Language of document : ECLI:EU:T:2021:638

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

29 settembre 2021 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Coordinamento dei prezzi in tutto il SEE – Pratica concordata – Scambi di informazioni commerciali sensibili – Competenza territoriale della Commissione – Diritti della difesa e diritto di essere ascoltato – Intangibilità dell’atto – Infrazione unica e continuata – Restrizione della concorrenza per oggetto – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Valore delle vendite – Obbligo di motivazione – Proporzionalità – Parità di trattamento – Gravità dell’infrazione – Circostanze attenuanti – Punto 37 degli orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑363/18,

Nippon Chemi-Con Corporation, con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata da H.-J. Niemeyer, M. Röhrig, I.-L. Stoicescu e P. Neideck, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Cleenewerck de Crayencour, B. Ernst, T. Franchoo, C. Sjödin e L. Wildpanner, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta, in via principale, all’annullamento della decisione C(2018) 1768 final della Commissione, del 21 marzo 2018, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.40136 – Condensatori), nella parte riguardante la ricorrente e, in subordine, all’annullamento dell’ammenda che le è stata inflitta con tale decisione o alla riduzione del suo importo,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, D. Gratsias, M. Kancheva, B. Berke e T. Perišin, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 ottobre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

I.      Fatti

A.      Ricorrente e settore interessato

1        La ricorrente, la Nippon Chemi-Con Corporation, è una società con sede in Giappone che produce e vende condensatori elettrolitici all’alluminio. Essa ha altresì prodotto condensatori elettrolitici al tantalio fino a marzo 2005 e ne ha venduti fino a gennaio 2011, con vendite dirette, fatturate nello Spazio economico europeo (SEE), fino al febbraio 2005. La ricorrente possiede il 100% delle quote della Europe Chemi-Con (Deutschland) GmbH, una società di diritto tedesco, nonché il 100% delle quote della United Chemi-Con, una società di diritto statunitense (in prosieguo, rispettivamente: la «Europe Chemi-Con» e la «United Chemi-Con» e, congiuntamente con la ricorrente, il «gruppo Nippon Chemi-Con»).

2        L’infrazione di cui trattasi riguarda i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio. I condensatori sono componenti elettrici che immagazzinano energia elettrostaticamente in un campo elettrico. I condensatori elettrolitici sono utilizzati in quasi tutti i prodotti elettronici, come personal computer, tablet, telefoni, climatizzatori, frigoriferi, lavatrici, prodotti automobilistici e apparecchi industriali. La clientela è quindi molto diversificata. I condensatori elettrolitici, e più specificamente quelli all’alluminio e al tantalio, sono prodotti per i quali il prezzo è un importante parametro competitivo.

B.      Procedimento amministrativo

3        Il 4 ottobre 2013, la Panasonic e le sue società figlie hanno presentato alla Commissione europea una domanda di attribuzione di un numero d’ordine (il cosiddetto marker), ai sensi dei punti 14 e 15 della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2006»), fornendo informazioni sull’esistenza di una presunta infrazione nel settore dei condensatori elettrolitici.

4        Il 28 marzo 2014, la Commissione, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ha chiesto informazioni a diverse imprese operanti nel settore dei condensatori elettrolitici, tra cui la ricorrente.

5        Dal 3 al 6 marzo 2015, la Commissione ha effettuato ispezioni ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento n. 1/2003 nei locali della Europe Chemi-Con.

6        Il 4 novembre 2015, la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti che ha indirizzato, segnatamente, alla ricorrente.

7        Tra il 12 novembre e il 17 dicembre 2015, i destinatari della comunicazione degli addebiti hanno avuto accesso alla maggior parte del fascicolo mediante un «DVD di accesso al fascicolo».

8        A seguito di domande di accesso, presentate da diversi destinatari della comunicazione degli addebiti, relative ai nomi dei clienti oscurati nella comunicazione degli addebiti del 4 novembre 2015, la Commissione ha messo a disposizione due nuovi DVD contenenti i nomi dei clienti prima occultati, di cui la ricorrente ha avuto conoscenza il 7 marzo e il 27 aprile 2016.

9        Il 4 maggio 2016, la Commissione ha inviato una lettera di esposizione dei fatti relativa a taluni elementi della comunicazione degli addebiti ai destinatari di quest’ultima (in prosieguo: la «lettera di esposizione dei fatti»), alla quale era allegata una nuova versione non oscurata della comunicazione degli addebiti del 4 novembre 2015 e del suo allegato 1, e ha impartito loro un termine di due settimane per rispondere, prorogato fino al 20 maggio 2016.

10      Il 20 maggio 2016, la ricorrente ha presentato una risposta alla comunicazione degli addebiti nonché alla lettera di esposizione dei fatti.

11      I destinatari della comunicazione degli addebiti, tra cui la ricorrente, sono stati ascoltati dalla Commissione nell’audizione tenutasi dal 12 al 14 settembre 2016.

C.      Decisione impugnata

12      Il 21 marzo 2018, la Commissione ha adottato la decisione C(2018) 1768 final, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.40136 – Condensatori) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

1.      Infrazione

13      Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE nel settore dei condensatori elettrolitici, cui hanno partecipato nove imprese o gruppi di imprese, vale a dire Elna, Hitachi AIC, Holy Stone, Matsuo, NEC Tokin, Nichicon, Rubycon, Sanyo (riferendosi a Sanyo e Panasonic insieme) e la ricorrente (in prosieguo, congiuntamente: i «partecipanti al cartello») (punto 1 e articolo 1 della decisione impugnata).

14      La Commissione ha rilevato, in sostanza, che l’infrazione in questione aveva avuto luogo tra il 26 giugno 1998 e il 23 aprile 2012, nell’intero territorio del SEE, ed era consistita in accordi e/o pratiche concordate che avevano come oggetto il coordinamento delle politiche dei prezzi per quanto riguarda la fornitura di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio (punto 1 della decisione impugnata).

