Language of document : ECLI:EU:T:2011:283

Causa T‑235/07

Bavaria NV

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato olandese della birra — Decisione con cui viene constatata un’infrazione all’art. 81 CE — Prova dell’infrazione — Accesso al fascicolo — Ammende — Principio della parità di trattamento — Termine ragionevole»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Nozione — Concorso di volontà riguardo al comportamento da adottare sul mercato

(Art. 81, n. 1, CE)

2.      Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Nozione — Contatto incompatibile con l’obbligo di ogni impresa di determinare autonomamente il suo comportamento sul mercato — Scambio di informazioni — Presunzione — Presupposti

(Art. 81, n. 1, CE)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Ricorso a un insieme di indizi

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Prove documentali

(Art. 81, n. 1, CE)

5.      Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Presunzione d’innocenza — Procedimento in materia di concorrenza — Applicabilità

(Art. 81, n. 1, CE)

6.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Uso come mezzi di prova di dichiarazioni presentate nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione da altre imprese che hanno partecipato all’infrazione — Ammissibilità — Presupposti

(Artt. 81 CE e 82 CE)

7.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova della violazione a carico della Commissione — Limiti

(Art. 81, n. 1, CE)

8.      Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

9.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Forza probatoria delle deposizioni volontarie contro un’impresa da parte dei principali partecipanti a un’intesa al fine di beneficiare dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione

(Art. 81, n. 1, CE; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

10.    Concorrenza — Intese — Infrazione complessa comprendente elementi dell’accordo ed elementi della pratica concordata — Qualificazione unica come «accordo e/o pratica concordata» — Ammissibilità

(Art. 81, n. 1, CE)

11.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione nei confronti di un’impresa, adottata successivamente a un’altra decisione della Commissione che menziona detta impresa unicamente nell’ambito dell’esposizione dei fatti ma che non la indica come destinataria né la sanziona — Violazione del principio del ne bis in idem — Insussistenza

(Art. 81, n. 1, CE)

12.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Portata dell’onere della prova

(Art. 81, n. 1, CE)

13.    Concorrenza — Intese — Prova — Risposta di un’impresa alla richiesta di informazioni da parte della Commissione — Valore probatorio — Valutazione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 11, e n. 1/2003, art. 18)

14.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Obbligo della Commissione di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie

15.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Manifestazione anticipata da parte della Commissione del proprio convincimento circa la sussistenza della violazione

16.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze — Necessità di distinguere, a livello di onere della prova incombente all’impresa interessata, tra i documenti a carico e quelli a favore

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 27, n. 2)

17.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Accesso al fascicolo — Documenti non ricompresi nel fascicolo istruttorio e non presi in considerazione dalla Commissione per essere utilizzati a carico — Documenti che possono essere utili alla difesa delle parti

(Artt. 81, n. 1, CE e 82 CE; accordo SEE, artt. 53, 54 e 57; regolamento del Consiglio n. 139/2004; comunicazione della Commissione 2005/C 325/07, punto 27)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Limiti — Rispetto degli orientamenti adottati dalla Commissione — Sindacato giurisdizionale

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

19.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Considerazione dell’impatto concreto sul mercato — Portata

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

20.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

21.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ripartizione delle imprese interessate in diverse categorie — Presupposti

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, sesto e settimo comma)

22.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ripartizione delle imprese interessate in diverse categorie — Fatturato preso in considerazione

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, sesto e settimo comma)

23.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole — Criteri di valutazione — Violazione — Conseguenze

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003)

24.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Possibilità di innalzare il livello delle ammende per rafforzarne l’effetto dissuasivo

(Art. 81 CE)

25.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Obblighi della Commissione — Osservanza di un termine ragionevole — Violazione — Conseguenze — Riduzione secondo equità dell’importo dell’ammenda

(Art. 81 CE)

1.      Perché ci sia accordo, ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è sufficiente che le imprese in causa abbiano espresso la loro volontà comune di comportarsi sul mercato in un modo determinato. Può ritenersi concluso un accordo ai sensi di tale disposizione quando sussista una comune volontà sul principio stesso della restrizione della concorrenza, anche se gli elementi specifici della restrizione considerata costituiscono ancora oggetto di negoziazioni. L’esistenza di un accordo ai sensi dell’art. 81 CE non è rimessa in questione né dalla circostanza che il concorso di volontà tra le imprese interessate non si estenda alle modalità concrete dell’attuazione dell’aumento dei prezzi né dal fatto che quest’ultimo, in effetti, non si sia mai prodotto sul mercato.

