Language of document : ECLI:EU:T:2009:227

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

30 giugno 2009 (*)

«FSE – Soppressione di un contributo finanziario – Rapporto dell’OLAF»

Nella causa T‑444/07,

Centre de promotion de l’emploi par la micro-entreprise (CPEM), con sede in Marsiglia (Francia), rappresentato dall’avv. C. Bonnefoi,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. L. Flynn e dalla sig.ra A. Steiblytė, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 4 ottobre 2007, C (2007) 4645, recante soppressione del contributo erogato dal Fondo sociale europeo (FSE) con decisione 17 agosto 1999, C (1999) 2645, nonché una domanda di risarcimento danni,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová (relatore), presidente, K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 dicembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’art. 147, n. 1, CE affida alla Commissione l’amministrazione del Fondo sociale europeo (FSE) istituito in forza dell’art. 146 CE. L’FSE costituisce, ai sensi dell’art. 159, n. 1, CE, uno dei fondi a finalità strutturale.

2        Il contesto normativo che disciplinava i fondi a finalità strutturale per il periodo di programmazione 1994‑1999, rilevante nel caso di specie, è costituito in particolare dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5, in prosieguo: il «regolamento n. 2052/88»).

3        In esecuzione di tale regolamento, il Consiglio ha adottato il regolamento 19 dicembre 1988, n. 4255, recante disposizioni d’applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il Fondo sociale europeo (GU L 374, pag. 21), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2084 (GU L 193, pag. 39; in prosieguo il «regolamento n. 4255/88»). Esso ha anche adottato il regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20; in prosieguo: il «regolamento n. 4253/88»).

4        I regolamenti nn. 2052/88 e 4253/88 sono stati abrogati, con effetto dal 1° gennaio 2002, dall’art. 54, primo comma, del regolamento (CE) del Consiglio 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), fatto salvo l’art. 52, n. 1, di quest’ultimo regolamento.

5        Il regolamento n. 4255/88 è stato abrogato, con effetto dal 1° gennaio 2000, dall’art. 11 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 12 luglio 1999, n. 1784, relativo al Fondo sociale europeo (GU L 213, pag. 5), il cui art. 9 rinvia alle disposizioni transitorie di cui all’art. 52 del regolamento n. 1260/1999.

6        Il n. 1 di quest’ultima disposizione prevede in particolare che «il presente regolamento non osta alla continuazione o modificazione, compresa la soppressione totale o parziale, di un intervento approvato dal Consiglio o dalla Commissione in base ai regolamenti (…) n. 2052/88 e (...) n. 4253/88 o a qualsiasi altro atto normativo applicabile a detto intervento il 31 dicembre 1999».

7        Dal combinato disposto di tali disposizioni discende che, anche se il regolamento n. 4255/88 è stato abrogato dal regolamento n. 1784/1999, quest’ultimo stabilisce, mediante rinvio alle disposizioni transitorie di cui all’art. 52 del regolamento n. 1260/1999, che il regolamento n. 4255/88 e il regolamento n. 4253/88 continuano ad applicarsi ai contributi approvati in forza del regolamento n. 4255/88.

8        Ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. a), del regolamento n. 4255/88, rubricato «Assistenza tecnica, progetti pilota e dimostrativi»:

«[L’FSE] può finanziare, al di fuori dei quadri comunitari di sostegno, nel limite dello 0,5% della propria dotazione annua, azioni di preparazione, valutazione ex ante, sorveglianza e valutazione ex post, negli Stati membri o a livello comunitario, necessarie per la realizzazione delle azioni previste all’articolo 1. Tali azioni sono poste in essere su iniziativa o per conto della Commissione. Esse comprendono:

a)      azioni di carattere innovativo aventi ad oggetto la convalida di nuove ipotesi relative al contenuto, alla metodologia ed all’organizzazione della formazione professionale comprendenti l’integrazione della dimensione comunitaria della formazione professionale, e più generalmente lo sviluppo dell’occupazione ivi compresi la promozione della parità di opportunità sul mercato del lavoro tra uomini e donne e l’inserimento professionale delle persone esposte al rischio di esclusione dal mercato del lavoro, al fine di costituire una base per un intervento ulteriore [dell’FSE] in più Stati membri (…)».

9        Ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, rubricato «Riduzione, sospensione o soppressione del contributo»:

«1.       Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della partnership, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni entro una scadenza determinata.

2.       In seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.

3.       Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione. Le somme non restituite sono aumentate degli interessi di mora, conformemente alle disposizioni del regolamento finanziario e in base alle modalità che saranno adottate dalla Commissione secondo le procedure di cui al titolo VIII».

 Fatti

10      Il 21 luglio 1998 la Commissione ha pubblicato un invito a presentare proposte per la realizzazione dell’azione pilota «Capitale locale a finalità sociale» (GU C 228, pag. 15). La Commissione ha ivi definito le linee direttrici per la concessione di sovvenzioni globali a organizzazioni intermedie destinate a sostenere le persone che realizzeranno microprogetti che favoriscano l’occupazione e la coesione sociale. Come risulta dal punto 2, tale invito a presentare proposte è rivolto «esclusivamente alle organizzazioni senza fini di lucro e ai consorzi già esistenti creati da tali organizzazioni». Secondo questo stesso punto «[l]e organizzazioni intermedie (...) dovranno apportare un cofinanziamento il cui importo non potrà essere inferiore al 15% della sovvenzione richiesta».

11      Con decisione 17 agosto 1999, C (1999) 2645 (in prosieguo: la «decisione di concessione»), la Commissione ha concesso un contributo dell’FSE sotto forma di sovvenzione globale per il finanziamento di un progetto pilota presentato dal Centre de promotion de l’emploi par la micro-entreprise (in prosieguo: il «CPEM» o il «ricorrente»). Per tale progetto pilota è stato riconosciuto dall’FSE un importo totale massimo di EUR 1 000 000.

12      L’art. 1 della decisione di concessione definisce le procedure di concessione e di utilizzo della sovvenzione concessa dalla Commissione al CPEM. Secondo l’art. 2, le condizioni specifiche della sovvenzione sono descritte all’allegato III della decisione di concessione. L’art. 3, nn. 2 e 3, della decisione di concessione fissa la fine del periodo di impegno delle spese per il progetto pilota al 31 agosto 2001 e quella del suo periodo di esecuzione al 28 febbraio 2002. L’art. 7 della decisione di concessione dispone che il CPEM è tenuto a rispettare le condizioni di sviluppo del progetto enunciate nella «Guida relativa all’art. 6 dell’FSE – Capitale locale a finalità sociale» (in prosieguo: la «guida del promotore»).

13      Con decisione 18 settembre 2001, C (2001) 2144, a seguito di una domanda di proroga presentata dal ricorrente, la Commissione ha esteso il periodo di impegno delle spese per il progetto pilota fino al 31 dicembre 2001 e il suo periodo di esecuzione fino al 30 giugno 2002.

14      A seguito della concessione della sovvenzione globale, e come era stato annunciato nel suo fascicolo di candidatura, il CPEM ha concluso, il 20 settembre 2000, una convenzione per l’attuazione del progetto pilota con il «Centre de formation professionnelle et de promotion sociale» (CFPPS), struttura associativa senza scopo di lucro, divenuta successivamente Marseille Service Développement (MSD).

15      Il 7 ottobre 2002 la Commissione ha ricevuto dalla MSD un rapporto finale e la domanda di pagamento finale relativo alle azioni intraprese nell’ambito del progetto pilota.

16      La Commissione ha eseguito pagamenti intermedi e un pagamento finale relativo a tale progetto per un importo complessivo di EUR 1 000 000.

17      Nell’agosto 2004 la direzione (DG) «Occupazione, affari sociali e pari opportunità» della Commissione (in prosieguo: la «DG Occupazione») ha effettuato presso la MSD un controllo contabile che non ha rilevato gravi irregolarità e che ha portato al recupero di EUR 4 472,30.

18      Nel maggio 2004 un denunciante ha contattato la DG Occupazione e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) per denunciare la cattiva gestione finanziaria e amministrativa da parte del CPEM o dei suoi mandatari per quanto riguarda l’attuazione del suo progetto individuale. L’OLAF ha avviato un’inchiesta esterna il 2 maggio 2005 e ha effettuato verifiche in loco a Marsiglia dal 27 giugno al 1° luglio 2005 presso il CPEM e presso altri operatori economici aventi un rapporto con il detto progetto pilota.

19      L’8 settembre 2005 l’OLAF ha trasmesso il suo rapporto di missione al ricorrente, che vi rispondeva con lettera 13 ottobre 2005. L’OLAF ha risposto a quest’ultima lettera con lettera 11 aprile 2006. Il ricorrente ha inviato la sua risposta il 21 aprile 2006. Successivamente, il 25 aprile 2006, su domanda del ricorrente, si è tenuta a Bruxelles presso la sede dell’OLAF una riunione cui partecipava la DG Occupazione.

20      Con lettera 24 maggio 2006 l’OLAF ha indicato al ricorrente che la fase di inchiesta era terminata e che sarebbe stato redatto il rapporto finale. L’OLAF adottava il suo rapporto finale il 4 ottobre 2006. Tale rapporto è stato trasmesso al ricorrente con lettera 20 ottobre 2006. Il rapporto finale dell’OLAF ha constatato diverse gravi irregolarità alla luce delle quali veniva proposta la soppressione del contributo comunitario ammontante a EUR 1 000 000 e il recupero di un importo di EUR 995 527,70.