15      Il cartello era essenzialmente organizzato mediante riunioni multilaterali, che si tenevano generalmente in Giappone ogni mese o ogni due mesi al livello superiore della direzione vendite, e ogni sei mesi a livello di dirigenti, compresi i presidenti (punti 63, 68 e 738 della decisione impugnata).

16      Le riunioni multilaterali sono state inizialmente organizzate, tra il 1998 e il 2003, con il nome di «circolo del(i) condensatore(i) elettrolitico(i)» o di «conferenza dei condensatori elettrolitici» (in prosieguo: le «riunioni ECC»). Esse sono state successivamente organizzate, tra il 2003 e il 2005, con il nome di «conferenza alluminio-tantalio» o di «gruppo dei condensatori all’alluminio o al tantalio» (in prosieguo: le «riunioni ATC»). Infine, esse sono state organizzate, tra il 2005 e il 2012, con il nome di «gruppo ricerca di mercato» o di «gruppo marketing» (in prosieguo: le «riunioni MK»). Parallelamente alle riunioni MK, e come complemento ad esse, tra il 2006 e il 2008 sono state organizzate riunioni «aumento dei costi» o «aumento dei condensatori» (in prosieguo: le «riunioni CUP») (punto 69 della decisione impugnata).

17      Oltre a tali riunioni multilaterali, i partecipanti al cartello intrattenevano altresì, secondo le esigenze, contatti bilaterali e trilaterali ad hoc (punti 63, 75 e 739 della decisione impugnata) (in prosieguo, congiuntamente: i «contatti anticoncorrenziali»).

18      Nell’ambito dei contatti anticoncorrenziali, i partecipanti al cartello, in sostanza, si scambiavano informazioni sui prezzi e sui prezzi futuri praticati, sulle future riduzioni di prezzo e sulle forcelle di tali riduzioni, sull’offerta e sulla domanda, anche future, e, in alcuni casi, concludevano, attuavano e monitoravano accordi sui prezzi (punti 62, 715, 732 e 741 della decisione impugnata).

19      La Commissione ha ritenuto che il comportamento dei partecipanti al cartello costituisse una forma di accordo e/o di pratica concordata, che aveva un obiettivo comune, vale a dire evitare la concorrenza sui prezzi e coordinare il loro futuro comportamento in materia di vendita di condensatori elettrolitici, riducendo così l’incertezza sul mercato (punti 726 e 731 della decisione impugnata).

20      La Commissione ha concluso che questo comportamento aveva un oggetto anticoncorrenziale unico (punto 743 della decisione impugnata).

2.      Responsabilità della ricorrente

21      La Commissione ha affermato la responsabilità della ricorrente a causa della sua partecipazione diretta al cartello dal 26 giugno 1998 al 23 aprile 2012 [punto 959 e articolo 1, lettera g), della decisione impugnata].

3.      Ammenda inflitta alla ricorrente

22      Ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della decisione impugnata viene inflitta un’ammenda dell’importo di EUR 97 921 000 alla ricorrente.

4.      Calcolo dellimporto delle ammende

23      Nel calcolare l’importo delle ammende, la Commissione ha seguito la metodologia esposta negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») (punto 980 della decisione impugnata).

24      In primo luogo, per determinare l’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente, la Commissione ha preso in considerazione il valore delle vendite durante l’ultimo anno completo di partecipazione all’infrazione, conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006 (punto 989 della decisione impugnata).

25      La Commissione ha calcolato il valore delle vendite sulla base delle vendite di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio fatturate a clienti nel SEE (punto 990 della decisione impugnata).

26      Inoltre, la Commissione ha calcolato il valore rilevante delle vendite separatamente per le due categorie di prodotti, ossia i condensatori elettrolitici all’alluminio e i condensatori elettrolitici al tantalio, e ha applicato loro coefficienti moltiplicatori diversi a seconda della durata (punto 991 della decisione impugnata).

27      Per quanto riguarda la ricorrente, la Commissione, anzitutto, ha ritenuto che occorresse prendere in considerazione, come periodo di riferimento, da un lato, l’ultimo anno completo di partecipazione all’infrazione per quanto riguarda il valore delle vendite dei condensatori elettrolitici all’alluminio, ossia l’anno 2011-2012, e, dall’altro, l’ultimo anno completo nel corso del quale la ricorrente aveva venduto condensatori elettrolitici al tantalio, ossia l’anno 2003-2004, dato che aveva cessato di vendere questi ultimi prima della fine della sua partecipazione all’infrazione (punti 34, da 989 a 991 e 1007, tabella 1, nonché nota a piè di pagina 1657 della decisione impugnata).

28      La Commissione ha poi considerato che la ricorrente, tramite la Europe Chemi-Con e la United Chemi-Con, avesse fatturato vendite dirette di condensatori elettrolitici all’alluminio nel SEE per tutta la durata della sua partecipazione all’infrazione (punti 990 e 998 della decisione impugnata) e vendite dirette di condensatori elettrolitici al tantalio nel SEE fino al 1° febbraio 2005 (punti 34 e 1006 della decisione impugnata).

29      Infine, la Commissione ha adottato nei confronti della ricorrente un coefficiente moltiplicatore di 13,82 (corrispondente al periodo tra il 26 giugno 1998 e il 23 aprile 2012) per i condensatori elettrolitici all’alluminio, e di 5,26 (corrispondente al periodo tra il 29 ottobre 1999 e il 1° febbraio 2005) per i condensatori elettrolitici al tantalio (punto 1007, tabella 1, della decisione impugnata).

30      La Commissione ha fissato la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione per la gravità dell’infrazione al 16%. A questo proposito, essa ha ritenuto che gli «accordi» orizzontali di coordinamento dei prezzi rientrassero, per loro stessa natura, tra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE e che il cartello si estendesse all’intero territorio del SEE (punti da 1001 a 1003 della decisione impugnata).

