Language of document : ECLI:EU:C:2014:2240

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 24 settembre 2014 (1)

Causa C‑359/13

B. Martens

contro

Minister van Onderwijs, Cultuur en Wetenschap

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Centrale Raad van Beroep (Paesi Bassi)]

«Finanziamento degli studi superiori in territori d’oltremare – Requisito della residenza – “Regola dei tre anni su sei” – Ex lavoratore frontaliero»





1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa riguarda nuovamente l’ammissibilità al finanziamento fornito dai Paesi Bassi per l’istruzione superiore fuori dai Paesi Bassi – ciò che viene definito «meeneembare studie financiering» (in prosieguo: il «MNSF» o il «finanziamento degli studi portabile»). Nella sentenza nella causa C‑542/09, Commissione/Paesi Bassi (2), la Corte ha dichiarato che la norma olandese in base alla quale ogni richiedente tale finanziamento doveva, oltre ad avere diritto al finanziamento per studiare nei Paesi Bassi, aver anche risieduto legalmente nei Paesi Bassi per almeno tre anni nel corso degli ultimi sei precedenti l’iscrizione (in prosieguo: la «regola dei tre anni su sei») violava l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 (3) in quanto indirettamente discriminatoria.

2.        La regola dei tre anni su sei è stata comunque applicata alla sig.ra Babette Martens, cittadina dei Paesi Bassi residente in Belgio per quasi tutto il periodo della scolarizzazione, la quale ha fatto domanda alle autorità olandesi per un finanziamento degli studi portabile per trasferirsi a Curaçao e compiervi gli studi superiori. Suo padre (anch’egli un cittadino dei Paesi Bassi residente in Belgio) ha lavorato a tempo parziale nei Paesi Bassi per un certo periodo di tempo e alla sig.ra Martens è stato concesso il MNSF per gli studi universitari in relazione a tale periodo. Detto finanziamento le è stato tuttavia negato per il resto dei suoi studi allorché suo padre ha cessato di essere un lavoratore frontaliero, in quanto la regola dei tre anni su sei è stata in seguito applicata alla sua situazione ed ella non la soddisfaceva.

3.        Il Centrale Raad van Beroep (Paesi Bassi) (giudice di appello competente in materia di pubblico impiego e sicurezza sociale) (in prosieguo: il «giudice del rinvio») chiede in sostanza se i) la libera circolazione dei lavoratori o ii) i diritti di cittadinanza dell’Unione europea (in prosieguo: l’«UE») ostino a che i Paesi Bassi applichino la regola dei tre anni su sei in una situazione come quella in esame. In particolare, esso chiede se il sig. Martens possa avvalersi, parimenti nei confronti dei Paesi Bassi, dei diritti derivanti dalla libera circolazione dei lavoratori dopo aver cessato di essere un lavoratore frontaliero in tale Stato membro. Qualora ciò gli sia precluso, il giudice del rinvio chiede chiarimenti sulla questione se la sig.ra Martens possa far valere i propri diritti quale cittadina dell’Unione.

 Diritto dell’Unione

 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

4.        L’articolo 20, paragrafo 1, del TFUE istituisce la cittadinanza dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, i cittadini dell’Unione «godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti nei Trattati». In particolare, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera a), conferisce ai cittadini dell’Unione «il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri». L’articolo 21 conferma tale diritto, aggiungendo che sono «fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai Trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

5.        L’articolo 45 del TFUE stabilisce quanto segue:

«1.      La libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione è assicurata.

2.      Essa implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.

(…)».

6.        Mentre l’articolo 52, paragrafo 1, del TUE, prevede che i Trattati si applichino, tra gli altri, al «Regno dei Paesi Bassi», di cui Curaçao fa parte (4), l’articolo 52, paragrafo 2, del TUE rinvia all’articolo 355 del TFUE per la definizione del campo di applicazione territoriale dei Trattati. A norma dell’articolo 355, paragrafo 2, TFUE, il regime speciale di associazione di cui alla Parte Quarta del TFUE si applica ai paesi e territori d’oltremare (in prosieguo: i «PTOM») elencati nell’Allegato II di tale Trattato (5). L’elenco di cui all’Allegato II comprende le Antille olandesi, che includono Curaçao. Questi paesi e territori sono definiti all’articolo 198, paragrafo 1, TFUE (la prima disposizione della Parte Quarta), come «paesi e territori non europei che mantengono con la Danimarca, la Francia, i Paesi Bassi e il Regno Unito delle relazioni particolari» che gli Stati membri «convengono di associare all’Unione».

7.        La Parte Quarta del TFUE riguarda l’«Associazione dei paesi e territori d’oltremare». L’articolo 202 TFUE dispone che «[f]atte salve le disposizioni che regolano la pubblica sanità, la pubblica sicurezza e l’ordine pubblico, la libertà di circolazione dei lavoratori dei paesi e territori negli Stati membri e dei lavoratori degli Stati membri nei paesi e territori è regolata da atti adottati a norma dell’articolo 203» (6).

 Regolamento n. 1612/68

8.        Il regolamento n. 1612/68 prevede norme complementari per garantire la libertà dei cittadini di uno Stato membro di lavorare in un altro Stato membro e attua in tal modo le disposizioni del Trattato sulla libera circolazione dei lavoratori. Il primo considerando di tale regolamento descrive il suo obiettivo generale come il conseguimento «[del]l’abolizione, fra i lavoratori degli Stati membri, di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro, nonché il diritto di questi lavoratori di spostarsi liberamente all’interno [dell’Unione] per esercitare un’attività subordinata, fatte salve le limitazioni giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica».

9.        Il terzo e il quarto considerando, rispettivamente, stabiliscono che «la libera circolazione costituisce per i lavoratori e per le loro famiglie un diritto fondamentale» e che questo diritto deve essere riconosciuto «ai lavoratori “permanenti”, stagionali e frontalieri o a quelli che esercitino la loro attività in occasione di una prestazione di servizi».

10.      Ai sensi del quinto considerando, il diritto di libera circolazione «richiede, perché esso possa essere esercitato in condizioni obiettive di libertà e di dignità, che sia assicurata di diritto e di fatto la parità di trattamento per tutto ciò che si riferisce all’esercizio stesso di un’attività subordinata e all’accesso all’alloggio, e che siano anche eliminati gli ostacoli che si oppongono alla mobilità dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia e le condizioni d’integrazione della famiglia nella società del paese ospitante».

11.      L’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, prevede che il lavoratore che sia cittadino di uno Stato membro «gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali» nel territorio di un altro Stato membro.

12.      L’articolo 12 del regolamento n. 1612/68 così dispone:

«I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato sul territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono.

(...)».

 Direttiva 2004/38

13.      L’articolo 24 della direttiva 2004/38/CE (7) prevede quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal Trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

2.      In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto a (…) concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari».

 Diritto dei Paesi Bassi

 Statuto del Regno dei Paesi Bassi

14.      Lo Statuut voor het Koninkrijk der Nederlanden (in prosieguo: lo «Statuto del Regno dei Paesi Bassi»), come modificato nel 2010, dispone che il Regno dei Paesi Bassi è costituito dai Paesi Bassi, Aruba, Curaçao e Sint Maarten (8). I Paesi Bassi e le altre entità facenti parte del Regno dei Paesi Bassi condividono un’unica cittadinanza, un unico capo di Stato, e un’unica politica estera e di difesa. Tuttavia, settori quali il finanziamento dell’istruzione e dello studio rimangono autonomi, anche se la cooperazione è possibile.

 Legge sul finanziamento degli studi

15.      La Wet Studiefinanciering (legge sul finanziamento degli studi; in prosieguo: la «Wsf 2000») stabilisce le condizioni per il finanziamento degli studi nei Paesi Bassi e all’estero. Per gli studi di insegnamento superiore nei Paesi Bassi può essere accordato un finanziamento agli studenti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, che frequentino un istituto di insegnamento designato o autorizzato e che soddisfino un requisito di cittadinanza. L’articolo 2.2 definisce il requisito di cittadinanza. Tra coloro che sono idonei, sono inclusi i cittadini olandesi e non olandesi che sono trattati, nel settore dei finanziamenti per gli studi, quali cittadini olandesi in base ad un trattato o ad una decisione di un’organizzazione internazionale.

16.      I cittadini dell’Unione che sono economicamente attivi nei Paesi Bassi ed i loro familiari non devono aver risieduto nei Paesi Bassi per beneficiare di questo tipo di finanziamento. Pertanto, i lavoratori transfrontalieri (9), che lavorano nei Paesi Bassi ma risiedono altrove, e i loro familiari sono inclusi. Al contrario, i cittadini dell’Unione non economicamente attivi nei Paesi Bassi sono ammessi al finanziamento dopo cinque anni di soggiorno legale nei Paesi Bassi.

17.      Ai sensi dell’articolo 2.13, paragrafo 1, lettera d), della Wsf 2000, a decorrere dal 1° settembre 2007, uno studente non ha diritto al finanziamento degli studi se, nel periodo in questione, ha i requisiti per un aiuto per le spese di accesso all’istruzione o di mantenimento, accordato dalle autorità competenti per la concessione di tali aiuti, in uno Stato diverso dai Paesi Bassi.

18.      Ai sensi dell’articolo 2.14, paragrafo 2, lettera c), della Wsf 2000, gli studenti (a prescindere dalla loro nazionalità) che chiedono un finanziamento degli studi portabile devono, oltre ad essere idonei al finanziamento degli studi superiori nei Paesi Bassi, soddisfare la regola dei tre anni su sei. Tale disposizione si applica solo agli studenti che si sono iscritti dopo il 31 agosto 2007 ad un corso di studi superiori fuori dai Paesi Bassi.

19.      Ai sensi dell’articolo 3.21, paragrafo 2, della Wsf 2000, nessun finanziamento degli studi è concesso per un periodo di studi precedente alla richiesta di finanziamento. Tuttavia, si applicano alcune disposizioni transitorie. Così, ad esempio, l’articolo 12.1ba recita che: «Ad uno studente che ha ricevuto un finanziamento degli studi prima del 1° settembre 2007 per seguire un corso di studi superiori fuori dai Paesi Bassi, restano applicabili gli articoli (...) nella formulazione del 31 agosto 2007, fintantoché questi goda senza interruzione di detto finanziamento».