21      Con lettera 18 gennaio 2007 la Commissione ha notificato al ricorrente la sua intenzione di avviare il procedimento previsto dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

22      Con lettera 19 marzo 2007 il ricorrente ha risposto alla lettera 18 gennaio 2007, contestando il rapporto finale dell’OLAF.

23      La Commissione, considerando che la risposta del ricorrente del 19 marzo 2007 non avesse apportato elementi di diritto o di fatto che potessero contraddire le constatazioni operate nel rapporto finale dell’OLAF, ha constatato che il ricorrente non aveva eseguito il progetto come descritto nella decisione di concessione e aveva posto in essere un sistema di gestione che contravveniva alle regole in vigore. Con decisione 4 ottobre 2007, C (2007) 4645 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione ha soppresso il contributo erogato dalla decisione di concessione. In forza dell’art. 2 della decisione impugnata, il beneficiario è debitore alla Commissione della somma di EUR 995 527,70 a titolo di capitale.

 Procedimento e conclusioni delle parti

24      Con atto introduttivo registrato nella cancelleria del Tribunale il 5 dicembre 2007, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

25      Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 16 gennaio 2008, il ricorrente ha presentato domanda di provvedimenti provvisori. Con ordinanza 19 febbraio 2008, causa T‑444/07 R, CPEM/Commissione, il presidente del Tribunale ha respinto tale domanda di provvedimenti provvisori.

26      La fase scritta del procedimento si è conclusa il 29 aprile 2008.

27      Il 23 ottobre 2008, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’art. 64 del regolamento di procedura, il Tribunale, da un lato, ha invitato il CPEM a prendere posizione circa i motivi di irricevibilità sollevati dalla Commissione nel suo controricorso e, dall’altro, ha invitato la Commissione a presentare taluni documenti. Parimenti, le parti sono state invitate a rispondere per iscritto, prima dell’udienza, a taluni quesiti loro rivolti dal Tribunale. Le parti hanno ottemperato a tali domande nei termini impartiti.

28      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        riconoscergli un risarcimento per lesione della sua immagine pubblica stimato in EUR 100 000;

–        riconoscere al suo personale il diritto ad un risarcimento individuale di un euro simbolico per lesione grave alla sua quiete nel lavoro;

–        condannare la Commissione alle spese.

29      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile o se del caso infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 Sulla ricevibilità

1.     Argomenti delle parti

30      La Commissione contesta la ricevibilità del secondo e terzo punto delle conclusioni del ricorrente poiché non indicano con precisione sufficiente in che modo sono presenti tutte le condizioni per la riparazione del danno assertivamente subito. Infatti, il ricorso non consentirebbe di individuare le ragioni per le quali la posizione adottata dalla Commissione nella decisione impugnata costituisce la causa del danno lamentato dal ricorrente e quest’ultimo non avrebbe apportato la minima prova circa l’effettività dei danni lamentati.

31      Nelle osservazioni del 17 novembre 2008, sui motivi di irricevibilità sollevati dalla Commissione, il CPEM ha dichiarato che l’oggetto della controversia a tale riguardo non è il versamento di un risarcimento, ma unicamente il riconoscimento del diritto a un siffatto risarcimento. Inoltre, ha spiegato in che cosa consistevano, a suo avviso, il comportamento ascritto alla Commissione, il pregiudizio subito e il nesso di causalità fra questi due elementi. Ha infine spiegato le ragioni per cui il personale del CPEM chiedeva un risarcimento di un euro simbolico.

2.     Giudizio del Tribunale

 Sulla ricevibilità del secondo punto delle conclusioni, inteso a riconoscere al CPEM il diritto ad un risarcimento

32      Ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia – applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, dello Statuto medesimo – e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, quanto meno sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso (ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II‑523, punto 20, e sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T‑113/96, Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑125, punto 29).

33      Per essere conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento dei pretesi danni causati da un’istituzione comunitaria deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito, nonché il carattere e l’entità di tale danno (sentenze del Tribunale 18 settembre 1996, causa T‑387/94, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑961, punto 107; 6 maggio 1997, causa T‑195/95, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. II‑679, punto 21; 10 luglio 1997, causa T‑38/96, Guérin automobiles/Commissione, Racc. pag. II‑1223, punto 42, e Dubois et Fils/Consiglio e Commissione, cit., punto 30).

34      Orbene, nella specie è giocoforza constatare che il solo elemento presentato dal CPEM a sostegno della domanda di risarcimento proposta nell’ambito del secondo punto delle conclusioni è esattamente proprio questo punto delle conclusioni così formulato:

«Il CPEM chiede a questo Tribunale (...) il riconoscimento di un diritto al risarcimento per lesione dell’immagine pubblica di un organismo che agisce nell’ambito di una missione di interesse generale (stimato in 100 000 euro)».

35      Da tale formulazione è dato dedurre che il danno asserito consiste in una lesione dell’immagine del CPEM, senza tuttavia che quest’ultimo precisi come sia giustificata la cifra di EUR 100 000. Per quanto riguarda il comportamento censurato, dall’insieme del ricorso e dalle osservazioni del CPEM del 17 novembre 2008 sembra risultare che si tratti degli asseriti vizi di procedura, imputabili all’OLAF e alla Commissione, che costituiscono oggetto delle censure sollevate dal CPEM a titolo del suo primo motivo. Tuttavia si deve constatare l’assenza totale, nel ricorso, di qualsiasi indicazione circa il nesso di causalità tra il comportamento censurato e il danno asserito.

36      Orbene, non compete al Tribunale, in assenza di indicazioni fornite dal ricorrente, supporre e verificare l’esistenza di un eventuale nesso di causalità tra il comportamento censurato e l’asserito pregiudizio (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, Racc. pag. II‑4665, punto 179).

37      È vero che il CPEM ha indicato, nelle osservazioni del 17 novembre 2008, che «un nesso di causalità diretto di lesione della reputazione» esiste quando uno degli organismi preposto a intervenire in materia finanziaria è accusato e condannato per cattiva gestione finanziaria, mentre non vi sarebbero stati né sviamento né frode, ma al massimo «errori di presentazione amministrativa», nell’ambito di procedimenti complessi. Tuttavia si deve a questo proposito ricordare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 32, gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali si basa il ricorso devono risultare, quanto meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso stesso. Orbene, nella specie il Tribunale ha constatato precedentemente che nessuna indicazione, neanche sommaria, circa il nesso di causalità tra il comportamento ascritto alla Commissione e il danno subito dal CPEM figurerebbe nel ricorso. Pertanto, qualsiasi ulteriore indicazione circa tale nesso è tardiva e va respinta (v., in tal senso, ordinanza De Hoe/Commissione, cit., punto 25).

38      Da ciò consegue che il secondo punto delle conclusioni del CPEM è irricevibile e va respinto.

 Sulla ricevibilità del terzo punto delle conclusioni, inteso a riconoscere al personale del CPEM un diritto a un risarcimento

39      Per quanto riguarda il terzo punto delle conclusioni, avente ad oggetto la domanda di risarcimento per conto del personale del CPEM, si deve rilevare che il ricorrente non ha né indicato né dimostrato di essere stato delegato da detto personale a proporre un ricorso per risarcimento a suo nome.

40      Pertanto tale punto delle conclusioni è irricevibile per difetto di interesse ad agire e va respinto.

 Nel merito

41      Il ricorrente solleva due motivi vertenti, da un lato, sul procedimento seguito dall’OLAF e dalla Commissione e, dall’altro, sul merito della decisione impugnata.

1.     Sul primo motivo che censura il procedimento seguito dall’OLAF e dalla Commissione

 Argomenti delle parti

42      Con il primo motivo, il CPEM rimprovera alla Commissione di non aver rispettato, nell’ambito del procedimento che ha portato all’adozione della decisione impugnata, principi generali del diritto, in particolare quello del rispetto dei diritti della difesa. Tale motivo è diviso in cinque parti.

43      Nell’ambito della prima parte il CPEM sostiene, facendo riferimento alle testimonianze del suo personale, che l’OLAF ha effettuato un’inchiesta che, per la sua forma, è stata condotta esclusivamente a carico.

44      Con la seconda parte, il CPEM censura il procedimento utilizzato dall’OLAF a causa della confusione tra i procedimenti previsti dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 11 novembre 1996, n. 2185, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292, pag. 2), e quelli previsti dal regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1). Il CPEM rileva in particolare che gli agenti dell’OLAF hanno menzionato la possibilità di applicazione di sanzioni penali e che il loro comportamento ha creato un’atmosfera di confusione e di intimidazione presso le persone presenti all’atto del controllo, in particolare utilizzando continuamente la nozione di «frode» e con il fatto che le parole «inchiesta» e «controllo» sono state utilizzate indifferentemente nel medesimo procedimento. Parimenti, il fatto che a monte del controllo amministrativo sia stato adito il procuratore e la presenza di un ufficiale di polizia giudiziaria nel corso dei controlli in loco starebbero a dimostrare che il controllo non aveva unicamente carattere amministrativo.

45      Con la terza parte, il CPEM contesta l’affidabilità dell’inchiesta condotta dall’OLAF. Esso sostiene in questo contesto che l’inchiesta avrebbe accumulato elementi processuali inconferenti, vessatori o abusivi, inammissibili nell’ambito del rispetto dei principi generali del diritto comunitario e di una serena istruzione. In particolare, gli inquirenti dell’OLAF avrebbero scelto male le persone ascoltate e fatto affermazioni fuori luogo su funzionari dello Stato e sull’avvocato del CPEM. Inoltre taluni resoconti di audizioni e la relazione della riunione bilaterale del 25 aprile 2006 tra il CPEM e l’OLAF sarebbero inesatti e/o non firmati dalle persone interessate e le relazioni dell’OLAF servite come base alla Commissione all’atto dell’adozione della decisione impugnata conterrebbero errori di fatto.

