Language of document : ECLI:EU:T:2018:453

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

12 luglio 2018 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei cavi elettrici – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE – Infrazione unica e continuata – Prova dell’infrazione – Durata della partecipazione – Pubblica presa di distanza – Calcolo dell’importo dell’ammenda – Gravità dell’infrazione – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑441/14,

Brugg Kabel AG, con sede in Brugg (Svizzera),

Kabelwerke Brugg AG Holding, con sede in Brugg,

rappresentate da A. Rinne, A. Boos e M. Lichtenegger, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da H. Leupold, H. van Vliet e C. Vollrath, in qualità di agenti, assistiti da A. Israel, avvocati,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda ai sensi dell’articolo 263 TFUE intesa ad ottenere, in via principale, l’annullamento della decisione C(2014) 2139 final della Commissione, del 2 aprile 2014, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici), nella parte riguardante le ricorrenti, nonché, in subordine, la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta a queste ultime,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva (relatore) e R. Barents, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 1o giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

I.      Fatti all’origine della controversia

A.      Ricorrenti e settore interessato

1        Le ricorrenti, cioè la Kabelwerke Brugg AG Holding e la sua controllata al 100% Brugg Kabel AG, sono società svizzere operanti nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei.

2        I cavi elettrici sottomarini e sotterranei sono utilizzati, rispettivamente, sott’acqua e sotto terra, per la trasmissione e la distribuzione di elettricità. Essi sono classificati in tre categorie: bassa tensione, media tensione, nonché alta ed altissima tensione. I cavi elettrici ad alta e altissima tensione sono, nella maggioranza dei casi, venduti nell’ambito di progetti. Tali progetti consistono in una combinazione formata dal cavo elettrico e dalle attrezzature, dagli impianti e dai servizi supplementari necessari. I cavi elettrici ad alta ed altissima tensione vengono venduti nel mondo intero a grandi gestori di reti nazionali e ad altre imprese di elettricità, principalmente nell’ambito di appalti pubblici.

B.      Procedimento amministrativo

3        Con lettera del 17 ottobre 2008, la società svedese ABB AB ha fornito alla Commissione delle Comunità europee una serie di dichiarazioni e di documenti relativi a pratiche commerciali restrittive nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini. Tali dichiarazioni e tali documenti sono stati presentati nell’ambito di una domanda di immunità ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sul trattamento favorevole»).

4        Dal 28 gennaio al 3 febbraio 2009, a seguito delle dichiarazioni della ABB, la Commissione ha effettuato delle ispezioni nei locali della Prysmian SpA e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia Srl, nonché di altre società europee interessate, ossia la Nexans SA e la Nexans France SAS.

5        Il 2 febbraio 2009, le società giapponesi Sumitomo Electric Industries Ltd, Hitachi Cable Ltd e J‑Power Systems Corp. hanno presentato una domanda congiunta di immunità dall’ammenda a norma del paragrafo 14 della comunicazione sul trattamento favorevole o, in subordine, di riduzione dell’ammontare dell’ammenda, a norma del paragrafo 27 della medesima comunicazione. Dette società hanno poi trasmesso alla Commissione ulteriori dichiarazioni orali e altri documenti.

6        Nel corso dell’indagine, la Commissione ha inviato varie richieste di informazioni, a norma dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché ai sensi del paragrafo 12 della comunicazione sul trattamento favorevole, ad imprese operanti nel settore della produzione e della fornitura di cavi elettrici sotterranei e sottomarini.

7        Il 30 giugno 2011, la Commissione ha aperto un procedimento ed ha adottato una comunicazione degli addebiti nei confronti delle seguenti entità giuridiche: Nexans France, Nexans, Pirelli & C. SpA, Prysmian Cavi e Sistemi Energia, Prysmian, The Goldman Sachs Group, Inc., Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable, J‑Power Systems, Furukawa Electric Co. Ltd, Fujikura Ltd, Viscas Corp., SWCC Showa Holdings Co. Ltd, Mitsubishi Cable Industries Ltd, Exsym Corp., ABB, ABB Ltd, nkt cables GmbH, NKT Holding A/S, Silec Cable SAS, Grupo General Cable Sistemas, SA, Safran SA, General Cable Corp., LS Cable & System Ltd, Taihan Electric Wire Co. Ltd e le ricorrenti.

8        Dall’11 al 18 giugno 2012, tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti, ad eccezione della Furukawa Electric, hanno partecipato ad un’audizione amministrativa dinanzi alla Commissione.

9        Con le sentenze del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione (T‑135/09, EU:T:2012:596), e del 14 novembre 2012, Prysmian e Prysmian Cavi e Sistemi Energia/Commissione (T‑140/09, non pubblicata, EU:T:2012:597), il Tribunale ha parzialmente annullato le decisioni di ispezione rivolte, da un lato, nei confronti della Nexans e della Nexans France e, dall’altro, nei confronti della Prysmian e della Prysmian Cavi e Sistemi Energia, nella parte in cui esse riguardavano cavi elettrici diversi dai cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta tensione e il materiale connesso ai cavi diversi da questi ultimi, ed ha respinto i ricorsi per il resto. Il 24 gennaio 2013, la Nexans e la Nexans France hanno proposto un’impugnazione contro la prima di queste sentenze. Con sentenza del 25 giugno 2014, Nexans e Nexans France/Commissione (C‑37/13 P, EU:C:2014:2030), la Corte ha respinto tale impugnazione.

10      Il 2 aprile 2014, la Commissione ha adottato la propria decisione C(2014) 2139 final, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (caso AT.39610 – Cavi elettrici) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

C.      Decisione impugnata

1.      Infrazione in esame

11      L’articolo 1 della decisione impugnata stabilisce che varie imprese hanno violato l’articolo 101 TFUE partecipando nel corso dei diversi periodi ad un’infrazione unica e continuata «avente per oggetto i cavi elettrici ad alta (altissima) tensione sotterranei e/o sottomarini». In sostanza, la Commissione ha constatato che, a partire dal febbraio 1999 e fino alla fine del gennaio 2009, i principali produttori europei, giapponesi e sudcoreani di cavi elettrici sottomarini e sotterranei hanno partecipato ad una rete di riunioni multilaterali e bilaterali ed hanno creato dei contatti intesi a restringere la concorrenza per progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini ad alta (altissima) tensione in territori specifici, ripartendosi i mercati e i clienti e falsando così il normale gioco della concorrenza (punti da 10 a 13 e 66 della suddetta decisione).

12      Nella decisione impugnata, la Commissione ha affermato che l’intesa rivestiva due configurazioni principali che costituivano un insieme articolato. Più precisamente, a suo avviso, l’intesa si componeva di due parti:

–        la «configurazione A/R di cartello», che raggruppava le imprese europee, generalmente denominate «membri R», le imprese giapponesi, designate come «membri A», e, infine, le imprese sudcoreane, designate come «membri K». Detta configurazione permetteva di realizzare l’obiettivo di assegnazione di territori e clienti tra produttori europei, giapponesi e sudcoreani. Tale assegnazione veniva effettuata in base ad un accordo sul «territorio domestico», in virtù del quale i produttori giapponesi e sudcoreani si astenevano dall’entrare in concorrenza per progetti da realizzare nel «territorio domestico» dei produttori europei, mentre questi ultimi si impegnavano a restare al di fuori dei mercati del Giappone e della Corea del Sud. A ciò si aggiungeva l’assegnazione di progetti nei «territori d’esportazione», ossia il resto del mondo ad esclusione, in particolare, degli Stati Uniti, assegnazione che, per un certo periodo, ha rispettato una «regola 60/40», la quale significava che il 60% dei progetti era riservato ai produttori europei ed il restante 40% ai produttori asiatici;

–        la «configurazione europea di cartello», che prevedeva l’assegnazione di territori e clienti da parte dei produttori europei per progetti da realizzare all’interno del «territorio domestico» europeo o attribuiti ai produttori europei (v. sezione 3.3 della decisione impugnata e, in particolare, i punti 73 e 74 di detta decisione).

13      La Commissione ha constatato che i partecipanti all’intesa avevano istituito obblighi di comunicazione di dati per consentire il monitoraggio delle assegnazioni concordate (punti da 94 a 106 e da 111 a 115 della decisione impugnata).

14      Tenendo conto del ruolo ricoperto dai diversi partecipanti all’intesa nell’attuazione di quest’ultima, la Commissione li ha classificati in tre gruppi. Anzitutto, essa ha definito il gruppo dei soggetti principali dell’intesa, del quale facevano parte, da un lato, le imprese europee Nexans France, le imprese controllate di Pirelli & C. – già Pirelli SpA – che avevano in successione partecipato all’intesa (in prosieguo: «Pirelli»), e Prysmian Cavi e Sistemi Energia, e, dall’altro, le imprese giapponesi Furukawa Electric, Fujikura e la loro impresa comune Viscas, nonché Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable e la loro impresa comune J‑Power Systems (punti da 545 a 561 della decisione impugnata). Poi, essa ha identificato un gruppo di imprese che non facevano parte del gruppo dei soggetti principali, ma che non potevano per questo essere considerate come membri marginali dell’intesa, ed ha classificato in tale gruppo ABB, Exsym, Brugg Kabel e l’entità costituita dalla Sagem SA, dalla Safran e dalla Silec Cable (punti da 562 a 575 di detta decisione). Infine, la Commissione ha considerato che Mitsubishi Cable Industries, SWCC Showa Holdings, LS Cable & System, Taihan Electric Wire e nkt cables erano membri marginali dell’intesa (punti da 576 a 594 della citata decisione).

2.      Responsabilità delle ricorrenti

15      La responsabilità della Brugg Kabel è stata ritenuta sussistente a motivo della sua partecipazione diretta all’infrazione nel periodo dal 14 dicembre 2001 al 16 novembre 2006. La Kabelwerke Brugg è stata riconosciuta responsabile dell’infrazione in quanto società madre della Brugg Kabel nello stesso periodo di cui sopra (punti da 859 a 861 della decisione impugnata).

3.      Ammenda inflitta

16      L’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata infligge un’ammenda di EUR 8 490 000 «in solido» alle ricorrenti.

17      Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato l’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003, nonché la metodologia illustrata negli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione del [citato articolo] (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende»).

18      In primo luogo, per quanto riguarda l’importo di base delle ammende, la Commissione, dopo aver stabilito il valore delle vendite pertinenti, in conformità del paragrafo 18 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende (punti da 963 a 994 della decisione impugnata), ha fissato la percentuale di tale valore delle vendite che rispecchiava la gravità dell’infrazione, in conformità dei paragrafi 22 e 23 dei citati Orientamenti. A questo proposito, essa ha ritenuto che l’infrazione, per sua natura, costituisse una delle più gravi restrizioni della concorrenza, ciò che giustificava un coefficiente di gravità del 15%. Del pari, essa ha applicato una maggiorazione del 2% del coefficiente di gravità per l’insieme dei destinatari in ragione della quota di mercato aggregata nonché della portata geografica quasi mondiale dell’intesa, che copriva segnatamente l’intero territorio dello Spazio economico europeo (SEE). Inoltre, essa ha ritenuto, in particolare, che il comportamento delle imprese europee fosse più dannoso per la concorrenza di quello delle altre imprese, in quanto, oltre alla loro partecipazione alla «configurazione A/R del cartello», le imprese europee si erano spartite i progetti di cavi elettrici nell’ambito della «configurazione europea del cartello». Per tale ragione, la Commissione ha fissato la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione a titolo della gravità dell’infrazione nella misura del 19% per le imprese europee e del 17% per le altre imprese (punti da 997 a 1010 di detta decisione).

19      Per quanto riguarda il coefficiente moltiplicatore relativo alla durata dell’infrazione, la Commissione ha adottato, relativamente alle ricorrenti, un coefficiente di 4,91 per il periodo compreso tra il 14 dicembre 2001 e il 16 novembre 2006. Essa ha inoltre incluso nell’importo di base dell’ammenda un importo supplementare, ossia il diritto d’ingresso, corrispondente al 19% del valore delle vendite. L’importo di base così determinato ammontava a EUR 8 937 000 (punti da 1011 a 1016 della decisione impugnata).

20      In secondo luogo, per quanto riguarda gli adattamenti dell’importo di base delle ammende, la Commissione non ha constatato l’esistenza di circostanze aggravanti che potessero influire sull’importo di base dell’ammenda stabilito nei confronti di ciascuno dei partecipanti all’intesa, ad eccezione della ABB. Per contro, per quanto riguarda le circostanze attenuanti, essa ha deciso di far sì che l’importo delle ammende rispecchiasse il livello di partecipazione delle diverse imprese nell’attuazione dell’intesa. Pertanto, essa ha ridotto del 10% l’importo di base dell’ammenda da infliggere per i membri marginali dell’intesa, e del 5% l’importo di base dell’ammenda da infliggere per le imprese il cui livello di coinvolgimento nell’intesa era medio. Inoltre, essa ha riconosciuto alla Mitsubishi Cable Industries e alla SWCC Showa Holdings per il periodo precedente la creazione della Exsym, nonché alla LS Cable & System e alla Taihan Electric Wire, una riduzione supplementare dell’1% per non essere state a conoscenza di taluni aspetti dell’infrazione unica e continuata e per la loro mancanza di responsabilità in questi ultimi. Per contro, nessuna riduzione dell’importo di base dell’ammenda è stata riconosciuta alle imprese appartenenti al gruppo dei soggetti principali dell’intesa (punti da 1017 a 1020 e 1033 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione ha concesso, in applicazione degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, una riduzione supplementare del 3% dell’importo dell’ammenda inflitta alla Mitsubishi Cable Industries, a motivo della sua cooperazione effettiva fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole (punto 1041 di detta decisione).

21      Inoltre, la Commissione ha deciso di concedere l’immunità dall’ammenda alla ABB e di ridurre del 45% l’importo dell’ammenda inflitta alla J‑Power Systems, alla Sumitomo Electric Industries e alla Hitachi Cable al fine di tener conto della loro cooperazione nel quadro della comunicazione sul trattamento favorevole.

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 giugno 2014, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

23      Il 28 settembre 2016, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89, paragrafo 3, lettere a) e d), del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha posto alcuni quesiti alla Commissione e l’ha invitata a produrre alcuni documenti, segnatamente le versioni non riservate delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti.

24      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, il giudice relatore è stato assegnato all’Ottava Sezione (nuova formazione), alla quale è stata dunque attribuita la presente causa.

25      Con lettera del 31 ottobre 2016, la Commissione ha risposto ai quesiti posti dal Tribunale ed ha fornito i documenti richiesti, ad eccezione delle versioni non riservate delle risposte alla comunicazione degli addebiti di Nexans France, Nexans, The Goldman Sachs Group, Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable, J‑Power Systems, Furukawa Electric, Fujikura, Mitsubishi Cable Industries, Exsym, nkt cables, NKT Holding, Silec Cable, Grupo General Cable Sistemas, Safran, General Cable, LS Cable & System, ABB, Pirelli & C., Prysmian, Prysmian Cavi e Sistemi Energia, SWCC Showa Holdings, Taihan Electric Wire e Viscas. Essa ha precisato che, malgrado la sua richiesta in proposito, le società suddette non avevano ancora preparato una versione non riservata della loro risposta alla comunicazione degli addebiti.

26      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento. Le parti hanno svolto le loro difese orali e illustrato le loro risposte ai quesiti formulati dal Tribunale in occasione dell’udienza del 1o giugno 2017.

27      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1, punto 2, l’articolo 2, lettera b), e l’articolo 3 della decisione impugnata, nella parte in cui tali disposizioni le condannano «in solido» al pagamento di un’ammenda dell’importo di EUR 8 490 000 in ragione della loro responsabilità nella commissione di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo SEE nel periodo dal 14 dicembre 2001 al 16 novembre 2006;

–        annullare parzialmente la decisione impugnata, nella parte in cui essa riconosce dette ricorrenti altresì responsabili di infrazioni individuali all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo SEE, in ragione della loro presunta partecipazione ai diversi accordi e pratiche concordate costituenti l’infrazione unica e continuata;

–        in subordine, ridurre l’importo dell’ammenda ad esse inflitta dall’articolo 2, lettera b), della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

28      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        rigettare il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

29      Nell’ambito del ricorso, le ricorrenti presentano sia conclusioni intese all’annullamento parziale della decisione impugnata, sia conclusioni miranti alla riduzione dell’importo dell’ammenda che è stata loro inflitta.

