Language of document : ECLI:EU:T:2015:99

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

13 febbraio 2015 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di decadenza – Marchio comunitario denominativo HUSKY – Uso effettivo del marchio – Decadenza parziale – Proroga del termine – Regola 71, paragrafo 2, del regolamento (CE) n.°2868/95 – Traduzione nella lingua di procedura»

Nella causa T‑287/13,

Husky CZ s.r.o., con sede in Praga (Repubblica ceca), rappresentata da L. Lorenc, avocat,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da P. Geroulakos e I. Harrington, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Husky of Tostock Ltd, con sede in Woodbridge (Regno Unito),

avente per oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI del 14 marzo 2013 (causa R 748/2012-1), relativa ad un procedimento di decadenza tra la Husky CZ s.r.o. e la Husky of Tostock Ltd,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da H. Kanninen (relatore), presidente, I. Pelikánová e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 24 maggio 2013,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° agosto 2013,

in seguito all’udienza del 1° luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 1° aprile 1996 la Husky of Tostock Ltd (in prosieguo: la «titolare del marchio») presentava una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio di cui era stata richiesta la registrazione è il segno denominativo HUSKY.

3        I prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione rientrano nelle classi 3, 9, 14, 16, 18 e 25 di cui all’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 3: «Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; prodotti e sostanze per la toilette non medicinali; dentifrici»;

–        classe 9: «Occhiali; occhiali da sole; occhiali antiabbaglianti, visiere, berretti con visiera; binocoli; astucci per occhiali; catenelle per occhiali; cronografi; compassi; astucci per lenti a contatto; montature di occhiali; oculari; apparecchi e strumenti ottici; telescopi»;

–        classe 14: «Gioielleria, bigiotteria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici»;

–        classe 16: «Carta, cartone e prodotti in queste materie, non compresi in altre classi; stampati; articoli per legatoria; fotografie; cartoleria; materiale per artisti, pennelli; macchine da scrivere e articoli per ufficio (esclusi i mobili); materiale per l’istruzione o l’insegnamento (tranne gli apparecchi); materie plastiche per l’imballaggio (non comprese in altre classi); carte da gioco; caratteri tipografici; clichés»;

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; sacchi, bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria»;

–        classe 25: «Camicie, calzoncini, gonne, camicette, pantaloni, giacche, mantelli, panciotti, cappelli, cravatte, biancheria personale; maglieria, pigiama, camicie da notte, indumenti per la notte, vestaglie, vesti da camera, cardigan, pullover, maglioni, bluse, costumi da bagno; vestiti, tute, sopra-pantaloni, stivali, scarpe, sandali, pantofole, cappelli, berretti con visiera, foulard, mantelline per la notte, cappe, grembiuli, jeans, calzini, scaldamuscoli, indumenti per la danza, polsini, fasce per la testa, guanti, mezzoguanti, cinture; cappelleria e scarpe».

4        In data 30 novembre 1998, il marchio richiesto è stato registrato con il numero 152546.

5        Il 2 aprile 2006 la registrazione del marchio è stata rinnovata.

6        L’11 marzo 2009 la Husky CZ, s.r.o, ricorrente, ha presentato una domanda di decadenza del marchio la cui registrazione era stata rinnovata (in prosieguo: il «marchio contestato»), sulla base dell’articolo 50, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009], con la motivazione che tale marchio non aveva formato oggetto di un uso effettivo per i prodotti per i quali era stato registrato.

7        Il 17 marzo 2009, il dipartimento «Marchi e annullamento» dell’UAMI ha invitato la titolare del marchio a produrre la prova dell’uso effettivo di detto marchio per il 17 giugno 2009.

8        Il 16 giugno 2009, la titolare del marchio ha presentato degli elementi di prova, ma ha spiegato che il marchio contestato era utilizzato dal titolare di una licenza e che, pertanto, domandava una proroga del termine in modo da poter dare piena soddisfazione alla richiesta.

9        Il 19 giugno 2009, il dipartimento «Marchi e annullamento» ha concesso la proroga del termine richiesta fino al 17 settembre 2009.

10      Il 9 settembre 2009, la titolare del marchio ha presentato delle prove supplementari e ha espresso il desiderio di fornire informazioni sulle spese sostenute per la promozione del marchio contestato. Egli ha domandato una nuova proroga del termine fino al 17 ottobre 2009.