31      La Commissione ha applicato un importo aggiuntivo del 16% ai sensi del punto 25 degli orientamenti del 2006 al fine di assicurarsi che l’ammenda inflitta fosse sufficientemente dissuasiva (punto 1009 della decisione impugnata).

32      La Commissione ha pertanto fissato in EUR 205 649 000 l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla ricorrente (punto 1010 della decisione impugnata).

33      In secondo luogo, per quanto riguarda gli adeguamenti dell’importo di base delle ammende, la Commissione ha ritenuto che non sussistente alcuna circostanza aggravante o attenuante rispetto alla ricorrente (punto 1054 della decisione impugnata).

34      In terzo luogo, la Commissione ha applicato il limite massimo del 10% del fatturato totale realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (punti 1057 e 1058 della decisione impugnata).

35      La Commissione ha pertanto fissato in EUR 97 921 000 l’importo totale dell’ammenda inflitta alla ricorrente (punto 1139, tabella 3, della decisione impugnata).

[omissis]

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

37      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 5 giugno 2018, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

38      Il 19 ottobre 2018 è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il controricorso della Commissione.

39      La replica e la controreplica sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 27 febbraio e il 5 giugno 2019.

40      Su proposta della Seconda Sezione del Tribunale, quest’ultimo ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

41      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la giudice relatrice è stata assegnata alla Nona Sezione ampliata, alla quale è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

42      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha posto alcuni quesiti scritti alle parti, invitandole a rispondervi in udienza.

43      All’udienza del 23 ottobre 2020, le parti hanno svolto le loro difese orali ed hanno risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale.

44      In seguito al decesso del giudice Berke, avvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici firmatari della presente sentenza hanno proseguito le deliberazioni, conformemente all’articolo 22 e all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

45      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata nella parte in cui ha constatato che essa aveva commesso un’infrazione all’articolo 101 TFUE;

–        in subordine, annullare l’ammenda che le è stata inflitta o, in ulteriore subordine, ridurne l’importo;

–        condannare la Commissione alle spese.

46      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

[omissis]

B.      Nel merito

56      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce sei motivi di ricorso a supporto tanto delle conclusioni presentate in via principale, dirette all’annullamento della decisione impugnata, quanto delle conclusioni presentate in via subordinata, dirette all’annullamento dell’ammenda che le è stata inflitta o alla riduzione del suo importo.

57      Con i primi cinque motivi di ricorso, la ricorrente contesta la conclusione della Commissione relativa all’esistenza di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE nel settore dei condensatori elettrolitici nell’intero territorio del SEE per un periodo di quasi quattordici anni. Il primo motivo di ricorso verte sulla violazione del diritto di essere ascoltato, dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dei diritti della difesa e del principio di intangibilità dell’atto. Il secondo motivo di ricorso verte sulla mancanza di prove dell’infrazione, su errori materiali di fatto e sulla prescrizione. Il terzo motivo di ricorso verte sull’assenza di un’infrazione unica e continuata. Il quarto motivo di ricorso verte sull’assenza di un’infrazione per oggetto. Il quinto motivo di ricorso verte sull’incompetenza territoriale della Commissione ad applicare nel caso di specie l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE.

58      Con il sesto motivo di ricorso, la ricorrente contesta l’ammenda che le è stata inflitta, chiedendo l’annullamento della stessa o la riduzione del suo importo. Tale motivo di ricorso verte su errori nel calcolo dell’importo dell’ammenda e sulla violazione degli orientamenti del 2006, nonché dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità.

[omissis]

1.      Sulle conclusioni dirette allannullamento della decisione impugnata

[omissis]

a)      Sul quinto motivo di ricorso, vertente sul difetto di competenza territoriale della Commissione

71      La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione ha erroneamente concluso, al punto 660 della decisione impugnata, di essere territorialmente competente ad applicare nel caso di specie l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE, ritenendo che il comportamento anticoncorrenziale fosse stato attuato su scala mondiale, compreso il SEE, mentre detto comportamento sarebbe stato incentrato sull’Asia e non sarebbe stato attuato, né avrebbe avuto effetti significativi, nel SEE.

72      La Commissione contesta tali argomenti.

73      Per quanto riguarda l’applicabilità territoriale dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, occorre ricordare che la norma dell’Unione in materia di concorrenza enunciata all’articolo 101 TFUE vieta gli accordi e le pratiche che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza «all’interno del mercato interno».

74      Occorre altresì rilevare che i presupposti per l’applicazione territoriale dell’articolo 101 TFUE risultano soddisfatti in due ipotesi.

75      In primo luogo, l’applicazione dell’articolo 101 TFUE è giustificata qualora le pratiche contemplate da quest’ultimo vengano attuate nel territorio del mercato interno, e ciò indipendentemente dal luogo di formazione delle pratiche stesse. Infatti, subordinare l’applicazione dei divieti posti dal diritto sulla concorrenza al luogo di formazione dell’intesa si risolverebbe chiaramente nel fornire alle imprese un facile mezzo per sottrarsi a detti divieti (sentenza del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 16).

76      Al fine di determinare se il luogo in cui il cartello viene posto in atto sia situato nel SEE, da un lato, è di scarsa rilevanza il fatto che i partecipanti a cartello si siano avvalsi o meno di società figlie stabilite nel SEE onde creare contatti tra essi e gli acquirenti che vi sono stabiliti (sentenza del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 17). Dall’altro lato, il criterio dell’attuazione di un’intesa come elemento di collegamento della stessa col territorio dell’Unione viene soddisfatto con la semplice vendita del prodotto oggetto del cartello all’interno dell’Unione, a prescindere dall’ubicazione delle fonti di approvvigionamento e degli impianti di produzione (v. sentenza del 9 settembre 2015, LG Electronics/Commissione, T‑91/13, non pubblicata, EU:T:2015:609, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

77      In secondo luogo, l’applicazione dell’articolo 101 TFUE è giustificata anche alla luce del diritto internazionale pubblico quando è prevedibile che le pratiche da esso contemplate producano effetti immediati e sostanziali nel mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 11).

