Language of document : ECLI:EU:T:2009:505

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Terza Sezione)

15 dicembre 2009 (*)

«Aiuti di Stato – Aiuti accordati dalle autorità francesi alla EDF – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune e ne ordina il recupero – Diritti processuali del beneficiario dell’aiuto – Pregiudizio per gli scambi tra Stati membri – Criterio dell’investitore privato»

Nella causa T‑156/04,

Électricité de France (EDF), con sede in Parigi (Francia), rappresentata dall’avv. M. Debroux,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica francese, rappresentata dal sig. G. de Bergues e dalla sig.ra A.‑L. Vendrolini, in qualità di agenti,

interveniente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. J. Buendía Sierra e C. Giolito, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Iberdrola, SA, con sede in Bilbao (Spagna), rappresentata dagli avv.ti J. Ruiz Calzado e É. Barbier de La Serre,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda diretta all’annullamento degli artt. 3 e 4 della decisione della Commissione relativa a misure di aiuto in favore della EDF e del settore delle industrie dell’elettricità e del gas (C 68/2002, N 504/2003 e C 25/2003), adottata il 16 dicembre 2003,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione),

composto dal sig. J. Azizi, presidente, dalla sig.ra E. Cremona e dal sig. S. Frimodt Nielsen (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

 Norme del Trattato CE

1        Ai termini dell’art. 87, n. 1, CE, salvo deroghe contemplate dal Trattato, sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra gli Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

2        Ai sensi dell’art. 88, nn. 1 e 2, CE:

«1. La Commissione procede con gli Stati membri all’esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati. Essa propone a questi ultimi le opportune misure richieste dal graduale sviluppo e dal funzionamento del mercato comune.

2.      Qualora la Commissione, dopo aver intimato agli interessati di presentare le loro osservazioni, constati che un aiuto concesso da uno Stato, o mediante fondi statali, non è compatibile con il mercato comune a norma dell’articolo 87, oppure che tale aiuto è attuato in modo abusivo, decide che lo Stato interessato deve sopprimerlo o modificarlo nel termine da essa fissato».

 Regolamento (CE) n. 659/1999

3        L’art. 1, lett. b), del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), così recita:

«(…) si intende per (…) “aiuti esistenti”:

i)      (…) tutte le misure di aiuto esistenti in uno Stato membro prima dell’entrata in vigore del trattato, ossia tutti i regimi di aiuti e gli aiuti individuali ai quali è stata data esecuzione prima dell’entrata in vigore del trattato e che sono ancora applicabili dopo tale entrata in vigore;

(…)

v)      gli aiuti considerati aiuti esistenti in quanto può essere dimostrato che al momento della loro attuazione non costituivano aiuti, ma lo sono diventati successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione».

4        L’art. 15, n. 1, del regolamento n. 659/1999 dispone che i poteri della Commissione europea per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni.

5        Ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 659/1999 il periodo limite inizia il giorno in cui l’aiuto illegale viene concesso al beneficiario.

6        L’art. 20, n. 1, prima frase, del regolamento n. 659/1999 stabilisce che ogni parte interessata può presentare osservazioni, a norma dell’art. 6 del regolamento stesso, in seguito ad una decisione della Commissione di dare inizio al procedimento d’indagine formale.

 Diritto francese applicabile

7        L’art. 38, n. 2, del code général des impôts [codice tributario generale] così recita:

«L’utile netto è costituito dalla differenza tra i valori netti dell’attivo alla chiusura e all’apertura dell’esercizio i cui risultati formano la base imponibile, diminuita degli apporti supplementari e aumentata dei prelievi effettuati durante tale periodo dal titolare o dai soci. Per attivo netto si intende l’eccedenza delle attività sul totale delle passività rappresentate dai crediti di terzi, dagli ammortamenti e dagli accantonamenti giustificati».

8        L’art. 4, commi I e II, della legge 10 novembre 1997, n. 97-1026, recante misure urgenti a carattere fiscale e finanziario (JORF 11 novembre 1997, pag. 16387), dispone quanto segue:

«I. Le opere della rete di alimentazione generale di energia elettrica sono considerate proprietà di Électricité de France dal momento in cui a detta società è stata accordata la concessione della rete.

II. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui al [comma] I, al 1° gennaio 1997, il controvalore dei beni in natura della rete di alimentazione generale dati in concessione e figuranti nel passivo del bilancio di Électricité de France viene iscritto nei conti patrimoniali al netto delle differenze di rivalutazione corrispondenti».

 Fatti all’origine della controversia

 Contesto generale della causa

9        La ricorrente, Électricité de France (in prosieguo: la «EDF»), produce, trasporta e distribuisce elettricità, in particolare su tutto il territorio francese.

10      Al momento dell’adozione della decisione di avviare la procedura prevista dall’art¨88, n. 2, CE, nel 2002 la EDF era posseduta interamente dallo Stato: il suo presidente veniva nominato dal Primo ministro francese e la sua politica era stabilita in stretta cooperazione con il Ministero dell’Energia francese.

11      La EDF è stata costituita con la legge francese 8 aprile 1946, n. 46-628, relativa alla nazionalizzazione dell’elettricità e del gas (JORF 9 aprile 1946, pag. 2651), che ha nazionalizzato il settore dell’elettricità in Francia. Essa è stata creata con la forma giuridica di ente pubblico industriale e commerciale.

12      L’art. 36 della legge n. 46-628 ha stabilito il principio del trasferimento alla EDF delle concessioni elettriche nazionalizzate, con l’onere per il concessionario di rispettare i nuovi capitolati standard la cui istituzione era prevista all’art. 37 della detta legge.

13      Le diverse concessioni per il trasporto di elettricità accordate dallo Stato sono state unificate nel 1958 in una concessione unica, detta «rete di alimentazione generale» (in prosieguo: la «RAG»), il cui capitolato d’oneri è stato approvato con decreto 28 novembre 1956, n. 56-1225 (JORF 4 dicembre 1956, pag. 11562).

14      L’art. 2 del capitolato d’oneri indica nel dettaglio i beni facenti parte della concessione (linee, sottostazioni, ecc.) e l’art. 8 dello stesso precisa che la EDF è tenuta ad eseguire «a proprie spese tutti i lavori di manutenzione e di rinnovamento necessari a mantenere in buono stato il funzionamento delle opere della concessione».

15      In seguito ad una modifica apportata con decreto 23 dicembre 1994 (JORF 28 dicembre 1994, pag. 18564), l’art. 2 del capitolato d’oneri recita nel modo seguente:

«Fanno parte della concessione le linee, le sottostazioni e, in generale, le opere elettriche esistenti e da costruire, necessarie all’esercizio, da parte del concessionario, della sua attività di trasporto e di fornitura dell’energia elettrica, escluse le opere di produzione.

(…)».

16      In passato la RAG si distingueva però da altre forme di concessione, in particolare perché, in primo luogo, non era precisato il regime di proprietà dei beni in concessione, in secondo luogo, non erano presenti clausole di sistema di retrocessione dei beni dati in concessione e, in terzo luogo, aveva una durata eccezionalmente lunga di 75 anni.

17      In assenza di norme contabili specifiche per le concessioni e in accordo con il Conseil national de la comptabilité (Consiglio nazionale della contabilità; in prosieguo: il «CNC»), la EDF si è considerata proprietaria della RAG a partire dal 1946.

18      Di conseguenza, i beni facenti parte della RAG sono stati iscritti come beni appartenenti alla EDF nel suo attivo di bilancio e sono stati oggetto di un trattamento contabile di diritto comune, e il loro ammortamento è stato effettuato applicando il «metodo del costo storico» che ha portato ad un ammortamento ordinario sull’intera durata della vita delle opere sino al 1986.

19      L’applicazione alla EDF del piano contabile generale del 1982, contenente norme contabili specifiche per le concessioni, ha portato, a partire dal 1987, a modificare il trattamento contabile della RAG al fine di tener conto delle raccomandazioni formulate nel 1975 dal CNC nella sua «Guida delle concessioni».

20      Si trattava di tener conto dei vincoli specifici cui debbono sottostare i concessionari, sui quali grava un obbligo di restituire i beni concessi in buono stato di funzionamento al termine della concessione, in virtù del «principio di perennità dei servizi pubblici».

21      Il piano contabile generale, oltre a prevedere l’obbligo per il concessionario di registrare sotto una voce specifica all’attivo di bilancio le immobilizzazioni date in concessione, enunciava il seguente principio:

«Il mantenimento al livello imposto dal servizio pubblico del potenziale produttivo degli impianti concessi dev’essere ricercato tramite il gioco degli ammortamenti o, eventualmente, quello degli accantonamenti adeguati. Nei limiti in cui il valore utile di un impianto può essere conservato grazie ad una manutenzione conveniente, il detto impianto non costituisce oggetto, sul piano degli oneri di gestione del concessionario, di dotazioni per gli ammortamenti per deprezzamento. Gli accantonamenti utilizzabili per il mantenimento del potenziale produttivo sono accantonamenti per rinnovo».

22      In attuazione del piano contabile generale del 1982, è stato creato un piano contabile specifico per la EDF. Detto piano contabile è stato oggetto di un parere conforme del CNC emanato il 19 dicembre 1984 ed è stato poi approvato con decreto interministeriale 21 dicembre 1986 (JORF 30 dicembre 1986, pag. 15794).

23      In applicazione del piano contabile specifico della EDF, la RAG è stata iscritta nell’attivo di bilancio della EDF alla voce intitolata «Immobilizzazioni materiali del settore dato in concessione».

24      Alcuni accantonamenti specifici a titolo di rinnovo delle immobilizzazioni date in concessione sono stati poi aggiunti all’ammortamento ordinario derivante dall’applicazione del «metodo del costo storico», accantonamenti diretti a permettere al concessionario di restituire al concessore i suddetti beni in perfetto stato al termine della concessione.

25      Alcuni accantonamenti per rinnovo sono stati costituiti tra il 1987 e il 1996.

26      Le spese di rinnovo effettuate dalla EDF sono state registrate in bilancio alla voce intitolata «Controvalore dei beni dati in concessione».

27      Tale voce, intitolata anche «Diritti del concessore», rappresentava un debito della EDF nei confronti dello Stato francese, legato alla restituzione gratuita dei beni sostituiti al termine della concessione.

28      In una relazione del 1994 la Corte dei conti francese ha tuttavia considerato quanto segue:

«I principi contabili derogatori di diritto comune trovano il loro fondamento nell’esistenza di un vero e proprio termine al contratto di concessione che da solo permette di distinguere tra immobilizzazioni rinnovabili e immobilizzazioni non rinnovabili. La presa in considerazione del suddetto termine costituisce la ragion d’essere del sistema contabile. Essa condiziona la possibilità di restituire le immobilizzazioni del settore dato in concessione all’autorità pubblica che le ha concesse e giustifica l’esistenza dei diritti del concessore al passivo del bilancio. Essa costituisce la base dell’esistenza e della deducibilità dell’accantonamento per rinnovo, che permette di accertare l’onere che costituisce per il concessionario la restituzione al concessore dell’ultima immobilizzazione divenuta non rinnovabile (…).

In presenza di un ente pubblico concessionario permanente dello Stato in forza della legge stessa di nazionalizzazione, non resta che interrogarsi sulla realtà della distinzione operata nei conti tra patrimonio della concessione e patrimonio del concessionario e sottolineare che la mancanza di un termine per la concessione non autorizza l’applicazione delle raccomandazioni della guida contabile delle imprese concessionarie».

29      La Corte dei conti francese sottolineava altresì il carattere irregolare dell’alleggerimento fiscale di cui la EDF aveva beneficiato in seguito alla creazione irregolare degli accantonamenti per rinnovo della RAG.

30      Lo Stato francese ha quindi provveduto ad un chiarimento dello status patrimoniale della RAG nonché ad una ristrutturazione del bilancio della EDF.

31      Il contratto d’opera «Stato-EDF 1997-2000», siglato l’8 aprile 1997, prevedeva una normalizzazione dei conti dell’impresa e dei suoi rapporti finanziari con lo Stato, nella prospettiva dell’apertura del mercato dell’elettricità prevista dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 dicembre 1996, 96/92/CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20):

«Il mercato dell’elettricità è (…) in pieno cambiamento. All’interno dell’Unione europea, saranno definite alcune regole di funzionamento del mercato interno dell’elettricità (…).

Infine, gli impegni previsti nel presente contratto sono diretti altresì a stabilizzare i rapporti finanziari tra lo Stato e la EDF e a chiarire l’esercizio della tutela dello Stato sulla EDF, garantendo l’autonomia dell’impresa nel contesto di un progetto condiviso (…)

Il bilancio della EDF sarà ristrutturato, al duplice scopo di rafforzare la situazione netta dell’impresa e di stabilizzare i rapporti finanziari tra lo Stato e l’impresa su basi affini al diritto comune. Una misura legislativa verrà sottoposta al Parlamento nel 1997, in modo da far partire la detta ristrutturazione il 1° gennaio 1997».

32      In questa prospettiva è stata adottata la legge n. 97-1026.

33      Prima dell’adozione di tale legge, il bilancio della EDF si presentava nel seguente modo:

–      all’attivo, una voce intitolata «Immobilizzazioni materiali del settore dato in concessione», per un valore di 285,7 miliardi di franchi francesi (FRF), di cui circa FRF 90 miliardi a titolo della RAG;

–      al passivo, una voce intitolata «Accantonamenti», di cui circa FRF 38,5 miliardi a titolo della RAG, nonché una voce intitolata «Controvalore dei beni dati in concessione» in cui erano registrate le spese di rinnovo effettuate. Tale voce era pari a FRF 145,2 miliardi, di cui FRF 18,3 miliardi a titolo della RAG.

34      In seguito all’adozione della legge n. 97-1026 e in applicazione dell’art. 4 della stessa, è stato deciso quanto segue:

–      in primo luogo, i beni costitutivi della RAG sono stati riclassificati, per un valore di FRF 90,325 miliardi, come «beni propri», perdendo così la qualifica di «beni dati in concessione»;

–      in secondo luogo, gli accantonamenti per rinnovo della RAG non utilizzati, per un valore di FRF 38,521 miliardi, sono stati contabilizzati come utili non distribuiti senza transitare per il conto profitti e perdite e sono stati riclassificati per un valore di FRF 20,225 miliardi nel riporto a nuovo delle perdite, conto che è stato in tal modo estinto, mentre il saldo di FRF 18,296 miliardi è stato destinato alle riserve. Pur non essendo transitate per il conto economico, queste riclassificazioni hanno dato luogo all’accertamento di un prodotto imponibile, tassato all’aliquota del 41,66%, in applicazione dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts;

–      in terzo luogo, i «diritti del concessore» sono stati destinati direttamente alla voce dotazioni di capitale per un importo di FRF 14,119 miliardi (su un totale di FRF 18,345 miliardi) senza transitare per il conto economico, mentre il saldo era iscritto in diversi conti di rivalutazione.

35      Questa ristrutturazione dello stato patrimoniale della EDF viene spiegata nell’allegato I della lettera del Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, del segretario di Stato al Bilancio e del segretario di Stato all’Industria francese inviata alla EDF il 22 dicembre 1997.

 Procedimento amministrativo

36      Con lettere 10 luglio e 27 novembre 2001 la Commissione ha invitato le autorità francesi a fornirle informazioni su talune misure in favore della EDF che potevano contenere elementi di aiuto di Stato.

37      Con lettere datate 12 ottobre 2001 e 21 febbraio 2002 le autorità francesi hanno comunicato alla Commissione un certo numero di informazioni. Con lettera 9 aprile 2002 esse hanno fornito talune precisazioni, contenute in una nota della Direzione generale delle imposte del Ministero dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria francese (in prosieguo: la «Direzione generale delle imposte»), nella quale tra l’altro si spiegava quanto segue:

«L’argomento secondo cui l’aggiustamento contabile e fiscale degli accantonamenti per rinnovo della RAG operato nel 1997 avrebbe permesso di consolidare un vantaggio fiscale ingiustificato non può essere accolto. Al riguardo, bisogna distinguere l’aggiustamento degli accantonamenti per rinnovo utilizzati che figuravano, secondo le informazioni fornite dalla EDF, alla voce “[D]iritti del concessore” per un importo pari a 14,119 [miliardi di FRF] e non a 18,345 [miliardi di FRF], da quello degli accantonamenti non ancora utilizzati per un valore di 38,5 [miliardi di FRF].

I diritti del concessore relativi alla RAG rappresentano un debito illegittimo che l’incorporazione nel capitale ha sottratto all’imposta in maniera indebita.

Tali accantonamenti sono stati incorporati al capitale senza incidenze fiscali, non rientrando la RAG nel regime fiscale e contabile delle concessioni. Poiché la RAG è costituita da beni propri, la EDF non aveva nei confronti dello Stato alcun debito di restituzione di tali beni, quindi gli importi figuranti sotto la voce “[D]iritti del concessore” costituiscono non un passivo vero e proprio, ma una riserva non esente da imposte. Di conseguenza tale riserva, prima della sua incorporazione nel capitale, avrebbe dovuto essere trasferita dal passivo dell’ente in cui figurava erroneamente ad un conto patrimoniale netto, comportando quindi una variazione positiva dell’attivo netto imponibile in applicazione del già citato art. 38, [n. 2].

Il vantaggio in termini fiscali così ottenuto può essere valutato nell’ordine di 5,88 [miliardi di FRF] (14,119 x 41,66%).

Parallelamente, va osservato che la regolarizzazione realizzata per imputazione diretta nel conto “riporto a nuovo” senza transitare per il conto economico ha dato luogo, nondimeno, all’accertamento di un prodotto imponibile di FRF 38,5 miliardi (EUR 5,869 miliardi), in applicazione dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts. Ne consegue che il vantaggio fiscale derivante dalla detrazione, all’atto della loro costituzione, degli accantonamenti non utilizzati è stato effettivamente neutralizzato.