46      La quarta parte verte su violazioni dei diritti della difesa in occasione dell’inchiesta. In questo contesto il CPEM solleva varie censure relative al trattamento da parte dell’OLAF delle denunce che hanno dato luogo all’inchiesta. In particolare il contenuto di tali denunce non gli sarebbe stato comunicato e non avrebbe avuto la possibilità di presentare a tale proposito osservazioni. Del resto, se è vero che la denuncia del maggio 2004 ha riguardato la pratica di «valorizzazione», essa sarebbe infondata. Inoltre, l’OLAF avrebbe fatto dichiarazioni contraddittorie circa il ruolo che le denunce ricevute nel maggio 2005 hanno svolto nell’avvio del procedimento di controllo. Infine l’OLAF avrebbe informato la stampa sul fascicolo addirittura prima dell’adozione da parte della Commissione della decisione impugnata.

47      Infine, con la quinta parte, il CPEM mette in discussione l’uso da parte dell’OLAF, in occasione dell’inchiesta, di edizioni diverse della guida del promotore. Questa guida avrebbe in particolare avuto varie versioni, di cui una provvisoria, che esso non avrebbe considerato vincolante e di cui non avrebbe pertanto tenuto conto.

48      La Commissione respinge gli argomenti del CPEM.

 Giudizio del Tribunale

49      Innanzitutto si deve constatare, per quanto riguarda la quinta parte, che la questione se la guida del promotore poteva essere opposta al CPEM, nonostante il suo carattere evolutivo, non riguarda la forma del procedimento amministrativo, ma rientra nel merito della decisione impugnata. Siccome il CPEM solleva anche la questione dell’opponibilità della detta guida a titolo della terza parte del secondo motivo, l’insieme degli argomenti relativi a tale questione sarà esaminato in quel contesto.

50      Si deve inoltre rilevare che il testo del ricorso non precisa quali siano i principi, diversi da quello del rispetto dei diritti della difesa, di cui viene asserita la violazione. In tali circostanze, si deve limitare l’esame del primo motivo al solo principio del rispetto dei diritti della difesa, poiché non compete al Tribunale, in assenza di indicazioni da parte del ricorrente, ricercare e identificare i principi di cui potrebbe essere invocata la violazione.

51      Conformemente ad una costante giurisprudenza, il principio del rispetto dei diritti della difesa impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (sentenze del Tribunale 9 aprile 2003, causa T‑217/01, Forum des migrants/Commissione, Racc. pag. II‑1563, punto 56, e 11 dicembre 2003, causa T‑306/00, Conserve Italia/Commissione, Racc. pag. II‑5705, punto 107; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 10 luglio 1986, causa 234/84, Belgio/Commissione, Racc. pag. 2263, punto 27).

52      Nella specie, per quanto riguarda la censura sollevata nell’ambito della quarta parte secondo cui l’OLAF avrebbe fornito alla stampa informazioni sul fascicolo addirittura prima dell’adozione da parte della Commissione della decisione impugnata, è giocoforza constatare che una siffatta censura, quand’anche fosse dimostrata, non può costituire una violazione dei diritti della difesa del CPEM, come definiti al punto precedente. Essa è inconferente e va pertanto respinta, senza che si renda necessario esaminare se, come affermato dal CPEM, l’articolo di stampa del 7 ottobre 2007 cui fa riferimento sia effettivamente fondato su informazioni ottenute presso l’OLAF.

53      Del resto, dalla giurisprudenza deriva altresì che i diritti della difesa sono violati a causa di un’irregolarità procedurale solo ove questa abbia inciso concretamente sulla possibilità per le imprese coinvolte di difendersi. Pertanto, l’inosservanza delle regole in vigore aventi lo scopo di tutelare i diritti della difesa può viziare il procedimento amministrativo soltanto se risulta che quest’ultimo avrebbe potuto giungere ad un risultato diverso in assenza di tale inosservanza (v. sentenza del Tribunale 14 dicembre 2005, causa T‑210/01, General Electric/Commissione, Racc. pag. II‑5575, punto 632 e giurisprudenza ivi citata).

54      Si deve pertanto esaminare, per ciascuna delle altre censure sollevate dal CPEM nell’ambito del primo motivo, in primo luogo, se esso è stato in grado, prima dell’adozione della decisione impugnata, di esporre validamente il suo punto di vista e, in secondo luogo, se così non è stato, se il procedimento avrebbe potuto portare ad un risultato diverso nell’ipotesi in cui il CPEM avesse potuto fare validamente conoscere il suo punto di vista.

55      Orbene, per quanto riguarda la prima questione, ossia se il CPEM sia stato in grado di presentare validamente il suo punto di vista per quanto riguarda i fatti menzionati nell’ambito del primo motivo, oltre a quello previsto dal punto 52 supra, si deve respingere la sua affermazione di violazione dei diritti di difesa. Infatti, alla luce dello scambio di corrispondenza tra il CPEM e l’OLAF, cioè la lettera del CPEM del 13 ottobre 2005, contenente osservazioni sul rapporto di missione dell’OLAF dell’8 settembre 2005, la lettera dell’OLAF dell’11 aprile 2006 e la lettera del CPEM del 21 aprile 2006 (v. punto 19 supra), si deve constatare che il CPEM ha avuto la possibilità di presentare tutte le osservazioni che riteneva pertinenti circa i comportamenti dell’OLAF che censura nel primo motivo, possibilità di cui si è del resto ampiamente avvalso per quanto riguarda taluni dei suoi punti di censura. In particolare esso ha preso posizione dettagliatamente sul procedimento applicato dall’OLAF. Il ricorrente aveva pertanto la possibilità di presentare le sue osservazioni su qualsiasi questione relativa ai fatti menzionati nel primo motivo, anteriori allo scambio di corrispondenza di cui trattasi, con la conseguenza che i suoi diritti di difesa sono stati a tale riguardo pienamente rispettati.

56      Da ciò consegue che il primo motivo è infondato e va respinto, senza che si renda necessario verificare se le affermazioni di merito fatte dal CPEM in questo contesto siano esatte.

2.     Sul secondo motivo, che contesta la decisione impugnata nel merito

57      Con il secondo motivo, il CPEM rimprovera alla Commissione vari errori di diritto che avrebbero inficiato la legittimità della decisione impugnata.

58      Questo motivo è suddiviso in cinque parti. Con la prima parte il ricorrente sostiene che l’OLAF e la Commissione hanno violato la nozione francese di organismo senza scopo di lucro. La seconda parte è basata su un’asserita violazione delle relazioni giuridiche tra il ricorrente e le autorità municipali della città di Marsiglia. La terza parte deduce l’inopponibilità della guida del promotore. La quarta parte si riferisce alle irregolarità imputate al ricorrente. Infine, nell’ambito della quinta parte, il ricorrente contesta l’applicabilità del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 25 giugno 2002, n. 1605, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 248, pag. 1), nella parte in cui costituirebbe il fondamento giuridico della decisione impugnata.

 Sulla prima parte, che deduce la violazione della nozione francese di organismo senza scopo di lucro

 Argomenti delle parti

59      Il CPEM sostiene che l’OLAF come pure la Commissione hanno violato il suo statuto di associazione rientrante nella legge francese 1° luglio 1901, come modificata, qualificandola come associazione senza scopo di lucro (ASBL), istituzione rientrante nel diritto belga. A suo avviso è inammissibile che il rapporto dell’OLAF contesti che il CPEM e la MSD siano organismi senza scopo di lucro, mentre queste due associazioni soddisfano tutti i criteri della nozione «senza scopo di lucro» e sono riconosciute come tali dalle autorità francesi. Il ricorrente rimprovera inoltre l’OLAF per aver confuso lo statuto di «organismo senza scopo di lucro», da un lato, e di «organismo di diritto pubblico», di «organismo che svolge attività di diritto pubblico» e di «organismo parapubblico», dall’altro.

60      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

61      Si deve rilevare che l’OLAF ha descritto il ricorrente, sia nel suo rapporto di missione dell’8 settembre 2005 che nel rapporto finale del 4 ottobre 2006, come «una struttura associativa legge 1901» o come «un’associazione legge 1901». Solo nell’intestazione di questi due rapporti nonché in quella degli atti di controllo e di verifica in loco del 27 e 29 giugno 2005, il CPEM è stato designato come ASBL. L’uso di tale sigla, che la Commissione rileva essere stata utilizzata solo nel senso di organizzazione senza fini di lucro e senza riferimento allo statuto giuridico del CPEM, non ha avuto tuttavia alcuna incidenza sulla valutazione dei fatti rimproverati al CPEM nei detti rapporti e nella decisione impugnata. Infatti, lo statuto giuridico del CPEM non è affrontato in alcun punto dei detti documenti.

62      Inoltre, il CPEM si è esso stesso qualificato nel suo fascicolo di candidatura, al punto «identità del richiedente», come un’«associazione senza scopo di lucro», il che può aver contribuito a creare confusione a tale riguardo presso gli uffici della Commissione.

63      Da ciò consegue che il fatto che l’OLAF abbia erroneamente designato il CPEM e la MSD in taluni documenti come ASBL non può inficiare la decisione impugnata. Si deve pertanto respingere la prima parte del secondo motivo.