20.      Ai sensi dell’articolo 11.5 della Wsf 2000, il Minister van Onderwijs, Cultuur en Wetenschap (Ministro dell’Educazione, della Cultura e della Scienza; in prosieguo: il «Ministro») non è tenuto ad applicare la regola dei tre anni su sei qualora l’applicazione di tale condizione, in considerazione degli interessi che la Wsf mira a tutelare, possa comportare un caso evidente di grave ingiustizia (in prosieguo: la «clausola di equità (hardship clause)»).

21.      Prima del 1° gennaio 2014 la regola dei tre anni su sei non si applicava agli studenti (indipendentemente dalla loro cittadinanza) che avessero chiesto il MNSF per seguire un corso di studi superiori nelle «regioni limitrofe» dei Paesi Bassi (10).

22.      Secondo il giudice nazionale, il MNSF si compone di: una borsa di base, il cui ammontare varia in funzione della circostanza che lo studente viva con i genitori (ossia, all’indirizzo di uno o di entrambi i genitori) o sia indipendente; un contributo per le spese di trasporto (in prosieguo: l’«OV vergoeding»); un prestito integrativo, soggetto a un limite massimo; una borsa integrativa il cui importo dipende dal reddito dei genitori; e un prestito per coprire le spese di iscrizione che sono limitate, in linea di principio, alle spese massime di iscrizione applicabili da istituzioni scolastiche olandesi per un corso equivalente.

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

23.      La sig.ra Martens è nata il 2 ottobre 1987 nei Paesi Bassi, ove ha vissuto fino al giugno del 1993 (all’epoca aveva poco meno di sei anni), quando si è trasferita con i genitori (anche loro cittadini olandesi) in Belgio, dove è cresciuta ed ha completato l’istruzione scolastica. Suo padre lavorava in Belgio, paese in cui continua a svolgere la sua attività. Tuttavia, nel periodo compreso fra il 1° ottobre 2006 ed il 31 ottobre 2008 egli ha anche lavorato a tempo parziale nei Paesi Bassi. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che dopo l’ottobre 2008 egli non ha cercato lavoro nei Paesi Bassi e non era altrimenti disponibile per tale mercato del lavoro, lavorando invece a tempo pieno in Belgio.

24.      Il 15 agosto 2006 la sig.ra Martens si è iscritta per iniziare un corso di laurea presso l’Università delle Antille olandesi in Curaçao nell’anno accademico 2006‑2007. Durante i suoi studi in tale paese i genitori le hanno fornito un considerevole sostegno finanziario (spese di mantenimento e per gli studi) e hanno ricevuto un assegno familiare in Belgio per la figlia. Il giudice del rinvio ha spiegato che tale assegno familiare si distingue dalle borse di studio per studenti adulti e che la Comunità fiamminga solitamente non assegna quest’ultimo per l’istruzione o per la formazione conseguita presso istituzioni educative al di fuori del cosiddetto spazio europeo dell’istruzione superiore.

25.      Il 24 giugno 2008 la sig.ra Martens ha fatto domanda di finanziamento degli studi alle autorità neerlandesi (una borsa di base e un contributo per spese di viaggio). Ha dichiarato di non aver ricevuto il finanziamento degli studi da un altro paese e che, durante i sei anni precedenti l’iscrizione presso l’Università delle Antille olandesi (ossia, dal 2000 al 2006), aveva soggiornato nei Paesi Bassi per almeno tre anni. Sembra che il giudice del rinvio non dubiti della buona fede della dichiarazione della sig.ra Martens e ritenga che a quel tempo vi possa essere stato un malinteso per quanto riguarda la regola dei tre anni su sei.

26.      Con decisione del 22 agosto 2008 alla sig.ra Martens è stato concesso il finanziamento degli studi per il periodo decorrente dal settembre 2007, il che significa che ella ha ricevuto un finanziamento a partire dal secondo anno di studi. Tale finanziamento è stato rinnovato su base periodica ed era basato sul presupposto che la sig.ra Martens soddisfacesse la regola dei tre anni su sei.

27.      Il 1° febbraio 2009, la sig.ra Martens ha chiesto un ulteriore prestito, anch’esso ottenuto.

28.      Successivamente, a seguito di un controllo, il 28 maggio 2010 il Ministro ha dichiarato che, nel periodo dall’agosto del 2000 al luglio del 2006, la sig.ra Martens non aveva soggiornato per tre anni nei Paesi Bassi e ha deciso che i contributi già versati (EUR 19 481,64) avrebbero dovuto essere revocati. Alla sig.ra Martens è stato richiesto di rimborsare le somme già ricevute.

29.      Il reclamo della sig.ra Martens avverso tali decisioni è stato dichiarato infondato, così come lo era stato il suo ulteriore ricorso dinanzi al Rechtbank ҆s-Gravenhage (Tribunale dell’Aja; in prosieguo: il «rechtbank»). Ella ha quindi proposto ricorso contro la sentenza del rechtbank dinanzi al giudice del rinvio. La sig.ra Martens ha sostenuto che le decisioni violavano il principio del legittimo affidamento e che la presunta mancanza di un collegamento sufficiente con i Paesi Bassi non poteva giustificare la decisione del Ministro.

30.      Il 1° luglio 2011 la sig.ra Martens ha conseguito la sua laurea e si è trasferita nei Paesi Bassi.

31.      Il giudice del rinvio ha sospeso la decisione sul ricorso fino a quando la Corte non avesse pronunciato la sua sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, emessa il 14 giugno 2012 (11).

32.      Il Ministro ha quindi riconosciuto che il padre della sig.ra Martens era stato un lavoratore frontaliero nei Paesi Bassi dal 1° ottobre 2006 fino al 31 ottobre 2008 e che, pertanto, la sig.ra Martens aveva il diritto al finanziamento degli studi portabile per il periodo da settembre 2007 a ottobre 2008 (12). Ciò in quanto, a seguito della sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, la regola dei tre anni su sei non poteva essere applicata in tali circostanze. Tuttavia, il Ministro ha mantenuto la decisione di revocare il finanziamento dal momento in cui il padre della sig.ra Martens aveva cessato di essere un lavoratore frontaliero nei Paesi Bassi (ossia, novembre 2008).

33.       Secondo il giudice del rinvio, il Ministro non ha basato la propria decisione sul fatto che la sig.ra Martens poteva aver avuto accesso al sostegno finanziario dal Belgio (anche se, in base a quanto esposto dal giudice del rinvio, il Belgio non sembra concedere un finanziamento degli studi presso istituti scolastici con sede al di fuori dell’Unione europea) e, pertanto, il giudice del rinvio non ha ulteriormente esaminato tale questione (13).

34.      In siffatto contesto il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha presentato una domanda di pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)a) Se il diritto dell’[UE], segnatamente l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che lo Stato membro dell’Unione europea (ossia il Regno dei Paesi Bassi) ponga termine al diritto al finanziamento per un corso di studi o di formazione fuori dall’Unione di un figlio maggiorenne a carico di un lavoratore frontaliero, avente la cittadinanza olandese, che risiede in Belgio e lavora in parte in Belgio e in parte nei Paesi Bassi, nel momento in cui cessa il lavoro frontaliero e le attività lavorative sono svolte solo in Belgio, per il motivo che detto figlio non soddisfa la condizione di avere abitato nei Paesi Bassi almeno tre dei sei anni precedenti la sua iscrizione presso l’istituto di cui trattasi.

b)      In caso di risposta positiva alla prima questione, lettera a), se il diritto dell’[UE] osti a che, ammesso che siano soddisfatte le altre condizioni per il finanziamento degli studi, si conceda il finanziamento per un periodo inferiore alla durata del corso di studi o di formazione per il quale esso è concesso.

Qualora la Corte di Giustizia, nella risposta alla prima questione, lettere a) e b), pervenga alla conclusione che la normativa sul diritto di libera circolazione dei lavoratori non osti a che la sig.ra Martens non sia ammessa al finanziamento degli studi per il periodo dal novembre 2008 al giugno 2011, o per una parte di detto periodo:

2.      Se gli articoli 20 TFUE e 21 TFUE debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che lo Stato membro dell’Unione (ossia il Regno dei Paesi Bassi) non proroghi il finanziamento per un corso di studi o di formazione presso un istituto avente sede nei paesi e territori d’oltremare (PTOM) (nel caso di specie, in Curaçao), che era stato concesso all’interessata poiché il padre lavorava nei Paesi Bassi come lavoratore frontaliero, per il motivo che ella non soddisfa la condizione, vigente per ogni cittadino dell’[UE], e dunque anche per i cittadini [olandesi], di aver abitato nei Paesi Bassi per almeno tre dei sei anni precedenti la sua iscrizione a tale corso di studi».

35.      Sono state presentate osservazioni scritte dal governo danese e dei Paesi Bassi e dalla Commissione europea. Tali parti hanno altresì presentato osservazioni orali all’udienza del 2 luglio 2014.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

36.      L’istruzione comporta alcuni costi almeno per lo Stato membro che fornisce l’istruzione, per lo studente stesso (se è finanziariamente autonomo) o per coloro dai quali lo studente sia finanziariamente dipendente e per altri finanziatori dell’istruzione (pubblici e privati). Sotto il profilo del diritto dell’Unione, gli Stati membri restano competenti a decidere se finanziare o meno gli studi superiori e, in caso affermativo, in quale misura. Il diritto dell’Unione in linea di principio non interferisce con la decisione di uno Stato membro di rendere disponibili finanziamenti per studi seguiti presso istituti di istruzione superiore stabiliti al di fuori del proprio territorio ed eventualmente al di fuori dell’Unione né con le condizioni che esso applica a tale finanziamento.

37.      Tuttavia, la situazione di alcuni richiedenti tali finanziamenti può essere contemplata dal diritto dell’Unione. Tali richiedenti possono quindi trarre diritti dal diritto dell’Unione, anche riguardo al loro Stato membro di origine. Pertanto, nell’esercizio della loro (indubbia) competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione (14). In particolare, essi devono garantire che, ad esempio, le condizioni per la concessione di tali finanziamenti non creino restrizioni ingiustificate al diritto di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, né discriminazioni sulla base della cittadinanza (15).

38.      L’aspetto problematico nel caso di specie non è dunque la decisione dei Paesi Bassi di finanziare gli studi superiori al di fuori dei Paesi Bassi, quanto piuttosto una condizione (ossia, la regola dei tre anni su sei) applicata nel decidere se concedere o no quel finanziamento per un determinato richiedente.