(…)

Di conseguenza, anche se il trasferimento al capitale degli accantonamenti per rinnovo già utilizzati e figuranti alla voce “[D]iritti del concessore” doveva comunque transitare per il conto economico, è stato più che ampiamente compensato, relativamente allo stesso anno, tramite la reintegrazione degli accantonamenti per rinnovo non utilizzati.

Dal momento che una considerazione complessiva delle operazioni non evidenzia un vantaggio ingiustificato, gli aggiustamenti di natura contabile e fiscale effettuati nel 1997 non costituiscono per la EDF un aiuto idoneo a rafforzare indebitamente la sua posizione concorrenziale».

38      Con lettera 6 maggio 2002 la Commissione ha rilevato che mancavano ancora alcune informazioni, malgrado le sue precedenti richieste, e ha domandato inoltre chiarimenti sulle ultime informazioni che le erano state fornite.

39      Con lettera 28 giugno 2002 le autorità francesi hanno comunicato talune informazioni complementari e il 3 settembre 2002 si è svolta una riunione.

40      Con lettera 16 novembre 2002, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee il 16 novembre 2002 (GU C 280, pag. 8) nella lingua facente fede (il francese), preceduta da una sintesi nelle altre lingue ufficiali, la Commissione ha notificato alle autorità francesi tre decisioni congiunte riguardanti la EDF.

41      Da un lato, la Commissione ha proposto alle autorità francesi, ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE, la soppressione, quale misura opportuna, della garanzia illimitata da parte dello Stato di cui beneficiava la EDF su tutti gli impegni assunti in virtù della sua forma giuridica di ente pubblico industriale e commerciale, che rende inapplicabili le procedure concorsuali e di liquidazione giudiziaria previste per le imprese in difficoltà. Dall’altro, ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, la Commissione ha avviato un procedimento di indagine formale sul vantaggio derivante alla EDF dal mancato versamento dell’imposta sulle società dovuta su una parte degli accantonamenti contabili creati in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG (in prosieguo: la «decisione di avvio»). La Commissione ha infine ingiunto alle autorità francesi di fornire talune informazioni necessarie alla valutazione di detto beneficio fiscale.

42      Le autorità francesi hanno comunicato le proprie osservazioni alla Commissione con lettera 11 dicembre 2002, negando che la EDF avesse beneficiato nel 1997 di un vantaggio fiscale.

43      Il 12 febbraio 2003 si è svolta una riunione tecnica, cui hanno partecipato la Commissione e le autorità francesi, in merito al vantaggio fiscale di cui la EDF avrebbe beneficiato nel 1997.

44      Con lettera 12 giugno 2003 le autorità francesi hanno trasmesso alla Commissione le proprie osservazioni nell’ambito del procedimento di indagine formale.

45      Il 17 novembre 2003 è stata indetta una nuova riunione tra la Commissione, le autorità francesi e i rappresentanti della EDF riguardo al vantaggio fiscale di cui la EDF avrebbe beneficiato nel 1997. Le autorità francesi hanno trasmesso informazioni complementari su tale questione con lettera 20 novembre 2003.

46      Il 16 dicembre 2003 la Commissione ha adottato la decisione relativa a misure di aiuto a favore della EDF e del settore delle industrie dell’elettricità e del gas (C 68/2002, N 504/2003 e C 25/2003) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Decisione impugnata

47      La decisione impugnata verte su un regime di «garanzia illimitata» accordata dalla Repubblica francese alla EDF, su taluni aspetti del sistema pensionistico nel settore delle industrie dell’elettricità e del gas e sul mancato pagamento da parte della EDF, nel 1997, dell’imposta sulle società dovuta sulla quota degli accantonamenti creati in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG.

48      L’art. 3 della decisione impugnata così recita:

«Il mancato pagamento da parte di EDF nel 1997 dell’imposta sulle società sulla quota degli accantonamenti creati in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG, pari a 14,119 miliardi di FRF di diritti del concessore riclassificati nei conti patrimoniali costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune.

L’elemento d’aiuto connesso al mancato pagamento dell’imposta sulle società ammonta a 888,89 milioni di EUR».

49      Ai sensi dell’art. 4 della decisione impugnata:

«La Francia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare da EDF l’aiuto di cui all’articolo 3, già messo illegalmente a sua disposizione.

Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto interno a condizione che queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della presente decisione. L’aiuto da recuperare comprende gli interessi, che decorrono dalla data in cui l’aiuto è stato messo a disposizione del beneficiario fino alla data dell’effettivo recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione degli aiuti a finalità regionale e su una base composta conformemente alla comunicazione della Commissione sui tassi di interesse da applicarsi in caso di recupero di aiuti illegali».

50      Per quanto riguarda il vantaggio fiscale di cui la EDF avrebbe beneficiato nel 1997, la Commissione ha formulato la considerazione seguente:

«84.      Poiché la legge n. 97-1026 del 10 novembre 1997 ha stabilito che EDF è da considerarsi proprietaria della RAG dal 1956, occorre verificare se detta legge non implichi il trasferimento di proprietà della RAG.

85.      Secondo le informazioni trasmesse dalle autorità francesi, EDF può ragionevolmente essere considerata proprietaria della RAG a partire dal primo capitolato d’oneri del 1956. Tale conclusione si fonda sui seguenti elementi: le caratteristiche dei differenti tipi di contratto di concessione nel diritto francese, le particolari caratteristiche della concessione originale a EDF, che non prevedevano una clausola precisa di retrocessione, la procedura di acquisizione dei beni per i quali EDF ha dovuto cedere un diritto pari ad un’indennità di espropriazione e le condizioni di finanziamento della manutenzione e dello sviluppo della RAG a spese di EDF. Di conseguenza, la Commissione ritiene che il chiarimento sulla proprietà della RAG apportato dalla legge n. 97-1026 (…) non contenga in sé elementi d’aiuto di Stato.

86.      Occorre quindi valutare se la legge n. 97-1026 abbia tenuto conto di tutte le conseguenze fiscali di tale “chiarimento” e se, in caso contrario, non vi sia stato un vantaggio di natura fiscale a favore di EDF.

87.      Nel periodo 1987-1996, EDF ha creato accantonamenti in esenzione d’imposta per il rinnovo della RAG. In seguito alla legge [n. 97-1026] che considerava EDF proprietaria della RAG dal 1956, tali accantonamenti hanno perso la loro ragion d’essere e hanno dovuto quindi essere riclassificati in altre voci di bilancio.

88.      La lettera del Ministro dell’Economia che illustra le conseguenze fiscali della riclassificazione del bilancio di EDF dimostra che gli accantonamenti per il rinnovo della RAG non utilizzati sono stati assoggettati dalle autorità francesi all’imposta sulle società all’aliquota in vigore nel 1997 pari a 41,66%.

89.      Per contro, conformemente all’articolo 4 della legge n. 97-1026 (…), una parte di detti accantonamenti, vale a dire i diritti del concessore, corrispondenti alle attività di rinnovo già realizzate, è stata riclassificata nei conti patrimoniali per una cifra di 14,119 miliardi di FRF senza assoggettarla all’imposta sulle società. Le stesse autorità francesi riconoscono il carattere illecito dell’operazione. In una nota della Direzione generale delle imposte del 9 aprile 2002, indirizzata alla Commissione, le autorità francesi segnalano che “i diritti del concessore relativi alla RAG rappresentano un debito illegittimo che l’incorporazione nel capitale ha sottratto all’imposta in maniera indebita” e che “tale riserva, prima della sua incorporazione nel capitale, sarebbe dovuta essere trasferita dal passivo dell’ente in cui figurava erroneamente ad un conto patrimoniale netto, comportando quindi una variazione positiva dell’attivo netto imponibile in applicazione dell’articolo 38-2 del code général des impôts (…)”. Esse rilevano che “il vantaggio in termini fiscali così ottenuto [nel 1997 da EDF] può essere valutato nell’ordine di 5,88 miliardi di FRF (14,119×41,66%)”, pari a 888,89 milioni di EUR.

90.      La Commissione rileva, da un lato, che, secondo il parere del [CNC], le rettifiche di errore devono essere contabilizzate nel risultato dell’esercizio nel corso del quale sono rilevate. D’altro canto, se gli accantonamenti non utilizzati che erano stati creati in esenzione d’imposta per un importo di 38,5 miliardi di FRF sono stati assoggettati all’imposta sulle società ad un’aliquota in vigore nel 1997 pari al 41,66%, la Commissione ritiene che non esista alcuna ragione obiettiva per non aver assoggettato l’altra parte degli accantonamenti creati in esenzione d’imposta alla stessa aliquota.

91.      La Commissione ritiene che i diritti del concessore avrebbero dovuto essere contemporaneamente assoggettati alla stessa aliquota prevista per gli altri accantonamenti contabili creati in esenzione d’imposta. Ciò significa che i 14,119 miliardi di FRF di diritti del concessore avrebbero dovuto essere sommati ai 38,5 miliardi di FRF di accantonamenti non utilizzati ed assoggettati all’aliquota del 41,66% applicata alla riclassificazione del bilancio di EDF da parte delle autorità francesi. Non versando la totalità dell’imposta sulle società dovuta al momento della riclassificazione del bilancio, EDF ha risparmiato 888,89 milioni di EUR.

92.      La Commissione ritiene che l’aiuto sia stato debitamente versato nel 1997, in quanto a quella data l’importo di 14,119 miliardi di FRF costituiva un debito verso lo Stato, registrato in bilancio come diritti del concessore, cui lo Stato ha rinunciato con la legge n. 97-1026 (…).

93.      Le autorità francesi affermano che, anche in assenza di accantonamenti per il rinnovo della RAG, EDF non sarebbe stata in grado di versare l’imposta sulle società dal 1987 al 1996 a causa dei disavanzi fiscali. La Commissione ritiene che tale argomentazione non sia pertinente giacché il vantaggio fiscale risale al 1997 e non ad anni precedenti. Inoltre, la Commissione rileva che in assenza di detti accantonamenti, il deficit si sarebbe progressivamente annullato dal 1987 al 1996 e che quindi nel 1997 l’importo dell’imposta dovuta da EDF sarebbe stato nettamente superiore.

94.      Le autorità francesi ritengono inoltre che se la creazione degli accantonamenti per il rinnovo della RAG si fosse tradotto in un vantaggio, questo dovrebbe essere considerato annullato dall’aumento dell’imposta sulle società versata nel 1997. La Commissione respinge questa argomentazione: come ha appena dimostrato e come fanno presente le stesse autorità francesi nella nota del 9 aprile 2002, mentre gli accantonamenti per rinnovo non utilizzati sono stati normalmente assoggettati, i diritti del concessore sono stati invece riclassificati nei conti patrimoniali senza essere assoggettati all’imposta sulle società. L’imposta versata da EDF nel 1997 è quindi inferiore all’imposta effettivamente dovuta.

95.      Le autorità francesi sostengono inoltre che la riforma contabile del 1997 equivale ad un conferimento integrativo al patrimonio di importo pari all’esenzione parziale dall’imposta. Secondo le stesse autorità, si tratterebbe quindi di un investimento e non di un aiuto. Esse affermano inoltre che nel periodo 1987-1996, EDF ha globalmente versato allo Stato una somma superiore all’imposta sulle società che avrebbe corrisposto una società di diritto commerciale che non avesse creato accantonamenti per il rinnovo della RAG e che avesse versato al proprio azionista un dividendo pari al 37,5% dell’utile al netto dell’imposta.

96.      La Commissione respinge tali argomentazioni ribadendo che il principio che regola l’investimento privato può valere soltanto nell’ambito dell’esercizio di attività economiche e non nel quadro dell’esercizio di poteri di regolamentazione. Un’autorità pubblica non può far leva sugli eventuali benefici economici che potrebbe trarre come proprietaria di un’impresa per giustificare un aiuto concesso in maniera discrezionale grazie alle prerogative di cui dispone in quanto autorità fiscale nei confronti della medesima impresa.

97.      Infatti, se uno Stato membro, oltre all’esercizio della pubblica amministrazione, ha facoltà di agire come azionista, non può confondere il ruolo di Stato che esercita la pubblica amministrazione con quello di Stato azionista. Autorizzare gli Stati membri ad utilizzare le proprie prerogative di pubbliche amministrazioni a favore di investimenti in imprese attive su mercati aperti alla concorrenza priverebbe di ogni effetto utile le norme comunitarie in materia di aiuti di Stato. Inoltre, se in virtù dell’articolo 295, il trattato lascia impregiudicata la proprietà di capitali, ciò non significa che le imprese pubbliche non siano soggette alle stesse regole cui sono soggette le aziende private. Non vi sarebbe infatti parità di trattamento fra le imprese pubbliche e quelle private se lo Stato utilizzasse a vantaggio delle imprese di cui è azionista le proprie prerogative di pubblica amministrazione.

98.      Le autorità francesi affermano che l’aliquota dell’imposta sulle società che si sarebbe dovuta applicare alla riclassificazione del bilancio di EDF è quella del 1996 e non del 1997. Come in precedenza indicato, la Commissione prende atto che il [CNC] ritiene che gli errori contabili debbano essere rettificati nel corso dell’esercizio contabile in cui sono stati rilevati: poiché gli accantonamenti per il rinnovo della RAG hanno perso la loro ragion d’essere con l’entrata in vigore della legge n. 97-1026 (…), è durante l’esercizio contabile 1997 che avrebbero dovuto essere riclassificati e quindi assoggettati all’aliquota dell’imposta sulle società in vigore durante l’esercizio in questione. Inoltre, la Commissione prende atto che le stesse autorità francesi hanno applicato l’aliquota dell’imposta sulle società del 1997 alla parte degli accantonamenti che è stata assoggettata.

99.      Il mancato versamento nel 1997 da parte di EDF di 888,89 milioni di EUR di imposta costituisce quindi un vantaggio. EDF ha potuto impiegare la somma equivalente al mancato pagamento per aumentare i propri capitali senza ricorrere a risorse finanziarie esterne. Il vantaggio è necessariamente selettivo in quanto il mancato versamento dell’imposta sulle società su una parte degli accantonamenti contabili costituisce un’eccezione al trattamento fiscale normalmente applicabile ad un’operazione di questo tipo. Il fatto che il vantaggio sia stato concesso a EDF con atto legislativo specifico, segnatamente la legge n. 97-1026 (…), ne attesta il carattere unico ed eccezionale.

(…)

154.      Sulla base di quanto sopra riportato, la Commissione ritiene quindi che l’aiuto in oggetto costituisca un aiuto al funzionamento che ha avuto per effetto quello di rafforzare la posizione concorrenziale di EDF rispetto alle imprese concorrenti. Tale aiuto risulta quindi incompatibile con il mercato comune.

155.      La Commissione ritiene infine che, contrariamente all’affermazione delle autorità francesi, la norma della prescrizione non sia applicabile alla fattispecie. È evidente che EDF ha creato accantonamenti contabili in esenzione d’imposta dal 1987 al 1996. Tuttavia, occorre notare da un lato che secondo il [CNC] le rettifiche di errori che, per loro natura, incidono sulla contabilizzazione di operazioni pregresse devono essere contabilizzate nel risultato dell’esercizio nel quale sono state rilevate e, dall’altro, che la legge che dispone la riclassificazione dei diritti del concessore nei conti patrimoniali senza assoggettarli all’imposta sulle società risale al 10 novembre 1997. Il vantaggio fiscale risale quindi al 1997 e la prescrizione non si applica ad un nuovo aiuto corrisposto a tale data».

51      Tenuto conto degli interessi calcolati ai sensi dell’art. 4 della decisione impugnata, la somma complessiva che è stato chiesto alla EDF di restituire è stata portata al valore di EUR 1,217 miliardi. La EDF ha rimborsato tale somma allo Stato francese.

 Procedimento e conclusioni delle parti

52      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 aprile 2004, la EDF ha proposto il presente ricorso.

53      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 agosto 2004, la Repubblica francese ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della EDF. Con ordinanza 20 settembre 2004 il presidente della Terza Sezione del Tribunale ha ammesso il suddetto intervento. La Repubblica francese ha depositato la sua memoria entro i termini impartiti.

54      Con lettera 18 febbraio 2005 la Commissione ha chiesto al Tribunale l’adozione di una misura di organizzazione del procedimento per ottenere il ritiro dal fascicolo di un rapporto intitolato «Rapporto Oxera», che la EDF aveva allegato alle proprie osservazioni relative alla memoria di intervento della Repubblica francese, sostenendo che si trattava di un elemento di prova nuovo che sarebbe irricevibile in questa fase del procedimento.

55      Con lettera 25 aprile 2005 la EDF ha chiesto al Tribunale l’adozione di una misura di organizzazione del procedimento per invitare la Commissione a pronunciarsi sul contenuto del suddetto rapporto. La Commissione ha presentato le sue osservazioni su tale domanda con lettera 7 giugno 2005.

56      Il Tribunale (Terza Sezione) ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti che sono stati loro notificati dalla cancelleria il 12 giugno 2006. Le parti hanno adempiuto a tale invito entro il termine impartito.

57      Con atto registrato presso la cancelleria del Tribunale il 3 marzo 2008, la Iberdrola, SA, ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni della Commissione.

58      Poiché la domanda di intervento è stata presentata dopo lo scadere del termine di sei settimane di cui all’art. 115, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, con ordinanza 5 giugno 2008 la Iberdrola è stata ammessa ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione e a presentare le proprie osservazioni nel corso della fase orale del procedimento.

59      Il Tribunale (Terza Sezione) ha invitato le parti a rispondere per iscritto a nuovi quesiti che sono stati loro notificati dalla cancelleria il 14 maggio 2008. Le parti hanno risposto a tale invito entro il termine impartito.

60      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 25 novembre 2008.