 Sulla seconda parte, che deduce la mancata comprensione delle relazioni tra il ricorrente e la città di Marsiglia

 Argomenti delle parti

64      Il CPEM censura l’analisi eseguita dall’OLAF nel suo rapporto finale, nonché dalla Commissione nella decisione impugnata, dei legami tra la città di Marsiglia ed esso stesso e solleva a tale riguardo quattro argomenti.

65      La Commissione respinge gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

66      In questa parte del secondo motivo, il CPEM mette in discussione il punto 11 del rapporto finale dell’OLAF, dove quest’ultimo analizza la relazione tra la città di Marsiglia, il CPEM e la MSD. Vi si constata in particolare che:

–        la città di Marsiglia stessa non aveva potuto porre la sua candidatura come beneficiaria di una sovvenzione ai sensi dell’FSE, poiché una delle due caratteristiche principali del progetto pilota era il ricorso per la sua attuazione a organizzazioni private senza scopo di lucro (punto 11‑1);

–        la MSD è, alla luce del suo statuto, chiaramente un’associazione strettamente legata alla città di Marsiglia (punto 11‑2);

–        la «demunicipalizzazione» della MSD, intervenuta in occasione della modifica dello statuto dell’11 maggio 2000, nel senso che i membri aventi un mandato elettivo comunale sarebbero stati d’ora in avanti presenti unicamente a titolo consultivo, deve essere ampiamente relativizzata, poiché gli altri parametri indicano che lo stretto legame con la città di Marsiglia non è mutato (punto 11‑3);

–        il CPEM e la MSD dipendono dalla città di Marsiglia per quanto riguarda i loro locali, il loro personale e il loro funzionamento e mettono in atto taluni aspetti della politica della città (punto 11‑4);

–        la città di Marsiglia ha versato solo una parte della sua partecipazione prevista al finanziamento del progetto pilota, senza che il CPEM né la MSD l’abbiano costretta a eseguire i suoi obblighi finanziari, il che sta a indicare la loro dipendenza nei confronti della città e la relatività del loro potere decisionale effettivo (punti 11‑7 e 11‑8);

–        l’OLAF considera che la decisione del CPEM di affidare l’esecuzione dell’azione alla MSD nonché la sua attuazione hanno avuto come conseguenza, se non come obiettivo, quella di aggirare il requisito del progetto pilota di fare ricorso a organismi privati senza scopo di lucro per la sua attuazione (punto 11‑12).

67      Si deve tuttavia constatare che il fascicolo non contiene elementi tali da rimettere in discussione queste valutazioni dell’OLAF o da indicare che la decisione impugnata potrebbe essere viziata a motivo di tali valutazioni. Siffatti elementi non risultano in particolare da argomenti del CPEM presentati dinanzi al Tribunale.

68      In primo luogo, si deve respingere l’argomento del CPEM secondo cui il rapporto finale lascerebbe intendere che la città di Marsiglia aveva cercato di depositare un fascicolo di candidatura al progetto pilota o aveva fatto ricorso ad associazioni fittizie, e aveva avuto come obiettivo quello di eludere il requisito del ricorso a organismi privati. Infatti, il rapporto si limita a ricordare che la città di Marsiglia non ha potuto depositare la candidatura, senza indicare che tale era la sua intenzione. Per quanto riguarda il ricorso all’associazione MSD per l’esecuzione dell’azione, il che avrebbe avuto come effetto quello di aggirare taluni requisiti del progetto pilota, tale osservazione non è formulata nei confronti della città di Marsiglia, ma nei confronti del ricorrente stesso, contrariamente a quanto affermato da quest’ultimo. Pertanto, il primo argomento del CPEM non può sortire esito fruttuoso.

69      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento del CPEM secondo il quale l’OLAF, con le note contenute nel punto 11‑3 del rapporto finale, si sarebbe immischiato nel diritto interno francese e nella tematica della «demunicipalizzazione», esso va respinto in quanto infondato e privo di pertinenza ai fini della soluzione della presente controversia. Infatti, in questo punto, l’OLAF si è limitato a rilevare che, nonostante la diminuzione del ruolo decisionale degli eletti del comune in seno alla MSD, tale associazione dispone sempre, a causa di altre circostanze di fatto, di legami stretti con la città di Marsiglia. Da ciò consegue che il secondo argomento del CPEM deve essere respinto.

70      In terzo luogo, circa le critiche nei confronti della valutazione dell’OLAF secondo la quale il CPEM e la MSD sono dipendenti dalla città di Marsiglia per quanto riguarda i loro locali, il loro personale e il loro funzionamento, si deve constatare che il CPEM non contesta i fatti sottesi a tale valutazione, ma si limita a sostenere che la messa a disposizione di locali e di personale da parte della città di Marsiglia non significa che il CPEM e la MSD obbediscano agli ordini di tale municipalità. Orbene, né l’OLAF né la Commissione hanno affermato che ciò avviene nel caso di specie. L’OLAF si è limitato a considerare detta messa a disposizione come indizio di una dipendenza di queste due associazioni dalla città di Marsiglia, deduzione appropriata alla luce dei fatti di specie. A questo proposito, a parte la circostanza che la MSD dipende dalla città di Marsiglia per quanto riguarda i locali, il personale e il funzionamento, si deve in particolare tener conto dello statuto della MSD. In particolare l’art. 2 di quest’ultimo, intitolato «Oggetto», precisa che l’associazione deve attuare le sue azioni di formazione «nell’ambito della politica di formazione professionale definita dal consiglio municipale» e che l’aiuto agli organismi di formazione professionale di Marsiglia, mettendo in particolare a disposizione i locali, viene effettuato «previo accordo del consiglio municipale». Pertanto il terzo argomento del CPEM non può rimettere in discussione la fondatezza della decisione impugnata.

71      In quarto luogo, il CPEM contesta i punti 11‑7 e 11‑8 del rapporto finale dell’OLAF, in cui quest’ultimo rileva che la città di Marsiglia non ha rispettato i suoi obblighi in materia di cofinanziamento e che né il CPEM né la MSD l’hanno obbligata a operare in tal modo, indicando così la loro dipendenza nei confronti della città e la relatività del loro potere decisionale effettivo.

72      Innanzitutto, si deve relativizzare l’influenza di questi due punti del rapporto sul contenuto della decisione impugnata. Infatti, il rapporto finale dell’OLAF non contiene le cifre indicate al punto 11‑7 del rapporto finale affermando che la città di Marsiglia non aveva rispettato i suoi impegni per farne carico al ricorrente, ma ha unicamente fatto riferimento a tale circostanza, in combinazione con il fatto che il CPEM e la MSD non avevano obbligato la città a eseguire i detti impegni, per corroborare la sua conclusione circa la dipendenza di queste due associazioni nei confronti della città di Marsiglia.

73      Quanto, poi, all’argomento del ricorrente secondo il quale la città di Marsiglia avrebbe rispettato la totalità dei suoi impegni finanziari, e anche di più, esso va respinto.

74      Infatti, il progetto approvato con la decisione di concessione prevedeva un contributo della città di Marsiglia a concorrenza di EUR 274 231. È pacifico tra le parti che questa somma si divideva in una parte «Funzionamento» (o «Spese di ingegneria» secondo la terminologia del CPEM) e in una parte «Sovvenzione dei microprogetti». Secondo il CPEM, il contributo della città di Marsiglia è ammontato a EUR 129 581,66 a titolo della parte «Funzionamento» e a EUR 21 769 a titolo della parte «Sovvenzione dei microprogetti», portando il suo contributo complessivamente a EUR 151 350,66. La Commissione, da parte sua, indica un contributo totale della città di Marsiglia a concorrenza di EUR 141 860,29.

75      Il Tribunale ritiene che non sia necessario per risolvere la presente controversia stabilire l’origine della differenza tra queste due cifre, poiché, anche secondo il modo di calcolo proposto dal ricorrente, il contributo effettivo della città di Marsiglia è rimasto, per EUR 122 880,34, al di sotto di quanto previsto nel progetto approvato dalla decisione di concessione. Riguardo all’affermazione del ricorrente secondo cui, per quanto riguarda l’aiuto finanziario ai microprogetti, gli obblighi previsti nel progetto approvato dalla Commissione erano in contrasto con la legge francese, basta rilevare che, oltre al fatto che tale affermazione non è provata, essa non contraddice la constatazione figurante al punto 11‑8 del rapporto finale dell’OLAF secondo la quale né il CPEM né la MSD hanno obbligato la città di Marsiglia a eseguire i suoi obblighi finanziari in materia di cofinanziamento. Del resto, si deve sottolineare che il CPEM non può, comunque, avvalersi del fatto che il piano di finanziamento da esso stesso presentato contenesse introiti che gli era legalmente impossibile ottenere.

76      Da ciò consegue che il quarto argomento del ricorrente deve essere respinto, come pure la seconda parte del secondo motivo.

 Sulla terza parte, che deduce l’inopponibilità della guida del promotore

 Argomenti delle parti

77      Il CPEM sostiene che la guida del promotore che l’OLAF gli oppone non gli è stata consegnata in allegato alla decisione di concessione e che solo nel settembre 1999 ne ha ricevuto una versione provvisoria contenente delle schede alle quali l’OLAF ha fatto riferimento nei suoi rapporti. Orbene, esso non avrebbe considerato vincolante la versione provvisoria e non ne avrebbe pertanto tenuto conto. Inoltre, la versione sulla quale l’OLAF fonda le sue censure nei confronti del ricorrente non sarebbe stata mai chiaramente identificata e niente dimostrerebbe che gli sia stata notificata. Infine, la versione definitiva della guida del promotore non avrebbe contenuto le dette schede. Qualsiasi rilievo avente ad oggetto le schede sarebbe pertanto inconferente.