A.      Sulle conclusioni di annullamento

30      A sostegno delle conclusioni di annullamento, le ricorrenti deducono sei motivi. Il primo motivo verte su violazioni dei diritti della difesa e del diritto ad un equo processo. Il secondo motivo riguarda l’incompetenza della Commissione a sanzionare un’infrazione commessa in Stati terzi e priva di ripercussioni nel SEE. Il terzo motivo ha ad oggetto un errore di valutazione nonché violazioni dell’obbligo di motivazione e del diritto alla presunzione d’innocenza sancito dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), nonché dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafi 2 e 3, TUE, in ragione dell’erronea imputazione alle ricorrenti di una responsabilità per la loro presunta partecipazione ad un’infrazione unica e continuata. Il quarto motivo concerne una violazione del dovere di indagine, a causa di errori di fatto e dello snaturamento di elementi di prova riguardanti la presunta partecipazione delle ricorrenti all’intesa, nonché una violazione dell’obbligo di motivazione. Il quinto motivo è incentrato su una violazione del «diritto sostanziale» a causa dell’erronea applicazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 53 dell’Accordo SEE. Il sesto motivo verte su una violazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, nonché dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità, su un errore di motivazione, su vari errori di valutazione e su uno sviamento di potere per quanto riguarda il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti.

1.      Sul primo motivo, relativo a violazioni dei diritti della difesa e del diritto ad un equo processo

31      Il primo motivo è articolato in due parti. La prima parte riguarda una violazione del diritto ad un equo processo, a causa del rifiuto della Commissione di trasmettere alle ricorrenti le richieste di informazioni nonché la comunicazione degli addebiti in lingua tedesca. La seconda parte del motivo riguarda una violazione dei diritti della difesa a causa del rifiuto della Commissione di concedere alle ricorrenti l’accesso alle risposte di altre imprese alla comunicazione degli addebiti contenenti potenzialmente informazioni a discarico.

a)      Sulla notificazione in lingua inglese delle richieste di informazioni e della comunicazione degli addebiti

32      Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il loro diritto ad un equo processo e i loro diritti della difesa notificando loro le richieste di informazioni e la comunicazione degli addebiti esclusivamente in lingua inglese, malgrado che la Brugg Kabel avesse più volte chiesto che le comunicazioni avvenissero in tedesco.

33      Le ricorrenti fanno valere che, in virtù del diritto ad un equo processo, del principio del rispetto dei diritti della difesa e dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), della CEDU, quando la Commissione si rivolge ad una società la cui sede sociale è situata nel territorio di uno Stato che non fa parte del SEE, essa è tenuta ad utilizzare la lingua ufficiale di tale Stato, qualora quest’ultima faccia parte delle lingue ufficiali dell’Unione europea e sia, inoltre, una delle lingue di lavoro della Commissione. Di conseguenza, così come sarebbe d’altronde precisato nel documento della Commissione titolato «Antitrust Manual of Procedures», nel caso di una società, come la Brugg Kabel, la cui sede sociale si trova nel cantone dell’Argovia (Svizzera), in cui la lingua ufficiale è il tedesco, la Commissione era tenuta ad utilizzare tale lingua o ad ottenere da detta società una dispensa dall’uso di tale lingua prima dell’invio della comunicazione degli addebiti.

34      Orbene, nella specie, dopo che la Commissione si era inizialmente rivolta alla Brugg Kabel in inglese, una funzionaria della Direzione generale della concorrenza della Commissione avrebbe indicato ai rappresentanti della suddetta società, in occasione di una conversazione telefonica in data 23 ottobre 2009, che la Commissione non poteva accogliere la loro richiesta di vedersi trasmettere una versione in lingua tedesca della richiesta di informazioni di detta istituzione del 20 ottobre 2009, in quanto la società di cui sopra non aveva la propria sede sociale in uno Stato membro dell’Unione. Secondo le ricorrenti, soltanto a seguito di tale rifiuto i rappresentanti della medesima società hanno richiesto una traduzione soltanto parziale della suddetta richiesta di informazioni, come risulta dalla lettera inviata alla Commissione il 27 ottobre 2009. Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la società in questione non avrebbe dunque atteso l’audizione dinanzi al consigliere‑auditore per chiedere che tale istituzione si rivolgesse ad essa in tedesco. Inoltre, la volontà della società interessata di utilizzare il tedesco come lingua di procedura risulterebbe chiaramente dal fatto che essa ha risposto in tale lingua a tutte le richieste di informazioni nonché alla comunicazione degli addebiti.

35      Il rifiuto della Commissione di notificare alla Brugg Kabel le richieste di informazioni nonché la comunicazione degli addebiti in tedesco avrebbe richiesto dei tempi di traduzione dall’inglese verso il tedesco, che avrebbero determinato una riduzione del tempo normalmente destinato alla sua difesa. In proposito, le ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, la conoscenza dell’inglese in seno alla detta società non rispondeva ai requisiti previsti dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), della CEDU. Al contrario, tanto il lavoro quotidiano quanto le riunioni dei dirigenti e le riunioni dei controllori di gestione si sarebbero svolte regolarmente in tedesco. Allo stesso modo, secondo le ricorrenti, il tedesco era la lingua nella quale venivano redatti la corrispondenza interna di tale società, nonché i documenti interni come le relazioni annuali o il manuale di direzione, che venivano poi tradotti in inglese da un prestatore di servizi esterno. Infine, sarebbe indifferente il fatto che i contatti controversi tra la Brugg Kabel e gli altri produttori di cavi elettrici abbiano avuto luogo essenzialmente in inglese, in quanto si trattava dell’esposizione puramente tecnica di un collaboratore nel linguaggio professionale dei produttori di cavi elettrici, mentre invece la comunicazione degli addebiti conteneva delle censure complesse che la società in questione doveva essere in grado di comprendere perfettamente al fine di poterle studiare dal punto di vista tecnico e giuridico.

36      Inoltre, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha altresì violato i loro diritti della difesa dinanzi al Tribunale, utilizzando nel controricorso citazioni in inglese e in francese senza fornirne la traduzione, come richiesto dall’articolo 35, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991. A loro avviso, non era possibile rimediare a tale mancanza di traduzione in sede di controreplica, stante che tale regolarizzazione non era possibile per il fatto che esse avevano già sollevato la censura relativa alla violazione della lingua di procedura nell’atto introduttivo del giudizio. Ne conseguirebbe che tutti i passaggi del controricorso che contengono tali citazioni devono essere esclusi in quanto irricevibili.

37      La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

38      A questo proposito occorre ricordare che, se invero la CEDU non costituisce, fintanto che l’Unione non vi avrà aderito, un testo normativo formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione, l’articolo 6, paragrafo 3, TUE stabilisce che i diritti fondamentali riconosciuti da detta convenzione fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali, e l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta impone di dare ai diritti sanciti dalla Carta stessa che corrispondano a diritti garantiti dalla CEDU un significato e una portata identici a quelli dei diritti riconosciuti da tale convenzione (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

39      Occorre del pari ricordare che, in conformità dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), della CEDU, ogni accusato ha diritto di essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa formulata a suo carico.

40      Occorre poi ricordare che, secondo la giurisprudenza, la Commissione non può essere qualificata come «tribunale» ai sensi dell’articolo 6 della CEDU (v. sentenza del 10 marzo 1992, Shell/Commissione, T‑11/89, EU:T:1992:33, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, il rispetto dell’articolo 6 della CEDU non esclude che, in un procedimento di natura amministrativa, una «pena» venga inizialmente imposta da un’autorità amministrativa non rispondente ai presupposti stabiliti dall’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, a condizione che la decisione dell’autorità suddetta sia successivamente assoggettata al controllo di un organo giudiziario avente giurisdizione piena (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 35). Ne consegue che le ricorrenti non possono far valere nei confronti della Commissione una violazione dell’articolo 6 della CEDU.

41      Tuttavia, occorre altresì ricordare che, ai sensi della giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa, che l’articolo 41 della Carta fa assurgere ad elemento consustanziale al diritto ad una buona amministrazione, deve essere assicurato in qualsiasi circostanza, e segnatamente in qualsiasi procedimento che possa concludersi con l’inflizione di sanzioni, anche quando si tratti di un procedimento amministrativo. A tale titolo, esso esige che le imprese e le associazioni di imprese interessate vengano messe in condizione, sin dalla fase del procedimento amministrativo, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista segnatamente in merito alla concreta esistenza e alla rilevanza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze prospettati dalla Commissione (v. sentenza del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, EU:T:2012:478, punti 82 e 88 e la giurisprudenza ivi citata).

42      Risulta del pari dalla giurisprudenza che i diritti della difesa delle imprese coinvolte in un procedimento amministrativo suscettibile di sfociare nell’inflizione di sanzioni devono essere rispettati dalla Commissione anche nel corso dello svolgimento delle procedure di indagine preliminare, in quanto è necessario evitare che i suddetti diritti vengano irrimediabilmente compromessi nell’ambito di tali procedure di indagine preliminare, tra cui, in particolare, le ispezioni, che possono essere determinanti per l’acquisizione delle prove del carattere illecito di comportamenti di imprese suscettibili di far sorgere la responsabilità di queste ultime (sentenza del 14 novembre 2012, Nexans France e Nexans/Commissione, T‑135/09, EU:T:2012:596, punto 41).

43      È alla luce dei principi ricordati ai punti da 38 a 42 supra che occorre verificare se l’invio alle ricorrenti di richieste di informazioni in inglese e la notificazione della comunicazione degli addebiti in tale lingua abbiano pregiudicato i loro diritti della difesa.

44      In primo luogo, per quanto riguarda l’invio delle richieste di informazioni in inglese, occorre rilevare che, come si è ricordato al punto 42 supra, l’obbligo per la Commissione di rispettare i diritti della difesa in occasione delle indagini preliminari all’apertura propriamente detta del procedimento in materia di intese mira ad evitare che tali diritti vengano irrimediabilmente pregiudicati nell’ambito delle indagini in questione. È per questo motivo che il rispetto dei diritti della difesa deve essere garantito dalla Commissione, in particolare in occasione delle ispezioni, potendo queste ultime avere carattere determinante per l’acquisizione delle prove del carattere illecito di comportamenti di imprese suscettibili di far sorgere la responsabilità di queste ultime.

45      Occorre ritenere che una logica siffatta sia applicabile anche alle richieste di informazioni rivolte dalla Commissione alle imprese interessate in occasione dell’indagine preliminare, posto che le risposte a tali richieste possono essere utilizzate dalla Commissione, così come è avvenuto nel caso di specie, per acquisire la prova del carattere illecito del comportamento di tali imprese.

46      Tuttavia, è giocoforza constatare che, se certo le richieste di informazioni del 7 aprile 2009, del 20 ottobre 2009, del 31 marzo 2010 e del 29 novembre 2010 inviate dalla Commissione alla Brugg Kabel erano redatte in inglese, risulta dal fascicolo che le ricorrenti sono state in grado di comprendere sufficientemente le richieste in questione per rispondere a ciascuna di esse. Occorre d’altronde sottolineare che la Brugg Kabel ha chiesto la traduzione soltanto di alcuni passaggi della richiesta della Commissione del 20 ottobre 2009 e che, dopo che la Commissione ha fornito le traduzioni in questione, la Brugg Kabel ha risposto a tale richiesta di informazioni. Occorre altresì sottolineare che la Commissione non ha affatto preteso dalla Brugg Kabel che rispondesse in inglese alle richieste di informazioni. Pertanto, è giocoforza constatare che la Brugg Kabel era in grado di esprimere utilmente il proprio punto di vista in merito alle informazioni richieste dalla Commissione.

47      Allo stesso modo, laddove l’argomentazione delle ricorrenti potesse essere interpretata nel senso che il rifiuto della Commissione di inviare le richieste di informazioni alla Brugg Kabel in tedesco, come viene evocato nella loro lettera del 27 ottobre 2009, costituisce una violazione dell’articolo 41, paragrafo 4, della Carta, tale argomentazione non ha pregio. Infatti, questa disposizione sancisce il diritto di qualsiasi soggetto di rivolgersi alle istituzioni in una lingua dei trattati e di ricevere una risposta in tale lingua. Orbene, è giocoforza constatare che, nella specie, è stata la Commissione a rivolgersi alla Brugg Kabel sollecitando una risposta di quest’ultima, e non viceversa.

48      In secondo luogo, per quanto riguarda la notificazione della comunicazione degli addebiti in inglese, occorre rilevare che, se invero la Commissione è tenuta a rispettare i diritti della difesa nell’ambito di un’indagine preliminare, tale obbligo si impone a maggior ragione dopo l’avvio formale di un procedimento amministrativo suscettibile di sfociare nell’adozione di sanzioni nei confronti delle imprese interessate, come si è ricordato al punto 42 supra.

49      Tuttavia, nel caso di specie, indipendentemente dal livello esatto di comprensione dell’inglese che potevano avere il personale e i dirigenti delle ricorrenti, è giocoforza constatare che, come risulta dalla lettera inviata dalla Brugg Kabel alla Commissione il 1o settembre 2011, esse non hanno richiesto un termine supplementare al fine di rispondere alla comunicazione degli addebiti motivato da ragioni di traduzione, bensì per disporre di un tempo supplementare per esaminare nei dettagli tutti i documenti del fascicolo e le numerose allegazioni contenute nella comunicazione degli addebiti e tenuto conto delle risorse limitate che esse potevano dedicare a tale compito. Orbene, è difficile credere che, se le ricorrenti avessero avuto delle difficoltà a comprendere la versione inglese della comunicazione degli addebiti o avessero avuto bisogno di più tempo per tradurla, non avrebbero menzionato tali circostanze per motivare la loro domanda di proroga del termine per la risposta alla comunicazione degli addebiti. È parimenti giocoforza constatare che esse sono state in grado di rispondere alla comunicazione degli addebiti, malgrado che la loro risposta fosse redatta in tedesco, il che, ancora una volta, comprova che le ricorrenti avevano una conoscenza sufficiente dell’inglese per comprendere la natura e le ragioni dell’accusa mossa contro di esse e per prendere utilmente posizione al riguardo.

50      Alla luce delle considerazioni che precedono, l’argomentazione delle ricorrenti relativa alla violazione dei diritti della difesa nel procedimento amministrativo, a causa della notifica nei loro confronti delle richieste di informazioni e della comunicazione degli addebiti in lingua inglese, deve essere respinta perché infondata.

51      Inoltre, per quanto riguarda la presunta violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti nell’ambito del presente procedimento giurisdizionale, occorre rilevare anzitutto che essa non può che essere respinta in quanto inoperante, poiché è stata presentata a sostegno di un motivo relativo alla violazione dei diritti della difesa della Brugg Kabel nell’ambito del procedimento amministrativo.

52      Per il resto, l’argomentazione delle ricorrenti intesa a far escludere perché irricevibili alcuni passaggi del controricorso per il fatto che questi ultimi, non rispettando la lingua processuale, pregiudicherebbero i loro diritti della difesa, non può essere accolta.

53      A questo proposito, è pacifico che la lingua processuale nella presente causa è il tedesco. Inoltre, risulta dall’articolo 35, paragrafo 3, primo e secondo comma, del regolamento di procedura del 2 maggio 1991, applicabile alla data del deposito del controricorso, che la lingua processuale deve essere utilizzata in particolare nelle memorie e nelle difese orali delle parti, ivi compresi gli atti e i documenti allegati, e che ogni atto o documento prodotto o allegato e redatto in una lingua diversa dalla lingua processuale deve essere accompagnato da una traduzione nella lingua processuale.