11      Il dipartimento «Marchi e annullamento» ha concesso tale proroga.

12      Il 19 ottobre 2009, la titolare del marchio ha prodotto delle fatture relative a delle spese promozionali.

13      Dato che la ricorrente ha sollevato un’obiezione, il dipartimento «Marchi e annullamento» ha notificato quest’ultima al titolare del marchio, invitandolo a presentare le sue osservazioni per il 13 marzo 2010. Il 12 marzo 2010, detto titolare ha dichiarato che le prove erano quasi complete e ha richiesto una proroga di un mese, fornendo delle giustificazioni per il rinvio della scadenza. Il dipartimento ha accolto la sua richiesta.

14      Il 9 aprile 2010, la titolare del marchio ha presentato degli elementi di prova supplementari.

15      Con decisione del 16 febbraio 2012, la divisione di annullamento dell’UAMI ha parzialmente accolto la domanda di decadenza. Essa ha deciso che il marchio contestato poteva mantenere la registrazione per i prodotti che corrispondono alla seguente descrizione:

–        classe 18: «sacchi», rientranti nella classe 18;

–        «camicie, pantaloni, giacche, mantelli, panciotti, cardigan, pullover, maglioni, stivali, scarpe, jeans, cinture, cappelleria e scarpe; scarpe», rientranti nella classe 25.

16      Il 16 febbraio 2012, la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’UAMI avverso la decisione della divisione di annullamento, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

17      Con decisione del 14 marzo 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso.

18      In primo luogo, per quanto riguarda il motivo addotto dalla ricorrente secondo cui diverse proroghe del termine sono state a torto concesse al titolare del marchio, in mancanza del previo accordo dell’altra parte, la commissione di ricorso ha ritenuto che la regola 71, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento n. 40/94 (GU L 303, pag. 1), come modificato (in prosieguo il «regolamento di esecuzione»), dovesse essere interpretato, nella versione inglese, alla luce delle altre versioni linguistiche di tale disposizione nonché del paragrafo 1 di detta regola. In base ad essa, quando una parte chiede una proroga del termine, l’UAMI può, senza esservi tenuto, chiedere l’accordo dell’altra parte e deve, in particolare qualora decida di non domandare tale accordo, tener conto delle circostanze relative alla domanda di proroga del termine.

19      Per giustificare il fatto che il dipartimento «Marchi e annullamento» aveva correttamente deciso delle proroghe senza condizionarle all’accordo dell’altra parte, la commissione di ricorso ha sottolineato che, nel caso di specie, tale dipartimento aveva ritenuto che taluni documenti comprovanti l’uso effettivo del marchio contestato non potessero essere forniti che da un terzo stabilito all’estero, il che costituiva una delle circostanze ammesse. La titolare del marchio avrebbe, inoltre, prodotto delle prove e dei motivi ragionevoli per richiedere una proroga del termine. Inoltre, la proroga richiesta sarebbe di breve durata e risulterebbe nell’interesse del procedimento che una decisione su una questione così importante come la decadenza non sia presa in maniera precipitosa. Del pari, dopo che la ricorrente ha sostenuto che l’uso del marchio contestato era da ricondursi a un terzo e non alla titolare del marchio, il dipartimento «Marchi e annullamento» aveva, secondo la commissione di ricorso, un buon motivo per invitare detta titolare a presentare a tal riguardo le sue osservazioni e ad accettare le prove prodotte da quest’ultima.

20      La commissione di ricorso ha rilevato che, nel caso di specie, se è vero che le possibilità di produrre delle prove sono state più numerose rispetto a ciò che è usuale in materia di decadenza, la divisione di annullamento aveva dato prova di flessibilità accettando le proroghe, tenuto conto della complessità della causa e considerato che il marchio contestato era stato utilizzato da più soggetti durante il periodo di riferimento.

21      In secondo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la titolare del marchio non ha fornito delle traduzioni in inglese dei documenti redatti in italiano, circostanza che avrebbe impedito di poter constatare che il termine «husky» era un termine generico in quest’ultima lingua, la commissione di ricorso ha sottolineato, prima di tutto, che la titolare del marchio aveva tradotto i documenti o estratti di documenti che consistevano in lunghi testi. La ricorrente non avrebbe indicato gli elementi di prova che avrebbero dovuto essere tradotti e non avrebbe lamentato l’assenza di traduzione quando è stata invitata a presentare osservazioni sui documenti trasmessi. Avrebbe fatto riferimento all’assenza di traduzione solamente una volta, riguardo a un documento non determinante ai fini dell’esito della causa.