78      Inoltre, il CPEM sostiene che, quand’anche la guida del promotore possa essergli opposta, non può essere interpretata, nel rispetto della gerarchia delle norme, in senso contrario ai regolamenti sulla riforma dei fondi strutturali e al regolamento finanziario quale applicabile all’epoca dei fatti, come pur tuttavia ha fatto l’OLAF, seguito in ciò dalla Commissione.

79      La Commissione respinge gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

80      Si deve, in primo luogo, rilevare che il CPEM aveva accettato il 10 novembre 1999, con la firma del sig. R., suo presidente in tale data, di rispettare le condizioni poste dalla guida del promotore.

81      Risulta inoltre dagli atti che è stato richiesto ai partecipanti alla riunione di Belfast dal 16 al 19 settembre 1999 durante la quale il consorzio CPEM/MSD era rappresentato dal sig. G., direttore della MSD, di leggere attentamente il progetto di guida che era stato distribuito e di inviare il prima possibile i loro quesiti e commenti al fine di completarlo. Onde tener conto dei bisogni e degli interessi dei vari beneficiari del progetto pilota, la Commissione ha pertanto provveduto a raccogliere le osservazioni di questi ultimi e a redigere la versione finale della guida con la loro cooperazione. Pertanto il CPEM doveva essere consapevole del fatto che la versione provvisoria della guida del promotore non era un documento privo di pertinenza e che la guida conteneva disposizioni specifiche per l’esecuzione del progetto pilota che potevano certamente essere modificate nella versione definitiva, ma che esso doveva ciò nondimeno rispettare, cosa che si era impegnato a fare con la firma del sig. R. che l’ha apposta il 10 novembre 1999, successivamente al ricevimento della versione distribuita nel corso della riunione di Belfast e quindi già a conoscenza di quest’ultima.

82      In questa prospettiva, la tesi del CPEM secondo cui quest’ultimo non ha preso in considerazione la versione della guida distribuita a Belfast, poiché tale versione era stata qualificata come provvisoria, deve essere disattesa. Infatti, nelle circostanze ora descritte, un siffatto comportamento formalistico contravverrebbe all’obbligo di lealtà gravante sui richiedenti e sui beneficiari dei contributi, inerente al sistema dei contributi dei fondi comunitari e essenziale per il loro buon funzionamento (v., per analogia, sentenze del Tribunale 7 novembre 2002, cause riunite T‑141/99, T‑142/99, T‑150/99 e T‑151/99, Vela e Tecnagrind/Commissione, Racc. pag. II‑4547, punto 322, e 28 gennaio 2004, causa T‑180/01, Euroagri/Commissione, Racc. pag. II‑369, punto 83).

83      Si deve, in secondo luogo, constatare che, contrariamente a quanto affermato dal CPEM, la versione definitiva della guida del promotore gli è senz’altro stata notificata, come risulta dall’avviso di ricevimento a mezzo posta elettronica del 5 gennaio 2000 del sig. B., incaricato di missione in seno alla MSD, prodotto dalla Commissione.

84      In terzo luogo, come rilevato giustamente dalla Commissione, il CPEM non sostiene nel ricorso che i comportamenti rimproveratigli nella decisione impugnata sarebbero stati leciti in forza di una qualsiasi delle versioni successive della guida del promotore. Non risulta pertanto come le eventuali differenze che possono esistere fra le varie versioni della guida avrebbero potuto ingenerare confusione nei collaboratori del CPEM circa gli obblighi di quest’ultimo nell’attuazione del progetto pilota.

85      Infine, in quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento secondo cui l’OLAF non avrebbe rispettato la gerarchia delle norme dando la priorità alla guida del promotore rispetto ai regolamenti comunitari applicabili, il CPEM fa riferimento al punto 71 della lettera dell’OLAF dell’11 aprile 2006, con la quale quest’ultimo ha risposto alle contestazioni del CPEM relative al suo rapporto di missione. Questo punto è così formulato:

«Quanto alla gerarchia dei testi giuridici applicabili, la guida del promotore 1999 stipulava nella scheda B – punto 1 del riquadro seconda freccia, ultimo paragrafo – (pag. 8) che i testi giuridici applicabili al programma sono posti nella seguente gerarchia:

–        La decisione della Commissione europea che concede una sovvenzione alla struttura intermedia nonché i suoi allegati.

–        I regolamenti che definiscono le attività ammissibili ai sensi dell’FSE (l’elenco delle spese ammissibili è stato adottato dalla Commissione ed è stata pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità).

–        Il regolamento generale dei [f]ondi strutturali».

86      A questo proposito si deve constatare innanzitutto che non risulta da questo elenco che esso sia stato istituito partendo dalla norma superiore alla norma inferiore piuttosto che nell’ordine contrario. In secondo luogo, anche nella prima ipotesi, una siffatta astratta indicazione da parte dell’OLAF di un ordine gerarchico errato tra le disposizioni legali applicabili non sarebbe in quanto tale idonea a inficiare la decisione impugnata. Infatti, si deve rilevare, in primo luogo, che la guida del promotore stessa non appare nella gerarchia delle norme citate dall’OLAF. In secondo luogo, il CPEM non ha indicato alcuna concreta disposizione della guida del promotore che sarebbe incompatibile con una qualsiasi norma sovraordinata, limitandosi ad affermare «che nessun elemento [contenuto nella guida del promotore] può esistere o può essere interpretato in un senso contrario ai regolamenti [applicabili] e nella logica della stretta applicazione della gerarchia degli atti». Ciò considerato, si deve respingere il quarto argomento del CPEM.

87      Da ciò consegue che la terza parte del secondo motivo nonché la quinta parte del primo motivo vanno respinte.

 Sulla quarta parte, relativa alle irregolarità contestate

88      Nell’ambito dei sei argomenti sollevati in questa parte del secondo motivo, il CPEM deduce, in sostanza, che la Commissione avrebbe autorizzato talune delle irregolarità che gli vengono rimproverate nella decisione impugnata o ne avrebbe quantomeno avuto conoscenza, oppure che non si tratterebbe di irregolarità tali da giustificare la soppressione del contributo comunitario.

 Sul primo argomento, che deduce la prassi della Commissione nell’ambito dell’FSE e un’asserita autorizzazione, da parte della Commissione, della tecnica detta di «valorizzazione»

–       Argomenti delle parti

89      Il CPEM sostiene, in sostanza, che la Commissione avrebbe autorizzato la prassi detta di «valorizzazione» per quanto riguarda i progetti rientranti nell’FSE in Francia. In questo contesto esso fa riferimento, in primo luogo, alla prassi nell’ambito dei progetti rientranti nell’FSE in Francia, in secondo luogo, all’implicazione di talune autorità nazionali nella «valorizzazione» quale praticata dal CPEM e, in terzo luogo, a un messaggio di posta elettronica del 28 giugno 2001 della Commissione al CPEM dove questa pratica sarebbe stata autorizzata. Pertanto tale pratica non potrebbe considerarsi irregolare nella decisione impugnata.

90      La Commissione intende distinguere, per quanto riguarda la «valorizzazione», i progetti rientranti nel «quadro classico» dell’FSE, da un lato, e i progetti pilota ai sensi dell’art. 6, n. 1, lett. a), del regolamento n. 4255/88, come quello controverso nella specie, dall’altro. A suo avviso, nel «quadro classico» dell’FSE l’intervento finanziario dell’FSE prende la forma del cofinanziamento di un programma nazionale o di una sovvenzione globale gestita dallo Stato membro oppure da altre autorità nazionali, mentre, nell’ambito dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 4255/88, l’intervento finanziario dell’FSE è gestito direttamente dalla Commissione, il che sta a significare che quest’ultima seleziona essa stessa i beneficiari, mediante una decisione specifica di attribuzione, accompagnata da un corpus regolamentare. Secondo la Commissione, nel «quadro classico» dell’FSE, la «valorizzazione» è accettata, mentre tale tecnica non sarebbe mai stata accettata nell’ambito dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 4255/88.

–       Giudizio del Tribunale

91      Per quanto riguarda la tecnica detta di «valorizzazione», si deve anzitutto constatare che dagli atti, come pure dalle spiegazioni fornite dalle parti nel corso dell’udienza, risulta che essa consiste nell’imputazione di spese sostenute da enti pubblici, nell’ambito delle rispettive missioni, sui contributi finanziari che si ritiene essi apportino ad un progetto. Nella specie, la «valorizzazione» è stata in particolare praticata nei confronti del contributo finanziario del Conseil général des Bouches-du-Rhône al bilancio del progetto pilota, sul quale sono state imputate spese della Direction départementale du travail, de l’emploi et de la formation professionnelle des Bouches-du-Rhône (DDTEFP), effettuate nell’ambito della sua politica in materia di occupazione e di reinserimento di disoccupati. Come risulta dalla decisione di concessione, il contributo del Conseil général, che era iscritto alla rubrica «Contributi liquidi» («Contribution in cash») del bilancio, doveva essere di EUR 200 000. Il CPEM non ha contestato che almeno una parte di tale contributo non era stata versata, bensì era stata eseguita sotto forma di «valorizzazione» in modo da non dar luogo ad alcun pagamento diretto tra Conseil général e il CPEM e/o MSD.