(v. punti 34-35, 175)

2.      La nozione di pratica concordata corrisponde ad una forma di coordinamento tra imprese che, senza spingersi fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce scientemente una cooperazione pratica tra di loro ai rischi della concorrenza. A tal riguardo, l’art. 81, n. 1, CE osta a qualsivoglia contatto diretto o indiretto tra operatori economici che possa influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente attuale o potenziale, o rivelare a tale concorrente la condotta che l’operatore economico interessato ha deciso o intende seguire sul mercato quando tali contatti abbiano lo scopo o l’effetto di limitare la concorrenza.

Si deve presumere, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli operatori interessati, che le imprese partecipanti alla concertazione e che rimangono presenti sul mercato tengano conto degli scambi di informazioni con i loro concorrenti per decidere il proprio comportamento sul mercato stesso. Ciò a maggior ragione allorché la concertazione abbia luogo su base regolare nel corso di un lungo periodo.

(v. punti 36-37, 178)

3.      Sotto il profilo della produzione della prova relativa ad una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare in termini sufficientemente validi l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. A tal fine è necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

Tuttavia, occorre sottolineare che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi richiamato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito.

In considerazione della notorietà del divieto degli accordi anticoncorrenziali, non può imporsi alla Commissione di produrre documenti attestanti in modo esplicito un contatto tra gli operatori interessati. Gli elementi frammentari e sporadici di cui potrebbe disporre la Commissione dovrebbero, in ogni caso, poter essere completati per via di deduzioni che consentano di ricostruire circostanze rilevanti. L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può pertanto essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

(v. punti 38-41)

4.      Qualora la Commissione abbia fatto valere elementi di prova documentali a sostegno del suo accertamento dell’esistenza di un accordo o di una pratica anticoncorrenziale, le parti che contestano tale accertamento dinanzi al Tribunale sono tenute non semplicemente a presentare un’alternativa plausibile alla tesi della Commissione, ma anche a sollevare l’insufficienza delle prove prese in considerazione nella decisione impugnata per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

(v. punto 42)

5.      Quanto alla portata del controllo giurisdizionale, allorché è adito con una domanda d’annullamento di una decisione emessa a norma dell’art. 81, n. 1, CE, il Tribunale deve in generale esercitare un controllo completo relativamente al punto se ricorrano congiuntamente o meno i requisiti di applicazione dell’art. 81, n. 1, CE.

L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione, conformemente al principio della presunzione d’innocenza, il quale, in quanto principio generale del diritto dell’Unione europea, si applica, segnatamente, alle procedure relative a violazioni delle regole di concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende.

(v. punti 43-44)

6.      Nessuna disposizione né alcun principio generale del diritto dell’Unione vieta alla Commissione di avvalersi, nei confronti di un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli artt. 81 CE e 82 CE, incombente alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuita dal Trattato CE.

Certamente la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova. Una siffatta dichiarazione non può pertanto essere sufficiente, di per sé sola, per acclarare l’esistenza dell’infrazione, ma deve risultare corroborata da altri elementi di prova. Occorre tuttavia considerare che il grado di corroborazione richiesto, sia in termini di precisione sia in termini d’intensità, nell’ipotesi di una dichiarazione particolarmente credibile è minore di quanto non lo sarebbe riguardo ad una dichiarazione non particolarmente affidabile.

In tal senso, se si dovesse ritenere che un complesso di indizi concordanti consenta di corroborare l’esistenza e taluni aspetti specifici delle pratiche richiamate da una siffatta dichiarazione particolarmente credibile, essa potrebbe bastare di per sé, in tal caso, ad attestare altri aspetti della decisione della Commissione.