22      Risulterebbe, inoltre, da fotografie prodotte, che il termine «husky» sia utilizzato come un nome di marchio registrato. Non si tratterebbe di un termine generico in italiano. Il termine «husky» apparirebbe in un dizionario online come un «Nome commerciale ® di un giaccone impermeabile trapuntato», fatto che confermerebbe che si tratti di marchio registrato.

23      In terzo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui la divisione di annullamento ha esaminato prove che non concernono il periodo di riferimento o non sono datate, la commissione di ricorso ha rilevato che i documenti citati dalla ricorrente riguardavano delle fatture la cui data era compresa nel periodo di riferimento. Gli altri documenti citati dalla ricorrente avrebbero come unico scopo di dimostrare come il marchio appaia sugli articoli di abbigliamento e sulla gamma di prodotti per il quale è utilizzato; di conseguenza, il fatto che essi non siano datati non sarebbe pertinente.

24      Inoltre, per quanto riguarda l’argomento vertente sul fatto che i documenti provino l’uso effettivo di un marchio figurativo, di cui non potrebbe beneficiare il marchio contestato, essendo un marchio denominativo, la commissione di ricorso ha sottolineato che, nel caso di specie, un solo marchio era in questione e che la sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI (C‑234/06 P, Racc., EU:C:2007:514), invocata dalla ricorrente, non era pertinente nel caso di specie.

25      La commissione di ricorso ha aggiunto che il modo in cui il marchio HUSKY era stato utilizzato sui prodotti, con una leggera stilizzazione delle lettere o con un logo rappresentante la lettera «h», accompagnato da un elemento figurativo rappresentante un cane husky, non incideva sul carattere distintivo del marchio così come era registrato. Tale carattere distintivo risiederebbe esclusivamente nel concetto di «husky» che è un cane tipico delle regioni artiche.

26      La commissione di ricorso ha, infine, dato risposta alle affermazioni della ricorrente quanto all’utilizzo del marchio da parte del suo titolare e alle relative prove e ha considerato che tale titolare aveva spiegato in tempo utile come e in quali forme il suo marchio fosse stato utilizzato negli anni da vari titolari di licenza.

 Conclusioni delle parti

27      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI e la titolare del marchio alle spese.

28      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

29      La ricorrente deduce tre motivi. Il primo verte sulla considerazione di elementi di prova presentati dopo la scadenza del termine, il secondo sulla considerazione di documenti non tradotti e il terzo sulla considerazione di documenti non datati.

 Sul motivo vertente sulla considerazione di elementi di prova presentati dopo la scadenza del termine

30      A sostegno di tale motivo, la ricorrente ritiene che l’UAMI non avrebbe dovuto tener conto degli elementi di prova del titolare del marchio che sono stati presentati dopo il termine fissato per rispondere alla domanda di decadenza. In primo luogo, secondo la ricorrente, la regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione deve essere interpretata nel senso che la concessione di una proroga del termine sollecitata da una parte è subordinata all’accordo dell’altra parte. L’UAMI avrebbe interpretato in maniera erronea la versione inglese di tale regola. La ricorrente fa riferimento anche alla versione ceca di detta disposizione, che sarebbe logico applicare. Tale versione sarebbe identica alla versione inglese e alla versione slovacca di questa stessa disposizione.

31      L’UAMI respinge la suddetta argomentazione.

32      Preliminarmente, occorre ricordare che, secondo la regola 40, paragrafi da 1 a 5, del regolamento di esecuzione:

«1.      La domanda di dichiarazione di decadenza o di nullità che viene considerata come depositata viene notificata al titolare del marchio comunitario. Dopo aver stabilito che la domanda è ammissibile, l’[UAMI] invita [il] titolare del marchio comunitario a presentare le sue osservazioni entro un preciso termine.

2.      Se il titolare del marchio comunitario non trasmette osservazioni, l’[UAMI] può decidere sulla decadenza o nullità in base ai documenti di cui dispone.

3.      L’[UAMI] trasmette le osservazioni del titolare del marchio comunitario al richiedente e, quando ne ravvisi la necessità, lo invita a pronunciarsi in merito entro un preciso termine indicato.

4.      Fatto salvo quanto diversamente disposto dalla regola 69, tutte le osservazioni presentate dalle parti vengono inviate all’altra parte interessata.