54      Ne consegue che la Commissione era tenuta a fornire una traduzione nella lingua processuale dei passaggi citati nel controricorso in una lingua differente. La Commissione non può sottrarsi a tale obbligo per il solo fatto che esisteva una traduzione di alcuni di questi passaggi nella decisione impugnata allegata all’atto introduttivo del giudizio o che altri passaggi erano estratti dagli allegati dell’atto introduttivo, oppure anche che si trattava di dichiarazioni di un dipendente delle ricorrenti.

55      Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione ha rimediato a tale irregolarità formale producendo la traduzione dei passaggi in questione negli allegati della controreplica.

56      Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il fatto che esse avessero già sollevato nell’atto introduttivo del giudizio una censura riguardante il mancato rispetto della lingua processuale non ostava a tale regolarizzazione. È sufficiente infatti rilevare che la censura in questione verteva sulla lingua utilizzata dalla Commissione nel procedimento amministrativo, che non può influire sulla lingua processuale nell’ambito del procedimento giurisdizionale.

57      Ne consegue che i passaggi del controricorso redatti in una lingua diversa dalla lingua processuale non possono essere considerati irricevibili.

58      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la prima parte del primo motivo perché infondata.

b)      Sul rifiuto della Commissione di consentire l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti

59      Le ricorrenti imputano alla Commissione di aver violato i loro diritti della difesa rifiutando di consentir loro, o di consentire al loro avvocato, l’accesso alla versione non riservata delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, fatta eccezione per un accesso estremamente limitato alle risposte della ABB e della J‑Power Systems, malgrado che dette risposte contenessero potenzialmente elementi di prova a discarico relativi, in particolare, all’oggetto della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains (Francia), erroneamente considerata dalla Commissione come l’inizio della partecipazione della Brugg Kabel all’infrazione, nonché all’interruzione della partecipazione di quest’ultima all’infrazione nel corso dell’anno 2005.

60      Le ricorrenti sostengono che la divulgazione delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti era tanto più giustificata per il fatto che, da un lato, come statuito dalla Corte nella sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6), non spetta alla Commissione decidere da sola quali siano gli elementi pertinenti per la loro difesa, ciò che essa non era d’altronde in grado di fare, e per il fatto che, dall’altro lato, ad esse ricorrenti viene imputato di aver partecipato a un’infrazione unica e continuata, che porta a considerarle responsabili di pratiche di altre imprese alle quali esse non hanno partecipato e di cui esse non avevano, eventualmente, neppure conoscenza.

61      Secondo le ricorrenti, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il fatto di concedere loro un accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti suscettibili di contenere elementi a discarico non avrebbe avuto come effetto, nella specie, di ritardare indefinitamente l’adozione della chiusura del procedimento amministrativo, dato che la Commissione aveva già concesso tale accesso ad altri destinatari della comunicazione degli addebiti.

62      Inoltre, le ricorrenti sostengono che non si può pretendere che esse, al fine di dimostrare che i documenti contenenti informazioni potenzialmente a discarico sarebbero stati utili per la loro difesa, forniscano indicazioni precise riguardo al contenuto dei documenti stessi ai quali esse non hanno, per definizione, avuto accesso. L’esigenza di un principio di prova in ordine a tale aspetto, quale risultante dalla sentenza del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione (T‑343/06, EU:T:2012:478), citata dalla Commissione, mirerebbe ad alleggerire l’onere della prova delle imprese alle quali la Commissione abbia rifiutato l’accesso ad un documento a discarico e non dovrebbe essere interpretato in modo da rendere tale prova impossibile da fornire. Le ricorrenti ritengono che, nel caso di specie, sarebbe sufficiente che esse indichino, così come hanno realmente fatto, che le risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti erano idonee a confermare che nessun presunto partecipante all’intesa faceva riferimento alla riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains come ad una «riunione R», nel corso della quale la Brugg Kabel avrebbe partecipato all’attuazione dell’intesa.

63      La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

64      A questo proposito, in primo luogo, per quanto riguarda la tesi delle ricorrenti secondo cui la Commissione era tenuta a consentire loro l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, in quanto non spetta a detta istituzione decidere da sola in merito alla pertinenza dei documenti raccolti nell’ambito del procedimento ai fini della loro difesa, è giocoforza constatare che essa non può trovare accoglimento.

65      Infatti, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 27, primo comma, del regolamento n. 1/2003, prima di adottare qualsiasi decisione prevista dagli articoli 7, 8 e 23 e dall’articolo 24, paragrafo 2, di tale regolamento, la Commissione dà modo alle imprese e associazioni di imprese oggetto del procedimento da essa avviato di essere sentite relativamente agli addebiti su cui detta istituzione si basa. La medesima disposizione sopra citata enuncia che «[l]a Commissione basa le sue decisioni solo sugli addebiti in merito ai quali le parti interessate sono state poste in condizione di essere sentite», e che «i [denuncianti] sono strettamente associati al procedimento».

66      Nello specifico, l’accesso al fascicolo nell’ambito dei procedimenti in materia di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari della comunicazione degli addebiti di prendere conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché essi possano pronunciarsi utilmente sulle conclusioni cui la Commissione è giunta nella propria comunicazione degli addebiti in base ai suddetti elementi (sentenza del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, EU:C:2003:531, punto 125). L’accesso al fascicolo rientra pertanto tra le garanzie procedurali intese a tutelare i diritti della difesa e a garantire, in particolare, l’esercizio effettivo del diritto di essere sentiti.

67      In conformità della giurisprudenza, il diritto di accesso al fascicolo implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di procedere ad un esame di tutti i documenti presenti nel fascicolo istruttorio che potrebbero essere pertinenti per la sua difesa. Tali documenti comprendono sia quelli a carico sia quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione ed altre informazioni riservate (sentenza del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 68 e la giurisprudenza ivi citata).

68      Tuttavia, è solo all’inizio della fase in contraddittorio del procedimento amministrativo che l’impresa interessata viene informata, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali su cui la Commissione si basa in tale fase procedurale, ed è solo allora che essa dispone di un diritto di accesso al fascicolo inteso a garantire l’esercizio effettivo dei suoi diritti della difesa. Di conseguenza, la risposta delle altre parti alla comunicazione degli addebiti non rientra, in linea di principio, tra i documenti del fascicolo istruttorio che le parti possono consultare (sentenze del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione, T‑161/05, EU:T:2009:366, punto 163; del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione, T‑113/07, EU:T:2011:343, punto 42, e del 12 luglio 2011, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑133/07, EU:T:2011:345, punto 41).

69      Nondimeno, qualora la Commissione intenda fondarsi su un passaggio di una risposta alla comunicazione degli addebiti o su un documento allegato a tale risposta per dimostrare l’esistenza di un’infrazione in un procedimento ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE o dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’Accordo SEE, le altre imprese coinvolte in tale procedimento devono essere messe in grado di pronunciarsi su un siffatto elemento di prova. Infatti, in simili circostanze, il passaggio in questione di una risposta alla comunicazione degli addebiti o il documento allegato a tale risposta costituiscono un elemento a carico nei confronti delle diverse imprese che avrebbero partecipato all’infrazione (sentenze del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione, T‑113/07, EU:T:2011:343, punto 43, e del 12 luglio 2011, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑133/07, EU:T:2011:345, punto 42).

70      Per analogia, se un passaggio di una risposta ad una comunicazione degli addebiti o un documento allegato a tale risposta può essere pertinente per la difesa di un’impresa, in quanto le consente di far valere elementi che non concordano con le deduzioni operate in questa fase dalla Commissione, esso costituisce un elemento a discarico. In tal caso, l’impresa interessata deve essere posta in condizione di procedere ad un esame del passaggio o del documento di cui trattasi e di pronunciarsi su di esso (sentenze del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione, T‑113/07, EU:T:2011:343, punto 44, e del 12 luglio 2011, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑133/07, EU:T:2011:345, punto 43).

71      Inoltre, occorre ricordare che il paragrafo 8 della comunicazione della Commissione riguardante le regole per l’accesso al fascicolo istruttorio della Commissione nei casi relativi all’applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, degli articoli 53, 54 e 57 dell’Accordo SEE e del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (GU 2005, C 325, pag. 7) stabilisce che il «fascicolo istruttorio della Commissione» in un’indagine in materia di concorrenza si compone di tutti i documenti ottenuti, elaborati e/o riuniti dalla Direzione generale della concorrenza della Commissione, nel corso di un’indagine. Il paragrafo 27 di tale comunicazione precisa quanto segue:

«L’accesso al fascicolo istruttorio è accordato a richiesta e, di norma, un’unica volta, dopo che la Commissione ha notificato alle parti la comunicazione degli addebiti, nell’intento di assicurare loro il principio delle armi pari e di tutelarne i diritti di difesa. Quindi, come regola generale, dopo l’invio della comunicazione di addebiti non è accordato l’accesso alle risposte che le altre parti hanno inviato riguardo a tali addebiti.

Tuttavia, una parte può avere accesso ai documenti pervenuti dopo l’invio della comunicazione degli addebiti, nelle fasi successive del procedimento amministrativo, se tali documenti possono costituire nuove prove – con valore incriminante o assolutorio – riguardo agli elementi a carico della parte in questione, addotti dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti. Ciò soprattutto se la Commissione intende basarsi su nuovi elementi probatori».

72      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, spetta alla Commissione procedere ad una prima valutazione della natura di elemento potenzialmente a discarico delle informazioni contenute nei documenti ricevuti dopo la comunicazione degli addebiti, qualora un’impresa interessata chieda l’accesso a tali documenti.

73      A questo proposito, le ricorrenti non possono invocare la giurisprudenza secondo cui non spetta alla sola Commissione, che notifica gli addebiti e che adotta la decisione che infligge una sanzione, identificare i documenti utili alla difesa dell’impresa interessata, dato che tale considerazione, riguardante i documenti inseriti nel fascicolo costituito dalla Commissione, non può applicarsi alle risposte che altre imprese interessate abbiano fornito a fronte degli addebiti comunicati da tale istituzione (sentenza del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, EU:T:2012:478, punto 89).

74      Inoltre, occorre respingere altresì la tesi delle ricorrenti secondo cui la circostanza che ad esse sia imputata la partecipazione ad un’infrazione unica e continuata giustificava che fosse loro concesso l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, affinché esse potessero personalmente individuare in tali risposte elementi di prova a discarico. Infatti, è sufficiente rilevare che, anche nelle cause sfociate nelle sentenze del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, EU:T:2011:343), del 12 luglio 2011, Mitsubishi Electric/Commissione (T‑133/07, EU:T:2011:345), e del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione (T‑343/06, EU:T:2012:478), veniva imputato alle ricorrenti di aver partecipato di un’infrazione unica e continuata.

75      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui, in sostanza, la Commissione ha violato i loro diritti della difesa, rifiutando, sulla base di un’erronea valutazione della pertinenza, ai fini della loro difesa, delle informazioni contenute nelle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti, di concedere loro l’accesso alla versione non riservata delle suddette risposte, è giocoforza constatare che neanch’esso può trovare accoglimento.

76      Occorre ricordare che, qualora un documento in possesso della Commissione, che possa essere qualificato come elemento a discarico in quanto sia idoneo a discolpare un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, non venga comunicato a tale impresa, i diritti della difesa di quest’ultima risultano violati se essa dimostra che l’elemento in questione avrebbe potuto essere utile per la sua difesa (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 367).

77      Tale prova può essere fornita dimostrando che la mancata divulgazione ha potuto influire, a discapito dell’impresa interessata, sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione, oppure che essa ha potuto nuocere o rendere più difficile la difesa degli interessi di tale impresa nel corso del procedimento amministrativo (sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione, C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 368).

78      La possibilità che un documento non divulgato sia stato in grado di avere un’influenza sullo svolgimento del procedimento e sul contenuto della decisione della Commissione può essere accertata solo dopo un esame provvisorio di taluni elementi di prova, il quale mostri che i documenti non divulgati avrebbero potuto avere, tenuto conto di tali elementi di prova, un’importanza che non avrebbe dovuto essere trascurata (sentenza del 14 marzo 2013, Fresh Del Monte Produce/Commissione, T‑587/08, EU:T:2013:129, punto 688).

79      Al riguardo, non si può pretendere dalle parti ricorrenti che hanno dedotto un motivo vertente sulla violazione dei loro diritti della difesa che esse sviluppino, nel loro atto introduttivo del giudizio, un’argomentazione elaborata o forniscano un dettagliato complesso di indizi per dimostrare che il procedimento amministrativo sarebbe potuto giungere ad un risultato diverso se esse avessero avuto accesso a taluni elementi che, di fatto, non sono mai stati loro comunicati. Un approccio siffatto porterebbe infatti a pretendere da esse una probatio diabolica (sentenza del 14 marzo 2013, Fresh Del Monte Produce/Commissione, T‑587/08, EU:T:2013:129, punto 689).

80      Spetta tuttavia alla parte ricorrente fornire un primo indizio dell’utilità, per la propria difesa, dei documenti non comunicati (sentenza del 14 marzo 2013, Fresh Del Monte Produce/Commissione, T‑587/08, EU:T:2013:129, punto 690).

81      Occorre dunque verificare, nel caso di specie, se gli argomenti addotti dalle ricorrenti forniscano un primo indizio dell’utilità, ai fini della propria difesa, delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti.

82      Le ricorrenti fanno valere che l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti avrebbe permesso loro di dimostrare un fatto negativo, ossia che né la Pirelli né la Nexans France avevano indicato che la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, che secondo la Commissione costituisce il punto di partenza della partecipazione delle ricorrenti all’intesa, fosse una riunione R. A loro avviso, l’accesso a tali risposte avrebbe offerto loro altresì la possibilità di confermare che gli altri membri dell’intesa erano consapevoli del fatto che esse ricorrenti avevano interrotto la propria partecipazione all’intesa nel 2005.

83      In primis, per quanto riguarda la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la circostanza che tale riunione sia stata menzionata nella richiesta di informazioni di tale istituzione del 31 marzo 2010 e che le ricorrenti abbiano avuto accesso alle risposte degli altri destinatari di tale richiesta di informazioni non priva di interesse la loro domanda di accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti. Infatti, il contenuto delle risposte della Nexans France e della Pirelli alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010, nelle quali tali partecipanti all’intesa non hanno preso posizione sulla loro partecipazione alla riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains e sull’oggetto di tale riunione, non permette di trarre alcun elemento riguardo alla posizione assunta dalle imprese suddette nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti.

84      Tuttavia, occorre rilevare che il fatto che gli altri partecipanti all’intesa non si siano espressi nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti in merito alla natura della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, anche a supporlo dimostrato, non è di per sé idoneo a confortare la tesi difensiva delle ricorrenti.

85      Infatti, è pacifico che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione ha indicato che il 14 dicembre 2001 era stata organizzata a Divonne‑les‑Bains una riunione R e che i partecipanti a tale riunione erano, in ogni caso, la Nexans France, rappresentata dal sig. J., la Sagem, rappresentata dal sig. V., e la Brugg Kabel, rappresentata dal sig. N.

86      Orbene, il fatto che, di fronte a tale accusa, la Nexans France nonché la Sagem non abbiano cercato, eventualmente, di contestare la natura della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti, tenderebbe piuttosto a dimostrare che esse ammettevano i fatti che venivano loro contestati dalla Commissione in proposito.

87      Inoltre, nella misura in cui l’argomentazione delle ricorrenti prende di mira anche la presunta mancanza di una presa di posizione della Pirelli riguardo alla natura della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, là dove le ricorrenti hanno ammesso la partecipazione della Pirelli a tale riunione nelle loro risposte alla comunicazione degli addebiti (v. punto 156 infra), è giocoforza constatare come essa debba essere respinta. Infatti, poiché la Commissione, nella comunicazione degli addebiti, non ha accusato la Pirelli di aver preso parte alla suddetta riunione, la mancanza di una presa di posizione di tale società riguardo alla natura della riunione stessa non può, in ogni caso, essere interpretata come una conferma del fatto che tale riunione aveva o non aveva carattere anticoncorrenziale.