Inoltre, purché un documento non contrasti manifestamente con la dichiarazionε sull’esistenza o sul contenuto essenziale delle pratiche incriminate, è sufficiente che attesti elementi significativi delle pratiche da esso descritte per avere un certo valore a titolo di elemento di corroborazione nell’ambito del complesso delle prove dedotte a carico.

(v. punti 60, 79-81)

7.      La Commissione è spesso tenuta a provare l’esistenza di un’infrazione in condizioni poco favorevoli a tale compito, in quanto possono essere passati diversi anni dall’epoca dei fatti costitutivi dell’infrazione e diverse tra le imprese oggetto della verifica non hanno collaborato attivamente con la stessa.

Anche se spetta necessariamente alla Commissione dimostrare che sia stato concluso un accordo illecito di ripartizione dei mercati, sarebbe eccessivo richiedere che essa fornisca inoltre la prova del meccanismo specifico mediante il quale tale scopo doveva essere raggiunto. Infatti, un’impresa colpevole di un’infrazione potrebbe sfuggire troppo facilmente a qualsiasi sanzione qualora potesse appellarsi alla vaghezza delle informazioni presentate quanto al funzionamento di un accordo illecito in una situazione in cui l’esistenza dell’accordo ed il suo scopo anticoncorrenziale risultino tuttavia sufficientemente dimostrati. Le imprese possono difendersi utilmente in una tale situazione, a condizione che abbiano la possibilità di commentare tutti gli elementi di prova dedotti a loro carico dalla Commissione.

(v. punto 69)

8.      Dal disposto stesso dell’art. 81 CE risulta che gli accordi e le pratiche concertate tra imprese sono vietati, indipendentemente da qualsivoglia effetto sul mercato, quando possiedano un oggetto anticoncorrenziale. In tal senso, ove la Commissione abbia accertato l’esistenza di accordi e di pratiche concertate aventi un oggetto anticoncorrenziale, tale accertamento non può essere contraddetto dalle indicazioni relative alla mancata applicazione degli accordi collusivi o all’assenza di effetti sul mercato.

(v. punti 70-71)

9.      Benché una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita sia generalmente opportuna, vista la possibilità che tali soggetti tendano a minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e ad esagerare quella del contributo degli altri, il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione sulla non imposizione di ammende o sulla riduzione del loro importo nei casi d’intesa tra imprese al fine di ottenere una riduzione dell’ammenda non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori deformati sugli altri partecipanti all’intesa incriminata. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che questi possa beneficiare pienamente della comunicazione sulla cooperazione.

(v. punto 78)

10.    A fronte di una situazione di fatto complessa, la duplice qualifica dei comportamenti anticoncorrenziali come «un complesso di accordi e/o pratiche concordate», in quanto tali comportamenti presentavano sia elementi da qualificare come «accordi» sia elementi da qualificare come «pratiche concordate», deve essere intesa non come una qualifica che richieda simultaneamente e cumulativamente la prova che ciascuno di tali elementi di fatto integri gli elementi costitutivi di un accordo e di una pratica concordata, ma nel senso che essa designi un complesso unico di elementi di fatto, taluni dei quali sono stati qualificati accordi ed altri pratiche concordate ai sensi dell’art. 81 CE, il quale non prevede qualifiche specifiche per questo tipo di infrazione complessa.

(v. punto 183)

11.    Il principio del ne bis in idem, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, del quale il giudice garantisce il rispetto, vieta di sanzionare lo stesso soggetto più di una volta per un medesimo comportamento illecito, al fine di tutelare lo stesso bene giuridico. L’applicazione di tale principio è soggetta ad una triplice condizione, vale a dire, di identità dei fatti, di unità del contravventore e di unità dell’interesse giuridico tutelato.

Qualora la Commissione sanzioni un’impresa per comportamenti anticoncorrenziali, tale principio non è affatto violato dalla circostanza che i comportamenti in questione siano già stati oggetto di una precedente decisione della Commissione, qualora l’impresa di cui trattasi non fosse sanzionata da tale precedente decisione né ricompresa tra i suoi destinatari, né d’altronde tra i destinatari della comunicazione degli addebiti adottata nel contesto del procedimento sfociato nella decisione medesima, e la sua partecipazione ai comportamenti illeciti fosse menzionata solo nel contesto dell’esposizione dei fatti, senza essere oggetto di una qualsivoglia valutazione giuridica da parte della Commissione.