92      Si deve a questo proposito sottolineare che, nel «quadro classico» dell’FSE, quale definito dalla Commissione, le spese pubbliche che sono «valorizzate» in quanto contributi propri nell’ambito di un contributo comunitario sono spese effettuate dal beneficiario del contributo stesso, cioè lo Stato membro o l’autorità nazionale da esso designata. Per contro, se, nella specie, il CPEM ha inteso «valorizzare» nello stesso modo spese effettuate da enti locali, è giocoforza constatare che non si tratta delle sue proprie spese in quanto beneficiario del contributo comunitario, ma di spese di terzi contribuenti. Nella forma praticata dal CPEM, la «valorizzazione» non gli serviva quindi ad adempiere ai suoi obblighi di partecipazione al progetto, ma a soddisfare quelli di terzi contribuenti. Orbene, tali partecipazioni dovevano essere, secondo il bilancio proposto dal CPEM e accolto nella decisione di concessione, contributi liquidi, il che escludeva qualsiasi presa in considerazione di spese effettuate in un diverso contesto e non effettivamente percepite dal consorzio CPEM/MSD. Va ricordata in tale contesto la giurisprudenza costante secondo cui, tenuto conto della natura stessa dei contributi finanziari erogati dalla Comunità, l’obbligo di rispettare le condizioni finanziarie indicate nella decisione di concessione costituisce, al pari dell’obbligo di esecuzione materiale del progetto di cui trattasi, uno degli impegni essenziali del beneficiario e, dunque, rappresenta un presupposto dell’attribuzione del contributo comunitario (sentenza della Corte 19 gennaio 2006, causa C‑240/03 P, Comunità montana della Valnerina/Commissione, Racc. pag. I‑731, punto 86; sentenze del Tribunale 26 settembre 2002, causa T‑199/99, Sgaravatti Mediterranea/Commissione, Racc. pag. II‑3731, punto 130, e Vela e Tecnagrind/Commissione, cit., punto 399).

93      Da ciò consegue che la «valorizzazione» quale praticata dal CPEM non corrispondeva alla prassi corrente della Commissione nell’ambito dell’FSE ed era perfino vietata dalla decisione di concessione.

94      Gli argomenti presentati dal CPEM non sono tali da inficiare tale constatazione.

95      Per quanto riguarda, in primo luogo, la prassi a livello nazionale nell’ambito dell’FSE, questa si inserisce appunto nell’ambito della presa in considerazione a titolo di «valorizzazione» delle spese delle autorità nazionali in quanto beneficiarie di un contributo comunitario e non della presa in considerazione di spese di terzi. Tale argomento è pertanto inconferente, per cui non vi è alcuna ragione per interpellare le persone e le istituzioni di cui il CPEM chiede a tale titolo l’audizione.

96      In secondo luogo, il fatto che le autorità nazionali a livello dipartimentale e locale fossero al corrente della «valorizzazione» quale praticata dal CPEM e vi abbiano persino partecipato è privo di pertinenza ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata nella parte in cui constata la violazione degli obblighi del CPEM ai sensi della decisione di concessione.

97      In terzo luogo, il messaggio di posta elettronica del 28 giugno 2001 della sig.ra G., collaboratrice presso la DG Occupazione, menzionato dal CPEM, non può essere interpretato come autorizzazione da parte della Commissione della «valorizzazione» quale praticata dal CPEM. Infatti si trattava di una risposta ad un messaggio elettronico in cui una collaboratrice del CPEM poneva una questione che faceva chiaramente ed esclusivamente riferimento alle modalità di informazione di un formulario nell’ambito della preparazione di un rapporto finanziario intermedio e non alla liceità di una prassi di finanziamento del progetto. La nozione di «valorizzazione» non vi figurava e dal contesto non risultava che le «sovvenzioni e gli aiuti concessi (...) ai microprogetti» dai partner del CPEM, menzionati nel messaggio di posta elettronica della collaboratrice del CPEM, erano di fatto spese effettuate da autorità pubbliche e prese in considerazione ai sensi del progetto pilota senza che dalle dette autorità fosse versato alcun effettivo contributo. Infine, dalla formulazione della risposta della sig.ra G. risulta chiaramente che quest’ultima intendeva pronunciarsi esclusivamente su un problema di informazione di un formulario e non sulla pratica di «valorizzazione» praticata dal CPEM.

98      Pertanto, l’argomento del CPEM che deduce che la Commissione avrebbe autorizzato la pratica detta di «valorizzazione» va respinto.

 Sul secondo argomento, che deduce la mancanza di gravi irregolarità nella contabilizzazione dei prestiti d’onore

–       Argomenti delle parti

99      Il secondo argomento si ricollega al fatto che il CPEM ha contabilizzato, ai sensi del proprio contributo finanziario al progetto, prestiti d’onore che ha concesso ai vari operatori per la realizzazione di microprogetti. Secondo la definizione fornita dal CPEM e non contestata dalla Commissione, si tratta di prestiti personali senza interessi e senza garanzia per un importo compreso tra i 1 500 e i 15 000 euro. Il CPEM deduce, in primo luogo, che la sua intenzione di utilizzare siffatti prestiti d’onore derivava chiaramente dal suo fascicolo di candidatura. Inoltre, fa presente che l’analisi della sua situazione finanziaria al 31 dicembre 1997 nonché del suo bilancio previsionale per il 1998, allegati al fascicolo di candidatura, rivela che non vi sono risorse di funzionamento diverse da quelle derivanti dalle sovvenzioni pubbliche e costituenti il suo fondo prestiti. In secondo luogo, il CPEM sostiene che la Commissione è stata informata dell’impiego dei prestiti d’onore al più tardi nell’agosto 2001, all’atto della trasmissione del rapporto intermedio.

100    La Commissione contesta gli argomenti del CPEM.

–       Giudizio del Tribunale

101    Per quanto riguarda l’esistenza di gravi irregolarità a seguito della contabilizzazione dei prestiti d’onore, si deve ricordare che l’obbligo di rispettare le condizioni finanziarie derivanti dalla decisione di concessione costituisce uno degli impegni essenziali del beneficiario (v. punto 92, supra). In questo contesto, l’art. 24, nn. 1 e 2, del regolamento n. 4253/88 dev’essere interpretato nel senso che autorizza la Commissione a sopprimere il contributo finanziario concesso in caso di violazione delle condizioni finanziarie previste nella decisione di concessione (v., in tal senso, sentenza Sgaravatti Mediterranea/Commissione, cit., punti 130 e 131).

102    Nella specie, il bilancio figurante all’allegato II della decisione di concessione prevedeva, sotto la rubrica «Contributi liquidi», un contributo finanziario da parte del CPEM per un importo di EUR 184 615.

103    Orbene, come giustamente rilevato dalla Commissione, i rimborsi dei prestiti d’onore concessi dal CPEM costituiscono redditi che devono essere dedotti dagli importi versati dal CPEM per fissare l’importo effettivamente sborsato da quest’ultimo. Poiché tali rimborsi potranno arrivare fino al 100% delle somme concesse sotto forma di crediti, il contributo del CPEM tenderà pertanto a diminuire e quindi a sparire del tutto mano a mano che vengono effettuati i rimborsi. Pertanto, la concessione di prestiti da parte del CPEM agli operatori per la realizzazione di microprogetti non può per definizione essere presa in considerazione a concorrenza dell’importo nominale a titolo di proprio contributo finanziario al progetto. Tale circostanza non è del resto contestata dal CPEM. Da ciò consegue che il CPEM non ha rispettato l’obbligo, risultante dal bilancio allegato alla decisione di concessione, di apportare il proprio contributo finanziario per un importo di EUR 184 615.

104    Di conseguenza, giustamente la Commissione ha a tale riguardo rilevato al punto 8, lett. c), della decisione impugnata l’esistenza di una grave irregolarità.

105    Gli argomenti del CPEM non sono pertanto tali da inficiare questa constatazione.

106    In primo luogo, si deve constatare che il fascicolo di candidatura non lascia assolutamente trasparire l’intenzione del CPEM di fare ricorso sistematicamente a prestiti per far fronte al suo contributo finanziario al progetto. La nozione di «prestito d’onore» vi compare una sola volta nella seguente frase: «L’intervento dell’Unione europea nell’ambito di tale invito a presentare progetti consentirà di accelerare e favorire lo smobilizzo dei vari aiuti, fondi di garanzia e eventuali prestiti d’onore che saranno messi in sinergia e contribuirà a rendere perenni tali azioni sotto forma di un dispositivo finanziario locale permanente». Tale menzione isolata dei prestiti d’onore accompagnata inoltre dalla qualifica «eventuale», non poteva essere intesa nel senso che sarebbe stata fatta un’applicazione sistematica di tale strumento nell’ambito del progetto. Inoltre tale menzione viene fatta nel contesto di un’enumerazione di strumenti a proposito dei quali viene affermato che lo smobilizzo sarà favorito dal progetto pilota di modo che non appare neppure chiaramente se si tratta di uno strumento interno al progetto o di uno strumento esterno che potrebbe essere smobilizzato grazie al progetto.

107    Per quanto riguarda l’affermazione secondo la quale i prestiti d’onore sarebbero stati menzionati nel corso della presentazione del piano di finanziamento – a una data non specificata, ma verosimilmente nell’ambito dell’esame delle candidature – e nel corso di una presentazione pubblica in occasione di una conferenza organizzata l’8 e l’11 luglio 2000, il CPEM non ha presentato alcuna prova. Va pertanto respinta in quanto non provata.