5.      Nel caso di una domanda di dichiarazione di decadenza basata sui motivi previsti dall’articolo 50, paragrafo 1, [lettera] a), del regolamento [n 40/94], l’[UAMI] invita il titolare del marchio comunitario a fornire la prova dell’effettiva utilizzazione del marchio entro un preciso termine. Se la prova non viene fornita entro il termine stabilito, il marchio comunitario viene revocato. Si applicano le stesse disposizioni della regola 22, paragrafi 2, 3 e 4».

33      È opportuno rammentare che, ai sensi della regola 71, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione, relativa alla durata del termine:

«I[l] termin[e] che in forza del regolamento [n. 40/94] o della presente regola dev[e] essere indicato dall’[UAMI] non p[uò] essere inferior[e] ad un mese se la parte interessata ha il domicilio, la sede principale o uno stabilimento all’interno della Comunità e in tutti gli altri casi non può essere inferiore a due mesi né superiori a sei. Se le circostanze lo giustificano, l’[UAMI] può prorogare i[l] termin[e], su richiesta dell’interessato, presentata prima della scadenza del termine originario».

34      La versione inglese della regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione dispone che, «[s]e vi sono due o più parti, l’[UAMI] può prorogare il termine con l’accordo delle altre parti». La ricorrente sottolinea che le versioni ceca e slovacca di detta disposizione sono simili alla versione inglese e che, tenuto conto inoltre del suo luogo di stabilimento, sarebbe logico applicare nel caso di specie la versione ceca.

35      È pacifico che la versione inglese e talune altre versioni linguistiche della disposizione in esame sono diverse dalle versioni tedesca, spagnola, francese e italiana di detta disposizione, le quali formano con la versione inglese le cinque lingue di lavoro dell’UAMI. La regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione, nelle versioni tedesca, spagnola, francese e italiana, ma anche, ad esempio, nelle versioni bulgara, greca, portoghese e rumena, dispone che «[s]e vi sono due o più parti, l’[UAMI] può subordinare la proroga del termine all’accordo delle altre parti».

36      L’UAMI sottolinea di aver inserito, nelle sue pubblicazioni ufficiali e sul suo sito Internet, una nota a piè di pagina, per quanto riguarda la versione inglese, della regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione, per indicarvi che tale disposizione deve leggersi come segue: «(…) l’[UAMI] può subordinare la proroga del termine all’accordo delle altre parti». Secondo l’UAMI, dovrebbe prevalere la disposizione come risulta dalle versioni tedesca, spagnola, francese e italiana.

37      In primo luogo, è importante ricordare che, conformemente ad una costante giurisprudenza, l’esigenza che un atto dell’Unione europea sia applicato e quindi interpretato in modo uniforme esclude la possibilità di considerare isolatamente una delle versioni, e rende al contrario necessaria l’interpretazione basata sulla reale volontà del legislatore e sullo scopo da questo perseguito, alla luce, segnatamente, di tutte le altre versioni linguistiche ufficiali (sentenze del 3 giugno 2010, Internetportal und Marketing, C‑569/08, Racc., EU:C:2010:311, punto 35, e del 9 giugno 2011, Eleftheri tileorasi e Giannikos, C‑52/10, Racc., EU:C:2011:374, punto 23).

38      Ai fini della sua applicazione e interpretazione, la regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione non può dunque essere esaminata in una sola versione linguistica.

39      Inoltre, dalla formulazione delle disposizioni del regolamento di esecuzione risulta che il paragrafo 2 della regola 71 può essere applicato e interpretato esclusivamente in combinato disposto con il paragrafo 1 di tale regola.

40      Si deve evidenziare, infatti, che è stato già dichiarato, per quanto riguarda la regola 71, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento di esecuzione, che la proroga del termine non è automatica e che dipende dalle circostanze particolari ad ogni specifico caso in grado di giustificarla, nonché dalla presentazione di una domanda di proroga. [sentenza del 12 dicembre 2007, K & L Ruppert Stiftung/UAMI – Lopes de Almeida Cunha e a. (CORPO livre), T‑86/05, Racc., EU:T:2007:379, punto 21]. Si è inoltre previsto che, se è vero che la proroga dipende dalle circostanze particolari ad ogni specifico caso in grado di giustificarla, nonché dalla presentazione di una domanda di proroga, ciò vale a maggior ragione in un procedimento inter partes, nell’ambito del quale un vantaggio accordato ad una parte si traduce in uno svantaggio per l’altra, in cui l’UAMI deve garantire la propria imparzialità nei confronti delle parti (per quanto riguarda un procedimento di opposizione, sentenza CORPO livre, cit., EU:T:2007:379, punto 21).