88      In secundis, per quanto riguarda l’argomentazione delle ricorrenti secondo cui le risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti contenevano sicuramente elementi tali da dimostrare che esse avevano interrotto la propria partecipazione all’intesa nel 2005, occorre rilevare che essa manca di precisione. Infatti, le ricorrenti non indicano quali siano i fatti che le risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti dovrebbero in ipotesi dimostrare, ovvero quali specifiche allegazioni della Commissione contenute nella comunicazione degli addebiti riguardanti la partecipazione di esse ricorrenti all’intesa nel 2005 potrebbero essere rimesse in discussione da tali risposte. Allo stesso modo, le ricorrenti non chiariscono per quale motivo esse ritengano che degli elementi a discarico in merito alla loro partecipazione all’intesa nel 2005 potrebbero trovarsi nelle risposte di tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti.

89      Pertanto, occorre considerare che gli argomenti delle ricorrenti non sono idonei a fornire un primo indizio dell’utilità, ai fini della loro difesa, delle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti che non sono state loro comunicate.

90      Alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 73 supra, occorre parimenti respingere come infondato l’argomento delle ricorrenti sollevato all’udienza, secondo cui il fatto che la Commissione non abbia preparato alcuna versione non riservata delle risposte di tutti i destinatari della comunicazione degli addebiti, in modo da permettere di comunicare a una determinata impresa, se del caso, gli elementi a discarico che dette risposte potevano contenere riguardo a tale impresa, dimostrerebbe che, nella specie, la Commissione non ha rispettato il principio della parità delle armi.

91      Occorre dunque respingere perché infondati la seconda parte del primo motivo di ricorso e, di conseguenza, tale primo motivo nella sua interezza.

2.      Sul secondo motivo, relativo all’incompetenza della Commissione a sanzionare un’infrazione commessa in Stati terzi e priva di ripercussioni nel SEE

92      Le ricorrenti sostengono che la Commissione non era competente ad applicare l’articolo 101 TFUE alle pratiche messe in atto al di fuori del SEE e ai progetti da realizzare al di fuori di quest’ultimo qualora questi fossero privi di ripercussioni nel SEE. In mancanza di prova del fatto che le pratiche relative a ciascuno di questi progetti avevano effetti immediati, sostanziali e prevedibili nel SEE, ai sensi della giurisprudenza, la Commissione non poteva semplicemente ricollegarle all’infrazione unica e continuata per fondare la propria competenza extraterritoriale, a pena di permettere a detta istituzione di attribuire a tale competenza carattere illimitato.

93      La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

94      A questo proposito, per quanto riguarda l’applicabilità territoriale dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE, occorre ricordare che la norma dell’Unione in materia di concorrenza enunciata all’articolo 101 TFUE vieta gli accordi e le pratiche che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza «all’interno del mercato interno».

95      Inoltre, occorre rilevare che i presupposti per l’applicazione territoriale dell’articolo 101 TFUE possono risultare soddisfatti in due ipotesi.

96      In primo luogo, l’applicazione dell’articolo 101 TFUE è giustificata qualora le pratiche contemplate da quest’ultimo vengano attuate nel territorio del mercato interno, e ciò indipendentemente dal luogo di formazione delle pratiche stesse. Infatti, far dipendere l’applicabilità dei divieti sanciti dalla normativa in materia di concorrenza dal luogo della formazione di un’intesa finirebbe con tutta evidenza per fornire alle imprese un facile mezzo per sottrarsi a tali divieti (sentenza del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 16).

97      In secondo luogo, come già statuito dalla Corte, l’applicazione dell’articolo 101 TFUE è giustificata anche quando sia prevedibile che le pratiche da esso contemplate producano effetti immediati e sostanziali nel mercato interno (sentenza del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 11). A questo proposito, occorre rilevare che tale approccio persegue lo stesso obiettivo di quello avente ad oggetto l’attuazione di un accordo nel territorio dell’Unione, ossia prendere di mira comportamenti che, pur non essendo stati adottati in tale territorio, producono effetti anticoncorrenziali suscettibili di farsi sentire sul mercato dell’Unione.

98      Occorre altresì rilevare che i presupposti per l’applicazione dell’articolo 101 TFUE ricordati rispettivamente ai punti 96 e 97 supra configurano modalità alternative e non cumulative per far nascere in capo alla Commissione la competenza ad accertare e reprimere un’infrazione a tale articolo.

99      Nella decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che il presupposto relativo all’attuazione dell’intesa nel SEE nonché quello relativo agli effetti qualificati prodotti da quest’ultima nel SEE fossero nella specie entrambi soddisfatti (punti da 467 a 469 della decisione impugnata).

100    Orbene, le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che ciascuno dei progetti da realizzare al di fuori del SEE aveva ripercussioni sufficienti nell’Unione per giustificare, ai sensi della giurisprudenza, l’applicabilità territoriale dell’articolo 101 TFUE a tale parte dell’infrazione in esame.

101    Tale argomentazione non può trovare accoglimento.

102    Per quanto riguarda l’attuazione delle pratiche dell’intesa relative a progetti da realizzare al di fuori del SEE, occorre rilevare che l’accordo sui «territori d’esportazione», in applicazione del quale i produttori europei e i produttori asiatici si spartivano progetti da realizzare nei suddetti territori, è stato messo in atto nel territorio del SEE. Infatti, dal punto 79 della decisione impugnata nonché dal punto 247 della stessa, al quale il punto 468 della medesima decisione rinvia, risulta che la Grecia non faceva parte del «territorio domestico europeo» ai sensi dell’accordo sul «territorio domestico» e che i progetti insediati in Grecia si inserivano nell’assegnazione dei progetti nel rispetto della «regola 60/40» in applicazione dell’accordo sui «territori d’esportazione». Inoltre, risulta altresì dai punti 81 e 82 della decisione impugnata che i membri A dell’intesa ritenevano che i progetti che legavano uno Stato membro dell’Unione ad uno Stato terzo dovessero ricadere nella percentuale del 60% attribuita ai membri R dell’intesa, al pari del progetto che univa la Spagna al Marocco citato al punto 232 della decisione impugnata

103    Per contro, occorre rilevare anche che il comportamento delle imprese europee consistente, in applicazione dell’accordo sul «territorio domestico», nel non entrare in concorrenza per progetti da realizzare nel «territorio domestico» delle imprese asiatiche non è stato – per definizione – attuato nel territorio del SEE.

104    Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dalle ricorrenti, da ciò con consegue che la Commissione avrebbe dovuto fornire la prova che ciascuno dei progetti da realizzare al di fuori del SEE, in applicazione dell’accordo sul «territorio domestico», aveva ripercussioni nell’Unione sufficienti per giustificare l’applicabilità territoriale dell’articolo 101 TFUE.

105    Infatti, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 97 supra, la Commissione poteva fondare l’applicabilità dell’articolo 101 TFUE all’infrazione unica e continuata, così come era stata constatata nella decisione impugnata, sugli effetti prevedibili, immediati e sostanziali di tale infrazione nel mercato interno.

106    A questo proposito, è importante rilevare che l’articolo 101 TFUE può trovare applicazione a pratiche e ad accordi finalizzati ad un medesimo obiettivo anticoncorrenziale, qualora sia prevedibile che, presi congiuntamente, tali pratiche e tali accordi avranno effetti immediati e sostanziali nel mercato interno. Infatti, non può essere permesso alle imprese di sottrarsi all’applicazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza combinando insieme vari comportamenti miranti ad un identico obiettivo, ciascuno dei quali, isolatamente preso, non sia idoneo a produrre effetti immediati e sostanziali sul mercato suddetto, ma che, congiuntamente presi, siano idonei a produrre effetti siffatti.

107    Orbene, occorre rilevare che l’obiettivo unico dell’intesa consisteva nel restringere la concorrenza per i progetti di cavi elettrici sottomarini e sotterranei ad alta (altissima) tensione da realizzare in territori specifici, concordando l’attribuzione di appalti e di clienti e falsando in tal modo il normale gioco della concorrenza nel SEE.

108    Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, è alla luce degli effetti, congiuntamente presi, delle diverse pratiche descritte al punto 493 della decisione impugnata, comprese quelle relative ai progetti da realizzare al di fuori del SEE, che bisognava valutare se l’articolo 101 TFUE fosse applicabile nel caso di specie.

109    Orbene, occorre constatare che la Commissione non è incorsa in alcun errore affermando, al punto 469 della decisione impugnata, che gli effetti sulla concorrenza nel SEE, incluso il mercato interno, delle pratiche e degli accordi ai quali i membri dell’intesa avevano partecipato erano prevedibili, sostanziali e immediati.

110    A questo proposito, è sufficiente tener conto dei probabili effetti di un comportamento sulla concorrenza perché la condizione relativa alla necessaria prevedibilità sia soddisfatta.

111    Per quanto riguarda il carattere immediato degli effetti delle pratiche in questione sul territorio dell’Unione, occorre osservare che tali pratiche hanno necessariamente avuto un’influenza diretta sulla fornitura di cavi elettrici ad alta e altissima tensione da realizzare in detto territorio, in quanto questo era l’oggetto delle diverse riunioni e dei vari contatti tra i partecipanti all’intesa (punto 66 della decisione impugnata). Inoltre, la ripartizione effettuata tra le parti dell’intesa, al tempo stesso direttamente all’interno e all’esterno di tale territorio, ha avuto effetti prevedibili sulla concorrenza nell’ambito di quest’ultimo, come giustamente rilevato dalla Commissione.

112    Quanto al carattere sostanziale degli effetti nell’Unione, occorre rilevare il numero e l’importanza dei produttori che hanno partecipato all’intesa, che rappresentavano la quasi totalità del mercato, nonché la vasta gamma di prodotti interessati dai diversi accordi e la gravità delle pratiche in questione. Occorre altresì rilevare la notevole durata dell’infrazione unica e continuata che è proseguita per dieci anni. Tutti questi elementi, valutati nel loro insieme, concorrono a dimostrare il carattere sostanziale degli effetti delle pratiche in questione nel territorio dell’Unione (punti 66, 492, 493 e 620 della decisione impugnata).

113    Pertanto, occorre concludere che l’infrazione unica e continuata quale definita dalla Commissione nella decisione impugnata rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE e che la Commissione era competente a sanzionarla. Date tali circostanze, la Commissione non era tenuta a dimostrare concretamente che i presupposti richiesti per l’applicazione dell’articolo 101 TFUE fossero soddisfatti per ciascuno dei progetti da realizzare al di fuori del SEE.

114    Inoltre, per quanto riguarda la censura delle ricorrenti secondo cui la Commissione ha aggirato la mancanza di effetti nel SEE dell’accordo sui «territori di esportazione» integrando tale accordo artificiosamente nell’infrazione unica e continuata in modo da applicare al medesimo l’articolo 101 TFUE, occorre rilevare come essa finisca, in realtà, per contestare l’esistenza dell’infrazione unica e continuata così come descritta dalla Commissione nella decisione impugnata, e non anche l’applicabilità dell’articolo 101 TFUE a tale infrazione.

115    Inoltre, occorre rilevare che le ricorrenti non producono alcun elemento idoneo a suffragare la suddetta censura, sicché occorre respingerla come una semplice allegazione.

116    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il secondo motivo di ricorso perché infondato.

3.      Sul terzo motivo e sul quarto motivo, relativi ad un errore di valutazione, ad una violazione del diritto alla presunzione di innocenza, ad errori di fatto, allo snaturamento di elementi di prova e ad una violazione dell’obbligo di motivazione concernente la presunta partecipazione delle ricorrenti ad un’infrazione unica e continuata

117    A sostegno del terzo e del quarto motivo di ricorso, che occorre esaminare congiuntamente, le ricorrenti adducono vari argomenti. In primo luogo, esse addebitano alla Commissione di aver fatto ricorso alla nozione di infrazione unica per qualificare i diversi elementi dell’intesa. In secondo luogo, esse sostengono che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione che le incombe riguardo al carattere ininterrotto della loro partecipazione all’infrazione, e non ha inoltre fornito prove sufficienti in merito all’inizio della loro partecipazione all’infrazione e alla durata ininterrotta di quest’ultima. In terzo luogo, esse si dolgono che la Commissione abbia imputato loro la responsabilità di un’infrazione unica e continuata, malgrado che esse non avessero intenzione di contribuire all’insieme degli obiettivi dell’intesa e non fossero a conoscenza di alcuni comportamenti illeciti. In quarto luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che esse erano a conoscenza degli accordi relativi a ciascuno dei progetti o che esse potevano prevederli quantomeno per i mercati nazionali o i progetti di cavi elettrici sottomarini. In quinto luogo, esse censurano la Commissione in quanto non avrebbe precisato i progetti che dovevano costituire l’oggetto di un accordo, accontentandosi di utilizzare delle abbreviazioni o delle denominazioni generiche, e di aver presentato il medesimo progetto come se fossero più progetti distinti a causa di leggere differenze di designazione.

a)      Considerazioni preliminari

118    Dalla giurisprudenza risulta che incombe alla Commissione provare non soltanto l’esistenza dell’intesa, ma anche la sua durata. Più in particolare, per quanto riguarda l’acquisizione della prova di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare, in termini giuridicamente sufficienti, l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. In caso di dubbio del giudice, tale circostanza deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata l’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione ha dimostrato in termini giuridicamente sufficienti l’esistenza dell’infrazione in questione qualora esso nutra ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nel contesto di un ricorso diretto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda e/o alla riduzione dell’importo di tale ammenda. Infatti, in quest’ultima situazione, occorre tener conto del principio della presunzione d’innocenza, il quale fa parte dei diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione ed è stato sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta. Tenendo conto della natura delle infrazioni di cui trattasi, nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica in particolare alle procedure che riguardano violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese, suscettibili di sfociare nell’inflizione di ammende o penalità. Pertanto, è necessario che la Commissione produca prove precise e concordanti atte a fondare la ferma convinzione che l’asserita infrazione è stata commessa (v. sentenza del 17 maggio 2013, Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, T‑147/09 e T‑148/09, EU:T:2013:259, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

119    Tuttavia, sempre secondo una costante giurisprudenza, non ogni singola prova prodotta dalla Commissione deve necessariamente rispondere ai criteri suddetti in riferimento a ciascun elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso di indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (v. sentenza del 17 maggio 2013, Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, T‑147/09 e T‑148/09, EU:T:2013:259, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

120    Inoltre, è usuale che le attività realizzate sulla scorta di accordi anticoncorrenziali si svolgano in modo clandestino, che le riunioni siano segrete e che la documentazione ad esse relativa sia ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito una presa di contatto illegittima tra operatori, come i rendiconti di riunioni, tali documenti saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle norme in materia di concorrenza (sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punti da 55 a 57, e del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punto 51).

121    Inoltre, la giurisprudenza esige che, in mancanza di elementi di prova idonei a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione si fondi, quantomeno, su elementi di prova riferiti a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione è durata ininterrottamente per un certo periodo tra due date precise (sentenza del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commission, T‑43/92, EU:T:1994:79, punto 79; v., del pari, sentenza del 16 novembre 2006, Peróxidos Orgánicos/Commissione, T‑120/04, EU:T:2006:350, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).

b)      Sul carattere unico dell’infrazione

122    Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che le pratiche identificate dalla Commissione non soddisfano i criteri per l’esistenza di un’infrazione unica e continuata stabiliti dalla giurisprudenza. Esse fanno valere, in particolare: che non vi è identità dei prodotti e dei servizi, dato che i cavi elettrici sottomarini e i cavi elettrici sotterranei rappresentano mercati distinti; che vi è un’identità soltanto parziale delle imprese partecipanti all’infrazione, dato che esse ricorrenti, la Silec Cable, la Mitsubishi Cable Industries, la SWCC Showa Holdings, la LS Cable & System, la Taihan Electric Wire e la nkt cables non fabbricano cavi elettrici sottomarini; che vi è un’identità soltanto parziale delle persone fisiche partecipanti ai diversi elementi dell’intesa, dato che Pirelli o Prysmian, la nkt cables e la ABB inviavano sempre rappresentanti differenti alle riunioni relative ai cavi elettrici sottomarini e a quelle relative ai cavi elettrici sotterranei; e che non vi è identità delle modalità di attuazione degli accordi, dato che i progetti di cavi elettrici sotterranei e i progetti di cavi elettrici sottomarini venivano sempre discussi separatamente e che i fogli di posizione in merito alla «regola 60/40» venivano stabiliti separatamente a seconda del tipo di cavi elettrici. Le ricorrenti fanno inoltre osservare che la Commissione non ha dimostrato l’esistenza di un nesso di complementarietà tra le diverse pratiche.