39.      I primi casi inerenti alle condizioni di soggiorno e di finanziamento per gli studi riguardavano spesso lavoratori divenuti studenti e che non erano ulteriormente sostenuti economicamente da altri soggetti (16). Non è raro, tuttavia, che gli studenti restino a carico dei familiari (in genere, a carico di uno o di entrambi i genitori) durante tutto o parte del periodo durante il quale essi studiano. In tal caso, ottenere un finanziamento degli studi può attenuare l’onere finanziario altrimenti a carico di tali familiari. Secondo giurisprudenza costante, gli aiuti concessi per il mantenimento e l’educazione al fine di seguire gli studi universitari comprovati da una qualifica professionale, anche per i figli dei lavoratori migranti, rappresentano un vantaggio sociale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 (17), ma solo nella misura in cui il lavoratore migrante continui a provvedere al mantenimento di suo/sua figlio/a (18).

40.      Nel caso di specie è pacifico che il padre della sig.ra Martens l’abbia mantenuta durante i suoi studi in Curaçao. Pertanto, il finanziamento degli studi portabile richiesto dalla sig.ra Martens rappresenta un vantaggio sociale per suo padre ai sensi del regolamento n. 1612/68. È ormai pacifico che la sig.ra Martens aveva diritto al MNSF per il periodo da ottobre 2007 a ottobre 2008, mentre suo padre era un lavoratore frontaliero nei Paesi Bassi. Ciò che è in discussione è se ne avesse diritto in seguito.

41.      Con la prima questione pregiudiziale si chiede alla Corte di esaminare specificamente la posizione della sig.ra Martens quale figlia a carico di un ex lavoratore frontaliero. Qualora la sig.ra Martens possa avvalersi dello status del padre quale ex lavoratore frontaliero nei Paesi Bassi e da tale status far derivare diritti per poter continuare ad accedere al finanziamento degli studi per la restante parte dei suoi studi in Curaçao, non occorre esaminare la seconda questione pregiudiziale, che è incentrata sui diritti della sig.ra Martens quale cittadina dell’UE (19). (Solo in quest’ultimo ambito i Paesi Bassi prendono una posizione chiara sulla possibile giustificazione di una restrizione dei diritti).

42.      Per ragioni di completezza, risponderò a entrambe le questioni. Prima di farlo, però, dovrò valutare se il luogo di studio della sig.ra Martens (Curaçao) sollevi questioni per quanto riguarda l’applicazione sotto il profilo territoriale sia della libertà di circolazione dei lavoratori sia dei diritti di cittadinanza dell’Unione.

 Ambito territoriale di applicazione del diritto dell’Unione

43.      Curaçao fa parte del Regno dei Paesi Bassi, ma ha anche la specifica caratteristica di territorio d’oltremare. L’applicazione della regola dei tre anni su sei alla sig.ra Martens fa presumere che il Ministro abbia ritenuto che la sig.ra Martens non stesse studiando «nei Paesi Bassi» (20). In udienza il governo dei Paesi Bassi ha confermato che la sua posizione era effettivamente in tal senso.

44.      Ci si chiede se il luogo di studio della sig.ra Martens sollevi interrogativi per quanto riguarda l’applicazione territoriale della libera circolazione dei lavoratori e/o dei diritti di cittadinanza dell’Unione.

45.      È vero che, ove esistano accordi particolari tra l’Unione europea e i PTOM, le disposizioni dei Trattati diverse da quelle di cui alla Parte Quarta del TFUE si applicano solo se siano rese espressamente applicabili (21). Pertanto, a meno che i Trattati indichino espressamente che un particolare articolo si applica anche ai territori al di fuori dell’Unione europea o di Stati terzi (22), tale articolo non si applica ai PTOM (23).

46.      A mio avviso questi problemi non si presentano nel caso in esame.

47.      La questione nella fattispecie non è se il diritto dell’Unione si applichi giacché un cittadino dell’Unione (economicamente attivo o inattivo) si è trasferito da uno Stato membro in un PTOM. Piuttosto, ciò che rileva è se possano derivare diritti dalla circolazione di un cittadino dell’Unione tra due Stati membri (i Paesi Bassi e il Belgio) e dal successivo soggiorno in uno Stato membro (Belgio), che non è lo Stato membro di cittadinanza nell’ambito del finanziamento degli studi messo a disposizione da uno di questi Stati membri (i Paesi Bassi) per gli studi seguiti all’estero.

48.      In particolare, nel caso in esame una condizione (ossia la regola dei tre anni su sei) è stata applicata a una cittadina dell’Unione (la sig.ra Martens), la quale ha esercitato il diritto di libera circolazione e di soggiorno quando si è trasferita dai Paesi Bassi in Belgio e che ha continuato a risiedere in Belgio, almeno fino a quando si è trasferita a Curaçao per compiervi gli studi (24). Ella ha dunque esercitato diritti derivanti dal diritto dell’Unione in modo continuativo, almeno fino al momento in cui la stessa ha inteso far valere tali diritti al fine di accedere al MNSF (25). La sig.ra Martens è anche la figlia a carico di un cittadino dell’Unione che ha esercitato diritti in qualità di lavoratore nel trasferirsi dal proprio Stato membro (i Paesi Bassi) in uno Stato membro ospitante (Belgio) per vivere e lavorare in tale Stato, che in seguito ha lavorato a tempo parziale nei Paesi Bassi, pur continuando a risiedere in Belgio, prima di riprendere il lavoro a tempo pieno nello Stato membro ospitante in cui risiede (Belgio).

49.       In tali circostanze, la situazione sia della sig.ra Martens sia di suo padre rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

 Prima questione: libertà di circolazione dei lavoratori

 Introduzione

50.      Il giudice del rinvio chiede in sostanza se il sig. Martens, il quale è un ex lavoratore frontaliero, e la figlia a suo carico, la quale richiede il MNSF, possano avvalersi di diritti in virtù dello status del primo di lavoratore nei Paesi Bassi, Stato in cui non lavora più, svolgendo un lavoro a tempo pieno in Belgio.

51.      Tutte le parti che hanno presentato osservazioni e sono comparse in udienza concordano sul fatto che l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, ostano a che i Paesi Bassi impongano la regola dei tre anni su sei anni come condizione per la concessione del MNSF a lavoratori migranti e frontalieri nei Paesi Bassi. Questa è stata anche la conclusione della Corte nella causa C‑542/09 Commissione/Paesi Bassi (26). Fino a quando il sig. Martens lavorava nei Paesi Bassi (è stato affermato), la sig.ra Martens avrebbe potuto ottenere il suo finanziamento degli studi portabile. Viene tuttavia sostenuto che, nel momento in cui il lavoratore cessa di essere un lavoratore frontaliero, entrambe le disposizioni non trovano ulteriormente applicazione.

52.      A mio avviso, quanto possa (o non possa) essere richiesto da un soggetto in qualità di ex lavoratore frontaliero è privo di pertinenza. Il fatto è semplicemente che il sig. Martens continua ad essere un lavoratore migrante. Le parti, nel concentrarsi sugli effetti della perdita dello status di lavoratore frontaliero del sig. Martens, hanno trascurato le conseguenze inerenti a questo fatto.

 Limitazione del diritto del sig. Martens ai sensi dell’articolo 45 TFUE

53.      L’articolo 45 TFUE implica sia l’abolizione di qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro e di occupazione, sia il diritto di circolare liberamente nel territorio degli Stati membri al fine di rispondere a offerte di lavoro.

54.      La finalità delle disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle persone è di consentire ai cittadini dell’Unione di svolgere attività lavorative di qualsivoglia natura in tutta l’Unione. Parallelamente a tale obiettivo, esse ostano quindi ad accordi che potrebbero sfavorire i cittadini dell’Unione per il fatto di voler esercitare un’attività economica nel territorio di un altro Stato membro (e perciò lasciare il loro Stato di origine) (27). Pertanto, tali disposizioni ostano a provvedimenti che siano idonei ad ostacolare o a scoraggiare l’esercizio da parte di cittadini dell’Unione di tali libertà (28). Misure che hanno come effetto di privare i lavoratori, come conseguenza dell’esercizio della libertà di circolazione dei lavoratori, dei vantaggi sociali garantiti loro dalla legge di uno Stato membro possono essere qualificate come ostacoli a tale libertà (29). Ciò vale anche quando il diritto nazionale, a prescindere dalla cittadinanza del lavoratore interessato, impedisca ad un cittadino di lasciare il paese d’origine per esercitare il proprio diritto alla libera circolazione (30).

55.      Nel caso di specie la regola dei tre anni su sei viene applicata alla sig.ra Martens in quanto l’occupazione di suo padre come lavoratore frontaliero nei Paesi Bassi ha avuto termine. I fatti descritti dal giudice del rinvio non lasciano intendere che egli abbia mantenuto lo status di lavoratore nei Paesi Bassi (ad esempio, che egli vi stesse cercando lavoro, o che fosse altrimenti disponibile sul mercato del lavoro dei Paesi Bassi) (31). Tuttavia, il sig. Martens non è divenuto economicamente inattivo o non disponibile per il mercato del lavoro. Egli ha piuttosto esercitato il proprio diritto alla libera circolazione, in quanto lavoratore, per svolgere un’occupazione a tempo pieno in Belgio, dove continua a risiedere e lavorare (32). Egli può quindi invocare l’articolo 45 TFUE perché lo tuteli dalle misure che lo hanno sfavorito per aver scelto di lavorare in un altro Stato membro.

56.      L’applicazione della regola dei tre anni su sei sostanzialmente impone al sig. Martens o di non esercitare la libertà di circolazione in quanto lavoratore e di cercare semplicemente un’ulteriore occupazione nei Paesi Bassi (in modo da mantenere il MNSF per la figlia), o di esercitare tale libertà, accettando però la perdita economica del finanziamento degli studi e il possibile rischio che nessun altro finanziamento alternativo possa essere trovato.

57.      Una siffatta misura limita i diritti del padre della sig.ra Martens ai sensi dell’articolo 45 TFUE. Fuorché sia obiettivamente giustificata, essa è vietata ai sensi di tale disposizione (33).

58.      Qualora la Corte non concordi con tale analisi, è necessario fare riferimento alla portata della sentenza C‑542/09 Commissione/Paesi Bassi, allo standard di tutela ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/1968 (e/o dell’articolo 12 del suddetto regolamento), ed infine esaminare le circostanze in cui lo status di ex lavoratore possa continuare a produrre effetti.