41      Dato che si tratta nel caso di specie di un procedimento inter partes, si deve considerare che la proroga del termine deve anche essere giustificata dalle circostanze, qualora il titolare del marchio domandi una tale proroga per fornire le prove dell’utilizzo del marchio contestato. Le parti del resto hanno riconosciuto che le circostanze, ai sensi della regola 71, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione, dovevano giustificare le proroghe quando richieste nel contesto del paragrafo 2 di detta regola.

42      Spetta alla parte che richiede la proroga far valere le circostanze atte a giustificarla, poiché tale proroga è sollecitata ed eventualmente concessa nel suo interesse. Peraltro, nel caso in cui, come avviene nel caso di specie, tali circostanze si riferiscano alla parte che richiede la proroga, solo quest’ultima può dare all’UAMI informazioni utili al riguardo (v., in tal senso, sentenza CORPO livre, punto 40 supra, EU:T:2007:379, punto 22).

43      Orbene, se è vero che il paragrafo 2 della regola 71 del regolamento di esecuzione deve essere interpretato in combinato disposto con il paragrafo 1 di questa stessa regola, occorre considerare detto paragrafo come tale da permettere all’UAMI, qualora vi siano due o più parti coinvolte nel procedimento, di subordinare la proroga del termine all’accordo delle altre parti e non, come sostiene la ricorrente, atta a subordinare detta proroga all’accordo delle parti.

44      L’interpretazione proposta dalla ricorrente condurrebbe a conferire alle sole parti, all’occorrenza alla ricorrente nella presente causa, la decisione di prorogare o meno i termini richiesti, mentre tale decisione rientra nella valutazione dell’UAMI e nella possibilità che è ad esso lasciata, nell’ambito del suo ruolo imparziale, di prorogare i termini ai sensi della regola 71, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione.

45      Infine, subordinare la proroga del termine al solo accordo delle parti potrebbe avere inoltre l’effetto, come giustamente evidenziato dall’UAMI, di privare la parte che chiede la proroga della possibilità di difendersi. Ciò potrebbe anche scontrarsi con la buona amministrazione del procedimento ed essere contrario allo scopo perseguito dalla regola 71, che consiste proprio nella possibilità di una proroga dei termini quando le circostanze lo giustificano.

46      La commissione di ricorso non ha commesso errori nel considerare che la regola 71, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione deve essere interpretata nel senso che, qualora una parte, in un procedimento inter partes, domandi una proroga del termine, l’UAMI può, senza esservi tenuto, domandare l’accordo dell’altra parte e che tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con il paragrafo 1 della stessa regola, che comporta che l’UAMI tenga conto, in particolare quando decide di non domandare l’accordo dell’altra parte, delle circostanze relative alla domanda di proroga del termine.

47      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che le circostanze che devono giustificare la proroga del termine, ai sensi della regola 71, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione, nel caso di specie non ricorrevano, poiché, da un lato, la titolare del marchio era stata, fin dal principio, in possesso del documento che attesta l’utilizzo da parte di un terzo del marchio contestato.

48      Orbene, è sufficiente rilevare, supponendo che tale fatto sia accertato, che il solo contratto di licenza non è di per sé idoneo a dimostrare l’utilizzo del marchio contestato e che era necessaria la produzione di elementi supplementari per una tale dimostrazione, fatto che poteva quindi giustificare le proroghe dei termini concesse.

49      Dall’altro lato, la ricorrente sostiene che la titolare del marchio avrebbe utilizzato le proroghe dei termini per elaborare nuovi elementi di prova. Tuttavia un tale argomento non può essere accolto, dal momento che non si fonda su alcuna prova.

50      Alla luce degli argomenti addotti dalla ricorrente a sostegno della sua censura, la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nel considerare che le proroghe dei termini potessero essere giustificate dalle circostanze, tenuto conto dei documenti da produrre, del comportamento della titolare del marchio e dei motivi avanzati da quest’ultima.

