione in astratto di un regime di aiuti, senza un esame dettagliato dei casi individuali cui esso si applica, non può dar luogo ad un ordine di recupero.

 Giudizio del Tribunale

160    Come già ricordato nel precedente punto 89, per giurisprudenza consolidata la Commissione, nel caso di un regime di aiuti, può limitarsi a studiarne le caratteristiche.

161    Dalla giurisprudenza si evince anche che una decisione contenente un giudizio negativo su un regime di aiuti non deve contenere un’analisi degli aiuti concessi in casi individuali sulla base di tale regime. È solo a livello del recupero degli aiuti che si renderà necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata (sentenza 7 marzo 2002, Italia/Commissione, citata nel precedente punto 89, punto 91).

162    Va poi ricordato che, in base a una giurisprudenza costante, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero, nonché l’eventuale versamento dei relativi interessi, è la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune (sentenze Tubemeuse, citata nel precedente punto 91, punto 66; 14 gennaio 1997, causa C‑169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑135, punto 47, e 29 giugno 2004, causa C‑110/02, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑6333, punto 41).

163    A questo proposito occorre rilevare anche che questa giurisprudenza si applica sia a un aiuto individuale, sia ad aiuti versati in applicazione di un regime di aiuti.

164    Tuttavia, l’analisi generale ed astratta di un regime di aiuti non esclude che, in un caso individuale, l’importo concesso in base al detto regime sfugga al divieto previsto dall’art. 87, n. 1, CE, per esempio a causa del fatto che la concessione individuale di un aiuto ricade nelle norme de minimis. Questa considerazione spiega le riserve formulate nei punti 72, 85 e 126 della decisione controversa.

165    Indubbiamente, il ruolo delle autorità nazionali si limita, quando la Commissione adotta una decisione che dichiara un aiuto incompatibile con il mercato comune, a dare esecuzione a questa decisione e le medesime non dispongono, a tale riguardo, di nessuna discrezionalità (sentenza della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinicke & Weinlig, Racc. pag. 595, punto 10). Ciò non impedisce alle autorità nazionali, in sede di esecuzione della detta decisione, di tener conto delle menzionate riserve. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione ordina soltanto il recupero degli aiuti ai sensi dell’art. 87 CE e non degli importi che, benché versati a titolo del regime in questione, non costituiscano aiuti o costituiscano aiuti esistenti o compatibili con il mercato comune, in forza di un regolamento di esenzione per categoria o delle norme de minimis o ancora di un’altra decisione della Commissione.

166    Quanto poi alla presunta illegittimità della decisione controversa derivante dal fatto che la Repubblica italiana sarebbe obbligata a determinare quali provvedimenti concreti costituiscano aiuti, occorre rilevare che la nozione di aiuto presenta carattere giuridico e dev’essere interpretata in base ad elementi oggettivi. A questo proposito, l’autorità competente non dispone di alcuna discrezionalità in sede di applicazione dell’art. 87, n. 1, CE. Per di più, il giudice nazionale è competente ad interpretare le nozioni di aiuto e di aiuto esistente e potrà pronunciarsi sulle eventuali peculiarità di questo o quell’altro caso di applicazione concreta, proponendo eventualmente una questione pregiudiziale alla Corte.

167    Per di più, accogliere la tesi della ricorrente, secondo cui la valutazione in astratto di un regime di aiuti, senza un esame dettagliato dei casi individuali cui esso si applica, non può dar luogo ad un ordine di recupero, equivarrebbe ad eliminare sistematicamente la possibilità di recuperare gli aiuti indebitamente versati e quindi svuoterebbe di significato gli artt. 87 CE e 88 CE. In un’ipotesi del genere, la Commissione, unica autorità competente a valutare la compatibilità degli aiuti con il mercato comune, si troverebbe nell’impossibilità di esaminare l’infinita quantità di casi cui si applicano i regimi di aiuto.

168    Da quanto sin qui esposto discende che il quinto motivo dev’essere respinto.

169    Alla luce di tutte le considerazioni sin qui esposte, occorre respingere il ricorso.

 Sulle spese

170    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

171    In osservanza dell’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, l’interveniente sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La AEM SpA è condannata a sopportare le proprie spese, nonché quelle della Commissione.

3)      La ASM Brescia SpA sopporterà le proprie spese.

Martins Ribeiro

Šváby

Papasavvas

Wahl

 

       Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2009.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.