78      Nel caso di specie, la Commissione ha concluso, al punto 660 della decisione impugnata, che essa era l’autorità competente ad applicare tanto l’articolo 101 TFUE quanto l’articolo 53 dell’accordo SEE sulla base dell’articolo 56 dell’accordo SEE, in quanto il comportamento riguardante il cartello era stato attuato su scala mondiale, compreso il SEE.

79      Al riguardo, la Commissione ha ritenuto che, anzitutto, benché i partecipanti al cartello fossero imprese con sede in Giappone e i contatti anticoncorrenziali avessero avuto luogo in Giappone, questi ultimi avessero una portata mondiale, in modo da includere il SEE, oppure riguardassero direttamente il SEE. In particolare, il collegamento con il SEE era giustificato dal fatto che i partecipanti al cartello, compresa la ricorrente, avevano realizzato vendite di condensatori elettrolitici nel SEE durante il periodo dell’infrazione. Inoltre, i partecipanti al cartello, da un lato, si scambiavano informazioni relative a clienti aventi sede nel SEE o a clienti che avevano stabilimenti di produzione nel SEE e, dall’altro lato, coordinavano la loro politica commerciale, in funzione, in particolare, delle fluttuazioni dei tassi di cambio delle valute, compreso l’euro, e dell’aumento del prezzo delle materie prime, senza restrizioni geografiche. Infine, le informazioni scambiate riguardavano tutte le vendite, fossero essere destinate al Giappone o all’estero, e tanto i clienti giapponesi quanto quelli stranieri (punti da 665 a 672 della decisione impugnata).

80      È certamente vero che la ricorrente, da un lato, contesta l’esistenza di un nesso tra taluni contatti anticoncorrenziali e il SEE, questione che sarà oggetto dell’analisi del Tribunale nell’ambito del secondo e del terzo motivo di ricorso, e, dall’altro lato, sostiene che esisteva un nesso limitato tra il cartello e il SEE, questione che sarà esaminata nell’ambito del secondo, del terzo e del sesto motivo di ricorso.

81      Tuttavia, la ricorrente non nega che i partecipanti al cartello, ivi compresa la stessa, abbiano realizzato, direttamente o indirettamente, vendite di condensatori elettrolitici su scala mondiale, anche in Europa, anche se la ricorrente afferma che le vendite in tale zona geografica erano molto limitate ed effettuate dalle sue società figlie.

82      Ne consegue che il criterio dell’attuazione del cartello quale elemento di collegamento dello stesso con il territorio dell’Unione è soddisfatto nel caso di specie e che l’infrazione oggetto della decisione impugnata rientra quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto di essere competente ai fini dell’applicazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE.

83      Il quinto motivo di ricorso deve pertanto essere respinto.

[omissis]

d)      Sul terzo motivo di ricorso, vertente sullassenza di uninfrazione unica e continuata

308    Con il suo terzo motivo di ricorso, la ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata riguardante tutti i condensatori elettrolitici per tutta la durata dell’asserita infrazione.

309    Tale motivo di ricorso si suddivide in tre parti. La prima parte verte sulla mancata dimostrazione di un piano d’insieme. La seconda parte verte sull’assenza di prova di un nesso di complementarità tra i contatti anticoncorrenziali. La terza parte verte sul fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto del carattere eterogeneo dell’industria dei condensatori, il quale renderebbe impossibile l’esistenza dell’infrazione contestata.

[omissis]

314    Nel caso di specie, la Commissione ha considerato che i vari contatti anticoncorrenziali descritti nella sezione 4.3.6 della decisione impugnata si inserissero in un piano globale avente uno scopo anticoncorrenziale unico. L’obiettivo perseguito dalle parti, che traspariva da tali scambi, era quello di evitare la concorrenza sui prezzi e di coordinare il loro futuro comportamento in materia di vendita di condensatori elettrolitici, riducendo così l’incertezza sul mercato (punti 730 e 731 della decisione impugnata).

315    Tale obiettivo anticoncorrenziale unico veniva perseguito attraverso discussioni sui prezzi, compresi i prezzi futuri, discussioni sull’offerta e sulla domanda, anche future (in particolare, sul volume di produzione o sull’aumento o sulla diminuzione delle spedizioni) e, in alcuni casi, sulla conclusione, sull’attuazione e sul monitoraggio di accordi sui prezzi (punti 62 e 715 della decisione impugnata).

316    La Commissione ha ritenuto che, sebbene il cartello si fosse evoluto con il tempo, l’obiettivo non fosse cambiato, dato che i 113 contatti anticoncorrenziali descritti nella decisione impugnata presentavano caratteristiche comuni per quanto riguarda i partecipanti, la natura e la portata materiale delle discussioni, che coincidevano. Infatti, le riunioni multilaterali, organizzate con diversi nomi (riunioni ECC dal 1998 al 2003, riunioni ATC dal 2003 al 2005, riunioni MK dal 2005 al 2012 e riunioni CUP dal 2006 al 2008), sono state seguite, in momenti diversi, dai nove partecipanti al cartello e riguardavano al contempo i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio. Parallelamente, secondo le esigenze, venivano intrattenuti contatti bilaterali e trilaterali riguardanti questioni specifiche. I medesimi soggetti, o i loro successori a seconda dei casi, erano coinvolti nei contatti anticoncorrenziali (punti da 70 a 75, 726, 732, 741 e 743 della decisione impugnata).

317    La Commissione ha concluso che l’infrazione era proseguita ininterrottamente nonostante l’evoluzione della realtà economica, le variazioni della struttura organizzativa di alcune delle imprese interessate e i cambiamenti intervenuti riguardo al personale coinvolto nel comportamento (punti 76, 729, 742 e 745 della decisione impugnata).