 L’ambito di applicazione della sentenza della Corte nella causa C‑542/09 Commissione/Paesi Bassi.

59.      Il punto di partenza delle parti nella presente causa è la sentenza della Corte nella causa C‑542/09. Le conclusioni in tale procedimento di infrazione erano state elaborate ai sensi dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, e riguardavano la discriminazione indiretta sulla base della cittadinanza nei confronti di lavoratori migranti e lavoratori frontalieri rispetto ai lavoratori nazionali.

60.      Secondo la mia lettura della sentenza della Corte in tale causa, essa non comprendeva espressamente anche la situazione di un cittadino olandese che risiedesse al di fuori del proprio Stato membro di origine, esercitando però i propri diritti di libera circolazione ai sensi del diritto dell’Unione per lavorare nei Paesi Bassi (per ragioni di praticità, farò riferimento a tale categoria definendola «lavoratori frontalieri olandesi»).

61.      La Corte, nella causa Commissione/Paesi Bassi, ha dichiarato che i Paesi Bassi non avevano adempiuto ai propri obblighi ai sensi dell’articolo 45 TFUE e dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, poiché avevano imposto ai lavoratori migranti e ai lavoratori frontalieri ed ai relativi familiari a loro carico di rispettare la regola dei tre anni su sei (prevista dall’articolo 2.14, paragrafo 2, della Wsf 2000) al fine di ottenere un finanziamento degli studi superiori al di fuori dei Paesi Bassi. La Corte ha confermato che l’articolo 7, paragrafo 2, garantisce che i lavoratori migranti residenti in uno Stato membro ospitante e i lavoratori frontalieri che, pur esercitando la loro attività subordinata in quest’ultimo Stato membro, risiedono in un altro Stato membro godono degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali (34).

62.      La Corte ha ritenuto che una misura tale come la regola dei tre anni su sei «rischia di operare principalmente a danno dei lavoratori migranti e dei lavoratori frontalieri cittadini di altri Stati membri, considerato che i non‑residenti, nella maggior parte dei casi, sono stranieri» (35). La Corte ha stabilito che, ai fini dell’individuazione di una discriminazione indiretta «non è necessario che [la misura] abbia l’effetto di favorire tutti i cittadini nazionali oppure di sfavorire soltanto i cittadini degli altri Stati membri ad esclusione dei cittadini nazionali» (36). La Corte ha poi individuato le situazioni da confrontare, ai fini dell’accesso al finanziamento portabile, nella situazione i) da un lato, dei lavoratori migranti che esercitano la loro attività nei Paesi Bassi ma residenti in un altro Stato membro e dei lavoratori migranti che esercitano la loro attività e risiedono nei Paesi Bassi ma che non soddisfano la regola dei tre anni su sei ed in quella ii) dall’altro lato, dei lavoratori olandesi che lavorano e risiedono nei Paesi Bassi (37).

63.      La Corte non ha considerato separatamente la posizione dei lavoratori frontalieri olandesi. Nell’identificazione delle due categorie da confrontare essa si è concentrata sulla discriminazione in base alla cittadinanza.

64.      Un lavoratore frontaliero olandese come il padre della sig.ra Martens è in sostanza trattato in maniera differente dai lavoratori nazionali poiché egli ha esercitato i diritti di circolare e di soggiornare liberamente, non in ragione della propria cittadinanza, che è la stessa degli altri lavoratori. Di conseguenza, senza ulteriori analisi, a me sembra che egli non possa far valere la discriminazione indiretta riconosciuta nella causa C‑542/09.

65.      È pertanto necessario approfondire l’esame dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68.

 Parità di trattamento ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68.

66.      Le norme contenute nell’articolo 7 (e quelle contenute nell’articolo 12) del regolamento n. 1612/68 sono ulteriori espressioni della libertà di circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea garantita dall’articolo 45 TFUE (38). Ai sensi del quarto considerando del suddetto regolamento, tale diritto deve essere riconosciuto indistintamente anche ai lavoratori frontalieri. Inoltre, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 garantisce che i lavoratori migranti ed i lavoratori frontalieri ricevano pari trattamento rispetto ai lavoratori nazionali. Esso tutela dalla discriminazione diretta o indiretta sulla base della cittadinanza (39).

67.      Affinché un lavoratore possa invocare il diritto alla parità di trattamento per ottenere una sovvenzione per il finanziamento degli studi come vantaggio sociale ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, il lavoratore deve continuare a provvedere al sostentamento del suo famigliare (40). È questa l’ipotesi che sembra ricorrere nella fattispecie. Non è necessario che il figlio risieda nello Stato membro in cui il lavoratore risiede e lavora (o dove lavora il lavoratore frontaliero) (41).

68.      Nella presente causa, il sig. Martens è trattato in maniera meno favorevole poiché egli ha esercitato i diritti di libera circolazione quale lavoratore e non in ragione della sua cittadinanza olandese.

69.      Nel testo dell’articolo 7, paragrafo 2, che recita «[e]gli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali», il pronome si riferisce al lavoratore descritto immediatamente prima all’articolo 7, paragrafo 1 – ossia, il lavoratore che è cittadino di uno Stato membro ed occupato in un altro Stato membro. Altre disposizioni del regolamento n. 1612/68, in particolare quelle che fanno parte del Titolo II in materia di «Esercizio dell’impiego e parità di trattamento», fanno altresì riferimento ad un lavoratore che è cittadino di uno Stato membro e che è occupato nel territorio di un altro Stato membro.

70.      Tuttavia, dalla giurisprudenza della Corte risulta che lo standard della parità di trattamento di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 è più ampio rispetto al principio della non-discriminazione basata sulla cittadinanza (42).

71.      Nella causa Hartmann la Corte ha infatti confermato che l’ambito di applicazione delle norme del Trattato sulla libertà di circolazione dei lavoratori include «ogni cittadino comunitario che abbia usufruito del diritto alla libera circolazione dei lavoratori e abbia esercitato un’attività lavorativa in uno Stato membro diverso da quello di residenza, indipendentemente dal suo luogo di residenza e dalla sua cittadinanza» (43). Tale soggetto rientra altresì nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1612/68 (44). Quindi, il sig. Hartmann, che risiedeva in un altro Stato membro ma lavorava nel proprio Stato membro di cittadinanza, era considerato come rientrante nell’ambito di applicazione delle norme del Trattato sulla libertà di circolazione dei lavoratori e pertanto anche di quelle del regolamento n. 1612/68 (45). Egli poteva avvalersi dello status di lavoratore migrante ai fini del regolamento n. 1612/68 e invocare l’articolo 7 per gli stessi motivi come qualsiasi altro lavoratore al quale si applichi tale norma (46). La Corte ha confrontato il trattamento di una persona nella sua situazione (un lavoratore che ha esercitato la libertà di circolazione) con il trattamento dei lavoratori nazionali (ossia, i lavoratori nazionali che non hanno esercitato i diritti di circolare e di soggiornare liberamente).

72.      In tale contesto la Corte ha altresì fatto riferimento al quarto considerando del regolamento n. 1612/68, che prevede che il diritto di circolare liberamente debba essere riconosciuto «indistintamente ai lavoratori “permanenti”, stagionali e frontalieri (…)» (47). Un lavoratore può allo stesso modo invocare l’articolo 7 del regolamento n. 1612/68 nei confronti del proprio Stato membro di cittadinanza nel caso in cui egli abbia risieduto e abbia esercitato un’attività lavorativa in un altro Stato membro (48).

73.      Pare quindi che il concetto di «lavoratore nazionale» di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, debba essere inteso nel senso che esso indica il lavoratore nazionale che non ha esercitato i diritti di circolare e di soggiornare liberamente, e che lo standard di tutela ai sensi di detta norma sia la parità di trattamento indipendentemente dalla cittadinanza, in modo da promuovere l’esercizio della libertà di circolazione e di residenza ai sensi del diritto dell’UE.

74.      Ne consegue che sia l’articolo 45 TFUE sia l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, ostano a che uno Stato membro sfavorisca i lavoratori (siano essi permanenti, stagionali o frontalieri) (49) che abbiano esercitato i diritti di circolare e di soggiornare liberamente. Nonostante il testo letterale dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, tale norma e l’articolo 45 TFUE impediscono così ai Paesi Bassi di negare il finanziamento degli studi al figlio a carico di un lavoratore frontaliero che abbia la cittadinanza olandese sulla base della regola dei tre anni su sei fino a quando quest’ultimo sia un lavoratore frontaliero. Il che si verifica in quanto la regola dei tre anni su sei sfavorisce un lavoratore frontaliero rispetto ad un lavoratore nazionale in circostanze analoghe.

 Perdita dello status di lavoratore

75.      Ho già spiegato perché ritengo che la Corte in questa sede non debba decidere se (e, nel caso, in quale misura) una persona possa continuare ad invocare (alcune) norme relative alla libertà di circolazione dei lavoratori dopo aver perso lo status di lavoratore migrante o lavoratore frontaliero (50). Ciononostante, per completezza, illustrerò la questione in termini astratti.

76.      A mio avviso, la questione si pone solo nel caso in cui una persona non eserciti più la libertà predetta lavorando, essendo all’effettiva ricerca di un impiego (51), o rimanendo disponibile in qualunque altro modo per il mercato del lavoro nello Stato membro ospitante (52). Si tratterebbe, ad esempio, del caso di una persona che nella situazione del sig. Martens abbia concluso la propria vita lavorativa e sia andata in pensione (in Belgio o in qualsiasi altro luogo).

77.      In linea di principio, tale persona non può più trarre diritti dal precedente status di lavoratore (53). La perdita di siffatto status comporta la perdita della tutela da esso fornita ai sensi del diritto dell’Unione. Tuttavia, un semplice cambiamento dell’attività lavorativa non può far cessare detta tutela (54).

78.      Nel caso in cui tale cittadino dell’Unione continui a risiedere nel territorio dello Stato membro ospitante, egli può, in qualunque caso, invocare il principio della parità di trattamento di cui all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 che lo tutela in virtù della sua cittadinanza dell’Unione (55). In detto contesto lo stesso fatto che egli fosse in precedenza un lavoratore e/o avesse mantenuto quello status può essere la base per il diritto di soggiorno (56). Inoltre, la legislazione dell’Unione può essa stessa prevedere che i diritti derivino da o siano connessi al precedente status di lavoratore (57).