123    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

124    A questo proposito, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti oppure da un comportamento continuato, quand’anche uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato possano altresì costituire, di per sé e isolatamente presi, una violazione della disposizione di cui sopra. Quindi, qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme» in ragione del loro identico oggetto inteso a falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione è legittimata ad imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenze del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens, C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41, e del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commission, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 55).

125    Vari criteri sono stati identificati dalla giurisprudenza come pertinenti ai fini della valutazione dell’esistenza di un’infrazione unica, vale a dire l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, l’identità dei prodotti e dei servizi considerati, l’identità delle imprese che vi hanno preso parte e l’identità delle modalità di attuazione dell’infrazione. Inoltre, ai fini di tale esame possono essere altresì prese in considerazione l’identità delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografico delle pratiche in questione (sentenza del 17 maggio 2013, Trelleborg Industrie e Trelleborg/Commissione, T‑147/09 e T‑148/09, EU:T:2013:259, punto 60).

126    Nel caso di specie, l’accordo sul «territorio domestico» e l’assegnazione dei progetti di cavi elettrici nell’ambito della configurazione europea dell’intesa nell’ambito del SEE sono stati attuati in modo concomitante, riguardavano i cavi elettrici sottomarini ad alta tensione e i cavi elettrici sotterranei ad alta tensione e coinvolgevano gli stessi produttori europei e, per quanto riguarda l’accordo suddetto e l’accordo sui «territori d’esportazione», gli stessi produttori sudcoreani e giapponesi. Inoltre, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, ad eccezione del caso della Pirelli, le persone fisiche coinvolte per conto delle imprese erano le stesse per i vari elementi dell’intesa. Allo stesso modo, le diverse misure condividevano un obiettivo comune, vale a dire l’istituzione di un sistema di ripartizione del mercato mondiale dei progetti di cavi elettrici ad alta tensione, ad eccezione degli Stati Uniti.

127    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti delle ricorrenti.

128    Infatti, per quanto riguarda l’affermazione secondo cui l’infrazione non può essere qualificata come infrazione unica per il fatto che i cavi elettrici sotterranei ad alta tensione e i cavi elettrici sottomarini ad alta tensione sono prodotti distinti corrispondenti a necessità distinte e, in definitiva, a mercati distinti, in primo luogo occorre rilevare che l’accordo sul «territorio domestico» non faceva distinzioni tra i diversi tipi di cavi elettrici. In secondo luogo, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, risulta dagli esempi forniti dalla Commissione in merito al funzionamento dei meccanismi di controllo della «configurazione europea dell’intesa» (punti da 333 a 338, 399 e 400 della decisione impugnata) e della «configurazione A/R dell’intesa» (punto 106 di detta decisione) che potevano essere effettuate delle compensazioni tra progetti di cavi elettrici sotterranei ad alta tensione e progetti di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione, in modo che, dal punto di vista delle imprese parti dell’intesa, non vi era manifestamente alcuna differenza sotto questo aspetto. Ciò viene illustrato dallo scambio di messaggi di posta elettronica il cui contenuto viene menzionato al punto 399 della decisione impugnata, nei quali il sig. A., un dipendente di Prysmian, ha indicato al sig. R., un dipendente della Nexans France, che egli rifiutava di compensare il beneficio dell’assegnazione alla Prysmian della porzione terrestre di un progetto di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione con un altro progetto, ma accettava di prendere in considerazione un contratto di subappalto in accordo con i principi disciplinanti l’attribuzione di un progetto nell’Unione, senza operare distinzioni a seconda che tali progetti fossero progetti di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione o progetti di cavi elettrici sotterranei ad alta tensione.

129    Il fatto che alcune imprese parti dell’intesa, come le ricorrenti, non avessero la capacità o la volontà di cercare di ottenere l’assegnazione di progetti di cavi elettrici sottomarini è irrilevante a questo riguardo.

130    Per quanto riguarda l’affermazione delle ricorrenti secondo cui, in occasione di riunioni A/R, i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei costituivano l’oggetto di riunioni separate, è sufficiente rilevare che, anche se alcune di queste riunioni affrontavano in maniera separata i progetti a seconda del tipo di cavi elettrici in discussione, come testimoniato dagli inviti alle riunioni dell’11 settembre 2003 e del 28 gennaio 2004, l’affermazione suddetta è contraddetta dal fatto che, in altre occasioni, i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei venivano discussi nell’ambito di una stessa riunione. Infatti, in risposta ad un quesito del Tribunale, la Commissione ha prodotto un estratto dell’allegato I della decisione impugnata menzionante un certo numero di incontri per i quali è certo che essi hanno riguardato sia i cavi elettrici sotterranei sia i cavi elettrici sottomarini nel corso di una seduta comune. La Commissione ha precisato che tale estratto non conteneva alcuna informazione su riunioni nel corso delle quali erano state tenute sedute distinte nel corso di giornate successive, o su quelle la cui organizzazione faceva chiaramente apparire che i progetti vertenti sui cavi elettrici sotterranei e quelli relativi ai cavi elettrici sottomarini erano stati discussi nel corso di sedute differenti. Essa ha tuttavia fatto osservare che, anche in occasione di riunioni di questo tipo, i rappresentanti delle imprese erano gli stessi per le discussioni vertenti sui cavi elettrici sotterranei, da un lato, e quelle vertenti sui cavi elettrici sottomarini, dall’altro. In aggiunta, essa ha accluso gli elementi di prova, menzionati nelle note a fondo pagina del suddetto allegato, sui quali essa si fonda per affermare che i progetti di cavi elettrici ad alta tensione sottomarini e i progetti di cavi elettrici ad alta tensione sotterranei venivano discussi in occasione di sessioni comuni nel corso delle suddette riunioni.

131    Invitate dal Tribunale a prendere posizione in merito a tali documenti in occasione dell’udienza, le ricorrenti si sono limitate a far presente che, non avendo preso parte alle riunioni A/R, esse non erano in grado di commentare il loro funzionamento.

132    Orbene, risulta dagli elementi di prova prodotti dalla Commissione che i progetti di cavi elettrici ad alta tensione sottomarini e i progetti di cavi elettrici ad alta tensione sotterranei hanno costituito l’oggetto di discussioni in occasione di sessioni comuni nel corso di almeno tredici riunioni A/R organizzate dal 22 febbraio 2001 al 27 marzo 2003. Tale constatazione è sufficiente per respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei costituivano l’oggetto di riunioni separate in occasione delle suddette riunioni.

133    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui, anche in occasione delle riunioni dei membri R dell’intesa, i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei costituivano l’oggetto di discussioni separate, occorre rilevare che esse non fanno valere alcun elemento di prova a sostegno di esso.

134    A questo proposito, risulta dai punti 114, 249 e 534 della decisione impugnata che la Commissione ha considerato che le riunioni R, le quali erano precedute da una cena organizzata la sera prima, alla quale partecipavano tutti i membri presenti, iniziavano con una parte generale, nel corso della quale le parti discutevano della situazione generale sul mercato nonché di quella delle loro imprese. Sempre secondo la descrizione fornita nella decisione suddetta, in occasione di tale parte generale delle riunioni, la Nexans France e Pirelli/Prysmian informavano anche i produttori europei di importanza minore, come le ricorrenti, in merito a quanto accaduto nell’ambito delle riunioni A/R e successivamente i partecipanti discutevano dei progetti nel SEE e nei «territori d’esportazione» ed indicavano quale produttore aveva manifestato ovvero aveva ottenuto la «preferenza» o l’«interesse» per un certo progetto. Tale descrizione dello svolgimento delle riunioni R induce a ritenere che le parti discutessero dell’insieme dei progetti senza distinguere tra i progetti di cavi elettrici sotterranei e i progetti di cavi elettrici sottomarini. Tuttavia, risulta dalla risposta delle ricorrenti alla comunicazione degli addebiti che, in occasione della riunione R del 18 e 19 novembre 2003, si sono svolte riunioni separate per i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei. Al fine di chiarire tale punto, la Commissione è stata invitata, mediante una misura di organizzazione del procedimento, a precisare al Tribunale in quale misura gli elementi di prova raccolti nel corso del procedimento amministrativo le consentivano di ritenere che i progetti di cavi elettrici sotterranei e i progetti di cavi elettrici sottomarini costituissero l’oggetto di discussioni comuni in occasione delle riunioni R. In risposta a tale invito, la Commissione ha prodotto i processi verbali della riunione A/R del 27 marzo 2003 a Tokyo (Giappone) e delle riunioni R del 23 aprile 2003 e del 12 maggio 2005, nonché un estratto della risposta della J‑Power Systems ad una richiesta di informazioni della Commissione.

135    Invitate dal Tribunale a prendere posizione su tali documenti all’udienza, le ricorrenti hanno fatto valere, senza riferirsi specificamente ad una delle riunioni R citate al punto 134 supra, che tali riunioni si svolgevano sì lo stesso giorno, ma erano separate in due sessioni. Infatti, a loro dire, la prima sessione, che era dedicata ai cavi elettrici sottomarini, si teneva il mattino, mentre la seconda sessione, che riguardava i cavi elettrici sotterranei, si svolgeva nel pomeriggio. Le ricorrenti hanno altresì precisato che, talvolta, le due sessioni non si tenevano lo stesso giorno, ma in successione su due giorni. Esse hanno inoltre fatto valere che i partecipanti a queste diverse sessioni erano necessariamente in parte differenti in quanto le società interessate unicamente ai cavi elettrici sotterranei, come le stesse ricorrenti, non hanno partecipato neppure una volta ad una riunione sui cavi elettrici sottomarini. Secondo le ricorrenti, non esiste, a loro conoscenza, alcun processo verbale di una delle suddette riunioni che menzioni una riunione comune.

136    Tuttavia, occorre rilevare, anzitutto, come dal processo verbale della riunione R del 23 aprile 2003 risulti che i partecipanti a tale riunione, tra cui i rappresentanti della Brugg Kabel, sono stati informati delle discussioni che si erano tenute in occasione della riunione A/R del 27 marzo 2003. Orbene, risulta dal processo verbale di quest’ultima riunione che essa ha dato luogo a discussioni in merito a progetti di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione. Poi, occorre osservare che dall’allegato I della decisione impugnata risulta, senza che ciò sia contestato dalle ricorrenti, che la Brugg Kabel ha partecipato alla riunione R svoltasi in data 30 giugno e 1o luglio 2004. Orbene, non risulta dal processo verbale di quest’ultima riunione che essa abbia dato luogo a discussioni separate riguardanti i cavi elettrici sottomarini e i cavi elettrici sotterranei, dato che i progetti discussi vengono menzionati senza alcun particolare riferimento in proposito. Inoltre, risulta dalla parte del processo verbale intitolata «Ongoing projects» che i progetti «Italy Sardigna» e «Sarco» sono stati discussi in tale occasione. Certo, contrariamente a quanto affermato dalla Commissione, non risulta chiaramente dall’estratto della risposta della J‑Power Systems ad una richiesta di informazioni della Commissione che tali progetti fossero progetti di cavi elettrici sottomarini, dato che questi non vengono espressamente menzionati nella tabella della J‑Power Systems. Tuttavia, risulta dal processo verbale della riunione R del 30 giugno e 1o luglio 2004 che il progetto «Sarco» suscitava delle difficoltà tra i gestori di rete elettrica francese e italiano, il che conferma l’affermazione della Commissione secondo cui tale progetto si riferiva ad una connessione tra la Sardegna e la Corsica ed era dunque un progetto di cavi elettrici sottomarini. Infine, risulta dal processo verbale della riunione R del 12 maggio 2005 che i progetti «Ireland 220 kV» e «GCC» sono stati menzionati in occasione di quest’ultima riunione. Orbene, tali progetti vengono espressamente menzionati come progetti di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione nell’estratto della risposta della J‑Power Systems alla suddetta richiesta di informazioni.

137    Inoltre, la circostanza che i partecipanti alle sessioni delle riunioni R dedicate ai cavi elettrici sotterranei non coincidessero esattamente con i partecipanti alle sessioni delle suddette riunioni dedicate ai cavi elettrici sottomarini è la semplice conseguenza del fatto che alcuni membri dell’intesa non producevano cavi elettrici sottomarini e potevano avere un minore interesse a partecipare alle sessioni dedicate a questo tipo di cavi elettrici. Tuttavia, alla luce dell’insieme delle altre caratteristiche dell’intesa, dalla sola circostanza sopra indicata non può derivare che tale intesa debba essere considerata come costituita da due intese distinte riguardanti, rispettivamente, i cavi elettrici sottomarini e i cavi elettrici sotterranei.

138    Ne consegue che la Commissione non ha commesso alcun errore affermando che i progetti di cavi elettrici sotterranei ad alta tensione e i progetti di cavi elettrici sottomarini ad alta tensione costituivano effettivamente l’oggetto di discussioni in contemporanea nel corso delle riunioni R, e ciò anche se, talvolta, sono state organizzate sessioni distinte come in occasione della riunione dei suddetti membri in data 18 e 19 novembre 2003.

139    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui dei fogli di posizione separati venivano redatti per i progetti di cavi elettrici sottomarini e i progetti di cavi elettrici sotterranei nell’ambito della «configurazione A/R dell’intesa», occorre rilevare che, come risulta dal punto 99 della decisione impugnata, tali fogli di posizione conservavano la medesima struttura formale e rispettavano la medesima ripartizione, ossia la «regola 60/40». Benché ciò non venga esplicitamente precisato nella suddetta decisione, è probabile che la necessità di redigere fogli di posizione differenti fosse correlata alla volontà di non danneggiare le imprese che non producevano uno dei tipi di cavi elettrici, che è quanto sarebbe avvenuto nel caso delle ricorrenti se, ad esempio, la parte secondo la «regola 60/40» assegnata ai membri R dell’intesa fosse stata costituita unicamente da progetti di cavi elettrici sottomarini.

140    Per quanto riguarda l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto tener conto della mancanza di complementarietà tra i diversi elementi dell’intesa, è sufficiente ricordare che, in conformità della giurisprudenza, ai fini della qualificazione di comportamenti diversi come infrazione unica e continuata, non occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi sia destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza ed essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione dell’insieme degli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori, nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un obiettivo unico. Per contro, la condizione attinente alla nozione di obiettivo unico implica che occorre verificare se non sussistano elementi caratterizzanti i diversi comportamenti costitutivi dell’infrazione che siano idonei ad indicare che i comportamenti materialmente adottati da altre imprese partecipanti non condividono il medesimo oggetto o il medesimo effetto anticoncorrenziale e non si iscrivono dunque in un «piano d’insieme» in ragione del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza in seno al mercato interno (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 58 e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, occorre ricordare che, come risulta dalla constatazione effettuata al punto 126 supra, la condizione attinente all’esistenza dell’oggetto unico dell’infrazione risulta soddisfatta nel caso di specie.

141    Alla luce delle considerazioni che precedono, è giocoforza constatare che la Commissione non è incorsa in un errore affermando che i diversi elementi dell’intesa integravano un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE.

c)      Sulla durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

142    Le ricorrenti contestano sia la fissazione, da parte della Commissione, della data di inizio della loro partecipazione all’intesa al 14 dicembre 2001, sia il carattere ininterrotto di tale partecipazione.