(v. punti 186-188)

12.    La durata dell’infrazione è un elemento costitutivo della nozione di infrazione ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE; l’onere della prova di tale elemento incombe in via principale alla Commissione. A questo proposito, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione si deve fondare quantomeno su elementi di prova riferiti a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente tra due date precise.

(v. punto 198)

13.    Una dichiarazione data a nome dell’impresa come risposta alla domanda di informazioni posta dalla Commissione ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17 e dell’art. 18 del regolamento n. 1/2003, in quanto tale, riveste una credibilità superiore a quella che potrebbe presentare la risposta fornita da un suo dipendente, indipendentemente dall’esperienza e dall’opinione personali di quest’ultimo.

(v. punto 217)

14.    Tra le garanzie conferite dall’ordinamento giuridico dell’Unione nei procedimenti amministrativi, si annovera, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie.

(v. punto 222)

15.    L’esistenza di un’infrazione deve essere valutata unicamente in funzione degli elementi di prova raccolti dalla Commissione. Quando la concreta esistenza di un’infrazione è effettivamente accertata al termine del procedimento amministrativo, la prova di una prematura dichiarazione della Commissione, resa durante detto procedimento, riguardante la sua opinione sull’esistenza della detta infrazione, non può eliminare la veridicità della prova dell’infrazione stessa.

(v. punto 226)

16.    Il diritto di accesso agli atti, corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, comporta che la Commissione deve dare all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame della totalità dei documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere rilevanti per la sua difesa. Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a favore, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e le altre informazioni riservate.

Quanto ai documenti a carico, la mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per suffragare il suo addebito relativo all’esistenza di un’infrazione e, dall’altro, che l’addebito può essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. All’impresa interessata spetta altresì dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se tale documento non comunicato avesse dovuto essere eliminato dai mezzi di prova.

Per contro, quanto alla mancata trasmissione di un documento a favore, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione ha potuto influenzare, a suo discapito, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È sufficiente che l’impresa dimostri che avrebbe potuto utilizzare detti documenti a favore per la sua difesa, dimostrando, in particolare, che avrebbe potuto far valere elementi che non concordavano con le deduzioni operate dalla Commissione nello stadio della comunicazione degli addebiti e avrebbe potuto quindi influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte nella decisione.

(v. punti 236-239)

17.    La comunicazione degli addebiti è un atto volto a circoscrivere l’oggetto del procedimento avviato contro un’impresa e a garantire l’efficace esercizio dei diritti della difesa. È in questa prospettiva che la comunicazione degli addebiti è circondata da garanzie procedurali che applicano il principio del rispetto dei diritti della difesa, tra le quali figura il diritto di accesso ai documenti che fanno parte del fascicolo della Commissione.

Le risposte alla comunicazione degli addebiti non fanno parte del fascicolo dell’istruttoria propriamente detto. Quanto ai documenti non appartenenti al fascicolo costituito al momento della notifica della comunicazione degli addebiti, la Commissione è tenuta a divulgare dette risposte ad altre parti interessate solo nel caso in cui risulti che esse contengono nuovi elementi a carico o a favore. Del pari, a termini del punto 27 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli articoli 81 CE e 82 CE, degli articoli 53, 54 e 57 dell’accordo SEE e del regolamento n. 139/2004, come regola generale, le parti non hanno accesso alle risposte che le altre parti interessate dall’indagine hanno inviato alla comunicazione degli addebiti. Una parte può avere accesso a tali documenti solo se essi possono costituire nuove prove, di natura incriminante o assolutoria, riguardo agli elementi a carico della parte in questione, addotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti.

Al riguardo, quanto, da una parte, ai nuovi elementi a carico, qualora la Commissione intenda basarsi su un passo di una risposta ad una comunicazione degli addebiti per dimostrare l’esistenza di un’infrazione, le altre imprese coinvolte in detto procedimento devono essere messe in condizione di pronunciarsi riguardo a tale nuovo elemento di prova.