79.      La Corte ha anche ammesso che lo status di ex lavoratore migrante o di ex lavoratore frontaliero possa produrre effetti dopo la cessazione dello stesso rapporto di lavoro (58). La suddetta (più ampia) tutela può ancora essere applicata nonostante tale persona possa essere tutelata dai diritti di cittadinanza dell’Unione una volta che non sia più economicamente attiva. La libertà di circolazione per i lavoratori offre una tutela più ampia. Specificamente, per quanto riguarda il finanziamento degli studi, la Corte ha ritenuto che, fin tanto che il genitore goda dello status di lavoratore migrante o di lavoratore frontaliero, uno Stato membro non può applicare un requisito di residenza ed invocare l’obiettivo di evitare un onere finanziario sproporzionato come una ragione imperativa di interesse generale idonea a giustificare una disparità di trattamento tra lavoratori nazionali e lavoratori frontalieri e migranti (59).Esso non può dunque adottare una misura come un requisito di residenza al fine di limitare la solidarietà finanziaria che deve essere offerta ai lavoratori migranti e ai lavoratori frontalieri rispetto ai lavoratori nazionali. Di conseguenza, a differenza della giustificazione di tale misura sulla base dello stesso obiettivo nel contesto dei diritti di cittadinanza dell’Unione, le questioni che riguardano la proporzionalità di tale requisito non si pongono (60).

80.      Ci si chiede in quali circostanze un ex lavoratore frontaliero o un ex lavoratore migrante debba continuare ad essere tutelato dai diritti dei lavoratori di circolare liberamente (ossia, a godere di una tutela diversa da quella espressamente attribuita dalla normativa).

81.      È chiaro il motivo per cui gli effetti di alcuni vantaggi sociali devono continuare indipendentemente dal luogo di residenza. Ciò si verifica, in modo palese, quando il vantaggio sia connesso in maniera intrinseca alla cessazione di un rapporto di lavoro o alla vita lavorativa di un lavoratore (61). Quindi, l’indennità al momento della risoluzione di un contratto di lavoro è per definizione disponibile solo per una persona che sia stata occupata in precedenza, ma non lo sia più. In tali circostanze, deve essere possibile invocare lo status di ex lavoratore. Il diritto derivato conferma tale posizione (62).

82.      Quando un evento o una situazione in relazione alla quale è attribuito un vantaggio sociale si verifica dopo la fine del rapporto di lavoro e non è connesso a quel determinato fatto o con l’occupazione precedente del lavoratore, in linea di principio non è possibile continuare ad invocare, ad esempio, l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, o l’articolo 45 TFUE (63). Così, quando lo stesso ex lavoratore studi successivamente nello Stato membro ospitante, la Corte ha dichiarato che egli mantiene il suo status di lavoratore e che pertanto, nel chiedere l’accesso alle sovvenzioni di mantenimento e di formazione, può invocare l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 a condizione che vi sia una relazione tra l’attività lavorativa precedente e gli studi seguiti (64). Invece, nel caso in cui il rapporto di lavoro precedente sia meramente accessorio agli studi che devono essere finanziati con la sovvenzione, egli non mantiene il proprio status di lavoratore e non è possibile invocare tale norma (65). In via eccezionale, nel caso in cui il lavoratore si ritrovi involontariamente disoccupato e sia obbligato dalle condizioni del mercato del lavoro ad ottenere una riqualificazione professionale in un settore di attività diverso, non è richiesta alcuna correlazione con l’impiego precedente (66).

83.      Ci si chiede cosa accada se l’evento o la situazione che determina la necessità di accedere al vantaggio sociale si verifichi prima della perdita dello status di lavoratore frontaliero o di lavoratore migrante, e poi continui dopo la perdita di detto status.

84.      Anche in questo caso, a mio avviso, ciò dipenderà dall’ambito di applicazione del vantaggio e dalla ragione per cui è attribuito.

85.      A tale riguardo molte parti hanno richiamato la sentenza nella causa Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado. Procederò pertanto all’esame di tale causa in maniera dettagliata.

86.      La Corte in detta causa ha concluso che non vi era alcuna circostanza particolare che giustificasse la deroga al principio secondo cui la perdita dello status di lavoratore frontaliero o di lavoratore migrante comporta la perdita della tutela associata a quello status in circostanze in cui un ex lavoratore (che non era più residente nello Stato membro ospitante) abbia tentato di invocare la libertà di circolazione dei lavoratori al fine di ottenere da quest’ultimo il finanziamento degli studi alle stesse condizioni di quelle applicate da quello Stato ai propri cittadini (67).

87.      Con riferimento alle circostanze di fatto, la summenzionata causa riguardava un ex lavoratore che aveva goduto di un assegno familiare, aveva cessato l’attività lavorativa, aveva ottenuto un’indennità di invalidità e che poi, a causa di una riforma legislativa in virtù della quale il diritto a ricevere un assegno familiare era stato trasformato in un diritto a ricevere una borsa di studio (68), aveva perso tale indennità perché la figlia aveva terminato gli studi secondari e pertanto non soddisfaceva più il requisito della norma transitoria secondo la quale i figli devono continuare a seguire lo stesso tipo di studi che seguivano alla data del 1° ottobre 1995.

88.      La Corte ha affermato che non può sostenersi che i requisiti per accedere al finanziamento degli studi siano idonei a frapporre ostacoli ai diritti ai sensi dell’articolo 45 TFUE nei casi in cui un lavoratore migrante abbia cessato di lavorare e sia tornato nel proprio Stato membro di origine dove risiedono anche i suoi figli (69). Nel giungere a tale conclusione, la Corte ha confermato che i) l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 non deve essere interpretato nel senso che l’ex lavoratore possa avvalersi dello stesso al fine di chiedere l’accesso senza discriminazione ai benefici sociali attribuiti dagli Stati membri ospitanti (70); ma che ii) gli effetti potrebbero continuare nel caso in cui il vantaggio sia intrinsecamente connesso alla cessazione di un rapporto di lavoro o alla vita lavorativa di un lavoratore (71) e quando la normativa li preveda espressamente (72).

89.      Poco tempo dopo, nella causa Leclere e Deaconescu, la Corte ha riconosciuto che, nel caso in cui un lavoratore abbia cessato di svolgere la sua attività professionale, egli «continua (….) ad avere diritto a determinati vantaggi acquisiti in occasione del suo rapporto di lavoro» (73). In tale causa l’avvocato generale Jacobs ha ritenuto che la questione fosse se ad un ex lavoratore nazionale (che non aveva esercitato i diritti di circolare liberamente) sia attribuito il vantaggio in ragione del suo status di ex lavoratore indipendentemente dalla sua residenza. Se la risposta è negativa, allora l’ex lavoratore migrante o l’ex lavoratore frontaliero non possono più invocare la tutela fornita a quello status (74).

90.      Concludo – e sottolineo ancora che sto esaminando la presente questione in termini astratti – che un ex lavoratore non ha il diritto di continuare a godere di tutti i vantaggi acquisiti durante il suo rapporto di lavoro. La nozione di «vantaggio sociale» di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, è molto ampia e comprende i benefici che, connessi o meno ad un rapporto di lavoro, vengono conferiti ai lavoratori nazionali in ragione principalmente del loro status oggettivo di lavoratori o del semplice fatto della loro residenza nel territorio nazionale (75). Un ex lavoratore può continuare ad invocare i diritti dei lavoratori di circolare liberamente in relazione ai quei vantaggi sociali che sono connessi al suo ex rapporto di lavoro. Tuttavia, il finanziamento portabile degli studi come il MNSF non è generalmente assegnato ai lavoratori (o ai figli a loro carico) in virtù del loro rapporto di lavoro. Si tratta di un vantaggio sociale che i Paesi Bassi hanno reso disponibile a tutti i cittadini dell’Unione che desiderino studiare al di fuori dei Paesi Bassi e che siano sufficientemente integrati nei Paesi Bassi. Il diritto dell’Unione pertanto osta a che i Paesi Bassi neghino tale vantaggio ai cittadini dell’Unione che abbiano esercitato la libertà di circolazione dei lavoratori (poiché il loro status oggettivo di lavoratori è un’evidente prova di integrazione fin dall’inizio).

91.      Ciò significa anche, come ha sottolineato l’avvocato generale Jacobs (76), che nel caso in cui uno Stato membro continui a fornire un vantaggio sociale agli ex lavoratori indipendentemente dalla cessazione del loro rapporto di lavoro ed a prescindere dalla residenza, esso non può fare discriminazioni nei confronti degli ex lavoratori che sono cittadini di altri Stati membri o che abbiano esercitato la libertà di circolazione dei lavoratori. In tale contesto, un ex lavoratore frontaliero o un ex lavoratore migrante possono continuare ad invocare la tutela garantita dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, in relazione ai vantaggi acquisiti prima della cessazione del loro status di lavoratore frontaliero o di lavoratore migrante.

92.      Spetta pertanto allo Stato membro decidere se gli ex lavoratori (nazionali) continuano a godere di un vantaggio sociale come il finanziamento degli studi dopo la cessazione del rapporto di lavoro in ragione del loro precedente rapporto di lavoro. In caso affermativo, uno Stato membro non può trattare in maniera meno favorevole i lavoratori che sono cittadini di un altro Stato membro e/o che hanno esercitato la loro libertà di circolazione dei lavoratori.

 Articolo 12 del regolamento n. 1612/68

93.      Nonostante il giudice del rinvio chieda solo chiarimenti sull’articolo 45 TFUE e sull’articolo 7 del regolamento n. 1612/68, tutte le parti hanno anche discusso riguardo all’articolo 12 del predetto regolamento nell’ambito della loro risposta alla prima questione (incluso il punto se esso possa applicarsi in qualche misura al figlio di un lavoratore frontaliero). Per completezza, concluderò questa parte delle mie conclusioni trattando la suddetta disposizione.