61      La EDF, sostenuta dalla Repubblica francese, chiede che il Tribunale voglia:

–      annullare gli artt. 3 e 4 della decisione impugnata;

–      condannare la Commissione alle spese.

62      La Commissione, sostenuta dalla Iberdrola, chiede che il Tribunale voglia:

–      respingere il ricorso in quanto infondato;

–      condannare la EDF alle spese.

63      Nelle sue osservazioni sulla memoria di intervento della Repubblica francese, la Commissione ha altresì chiesto che il Tribunale voglia condannare la Repubblica francese alle spese.

 In diritto

64      In via principale la EDF deduce, in sostanza, tre motivi.

65      Con il primo motivo, da un lato, la EDF sostiene che la Commissione ha violato le disposizioni dell’art. 20 del regolamento n. 659/1999 in quanto non le ha consentito di presentare osservazioni utili in merito al «capovolgimento di analisi» intervenuto tra la decisione di avvio e la decisione impugnata.

66      Dall’altro, essa sostiene che il fatto di non essere stata informata, nel corso della procedura, di un «mutamento sostanziale di analisi» costituisce, secondo la EDF, una violazione dei suoi «diritti della difesa».

67      Con il secondo motivo la EDF fa valere, in sostanza, che la Commissione è incorsa in numerosi errori di diritto nell’interpretazione della nozione di «aiuto di Stato» e che la decisione impugnata presenta inoltre numerose lacune in termini di motivazione.

68      In primo luogo, la «sottocompensazione» dei costi di servizio pubblico sostenuti dalla EDF, che si sarebbero accresciuti in modo notevolissimo a partire dal 1997, annullerebbe qualsiasi «ipotetico vantaggio» di cui essa abbia potuto beneficiare.

69      In secondo luogo, le misure di cui trattasi avrebbero dovuto essere qualificate come dotazioni di capitale ed essere analizzate in un contesto complessivo di chiarimento dei rapporti finanziari tra lo Stato e la EDF. Mettendo in atto le suddette misure, lo Stato avrebbe agito come un investitore privato in economia di mercato.

70      In terzo luogo, la Commissione avrebbe dovuto tener conto del contesto complessivo della ristrutturazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la EDF nel 1997 per inferirne la mancanza di un vantaggio complessivo accordato alla EDF.

71      In quarto luogo, le misure in parola non avrebbero pregiudicato il commercio tra gli Stati membri.

72      Con il terzo motivo la EDF sostiene che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione non motivando la sua decisione di respingere l’argomento che qualificava le misure di cui trattasi come operazione di ricapitalizzazione.

73      Inoltre, secondo la EDF la Commissione avrebbe interpretato erroneamente alcuni aspetti fiscali dell’operazione attuata nel 1997.

74      La EDF deduce poi due motivi in subordine.

75      Con il primo motivo presentato in subordine, la EDF fa valere che le misure di cui trattasi – anche supponendo che possano essere qualificate come aiuti – devono essere considerate, per la maggior parte, come aiuti esistenti ai sensi dell’art. 1, lett. b), sub v), del regolamento n. 659/1999, in quanto sono state attuate prima della liberalizzazione effettiva del settore dell’elettricità. Inoltre, per la maggior parte dovrebbero essere considerate come aiuti esistenti ai sensi dell’art. 15, n. 1, del regolamento n. 659/1999, riguardante la prescrizione.

76      Con il secondo motivo dedotto in subordine, la EDF sostiene che, in ogni caso, la decisione impugnata contiene diversi errori di calcolo che ne inficiano la validità.

77      La Repubblica francese interviene a sostegno, in primo luogo, del capo del secondo motivo attinente alla mancata applicazione, da parte della Commissione, del criterio dell’investitore privato, in secondo luogo, interviene a sostegno del terzo motivo riguardante la violazione dell’obbligo di motivazione e, in terzo luogo, interviene a sostegno dei motivi fatti valere in subordine dalla EDF.

 Il primo motivo, attinente, da un lato, alla violazione dell’art. 20 del regolamento n. 659/1999 e, dall’altro, alla violazione dei diritti della difesa

 Argomenti delle parti

78      Nell’ambito del primo capo del suo primo motivo, la EDF sostiene che, nella decisione impugnata, la Commissione ha adottato una posizione radicalmente diversa da quella seguita nella decisione di avvio, per quel che riguarda, più specificamente, la qualificazione delle misure di cui trattasi.

79      Secondo la EDF, ai termini della decisione di avvio, il presunto elemento di aiuto deriva dalla creazione degli accantonamenti per il rinnovo della RAG durante il periodo compreso tra il 1987 e il 1996, supponendo che, durante tale periodo, tali accantonamenti abbiano procurato ogni anno alla EDF un vantaggio fiscale indebito che sarebbe stato parzialmente annullato dalle correzioni e riclassificazioni contabili effettuate nel 1997. Al riguardo, la EDF fa riferimento ai punti 45, 49, 52, 56 e 84 della decisione di avvio.

80      Secondo la EDF, dai punti 45 e 49 della decisione di avvio emerge chiaramente che, in base all’analisi della Commissione, le disposizioni della legge n. 97-1026 avrebbero diminuito e non costituito i vantaggi precedentemente ottenuti.

81      Inoltre, essa fa valere che soltanto con il ricorso alla nozione di «consolidamento degli aiuti precedenti» – nozione che sarebbe del resto inedita ed estranea al regolamento n. 659/1999 – è sembrato che la Commissione volesse collegare artificialmente al solo anno 1997 i presunti vantaggi che peraltro, sempre secondo la Commissione, erano stati ottenuti nel periodo 1987-1996. Più in particolare, la EDF fa riferimento, al riguardo, al punto 71 della decisione di avvio.

82      Nella decisione impugnata, la Commissione avrebbe modificato la sua posizione, affermando che le disposizioni della legge n. 97-1026, che fino ad allora aveva presentato come elementi che avevano ridotto l’ammontare dei vantaggi ottenuti dalla EDF, erano in realtà l’elemento costitutivo del presunto aiuto. A questo proposito, la EDF fa leva sulla lettera dell’art. 3 della decisione impugnata.

83      Inoltre, secondo la EDF questo mutamento di analisi ha influito sulla qualificazione come aiuto nuovo delle misure di cui trattasi e sul rifiuto di prendere in considerazione che, nel caso di specie, si trattava di aiuti esistenti.

84      La EDF sostiene che, una volta deciso l’avvio del procedimento di indagine, la Commissione è tenuta a mettere lo Stato e i terzi interessati in grado di presentare le loro osservazioni.

85      La EDF riconosce che, allo stato attuale della giurisprudenza – al riguardo, essa fa riferimento alla sentenza del Tribunale 14 dicembre 2000, causa T-613/97, UFEX e a./Commissione (Racc. pag. II-4055) – lo scopo di questa fase del procedimento consiste non tanto nel salvaguardare i «diritti della difesa» dei suddetti soggetti quanto nel consentire alla Commissione di raccogliere gli elementi utili alla sua analisi.

86      La EDF ricorda che tuttavia l’ottavo ‘considerando’ del regolamento n. 659/1999 spiega che «in tutti i casi in cui, dopo l’esame preliminare, la Commissione non sia in grado di dichiarare che l’aiuto è compatibile con il mercato comune, occorrerebbe avviare il procedimento di indagine formale volto a consentire alla Commissione di ottenere le informazioni necessarie per stabilire la compatibilità dell’aiuto stesso e a dar modo agli interessati di trasmettere le proprie osservazioni; che il procedimento di indagine formale ai sensi dell’[art. 88], paragrafo 2, [CE] assicura la migliore tutela dei diritti degli interessati».

87      Facendo leva, in particolare, sull’ultima frase del suddetto ‘considerando’, la EDF ritiene che i terzi interessati abbiano diritti che il procedimento di indagine formale è diretto a garantire. Tali diritti consisterebbero nella possibilità di fornire alla Commissione tutte le informazioni che le permettano di condurre a buon fine la sua analisi.

88      Di conseguenza, poiché la decisione di avviare un procedimento formale è atta a pregiudicare la posizione giuridica del beneficiario dell’aiuto e ad esporlo a rischio (sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T‑195/01 e T‑207/01, Government of Gibraltar/Commissione, Racc. pag. II‑2309, punto 85), la EDF avrebbe dovuto essere messa in condizione, durante tutto il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti, delle censure e delle circostanze allegate dalla Commissione (v., in tal senso, sentenze della Corte 29 giugno 1994, causa C‑135/92, Fiskano/Commissione, Racc. pag. I‑2885, punto 40, e del Tribunale 30 marzo 2000, causa T‑65/96, Kish Glass/Commissione, Racc. pag. II‑1885, punto 32), tanto più che l’importo delle somme in gioco era notevole e non vi era un solo beneficiario interessato.

89      La EDF sostiene che, non avendo la Commissione informato i terzi interessati del «cambiamento fondamentale» intervenuto nella sua analisi, essa non è stata messa in condizione né di valutare l’ampiezza dell’impatto finanziario della decisione impugnata né di fornirle informazioni utili ad una corretta comprensione della situazione.

90      Orbene, secondo la EDF, poiché i diritti dei terzi interessati sono limitati, è opportuno garantirne un rispetto «particolarmente attento» ed occorre, di conseguenza, che l’unico diritto ad essi riconosciuto – ossia la possibilità di comunicare documenti e informazioni utili alla Commissione – possa, quanto meno, essere esercitato in piena conoscenza dell’analisi condotta dalla Commissione, a rischio altrimenti di essere privato della sua sostanza.

91      La EDF sostiene che questo non è avvenuto nel caso di specie, non essendo stata informata del cambiamento di analisi da parte della Commissione e non essendo quindi stata in grado di fornire le informazioni e gli elementi utili che avrebbero potuto, per esempio, indurre la Commissione a non abbandonare la sua analisi iniziale, che avrebbe potuto portare ad attribuire la qualità di aiuti esistenti alla maggior parte delle misure in parola.

92      Pertanto, la Commissione avrebbe violato l’art. 20 del regolamento n. 659/1999.

93      Nell’ambito del secondo capo del suo primo motivo, la EDF invita il Tribunale a interrogarsi sul «rigore della giurisprudenza vigente» in materia di «diritti della difesa dei terzi interessati» – e specialmente del beneficiario del presunto aiuto – nell’ambito dei procedimenti in materia di aiuti di Stato.

94      La EDF ricorda che, nella sentenza 21 marzo 1990, causa C-142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse» (Racc. pag. I-959), la Corte ha dichiarato che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento instaurato a carico di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e va garantito anche se non v’è una normativa specifica (punto 46 di tale sentenza)

95      Nel settore degli aiuti di Stato, solo gli Stati membri potrebbero vedersi riconoscere dei «veri e propri diritti della difesa» ai sensi della suddetta giurisprudenza, dato che il procedimento è instaurato nei loro confronti e non nei confronti dei terzi beneficiari.

96      Orbene, secondo la EDF, siffatto approccio è in sostanza difficilmente conciliabile con il fatto che sono i terzi beneficiari ad essere interessati da un’ingiunzione di rimborso, mentre lo Stato membro, al contrario, è beneficiario di tale ingiunzione in termini finanziari. Sarebbe quindi possibile un «conflitto di interessi» tra lo Stato membro e il beneficiario.

97      In sostanza, la EDF sostiene che questa situazione di «conflitto di interessi», da un lato, mette in risalto la necessità di tutelare i rari diritti riconosciuti ai terzi interessati nell’ambito dei procedimenti in materia di aiuti di Stato – in particolare il diritto ad essi riconosciuto dall’art. 20 del regolamento n. 659/1999 – e, dall’altro, giustifica, anche al di là di tale disposizione, il riconoscimento ai terzi interessati, o per lo meno ai beneficiari dell’aiuto, di un «accenno di veri e propri diritti della difesa».

98      A questo riguardo, secondo la EDF, il rispetto dei diritti dei terzi interessati in generale e dei diritti del beneficiario dell’aiuto in particolare impone alla Commissione di consentire loro di far conoscere utilmente il proprio punto di vista e, quindi, le impone di pubblicare una nuova comunicazione nel caso in cui intenda far valere nella sua decisione finale fatti, censure, analisi o circostanze sostanzialmente diversi da quelli che compaiono nella comunicazione che ne è stata fatta ai suddetti terzi.

99      Orbene, nel caso di specie, il fatto che la Commissione abbia «fondamentalmente» mutato, nella decisione finale, la sua analisi della natura delle misure di cui trattasi e non abbia pubblicato una seconda comunicazione nella Gazzetta ufficiale costituisce, secondo la EDF, una violazione grave dei suoi «diritti della difesa».

100    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

–       La violazione dei diritti della difesa

101    Occorre ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di una normativa specifica. Tale principio impone che la persona interessata sia stata messa in grado, già durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace il suo punto di vista sulla realtà e sulla pertinenza dei fatti e delle circostanze addebitatile e sui documenti di cui si è servita la Commissione per suffragare le proprie asserzioni circa l’esistenza di una trasgressione del diritto comunitario (sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 40/85, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2321, punto 28, e del Tribunale 6 marzo 2003, cause riunite T‑228/99 e T‑233/99, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein‑Westfalen/Commissione, Racc. pag. II‑435, punto 121).

102    Tuttavia, il procedimento amministrativo in materia di aiuti di Stato è instaurato solo nei confronti dello Stato membro interessato. Le imprese beneficiarie degli aiuti sono considerate solo come «interessate» a tale procedimento. In quanto tali, esse non possono pretendere un dibattito in contraddittorio con la Commissione, quale quello previsto in favore del detto Stato membro (sentenza della Corte 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, Racc. pag. I‑7869, punti 81 e 83).

103    Pertanto, tale giurisprudenza attribuisce agli interessati essenzialmente il ruolo di fonti d’informazione per la Commissione nell’ambito del procedimento amministrativo iniziato ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE. Ne consegue che gli interessati, lungi dal potersi valere dei diritti della difesa spettante a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispongono soltanto del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (v. sentenze del Tribunale 25 giugno 1998, cause riunite T‑371/94 e T‑394/94, British Airways e a./Commissione, Racc. pag. II-2405, punti 59 e 60 nonché giurisprudenza cit., e Westdeutsche Landesbank Girozentrale/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 125).

104    Occorre pertanto dichiarare che la ricorrente non può lamentare una violazione dei diritti della difesa nei suoi confronti, non essendole tali diritti riconosciuti nel corso del procedimento amministrativo, e questo anche se giustamente essa sostiene che lo Stato membro che ha concesso l’aiuto e il beneficiario dello stesso possono avere interessi divergenti nell’ambito dei procedimenti attivati dalla Commissione in materia di aiuti di Stato.

105    Occorre pertanto respingere il primo capo del primo motivo.

–       La violazione dei diritti processuali del beneficiario dell’aiuto in quanto parte interessata

106    Secondo una consolidata giurisprudenza, durante la fase di indagine prevista dall’art. 88, n. 2, CE, la Commissione ha il dovere di mettere gli interessati in grado di presentare le loro osservazioni (v. sentenza della Corte 8 maggio 2008, causa C‑49/05 P, Ferriere Nord/Commissione, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

107    Gli interessati, pur non potendo far valere i diritti della difesa nell’ambito di tale procedimento, dispongono per contro del diritto di parteciparvi in misura adeguata, tenendo conto delle circostanze del caso di specie (sentenza Ferriere Nord/Commissione, cit. al punto 106 supra, punto 69).

108    Inoltre, la Commissione deve avviare un procedimento d’indagine formale, che prevede l’informazione degli interessati allorché, a conclusione di un esame preliminare, nutre seri dubbi circa la compatibilità del provvedimento finanziario di cui trattasi con il mercato comune. Da ciò consegue che la Commissione non può essere tenuta a presentare un’analisi completa nei confronti dell’aiuto di cui trattasi nella sua comunicazione relativa all’apertura di tale procedimento. Per contro, è necessario che la Commissione definisca sufficientemente il quadro del suo esame al fine di non svuotare di significato il diritto degli interessati di presentare le loro osservazioni [sentenza del Tribunale 31 maggio 2006, causa T‑354/99, Kuwait Petroleum (Nederland)/Commissione, Racc. pag. II‑1475, punto 85].

109    Peraltro, va ricordato che, conformemente all’art. 6 del regolamento n. 659/1999, quando la Commissione decide di avviare il procedimento d’indagine formale, la decisione in parola può limitarsi a ricapitolare gli elementi pertinenti di fatto e di diritto, a includere una valutazione provvisoria della misura statale di cui trattasi relativa al carattere di aiuto della stessa e ad esporre i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato comune (sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, cause riunite T‑269/99, T‑271/99 e T‑272/99, Diputación Foral de Guipúzcoa e a./Commissione, Racc. pag. II‑4217, punto 104).

110    La decisione di avvio deve, pertanto, mettere le parti interessate in condizione di partecipare efficacemente al procedimento d’indagine formale, nel corso del quale esse avranno la possibilità di far valere i loro argomenti. A tal fine è sufficiente che le parti interessate conoscano l’iter logico che ha portato la Commissione a ritenere provvisoriamente che la misura controversa potesse costituire un nuovo aiuto incompatibile con il mercato comune (v. sentenza del Tribunale 22 ottobre 2008, cause riunite T‑309/04, T‑317/04, T‑329/04 e T‑336/04, TV 2/Danmark e a./Commissione, Racc. pag. II‑2935, punto 139 e giurisprudenza ivi citata).

111    Occorre osservare che nel caso di specie, tanto nella decisione di avvio quanto nella decisione impugnata la Commissione ha esaminato il trattamento fiscale dei diritti del concessore al momento della ristrutturazione del bilancio della EDF effettuata con la legge n. 97-1026 (in prosieguo: la «misura controversa») e che pertanto, sotto questo profilo, l’ambito dell’indagine è identico nelle due decisioni.