108    In secondo luogo, il fatto che il rapporto intermedio trasmesso nell’agosto 2001 menzionasse i prestiti d’onore non può portare a considerare che la Commissione abbia informato tardivamente il CPEM che tali prestiti non potevano essere contabilizzati a titolo del suo contributo. Infatti l’art. 3, n. 3, della decisione di concessione specificava che «solo le spese impegnate prima del 30 agosto 2001 e sostenute prima del 28 febbraio 2002 [potevano] essere considerate ammissibili e prese in considerazione nel calcolo delle somme totali a titolo della presente decisione». Queste date limite sono state aggiornate, con decisione 18 settembre 2001, rispettivamente al 31 dicembre 2001 e al 30 giugno 2002. È giocoforza constatare pertanto che il rapporto «intermedio» è intervenuto pressoché alla fine del periodo d’impegno delle spese inizialmente previste e circa quattro mesi prima della fine del periodo come successivamente esteso. Un’informazione data in tale fase del progetto non può in alcun caso ritenersi data in tempo utile.

109    In terzo luogo, per quanto riguarda l’affermazione del CPEM secondo cui un messaggio di posta elettronica della MSD alla sig.ra G. del 5 febbraio 2002, relativo ai prestiti d’onore, sarebbe rimasto senza effettiva risposta, si deve rilevare, in primo luogo, che la risposta della sig.ra G. con messaggio di posta elettronica del 6 febbraio 2002 indicava chiaramente che il fascicolo di candidatura non menzionava i prestiti d’onore, che la loro presa in considerazione non era possibile poiché i rimborsi avrebbero ridotto il costo totale del progetto con la conseguente riduzione del contributo dell’FSE, e che il problema doveva essere risolto con un contributo «fermo». In secondo luogo, tale messaggio di posta elettronica è intervenuto dopo la fine del periodo di impegno delle spese, come prorogato. Pertanto, le domande del CPEM potevano riguardare solo le modalità di contabilizzazione e la risposta che poteva essere fornita a tali questioni non poteva avere alcuna incidenza sulla conformità delle spese effettivamente impegnate alle condizioni specificate nella decisione di concessione. Tale affermazione pertanto va respinta in quanto non fondata e non pertinente.

110    Da ciò consegue che il secondo argomento del CPEM va respinto.

 Sul terzo argomento, che deduce un’asserita contraddizione tra la decisione impugnata e la decisione di concessione

111    Nell’ambito di questo terzo argomento, il CPEM solleva quattro punti a proposito dei quali la Commissione gli rimprovererebbe, nella decisione impugnata, fatti che sarebbero già stati menzionati nel fascicolo di proposta e che sarebbero stati pertanto accettati dalla Commissione nella decisione di concessione. La Commissione sarebbe pertanto quantomeno corresponsabile dei fatti rimproverati.

112    In primo luogo, il CPEM sottolinea che la Commissione sapeva fin dall’esame del suo fascicolo di candidatura che si sarebbe fatto ricorso a finanziamenti pubblici. Pertanto, questo fatto non potrebbe essergli rimproverato.

113    A questo proposito il Tribunale rileva innanzitutto che la Commissione, nella decisione impugnata, non ha rimproverato al CPEM il cofinanziamento del progetto pilota da parte degli enti pubblici. Al contrario, la Commissione censura espressamente, al punto 8, lett. d), della decisione impugnata, l’insufficienza dei cofinanziamenti pubblici rispetto al bilancio approvato. Per contro, al CPEM, al punto 8 lett. b), della decisione impugnata, viene rimproverato di aver preso in considerazione spese sostenute da enti locali che non venivano effettuate a titolo del progetto pilota, ma a titolo di attività rientranti nella competenza propria di tali enti (tecnica della «valorizzazione»).

114    Orbene, come già constatato supra i punti 93 e 98, la Commissione non aveva assolutamente autorizzato tale pratica di «valorizzazione» e, contrariamente a quanto asserito dal CPEM, il fascicolo di candidatura non conteneva alcuna indicazione circa la sua intenzione di ricorrere alla «valorizzazione». Al contrario, i contributi degli enti pubblici erano ripresi, nel piano di finanziamento del progetto, sotto la voce «Contributi liquidi». La Commissione non poteva pertanto dedurre dal fascicolo di candidatura che tali contributi sarebbero consistiti in una semplice iscrizione, nei conti del progetto pilota, di importi che non erano effettivamente versati al CPEM o all’MSD.

115    Per quanto riguarda poi la lettera della DDTEFP del 14 ottobre 1998 – che figurava all’allegato 7 del fascicolo di candidatura e che secondo il CPEM sta a dimostrare che la Commissione era informata dei fatti rimproverati – essa non tratta assolutamente della «valorizzazione». La DDTEFP si limita, in tale lettera, ad assicurare al presidente del CPEM, in termini generali, che essa «potrà accompagnare il progetto (...) smobilizzando i mezzi dello Stato per completare eventualmente tale aiuto e partecipare al finanziamento delle azioni d’accompagnamento indispensabili alla riuscita del progetto». Per contro, nulla in questa lettera sta a indicare che i contributi finanziari degli enti pubblici, ripresi nella rubrica «Contributi liquidi» nel piano di finanziamento, dovevano essere effettuati sotto forma di «valorizzazione».

116    In secondo luogo, il CPEM sostiene che la Commissione era a conoscenza, sin dall’esame del suo fascicolo di candidatura, del partenariato istituzionale che lo legava ai vari enti pubblici implicati.

117    Basta a questo proposito constatare che tale censura è priva di pertinenza ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata. Infatti, non è l’aver cooperato con gli enti pubblici che viene rimproverato al CPEM nella decisione impugnata, ma l’aver messo in atto tale cooperazione in modo contrario ai termini della decisione di concessione.

118    In terzo luogo, il CPEM sostiene che la Commissione conosceva, sin dall’esame del suo fascicolo di candidatura, la stretta relazione che esso intratteneva con la MSD.

119    A questo proposito basta altresì constatare che tale censura è priva di pertinenza ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata. Infatti, come risulta al punto 8, lett. e), della decisione impugnata, la Commissione non rimprovera al CPEM la sua relazione con la MSD ma, al massimo, taluni aspetti della relazione di queste due associazioni con la città di Marsiglia.

120    In quarto luogo, il CPEM sostiene che «l’OLAF censura nel suo rapporto» le sue modalità di gestire i microprogetti, mentre, nell’ambito di talune riunioni che si sono tenute durante il periodo di attuazione del progetto pilota, la Commissione non avrebbe mai mosso rilievi a tale proposito.

121    A questo riguardo, si deve osservare che il CPEM non indica in quale rapporto dell’OLAF e in quale punto preciso di tale rapporto gli sarebbe stato mosso un rilievo circa le sue modalità di gestire i microprogetti. Tale censura è irricevibile e va pertanto respinta in quanto non risponde ai requisiti dell’art. 44, primo comma, lett. c), del regolamento di procedura. Infatti, l’esposizione del CPEM non consente né alla Commissione di preparare la propria difesa, né al Tribunale di esercitare il suo sindacato giurisdizione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 novembre 2000, causa T‑5/97, Industrie des poudres sphériques/Commissione, Racc. pag. II‑3755, punto 192).

122    Il terzo argomento del CPEM va pertanto respinto.

 Sul quarto argomento, che deduce la conoscenza da parte della Commissione di taluni fatti rimproverati nella decisione impugnata

–       Argomenti delle parti

123    Il CPEM sostiene, in sostanza, che gli agenti della Commissione erano al corrente delle sue difficoltà a rispettare il piano di finanziamento. In particolare il sig. C., all’epoca dei fatti capo unità in seno alla DG Occupazione, preposto al progetto pilota, avrebbe consigliato al CPEM, verosimilmente nel settembre 1999, di non chiedere ufficialmente una modifica della decisione di concessione, ma di sostituire i prestiti d’onore con finanziamenti pubblici e di chiedere poi una semplice modifica di bilancio. Inoltre, a seguito di una lettera del CPEM del 9 aprile 2002 contenente la domanda di liberazione di una parte della garanzia bancaria nonché una modifica del bilancio che menzionava la soppressione della partecipazione finanziaria del CPEM, la Commissione non solo non avrebbe formulato alcuna osservazione riguardo al piano modificato, ma avrebbe ugualmente liberato la detta cauzione. Vi sarebbe pertanto stata una corresponsabilità della Commissione.

124    La Commissione respinge gli argomenti del CPEM.

–       Giudizio del Tribunale

125    Con questo argomento il CPEM invoca in sostanza la violazione del principio della tutela del suo legittimo affidamento, fondato sulla conoscenza, da parte degli agenti della Commissione, delle sue difficoltà a rispettare il piano di finanziamento e sui consigli assertivamente forniti dal sig. G circa il fatto che il mancato apporto della partecipazione finanziaria prevista non avrebbe condotto ad una soppressione del contributo comunitario concesso.

126    A questo proposito, si deve ricordare che il diritto di avvalersi del legittimo affidamento presuppone la presenza di tre condizioni cumulative. In primo luogo, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, devono essere state fornite all’interessato dall’amministrazione comunitaria. In secondo luogo, tali assicurazioni devono essere idonee a generare fondate aspettative nella persona a cui si rivolgono. In terzo luogo, siffatte assicurazioni devono essere conformi alle norme applicabili (v. sentenze del Tribunale 30 giugno 2005, causa T‑347/03, Branco/Commissione, Racc. pag. II‑2555, punto 102, e giurisprudenza ivi citata, e 23 febbraio 2006, causa T‑282/02, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, Racc. pag. II‑319, punto 77).