94.      L’articolo 12 attribuisce un diritto separato e distinto ai figli dei lavoratori che lavorano o che hanno lavorato nel territorio di un altro Stato membro (77). Esso garantisce loro l’accesso, inter alia, ai corsi di istruzione generali nello Stato membro in cui il loro genitore è o era occupato (che quindi, è o è stato un lavoratore migrante) alle stesse condizioni dei cittadini di quel dato Stato, a condizione che essi siano residenti nel territorio dello Stato membro ospitante (78). Quindi, i figli in quella situazione possono svolgere e, all’occorrenza, terminare i loro studi nello Stato membro ospitante (79). Essi possono altresì invocare l’articolo 12 nel caso in cui lo Stato membro ospitante offra ai suoi cittadini l’opportunità di ottenere una sovvenzione per l’istruzione o per la formazione fornita all’estero (80). Per avvalersi dell’articolo 12, un richiedente non deve essere il figlio a carico di un lavoratore migrante, o dimostrare che i suoi genitori hanno entrambi un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante o provare che i suoi genitori continuano ad essere lavoratori migranti (81). Né i suoi genitori devono rimanere sposati o entrambi cittadini dell’Unione (82). Ciò che importa è che il figlio vivesse con i genitori (o con uno di essi) nello Stato membro ospitante mentre almeno uno dei genitori vi risiedeva in qualità di lavoratore (83). In questo modo l’articolo 12 contribuisce allo scopo generale del regolamento n. 1612/68 di realizzare le migliori condizioni possibili per l’integrazione della famiglia del lavoratore migrante nella società dello Stato membro ospitante (84). Un figlio di un lavoratore migrante deve avere la possibilità di andare a scuola e di proseguire la sua istruzione nello Stato membro ospitante al fine di poter completare con successo la sua istruzione (85). Per questa ragione, il diritto di accesso all’istruzione e il diritto di soggiorno ad esso connesso permangono fino a che il figlio non abbia completato i suoi studi (86).

95.      Tuttavia, per definizione, un lavoratore frontaliero non risiede e lavora nello Stato membro ospitante.

96.      Infatti, la formulazione letterale dell’articolo 12 indica che esso non si applica ai figli di lavoratori frontalieri. Una siffatta lettura appare tuttavia difficile da conciliare con il principio secondo cui i lavoratori migranti e i lavoratori frontalieri debbano essere trattati nella stessa maniera, come deriva dal quarto considerando del regolamento n. 1612/68 e altresì da giurisprudenza consolidata sulla libera circolazione dei lavoratori (87).

97.      In ogni caso, anche qualora il genitore (lavoratore frontaliero) non debba risiedere nello Stato membro ospitante ai fini dell’applicazione dell’articolo 12 del regolamento n. 1612/68 (un punto che lascio espressamente aperto), il figlio – a me pare – deve aver dimostrato un certo legame o una certa integrazione nello Stato membro ospitante risiedendovi o compiendovi gli studi. Nella presente sede non esprimo una conclusione definitiva su come debba precisamente essere delineato tale confine. Nella causa in esame la sig.ra Martens non ha soggiornato nei Paesi Bassi mentre suo padre era un lavoratore frontaliero in tale Stato ed ha richiesto il finanziamento degli studi per frequentare un istituto di istruzione al di fuori dei Paesi Bassi.

98.      La mia conclusione è che l’articolo 12 del regolamento n. 1612/68 non è rilevante nella presente causa.

 Seconda questione: diritti di circolare e di soggiornare liberamente dei cittadini dell’Unione

99.      Non ritengo sia necessario che la Corte risponda alla seconda questione relativa alla cittadinanza dell’Unione. Gli articoli 20 e 21, paragrafo 1, TFUE, trovano specifica espressione nell’articolo 45 TFUE per quanto riguarda la libertà di circolazione dei lavoratori (88); il sig. Martens può dunque continuare ad avvalersi di quest’ultima disposizione. Qualora la Corte dissenta e decida di rispondere alla seconda questione, ritengo che la giurisprudenza esistente fornisca gli elementi necessari per dare chiarimenti al giudice del rinvio.

100. La sentenza nella causa C‑542/09 non ha esaminato l’applicazione della regola dei tre anni su sei ai figli a carico dei cittadini olandesi che non sono né economicamente attivi nei Paesi Bassi né residenti negli stessi. Tuttavia, la Corte ha considerato misure simili in occasioni successive nel contesto dei diritti di cittadinanza dell’Unione, particolarmente in rinvii pregiudiziali riguardanti cittadini tedeschi che vivevano al di fuori della Germania, i quali avevano fatto domanda per un finanziamento degli studi in Germania (89).

101. In sostanza, la Corte ha statuito che gli Stati membri che mettono a disposizione sovvenzioni per l’istruzione o la formazione per gli studi in un altro Stato membro devono assicurare che le modalità di concessione per l’assegnazione di dette sovvenzioni non creino una restrizione ingiustificata del diritto di trasferirsi e di soggiornare nell’ambito del territorio degli Stati membri stabilito dall’articolo 21 TFUE (90). Un requisito che preveda una residenza ininterrotta per un periodo definito è stato ritenuto costituire una restrizione di questo tipo: esso è tale da dissuadere i cittadini dall’esercizio dei loro diritti di circolare e di soggiornare liberamente in un altro Stato membro, poiché qualora si avvalgano di detti diritti, essi possono perdere il diritto alle sovvenzioni per l’istruzione e la formazione (91).

102. Nell’esaminare se una tale restrizione possa giustificarsi sulla base di considerazioni oggettive di interesse generale (indipendentemente dalla cittadinanza) e della proporzionalità della misura in esame in relazione all’obiettivo legittimo dalla stessa perseguito, la Corte ha spiegato che è legittimo per gli Stati membri far dipendere l’assegnazione di un sostegno finanziario per l’intero corso di studi all’estero dalla condizione che gli studenti dimostrino un livello sufficiente di integrazione nello Stato membro che fornisce il beneficio dell’aiuto in questione (92). Tale obiettivo è stato descritto dalla Corte come un mezzo di un ulteriore fine, segnatamente quello di evitare di porre un onere irragionevole per lo Stato membro finanziatore che potrebbe avere conseguenze sul livello globale degli aiuti che possono essere concessi da tale Stato (93). Tuttavia, un unico requisito di residenza ininterrotta per un periodo definito è stato ritenuto essere troppo generale ed esclusivo ed al di là di quanto fosse necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito; esso pertanto non è stato giudicato proporzionato (94). Altri fattori potrebbero anche dimostrare l’esistenza di un grado sufficiente di connessione allo Stato membro finanziatore, come la cittadinanza, l’istruzione, la famiglia, l’occupazione, le competenze linguistiche e l’esistenza di altri collegamenti di ordine sociale o economico(95).

103. Quindi, anche nel caso in cui un cittadino dell’Unione non sia (o non sia più) economicamente attivo, l’impiego e la famiglia possono dimostrare una connessione ad uno Stato membro al quale è richiesto il finanziamento. Ciò riguarda in particolare l’occupazione (precedente) dello studente interessato ma potenzialmente anche l’occupazione attuale o precedente dei membri della famiglia dai quali lo studente dipenda economicamente (solitamente i genitori) (96). Poiché il grado di connessione è un mero requisito usato per limitare il gruppo dei beneficiari al fine di evitare il rischio di creare un irragionevole onere finanziario sullo Stato membro finanziatore, ritengo che il fatto che il genitore abbia contribuito nel passato al bilancio pubblico non possa essere ignorato.

104. In alcune circostanze è possibile che anche il luogo ed il tipo di studi possano fornire indicazioni per accertare se un cittadino dell’Unione presenti un grado di connessione sufficiente con lo Stato membro finanziatore; ma ritengo che sia un elemento aggiuntivo, più che obbligatorio.

105. Nella presente fattispecie la sig.ra Martens è, in virtù della sua cittadinanza, una cittadina dell’Unione che ha esercitato la sua libertà di circolare e di risiedere nell’ambito del territorio degli Stati membri quando si è trasferita da bambina con i suoi genitori dai Paesi Bassi in Belgio. Ella, di conseguenza, può avvalersi degli articoli 20 e 21 TFUE, anche nei confronti del proprio Stato membro di cittadinanza (i Paesi Bassi).

106. Il mero fatto che sia trascorso un tempo considerevole da quando ha esercitato i suddetti diritti di libera circolazione non può, di per sé, incidere sulla questione se tali diritti possano derivare dagli articoli 20 e 21 TFUE in circostanze in cui vi è stato un esercizio continuo del diritto di soggiorno in un altro Stato membro (97).

107. Mentre potrebbe essere vero che il MNSF ancora non esisteva all’epoca in cui la sig.ra Martens e la sua famiglia si sono trasferite in Belgio (e per tale ragione esso non ha limitato l’esercizio dei loro diritti di libera circolazione a quel tempo), tuttavia l’applicazione della regola dei tre anni la sfavorisce a causa della sua residenza ininterrotta al di fuori dei Paesi Bassi.

108. I Paesi Bassi devono assicurare lo stesso trattamento giuridico indipendentemente dalla cittadinanza dei richiedenti nel decidere chi debba ottenere il finanziamento che essi mettono a disposizione per gli studi, a prescindere dalla circostanza che si compiano in un altro Stato membro o al di fuori dell’Unione europea. E, nell’assumere tale decisione, essi non devono svantaggiare i richiedenti che abbiano esercitato i loro diritti di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro. Nella causa D’Hoop, la Corte ha spiegato in modo inequivocabile che «sarebbe incompatibile con il diritto alla libera circolazione che [a un cittadino dell’Unione] si potesse applicare nello Stato membro di cui è cittadino un trattamento meno favorevole di quello di cui beneficerebbe se non avesse usufruito delle facilitazioni concesse dal Trattato in materia di circolazione» (98). In tali circostanze, lo Stato membro penalizzerebbe in effetti il proprio cittadino per aver esercitato il proprio diritto alla libera circolazione (99).

109. L’applicazione della regola dei tre anni su sei alla sig.ra Martens ha esattamente questo effetto. La sig.ra Martens non può soddisfare tale regola poiché, essendosi trasferita in Belgio dai Paesi Bassi da bambina, ella ha continuato a soggiornare in Belgio almeno fino al momento in cui si è iscritta all’Università delle Antille olandesi.

110. Al fine di giustificare la regola dei tre anni su sei i Paesi Bassi richiamano quanto dichiarato dalla Corte, la quale ha riconosciuto che gli Stati membri possono attribuire detta assistenza solo a studenti che abbiano dimostrato un certo grado di integrazione nella società di quel dato Stato (100).

111. Seppur la Corte abbia effettivamente riconosciuto tale obiettivo, essa ha altresì chiarito che l’uso della sola residenza quale criterio è troppo esclusivo e generale. A mio parere non incide minimamente a tale riguardo la circostanza che, diversamente dal requisito tedesco della residenza in esame nelle cause Prinz e Thiele Meneses, la Wsf 2000 non richieda allo studente di aver soggiornato nei Paesi Bassi per un periodo ininterrotto di tre anni immediatamente prima di iniziare gli studi all’estero. Tale distinzione non altera il carattere assoluto ed esclusivo del requisito della residenza.