1)      Sulla prima parte del terzo motivo di ricorso, vertente sull’assenza di un piano d’insieme

318    La ricorrente afferma che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un piano d’insieme, in quanto, in sostanza, in primo luogo, la Commissione non avrebbe provato che ciascun contatto anticoncorrenziale avesse il medesimo obiettivo unico, mentre il fatto che le riunioni CUP avessero utilizzato un «meccanismo» diverso da quello delle altre riunioni dimostrerebbe la differenza di obiettivi tra i diversi contatti anticoncorrenziali. In secondo luogo, la descrizione del piano d’insieme, tanto nella comunicazione degli addebiti quanto nella decisione impugnata, sarebbe troppo vaga e imprecisa, mentre la nozione di piano d’insieme richiederebbe un riferimento a prodotti, a una zona geografica e a un meccanismo collusivo specifici. In terzo luogo, gli elementi di prova invocati dalla Commissione non dimostrerebbero che un obiettivo anticoncorrenziale unico sia stato perseguito per tutto il periodo dell’infrazione.

319    La Commissione contesta tali argomenti.

320    Nel caso di specie, occorre rilevare che gli elementi individuati dalla Commissione nella decisione impugnata e, in particolare, quelli ricordati ai precedenti punti da 314 a 317, relativi alle caratteristiche comuni dei contatti anticoncorrenziali, il cui fine ultimo era il coordinamento del comportamento in materia di prezzi, sono sufficienti, alla luce dei requisiti che discendono dalla giurisprudenza ricordata ai precedenti punti 150 e 151, 310 e 311, a dimostrare che essi avevano il medesimo oggetto e facevano parte di un piano complessivo diretto ad ottenere un obiettivo unico.

321    L’argomento della ricorrente non rimette in discussione tale conclusione.

322    In primo luogo, la Commissione non era tenuta a verificare se ciascuno dei diversi contatti anticoncorrenziali fosse destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza e contribuisse, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori, nell’ambito di un piano globale complessivo diretto ad ottenere un obiettivo unico. È l’insieme degli effetti anticoncorrenziali voluti dai partecipanti al cartello che costituisce il piano d’insieme quale previsto dalla giurisprudenza citata al precedente punto 313.

323    Inoltre, la ricorrente non deduce alcun elemento concreto che consenta di suggerire che taluni comportamenti avessero caratteristiche tali da indicare che essi non condividevano lo stesso oggetto anticoncorrenziale e, pertanto, che essi non si inserissero nel medesimo piano d’insieme.

324    A tale riguardo, la ricorrente a torto sostiene che le riunioni CUP avevano un obiettivo diverso, risultante dal fatto che tali riunioni utilizzavano un «meccanismo» differente da quello delle altre riunioni. È certamente vero che la Commissione ha constatato che i partecipanti alle riunioni CUP avevano concluso accordi sui prezzi e avevano stabilito un sistema di rendiconto delle azioni delle imprese ai fini del controllo della loro strategia per gli aumenti di prezzo (v. punto 72 della decisione impugnata). Tuttavia, come risulta dal precedente punto 315, tale «meccanismo» di sorveglianza o di controllo della strategia per gli aumenti di prezzo era solo uno dei mezzi per perseguire l’obiettivo ultimo del coordinamento dei comportamenti in materia di prezzi. Inoltre, la Commissione ha altresì constatato che tale «meccanismo» di controllo si inseriva in una strategia complessiva in base alla quale cui le imprese sorvegliavano il loro comportamento reciproco in maniera generale e, pertanto, anche al di fuori delle riunioni CUP (v. punto 716 della decisione impugnata).

325    Pertanto, sebbene, nell’ambito delle riunioni CUP, i partecipanti avessero portato avanti accordi in materia di prezzi e un sistema di controllo della strategia dei prezzi, mentre nell’ambito di altre riunioni si fossero scambiati informazioni sui prezzi o sull’offerta e sulla domanda, le riunioni CUP non possono essere intese come dirette a un obiettivo diverso da quello degli altri contatti anticoncorrenziali.

326    Da quanto precede risulta che occorre respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione non avrebbe dimostrato che i contatti anticoncorrenziali descritti nella decisione impugnata avevano un obiettivo unico, alla luce dell’obiettivo asseritamente diverso perseguito dalle riunioni CUP.

327    In secondo luogo, la ricorrente sostiene che la descrizione del piano d’insieme nella decisione impugnata sarebbe «troppo vaga e imprecisa» e costituirebbe «un mero riferimento generico a una distorsione della concorrenza sul mercato».

328    È certamente vero che, come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 312, la nozione di obiettivo unico non può essere determinata riferendosi in generale alla distorsione della concorrenza nel mercato interessato dall’infrazione.

329    Tuttavia, nel caso di specie, gli argomenti della ricorrente, vertenti sull’insufficiente descrizione del piano d’insieme nell’ambito della comunicazione degli addebiti, sono inconferenti. Infatti, l’atto che costituisce l’oggetto del presente ricorso è la decisione impugnata e non la comunicazione degli addebiti, che, del resto, è un atto a carattere puramente provvisorio. Benché la comunicazione degli addebiti debba enunciare tutti gli elementi essenziali sui quali si fonda la Commissione in tale fase del procedimento, questa indicazione può farsi in modo sommario e la decisione non deve necessariamente ricalcare l’elenco degli addebiti, dato che tale comunicazione costituisce un documento preparatorio le cui valutazioni di fatto e di diritto sono di natura puramente provvisoria (v. sentenza del 5 dicembre 2013, SNIA/Commissione, C‑448/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:801, punti 41 e 42 e giurisprudenza ivi citata).