51      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul motivo vertente sulla considerazione di documenti non tradotti

52      La ricorrente sostiene che il termine «husky» è un termine generico in italiano utilizzato per indicare delle giacche nonché, più specificamente, secondo diversi dizionari, una giacca invernale imbottita. Gli estratti dei siti Internet che la ricorrente ha prodotto dimostrerebbero a tal proposito che il termine «husky» viene utilizzato con riferimento a giacche e il dizionario online citato dall’UAMI attesterebbe che la tutela del marchio contestato è limitata a un solo tipo di prodotti, vale a dire alle giacche imbottite. La sola esistenza del marchio contestato non impedirebbe che il termine «husky» possa divenire un termine generico, dato che una tale possibilità è prevista dall’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Sarebbe stato necessario tradurre tutti i documenti in inglese e non accettare quelli in italiano non tradotti.

53      L’UAMI respinge la suddetta argomentazione.

54      Per quanto riguarda, innanzitutto, l’argomento secondo cui taluni documenti avrebbero dovuto essere tradotti prima di essere trasmessi, è importante rilevare, in via preliminare, che la regola 22, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione invocata dall’UAMI per giustificare il fatto che, in assenza di una domanda specifica della ricorrente, non era obbligato a richiedere alla titolare del marchio la traduzione nella lingua di procedura dei documenti attestanti l’uso effettivo di detto marchio, è una disposizione applicabile ai procedimenti di opposizione. La regola 40, paragrafo 5, del regolamento di esecuzione applicabile ai procedimenti di decadenza non prevede espressamente che la regola 22, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione si applichi mutatis mtandis a tali procedimenti.

55      Tuttavia, occorre rilevare che la regola 22, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione completa e precisa le disposizioni della regola 22, paragrafi 2 a 4, del medesimo regolamento, applicabili mutatis mutandis ai procedimenti di decadenza in forza della regola 40, paragrafo 5, di detto regolamento. In tali circostanze, la regola 22, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione è applicabile ad un procedimento di decadenza fondato sull’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n 207/2009, fatto che le parti, peraltro, non contestano.

56      Dalla regola 22, paragrafo 6, del regolamento di esecuzione deriva che l’UAMI ha la possibilità di domandare la traduzione dei documenti che non sono stati prodotti nella lingua di procedura alla parte che ha presentato detti documenti [sentenza del 27 settembre 2012, El Corte Inglés/UAMI – Pucci International (Emidio Tucci), T‑373/09, EU:T:2012:500, punto 24].

57      Orbene, l’UAMI non è incorso in alcun errore non chiedendo la traduzione inglese di documenti prodotti in italiano. Da un lato, la ricorrente non ha contestato il fatto di non aver richiesto essa stessa durante il procedimento di decadenza che la titolare del marchio producesse la traduzione di detti documenti. D’altro lato, l’argomento della ricorrente si incentra su estratti di dizionari online, che presentano delle traduzioni di parole dall’inglese all’italiano o dall’italiano all’inglese, circostanza che rende inutile qualsiasi domanda di traduzione.

58      Per quanto riguarda l’argomento che fa riferimento all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, secondo cui i documenti prodotti dimostrerebbero che il termine «husky» sia un termine generico utilizzato in italiano per indicare delle «giacche», occorre rilevare che, in udienza, la ricorrente ha riconosciuto che la sua domanda di decadenza era basata unicamente sull’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento e che essa non pretendeva, nell’ambito di tale domanda, che il termine «husky» avesse natura generica.

59      Da quanto precede risulta che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul motivo vertente sulla considerazione di documenti non datati

60      Secondo la ricorrente, tutti i documenti devono essere datati e corrispondere al periodo considerato che va dall’11 marzo 2004 al 10 marzo 2009. Per quanto riguarda le fotografie di prodotti presentati dalla titolare del marchio, la ricorrente sostiene che l’UAMI abbia commesso un errore nel basarsi, al fine di determinare la gamma di prodotti per la quale il marchio contestato è utilizzato, su documenti non datati o che non presentano alcun indizio che permetta di datarli. La sentenza Il Ponte Finanziaria/UAMI, citata precedentemente al punto 24 (EU:C:2007:514), sarebbe pertinente, ai fini del caso di specie, per quanto attiene alla questione se l’uso di un marchio registrato con una forma leggermente diversa possa essere esteso al marchio controverso simile. Così, la commissione di ricorso avrebbe dovuto ignorare gli elementi di prova attestanti che il segno HUSKY è utilizzato in una forma diversa da quella protetta dal marchio contestato. L’UAMI avrebbe commesso un errore nell’affermare che il logo utilizzato sarà percepito da un consumatore mediamente attento come l’abbreviazione del termine «husky» e l’elemento figurativo del cane come la rappresentazione di ciò che significa tale termine. Tale argomentazione non sarebbe rilevante per l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 2017/2009. Infine le fatture presentate dal titolare del marchio non permetterebbero di sapere quale marchio o quale segno non registrato dalla titolare siano stati utilizzati sui prodotti cui si riferiscono le fatture.