Per quanto riguarda, d’altra parte, i nuovi elementi a favore, la Commissione non ha l’obbligo di renderli accessibili di sua iniziativa. Nell’ipotesi in cui la Commissione abbia respinto, nel corso del procedimento amministrativo, la domanda di un ricorrente diretta ad ottenere l’accesso a documenti che non compaiono nel fascicolo dell’istruttoria, la violazione dei diritti della difesa può essere constatata solo se sia dimostrato che il procedimento amministrativo avrebbe potuto concludersi con un risultato diverso nell’ipotesi in cui il ricorrente avesse avuto accesso ai documenti di cui trattasi nel corso di tale procedimento.

(v. punti 241-246, 249)

18.    La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, prevede vari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità al disposto del regolamento n. 1/2003.

Inoltre, in settori quali la determinazione dell’importo di un’ammenda ai sensi del regolamento n. 1/2003, in cui la Commissione dispone di tale potere discrezionale, il controllo di legittimità operato su tali valutazioni si limita a quello dell’assenza di errore manifesto nella valutazione. Il margine di discrezionalità della Commissione ed i limiti che essa vi ha apportato non pregiudicano, per contro, l’esercizio, da parte del giudice dell’Unione, della sua competenza giurisdizionale estesa al merito che lo abilita a sopprimere, ridurre o aumentare l’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione.

(v. punti 265-267)

19.    La gravità di un’infrazione è accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, rispetto ai quali la Commissione dispone di un ampio margine di discrezionalità.

In particolare, ai sensi del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Nell’ambito del suo sindacato esteso al merito, tuttavia, spetta al Tribunale verificare se l’importo dell’ammenda irrogata sia proporzionato alla gravità dell’infrazione e soppesare la gravità dell’infrazione e le circostanze invocate dall’impresa.

Ai sensi del punto 1 A, secondo comma, terzo trattino, di detti orientamenti, le infrazioni molto gravi sono costituite essenzialmente, in particolare, da «restrizioni orizzontali, quali cartelli di prezzi e di ripartizione dei mercati». Le intese di questo tipo rientrano tra le forme più gravi di pregiudizio alla concorrenza, in quanto sono dirette, per il loro oggetto, alla pura e semplice eliminazione di quest’ultima tra le imprese partecipanti, ponendosi in contrasto, in tal modo, con gli obiettivi fondamentali dell’Unione. Le intese orizzontali sui prezzi o di ripartizione dei mercati possono essere qualificate come infrazioni molto gravi sul solo fondamento della loro stessa natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato.

Se è vero che l’esistenza di un impatto concreto dell’infrazione sul mercato è un elemento da prendere in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione stessa, si tratta di un criterio che si accompagna ad altri, quali la natura propria dell’infrazione e l’ampiezza del mercato geografico. Del pari, dal punto 1 A, primo comma, degli orientamenti risulta che tale impatto deve essere preso in considerazione solo quando sia misurabile.

(v. punti 270-272, 275-276, 280-281)

20.    La Commissione dispone, nel contesto del regolamento n. 17 e del regolamento n. 1/2003, di un margine di discrezionalità nel fissare gli importi delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza e di poter sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

La precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza.

Le decisioni relative ad altri casi hanno solo un carattere indicativo dell’eventuale esistenza di discriminazioni, dato che è poco verosimile che le relative circostanze, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi in questione, siano identiche.

La Commissione valuta la gravità delle infrazioni in funzione di un gran numero di elementi che non derivano da un elenco vincolante o esauriente di criteri da tenere in considerazione; inoltre, non è tenuta ad applicare una formula matematica precisa, che si tratti dell’importo totale dell’ammenda applicata ovvero della sua scomposizione in diversi elementi. Ciò premesso, la comparazione diretta delle ammende imposte ai destinatari delle due decisioni relative a infrazioni distinte rischia di snaturare le funzioni specifiche svolte dalle diverse fasi del calcolo di un’ammenda. Gli importi finali delle ammende, infatti, riflettono circostanze specifiche proprie di ogni intesa.