1)      Sull’inizio della partecipazione delle ricorrenti all’intesa

143    Le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha dimostrato che la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains fosse una riunione R, come quelle definite nella decisione impugnata, ovvero una riunione in occasione della quale esse avevano partecipato ad un’attività contraria alla normativa in materia di concorrenza. A loro avviso, gli elementi di prova prodotti dalla Commissione non permettono neppure di dimostrare che esse abbiano iniziato a partecipare all’intesa tra il 14 dicembre 2001 e il 3 luglio 2002.

144    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

145    A questo proposito, occorre esaminare la tesi delle ricorrenti secondo cui la Commissione non avrebbe fornito la prova del carattere anticoncorrenziale della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, prima di esaminare, eventualmente, la questione se gli elementi di prova raccolti dalla Commissione fossero sufficienti per dimostrare che le ricorrenti avevano iniziato a partecipare all’intesa prima del 3 luglio 2002.

146    Risulta dal fascicolo che il quesito n. 4 della richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010 era formulato nei seguenti termini:

«La Commissione dispone di informazioni secondo cui una serie di riunioni, nonché comunicazioni con altri mezzi (fax, mail, chiamate telefoniche ecc.), hanno avuto luogo tra i concorrenti come elencati qui di seguito, alla lettera d. Più in particolare, (…) che i seguenti rappresentanti della vostra impresa hanno assistito a tali riunioni/sono stati coinvolti in tali comunicazioni: [sigg. N., P. e K.].

In riferimento alle riunioni elencate sotto alla lettera d. e a qualsiasi altra riunione della stessa natura che possa aver avuto luogo tra concorrenti, si prega di voler fornire o indicare:

–        una conferma della data della riunione;

–        chi ha preso l’iniziativa della riunione;

–        chi ha organizzato e convocato la riunione;

–        il luogo preciso della riunione;

–        i nomi di tutti i partecipanti alla riunione, le loro funzioni e il nome delle imprese che essi rappresentano;

–        i temi all’ordine del giorno;

–        chi ha fissato i temi all’ordine del giorno;

–        il processo verbale della riunione;

–        l’area geografica precisa oggetto della riunione.

Si prega di fornire copia di qualsiasi documento disponibile, sia esso redatto a mano, dattilografato, digitale o in qualsiasi altro formato, riguardante tutte le riunioni elencate infra, alla lettera d., e qualsiasi altra riunione di analoga natura che possa aver avuto luogo tra concorrenti.

Si prega di indicare il nome e le funzioni di qualsiasi altro rappresentante della vostra impresa che ha partecipato alle riunioni elencate infra, alla lettera d., e a qualsiasi altra riunione di analoga natura che possa aver avuto luogo tra concorrenti».

147    Nella loro risposta alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010, le ricorrenti hanno confermato che il 14 dicembre 2001 si era svolta una riunione a Divonne‑les‑Bains, alla quale aveva partecipato il sig. N. Esse hanno altresì fornito la ricevuta della carta di credito di questa persona, recante la data di cui sopra, nonché un estratto della sua agenda nella quale erano annotate la data, il luogo e i partecipanti alla riunione, vale a dire Nexans France e Pirelli.

148    Inoltre, nelle loro risposte alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010, nessun altro destinatario della comunicazione degli addebiti ha confermato di aver partecipato ad una riunione con dei concorrenti il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains.

149    Tuttavia, al punto 292 della comunicazione degli addebiti, la Commissione ha indicato che una riunione R era stata organizzata a Divonne‑les‑Bains il 14 dicembre 2001 e che i partecipanti a tale riunione erano, in ogni caso, la Nexans France, rappresentata dal sig. J., la Sagem, rappresentata dal sig. V., e la Brugg Kabel, rappresentata dal sig. N. La Commissione precisava che la presenza dei sigg. J. e V. risultava da un messaggio di posta elettronica inviato successivamente dal primo al secondo, che si riferiva alla precedente riunione alla quale essi avevano entrambi partecipato. La presenza del sig. N. risultava dalla risposta delle ricorrenti alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010.

150    Nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti, le ricorrenti hanno contestato il carattere anticoncorrenziale della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains facendo valere che questa «non fu nient’altro che il vano tentativo della Nexans [France] e della Prysmian di convincere [la Brugg Kabel] a partecipare agli incontri con altri produttori di cavi elettrici», e che «[la Brugg Kabel] [aveva] però rifiutato di partecipare agli accordi e [aveva] continuato ad essere considerata e trattata come un paria dagli altri destinatari della comunicazione degli addebiti».

151    Al punto 197 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato quanto segue:

«In linea con quanto concordato nella riunione A/R del 13 novembre 2001, un mese dopo, il 14 dicembre 2001, una riunione R viene organizzata a [Divonne‑les‑Bains], in Francia. Alla riunione partecipano sicuramente [il sig. J.] (Nexans) e [il sig. N.] (Brugg [Kabel]) ed è molto probabile che fossero presenti anche il [sig. V.] di Sagem e un rappresentante di Pirelli. Il sito, una residenza di campagna presso [Divonne‑les‑Bains], sarà usato ripetutamente, in seguito, per altre riunioni R».

152    Nella nota a fondo pagina n. 261 collegata al punto 197 della decisione impugnata, la Commissione ha inoltre precisato quanto segue:

«La partecipazione dei [sigg. J. e V.] ci è nota grazie ad una e‑mail inviata il 18 febbraio 2002 [dal sig. J.] [al sig. V.], in cui si fa esplicito riferimento alla riunione precedente svoltasi a [Divonne‑les‑Bains], cui entrambi avevano partecipato, cfr. ID 318/128, ispezione Nexans [France]. Brugg [Kabel] ha confermato la partecipazione [del sig. N.], cfr. ID 1492/4, risposta di Brugg [kabel] del 7 maggio 2010 alla richiesta di informazioni [della Commissione] del 31 marzo 2010. Negli allegati forniti da [Brugg Kabel], viene menzionata anche Pirelli, ID 1492/20, risposta di Brugg [Kabel] del 7 maggio 2010 alla [suddetta richiesta di informazioni]».

153    Ai punti 921 e 922 della decisione impugnata, la Commissione ha poi indicato quanto segue:

«(921)      [Brugg Kabel] ha partecipato agli accordi del cartello a partire dal 14 dicembre 2001, giorno in cui [il sig. N.] (Brugg [Kabel]) ha partecipato a una riunione R a [Divonne‑les‑Bains] (cfr. punto 197). Kabelwerke Brugg AG Holding è responsabile in quanto società madre del comportamento di [Brugg Kabel] dal 14 dicembre 2001. [Brugg Kabel] contesta questa data d’inizio, affermando che la riunione del 14 dicembre 2001 non aveva un carattere anticoncorrenziale e che [Brugg Kabel] quel giorno si era rifiutata di cooperare.

(922)            Numerosi elementi indicano che [la Brugg Kabel] già aveva partecipato agli accordi del cartello prima di tale evento (punti 161, 167 e 186). Benché l’obiettivo della riunione del 14 dicembre 2001 potrebbe certamente essere stato quello di convincere [la Brugg Kabel] ad aderire al cartello, ciò non ne riduce il carattere anticoncorrenziale. Alla riunione A/R del 13 novembre 2001 Nexans e Prysmian avevano annunciato che avrebbero organizzato periodicamente riunioni R, e con la riunione del 14 dicembre 2001 hanno tenuto fede alla loro promessa (punto 188). I partecipanti al cartello europeo hanno assegnato progetti nel SEE e nei territori d’esportazione tramite le riunioni R (cfr. per esempio il punto 315). Non vi sono elementi probatori che dimostrino che [la Brugg Kabel] abbia annunciato nel corso di quella riunione che non avrebbe partecipato all’accordo. In realtà, vi sono le prove che Nexans [France] e Prysmian sono riuscite nel loro tentativo. [Infatti, nella riunione A/R del 30 gennaio 2002,] Nexans [France] e Pirelli hanno informato gli altri partecipanti che “[la Brugg Kabel] e la Sagem [erano state] invitate alla riunione” [“Brugg and Sagem [were] invited in the meeting”] e “avrebbero continuato” [“will continue”] (punto 206). Alla riunione A/R del 5 aprile 2002, gli appunti riferiscono una “atmosfera caratterizzata da una crescente cooperazione con [Brugg Kabel], Sagem e nkt” [“gradually growing cooperative atmosphere with Brugg, Sagem and nkt”] (punto 212). Successivamente, nell’aprile 2002, Brugg [Kabel] aveva previsto di organizzare essa stessa una riunione R. Sebbene questa riunione fu poi cancellata, una seconda riunione organizzata da [Brugg Kabel] si è tenuta il 3 luglio 2002 (punto 217). È estremamente improbabile che Brugg Kabel avrebbe organizzato una riunione del cartello nell’aprile 2002 quando non era ancora un membro del cartello».

154    Risulta dai punti 197, 921 e 922 della decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto che esistessero prove dirette della partecipazione delle ricorrenti, rappresentate dal sig. N., ad una riunione con dei concorrenti organizzata a Divonne‑les‑Bains il 14 dicembre 2001, nonché un sufficiente complesso di prove indirette in merito alla partecipazione a tale riunione se non della Sagem, quantomeno della Nexans France e di Pirelli, nonché al fatto che tale riunione era una riunione R, ossia una riunione dei membri della «configurazione europea dell’intesa».

155    In primo luogo, per quanto riguarda la partecipazione delle ricorrenti – rappresentate dal sig. N. – ad una riunione il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, è sufficiente rilevare come essa non sia contestata.

156    In secondo luogo, per quanto riguarda la partecipazione di altri produttori europei di cavi elettrici alla suddetta riunione, occorre rilevare che, come risulta dalla decisione impugnata, la presenza dei rappresentanti della Nexans France e della Pirelli in occasione di tale riunione è stata indicata dalle stesse ricorrenti nella loro risposta alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2001.

157    Inoltre, occorre rilevare che il messaggio di posta elettronica inviato dal sig. J. al sig. V. il 18 febbraio 2002 fa chiaramente riferimento ad una riunione svoltasi a Divonne‑les‑Bains. Inoltre, la circostanza che altre persone oltre ai sigg. J. e V. abbiano assistito a tale riunione risulta abbastanza chiaramente dal seguente passaggio: «A seguito della nostra riunione a [Divonne‑les‑Bains], le date anticipate del 6 e 7/03 sono divenute impossibili per alcuni di noi e dunque vi propongo in definitiva di tenere la prossima riunione a Parigi il 28 febbraio nel pomeriggio (il luogo vi sarà comunicato più avanti)».

158    Il fatto che la Safran non abbia confermato nella sua risposta alla richiesta di informazioni della Commissione del 31 marzo 2010 la presenza del rappresentante della Sagem, sig. V., in occasione di una riunione svoltasi a Divonne‑les‑Bains alla fine dell’anno 2001 non è significativo al riguardo, dato che, come risulta dalla suddetta risposta, la Safran non era in grado di smentire o di confermare tale informazione per ragioni materiali.

159    Resta il fatto che, come sottolineato dalle ricorrenti, il messaggio di posta elettronica del sig. J. del 18 febbraio 2002 non contiene alcuna indicazione riguardante la data della riunione alla quale esso si riferisce, la partecipazione delle ricorrenti a tale riunione o l’oggetto di quest’ultima, sicché esso consente unicamente di affermare che i sigg. J. e V. hanno assistito, in un momento imprecisato, ma necessariamente precedente alla data di tale messaggio, ad una riunione a Divonne‑les‑Bains insieme ad altre persone la cui identità è del pari indeterminata. Ne consegue che il messaggio in questione non consente, di per sé solo, di dimostrare la presenza della Sagem, rappresentata dal sig. V., in occasione della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains.

160    Gli elementi di prova esaminati ai punti da 156 a 159 supra sono sufficienti per dimostrare che il rappresentante delle ricorrenti, sig. N., nonché i rappresentanti della Nexans France e della Pirelli hanno partecipato ad una riunione il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains. Per contro, questi elementi di prova non permettono di stabilire con certezza che il rappresentante della Sagem, ossia il sig. V., abbia assistito a tale riunione.

161    In terzo luogo, per quanto riguarda la natura della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, occorre rilevare, da un lato, che in tale città si sono tenute regolarmente delle riunioni dei membri R dell’intesa, in occasione delle quali, dopo che i rappresentanti della Nexans France e di Pirelli, e poi di Prysmian, avevano informato gli altri produttori europei in merito alle discussioni svoltesi in occasione della riunione A/R precedente, i partecipanti si spartivano i progetti da realizzare nel «territorio domestico» europeo e quelli da realizzare nei «territori d’esportazione» che erano stati assegnati ai membri R dell’intesa (punto 315 e allegato I della decisione impugnata). Il carattere abituale dell’organizzazione di tali riunioni nella città suddetta è illustrato dal fatto che alcuni dei partecipanti a queste riunioni parlavano perfino, talvolta, della necessità di «divonnare» (punto 364 della decisione impugnata).

162    Dall’altro lato, occorre rilevare che alcuni elementi di prova invocati dalla Commissione nella decisione impugnata sono idonei a dimostrare che la prima riunione R dell’intesa si è tenuta effettivamente a Divonne‑les‑Bains il 14 dicembre 2001.

163    Infatti, risulta dalle note di un dipendente della J‑Power Systems relative alle discussioni che hanno avuto luogo in occasione della riunione A/R del 13 novembre 2001, menzionate al punto 188 della decisione impugnata, che la Nexans France e Pirelli avevano indicato, in tale occasione, che in futuro vi sarebbe stata una discussione tra i membri R dell’intesa una volta al mese.

164    Orbene, nelle note di un dipendente della J‑Power Systems relative alle discussioni che hanno avuto luogo in occasione della riunione A/R del 30 gennaio 2002, menzionate al punto 206 della decisione impugnata, in una parte intitolata «Organizzazione – lato R», si afferma quanto segue:

«Brugg Kabel e Sagem invitate alla riunione. Continueranno. ABB non ha mai voluto aggregarsi. Nkt può essere necessaria perché più attiva sul mercato all’esportazione».

165    Secondo le ricorrenti, le note di un dipendente della J‑Power Systems relative alle discussioni svoltesi in occasione della riunione A/R del 30 gennaio 2002 mettono unicamente in evidenza il fatto che gli altri partecipanti all’intesa perseguivano, in occasione della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, i loro tentativi infruttuosi al fine di convincere esse ricorrenti a partecipare alle riunioni e alle discussioni dell’intesa. Esse sostengono che, se in occasione della riunione suddetta avessero dato il loro accordo a partecipare alle discussioni dopo anni di rifiuti ripetuti, ciò sarebbe stato senz’altro menzionato in occasione della riunione A/R del 30 gennaio 2002 come una novità importante. Le ricorrenti sottolineano infatti che, dopo la riunione R del 3 luglio 2002 alla quale esse hanno partecipato, il sig. J. ha scritto in un messaggio di posta elettronica del 4 settembre 2002 indirizzato al sig. O., dipendente della J‑Power Systems, in vista della riunione A/R del 6 e 7 settembre 2002, che «[c’erano] ormai contatti regolari con la [Brugg Kabel]».

166    Le ricorrenti fanno inoltre valere che è altrettanto probabile che la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains abbia avuto ad oggetto la prosecuzione della negoziazione di un contratto di subappalto con Nexans France riguardante un progetto da realizzare ad Abu Dhabi (Emirati arabi uniti), avviata in occasione di una riunione del 21 novembre 2001 a Parigi (Francia).

167    Tuttavia, occorre considerare, al pari della Commissione, che le note di un dipendente della J‑Power Systems relative alle discussioni che hanno avuto luogo in occasione della riunione A/R del 30 gennaio 2002 dimostrano, al contrario, che l’oggetto della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, alla quale le ricorrenti ammettono di aver partecipato tramite il sig. N., era effettivamente quello di una riunione dei membri R dell’intesa.