330    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la descrizione del piano d’insieme non è «vaga» per quanto riguarda i prodotti, i meccanismi collusivi e i mercati interessati. Infatti, tutti questi elementi risultano chiaramente dalla descrizione contenuta nella decisione impugnata, come sintetizzata all’articolo 1 di tale decisione, secondo cui l’infrazione di cui trattasi si è svolta tra il 26 giugno 1998 e il 23 aprile 2012, nell’intero territorio del SEE, ed è consistita in accordi e/o pratiche concordate aventi ad oggetto il coordinamento delle politiche dei prezzi in relazione alla fornitura di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio (v. punto 14 supra).

331    Infine, occorre constatare che l’argomento della ricorrente a sostegno di una descrizione «vaga» del piano d’insieme è fondato in gran parte sui punti 767, 769 e 770 della decisione impugnata, che contengono la risposta della Commissione agli argomenti della ricorrente sviluppati nell’ambito della sua risposta alla comunicazione degli addebiti e alla lettera di esposizione dei fatti (v. punto 10 supra). Come affermato dalla Commissione, la ricorrente ignora i punti da 730 a 743 della decisione impugnata, che contengono i motivi per i quali la Commissione ha concluso che esisteva un piano d’insieme avente un obiettivo comune.

332    Orbene, dai citati punti da 730 a 743 della decisione impugnata, oltre che da altri punti ricordati ai precedenti punti da 314 a 316, risulta che, da un lato, la Commissione ha definito il piano d’insieme come consistente nell’evitare la concorrenza sui prezzi e nel coordinare il comportamento futuro dei partecipanti in materia di vendita di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio, riducendo così l’incertezza sul mercato. Dall’altro lato, la Commissione ha spiegato in che modo tale obiettivo comune era perseguito e le ragioni per le quali i contatti anticoncorrenziali descritti nella decisione impugnata costituivano un comportamento continuato nel perseguimento di un obiettivo economico unico, ai sensi della giurisprudenza richiamata al precedente punto 310.

333    In terzo luogo, la ricorrente sostiene che gli elementi di prova invocati dalla Commissione non dimostrerebbero che un obiettivo anticoncorrenziale unico sia stato perseguito per tutto il periodo dell’infrazione.

334    A tale riguardo, l’argomento della ricorrente secondo cui la Commissione invocherebbe unicamente elementi di prova relativi alle riunioni ECC e ATC senza precisare l’obiettivo sotteso alle altre riunioni è direttamente contraddetto dal tenore stesso della decisione impugnata. Infatti, l’argomento della ricorrente è fondato essenzialmente sul punto 733 della decisione impugnata, che non contiene un elenco esaustivo degli elementi che dimostrano l’obiettivo dei partecipanti, ma si limita a menzionare, a titolo di «esempio», taluni elementi tratti dalla sezione 4.3.6 della decisione impugnata.

335    Orbene, detta sezione 4.3.6 della decisione impugnata presenta una cronologia completa dei contatti anticoncorrenziali, con dettagli riguardanti ciascuna riunione multilaterale e ciascun contatto bilaterale o trilaterale, nonché un’indicazione, nelle note a piè di pagina, degli elementi di prova considerati dalla Commissione. Inoltre, i punti da 77 a 105 della decisione impugnata contengono una breve panoramica dei contatti anticoncorrenziali per quanto riguarda le date, i luoghi, i partecipanti e i temi trattati nei diversi gruppi di riunioni e contatti. Gli elementi di prova sui quali si è basata la Commissione figurano anche nelle note a piè di pagina relative a tali punti.

336    Alla luce di quanto precede, occorre altresì respingere l’argomento della ricorrente diretto a contestare l’esattezza delle dichiarazioni delle parti in occasione di talune riunioni ATC – in quanto tali dichiarazioni non figurerebbero nei verbali e non rifletterebbero un obiettivo più ampio – invocate dalla Commissione al punto 733 della decisione impugnata. Infatti, il ragionamento della ricorrente è fondato sull’erronea ipotesi secondo cui la Commissione avrebbe determinato l’obiettivo comune del cartello sulla sola base di dette dichiarazioni, mentre queste ultime sono indicate a titolo di esempio e la conclusione della Commissione su tale obiettivo comune è stata fondata su vari altri elementi. Pertanto, anche supponendo che l’argomento della ricorrente relativo all’esattezza delle dichiarazioni delle parti in occasione di talune riunioni ATC fosse fondato, esso non può rimettere in discussione la conclusione della Commissione relativa all’esistenza di un obiettivo comune di tutti i contatti anticoncorrenziali.

337    Infatti, come risulta dalla giurisprudenza richiamata ai precedenti punti 148 e 149, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento a ciascun elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocati dalla Commissione, valutato globalmente, risponda a tale requisito. Pertanto, gli indizi addotti dalla Commissione nella decisione impugnata al fine di provare l’esistenza di una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE da parte di un’impresa non devono essere valutati isolatamente, bensì nella loro globalità.

[omissis]

345    In ogni caso, l’assenza di un riferimento esplicito al SEE in occasione di talune riunioni non significa tuttavia che l’insieme dei contatti anticoncorrenziali, rilevati dalla Commissione nella decisione impugnata, non dimostri l’esistenza di un legame con il SEE. Nel caso di specie, da un lato, come risulta dal precedente punto 271, si deve constatare l’esistenza di un insieme di indizi concordanti sufficienti per desumere un nesso tra i contatti contestati, considerati nel loro insieme, e il SEE. Dall’altro lato, la Commissione ha considerato correttamente che i partecipanti al cartello, compresa la ricorrente, effettuassero vendite dirette di condensatori elettrolitici nel SEE. In tale contesto, per dimostrare un legame con il SEE, la Commissione non era tenuta a dimostrare che la ricorrente effettuasse vendite nel SEE a tutti i clienti interessati dai contatti anticoncorrenziali.