61      L’UAMI respinge la suddetta argomentazione.

62      Innanzitutto, quanto all’argomento secondo cui tutti i documenti non datati non avrebbero dovuto essere presi in considerazione e non potrebbero provare l’uso del marchio contestato durante il periodo considerato, occorre rilevare che, conformemente alla regola 22, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione, che si applica mutatis mutandis ai procedimenti di decadenza conformemente alla regola 40, paragrafo 5, del medesimo regolamento, la prova dell’uso effettivo di un marchio deve vertere, a titolo di esigenze cumulative, sul luogo, la durata, l’importanza e la natura dell’uso che è stato fatto del marchio [v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 2004, Sunrider/UAMI – Espadafor Caba (VITAFRUIT), T‑203/02, Racc., EU:T:2004:225, punto 37, e del 27 settembre 2007, La Mer Technology/UAMI – Laboratoires Goëmar (LA MER), T‑418/03, EU:T:2007:299, punto 52].

63      Nel verificare l’uso effettivo del marchio occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possano provare l’effettività del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o creare quote di mercato per i prodotti o per i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (v. sentenza LA MER, punto 62 supra, EU:T:2007:299, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

64      Per esaminare, in una fattispecie, l’effettività dell’uso del marchio anteriore, occorre procedere a una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie. Siffatta valutazione implica una certa interdipendenza dei fattori considerati (sentenza VITAFRUIT, punto 62 supra, EU:T:2004:225, punto 42).

65      Occorre rilevare che, sebbene la regola 22 del regolamento n. 2868/95 faccia riferimento a indicazioni concernenti il luogo, la durata, la rilevanza e la natura dell’uso e dia esempi di prove ammissibili, come gli imballaggi, le etichette, gli elenchi dei prezzi, i cataloghi, le fatture, le fotografie, la pubblicità a mezzo stampa e le dichiarazioni scritte, tale regola non prevede affatto che ogni elemento di prova debba necessariamente contenere informazioni su ciascuno dei quattro elementi su cui deve vertere la prova dell’uso effettivo, ossia il luogo, la durata, la natura e la rilevanza dell’uso [sentenze del 16 novembre 2011, Buffalo Milke Automotive Polishing Products/UAMI – Werner & Mertz (BUFFALO MILKE Automotive Polishing Products), T‑308/06, Racc., EU:T:2011:675, punto 61, e del 24 maggio 2012, TMS Trademark-Schutzrechtsverwertungsgesellschaft/UAMI – Comercial Jacinto Parera (MAD), T‑152/11, EU:T:2012:263, punto 33].

66      Inoltre, secondo giurisprudenza costante non può escludersi che una serie di elementi di prova consenta di accertare i fatti da dimostrare, benché ciascuno di tali elementi, isolatamente considerato, non sia in grado di fornire la prova dell’esattezza di tali fatti (sentenza del 17 aprile 2008, Ferrero Deutschland/UAMI, C‑108/07 P, EU:C:2008:234, punto 36, e sentenza MAD, punto 65 supra, EU:T:2012:263, punto 34).

67      Occorre rammentare che è la considerazione dell’insieme degli elementi sottoposti alla valutazione della commissione di ricorso che deve consentire di dimostrare l’uso effettivo del marchio contestato.

68      L’argomento con il quale la ricorrente si limita a sostenere che i documenti non datati non possano dimostrare l’uso del marchio contestato durante il periodo di riferimento non può dunque essere accolto, in quanto le fotografie di prodotti che la ricorrente ha citato, dinanzi alla commissione di ricorso, come esempi di documenti non datati, così come risulta dalla decisione impugnata, possono essere diretti a dimostrare come il marchio contestato apparisse sugli articoli di abbigliamento e sulla gamma di prodotti per la quale è stato utilizzato, il che non comporta la necessità che siano datati. La commissione di ricorso ha potuto validamente ritenere, alla luce di quanto sopra, che il fatto che le fotografie presentate in quanto elementi di prova non siano datate fosse inconferente.