168    Infatti, il passaggio, estratto dalle note di un dipendente della J‑Power Systems relative alle discussioni svoltesi in occasione della riunione A/R dell’intesa del 30 gennaio 2002, citato al punto 164 supra, si riferisce allo stato della partecipazione dei produttori europei di cavi elettrici ad una riunione della «configurazione europea dell’intesa» e non al rifiuto di dar seguito all’invito a partecipare ad una riunione siffatta. Ciò risulta, per quanto riguarda la Brugg Kabel e la Sagem, dall’utilizzo dell’espressione «invitate alla riunione» e dall’assenza della menzione di un qualsivoglia rifiuto di queste ultime a questo proposito. Ciò risulta altresì dalla menzione del rifiuto di lunga data della ABB di partecipare a contatti multilaterali che emerge dalla frase «la ABB non ha mai voluto aggregarsi», che giustifica la non partecipazione di quest’ultima alla riunione R, nonché dalla frase secondo cui la partecipazione della nkt cables avrebbe potuto essere necessaria, in quanto essa era più attiva sui mercati di esportazione. Così, può dedursi da tale passaggio che la Brugg Kabel e la Sagem hanno partecipato ad una riunione R e che esse continueranno a parteciparvi.

169    Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione dai vari argomenti delle ricorrenti.

170    Anzitutto, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, il messaggio di posta elettronica inviato il 4 settembre 2002 dal sig. J., dipendente di Nexans france, al sig. O., dipendente della J‑Power Systems, non contiene alcun annuncio particolare riguardante la Brugg Kabel. Il sig. J. vi fa semplicemente menzione dell’importanza di assicurarsi la partecipazione della Exsym all’intesa dal lato dei membri A di quest’ultima, in quanto esistono ormai dei contatti con la nkt cables, la Sagem, nonché con la Brugg Kabel: «Ormai abbiamo regolari contatti con la nkt cables, la S[agem], la Brugg Kabel, se non tiriamo a bordo la Exsym ciò non ha senso».

171    Poi, appare improbabile che un’impresa accetti di partecipare, con dei concorrenti, ad una riunione l’oggetto della quale consiste per questi ultimi nel tentare di convincerla a partecipare all’adozione di un comportamento anticoncorrenziale se essa ha comunque l’intenzione di rifiutare una proposta siffatta. Se le ricorrenti non avevano l’intenzione di prendere parte ad una riunione anticoncorrenziale, esse potevano molto semplicemente rifiutare di parteciparvi.

172    Infine, la spiegazione alternativa fornita dalle ricorrenti, secondo cui la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains poteva altrettanto plausibilmente consistere in una riunione riguardante un contratto di subappalto con la Nexans France relativo ad un progetto da realizzare ad Abu Dhabi che aveva costituito l’oggetto di una precedente riunione il 21 novembre 2001 a Parigi, è difficilmente conciliabile con l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains non era altro che un vano tentativo della Nexans France e di Pirelli di convincere esse ricorrenti a partecipare all’intesa. Inoltre, questa tesi è resa poco credibile dal fatto che, da un lato, risulta dall’agenda del sig. N. prodotta dalle ricorrenti in risposta ad una richiesta di informazioni della Commissione che costui doveva incontrare il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains non soltanto la Nexans France, ma anche la Pirelli. Orbene, è difficile immaginare la ragione per cui la Pirelli avrebbe dovuto partecipare ad una riunione relativa unicamente alla conclusione di un contratto di subappalto tra le ricorrenti e la Nexans France. Dall’altro lato, occorre rilevare che le ricorrenti non producono alcun elemento di prova riguardo all’oggetto della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, mentre invece esse hanno fornito elementi siffatti in merito alla riunione del 21 novembre 2001 a Parigi.

173    A quest’ultimo proposito, occorre rilevare che, se certo le ricorrenti, come esse sostengono, sono libere di proporre un’interpretazione dei fatti diversa da quella fatta propria dalla Commissione, al fine di mettere in dubbio le conclusioni di quest’ultima quanto alla natura della riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, spetta al Tribunale valutare la credibilità di tale interpretazione alla luce, in particolare, degli elementi di prova prodotti o meno dalle ricorrenti. Orbene, come rilevato dalla Commissione, risulta dai documenti prodotti dalle ricorrenti negli allegati della replica che, in occasione degli scambi preparatori della riunione svoltasi il 21 novembre 2001 a Parigi, il tema di quest’ultima riunione veniva chiaramente menzionato. Infatti, nel messaggio di posta elettronica inviato dal sig. C., dipendente della Nexans France, al sig. N., dipendente della Brugg Kabel, viene indicato in particolare quanto segue: «temi affrontati: contratto di subappalto alla Brugg per il circuito B del progetto».

174    Se, come le ricorrenti sostengono, la riunione del 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains aveva avuto anch’essa ad oggetto la conclusione del contratto di subappalto in questione, è probabile che il tema di questa riunione avrebbe figurato negli scambi di corrispondenza preparatori per l’organizzazione della riunione stessa. Tuttavia, le ricorrenti non hanno fornito siffatti documenti. Inoltre, occorre rilevare che il messaggio di posta elettronica inviato lo stesso giorno dal sig. N. al sig. C. contiene nella rubrica «Agenda» la menzione «contratto negoziazione e firma», il che rende l’ipotesi di un prolungamento di tale negoziazione in occasione di detta riunione poco credibile in assenza di elementi di prova in tal senso.

175    Alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 145 a 174 supra, occorre dichiarare che la Commissione ha dimostrato in termini giuridicamente sufficienti che le ricorrenti, rappresentate dal sig. N., avevano partecipato, il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains, ad una riunione dei membri R dell’intesa, sicché la Commissione era legittimata a fissare a questa data l’inizio della partecipazione delle ricorrenti all’intesa.

2)      Sul carattere ininterrotto della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

176    Le ricorrenti fanno valere che, come la Commissione ha riconosciuto in più punti della motivazione della decisione impugnata, i comportamenti che vengono ad esse imputati costituiscono infrazioni uniformi e ripetute, il che implica un’interruzione nei suddetti comportamenti. Di conseguenza, vi sarebbe una contraddizione tra l’articolo 1 del dispositivo della decisione impugnata, che imputa alle ricorrenti la responsabilità della partecipazione ad un’infrazione unica e continuata, e le ragioni alla base dello stesso.

177    Inoltre, le ricorrenti sostengono che, poiché l’intesa attraversava nel 2005 un periodo di crisi, esse non sarebbero state tenute a prendere pubblicamente le distanze da essa per dimostrare che avevano interrotto la loro partecipazione, ciò che si sarebbe verificato nel periodo dal 12 maggio 2005, data della partenza del sig. P., uno dei loro dipendenti, all’8 dicembre 2005. A loro avviso, tale interruzione era motivata dalla volontà del loro nuovo gruppo dirigente di rispettare la nuova legislazione svizzera in materia di divieto di intese. Le ricorrenti ritengono che ciò risulti dalla corrispondenza tra il sig. N. e il coordinatore dei membri R dell’intesa, sig. J., nonché dalla corrispondenza tra quest’ultimo e vari partecipanti all’intesa che si lamentavano della concorrenza che esse facevano loro su diversi progetti.

178    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

179    A questo proposito, in primo luogo, per quanto riguarda la presunta contraddizione tra la motivazione e il dispositivo della decisione impugnata quanto al carattere ripetuto o continuato dell’infrazione imputata alle ricorrenti, occorre rilevare che la Commissione ha utilizzato nella versione tedesca della decisione impugnata le espressioni «einheitliche und fortgesetzte» e «einzige und fortdauernde» per designare l’infrazione. Orbene, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, da ciò non discende che la Commissione abbia riconosciuto una qualsivoglia interruzione nella loro partecipazione all’infrazione, dato che le due dette espressioni hanno un contenuto semantico simile ed esprimono l’idea di un medesimo comportamento proseguito senza interruzioni.

180    Inoltre, al punto 620 della decisione impugnata, viene precisato che, «[s]econdo quanto emerge dalle prove, le parti hanno perseguito l’obiettivo unico del cartello ininterrottamente dal 18 febbraio 1999 al 29 gennaio 2009». Del pari, risulta dalla tabella 8, dal titolo «Coefficienti moltiplicatori relativi alla durata», contenuta al punto 1012 della decisione impugnata, che la Commissione non ha indicato alcuna interruzione tra l’inizio della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione, il 14 dicembre 2001, e la fine di tale partecipazione, il 16 novembre 2006.

181    Pertanto, non si può affermare che esista una contraddizione tra la motivazione della decisione impugnata e il dispositivo della stessa riguardo al carattere unico e continuato dell’infrazione.

182    In secondo luogo, per quanto riguarda la presunta interruzione della partecipazione delle ricorrenti all’intesa dal 12 maggio 2005 all’8 dicembre 2005, occorre rilevare anzitutto che, contrariamente a quanto le ricorrenti lasciano intendere, la Commissione non ha fondato nella decisione impugnata il proprio rifiuto di ritenere che dette ricorrenti avessero interrotto la loro partecipazione all’infrazione nel corso dell’anno 2005 sulla loro mancata presa di distanza pubblica dall’intesa, bensì su elementi di prova che dimostravano la prosecuzione di tale partecipazione.

183    Le ricorrenti evidenziano alcuni passaggi della corrispondenza tra il sig. N. e il sig. J. al fine di dimostrare che esse avevano, dal loro punto di vista, sospeso la loro partecipazione all’intesa.

184    In tal senso, le ricorrenti citano un messaggio di posta elettronica del sig. N. del 10 maggio 2005, nel quale costui ha dichiarato che rifiutava di partecipare alla riunione R dell’11 e del 12 maggio 2005, facendo riferimento all’uscita del sig. P. dall’impresa alla fine del maggio 2005, nonché a un mutamento nel gruppo dirigente.

185    Le ricorrenti citano anche un messaggio di posta elettronica del 26 ottobre 2005 del sig. J., nel quale quest’ultimo si è lamentato con il sig. N. della concorrenza aggressiva che esse avevano condotto, osservando quanto segue:

«Abbiamo l’impressione che state diventando piuttosto aggressivi per quel che riguarda il progetto di cui sopra. A nostro avviso, tale progetto deve essere riservato al nostro amico, [sig. R.C.], e pensiamo che non sia ragionevole mostrarsi aggressivi per questo tipo di progetto nel paese nel quale è basato».

186    Secondo le ricorrenti, l’interruzione della loro partecipazione è stata espressamente confermata in un messaggio di posta elettronica del 9 dicembre 2005 inviato al sig. N. dal sig. J., nel quale quest’ultimo ha scritto «dopo di allora [il sig. P.] se n’è andato e voi avete lasciato cadere i “seminari”». Esse sottolineano che, in questo stesso messaggio, il sig. J. si è inoltre informato presso il sig. N. per sapere se egli partecipava di nuovo alle riunioni e gliene ha chiesto conferma in questi termini: «Siete ufficialmente tornati ai seminari? Speriamo sinceramente che possiate confermarci che è così».

187    Tuttavia occorre rilevare che il messaggio del sig. N. del 10 maggio 2005 era redatto come segue:

«Alla luce delle attuali tensioni legate allo sviluppo dell’affare Al Aweer nonché all’attuale cambiamento nel gruppo dirigente della [Brugg Kabel]/[il sig. P.] se ne andrà da qui entro la fine di maggio 2005/ ci spiace informarvi che per questo seminario [la Brugg Kabel] non parteciperà.

Speriamo che AWEER si svilupperà come discusso in precedenza rendendo proficua la futura partecipazione. (…)».

188    Ne consegue che, da un lato, la decisione di non partecipare alla riunione R dei giorni 11 e 12 maggio 2005 era certo motivata dalla partenza del sig. P. e dal cambiamento del gruppo dirigente della Brugg Kabel, ma anche dalle tensioni legate allo sviluppo del progetto «Al Aweer» e che, dall’altro lato, tale decisione riguardava unicamente detta riunione. Inoltre, come risulta anche dal messaggio di posta elettronica del sig. N. del 10 maggio 2005, costui non escludeva di partecipare alle riunioni successive, purché il suddetto progetto si sviluppasse in conformità delle discussioni svoltesi in precedenza. Ne consegue che, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, tale messaggio non può essere considerato come l’annuncio di una sospensione della loro partecipazione all’intesa.

189    Allo stesso modo, occorre rilevare che, in un messaggio di posta elettronica del 14 giugno 2005 inviato al sig. J. dal sig. N., quest’ultimo scrive quanto segue in merito ad una gara d’appalto in Kuwait:

«Preso nota dell’assenza [del sig. R. di Nexans France] alla riunione preliminare alla presentazione delle offerte.

Intenzione di non [presentare offerte], comunque verificando se sia “politicamente accettabile”.

In caso di [presentazione di offerte] chiederò istruzioni.

Preso nota della vostra osservazione circa l’incidente al cavo ed esprimo il mio accordo (…)».

190    È importante rilevare che l’osservazione relativa all’incidente riguardante il cavo si riferisce ad un precedente messaggio di posta elettronica del sig. J. del 14 giugno 2005, nel quale quest’ultimo aveva indicato: «La ringrazio se vorrà prendere nota della possibilità che voi veniate chiamati per effettuare una riparazione su un cavo recentemente colpito da un guasto accidentale nel medesimo paese. In tal caso, si prega di comunicare (riceveremo istruzioni, ciò aiuterà a ristabilire i contatti.»

191    Risulta dallo scambio di messaggi di posta elettronica tra il sig. J. e il sig. N. in data 14 giugno 2005 che, a questa data, le ricorrenti mantenevano dei contatti con il sig. J., il coordinatore dei membri R dell’intesa, in vista dell’attuazione di quest’ultima.

192    Ciò risulta altresì da un messaggio di posta elettronica del 21 ottobre 2005 parimenti inviato dal sig. J. al sig. N., nel quale quest’ultimo scrive in particolare quanto segue:

«Dopo il nostro atteggiamento cooperativo nella chiusura del MEW/60: 18‑09‑2005 per 92 km XPLE 132 kv che permette alla TEC di mettere al sicuro il suo primo XLPE in [Kuweit], non comprendiamo bene il loro comportamento in (…).

Quando abbiamo confermato la nostra coop[erazione] per MEW/60, vi ho menzionato tale progetto e confidavo nel fatto che tale messaggio sarebbe stato trasmesso alla TEC. [Brugg Kabel] è molto interessata ed è in realtà impedita unicamente dalle azioni della TEC che non è ancora stata preselezionata. Il livello di prezzi è ormai al di sotto di (…) 100. (…)

Noto soltanto, in aggiunta, che tale cooperazione è richiesta dalla [Brugg Kabel] sempre più spesso, mentre sono molti a soffrire di “Alzheimer”.»

193    La partecipazione delle ricorrenti all’infrazione nel corso dell’anno 2005 è ulteriormente confermata da due messaggi di posta elettronica inviati al sig. J. dal sig. N. nel dicembre 2005 e nel gennaio 2006.

194    Infatti, in un messaggio del 12 dicembre 2005, il sig. N. ha scritto quanto segue:

«Il nuovo (giovane) gruppo dirigente di [Brugg kabel] ha paura da quando abbiamo in Svizzera una nuova legge [antitrust], ed ha ricevuto istruzioni dal consiglio di rispettarla. Voi sapete che, malgrado questo, nel 2005 io ho agito come se … (per es. [Kuweit])

Noi non abbiamo rovinato il livello!

Tutti i partecipanti ai “seminari” possono ripensare a questa bellissima annata 2005.

… e tutti sono in un’eccellente posizione. (…)».

195    Allo stesso modo, in un messaggio di posta elettronica del 24 gennaio 2006 relativo ad un progetto da realizzare in Kuweit, il sig. N. scrive al sig. J. quanto segue:

«Constato nuovamente la grande diversità di vedute tra di noi riguardo alla situazione. Anche se i vostri blocchetti di ordinativi sono pieni pieni, voi domanderete incessantemente di più. Difficile per me creare una politica di sopravvivenza che vi vada bene! Ero così ingenuo da crederci lo stesso per lungo tempo (…) Allora lavoravo per anni a favore di un coordinamento con dei grandi (…)

(…) c’era molto business nel 2005 (abbiamo lasciato passare quasi tutto per voi)

p.es.