(v. punti 288, 290, 293-294)

21.    In conformità degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, in caso di infrazioni che coinvolgono più imprese, la Commissione può ponderare gli importi iniziali in modo da tenere conto del peso specifico di ciascuna impresa suddividendo i membri dell’intesa in gruppi, in particolare qualora esista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono il medesimo tipo di infrazione. Negli stessi orientamenti si precisa peraltro che il principio di parità della sanzione per un medesimo comportamento può dar luogo, in determinate circostanze, all’applicazione di importi differenziati per le imprese interessate, senza che tale differenziazione derivi da un calcolo aritmetico.

Nella fase di determinazione della gravità dell’infrazione, la Commissione non è tenuta a garantire, nel caso in cui siano inflitte ammende a diverse imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende scaturiti dal suo calcolo per le imprese interessate rendano conto di ogni differenza tra le imprese stesse in ordine al loro fatturato complessivo. Essa può invece procedere a ripartizioni in gruppi.

Una ripartizione per categoria delle imprese interessate deve tuttavia rispettare il principio della parità di trattamento, secondo cui è vietato trattare situazioni analoghe in maniera differente e situazioni diverse in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato. Inoltre, l’importo delle ammende deve quanto meno essere proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione per valutare la gravità dell’infrazione.

(v. punti 298-300)

22.    Nonostante la sua natura approssimativa, il fatturato è considerato come un criterio adeguato, nel contesto del diritto della concorrenza, per valutare le dimensioni e la potenza economica delle imprese interessate.

Quanto all’uso di un fatturato inclusivo delle accise ai fini del calcolo degli importi di base individualizzati, si deve sottolineare che, in quanto tale calcolo implichi la ponderazione del peso relativo degli altri partecipanti all’intesa su tale mercato, la mancata inclusione delle tasse o accise non modifica la conclusione finale della Commissione. Solo nell’ipotesi in cui la Commissione calcoli gli importi di base individualizzati delle altre parti interessate sulla base di un fatturato che non include le accise potrebbe essere constatata una violazione del principio di parità di trattamento.

(v. punti 304, 306)

23.    L’osservanza di un termine ragionevole nella conduzione dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale di diritto dell’Unione, del quale i giudici dell’Unione assicurano il rispetto.

Ai fini dell’applicazione di tale principio, occorre operare una distinzione tra le due fasi del procedimento amministrativo, vale a dire la fase istruttoria antecedente alla comunicazione degli addebiti e quella corrispondente al resto del procedimento amministrativo. La prima fase, che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, ha come termine iniziale la data in cui la Commissione, facendo uso dei poteri conferitile dal legislatore, adotta misure che implicano l’addebito di una violazione e deve consentire a detta istituzione di prendere posizione circa il seguito del procedimento. La seconda fase si estende invece dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale. Essa deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata.

Una durata della prima fase del procedimento di 65 mesi, in mancanza di informazioni o di giustificazioni complementari da parte della Commissione relativamente agli atti di indagine condotti durante tale periodo, deve essere ritenuta eccessiva. Tuttavia, la constatazione di una violazione del principio del termine ragionevole può determinare l’annullamento della decisione che accerta un’infrazione solo se la durata del procedimento ha influito sull’esito del procedimento.

(v. punti 316-318, 320, 322, 325)

24.    Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003 se ciò è necessario per garantire l’attuazione della politica della concorrenza. Al contrario, l’efficace applicazione delle norme della concorrenza esige che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

(v. punto 335)

25.    Un’irregolarità procedurale, anche se non è tale da sfociare nell’annullamento della decisione adottata dalla Commissione nei confronti di una società per una violazione delle norme sulla concorrenza, può giustificare una riduzione dell’ammenda. Il superamento del termine ragionevole può fondare la decisione della Commissione di ridurre secondo equità l’importo di un’ammenda, dal momento che la possibilità di accordare una tale riduzione rientra nell’ambito dell’esercizio delle sue prerogative.

(v. punti 337-338)