112. Per completezza, preciso che la regola dei tre anni su sei non è una regola assoluta (poiché è possibile che il Ministro deroghi alla stessa applicando la clausola di equità) (101). Tuttavia, la Corte ha poche informazioni, se non nessuna, riguardo all’ambito di applicazione e all’operatività di detta clausola. In ogni caso, il fatto che il potere discrezionale ministeriale possa essere esercitato in modo da non applicare una restrizione ingiustificata dei diritti di cittadinanza dell’Unione in alcune circostanze non altera l’analisi. Ciò che è escluso dal diritto dell’Unione è escluso. [Analoga applicazione si verifica in relazione all’eccezione per i (figli dei) lavoratori frontalieri e per le persone con cittadinanza olandese che vivono in una regione di confine e che vogliono studiare presso un istituto di istruzione ubicato nella stessa].

 Conclusione

113. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, ritengo che la Corte debba rispondere alle questioni proposte dal Centrale Raad van Beroep nel seguente modo:

L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, sulla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità, ostano a che i Paesi Bassi neghino il finanziamento degli studi al figlio a carico di un lavoratore frontaliero, il quale abbia mantenuto la cittadinanza olandese, sulla base della regola dei tre anni su sei fintantoché questi continui ad essere un lavoratore frontaliero. Nel caso in cui il suddetto lavoratore frontaliero cessi l’attività lavorativa nei Paesi Bassi ed eserciti la propria libertà di circolazione dei lavoratori al fine di iniziare un lavoro a tempo pieno in un altro Stato membro, ed indipendentemente dal suo luogo di residenza, l’articolo 45 TFUE osta a che i Paesi Bassi applichino misure che, salvo siano oggettivamente giustificate, abbiano l’effetto di dissuadere tale lavoratore dall’esercizio dei propri diritti ai sensi dell’articolo 45 TFUE e di causargli la perdita, in conseguenza dell’esercizio del suo diritto di libera circolazione, dei vantaggi sociali a lui garantiti dalla legislazione olandese, come il finanziamento portabile degli studi per il figlio a suo carico.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      EU:C:2012:346.


3 –      Regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 2). Il regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU L 141, pag. 1) ha abrogato il regolamento n. 1612/68, con effetto dal 16 giugno 2011 (e quindi dopo i fatti rilevanti in questione nella presente causa). In ogni caso, i testi degli articoli 7, paragrafo 2, e 12 del regolamento n. 1612/68 restano invariati nel regolamento n. 492/2011 e, pertanto, mi riferisco ad entrambe le disposizioni nel tempo presente.


4 –      V. articolo 1 dello Statuut voor het Koninkrijk der Nederlanden (paragrafo 14, infra).


5 –      Allegato II, paesi e territori d’oltremare ai quali si applicano le disposizioni della Parte Quarta del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2012, C 326, pag. 336).


6 –      La normativa adottata ai sensi dell’articolo 203 TFUE non fornisce indicazioni sul punto se nel caso di specie il sig. Martens e sua figlia possano invocare il diritto dell’Unione.


7 –      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 e che abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77, e rettifiche GU L 229, pag. 35, GU 2005, L 30, pag. 27, GU 2005, L 197, pag. 34 e GU 2007, L 204, pag. 28).


8 –      Gli altri componenti delle Antille olandesi elencati nell’Allegato II del TFUE (ossia Bonaire, Sint Eustatius e Saba) sembrano avere uno status leggermente diverso ai sensi dello Statuto.


9 –      Questa categoria è più ampia di quella dei lavoratori frontalieri. Questi ultimi lavorano in uno Stato membro e risiedono in una regione frontaliera di uno Stato membro limitrofo. Per contro, la prima categoria include anche quei lavoratori che lavorano in uno Stato membro e risiedono in un altro Stato membro, ma non solo in una regione frontaliera di uno Stato membro limitrofo. V. anche, ad esempio, sentenza S, C‑457/12, EU:C:2014:136, punti 38 e 39.


10 –      Queste regioni sono le Fiandre e la Regione di Bruxelles Capitale in Belgio e la Renania Settentrionale-Vestfalia, la Bassa Sassonia e Brema, in Germania.


11 –      EU:C:2012:346.


12 –      V., inoltre, paragrafi 19 e 20 supra.


13 –      V. i paragrafi 17 e 24 supra.


14 –      V., ad esempio, sentenza Prinz, C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:524, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata.


15 –      V., ad esempio, sentenza Morgan e Bucher, C‑11/06 e C‑12/06, EU:C:2007:626, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata; e sentenza Elrick, C‑275/12, EU:C:2013:684, punto 25.


16 –      V., ad esempio, sentenza Förster, C‑158/07, EU:C:2008:630.


17 –      V., inoltre, infra, paragrafo 90.


18 –      V. sentenza nella causa Commissione/ Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punti 34, 35 e 48 e la giurisprudenza ivi citata.


19 –      Sul rapporto tra gli articoli 21 e 45 TFUE, v., ad esempio, sentenza Caves Krier Frères, C‑379/11, EU:C:2012:798, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata.


20 –      V. il paragrafo 15 supra. Nel caso in cui il Ministro avesse ritenuto che il corso di studi della sig.na Martens fosse «nei Paesi Bassi», piuttosto che altrove (circostanza per cui aveva necessità di un finanziamento degli studi portabile), la stessa sarebbe stata automaticamente ammessa a un finanziamento quale cittadina olandese.


21 –      V., ad esempio, sentenza X e TBG, C‑24/12 e C‑27/12, EU:C:2014:1385, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata.


22 –      Difatti, ad esempio, non vi è alcuna disposizione espressa sui movimenti di capitali tra gli Stati membri e i PTOM. Tuttavia, la libera circolazione dei capitali è espressa in una disposizione (articolo 63 TFUE) che ha un campo di applicazione territoriale illimitato e quindi si applica necessariamente ai movimenti di capitali da e verso i PTOM nella loro qualità di Stati non membri. V., ad esempio, sentenza Prunus, C‑384/09, EU:C:2011:276, punti 20 e 31.


23 –      V. sentenza Prunus, EU:C:2011:276, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata.


24 –      Dalla decisione di rinvio non risulta con chiarezza se la stessa abbia acquisito lo status di residente a Curaçao quando ha iniziato i suoi studi in tale paese, o abbia continuato ad essere giuridicamente residente in Belgio.


25 –      V. inoltre, infra, paragrafo 106.


26 –      V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 64.


27 –      V., ad esempio, sentenza Governo della comunità francese e governo vallone, C‑212/06, EU:C:2008:178, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata.


28 –      V., ad esempio, sentenza Governo della comunità francese e governo vallone, EU:C:2008:178, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata.


29 –      V., ad esempio, sentenza Governo della comunità francese e governo vallone, EU:C:2008:178, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata.


30 –      V., ad esempio, sentenza Terhoeve, C‑18/95, EU:C:1999:22, punti 38 e 39 e la giurisprudenza ivi citata.


31 –      L’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 stabilisce le circostanze in cui un cittadino dell’Unione mantiene lo status di lavoratore subordinato o autonomo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, in particolare con riferimento alla capacità di rivendicare il diritto di soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante per un periodo superiore a tre mesi.


32 –      Il sig. Martens non si trova quindi nella stessa posizione della sig.ra Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado. Nella sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro‑Pinedo Amado, C‑33/99, EU:C:2001:176, la Corte ha dichiarato che la menzionata signora non poteva invocare l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 al fine di richiedere il mantenimento di un vantaggio sociale quale il finanziamento degli studi poiché aveva cessato di svolgere un’attività nello Stato membro ospitante ed era rientrata nel suo Stato membro di origine (punti 46 e 47). Tuttavia, a differenza del sig. Martens, la sig.ra Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado non ha esercitato la libertà di circolazione dei lavoratori nel trasferirsi (ritornando) nel suo Stato membro di origine.


33 –      Un ostacolo alla libertà di circolazione dei lavoratori può essere ammesso se persegua uno scopo legittimo compatibile con i Trattati e sia giustificato da motivi imperativi di interesse generale. La misura deve essere altresì appropriata al raggiungimento dell’obiettivo in questione e non deve andare oltre quanto necessario a tale scopo. V., ad esempio, sentenza Olympique Lyonnais, C‑325/08, EU:C:2010:143, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata. Tuttavia, nella presente fattispecie nessun elemento a sostegno di una giustificazione oggettiva di un siffatto ostacolo ai sensi dell’articolo 45 TFUE è stato sottoposto alla Corte.


34 –      Sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punti 32 e 33 e la giurisprudenza ivi citata.


35 –      Sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata (il corsivo è mio). V. anche, ad esempio, sentenza Giersch e a., C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 44.


36 –      Sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche, ad esempio, sentenza Giersch e a., EU:C:2013:411, punto 45.


37 –      Sentenza nella causa Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 44.


38 –      V., ad esempio, il primo e il secondo considerando del regolamento n. 1612/68. Per quanto riguarda l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, V., ad esempio, sentenza Hendrix, C‑287/05, EU:C:2007:494, punto 53.


39 –      V., ad esempio, sentenza Giersch e a., EU:C:2013:411, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata.


40 –      V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata.


41 –      V., ad esempio, sentenza Meeusen, C‑337/97, EU:C:1999:284, punto 25.


42 –      L’avvocato generale Kokott ha rilevato che, nonostante il fatto che (il testo de) l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68, non sembra raggiungere la stessa garanzia di cui all’articolo 45 TFUE, la Corte applica l’articolo 7, paragrafo 2 e parallelamente l’articolo 45 ed interpreta l’articolo 7 allo stesso modo dell’articolo 45: V le conclusioni presentate nella causa Hendrix, C‑287/05, EU:C:2007:196, paragrafo 31.