69      Del pari, non può essere accolto l’argomento della ricorrente che tende a escludere le fatture presentate dalla titolare del marchio in quanto non permetterebbero di accertare se riguardano il marchio contestato o altro segno o qualsiasi altro marchio. Il fatto che tali fatture non precisino se esse riguardano prodotti coperti dal marchio contestato non può portare a ritenere che esse siano correlate ipso facto ad altri marchi. Al massimo, nell’ambito dell’analisi della serie di elementi di prova, il valore probatorio di tali fatture può essere relativizzato ma non escluso.

70      Inoltre, quanto all’argomento secondo cui la camera di ricorso avrebbe dovuto considerare la rilevanza per il caso di specie della sentenza Il Ponte Finanziaria/UAMI, citata precedentemente al punto 24 (EU:C:2007:514), occorre, in primo luogo, evidenziare che, nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, il contesto di fatto era diverso da quello della presente causa. Dal punto 85 della medesima sentenza deriva, infatti, che l’uso del primo marchio non era dimostrato, non poteva servire da prova dell’uso effettivo del secondo marchio. Contrariamente a detta causa, risulta che, nel caso di specie, poiché l’uso del marchio figurativo consistente nella parola «husky» scritta in lettere leggermente stilizzate e accompagnata dal simbolo ®, utilizzato per dimostrare l’uso del marchio denominativo HUSKY, non è stato oggetto di contestazione.

71      In secondo luogo, occorre rilevare che nella sentenza Il Ponte Finanziaria/UAMI, citata precedentemente al punto 24 (EU:C:2007:514, punto 86), si è dichiarato che era possibile considerare un marchio registrato come utilizzato nel momento in cui si fornisce la prova dell’uso di tale marchio in una forma leggermente differente da quella della registrazione. Il fatto che, in tale medesima sentenza, sia stato precisato che non è tuttavia consentito estendere, attraverso la prova dell’uso, la tutela di cui beneficia un marchio registrato ad un altro marchio registrato il cui uso effettivo non è stato dimostrato, in quanto tale ultimo marchio sarebbe solo una leggera variante del primo, è irrilevante nella presente causa. La titolare del marchio contestato non ha rivendicato, infatti, la tutela dei diritti di tale marchio per il solo motivo della registrazione di un altro marchio.

72      In terzo luogo, al fine di stabilire l’uso di un marchio, il titolare dello stesso può validamente avvalersi del suo utilizzo con una forma che differisce da quella in cui è stato registrato senza che le differenze tra tali due forme alterino il carattere distintivo di tale marchio, e ciò nonostante il fatto che tale forma differente sia essa stessa registrata in quanto marchio (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2012, Rintisch, C‑553/11, Racc., EU:C:2012:671, punto 30). Nel caso di specie, la ricorrente non ha invocato una qualsiasi alterazione del carattere distintivo del marchio contestato. La titolare di quest’ultimo ha quindi potuto validamente avvalersi del suo utilizzo in una forma che differisce da quella in cui tale marchio è stato registrato.

73      Infine, non è contestato il fatto che il marchio denominativo HUSKY sia stato utilizzato prevalentemente in lettere nere maiuscole. Il fatto che la commissione di ricorso abbia preso in considerazione, per la prova dell’uso, un altro marchio o dei segni quali un logo rappresentante la lettera «h» o un elemento figurativo rappresentate un cane husky non è quindi determinante, di modo che l’argomento della ricorrente diretto a contestare tale considerazione non può essere accolto. Occorre inoltre evidenziare che la ricorrente non nega che le differenze tra il marchio contestato e l’altro marchio erano limitate ad una leggera stilizzazione delle lettere e che le lettere erano molto strette, né che il marchio contestato, da una parte, e i segni che costituiscono il logo che rappresentano la lettera «h» o l’elemento figurativo del cane husky, dall’altra, comparivano sistematicamente in modo separato sui prodotti.

74      Alla luce dei suesposti rilievi risulta che il terzo motivo dev’essere considerato infondato.

75      Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.

 Sulle spese

76      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’UAMI, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Husky CZ s.r.o. è condannata alle spese.

Kanninen

Pelikánová

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 febbraio 2015.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.