112    Inoltre, sia al punto 51 della decisione di avvio sia al ‘considerando’ 89 della decisione impugnata la Commissione ha tenuto fermo il calcolo dell’imposta che sarebbe stata dovuta, come presentato dalle autorità francesi, calcolo secondo il quale l’alleggerimento fiscale di cui la EDF avrebbe beneficiato poteva essere stimato a FRF 5 883 miliardi.

113    Occorre pertanto considerare che, con la decisione di avvio, la EDF aveva una sufficiente conoscenza dell’ambito di indagine rilevante nonché dell’iter logico che aveva portato la Commissione a considerare provvisoriamente che la misura controversa potesse costituire un aiuto incompatibile con il mercato comune al fine di poter presentare utilmente le sue osservazioni al riguardo.

114    Pertanto, anche considerandoli fondati, gli argomenti dedotti dalla EDF, secondo cui la Commissione avrebbe effettuato, sotto un profilo fiscale e contabile, un’analisi della misura controversa diversa da quella provvisoriamente compiuta nella decisione di avvio, vanno respinti in quanto inconferenti.

115    Occorre di conseguenza respingere il primo motivo dedotto dalla EDF.

 Il secondo motivo, attinente alla violazione da parte della Commissione dell’art. 87 CE

 Il primo capo, relativo alla mancata considerazione della «sottocompensazione» dei costi di servizio pubblico sostenuti dalla EDF

–       Argomenti delle parti

116    La EDF sostiene, in sostanza, che gli obblighi di servizio pubblico posti a carico dell’impresa da parte dei poteri pubblici sono stati aumentati significativamente a partire dal 1997. Orbene, tali oneri supplementari non sarebbero stati compensati dalle tariffe di vendita dell’elettricità, poiché queste erano notevolmente diminuite durante lo stesso periodo.

117    In sostanza, secondo la EDF l’aumento degli oneri di servizio pubblico derivanti dalla ristrutturazione delle relazioni tra essa e lo Stato faceva parte dell’equilibrio finanziario definito dal contratto d’opera dell’8 aprile 1997 (v. supra, punto 31).

118    Per dimostrare quanto affermato, la EDF si basa sull’obbligo di servizio pubblico di acquisto dell’elettricità posto a suo carico a vantaggio dei produttori che avevano realizzato impianti di cogenerazione, l’obbligo più importante sul periodo considerato.

119    Orbene, secondo la EDF, tale obbligo è di per sé sufficiente a dimostrare che gli oneri corrispondenti eccedono nettamente il vantaggio fiscale che essa avrebbe ottenuto.

120    La EDF sostiene che la Commissione, nella sua decisione 28 luglio 2003, C (2003) 2508, di non sollevare obiezioni nei confronti dell’aumento di capitale della società La Poste SA/NV effettuato dallo Stato belga riguardo agli obblighi di servizio pubblico sostenuti da La Poste, ha considerato che essendo la «sottocompensazione storica» del costo netto addizionale delle attività di servizio di interesse economico generale superiore al conferimento di capitale notificato dallo Stato, quest’ultimo non costituiva di per sé un aiuto di Stato in quanto non attribuiva a La Poste un vantaggio oppure costituiva un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune. Poiché il conferimento di capitale notificato era dunque compatibile con il mercato comune, la Commissione avrebbe pertanto considerato di non essere tenuta a valutare se la decisione dello Stato di apportare il capitale considerato corrispondesse al comportamento che avrebbe avuto un investitore privato avveduto in un’economia di mercato.

121    Di conseguenza, secondo la EDF, per analogia con questa decisione della Commissione, bisogna considerare che il conferimento di capitale di cui essa sarebbe stato oggetto non costituisce di per sé un aiuto, in quanto non conferisce un vantaggio oppure costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato comune.

122    Inoltre, la EDF afferma, in sostanza, che al punto 79 della decisione di avvio la Commissione si è premurata di respingere l’argomento di un’eventuale «sottocompensazione» dei costi di servizio pubblico, ma lo ha fatto invocando l’insieme degli aiuti esaminati, compresi quelli per i quali la qualificazione di aiuto è stata alla fine esclusa.

123    Peraltro, secondo la EDF, in sostanza, se si dovesse ritenere che la Repubblica francese abbia omesso di comunicare alla Commissione le informazioni da quest’ultima sollecitate riguardo ad eventuali costi di servizio pubblico durante il procedimento di indagine formale e che, pertanto, gli argomenti dedotti nell’ambito del presente ricorso non possano essere presi in considerazione dal momento che la legittimità di una decisione in materia di aiuti dev’essere valutata alla luce degli elementi informativi di cui la Commissione poteva disporre al momento in cui l’ha emanata e che le valutazioni complesse effettuate dalla Commissione debbano essere esaminate solo in funzione degli elementi di cui essa disponeva nel momento in cui le ha compiute, la conseguenza sarebbe che la EDF, non avendo partecipato al procedimento amministrativo, sarebbe privata del diritto di avvalersi di questo capo del suo motivo. Orbene, questo confermerebbe la violazione dei suoi «diritti della difesa», in quanto, non essendo stata informata «in modo sincero e completo» dalla Commissione durante il procedimento amministrativo, essa non sarebbe stata posta in condizione di valutare la necessità di sviluppare tale argomento e non ne avrebbe ora la possibilità.

124    La Commissione contesta tale argomento.

–       Giudizio del Tribunale

125    Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito di un ricorso di annullamento, la legittimità di un atto comunitario dev’essere valutata in funzione delle informazioni esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato. In particolare, le complesse valutazioni della Commissione devono essere esaminate alla luce dei soli elementi di cui essa disponeva quando le ha effettuate (v. sentenza del Tribunale 23 novembre 2006, causa T‑217/02, Ter Lembeek/Commissione, Racc. pag. II‑4483, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

126    A tale riguardo, non può essere addebitato alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali informazioni che potevano esserle presentate nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono state, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali elementi avrebbero potuto esserle sottoposti (sentenza Ter Lembeek/Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 83).

127    Considerati il tenore del punto 79 della decisione di avvio e il punto 153 della decisione impugnata, nonché la nota inserita in tale punto, deve ritenersi che giustamente la Commissione afferma che non poteva né doveva esaminare eventuali costi di servizio pubblico in assenza di informazioni al riguardo da parte delle autorità francesi e delle parti interessate e che non poteva tener conto, al momento dell’adozione della decisione impugnata, di elementi portati a sua conoscenza solo nell’ambito del presente ricorso.

128    Quanto all’argomento relativo alla violazione dei diritti della difesa fatto valere dalla EDF, esso va respinto in quanto la Repubblica francese e la EDF hanno ritenuto inutile rispondere all’invito, che pure era stato loro rivolto, a fornire informazioni al riguardo nell’ambito del procedimento amministrativo. Pertanto la EDF non è legittimata a sostenere, nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, di non essere stata messa in condizione di valutare la necessità di sviluppare un argomento a questo proposito e che i suoi diritti della difesa sarebbero violati nel caso in cui, in questa fase, tali argomenti non venissero esaminati sul punto.

129    Occorre sottolineare che le eventuali differenze di analisi tra la decisione di avvio e la decisione impugnata non sono tali da influire su tale valutazione, in quanto la Commissione nella decisione di avvio aveva spiegato che essa considerava il trattamento riservato agli accantonamenti contabili per il rinnovo della RAG idoneo a costituire un aiuto nuovo. Di conseguenza, spettava alla Repubblica francese e alla EDF trarre le conseguenze procedurali che siffatta analisi avrebbe potuto comportare per loro e fornire le informazioni utili per difendere la loro posizione, cosa che esse non hanno fatto.

130    Per quanto riguarda l’argomento secondo cui la Commissione, nonostante tutto, avrebbe trattato tale questione al punto 79 della decisione di avvio, limitandosi però a rilevare che «gli aiuti esaminati (…) [hanno] attribuito alla EDF un vantaggio operativo che, in tale fase, sembra superiore ai costi di qualsiasi servizio pubblico», occorre rilevare che la frase di cui la EDF ha citato alcuni passi dev’essere, in realtà, ricollocata nel suo contesto:

«Per una parte delle sue attività, la EDF è un fornitore di servizi pubblici. Va osservato che, pur non avendo sino ad ora invocato a questo riguardo l’applicazione dell’art. 86, n. 2, [CE], le autorità francesi hanno sottolineato il fatto che la EDF è vincolata a missioni di servizio pubblico. Peraltro, le autorità non hanno fornito alcuna valutazione dei costi che la EDF deve sostenere a causa di tali obblighi. È pertanto impossibile verificare la corrispondenza tra i diversi aiuti di Stato di cui tale operatore gode e i costi delle missioni di servizio pubblico ad esso imposti. Sembra comunque che gli aiuti esaminati nel caso di specie, che in sostanza hanno forma di deroghe eccezionali alle disposizioni normalmente applicabili nel campo contabile e commerciale, abbiano attribuito alla EDF un vantaggio operativo che, in tale fase, sembra superiore ai costi di qualsiasi servizio pubblico. La EDF non ha ricevuto conferimenti di capitale da lungo tempo. Gli aiuti esaminati hanno contribuito de facto a finanziare l’espansione aggressiva della EDF attraverso l’acquisto di partecipazioni all’estero. Un simile uso di tali fondi sembra esulare dall’ambito di quel che si può considerare come una missione di servizio pubblico ammissibile».

131    Si trattava dunque solo di una valutazione provvisoria e di un invito, rivolto alla Repubblica francese e alla EDF, a fornire le informazioni necessarie per capovolgere, eventualmente, questa prima analisi. La ricorrente non può pertanto avvalersene.

132    Parimenti, non si può addebitare alla Commissione il fatto che il punto 79 della decisione di avvio verte sull’insieme degli aiuti da essa esaminati e non soltanto sull’aiuto dichiarato alla fine incompatibile con il mercato comune, ordinandone il recupero agli artt. 3 e 4 della decisione impugnata, ossia la misura controversa.

133    Il primo capo del secondo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Il secondo capo, attinente alla mancanza di pregiudizio per gli scambi tra Stati membri

–       Argomenti delle parti

134    Secondo la EDF la misura controversa non ha pregiudicato gli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, in quanto, da un lato, alla luce della giurisprudenza comunitaria, la nozione di «scambi» si dovrebbe interpretare come un «sinonimo» della nozione di «concorrenza» e, dall’altro, gli scambi tra produttori nazionali storici, che godevano all’epoca di una situazione monopolistica nei rispettivi paesi, non si potrebbero assimilare ad una situazione di concorrenza.

135    La EDF sostiene che il Tribunale ha chiaramente collegato la nozione di «scambi tra Stati membri» a quella di «concorrenza» e ricorda, in proposito, che il Tribunale ha dichiarato che, in materia di aiuti di Stato, le condizioni relative, rispettivamente, all’incidenza sugli scambi tra gli Stati membri ed alla distorsione della concorrenza sono, in generale, indissociabilmente connesse (sentenze del Tribunale 15 giugno 2000, cause riunite T‑298/97, T‑312/97, T‑313/97, T‑315/97, da T‑600/97 a T‑607/97, T‑1/98, da T‑3/98 a T‑6/98 e T‑23/98, Alzetta e a./Commissione, Racc. pag. II‑2319, punto 81, e 4 aprile 2001, causa T‑288/97, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia/Commissione, Racc. pag. II‑1169, punto 44).

136    La EDF sostiene che tale analisi è stata confermata nella sentenza 23 ottobre 1997, causa C-159/94, Commissione/Francia (Racc. pag. I-5815), nella quale la Corte ha respinto l’argomento della Commissione secondo cui l’abolizione dei diritti esclusivi di importazione e di esportazione della EDF e di Gaz de France (GDF) avrebbe la conseguenza di favorire lo sviluppo degli scambi nell’interesse della Comunità europea e ha dichiarato che spettava alla Commissione definire in via preliminare l’interesse della Comunità alla luce del quale valutare lo sviluppo degli scambi. Secondo la EDF, la Corte ha quindi chiaramente collegato la nozione di «distorsione della concorrenza» e quella di «scambi tra gli Stati membri».

137    La EDF sostiene che, benché la Commissione si soffermi a lungo nella decisione impugnata sugli scambi che si sono potuti verificare tra operatori elettrici per la maggior parte in situazione di monopolio negli Stati membri prima della liberalizzazione di tale settore, è tuttavia evidente che non esisteva alcuna «situazione di vera e propria concorrenza» prima di tale liberalizzazione, che è stata avviata progressivamente soltanto con l’applicazione della direttiva 96/92.

138    Per quanto riguarda più in particolare la Francia nel periodo considerato (1986-1997), la EDF sostiene che il settore dell’elettricità era chiaramente chiuso alla concorrenza. Benché nel corso di tale periodo siano state adottate numerose direttive [direttiva del Consiglio 29 ottobre 1990, 90/547/CEE, concernente il transito di energia elettrica sulle grandi reti (GU L 313, pag. 30) e direttiva 96/62], la loro trasposizione in diversi Stati membri aveva tuttavia richiesto del tempo «a causa della complessa situazione iniziale e della disparità delle strutture elettriche nella Comunità», come ammesso dal sig. K. Van Miert, all’epoca commissario incaricato della concorrenza.

139    Di conseguenza, secondo la EDF, non si può sostenere che nel periodo 1987-1996 esistesse in Francia, né del resto nella quasi totalità dei paesi europei, una «situazione di vera e propria concorrenza».

140    Al riguardo, la EDF osserva che un gran numero di esempi forniti dalla Commissione nella decisione impugnata per concludere circa l’esistenza di scambi tra Stati membri che influivano sulla concorrenza riguardano periodi successivi al 1997: questo varrebbe in particolare per l’acquisto di un terzo del capitale dell’impresa tedesca EnBW Energie Baden-Württemberg AG e delle capacità produttive e distributive della London Electricty, dell’acquisizione del controllo dell’impresa Fenice, della creazione di un partenariato con la Fiat per l’acquisto della Montedison e di un partenariato con la Véolia Environnement tramite la società Dalkia.

141    In conclusione, secondo la EDF, anche se tra il 1987 e il 1996 essa aveva avuto degli scambi con gli altri produttori nazionali europei, legati per la maggior parte a contratti a lungo termine che avevano sovente permesso ai suddetti operatori di fare a meno di investimenti di produzione, poiché la grande maggioranza delle «controparti» della EDF godeva nei paesi di origine di una situazione di monopolio, i suddetti scambi non incidevano affatto sulla concorrenza a livello intracomunitario.

142    La Commissione respinge tale argomento.

–       Giudizio del Tribunale

143    L’art. 87, n. 1, CE vieta gli aiuti che incidono sugli scambi tra Stati membri e falsano o minacciano di falsare la concorrenza.

144    Per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato non è necessario dimostrare una reale incidenza di tale aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza 10 gennaio 2006, causa C‑222/04, Cassa di Risparmio di Firenze e a., Racc. pag. I‑289, punto 140 e giurisprudenza ivi citata).

145    Inoltre, non spetta alla Commissione procedere ad un’analisi economica della situazione effettiva del mercato di cui trattasi, della quota di mercato delle imprese beneficiarie degli aiuti, della posizione delle imprese concorrenti e delle correnti di scambi di servizi di cui trattasi tra gli Stati membri, qualora essa abbia spiegato sotto quale aspetto gli aiuti controversi erano idonei a produrre simili effetti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 29 settembre 2000, causa T‑55/99, CETM/Commissione, Racc. pag. II‑3207, punto 102, e 6 settembre 2006, cause riunite T‑304/04 e T‑316/04, Italia e Wam/Commissione, punto 64).

146    Quando un aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi intracomunitari, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto (v. sentenza Cassa di Risparmio di Firenze e a., cit. supra al punto 144, punto 141 e giurisprudenza ivi richiamata)

147    A tale proposito, il fatto che un settore economico sia stato oggetto di liberalizzazione a livello comunitario è tale da evidenziare un’incidenza reale o potenziale degli aiuti sulla concorrenza, nonché gli effetti di tali aiuti sugli scambi fra Stati membri (sentenza Cassa di Risparmio di Firenze e a., cit. supra al punto 144, punto 142 e giurisprudenza ivi richiamata).

148    Non è peraltro necessario che l’impresa beneficiaria partecipi essa stessa agli scambi intracomunitari. Infatti, quando uno Stato membro concede un aiuto ad un’impresa, l’attività sul mercato nazionale può risultarne mantenuta o incrementata, con la conseguente diminuzione delle possibilità per le imprese con sede in altri Stati membri di penetrare nel mercato di tale Stato membro. Inoltre, il rafforzamento di un’impresa che fino a quel momento non partecipava a scambi intracomunitari può metterla nella condizione di penetrare nel mercato di un altro Stato membro (sentenza Cassa di Risparmio di Firenze e a., cit. supra al punto 144, punto 142 e giurisprudenza ivi richiamata).

149    Nel caso di specie, va osservato che, ai punti 104-112, nonché 114 e 115 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che, anche a prescindere dalle direttive volte a liberalizzare il settore dell’elettricità, esisteva un certo grado di concorrenza in tale settore, per lo meno su alcuni mercati, in particolare su mercati sui quali la EDF operava all’epoca considerata, oppure, in alcuni Stati membri, su altri mercati non ancora del tutto aperti alla concorrenza.

150    Questi elementi non vengono contestati dalla EDF.

151    La EDF non ha neppure negato che essa esportava elettricità verso altri Stati membri in cui l’apertura dei mercati era stata già realizzata.

152    Il fatto che il mercato nazionale francese, o quanto meno una parte dello stesso, sia stato chiuso alla concorrenza, sarebbe pertanto privo di rilievo, anche qualora venisse dimostrato.

153    Di conseguenza, occorre considerare che non si può rimproverare alla Commissione di non aver precisato in modo più puntuale la possibilità che la misura controversa avrebbe potuto incidere sugli scambi intracomunitari.