43 –      V. sentenza Hartmann, C‑212/05, EU:C:2007:437, punto 17 (il corsivo è mio) in cui la Corte ha sintetizzato la sua posizione nella sentenza Ritter‑Coulais, C‑152/03, EU:C:2006:123, punti 31 e 32. In tale caso di specie il sig. Hartmann aveva semplicemente trasferito la sua residenza in un altro Stato membro. Nella presente fattispecie il sig. Martens ha inizialmente trasferito sia la sua residenza sia l’impiego in un altro Stato membro, e si è trasferito nuovamente in un secondo tempo, recandosi nei Paesi Bassi per svolgervi un’attività lavorativa a tempo parziale, ma mantenendo la residenza in Belgio. V. anche, ad esempio, sentenza Hendrix, EU:C:2007:494, punto 46: il sig. Hendrix, un cittadino olandese, ha lavorato e risieduto nei Paesi Bassi; egli ha poi trasferito la residenza in un altro Stato membro e successivamente ha cambiato impiego nei Paesi Bassi. V., analogamente, ad esempio, sentenza Governo della Comunità francese e Governo vallone, EU:C:2008:178, punto 34 e giurisprudenza ivi citata; sentenza Caves Krier Frères, EU:C:2012:798, punto 25 e la giurisprudenza ivi citata; e sentenza Saint Prix, C‑507/12, EU:C:2014:2007, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata.


44 –      V. sentenza Hartmann, EU:C:2007:437, punto 19.


45 –      V. sentenza Hartmann, EU:C:2007:437, punto 19 e la giurisprudenza ivi citata.


46 –      V. sentenza Hartmann, EU:C:2007:437, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata.


47 –      V. sentenza Hartmann, EU:C:2007:437, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata; V. anche, ad esempio, sentenza Hendrix, EU:C:2007:494, punto 47.


48 –      V., ad esempio, sentenza Terhoeve, C‑18/95, EU:C:1999:22, punti 28 e 29. In tale causa, tuttavia, la Corte ha concluso che la misura in esame costituiva un ostacolo alla libertà di circolazione dei lavoratori ai sensi (nella versione attuale) dell’articolo 45 TFUE, e pertanto era irrilevante accertare se vi fosse anche una discriminazione indiretta sulla base della cittadinanza ai sensi (nella versione attuale) degli articoli 18 e 45 TFUE ed ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68 (v. punto 41).


49 –      V. quarto considerando del regolamento n. 1612/68.


50 –      V. supra paragrafi da 52 a 57.


51 –      La Corte ha ripetutamente affermato che una persona che stia realmente cercando lavoro è un lavoratore: V., ad esempio, sentenza Martínez Sala, C‑85/96, EU:C:1998:217, punto 32 e giurisprudenza ivi citata. Quindi, la situazione di tale persona è diversa da quella di un lavoratore frontaliero o migrante che abbia perso tale status e che non stia cercando lavoro.


52 –      V., ad esempio, sentenza Saint Prix, EU:C:2014:2007, punto 41 e giurisprudenza ivi citata.


53 –      Quindi (ad esempio), un lavoratore che risiede nel proprio Stato membro di cittadinanza il quale, dopo il pensionamento, trasferisca la residenza in un altro Stato membro senza alcuna intenzione di ivi esercitare un’attività lavorativa dipendente non può invocare il diritto di libera circolazione dei lavoratori: V. sentenza van Delft e a., EU:C:2010:610, punto 90 e giurisprudenza ivi citata.


54 –      Per un’analisi, v. paragrafi da 53 a 58 supra.


55 –      V. articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38.


56 –      V., ad esempio, articoli 7, paragrafo 3, 17 e 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38.


57 –      V., ad esempio, l’articolo 12 del regolamento n. 1612/68.


58 –      V., ad esempio, sentenza Saint Prix, EU:C:2014:2007, punto 35 e giurisprudenza ivi citata, e sentenza Caves Krier Frères, EU:C:2012:798, punto 26 e giurisprudenza ivi citata.


59 –      V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 69.


60 –      V. inoltre, infra, paragrafo 102.


61 –      V., ad esempio, sentenza Leclere e Deaconescu, C‑43/99, EU:C:2001:303, punti 56 e 57 e la giurisprudenza ivi citata.


62 –      V., ad esempio, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1612/68 che prevede uno standard di parità di trattamento con riferimento a «(…) le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, di reintegrazione professionale e ricollocamento se [il lavoratore che è cittadino di uno Stato membro è] disoccupato».


63 –      V., ad esempio, sentenza Leclere e Deaconescu, EU:C:2001:303, punti 58 e 59 e la giurisprudenza ivi citata.


64 –      V., ad esempio, sentenza Lair, 39/86, EU:C:1988:322, punto 39.


65 –      V., ad esempio, sentenza Brown, 197/86, EU:C:1988:323, punti 27 e 28.


66 –      V., ad esempio, sentenza Raulin, C‑357/89, EU:C:1992:87, punto 21. Il principio ivi illustrato è anche contenuto nell’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2004/38.


67 –      V. sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado, EU:C:2001:176, punto 51.


68 –      La questione in quella causa riguardava anche il MNSF, sebbene in un momento iniziale della sua evoluzione.


69 –      V. sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado, EU:C:2001:176, punto 43.


70 –      V. sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado, EU:C:2001:176, punti 46 e 47.


71 –      V. sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado, EU:C:2001:176, punto 47. V. anche il precedente punto 81.


72 –      V. sentenza Fahmi e Esmoris Cerdeiro-Pinedo Amado, EU:C:2001:176, punto 49.


73 –      V. sentenza Leclere e Deaconescu, EU:C:2001:303, punto 58 (il corsivo è mio). Non ritengo, tuttavia, che il semplice fatto che una persona continui a ricevere il vantaggio significhi necessariamente che debba essere considerato ancora in possesso dello status di lavoratore ai sensi del regolamento n. 1612/68 (v., a tale riguardo, punto 59 della citata sentenza).


74 –      Conclusioni presentate nella causa Leclere e Deaconescu, C‑43/99, EU:C:2001:97, paragrafo 98.


75 –      V., ad esempio, sentenza Even e ONPTS, 207/78, EU:C:1979:144, punto 22.


76 –      Conclusioni presentate nella causa Leclere e Deaconescu, EU:C:2001:97, paragrafo 98.


77 –      V. il paragrafo 36 delle mie conclusioni presentate nella causa Commissione/Paesi Bassi, C‑542/09, EU:C:2012:79; V. anche il punto 49 della sentenza in quella causa, EU:C:2012:346.


78 –      V., ad esempio, sentenza Teixeira, C‑480/08, EU:C:2010:83, punti 44 e 45.


79 –      V., ad esempio, sentenza Baumbast e R, C‑413/99, EU:C:2002:493, punto 69.


80 –      V., ad esempio, sentenza di Leo, C‑308/89, EU:C:1990:400, punti 12 e 15.


81 –      V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata.


82 –      V., ad esempio, sentenza Ibrahim, C‑310/08, EU:C:2010:80, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata.


83 –      V. sentenza Commissione/Paesi Bassi, EU:C:2012:346, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche, ad esempio, la sentenza Ibrahim, EU:C:2010:80, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Czop e Punakova, C‑147/11 e C‑148/11, EU:C:2012:538, punto 26.


84 –      V., ad esempio, sentenza Hadj Ahmed, C‑45/12, EU:C:2013:390, punti 44 e 45 e la giurisprudenza ivi citata.


85 –      V., ad esempio, sentenza Hadj Ahmed, EU:C:2013:390, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata.


86 –      V., ad esempio, sentenza Alarape e Tijani, C‑529/11, EU:C:2013:290, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata.


87 –      V., ad esempio, sentenza Giersch e a., EU:C:2013:411, punto 37 e la giurisprudenza ivi citata. In questa sede non approfondirò ulteriormente la questione se l’analisi della Corte della possibile giustificazione del trattamento discriminatorio in tale causa pregiudichi o meno il principio della parità di trattamento dei lavoratori migranti e dei lavoratori frontalieri.


88 –      V., ad esempio, sentenza S, EU:C:2014:136, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata.


89 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, C‑220/12, EU:C:2013:683; sentenza Elrick, EU:C:2013:684; e sentenza Prinz, EU:C:2013:524.


90 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punto 25; sentenza Elrick, EU:C:2013:684, punto 25; e sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata.


91 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punti 27 e 28; e sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punti 31 e 32.


92 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punto 35; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata. Questa giustificazione non è applicabile nel caso in cui la richiesta di finanziamento sia effettuata in forza dell’articolo 45 TFUE e/o dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 1612/68: v. punto 79 supra e la giurisprudenza ivi citata.


93 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punto 35; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche, riguardo alla descrizione di detto obiettivo, i paragrafi da 65 a 72 delle mie conclusioni presentate nella causa Prinz, C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:90.


94 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punto 38; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 40.


95 –      V., ad esempio, sentenza Thiele Meneses, EU:C:2013:683, punto 38; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 38.


96 –      V. anche, ad esempio, sentenza Giersch e a., EU:C:2013:411, punto 78, e sentenza Stewart, C‑503/09, EU:C:2011:500, punto 100. Come ho già osservato nelle mie conclusioni nella causa Prinz, EU:C:2013:90, nota 30, la causa Stewart riguardava un tipo diverso di vantaggio sociale. Tuttavia, con riferimento all’obiettivo legittimo di assicurare che vi sia una connessione reale tra il richiedente un beneficio e lo Stato membro competente, la Corte ha ammesso che circostanze familiari (comprese quelle in cui i parenti di un richiedente abbiano lavorato e ricevuto prestazioni per inabilità al lavoro e pensioni di anzianità) potrebbero presentare elementi in grado di dimostrare l’esistenza di tale connessione reale.


97 –      Così, ad esempio, la sig.ra Nerkowska, una cittadina polacca, ha lasciato la Polonia nel 1985 (dopo avervi studiato e lavorato per più di 20 anni) per stabilirsi definitivamente in Germania. La Corte ha dichiarato nella causa C‑499/06 che ella poteva vantare diritti in forza della sua cittadinanza dell’Unione con riguardo ad un beneficio per il quale aveva fatto domanda alle autorità polacche nel 2000: v. sentenza Nerkowska, C‑499/06, EU:C:2008:300, punti 11 e 12 (per i fatti) e punto 47.


98 –      V. sentenza D’Hoop, C‑224/98, EU:C:2002:432, punto 30.


99 –      V. sentenza D’Hoop, EU:C:2002:432, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche, ad esempio, sentenza Morgan e Bucher, EU:C:2007:626, punto 26 e la giurisprudenza ivi citata; sentenza Prinz, EU:C:2013:524, punto 28.


100 –      V. il punto 102 supra.


101 –      V. il punto 20 supra.