346    Da tutto quanto precede risulta che la Commissione ha correttamente concluso che esisteva un piano d’insieme.

347    Occorre dunque respingere la prima parte del terzo motivo di ricorso.

[omissis]

3)      Sulla terza parte del terzo motivo di ricorso, vertente sul carattere eterogeneo dell’industria dei condensatori

388    La ricorrente sostiene che il carattere eterogeneo dell’industria dei condensatori renderebbe impossibile una collusione riguardante tutti i condensatori elettrolitici. La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata riguardante tutti i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio in generale. Infatti, i condensatori sarebbero prodotti molto diversificati, che si distinguerebbero per una molteplicità di caratteristiche e per i quali, tenuto conto del loro modello di approvvigionamento dominante, non esisterebbe un prezzo di mercato uniforme. Di conseguenza, l’infrazione di cui trattasi non avrebbe potuto riguardare la totalità delle vendite di condensatori elettrolitici verso il SEE. Infatti, le due distinte categorie di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio coprirebbero un’ampia varietà di tipi di prodotti, per quanto riguarda in particolare il loro prezzo e la zona geografica interessata. Gli scambi di informazioni generali, intervenuti in occasione dei contatti anticoncorrenziali, sarebbero insufficienti per ridurre l’incertezza sul mercato e facilitare un coordinamento dei prezzi tra i concorrenti, tanto più che non tutti i tipi di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio sarebbero stati oggetto degli scambi suddetti.

389    La Commissione contesta tali argomenti.

390    In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente effettua una lettura erronea della decisione impugnata, quando sostiene che la Commissione ha ritenuto che esistesse un’infrazione unica e continuata che, considerata nel suo insieme, avrebbe riguardato tutti i tipi di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio.

391    Infatti, quanto risulta dalla decisione impugnata, e in particolare dal punto 736, è che la Commissione ha constatato, dopo aver esaminato tutte le riunioni e i relativi elementi di prova, che tutti i contatti anticoncorrenziali riguardavano i condensatori elettrolitici all’alluminio o al tantalio, in generale, se non addirittura entrambi.

392    A tale riguardo, si deve ricordare che la Commissione non è tenuta a definire il mercato rilevante sulla base di criteri economici. Sono gli stessi membri del cartello a determinare i prodotti oggetto delle loro discussioni e delle loro pratiche concordate (v., in tal senso, sentenza del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata, EU:T:2005:220, punto 90).

393    Inoltre, i prodotti oggetti di un cartello sono determinati in riferimento a prove documentali di un effettivo comportamento anticoncorrenziale in relazione a prodotti specifici (v., in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2003, Adriatica di Navigazione/Commissione, T‑61/99, EU:T:2003:335, punto 27).

394    Occorre altresì sottolineare che la Commissione non può, al riguardo, basarsi su una presunzione che non è suffragata da alcun elemento di prova (v., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2019, ABB/Commissione, C‑593/18 P, EU:C:2019:1027, punti 44 e 45).

395    Tuttavia, nel caso di specie, in primo luogo, la Commissione ha indicato, nella decisione impugnata, che dall’insieme dei contatti anticoncorrenziali, e, in particolare, dalle riunioni del 29 agosto 2002, del 22 dicembre 2006, del 25 giugno 2008 e del 20 dicembre 2010, citate a titolo di esempio, risultava che le informazioni scambiate non si limitavano a taluni sottotipi di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio, ma riguardavano i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio in generale (v. punto 796 della decisione impugnata).

396    In secondo luogo, le informazioni scambiate vertevano anche su considerazioni specifiche, ma pertinenti ai fini della determinazione del prezzo di vendita dei prodotti, quali l’aumento del costo delle materie prime e la fluttuazione dei tassi di cambio, che non si limitavano a taluni sottotipi di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio (v., segnatamente, punto 796 e note a piè di pagina 1417 e 1418 della decisione impugnata).

397    In terzo luogo, i partecipanti al cartello non avevano introdotto, nelle loro dichiarazioni aziendali, alcuna limitazione quanto alla definizione dei prodotti coperti dal cartello (v. punto 797 della decisione impugnata).

398    In quarto luogo, la maggior parte dei rappresentanti dei partecipanti al cartello erano responsabili della fabbricazione e/o della vendita di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio e non di una gamma di condensatori specifici (v. punto 798 della decisione impugnata).

399    In tali circostanze, e alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 151 e da 392 a 394 supra, non si può addebitare alla Commissione di aver ritenuto che, considerate nel loro insieme, le informazioni scambiate in occasione dei contatti anticoncorrenziali riguardassero tutti i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio e, pertanto, che l’infrazione unica e continuata riguardasse l’insieme di tali prodotti.

400    Ne consegue che occorre respingere la terza parte del terzo motivo di ricorso e, pertanto, il terzo motivo di ricorso nella sua interezza.

[omissis]

f)      Sul sesto motivo di ricorso, vertente su errori nel calcolo dellimporto dellammenda e sulla violazione degli orientamenti del 2006 nonché dei principi della parità di trattamento e di proporzionalità

[omissis]

1)      Sulla prima parte del sesto motivo di ricorso, vertente su errori nel calcolo del valore delle vendite

[omissis]

ii)    Sulla seconda censura della prima parte del sesto motivo di ricorso, vertente sull’errata inclusione, nel valore delle vendite, delle vendite effettuate dalle società figlie della ricorrente

460    La ricorrente contesta, in sostanza, il fatto che la Commissione abbia calcolato il valore delle vendite includendo le vendite del gruppo Nippon Chemi-Con e, in particolare, della Europe Chemi-Con, fatturate a tutti i clienti nel SEE. In primo luogo, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che la ricorrente non avrebbe realizzato essa stessa vendite nel SEE e che i comportamenti descritti nella decisione impugnata riguarderebbero soltanto in misura minima i clienti del gruppo Nippon Chemi-Con. Tra i sessanta clienti citati nella decisione impugnata, solo due sarebbero clienti mondiali della United Chemi-Con e solo quattro sarebbero clienti mondiali della Europe Chemi-Con. In secondo luogo, la Commissione non avrebbe tenuto conto del fatto che la Europe Chemi-Con e la United Chemi-Con godrebbero di un potere tariffario autonomo nei confronti dei loro clienti locali così come dei loro clienti mondiali aventi sede in Europa, essendo tale potere sufficiente a confutare la presunzione secondo cui dette società figlie, possedute al 100% dalla ricorrente, farebbero parte della medesima impresa. In terzo luogo, la Commissione non avrebbe dimostrato che le vendite del gruppo Nippon Chemi-Con ai suoi clienti locali e mondiali fossero in relazione diretta o indiretta con l’infrazione, né che quest’ultima avesse effetti specifici nel SEE.