154    Pertanto, l’argomento della EDF sul punto non può essere accolto.

155    In conclusione, occorre quindi respingere il secondo capo del secondo motivo.

 Il terzo capo del secondo motivo, attinente, da un lato, alla qualificazione delle misure di cui trattasi come conferimento di capitale e, dall’altro, al comportamento dell’investitore privato avveduto in un’economia di mercato adottata dallo Stato nel quadro della loro attuazione

–       Argomenti delle parti

156    La EDF ricorda che, nel 1997, lo Stato era il suo unico azionista. All’epoca, essa era stata «fortemente sottocapitalizzata» e il suo bilancio era «manifestamente squilibrato». La EDF possedeva capitali per un ammontare di FRF 24,2 miliardi, debiti di prestito pari a FRF 131,9 miliardi (ossia una proporzione debito netto / capitali del 480%) e un attivo netto pari a FRF 696,4 miliardi.

157    Secondo la EDF, di conseguenza, lo Stato ha inteso rafforzare il capitale proprio dell’impresa pubblica e modificare gli equilibri finanziari tra loro esistenti, al fine di avvicinare la sua situazione a quella dei suoi grandi concorrenti nel settore dell’elettricità in Europa, per consentirle di prepararsi al «sovvertimento del suo ambiente economico e normativo». Lo Stato pertanto avrebbe agito come un investitore privato avveduto, nozione che, secondo la EDF, dovrebbe essere interpretata alla luce delle caratteristiche assai peculiari del settore economico nel quale l’impresa opera.

158    La EDF sostiene che, in tale situazione, nel 1997 si è deciso di chiarire lo stato patrimoniale della RAG, ponendo fine alle «ambiguità» che lo caratterizzavano e, contemporaneamente, al suo trattamento contabile specifico che era stato oggetto di critiche da parte della Corte dei conti francese, procedendo al tempo stesso alla ristrutturazione del bilancio della EDF.

159    Questo duplice obiettivo di chiarificazione dello stato patrimoniale della RAG, con le relative conseguenze contabili, e di ristrutturazione del bilancio della EDF figurerebbe nel contratto d’opera dell’8 aprile 1997 (v. supra, punto 31) e sarebbe stato presentato «senza la minima ambiguità» durante i lavori preparatori della legge n. 97-1026.

160    La EDF, sostenuta dalla Repubblica francese, afferma in sostanza che la riclassificazione dei diritti del concessore derivante dalla legge n. 97-1026 costituisce un conferimento di capitale, precisando che tale posizione è sempre stata sostenuta dalla Repubblica francese nel corso della fase amministrativa del procedimento, ma che la Commissione aveva respinto tale argomento senza esaminarlo nel merito, per le due ragioni illustrate ai punti 96 e 97 della decisione impugnata.

161    Secondo la EDF, la Commissione dimostra in tal modo una «manifesta errata comprensione» della natura economica dell’operazione di ricapitalizzazione. In tal modo, essa avrebbe travisato la nozione di «aiuti di Stato» e violato l’art. 87 CE.

162    La EDF afferma, in sostanza, che l’operazione di ricapitalizzazione – effettuata girando direttamente i diritti del concessore dalla voce del passivo «Controvalore delle attività in concessione» alla voce del passivo «Conti patrimoniali» per un valore di FRF 14,119 miliardi al 31 dicembre 1996 – è stata attuata con «mezzi neutri» sotto un profilo economico e fiscale e seguendo la «via più naturale nel caso specifico», ossia la via legislativa, ricorrendo per ragioni di efficacia alla stessa legge che era stata necessaria per considerare la EDF proprietaria della RAG.

163    La EDF sottolinea che queste correzioni contabili, per loro stessa natura, esigevano in effetti l’intervento legislativo. Il conferimento a titolo di capitale del controvalore dei beni in natura dati in concessione rientrava infatti nell’ambito legislativo, poiché il capitale della EDF era definito dall’art. 16 della legge n. 46-628, ai sensi del quale esso «spetta alla Nazione», «è inalienabile» e, «in caso di perdite di gestione, dev’essere ricostituito sui risultati degli esercizi successivi». Ai sensi dell’art. 1 del decreto 14 maggio 1956, n. 56-493, relativo ai conferimenti di capitale attribuiti alla EDF e alla GDF (JORF 19 maggio 1956, pag. 4613), tali conferimenti erano soggetti alle stesse regole stabilite dall’art. 16 della legge n. 46-628.

164    Sostenuta dalla Repubblica francese, la EDF afferma – ed entrambe lo hanno confermato nel rispondere ai quesiti scritti posti dal Tribunale – che lo Stato poteva scegliere tra due soluzioni (definite dalla EDF «schema breve» e «schema lungo») che portavano a risultati strettamente equivalenti: effettuare un conferimento di capitale complementare procedendo direttamente, per effetto della legge, a riclassificare una parte degli accantonamenti contabili per il rinnovo della RAG in esenzione d’imposta, oppure destinare anzitutto al capitale della EDF un importo netto in base all’imposta sulle società, richiedere alla EDF il versamento di un’imposta corrispondente alla variazione dell’attivo netto e procedere ad un conferimento di capitale complementare di importo pari all’imposta versata.

165    Secondo la EDF, lo Stato ha ritenuto che la prima soluzione fosse «economicamente logica e finanziariamente altrettanto neutra» quanto la seconda e che tale approccio fosse stato inoltre approvato dalla Corte dei conti francese.

166    Dall’argomento fatto valere dalla Commissione emergerebbe con chiarezza che, nel caso in cui lo Stato avesse optato per la seconda soluzione al fine di procedere all’apporto di capitale, la Commissione avrebbe applicato il criterio dell’investitore privato avveduto. Secondo la EDF, ciò dimostra che è solo la scelta del mezzo utilizzato dallo Stato per procedere all’aumento di capitale che ha indotto la Commissione a escludere per principio l’applicazione del criterio dell’investitore privato.

167    La EDF sostiene che dal punto 96 della decisione impugnata e dagli atti della Commissione emerge in effetti che quest’ultima critica la scelta del mezzo utilizzato per procedere all’aumento di capitale. Orbene, si tratterebbe di un argomento «puramente formalista e del tutto privo di pertinenza».

168    Secondo la EDF, l’affermazione contenuta nella decisione impugnata secondo cui la Commissione «respinge tali argomentazioni [relative alla ricapitalizzazione]» ribadendo che il criterio dell’investitore privato «può valere soltanto nell’ambito dell’esercizio di attività economiche e non nel quadro dell’esercizio di poteri di regolamentazione» costituisce, da un lato, un’ingerenza nelle procedure di diritto interno, le quali sono estranee al diritto comunitario, e dall’altro, rientra in un formalismo estraneo al diritto della concorrenza.

169    La EDF ammette che lo Stato in effetti, per procedere all’aumento di capitale, è ricorso ad uno strumento di cui le società di diritto comune non disponevano, vale a dire la riclassificazione dei diritti del concessore per via legislativa. Tuttavia, esso non avrebbe agito nell’ambito dei suoi poteri di regolamentazione o delle sue prerogative di pubblica autorità.

170    In primo luogo, considerare il contrario porterebbe a trascurare il fatto che lo stato e la definizione del capitale della EDF rientrano di per sé nell’ambito legislativo.

171    In sostanza, la EDF precisa che lo Stato era tenuto a ricorrere alla legge per procedere a tale operazione, tenuto conto della natura particolare dell’impresa. Poiché era stata necessaria una legge per considerare la EDF proprietaria sin dall’inizio della RAG, non si capisce perché il legislatore avrebbe dovuto astenersi dal «giungere alle conseguenze logiche» descritte nel contratto d’opera dell’8 aprile 1997 (v. supra, punto 31) ristrutturando il bilancio dell’impresa tramite la modifica dell’art. 16 della legge n. 46-628.

172    In secondo luogo, la EDF fa valere, in sostanza, che agendo in tal modo lo Stato si è in realtà comportato come un «azionista accorto» dell’impresa, in condizioni normali di mercato, che dovrebbero necessariamente valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili (sentenza della Corte 3 luglio 2003, cause riunite C‑83/01 P, C‑93/01 P e C‑94/01 P, Chronopost e a./Ufex e a., Racc. pag. I‑6993, punto 38).

173    In terzo luogo, la EDF sostiene che, negando a priori allo Stato francese il diritto di procedere ad una ricapitalizzazione di un ente pubblico ricorrendo alla via da esso ritenuta più opportuna, la Commissione incorre poi in un errore di diritto, in violazione dell’art. 295 CE che sancisce «la neutralità del diritto comunitario verso i regimi di proprietà degli Stati membri».

174    In quarto luogo, secondo la EDF, anche supponendo che si potesse scegliere una via diversa, nulla giustifica il formalismo eccessivo di cui la Commissione ha dato prova respingendo, senza neppure discuterlo, l’argomento relativo alla ricapitalizzazione dell’impresa soltanto perché il mezzo con cui ad essa è stata data attuazione qualificherebbe «per principio» l’intervento dello Stato come aiuto di Stato. Orbene, secondo la EDF, l’indifferenza della forma che una misura può assumere ai fini della sua eventuale qualificazione come aiuto di Stato è invece il punto focale della giurisprudenza comunitaria.

175    In sostanza, secondo la EDF, per qualificare una misura come aiuto di Stato, la giurisprudenza non attribuisce alcuna importanza alla forma che essa può assumere o all’autorità statale che decide, trattandosi di considerazioni estranee all’analisi effettuata ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

176    Inoltre, la EDF sostiene che, come affermato dalla stessa Commissione, nell’analizzare la compatibilità degli aiuti con il mercato comune, quest’ultima «esamina la compatibilità degli aiuti non in funzione delle forme che essi possono assumere, ma in funzione dei loro effetti» [punto 7 della comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme relative agli aiuti di Stato alle misure di tassazione diretta delle imprese (GU C 384, pag. 3)]. Pertanto, la Commissione non avrebbe dovuto respingere, senza esaminarlo, l’argomento secondo cui l’operazione era una ricapitalizzazione, semplicemente in base ad una considerazione puramente formale, ossia lo strumento utilizzato per procedere a tale ricapitalizzazione.

177    Secondo la EDF, se la forma con cui viene attuata una misura non conta ai fini della sua qualificazione come aiuto di Stato, la Commissione non può più far valere tale forma come argomento – né tanto meno come unico argomento – per respingere la prova diretta a contestare questa stessa qualificazione come aiuto di Stato.

178    In quinto luogo, la EDF ricorda che la Commissione ha già considerato, in numerose cause, che un apporto di capitale poteva assumere forme diverse: la sottoscrizione di obbligazioni dell’impresa [decisione della Commissione 27 luglio 1994, 94/662/CE, relativa alla sottoscrizione da parte della CDC-Participations delle emissioni obbligazionarie di Air France (GU L 258, pag. 26)], l’annullamento di un debito per procedere ad un apporto di capitale [decisione della Commissione 13 luglio 1988, 89/58/CEE, concernente gli aiuti concessi dal governo del Regno Unito a Rover Group, impresa costruttrice di autoveicoli (GU 1989, L 25, pag. 92]), la conversione di prestiti in capitale [decisione della Commissione 24 maggio 1989, 90/224/CEE, relativa agli aiuti erogati dal governo italiano a Alumina e Comsal, imprese appartenenti al settore pubblico dell’alluminio (GU 1990, L 118, pag. 42)], la conversione di debiti in partecipazioni, considerata equivalente ad un apporto di capitale dello stesso ammontare [decisione della Commissione 7 ottobre 1994, 94/696/CE, relativa agli aiuti concessi dalla Repubblica ellenica a favore della compagnia Olympic Airways (GU L 273, pag. 22)], lo «storno» di accantonamenti costituiti per coprire future spese previdenziali e il loro trasferimento ad una riserva di plusvalenza [decisione C(2003) 2508 (v. supra, punto 120)].

179    Inoltre, secondo la EDF la Commissione ha già applicato il criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato ad una misura attuata per legge e quindi ad una misura derivante dall’esercizio di prerogative dello Stato, come nella causa Siciliana Acque Minerali [decisione della Commissione 21 giugno 2000, 2000/648/CE, concernente l’aiuto di Stato previsto dall’Italia a favore della società Siciliana Acque Minerali Srl (GU L 272, pag. 36)].

180    Concludendo su questo punto, il fatto che un conferimento di capitale sia stato attuato per legge non potrebbe quindi impedire l’applicazione a tale misura del criterio dell’investitore privato.

181    Secondo la EDF, la Commissione aveva quindi l’obbligo di esaminare se le misure adottate a seguito della legge n. 97-1026 costituivano, come sostenuto dallo Stato francese, un «aumento di capitale legittimo tanto nelle modalità quanto nell’importo».

182    Del resto, ricorda la EDF, secondo la Corte, per valutare se una misura statale costituisca un aiuto si deve determinare se l’impresa beneficiaria riceva un vantaggio economico che non avrebbe ottenuto in condizioni normali di mercato (sentenza Chronopost e a./Ufex e a. cit. al punto 172 supra, punto 38).

183    Secondo la EDF, la nozione di «condizioni normali di mercato» è parimenti centrale quando, in presenza di misure a favore di un’impresa pubblica, si tratta di applicare il principio della parità di trattamento. Difatti, dal principio della parità di trattamento tra le imprese pubbliche e quelle private discende che i capitali messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni del mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato (sentenza della Corte 16 maggio 2002, causa C‑482/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑4397, punto 69).

184    Orbene, secondo la EDF, se si dovesse accogliere l’approccio seguito dalla Commissione, la EDF non potrebbe invocare a suo favore tale giurisprudenza, dal momento che le circostanze in cui la misura controversa è stata adottata non corrisponderebbero alle condizioni normali di mercato, per il solo motivo che il ricorso dello Stato al suo potere fiscale esulerebbe dal diritto comune. La EDF fa però valere che, pur senza negare che lo strumento utilizzato dallo Stato esulava dal diritto comune, la qualificazione di aiuti di Stato non può limitarsi solo a questo aspetto formale e definire così l’ordine della discussione nel merito.

185    La EDF sostiene inoltre che la sentenza della Corte 28 gennaio 2003, causa C-334/99, Germania/Commissione (Racc. pag. I-1139), invocata dalla Commissione nei suoi atti – in base alla quale occorre distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve assumere come azionista di una società e quelli che possono incombergli come autorità pubblica – conforta in realtà la sua posizione, poiché presuppone che si sia proceduto ad un confronto tra il comportamento dello Stato che agisce come investitore e quello di un investitore privato in condizioni normali di mercato. Orbene, nella decisione impugnata la Commissione si sarebbe sin dall’inizio rifiutata di effettuare una simile analisi, il che sarebbe contrario al principio di neutralità.

186    Rispondendo all’argomento della Commissione secondo cui si tratterebbe solo di un «regalo fiscale» o di una «cancellazione del debito» di cui la EDF avrebbe beneficiato, la ricorrente sostiene che anche un azionista privato può effettuare un aumento di capitale di una controllata tramite un sistema di incorporazione di credito al capitale, meccanismo che sarebbe in sostanza del tutto compatibile, sul piano economico, con la «cancellazione del debito» criticata dalla Commissione.

187    Infatti, secondo la ricorrente, una casa madre titolare di un credito nei confronti della sua controllata può scegliere di procedere semplicemente ad una cancellazione del credito, generando così un profitto per la controllata, che sarebbe in linea di principio soggetto ad imposta, a meno che non esistano dei disavanzi fiscali. Dopo l’assoggettamento ad imposta, tale importo potrebbe essere destinato dalla controllata, a seconda delle sue scelte, al pagamento del dividendo, alla costituzione di riserve, e così via. La casa madre potrebbe però scegliere anche di sottoscrivere un aumento di capitale della controllata di importo pari al suo credito. Orbene, secondo la EDF, sostenuta dalla Repubblica francese, secondo il diritto tributario francese quest’ultimo meccanismo non genera, per la controllata, alcun profitto soggetto ad imposta.

188    Secondo la EDF, benché tale meccanismo sia diverso dall’operazione di ricapitalizzazione controversa per la scelta del mezzo utilizzato, è anche vero che, nel caso di specie, lo Stato non ha fatto altro in sostanza che procedere a quello che economicamente può essere assimilato ad un aumento di capitale per incorporazione di credito. Tale meccanismo sarebbe a disposizione anche di un’impresa privata.

189    Di conseguenza, sostiene la EDF, per stabilire l’esistenza di «condizioni normali di mercato», la Commissione non poteva limitarsi artificialmente al solo esame formale del mezzo utilizzato, ma doveva al contrario farlo vertere sul merito, ossia sulla razionalità economica dell’operazione, dovendo tale analisi essere effettuata nel contesto dell’epoca, e dovendo la Commissione astenersi da qualsiasi valutazione basata su una situazione successiva.

190    La EDF precisa che, nella sentenza Chronopost e a./Ufex e a., cit. al punto 172 supra (punto 38), la Corte ha dichiarato che, in mancanza di qualsiasi possibilità di paragonare la situazione di La Poste con quella di un gruppo privato di imprese che non opera in un settore riservato, le «condizioni normali di mercato», che sono necessariamente ipotetiche, devono valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili.

191    Nella causa che ha dato origine alla citata sentenza Chronopost e a./Ufex e a. si trattava di mettere a confronto dei costi, mentre nel caso di specie si tratta di paragonare le condizioni di mercato in cui si procede ad un aumento di capitale. Tuttavia, stando al tenore stesso della citata sentenza Chronopost e a./Ufex e a., le condizioni normali di mercato dovrebbero essere valutate con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili. Di conseguenza, secondo la EDF, la Commissione non poteva, senza incorrere in un errore di diritto e senza snaturare la nozione di «aiuto di Stato», «evitare» tale analisi con il pretesto puramente formale del mezzo utilizzato dallo Stato per procedere al detto aumento di capitale.