127    Orbene, la seconda di tali condizioni con tutta evidenza non è soddisfatta nella specie. Infatti, l’art. 119, n. 1, del regolamento n. 1605/2002 dispone che «l’importo della sovvenzione diventa definitivo soltanto dopo l’accettazione da parte dell’istituzione delle relazioni e dei conti finali fatti salvi ulteriori controlli da parte dell’istituzione». Inoltre l’art. 2, n. 1, delle «Condizioni specifiche» figuranti all’allegato III della decisione di concessione disponeva espressamente che gli eventuali emendamenti alle disposizioni di cui agli allegati I (Dettagli dell’operazione «Capitale locale a finalità sociale») e II (Dettagli del bilancio dell’operazione «Capitale locale a finalità sociale») della detta decisione «[dovevano] essere formulati per iscritto e acclusi alla decisione» e che «[u]n accordo verbale non vincola[va] le parti». Il CPEM era pertanto consapevole del fatto, o avrebbe dovuto esserlo, che assicurazioni o consigli forniti verbalmente da agenti della Commissione non potevano dispensarlo dal rispetto dei suoi obblighi ai sensi della decisione di concessione e, in particolare, del piano di finanziamento figurante all’allegato II. Pertanto, assicurazioni fornite verbalmente da agenti della Commissione, ammesso che fossero dimostrate, non erano tali da ingenerare il legittimo affidamento nel CPEM che l’assenza di qualsiasi finanziamento da parte sua sarebbe stata tacitamente accettata dalla Commissione o avallata sotto forma di una semplice rettifica di bilancio. A maggior ragione, il CPEM non può, per fondare un legittimo affidamento, trarre motivo né dal silenzio osservato dalla Commissione a seguito del ricevimento, da parte dei suoi agenti, di informazioni relative ai prestiti d’onore o alle difficoltà che esso aveva nel rispettare il piano di finanziamento né dal fatto che la Commissione aveva liberato una parte della garanzia bancaria.

128    Del resto, non è neppure soddisfatta la terza condizione enunciata dalla citata giurisprudenza al punto 126 supra. Infatti, l’invito a presentare proposte prevedeva al punto II.2, secondo comma, che i beneficiari «dovranno apportare un cofinanziamento il cui importo non potrà essere inferiore al 15% della sovvenzione richiesta». Per quanto riguarda la decisione di concessione, all’allegato II contenente il piano finanziario, essa enunciava un «contributo liquido» da parte del CPEM per un importo di EUR 184 615. Conformemente all’art. 2, quarto comma, della decisione di concessione, gli allegati facevano parte integrante di tale decisione. Pertanto, eventuali assicurazioni da parte degli agenti della Commissione secondo cui quest’ultima non avrebbe preteso il pagamento effettivo del contributo finanziario del CPEM e avrebbe accettato la sua sostituzione con contributi di enti pubblici avrebbero violato le disposizioni dell’invito a presentare proposte e quelle della decisione di concessione.

129    Da ciò consegue che il quarto argomento del CPEM va respinto.

 Sul quinto argomento, che deduce la mancata presa in considerazione da parte della Commissione dei rapporti di valutazione redatti a livello nazionale prima di dare seguito alle denunce

130    IL CPEM sostiene in sostanza che, prima di dare seguito alle denunce ricevute dai suoi servizi, la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione un rapporto redatto a livello nazionale che esprimeva la soddisfazione degli operatori che realizzavano microprogetti circa la gestione del progetto pilota da parte del CPEM.

131    A questo proposito è sufficiente rilevare che le censure formulate nei confronti del CPEM nella decisione impugnata riposano esclusivamente sui risultati dell’inchiesta dell’OLAF e non sulle denunce ricevute dai servizi della Commissione, che hanno semplicemente dato avvio alla detta inchiesta.

132    Del resto, il fatto che gli operatori che realizzano microprogetti possano essere stati soddisfatti dalla gestione del progetto pilota da parte del CPEM non impedisce che tale gestione possa essere irregolare riguardo alla regolamentazione applicabile.

133    Tale argomento del CPEM,va pertanto respinto.

 Sul sesto argomento, relativo ai risultati del controllo contabile effettuato nell’agosto 2003 dalla DG Occupazione

134    Il CPEM sostiene in sostanza che, dato che un controllo contabile effettuato nel 2003 dalla DG Occupazione non ha rilevato irregolarità gravi e ha portato solo al rimborso di un importo di EUR 4 472,30  sul milione di euro del contributo comunitario, una domanda di rimborso totale presentata nello stesso caso sta a dimostrare una mancanza di coerenza ed una corresponsabilità della Commissione. Esso chiede l’audizione, in qualità di testimoni, di quattro agenti della Commissione che all’epoca erano stati incaricati del detto controllo contabile in seno alla DG Occupazione.

135    A questo proposito, dalla giurisprudenza risulta che è normale che un controllo avviato in base a nuovi elementi, che abbiano fatto sorgere il sospetto che esistessero irregolarità circa taluni progetti, sia più approfondito e fornisca risultati diversi da un precedente controllo di routine, eseguito in assenza di ogni sospetto (v., per analogia, sentenza Euroagri/Commissione, cit., punto 59). Pertanto, il fatto che l’inchiesta dell’OLAF abbia consentito di scoprire irregolarità non rilevate nel corso del controllo contabile effettuato dalla DG Occupazione non implica assolutamente un’incoerenza e non può incidere sulla legittimità della decisione impugnata.

136    Da ciò consegue che questo argomento del CPEM nonché la sua domanda di audizione di testimoni devono essere respinti.

 Sulla quinta parte, che deduce l’inapplicabilità del regolamento n. 1605/2002

 Argomenti delle parti

137    Il CPEM critica il rinvio effettuato nella decisione impugnata al regolamento finanziario nella versione risultante dal regolamento n. 1605/2002. Infatti, quest’ultimo sarebbe in vigore solo a partire dal 1° gennaio 2003, mentre all’epoca dei fatti era in vigore il regolamento finanziario 21 dicembre 1977, applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (GU L 356, pag. 1), nella versione risultante dal regolamento (CE, CECA, Euratom) del Consiglio 17 dicembre 1998, n. 2779, che modifica il regolamento finanziario 21 dicembre 1977 (GU L 347, pag. 3).

138    La Commissione respinge gli argomenti del CPEM.

 Giudizio del Tribunale

139    Conformemente agli artt. 186 e 187 del regolamento n. 1605/2002, a partire dal 1° gennaio 2003, il regolamento finanziario 21 dicembre 1977 è stato abrogato e i riferimenti al regolamento abrogato si intendono come fatti al regolamento n. 1605/2002, secondo la tabella di corrispondenza figurante in allegato a quest’ultimo.

140    Ne consegue che, a partire dal 1° gennaio 2003, le disposizioni del regolamento n. 1605/2002 hanno sostituito quelle del regolamento 21 dicembre 1977 in tutti i casi in cui questo era applicabile, ivi compresi i contributi comunitari concessi ai sensi del precedente regolamento.

141    Nella specie, è sufficiente constatare che il CPEM non dimostra e neanche sostiene che i fatti rimproverati dalla Commissione, e che hanno portato alla soppressione del contributo comunitario sarebbero stati leciti ai sensi del regolamento finanziario 21 dicembre 1977, ma si limita a contestare che il regolamento n. 1605/2002 possa essere applicato alle circostanze di specie. Non risulta pertanto, alla luce degli elementi del fascicolo, che la sostituzione del regolamento finanziario 21 dicembre 1977, nella versione risultante dal regolamento n. 2779/98, con il regolamento n. 1605/2002 abbia avuto una qualche incidenza nella specie.

142    Ciò considerato, la quinta parte del secondo motivo è infondata e va respinta.

143    Poiché i due motivi sollevati dal CPEM devono essere respinti, occorre respingere il ricorso nella sua totalità.

 Sulle spese

144    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il CPEM è rimasto soccombente, va condannato alle spese, comprese quelle inerenti al procedimento sommario, conformemente alle conclusioni della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Centre de promotion de l’emploi par la micro-entreprise (CPEM) sopporterà le spese, comprese quelle inerenti al procedimento sommario.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 giugno 2009.

Firme

Indice


Contesto normativo

Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità del secondo punto delle conclusioni, inteso a riconoscere al CPEM il diritto ad un risarcimento

Sulla ricevibilità del terzo punto delle conclusioni, inteso a riconoscere al personale del CPEM un diritto a un risarcimento

Nel merito

1.  Sul primo motivo che censura il procedimento seguito dall’OLAF e dalla Commissione

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sul secondo motivo, che contesta la decisione impugnata nel merito

Sulla prima parte, che deduce la violazione della nozione francese di organismo senza scopo di lucro

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla seconda parte, che deduce la mancata comprensione delle relazioni tra il ricorrente e la città di Marsiglia

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla terza parte, che deduce l’inopponibilità della guida del promotore

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla quarta parte, relativa alle irregolarità contestate

Sul primo argomento, che deduce la prassi della Commissione nell’ambito dell’FSE e un’asserita autorizzazione, da parte della Commissione, della tecnica detta di «valorizzazione»

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul secondo argomento, che deduce la mancanza di gravi irregolarità nella contabilizzazione dei prestiti d’onore

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul terzo argomento, che deduce un’asserita contraddizione tra la decisione impugnata e la decisione di concessione

Sul quarto argomento, che deduce la conoscenza da parte della Commissione di taluni fatti rimproverati nella decisione impugnata

–  Argomenti delle parti

–  Giudizio del Tribunale

Sul quinto argomento, che deduce la mancata presa in considerazione da parte della Commissione dei rapporti di valutazione redatti a livello nazionale prima di dare seguito alle denunce

Sul sesto argomento, relativo ai risultati del controllo contabile effettuato nell’agosto 2003 dalla DG Occupazione

Sulla quinta parte, che deduce l’inapplicabilità del regolamento n. 1605/2002

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.