461    La Commissione contesta tali argomenti.

462    Secondo una giurisprudenza costante, il diritto dell’Unione in materia di concorrenza, segnatamente l’articolo 101 TFUE, riguarda le attività delle imprese e la nozione di «impresa» indica qualsiasi entità che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di tale entità e dalle sue modalità di finanziamento (v. sentenze del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, e del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 140 e giurisprudenza ivi citata).

463    Su tale punto, la Corte ha precisato, da un lato, che la nozione di impresa, collocata in tale contesto, doveva essere intesa nel senso che essa designava un’unità economica anche se, dal punto di vista giuridico, tale unità economica era costituita da più persone fisiche o giuridiche e, dall’altro, che tale entità economica, laddove avesse violato le regole dettate in materia di concorrenza, era tenuta, secondo il principio di responsabilità personale, a rispondere dell’infrazione (v. sentenza del 26 ottobre 2017, Global Steel Wire e a./Commissione, C‑457/16 P e da C‑459/16 P a C‑461/16 P, non pubblicata, EU:C:2017:819, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

464    Per quanto riguarda ancora la nozione di impresa, questa volta nel contesto del calcolo dell’ammenda, si deve ricordare che, per determinare l’importo dell’ammenda, è possibile prendere in considerazione tanto il fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto la frazione di quel dato proveniente dalle merci oggetto dell’infrazione, che è quindi atta a fornire un’indicazione dell’entità della medesima (v. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 145 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, la quota del fatturato complessivo proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione costituisce l’elemento più idoneo per riflettere l’importanza economica dell’infrazione (v. sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 149 e giurisprudenza ivi citata).

465    Peraltro, nella particolare ipotesi in cui una società madre detenga la totalità o la quasi totalità del capitale della sua società figlia che ha commesso un’infrazione alle norme in materia di concorrenza dell’Unione, sussiste una presunzione relativa secondo cui tale società madre esercita effettivamente un’influenza determinante nei confronti della sua società figlia (v. sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punto 54 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, EU:C:2009:536, punto 63). Siffatta presunzione implica, salvo la sua inversione, che l’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte della società madre sulla propria società figlia sia considerato accertato e autorizza la Commissione a ritenere la prima responsabile del comportamento della seconda, senza dover fornire prove supplementari (v. sentenza del 27 aprile 2017, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑516/15 P, EU:C:2017:314, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

466    È vero che la presunzione di mancanza di autonomia delle società figlie è stata sviluppata dalla giurisprudenza per consentire di imputare il comportamento di un’entità giuridica (la società figlia) ad un’altra (la società madre). Tuttavia, tale presunzione di mancanza di autonomia delle società figlie è valida anche quando si tratta, come nel caso di specie, di determinare il valore delle vendite pertinente per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda da infliggere a una società madre che ha partecipato direttamente all’infrazione e che, durante il periodo dell’infrazione, ha effettuato vendite dei prodotti interessati da tale infrazione nel SEE tramite le sue società figlie.

467    Nel caso di specie, è pacifico che, per tutta la durata dell’infrazione, la ricorrente possedeva il 100% delle quote della Europe Chemi-Con nonché il 100% delle quote della United Chemi-Con (v. punto 1 supra). Ne consegue che la ricorrente e le sue società figlie costituiscono una medesima unità economica e formano quindi un’unica impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE, conformemente alla giurisprudenza richiamata al precedente punto 463. Ne consegue altresì che esiste una presunzione relativa di mancanza di autonomia delle società figlie interessate.

468    Orbene, la ricorrente non deduce alcun elemento concreto che consenta di confutare tale presunzione di mancanza di autonomia e di suffragare un asserito potere tariffario autonomo delle sue società figlie. Per contro, dall’analisi del secondo motivo di ricorso risulta che taluni clienti della Europe Chemi-Con e della United Chemi-Con, che avevano la loro sede o stabilimenti di produzione in Europa, sono stati oggetto di discussioni in occasione di taluni contatti anticoncorrenziali (v. punti 249, 280 e 296 supra), come del resto ammette la stessa ricorrente nel ricorso.

469    È quindi giocoforza constatare che la presunzione di mancanza di autonomia delle società figlie della ricorrente non è stata confutata nel caso di specie.

470    Inoltre, occorre osservare che il valore delle vendite rilevante per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda deve corrispondere al valore delle vendite di beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’«impresa» nel SEE (v. punto 434 supra). Ciò significa che, nel caso di specie, il valore delle vendite deve includere le vendite di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio realizzate nel SEE dall’unità economica formata dalla ricorrente e dalle sue società figlie possedute al 100%.

471    Pertanto, non si può addebitare alla Commissione di aver utilizzato – per determinare il valore delle vendite di beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006 – l’importo delle vendite di condensatori elettrolitici che le società figlie avevano fatturato a clienti stabiliti in Europa (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 150).

[omissis]

474    Occorre quindi respingere la seconda censura della prima parte del sesto motivo di ricorso.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Nippon Chemi-Con Corporation si farà carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 settembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.