192    Infine, la EDF afferma, in sostanza, che il criterio dell’investitore privato sarebbe stato soddisfatto se la Commissione lo avesse applicato.

193    A sostegno del suo argomento a questo proposito, come articolato nel ricorso e nella replica, la EDF ha prodotto, in sede di presentazione delle sue osservazioni riguardo alle memorie di intervento della Repubblica francese, il «Rapporto Oxera» che fornirebbe al Tribunale elementi di analisi complementari che consentirebbero di confermare che il criterio dell’investitore privato sarebbe stato soddisfatto se la Commissione lo avesse applicato.

194    La Commissione ribadisce che il criterio dell’investitore privato non poteva essere applicato nel caso di specie.

195    A suo parere, adottando le disposizioni della legge n. 97-1026, lo Stato ha agito come autorità dotata di potere regolamentare, al fine di esonerare la EDF dal pagamento di una parte delle imposte dovute. Esso non avrebbe agito nella sua veste di Stato azionista della EDF tentando di trarre vantaggi a medio o a lungo termine dall’impresa.

196    La Commissione sostiene che, seguendo la logica sostenuta dalla EDF, lo Stato, in quanto autorità fiscale, potrebbe mettere liberamente in atto qualunque forma di «discriminazione» tramite gli strumenti fiscali a sua disposizione, a differenza degli investitori privati. Questi ultimi, infatti, potrebbero mobilizzare capitali per effettuare investimenti solo dopo aver adempiuto ai propri obblighi fiscali.

197    Inoltre, la Commissione afferma, in sostanza, che permettere allo Stato di invocare l’applicazione del criterio dell’investitore privato quando agisce in qualità di regolatore utilizzando il proprio potere fiscale porterebbe ad una «situazione pericolosa», poiché in tal modo lo Stato potrebbe pretendere che tutte le esenzioni fiscali concesse ad imprese pubbliche economicamente sane debbano essere sottratte alle regole applicabili agli aiuti di Stato nei limiti in cui soddisfino il criterio dell’investitore privato. Una situazione di questo tipo sarebbe all’origine di una «discriminazione nei confronti delle imprese che non hanno la fortuna di avere lo Stato come azionista e/o investitore».

198    Secondo la Commissione, pertanto, il ragionamento seguito dalla EDF è contrario all’art. 87 CE, in quanto priverebbe tale disposizione di ogni effetto utile, come emerge dal punto 97 della decisione impugnata.

199    Il fondamento stesso di tutta l’argomentazione della ricorrente sarebbe viziato da una premessa erronea, consistente nel ritenere possibile applicare il criterio dell’investitore privato all’operazione nel suo complesso, ossia non solo al presunto conferimento di capitale, ma anche alla fase precedente, quando lo Stato è intervenuto in qualità di autorità fiscale per introdurre l’«esenzione fiscale» che costituisce la misura controversa.

200    Orbene, secondo la Commissione, se si dovesse paragonare il comportamento dello Stato francese a quello di un investitore privato, gli accantonamenti irregolarmente creati dalla EDF a titolo di diritti del concessore avrebbero dovuto preliminarmente essere assoggettati all’imposta sulle società prima di essere eventualmente immessi nel capitale della EDF. Soltanto una simile tassazione degli accantonamenti avrebbe potuto mettere lo Stato francese «su un piede di parità» con un investitore privato e avrebbe permesso alla Commissione di prendere in considerazione il confronto tra il comportamento dello Stato francese con quello di un operatore privato. In mancanza di tale premessa, la Commissione non avrebbe potuto effettuare tale confronto.

201    Secondo la Commissione, se si mettesse in effetti lo Stato francese «su un piede di parità» con un investitore privato, non si potrebbe negare che un «regalo fiscale» dello «Stato “regolatore”» non ha lo stesso costo di un investimento dello «Stato “investitore”». Nel primo caso, per consentire ad un’impresa di beneficiare di 100 euro, basterebbe che lo Stato rinunciasse a tassare la stessa somma. Invece, per consentire ad un’impresa di beneficiare della medesima somma da parte di un investitore privato, bisognerebbe sommare alla stessa, in particolare, gli oneri fiscali sostenuti su tali somme perché essa ne possa disporre liberamente. Per esempio, nel caso di specie, la suddetta somma di 100 euro avrebbe dovuto essere assoggettata all’imposta sulle società al tasso del 41,66%. Di conseguenza, per concedere 100 euro, un investitore privato avrebbe dovuto mobilizzare 141,66 euro.

202    In tale contesto, la Commissione sostiene che gli esempi presentati dalla EDF relativi alla cancellazione del credito di un’impresa madre nei confronti di una sua controllata non rientrano nell’ambito delle prerogative proprie della pubblica autorità, ma si riferiscono a strumenti utilizzabili da parte di un investitore privato sul mercato: si tratterebbe in effetti di crediti di natura commerciale e non fiscale. Non si tratterebbe, quindi, di una semplice distinzione formale, in quanto il costo per lo Stato sarebbe per forza meno elevato rispetto a quello per un investitore privato.

203    La Commissione ricorda che, in forza del principio di neutralità nei confronti del regime di proprietà delle imprese previsto dall’art. 295 CE, la sua azione non può favorire né sfavorire i poteri pubblici quando effettuano conferimenti di capitale a favore delle imprese. Orbene, secondo la Commissione, né essa, né la Corte o il Tribunale, per quanto le consti, hanno mai ammesso che uno Stato azionista, nell’usare il suo potere fiscale, che esula dal diritto comune, sia assimilabile ad un investitore privato.

204    La Commissione sottolinea, in sostanza, che il fatto di non accettare «regali fiscali» non è imposto da un semplice dovere formale, ma si giustifica per il fatto che, in diritto, un aiuto può assumere la forma di una sovvenzione diretta come di una rinuncia ad un credito. Il divieto a priori di simili «regali fiscali» non sarebbe che l’applicazione del principio di neutralità precedentemente citato, riconosciuto dalla Corte, secondo il quale «occorre distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve assumere come azionista di una società e quelli che possono incombergli come autorità pubblica» (sentenza Germania/Commissione, cit. al punto 185 supra, punto 134).

205    La Commissione sottolinea che, in tale sentenza, si trattava di sapere se lo «Stato “investitore”» potesse invocare utilmente l’applicazione del criterio dell’investitore privato per sottrarsi all’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE. A tal fine, occorrerebbe dimostrare che lo Stato ha agito nelle condizioni che sarebbero considerate normali per un investitore privato. Orbene, secondo la Commissione, la Corte ricorda in detta sentenza che l’esercizio di una prerogativa propria dell’autorità pubblica non è una condizione normale di mercato.

206    Inoltre, la Commissione ricorda che, la Direzione generale delle imposte, in una nota trasmessa il 2 aprile 2002, aveva considerato che «i diritti del concessore relativi alla RAG rappresentano un debito illegittimo che l’incorporazione nel capitale ha sottratto all’imposta in maniera indebita». Ne risulterebbe chiaramente che si trattava di un «regalo fiscale» e non di un investimento.

207    Secondo la Commissione, contrariamente a quanto sostenuto dalla EDF, l’operazione controversa nulla ha a che vedere con un’operazione di cancellazione del credito per incorporazione dello stesso nel capitale dell’impresa e che a torto la EDF tenta di ridurre la discussione ad un semplice approccio formale della Commissione privo di analisi della razionalità economica dell’operazione.

208    Dopo aver ricordato che il ragionamento sotteso all’applicazione del criterio dell’investitore privato è quello di evitare qualunque «discriminazione» tra imprese pubbliche e private al fine della corretta applicazione delle disposizioni del Trattato CE in materia di aiuti di Stato, la Commissione sottolinea che, secondo una costante giurisprudenza, «il criterio relativo al comportamento di un investitore privato che operi in normali condizioni di economia di mercato è una emanazione del principio della parità di trattamento fra i settori pubblico e privato, principio in base al quale i capitali messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni del mercato, non possono essere considerati aiuti di Stato (sentenza Francia/Commissione, cit. al punto 183 supra, punto 69, e sentenza del Tribunale 12 dicembre 2000, causa T‑296/97, Alitalia/Commissione, Racc. pag. II‑3871, punto 80).

209    Infatti, in sede di applicazione del criterio dell’investitore privato, anche se non vi è dubbio che lo Stato può mettere capitali a disposizione di un’impresa, simile operazione può sfuggire alla qualificazione come aiuto di Stato solo a condizione che le circostanze in cui viene effettuata «corrispondano alle condizioni normali del mercato».

210    Secondo la Commissione, da tale giurisprudenza emerge chiaramente che il criterio dell’investitore privato è applicabile solo quando le circostanze in cui agisce lo Stato sono paragonabili a quelle corrispondenti alle condizioni normali del mercato. Ne conseguirebbe altresì che i mezzi utilizzati dallo Stato fanno parte integrante delle suddette circostanze, tanto più quando la natura e le caratteristiche dei mezzi utilizzati non sono a disposizione di un investitore privato operante in condizioni normali di mercato.

211    Inoltre, un’esenzione fiscale produrrebbe, per sua natura, effetti che in ogni caso non si possono scindere dal ruolo dello Stato quale unico detentore del potere sovrano di percepire e ridistribuire le imposte. Poiché tale potere costituisce l’«espressione più assoluta del potere pubblico», il suo esercizio – imposizione o esenzione – non avrebbe equivalenti presso un investitore privato.

212    Per quanto riguarda la sentenza Chronopost e a./Ufex e a., cit. al punto 172 supra, la Commissione sottolinea che appare contraddittorio sostenere, da un lato, che essa avrebbe dovuto applicare il criterio dell’investitore privato nel caso di specie e, dall’altro, richiamarsi a tale sentenza nella quale la Corte, in mancanza di possibili paragoni, ha seguito una logica diametralmente opposta a quella delle condizioni normali di mercato. La Commissione ricorda che solo lo Stato può agire contemporaneamente come autorità fiscale e come investitore.

213    Infine, la Commissione, in sostanza, afferma in subordine che anche se avesse applicato il criterio dell’investitore privato, la misura controversa non lo avrebbe soddisfatto.

214    Rispondendo ai quesiti scritti posti dal Tribunale, la Commissione ribadisce in sostanza, da un lato, di ritenere che non fosse tenuta ad applicare il criterio dell’investitore privato e, dall’altro, che occorreva non tener conto del «Rapporto Oxera», in particolare perché era stato tardivamente depositato dalla EDF.

215    Inoltre, in sede di udienza, la Commissione ha dedotto numerosi argomenti complementari.

216    Anzitutto, essa ha sostenuto che nessun investitore privato avrebbe potuto mobilizzare simili capitali al medesimo costo. Pertanto, non vi sarebbe comunque un investitore privato come termine di riferimento.

217    Inoltre, in risposta agli argomenti della EDF e della Repubblica francese secondo i quali i costi derivanti dall’applicazione di ognuna delle due soluzioni che lo Stato avrebbe potuto adottare (v. supra, punto 164) erano identici, la Commissione ha sostenuto che il costo non sarebbe lo stesso nello «schema lungo». In tale schema, infatti, a suo avviso, la EDF avrebbe prima pagato le imposte dovute e il suo valore finanziario sarebbe stato valutato diversamente all’atto dell’applicazione del criterio dell’investitore privato. L’attuazione di questo «schema lungo» avrebbe pertanto, verosimilmente, dato esiti diversi se il criterio dell’investitore privato fosse stato applicato.

218    Infine, in sede di udienza la Commissione ha altresì affermato che sarebbe stato necessario che l’importo dell’imposta fosse versato allo Stato – anche solo per un breve periodo – prima di essere restituito alla EDF e che l’imposta dovuta apparisse nel bilancio della EDF stessa.

219    La Commissione sottolinea inoltre che, nell’ipotesi in cui il Tribunale accolga la tesi secondo cui la misura controversa costituiva un investimento sotto forma di conferimento di capitale che avrebbe dovuto essere esaminato applicando il criterio dell’investitore privato, cosa che essa contesta, il Tribunale dovrebbe annullare la decisione impugnata per errore manifesto di valutazione senza peraltro analizzare se il comportamento dello Stato francese soddisfi o meno tale criterio, e questa seconda fase dell’esame della misura controversa dovrebbe svolgersi nella decisione che la Commissione dovrebbe adottare a seguito della sentenza che sancisse l’annullamento della decisione impugnata. Il Tribunale infatti non può effettuare l’analisi di tale questione, analisi che non rientra nella competenza del giudice comunitario.

220    In sede di udienza, la Iberdrola, richiamandosi in particolare alle conclusioni presentate il 14 gennaio 2003 dall’avvocato generale Léger relativamente alla sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I‑7747, I‑7788), ha sostenuto che il criterio dell’investitore privato avveduto in un’economia di mercato non potrebbe, in linea di principio, essere applicato quando uno Stato concede un aiuto ricorrendo alle sue prerogative di autorità pubblica. Secondo l’interveniente, l’applicazione di tale criterio mira a garantire la parità di trattamento tra imprese pubbliche e private. Orbene, applicare tale criterio alla conversione di un debito fiscale in conferimento di capitale avrebbe la conseguenza di accordare alle imprese pubbliche un vantaggio di cui le imprese private non potrebbero mai beneficiare. Ne deriverebbe una violazione della parità di trattamento a solo vantaggio delle imprese pubbliche a causa della forma dell’aiuto concesso. Secondo l’interveniente, questo aspetto formale è quindi determinante e, in un caso del genere, il criterio dell’investitore privato non può mai essere applicato.

–       Giudizio del Tribunale

221    Occorre ricordare che l’art. 87 CE si prefigge lo scopo di evitare che sugli scambi tra Stati membri incidano eventuali vantaggi concessi dalle pubbliche autorità i quali, in varie forme, alterino o rischino di alterare la concorrenza, favorendo determinate imprese o determinate produzioni. Il concetto di «aiuto» può designare dunque non soltanto prestazioni positive come sovvenzioni, prestiti o assunzioni di partecipazione al capitale di imprese, ma anche interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono effetti identici (v. sentenza della Corte 8 maggio 2003, cause riunite C‑328/99 e C‑399/00, Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, Racc. pag. I‑4035, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Nel valutare una misura alla luce dell’art. 87 CE, bisogna tener conto di tutti gli elementi pertinenti e del loro contesto (sentenza Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 270).

222    Secondo la giurisprudenza della Corte, l’intervento, in qualsiasi forma, delle autorità pubbliche nel capitale di un’impresa può costituire aiuto di Stato se sussistono tutti i presupposti previsti dall’art. 87, n. 1, CE (v. sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, cit. al punto 221 supra, punto 36 e giurisprudenza ivi citata). Ciò non avviene tuttavia nel caso di capitali messi a disposizione di un’impresa, direttamente o indirettamente, da parte dello Stato, in circostanze che corrispondono alle normali condizioni del mercato (v. sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, cit., punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

223    Emerge dalla giurisprudenza che, nel settore degli aiuti di Stato, la Corte mantiene distinte due categorie di situazioni: quelle in cui l’intervento dello Stato ha carattere economico e quelle in cui tale intervento è atto d’imperio (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 22, e Germania/Commissione, cit. al punto 185 supra, punto 134; conclusioni dell’avvocato generale Léger relative alla sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, cit. al punto 220 supra, punto 20).

224    Il criterio dell’investitore privato si applica solo nella prima categoria di situazioni, che comprende i casi in cui le autorità pubbliche acquisiscono una partecipazione nel capitale di un’impresa (v., in tal senso, sentenze della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 14; Tubemeuse, cit. al punto 94 supra, punto 26, e 21 marzo 1991, causa C‑305/89, Italia/Commissione, detta «Alfa Romeo», Racc. pag. I‑1603, punto 19), concedono un prestito a determinate imprese (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 febbraio 1990, causa Francia/Commissione, detta «Boussac», Racc. pag. I‑307, punti 38-41, e del Tribunale 30 aprile 1998, causa T‑16/96, Cityflyer Express/Commissione, Racc. pag. II‑757, punti 8 e 51), prestano una garanzia statale (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 giugno 2000, cause riunite T‑204/97 e T‑270/97, EPAC/Commissione, Racc. pag. II‑2267, punti 67 e 68), vendono beni o servizi sul mercato (v., in tal senso, sentenze della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punti 28-30; 29 febbraio 1996, causa C‑56/93, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑723, punto 10, e 11 luglio 1996, causa C‑39/94, SFEI e a., Racc. pag. I‑3547, punti 59-62), oppure accordano agevolazioni per il pagamento di contributi previdenziali (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 aprile 1999, causa C‑342/96, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑2459, punto 46) o per il rimborso di oneri salariali. In questo tipo di situazioni, il criterio dell’operatore privato è pertinente, perché il comportamento dello Stato potrebbe essere adottato, almeno in linea di principio, da un operatore privato a scopo di lucro (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Léger relative alla sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, cit. al punto 220 supra, punti 20 e ss.).

225    Per contro, il criterio dell’operatore privato non è pertinente allorché l’intervento dello Stato non ha carattere economico. Ciò si verifica quando le autorità pubbliche concedono una sovvenzione diretta ad un’impresa, accordano un’esenzione fiscale (v., in tal senso, sentenze della Corte 15 marzo 1994, causa C‑387/92, Banco Exterior de España, Racc. pag. I‑877, punto 14; 19 maggio 1999, causa C‑6/97, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2981, punto 16, e 19 settembre 2000, causa C‑156/98, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑6857, punti 25-28) o consentono una riduzione dei contributi sociali (sentenze della Corte 17 giugno 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, Racc. pag. I‑3671, punti 24 e 25, e del Tribunale 27 gennaio 1998, causa T‑67/94, Ladbroke Racing/Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 110).

226    In questo tipo di situazioni, l’intervento dello Stato non può essere realizzato da un operatore privato a scopo di lucro, ma rientra tra gli atti d’imperio dello Stato, ad esempio nell’ambito della politica fiscale o sociale (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Léger relative alla sentenza Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, cit. al punto 220 supra, punti 20 e ss.).

227    Lo stesso vale per gli oneri statali legati al licenziamento dei lavoratori, al pagamento dei sussidi di disoccupazione e delle altre prestazioni sociali (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 21 gennaio 1999, cause riunite T‑129/95, T‑2/96 e T‑97/96, Neue Maxhütte Stahlwerke e Lech-Stahlwerke/Commissione, Racc. pag. II‑17, punto 119), nonché per gli aiuti alla ricostruzione del tessuto industriale, per i prestiti consentiti dallo Stato a condizioni non abituali oppure per i costi legati alla rimessa in sesto di un sito per consentire la realizzazione di un polo tecnologico (v., in tal senso, sentenze 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, cit. al punto 223 supra, punto 22, e 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit. al punto 185 supra, punto 140; sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑198/01, Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, Racc. pag. II‑2717, punto 108).

228    In effetti, gli interventi dello Stato diretti ad onorare gli obblighi che ad esso incombono come autorità pubblica non si possono paragonare a quelli di un investitore privato operante in economia di mercato.

229    Per valutare se le misure adottate dallo Stato rientrino tra i suoi atti d’imperio o derivino da obblighi che esso è tenuto ad assumere in quanto azionista, esse vanno valutate non alla luce della loro forma, bensì della loro natura, del loro oggetto e delle norme alle quali sono soggette, tenendo conto dell’obiettivo da esse perseguito (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 gennaio 1994, causa C‑364/92, SAT Fluggesellschaft, Racc. pag. I‑43, punto 30).

230    Pertanto, nell’ipotesi di un’impresa il cui capitale sociale sia nelle mani delle pubbliche autorità, si deve in particolare valutare se, in circostanze analoghe, un investitore privato di dimensioni paragonabili a quelle degli enti che gestiscono il settore pubblico, basandosi sulle possibilità di reddito prevedibili, indipendentemente da qualsiasi considerazione di carattere sociale o di politica regionale o settoriale, avrebbe effettuato un conferimento di capitale della stessa entità (v., in tal senso, sentenze 10 luglio 1986, Belgio/Commissione, cit. al punto 101 supra, punto 14, e Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione, cit. al punto 221 supra, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

231    Occorre infine precisare che il fatto che il comportamento dello Stato azionista sia valutato secondo il metro dell’investitore privato avveduto, mentre il comportamento di un qualsiasi investitore privato non lo è, non costituisce una violazione della parità di trattamento tra Stato e investitore privato, dal momento che lo Stato azionista non versa nella stessa situazione dell’investitore privato. Infatti, a differenza dell’investitore privato, che può contare solo sulle proprie risorse per finanziare i suoi investimenti, lo Stato ha accesso a risorse finanziarie derivanti dall’esercizio del potere pubblico, segnatamente quelle provenienti dalle imposte (sentenza Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, cit. al punto 101 supra, punti 271 e 272).

232    Pertanto, il semplice fatto che lo Stato abbia accesso a risorse finanziarie derivanti dall’esercizio del potere pubblico non basta a giustificare che le azioni dello Stato siano considerate come rientranti tra le sue prerogative di potere pubblico. Infatti, in tale ipotesi, vi sarebbe il rischio di annullare o quanto meno ridurre sproporzionatamente l’applicazione del criterio dell’investitore privato avveduto al comportamento dello Stato azionista, poiché lo Stato, in quanto tale, ricorre necessariamente a risorse finanziarie derivanti dall’esercizio del potere pubblico, in particolare a risorse fiscali.

233    Alla luce di quanto precede, si deve accertare, tenuto conto delle circostanze di ogni caso specifico, se la partecipazione o l’intervento pubblico nel capitale dell’impresa beneficiaria persegua un obiettivo economico che potrebbe essere perseguito anche da un investitore privato, e se sia pertanto lo Stato che partecipa o interviene in qualità di operatore economico allo stesso titolo di un operatore privato o se, al contrario, tale partecipazione o tale intervento sia giustificato dal perseguimento di un obiettivo di interesse pubblico e vada considerato come una forma d’intervento dello Stato in quanto autorità pubblica, nel qual caso il comportamento dello Stato non può essere paragonato a quello di un operatore o di un investitore privato operante in economia di mercato.

234    Occorre infatti considerare che, se l’intervento dello Stato, alla luce della sua natura e del suo oggetto e tenuto conto dell’obiettivo perseguito, non costituisce un investimento realizzabile da un investitore privato, tale intervento può ricollegarsi ad un intervento dello Stato in quanto autorità pubblica, escludendo così l’applicazione del criterio dell’investitore privato avveduto.

235    Per contro, se l’intervento dello Stato, alla luce della sua natura e del suo oggetto e tenuto conto dell’obiettivo perseguito, costituisce un investimento paragonabile a quello che può essere realizzato da un investitore privato, tale intervento dev’essere esaminato applicando il criterio dell’investitore privato avveduto. Detto esame mira a verificare se tale investitore, in circostanze analoghe e sulla base delle possibilità di reddito prevedibili, avrebbe effettuato un conferimento di capitale della stessa entità, indipendentemente dalla forma assunta dal detto intervento dello Stato e dal fatto che quest’ultimo abbia accesso a risorse derivanti dall’esercizio del potere pubblico, come quelle provenienti dalle imposte, alle quali un investitore privato non può avere accesso.

236    In altri termini, occorre valutare la misura non soltanto alla luce della sua forma, ma in funzione della sua natura, del suo oggetto e dei suoi obiettivi, il che presuppone che venga considerata sotto tutti i suoi aspetti, e che sia preso in considerazione il contesto in cui la stessa si inserisce.

237    Ne deriva, peraltro, che il fatto che l’intervento dello Stato assuma la forma di una legge non è, di per sé, sufficiente ad escludere che l’intervento dello Stato nel capitale di un’impresa persegua un obiettivo economico che potrebbe prefiggersi anche un investitore privato.

238    Nel caso di specie, è certo che la Repubblica francese era l’unico azionista della EDF nel 1997.

239    Va inoltre ricordato che, prima dell’adozione della legge n. 97-1026, il bilancio della EDF si presentava nel modo seguente:

–       all’attivo figurava una voce intitolata «Immobilizzazioni materiali del settore dato in concessione», per un valore di FRF 285,7 miliardi, di cui circa FRF 90 miliardi a titolo della RAG;

–       al passivo figuravano, da un lato, la voce «Accantonamenti», di cui circa FRF 38,5 miliardi a titolo della RAG, che registrava importi finalizzati alle spese di rinnovo da realizzarsi in futuro, e, dall’altro, la voce «Controvalore delle attività in concessione», che registrava le spese di rinnovo effettivamente realizzate. Questa voce – che si traduceva in un debito della EDF nei confronti dello Stato – prima dell’adozione della legge n. 97-1026 era pari a FRF 145,2 miliardi, di cui FRF 18,3 miliardi a titolo della RAG.

240    È assodato che con la legge n. 97-1026 la Repubblica francese ha ristrutturato il bilancio della EDF procedendo ad una ricapitalizzazione dell’impresa. Infatti, a seguito di tale operazione, in primo luogo, i beni costitutivi della RAG sono stati riclassificati per un valore di FRF 90,325 miliardi, come «beni propri» dell’impresa. In secondo luogo, gli accantonamenti per rinnovo della RAG non utilizzati, per un valore di FRF 38,521 miliardi, sono stati contabilizzati come utili non distribuiti senza transitare per il conto profitti e perdite e sono stati riclassificati nel riporto a nuovo delle perdite per un valore di FRF 20,225 miliardi, conto che si è così trovato azzerato, e il saldo di FRF 18,296 è stato destinato alle riserve. Queste riclassificazioni hanno dato luogo ad una doppia imposizione, ai sensi dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts. Infine, in terzo luogo, i «diritti del concessore» – vale a dire il «controvalore delle attività in concessione» – sono stati destinati direttamente alla voce del conto patrimoniale per un valore di FRF 14,119 miliardi (su un totale di FRF 18,345 miliardi) senza transitare per il conto di risultato, mentre il saldo è stato accreditato su diversi conti di rivalutazione.

241    Di conseguenza, la Commissione ha considerato come un aiuto di Stato soltanto la mancata tassazione dei «diritti del concessore» prima del conferimento di capitale. In effetti, né il fatto di aver considerato la EDF proprietaria della RAG retroattivamente dal 1956, né la riclassificazione degli accantonamenti inutilizzati, a partire dal momento in cui sono stati assoggettati ad imposta, né il conferimento di capitale per un valore di FRF 14,119 miliardi sono stati considerati dalla Commissione come un aiuto di Stato.

242    Va rilevato che tutte le parti concordano nel ritenere che l’importo di FRF 14,119 miliardi avrebbe dovuto essere assoggettato ad imposta prima di essere iscritto alla voce «Conto patrimoniale». Pertanto, indipendentemente dalla fondatezza di tale assunto, va osservato che le parti non mettono in discussione il regime fiscale che in linea di principio era opportuno applicare ai diritti del concessore.

243    Occorre rilevare tuttavia che l’art. 4 della legge n. 97-1026 mira alla ristrutturazione del bilancio della EDF e all’aumento dei fondi propri della stessa. Non si tratta quindi di disposizioni di natura fiscale in sé, bensì di disposizioni di natura contabile aventi ripercussioni fiscali, come attestato dalla lettera indirizzata alla EDF dal Ministro dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria, dal Segretario di Stato al Bilancio e dal Segretario di Stato all’Industria il 22 dicembre 1997.

244    Va peraltro osservato che la Commissione ha esaminato solo le ripercussioni fiscali dell’art. 4 della legge n. 97-1026, precisando che non le competeva tener conto dell’aumento di capitale cui tali disposizioni normative davano luogo, né delle spiegazioni fornite dalla Repubblica francese per giustificare la razionalità economica dell’operazione considerata nel suo complesso.

245    La Commissione giustifica questo comportamento sulla base della natura fiscale del vantaggio da essa individuato e precisa – e ciò risulta sia dalla decisione impugnata sia dalle sue memorie e dalle risposte date ai quesiti posti dal Tribunale – che il criterio dell’investitore privato non si poteva applicare ad un aumento di capitale realizzato tramite la rinuncia ad un credito fiscale, rinuncia derivante dall’esercizio, da parte dello Stato, dei suoi poteri regolamentari o ancora delle sue prerogative d’imperio.

246    Occorre pertanto valutare se uno Stato membro, che è al contempo creditore fiscale di un’impresa pubblica e suo unico azionista, possa validamente invocare l’applicazione del criterio dell’investitore privato allorché procede ad un aumento del capitale di tale impresa rinunciando ad un credito fiscale o se si debba considerare che, tenuto conto della natura fiscale del credito e del fatto che lo Stato ha utilizzato le sue prerogative di autorità pubblica rinunciando al suddetto credito, la Commissione avesse diritto di escludere l’applicazione di tale criterio con riferimento all’aumento di capitale di cui trattasi.

247    A questo riguardo, si deve considerare che, tenuto conto dell’obiettivo di ricapitalizzazione della EDF perseguito dalla legge n. 97-1026, la natura fiscale del credito dello Stato francese nei confronti di tale impresa e il fatto che quest’ultimo sia ricorso alla legge non bastano da soli a consentire alla Commissione di rifiutarsi di verificare se, in circostanze analoghe, un investitore privato avrebbe potuto essere indotto ad effettuare un aumento di capitale della stessa entità e, pertanto, se i capitali siano stati conferiti dallo Stato in circostanze corrispondenti alle condizioni normali del mercato.

248    Di conseguenza, l’applicazione del criterio dell’investitore privato non può essere esclusa per il semplice motivo che l’aumento di capitale della EDF deriva dalla rinuncia da parte dello Stato ad un credito fiscale nei confronti della società.

249    In simili circostanze, infatti, la Commissione era tenuta a verificare se un investitore privato avrebbe proceduto ad un investimento simile in circostanze analoghe, indipendentemente dalla forma dell’intervento dello Stato per aumentare il capitale della EDF e dall’eventuale uso di risorse fiscali a tal fine, ciò per verificare la razionalità economica di tale investimento e paragonarlo al comportamento che avrebbe avuto un simile investitore nei confronti della stessa impresa nelle medesime circostanze.

250    Siffatto obbligo per la Commissione di verificare se i capitali sono stati conferiti dallo Stato in circostanze corrispondenti alle condizioni normali del mercato esiste infatti indipendentemente dalla forma in cui i capitali sono stati conferiti dallo Stato, a prescindere dal fatto che essa sia analoga o meno a quella che avrebbe potuto essere utilizzata da un investitore privato.

251    La valutazione delle condizioni normali del mercato si basa su un’analisi economica comparativa dell’investimento effettuato dallo Stato. Al riguardo, occorre esaminare se un investitore privato avrebbe proceduto ad un investimento di importo analogo in prospettive finanziarie e di reddito analoghe. La forma con cui viene effettuato tale investimento – iniezione diretta di capitale, tramite fondi provenienti da imposte o da prestiti realizzati dallo Stato, oppure conversione di debiti in capitale – è infatti indifferente. Per contro, non si può escludere che, come sostenuto dalla Commissione in udienza, la forma assunta dall’investimento comporti differenze in termini di costi di mobilizzazione del capitale e di rendimento di quest’ultimo, che potrebbero indurre a ritenere che un investitore privato non avrebbe realizzato un simile investimento in condizioni analoghe. Questo tuttavia presuppone un’analisi economica in sede di applicazione del criterio dell’investitore privato cui la Commissione, nel caso di specie, ha deliberatamente rinunciato.

252    Orbene, simile analisi era giustificata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, poiché, da un lato, come dedotto dalla EDF e dalla Repubblica francese e non contestato dalla Commissione, un aumento di capitale può derivare dall’incorporazione di un credito posseduto da un azionista privato nei confronti dell’impresa, il che è consentito nel caso di specie dal diritto francese, e, dall’altro, il ricorso ad una legge a tal fine si poteva considerare come la conseguenza necessaria del fatto che le regole relative al capitale della EDF erano esse stesse stabilite dalla legge, il che non viene contestato dalla Commissione. In effetti, tale ultima circostanza, che caratterizza la natura della misura controversa, non poteva rimettere in discussione l’applicazione del criterio dell’investitore privato nel caso di specie.

253    Di conseguenza, considerata la necessità di valutare la misura controversa nel suo contesto, la Commissione non poteva limitarsi ad esaminare le ripercussioni fiscali delle disposizioni adottate dalla Repubblica francese senza analizzare, simultaneamente – e, eventualmente, respingendolo al termine del suddetto esame – la fondatezza dell’argomento della Repubblica francese secondo cui la cancellazione del credito d’imposta nell’ambito dell’operazione di ristrutturazione del bilancio e di aumento del capitale della EDF, oggetto dell’art. 4 della legge n. 97-1026, poteva essere considerata come un’operazione conforme al criterio dell’investitore privato.

254    A questo proposito, in primo luogo, non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo cui, considerata la giurisprudenza della Corte nella causa C-334/99, Germania/Commissione (cit. al punto 185 supra), il criterio dell’investitore privato non poteva essere applicato poiché nel caso di specie lo Stato francese aveva esercitato le sue prerogative di autorità pubblica ricorrendo ad una legge per rinunciare al pagamento di un credito fiscale e non si era dunque comportato come un azionista privato.

255    Dalla suddetta giurisprudenza emerge in effetti che, ai fini dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, occorre distinguere tra gli obblighi che lo Stato deve assumere come azionista di una società e quelli che possono incombergli come autorità pubblica (sentenza 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit. al punto 185 supra, punto 134).

256    In particolare, dalle sentenze in cui questo criterio è stato applicato (sentenze 14 settembre 1994, Spagna/Commissione, cit. al punto 223 supra; 28 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit. al punto 185 supra, e Technische Glaswerke Ilmenau/Commissione, cit. al punto 227 supra) deriva che, nelle cause che hanno dato origine alle stesse, il fatto che si trattasse di obblighi incombenti allo Stato in quanto autorità pubblica non consentiva di applicare il criterio dell’investitore privato relativamente agli oneri che da essi derivavano. Si trattava infatti di oneri derivanti dal licenziamento di lavoratori, da pagamenti di indennità di disoccupazione, da aiuti per la ricostruzione del tessuto industriale, da prestiti consentiti dallo Stato a condizioni insolite e, infine, dalla rimessa in sesto di un sito per consentire la realizzazione di un polo tecnologico. Tali oneri non potevano quindi essere presi in considerazione in sede di valutazione del costo della liquidazione di un’impresa rispetto al costo di un acquisto della stessa impresa, poiché derivanti da obblighi che non graverebbero su un investitore privato.

257    Tuttavia, a differenza delle situazioni descritte al punto precedente, come ammesso dalla Commissione in udienza, nel caso di specie non sarebbe esatto parlare di obblighi che incombono allo Stato in quanto autorità pubblica nel senso della suddetta giurisprudenza, né si porrebbe il problema di valutare costi che lo Stato deve sostenere in forza dei propri obblighi di autorità pubblica.

258    Quando infatti, come nel caso di specie, lo Stato, azionista unico di un’impresa, procede ad un aumento del capitale della stessa, in particolare per rimediare agli squilibri del bilancio di quest’ultima, è giocoforza constatare che esso adotta un comportamento che potrebbe seguire un investitore privato e non si può escludere a priori che esso possa agire con uno scopo analogo a quello che avrebbe tale investitore. Proprio per stabilire se così avvenga nel caso di specie, il che permetterebbe di escludere la qualificazione della misura controversa come aiuto, occorre verificare se il criterio dell’investitore privato sia soddisfatto o meno, operazione che la Commissione si è rifiutata di fare.

259    A questo proposito, va ricordato che, da un lato, l’art. 4 della legge n. 97-1026 era diretto a ristrutturare il bilancio e ad aumentare i capitali della EDF, a dimostrazione del fatto che lo Stato perseguiva un obiettivo di investimento che poteva essere paragonato a quello di un investitore privato, e che, dall’altro, il fatto che l’aumento di capitale di cui trattasi derivasse in parte dalla rinuncia ad un credito fiscale e avesse quindi ripercussioni fiscali non legittimava di per sé l’esclusione dell’applicazione del criterio dell’investitore privato. Pertanto, tenuto conto che il ricorso alla legge era necessario per effettuare le correzioni contabili che portavano a modificare i capitali dell’impresa, non si può affermare nel caso di specie che la forma dell’intervento da parte dello Stato escludesse subito l’applicazione del criterio dell’investitore privato.

260    In secondo luogo, va ugualmente respinto l’argomento della Commissione diretto a sostenere che il criterio dell’investitore privato non può essere applicato alla conversione in capitale di un debito fiscale, poiché un investitore privato non potrebbe mai essere titolare di un simile credito nei confronti di un’impresa, ma soltanto di un credito civile o commerciale, e che, mettendo a confronto le due situazioni, si pregiudicherebbe la parità di trattamento tra lo Stato e siffatto investitore. Accogliere tale argomento vorrebbe dire ritenere che lo Stato è in grado di realizzare un’operazione di questo tipo in condizioni analoghe a quelle di un investitore privato solo se nutre un credito civile o commerciale nei confronti di un’impresa.

261    Orbene, lo scopo del criterio dell’investitore privato è proprio quello di verificare se un investitore privato, pur non avendo gli stessi mezzi di cui dispone lo Stato, avrebbe adottato, nelle stesse circostanze, una decisione di investimento paragonabile a quella dello Stato. La natura del credito convertito in capitale e quindi il fatto che un investitore privato non possa essere titolare di un credito fiscale sono pertanto ininfluenti al fine di valutare se si debba applicare o meno il criterio dell’investitore privato.

262    Questo porta a respingere anche l’argomento della Commissione secondo cui l’operazione si riduce ad un «regalo fiscale» fatto alla EDF e non può essere considerata come un investimento. Infatti, al pari di ogni creditore proprietario di una società, lo Stato può rinunciare ad un credito convertendolo in capitale per un importo equivalente. Tale operazione, con la quale il proprietario di una società ne aumenta il capitale rinunciando ad un credito maturato nei suoi confronti, costituisce una compensazione che anche un investitore privato avveduto è in grado di effettuare in condizioni normali di mercato.

263    Di conseguenza, tenuto conto dell’insieme delle circostanze del caso di specie, la Commissione non poteva legittimamente respingere la tesi della Repubblica francese e l’applicazione del criterio dell’investitore privato sulla base dell’argomento esposto al punto 262 supra.

264    In terzo luogo, per quel che riguarda l’argomento della Commissione secondo cui un investitore privato avrebbe dovuto pagare l’imposta in una situazione analoga, da un lato, occorre rilevare che la decisione impugnata si limita ad indicare che «[]i]l vantaggio è necessariamente selettivo in quanto il mancato versamento dell’imposta sulle società su una parte degli accantonamenti contabili costituisce un’eccezione al trattamento fiscale normalmente applicabile ad un’operazione di questo tipo».

265    D’altro lato, va osservato che nelle sue memorie e nelle risposte date ai quesiti posti dal Tribunale la Commissione ha sostenuto che un investitore privato avrebbe dovuto prima pagare l’imposta se avesse voluto effettuare un aumento di capitale per incorporazione di un credito maturato nei confronti di un’impresa di cui era azionista. Secondo la Commissione, ne sarebbe per forza derivato un costo superiore per l’investitore privato, poiché, per concedere 100 euro, un investitore privato avrebbe dovuto mobilizzare in realtà 141,66 euro. Solo se tale imposta fosse stata preliminarmente versata, la Commissione avrebbe potuto applicare il criterio dell’investitore privato per esaminare il conferimento di capitale di FRF 5,6 miliardi.

266    Benché sia opportuno rilevare che tanto la Repubblica francese quanto la EDF hanno ammesso che, nel caso di specie, la EDF avrebbe dovuto pagare un’imposta, va osservato che esse contestano l’interpretazione che la Commissione ha dato del diritto fiscale francese e dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts, in particolare per quel che riguarda le conseguenze fiscali di un conferimento di capitale realizzato tramite l’incorporazione di un credito da parte dell’azionista di una società.

267    La Repubblica francese e la EDF hanno infatti sostenuto nelle loro risposte e nelle loro difese che, ai sensi dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts, la variazione di un attivo netto conseguente ad un aumento di capitale per incorporazione di un credito di un azionista nei confronti di un’impresa non dev’essere tenuto in considerazione per calcolare l’imposta sulle società e che, di conseguenza, ai sensi di tale disposizione, tale conversione del credito in capitale non genera un’imposizione avente come base l’importo di tale credito.

268    Anzitutto, va ricordato che, al punto 51 della decisione di avvio, la Commissione stessa ha affermato che, «dato che (…) gli aumenti di capitale non sono considerati come aumento del patrimonio netto della società ai fini del calcolo dell’imposta sulle società, [la] riqualificazione [dei diritti del concessore in conferimento di capitale] ha consolidato l’alleggerimento fiscale di cui [ha beneficiato la EDF su questi accantonamenti nel corso del periodo 1987-1996]».

269    In questo brano della decisione di avvio, sembra pertanto che la Commissione condividesse, almeno in generale, l’analisi della Repubblica francese e della EDF in merito alle conseguenze fiscali di una variazione dell’attivo netto derivante da un aumento di capitale per incorporazione di credito. In tale prospettiva, il costo per un investitore privato in economia di mercato e il costo per lo Stato appaiono identici.

270    Inoltre, l’argomento della Commissione porta in realtà ad esaminare il costo globale sostenuto da un investitore privato per investire FRF 14,119 miliardi – importo corrispondente ai diritti del concessore – mentre la riclassificazione dei diritti del concessore, per un valore di FRF 14,119 miliardi, non è stata considerata dalla Commissione come costitutiva di un aiuto di Stato – non più del fatto di considerare la EDF proprietaria della RAG, che in origine apparteneva allo Stato – dato che nella decisione impugnata è stata presa in considerazione solo la rinuncia a percepire l’imposta su questi stessi diritti. In definitiva, l’argomento della Commissione, che in realtà porta ad integrare nell’analisi l’importo di FRF 14,119 miliardi, è in contraddizione con il beneficio, così come dalla stessa individuato nella decisione impugnata. Tale argomento dev’essere quindi respinto.

271    Va poi osservato che l’argomento della Commissione è in ogni caso privo di coerenza. Essa difatti ammette che avrebbe esaminato il conferimento complementare di capitale pari a FRF 5,6 miliardi se la EDF avesse preliminarmente pagato tale importo a titolo di imposta, ossia se la Repubblica francese le avesse restituito il detto importo, perché in tal caso – e soltanto in tal caso – i costi rispettivi per lo Stato e per l’investitore privato avrebbero potuto essere messi a confronto.

272    Orbene, occorre rilevare che, in tale ipotesi, il costo per lo Stato sarebbe stato in realtà lo stesso e l’importo percepito dalla EDF sarebbe stato identico a quello da essa ottenuto nell’ambito della soluzione accolta dalla Repubblica francese nella legge n. 97-1026. Infatti, con detta legge, lo Stato ha effettuato un conferimento di capitale per un valore di FRF 14,119 miliardi. Seguendo il ragionamento della Commissione, il costo di tale operazione sarebbe solo di FRF 14,119 miliardi, mentre se la EDF avesse pagato l’imposta, il costo per lo Stato sarebbe stato diverso e si sarebbe potuto applicare il criterio dell’investitore privato. Tuttavia, è giocoforza constatare che, se lo Stato avesse immesso FRF 14,119 miliardi nel capitale della EDF e poi avesse percepito un’imposta di importo pari a FRF 5,6 miliardi prima di riversare tale ultima somma alla EDF, il costo complessivo per lo Stato sarebbe stato sempre pari a FRF 14,119 miliardi – poiché l’imposta percepita sarebbe stata neutralizzata dall’identico importo rimborsato alla EDF. La EDF, da parte sua, avrebbe percepito un totale di FRF 14,119 miliardi, ossia un importo identico a quello percepito in applicazione della legge n. 97-1026.

273    Inoltre, anche supponendo esatta l’interpretazione del diritto fiscale francese effettuata dalla Commissione – in particolare l’interpretazione dell’art. 38, n. 2, del code général des impôts – ed erronea l’interpretazione delle autorità francesi di tale diritto, occorrerebbe considerare che il costo di un conferimento di capitale per incorporazione di credito da parte di un investitore privato, nel caso in cui quest’ultimo fosse effettivamente tenuto a pagare l’imposta in un caso di questo tipo, sarebbe per tale investitore privato pari a FRF 5,6 miliardi.

274    Tuttavia, va osservato che, rinunciando a percepire un’imposta pari a FRF 5,6 miliardi, all’atto della riclassificazione dei diritti del concessore in conferimento di capitale, lo Stato avrebbe sostenuto un costo che con tutta evidenza sarebbe stato pari anch’esso a FRF 5,6 miliardi, non essendo la rinuncia ad un credito fiscale esente da oneri per lo Stato, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione. Ne sarebbe quindi derivato un costo identico a quello sostenuto dall’investitore privato. Non risultano quindi dimostrate né la disparità di costi affermata dalla Commissione, né le conseguenze che essa ne trae riguardo all’applicazione del criterio dell’investitore privato.

275    Va poi osservato che solo l’applicazione del criterio dell’investitore privato permetterebbe di verificare ed eventualmente stabilire l’esistenza di un’eventuale disparità di costi.

276    Inoltre, anche se il costo di una ricapitalizzazione per un valore di FRF 14,119 miliardi – che secondo la Commissione non costituisce un aiuto – fosse di FRF 0 per lo Stato e di FRF 5,6 miliardi per un investitore privato, tale disparità di costi non impedirebbe comunque di applicare il criterio dell’investitore privato. In tal caso spetterebbe infatti alla Commissione verificare, applicando il detto criterio, se un investitore privato avrebbe sostenuto un costo di FRF 5,6 miliardi per procedere ad una simile ricapitalizzazione, e non si può escludere che, in esito al suddetto esame, la Commissione giungesse alla conclusione che ciò non avverrebbe: questo però presuppone che essa prima effettui un’analisi di questo tipo.

277    Infine, sebbene con tale argomento la Commissione cerchi in realtà, da un lato, di dimostrare che ne sarebbe derivato un costo diverso per la EDF, costretta a pagare l’imposta in un caso e non nell’altro, il che potrebbe influire sul valore dell’impresa, e, dall’altro, in caso di pagamento dell’imposta, di escludere che un investitore privato avrebbe effettivamente investito una somma simile nell’impresa mentre lo Stato si sarebbe limitato a rinunciare al suo credito fiscale, è giocoforza osservare che tale argomento mira a stabilire che il costo dell’investimento e le sue eventuali prospettive di rendita sarebbero diversi per lo Stato e per un investitore privato. Orbene, per prendere in considerazione tale elemento sarebbe stato necessario applicare il criterio dell’investitore privato, cosa che la Commissione si è rifiutata di fare.

278    In quarto luogo, va respinto l’argomento presentato in udienza dalla Commissione secondo cui non vi sarebbe stato comunque un investitore privato di riferimento in grado di mobilizzare capitali tanto ingenti quanto lo Stato perché, anzitutto, la Commissione non ha affatto dimostrato l’assenza di un investitore privato di riferimento al quale confrontare nel caso di specie l’investitore pubblico. Inoltre, la mancanza di un investitore privato di riferimento non esclude che l’operazione debba essere esaminata alla luce delle «condizioni normali del mercato» che, essendo necessariamente ipotetiche, devono valutarsi con riferimento agli elementi obiettivi e verificabili che sono disponibili (v., in tal senso, sentenza Chronopost e a./Ufex e a., cit al punto 172 supra, punto 38).

279    In quinto luogo, va rilevato che la Commissione non ha dedotto alcun elemento a sostegno del suo argomento – esposto per la prima volta in udienza e contestato dalla Repubblica francese – secondo cui, nel diritto francese, un aumento di capitale non potrebbe essere realizzato per incorporazione di un credito fiscale. Questo argomento pertanto non può essere preso in considerazione.

280    In sesto luogo, l’argomento della Commissione – anch’esso dedotto per la prima volta in udienza – secondo cui l’imposta avrebbe dovuto figurare nel bilancio dell’impresa dev’essere respinto per due motivi.

281    Da un lato, tale argomento mira in realtà ad accusare la Repubblica francese di un inadempimento della direttiva della Commissione 25 giugno 1980, 80/723/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche (GU L 195, pag. 35). Anche supponendo che si possa addebitare alla Repubblica francese tale inadempimento, esso è comunque privo di legami con l’argomento esposto dalla Commissione ai punti 96 e 97 della decisione impugnata e non influisce sul problema se convenisse applicare il criterio dell’investitore privato.

282    D’altro lato, la Commissione non è stata in grado di spiegare in quale bilancio avrebbe dovuto figurare l’imposta che era dovuta. Infatti, prima che la legge n. 97‑1026 fosse adottata e che la EDF fosse considerata proprietaria della RAG, non bisognava pagare alcuna imposta. In seguito, avendo la Repubblica francese rinunciato a percepire l’imposta, questa non era più dovuta e non avrebbe quindi potuto comparire nel bilancio come debito dell’impresa.

283    In settimo ed ultimo luogo, quanto all’argomento della Commissione secondo cui ammettere l’applicazione del criterio dell’investitore privato potrebbe portare ad approvare tutte le forme di esenzione fiscale concessa dagli Stati membri, poiché soddisferebbero sempre tale criterio, va anzitutto ricordato che non siamo di fronte ad una semplice esenzione fiscale concessa ad un’impresa, bensì alla rinuncia ad un credito fiscale nell’ambito di un aumento di capitale di un’impresa di cui lo Stato è unico azionista. Inoltre, non si possono fare congetture sull’esito dell’applicazione di tale criterio, che sarebbe altrimenti inutile o inadeguato. Infine, non si può comunque escludere che, nel caso di specie, l’applicazione del criterio dell’investitore privato possa portare a considerare che l’intervento dello Stato non corrispondeva al possibile comportamento di un investitore privato. L’argomento della Commissione è pertanto privo di pertinenza.

284    In conclusione, nessuno degli argomenti dedotti dalla Commissione, sostenuta dalla Iberdrola, può essere accolto e occorre considerare che, rifiutandosi di esaminare la misura controversa nel suo contesto e di applicare il criterio dell’investitore privato, la Commissione è incorsa in un errore di diritto e ha violato l’art. 87 CE.

285    Poiché il Tribunale ha accertato che la Commissione ha escluso a torto l’applicazione di tale criterio, tale istituzione è tenuta ad adottare le misure che l’esecuzione della sentenza comporta. Il giudice comunitario, investito di un ricorso di annullamento, non è infatti competente, in materia di aiuti di Stato, a riformare le decisioni di cui controlla la legittimità e, eventualmente, a procedere egli stesso all’analisi che implica l’applicazione del criterio dell’investitore privato. Qualora ne ammetta la fondatezza, spetta pertanto alla Commissione adottare una nuova decisione nel rispetto delle considerazioni esposte ai punti 220-253 della presente sentenza.

286    Alla luce delle considerazioni che precedono, vanno annullati gli artt. 3 e 4 della decisione impugnata per violazione dell’art. 87 CE, senza che occorra esaminare gli altri motivi e capi di motivi sollevati dalla ricorrente, né le domande di misure di organizzazione del procedimento relative al «Rapporto Oxera».

 Sulle spese

287    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, essendo risultata soccombente, va condannata a sostenere le spese della ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultima.

288    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, primo comma, gli Stati membri intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Di conseguenza, la Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

289    Ai sensi dell’art. 87, n. 4, terzo comma, il Tribunale può ordinare che una parte interveniente sopporti le proprie spese. Nel caso di specie, la Iberdrola, intervenuta a sostegno della Commissione, sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Gli artt. 3 e 4 della decisione della Commissione relativa a misure di aiuto in favore della EDF e del settore delle industrie dell’elettricità e del gas (C 68/2002, N 504/2003 e C 25/2003), adottata il 16 dicembre 2003, sono annullati.

2)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese, nonché quelle della Électricité de France (EDF).

3)      La Repubblica francese sopporterà le proprie spese.

4)      La Iberdrola, SA sopporterà le proprie spese.

Azizi

Cremona

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 dicembre 2009.

Firme

Indice


Contesto normativo

Norme del Trattato CE

Regolamento (CE) n. 659/1999

Diritto francese applicabile

Fatti all’origine della controversia

Contesto generale della causa

Procedimento amministrativo

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Il primo motivo, attinente, da un lato, alla violazione dell’art. 20 del regolamento n. 659/1999 e, dall’altro, alla violazione dei diritti della difesa

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– La violazione dei diritti della difesa

– La violazione dei diritti processuali del beneficiario dell’aiuto in quanto parte interessata

Il secondo motivo, attinente alla violazione da parte della Commissione dell’art. 87 CE

Il primo capo, relativo alla mancata considerazione della «sottocompensazione» dei costi di servizio pubblico sostenuti dalla EDF

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il secondo capo, attinente alla mancanza di pregiudizio per gli scambi tra Stati membri

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Il terzo capo del secondo motivo, attinente, da un lato, alla qualificazione delle misure di cui trattasi come conferimento di capitale e, dall’altro, al comportamento dell’investitore privato avveduto in un’economia di mercato adottata dallo Stato nel quadro della loro attuazione

– Argomenti delle parti

– Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.