’A’ MEW 101 (il che compensa 082 largamente)

’K’ MEW/60 92km XLPE 132 kV

’[Pirelli]’ ME/EW/66‑2005/06

’A’ MEW/52/2006‑06

E solo per menzionare una piccola cooperazione che ho richiesto tramite te da ’A’ al Qatar: mi si manda a farmi benedire, si pretende che non si possa più fare nulla ecc. ecc. Allo stesso tempo [Nexans]+ABB prendono GTC/22/04 con 102 km 132kV 1x2000mm2 (…)».

196    Il sig. N. precisa inoltre, nel suo messaggio di posta elettronica del 24 gennaio 2006, che, in merito ad una violazione dell’intesa di cui le ricorrenti si sarebbero rese colpevoli relativamente al MEW 082, «questo è avvenuto senza abbattere i prezzi!».

197    Risulta dalla lettura di tale corrispondenza intercorsa tra il sig. J., coordinatore dei membri R dell’intesa, e il sig. N. che, dal punto di vista delle ricorrenti, queste ultime, pur non partecipando più alle riunioni a motivo dei timori espressi dal loro nuovo gruppo dirigente, non avevano sospeso la loro partecipazione all’intesa e contribuivano persino attivamente al successo della stessa.

198    Contrariamente a quanto fanno valere le ricorrenti, risulta altresì dai messaggi scambiati tra il sig. J. e vari partecipanti all’intesa che questi ultimi ritenevano che le ricorrenti vi partecipassero anche nel corso della seconda parte dell’anno 2005.

199    Indubbiamente, i messaggi di posta elettronica il cui contenuto viene citato nell’atto introduttivo del presente giudizio dalle ricorrenti attestano l’irritazione manifestata da alcuni partecipanti all’intesa riguardo al comportamento delle ricorrenti in sede di attuazione dell’intesa stessa.

200    Infatti, in un messaggio di posta elettronica del 14 settembre 2005 inviato al sig. J. dal sig. R.C., dipendente di Prysmian, costui ha scritto: «Per favore assicuratevi che [la Brugg Kabel] non rappresenti un problema».

201    Il malcontento del sig. J. e del sig. R.C. verso l’atteggiamento della Brugg Kabel risulta anche dal messaggio di posta elettronica del 26 ottobre 2005, inviato dal sig. J. al sig. N., il cui contenuto è riportato al punto 185 supra.

202    In un messaggio di posta elettronica del 28 ottobre 2005, inviato al sig. J. dal sig. R.C., quest’ultimo è ritornato sull’atteggiamento della Brugg Kabel esprimendosi nei seguenti termini:

«Mi hanno appena informato che la Brugg Kabel ha raddoppiato gli sforzi e sta diventando ancora più aggressiva. Solo per dirti che se qualcosa non va per il verso giusto, noi daremo battaglia a [Brugg Kabel] su ogni progetto (dappertutto) al fine di assicurarci che perdano degli appalti o comunque perdano il massimo di denaro per ottenere degli appalti. (…) Tu sai che questo non mi piace assolutamente, ma quando è troppo è troppo. Riguardo a questa faccenda ho una mezza voglia di “buttarla sul personale”.

203    Sempre in merito all’atteggiamento delle ricorrenti, in un messaggio di posta elettronica del 9 novembre 2005 inviato al sig. J., il sig. R.C. ha riferito che le ricorrenti si sarebbero battute per il progetto «E‑Plus», utilizzando questi termini: «[Brugg Kabel] apparentemente ha confermato il proprio interesse a battersi ([il sig. K.] l’ha confermato)».

204    Il sig. R.C. ha d’altronde successivamente confermato al sig. J., in un messaggio di posta elettronica del 3 gennaio 2006, che egli aveva perduto il progetto «E‑plus» a beneficio delle ricorrenti.

205    Il malcontento del sig. R.C. riguardo al comportamento delle ricorrenti risulta anche da un messaggio di posta elettronica del 16 novembre 2005 nel quale egli scrive al sig. J. quanto segue:

«(…) I vostri amichetti di [Brugg Kabel] sono molto aggressivi su un altro contratto da 380 kV qui (…). Il vostro atteggiamento distaccato di fronte a tutte queste aggressioni vuol forse dire che siete sul punto di abbandonare questo territorio e che dunque l’arroganza di [Brugg Kabel] vi è indifferente?».

206    Tuttavia, è giocoforza constatare che, come risulta dal messaggio di posta elettronica del sig. R.C. del 16 novembre 2005, quest’ultimo riteneva che le ricorrenti fossero ancora vincolate alle regole dell’intesa, in quanto egli denunciava proprio la loro presunta violazione di tali regole. Infatti, se non fosse stato così, il sig. R.C. non avrebbe avuto alcuna ragione di lamentarsi del comportamento delle ricorrenti con il sig. J., coordinatore dei membri R dell’intesa.

207    Inoltre, occorre rilevare, così come ha fatto la Commissione al punto 346 della decisione impugnata, che la presunta violazione delle regole dell’intesa da parte delle ricorrenti nel corso della seconda metà dell’anno 2005 non ha avuto il risultato di farle considerare dagli altri membri dell’intesa come delle «outsiders». Esse non hanno infatti costituito l’oggetto delle misure coordinate previste in occasione della riunione svoltasi a Divonne‑les‑Bains il 15 marzo 2005 alla quale esse hanno partecipato.

208    Inoltre, risulta dall’elenco delle imprese partecipanti all’intesa effettuato il 24 giugno 2005 dal sig. J., menzionato al punto 353 della decisione impugnata, che le ricorrenti sono ancora citate tra i membri medi («medium ones») dell’intesa. Non vi si fa alcun riferimento ad un allontanamento.

209    Allo stesso modo, come giustamente rilevato dalla Commissione, risulta dal messaggio di posta elettronica del 26 agosto 2005 inviato dal sig. J. al sig. I., dipendente della Exsym, ed al sig. R.C., dipendente di Prysmian, menzionato al punto 358 della decisione impugnata, che le ricorrenti erano ancora considerate a questa data come membri dell’intesa. In detto messaggio si parla della necessità di assicurarsi la permanenza nell’intesa di alcuni partecipanti nei seguenti termini:

«Se voi dite che [Taihan e LS Cable] sono al di fuori di “A”, allora [la percentuale del 40%] non è più valida e deve forse essere ridotta a 20 tenuto conto del bilancio di questi ultimi anni. Km è decisamente nella zona negativa per [il sig. C. di Pirelli]. Dunque, o [Taihan e LS Cable] sono al di fuori di “A” e i due [progetti di cavi ad olio] seguenti devono andare al [sig. C. di Pirelli] per riequilibrare la situazione, come avete già convenuto, o [loro] [sono] dentro [“A”] e deve applicarsi il sistema di rotazione. Comprendiamo che avete delle difficoltà a controllare [Taihan e LS Cable] così come noi abbiamo difficoltà a controllare [ABB] e [Brugg Kabel] e [Sagem] o [nkt cables], ma questo [non vuol dire] che si debba mandarle fuori [dall’intesa]. È semplicemente un fatto al quale occorre adattarsi (come è stato fatto per (…) o le Filippine o (…)). Ancora una volta, è nell’interesse di noi tutti mantenere (…) perché dare il progetto EDC a [Taihan] o a [LS Cable] ci aiuterà tutti».

210    Orbene, occorre ricordare che, ai sensi della giurisprudenza, è proprio il modo in cui gli altri partecipanti di un’intesa percepiscono le intenzioni dell’impresa in questione l’elemento determinante per valutare se quest’ultima abbia voluto prendere le distanze dall’accordo illecito (sentenza del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, EU:C:2009:166, punto 120).

211    Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dal messaggio di posta elettronica del 9 dicembre 2005 inviato al sig. N. dal sig. J., nel quale quest’ultimo ha scritto che «dopo di allora [il sig. P.] se n’è andato e voi avete lasciato cadere i “seminari”)» ed ha chiesto al sig. N. se egli tornava a partecipare ufficialmente alle riunioni [«Siete ufficialmente tornati ai seminari? Speriamo sinceramente che possiate confermarci che è così»]. Infatti, come si è esposto ai punti da 183 a 210 supra, malgrado l’assenza del sig. N. alle riunioni R dell’intesa, le ricorrenti hanno chiaramente proseguito la loro partecipazione a quest’ultima nel corso di tale periodo.

212    Occorre altresì respingere l’argomento che le ricorrenti tentano di ricavare da uno scambio di messaggi di posta elettronica tra il sig. R.C. e il sig. J. del 9 gennaio 2006 dal quale risulterebbe che le ricorrenti non reagivano alle richieste di contatto della Nexans France, dato che le stesse ricorrenti hanno ammesso che, a questa data, esse avevano ripreso la loro partecipazione all’intesa.

213    Di conseguenza, occorre concludere che la Commissione non è incorsa in alcun errore affermando, sulla base degli elementi di prova che essa aveva raccolto, che le ricorrenti avevano partecipato all’intesa senza interruzioni dal 14 dicembre 2001 fino al 16 novembre 2006.

d)      Sull’intenzione delle ricorrenti di contribuire all’insieme degli obiettivi dell’intesa e sulla loro conoscenza di alcuni comportamenti costitutivi dell’infrazione

214    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione non ha sufficientemente dimostrato che esse intendessero contribuire con il loro comportamento alla realizzazione dell’insieme degli obiettivi comuni dell’intesa. A loro avviso, tale dimostrazione sarebbe assente in riferimento all’assegnazione di progetti di cavi elettrici sottomarini, all’«assegnazione dei mercati nazionali» e all’assegnazione di mercati di grande rilievo. La decisione impugnata non conterrebbe neppure precisi elementi che dimostrino che esse erano a conoscenza dei comportamenti illeciti degli altri partecipanti all’intesa riguardanti l’assegnazione di appalti di cavi elettrici sottomarini.

215    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

216    A questo proposito, occorre ricordare che un’impresa che abbia partecipato a un’infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, che rientravano nelle nozioni di accordo o di pratica concordata avente un oggetto anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e che miravano a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo insieme, può così essere responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione a quest’ultima. Tale ipotesi ricorre quando sia dimostrato che detta impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti dall’insieme dei partecipanti e che essa era al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata).

217    Dunque, un’impresa può avere partecipato direttamente all’insieme dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, nel qual caso legittimamente la Commissione può imputarle la responsabilità di tutti questi comportamenti e, dunque, di tale infrazione nel suo insieme. Un’impresa può anche avere partecipato direttamente soltanto ad una parte dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguire i medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. Anche in questo caso la Commissione può legittimamente imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono tale infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v. sentenza del 26 gennaio 2017, Villeroy & Boch/Commissione, C‑625/13 P, EU:C:2017:52, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).

218    Nel caso di specie, in primo luogo, per quanto riguarda l’insussistenza di una volontà delle ricorrenti di contribuire all’insieme degli obiettivi comuni dell’intesa, occorre ricordare che, come si è constatato al punto 126 supra, le misure adottate dai partecipanti all’intesa condividevano un obiettivo comune, vale a dire l’instaurazione di un sistema di ripartizione del mercato mondiale dei progetti di cavi elettrici ad alta tensione, ad eccezione degli Stati Uniti. Occorre altresì ricordare che, come si è esposto al punto 128 supra, tale sistema di ripartizione del mercato dei progetti di cavi elettrici ad alta tensione riguardava sia progetti che richiedevano cavi elettrici sottomarini sia progetti implicanti cavi elettrici sotterranei.

219    Orbene, contrariamente a quanto sostengono le ricorrenti, la circostanza che esse non abbiano partecipato all’assegnazione dei progetti di cavi elettrici sottomarini non è idonea a dimostrare che esse non intendessero contribuire, con il loro comportamento, all’obiettivo comune dell’intesa ricordato al punto 218 supra, dato che, per loro stessa ammissione, tale assenza di partecipazione derivava dalla loro mancanza di capacità di produrre questo tipo di cavi elettrici, e non da una volontà chiaramente espressa di non prendere parte all’assegnazione di tali progetti. Inoltre, così come rispecchiato dal punto 324 della decisione impugnata, nel quale la Commissione fa riferimento al fatto che le ricorrenti avevano chiesto una preferenza per un progetto riguardante la posa di cavi elettrici sotterranei in acque poco profonde, malgrado la loro incapacità di produrre cavi elettrici sottomarini propriamente detti, le ricorrenti avevano la volontà, nella misura in cui questo era tecnicamente ipotizzabile, di partecipare all’attribuzione di progetti che avrebbero, in linea di principio, richiesto la posa di cavi elettrici sottomarini.

220    Non è convincente neppure l’argomentazione delle ricorrenti secondo cui la loro mancata partecipazione all’assegnazione di progetti di grande rilievo dimostrerebbe che esse non intendevano contribuire, con il loro comportamento, all’obiettivo comune dell’intesa. Infatti, anzitutto, risulta dalla decisione impugnata che i meccanismi dell’intesa, fossero questi gli obblighi di informazione, le regole di assegnazione o i meccanismi di compensazione, non facevano distinzioni a seconda del volume dei progetti in questione (la perdita di un grosso progetto poteva essere compensata con l’assegnazione di vari progetti più piccoli e viceversa). Poi, occorre rilevare che la presunta mancata partecipazione delle ricorrenti riguardo ai progetti di grande rilievo deriva, come esse stesse chiariscono in dettaglio, dalla loro mancanza di capacità a soddisfare bisogni dei clienti per tali progetti. Infine, risulta da un messaggio di posta elettronica inviato dal sig. J. al sig. I. che le ricorrenti non esitavano a presentare delle offerte per progetti di rilievo facendo ricorso, se del caso, a subappaltatori per rimediare ai loro problemi di capacità.

221    Occorre altresì respingere l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse non avevano voluto rispettare «l’assegnazione dei mercati nazionali». Infatti, occorre rilevare che, come risulta dal punto 108 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che, al momento della ripartizione dei progetti di cavi elettrici tra i membri R dell’intesa, esistevano prove che alcuni di essi si erano visti riconoscere un «mercato domestico» (ad esempio l’Italia per Nexans France e Prysmian, i Paesi Bassi per Prysmian) sul quale essi godevano di una priorità. Le ricorrenti fanno valere che, come risulta da vari elementi di prova, esse hanno a più riprese rifiutato di rispettare l’assegnazione dei mercati nazionali presentando offerte nei territori considerati come mercato domestico di altri partecipanti all’intesa. Orbene, è giocoforza constatare che, così facendo, le ricorrenti si limitano ad affermare che esse non sempre hanno rispettato una delle regole di ripartizione dei progetti tra i membri R dell’intesa, il che non dimostra, di per sé, che esse non avessero intenzione di contribuire all’obiettivo comune dell’intesa. Occorre inoltre rilevare che, come le ricorrenti riconoscono, non era l’«assegnazione dei mercati nazionali» di per sé stessa che poneva loro un problema, bensì il fatto che, poiché esse non si erano viste riconoscere un territorio siffatto dagli altri partecipanti all’intesa, non potevano concretamente beneficiarne.

222    In secondo luogo, per quanto riguarda la mancanza di conoscenza dei comportamenti illeciti relativi ai cavi elettrici sottomarini, occorre rilevare che, come si è chiarito al punto 134 supra, le riunioni R alle quali partecipava il sig. N. iniziavano con una parte generale nella quale i rappresentanti di Nexans France e di Pirelli informavano gli altri membri R dell’intesa in merito alle discussioni che si erano tenute in occasione della riunione A/R precedente. Orbene, come si è constatato ai punti da 130 a 132 supra, le riunioni A/R riguardavano la ripartizione dei progetti di cavi elettrici sotterranei e sottomarini nei «territori d’esportazione» tra i membri R della medesima intesa, da un lato, e i membri A e K dell’intesa in questione, dall’altro. Ne consegue che le ricorrenti erano necessariamente a conoscenza del fatto che i progetti di cavi elettrici sottomarini costituivano l’oggetto di una ripartizione tra i membri A e R dell’intesa. Per quanto riguarda la conoscenza che le ricorrenti avevano della ripartizione dei progetti di cavi elettrici sottomarini tra i membri R dell’intesa, occorre rilevare che, anche supponendo che, al pari della riunione R del 18 e 19 novembre 2003, le discussioni riguardanti i cavi elettrici sottomarini e i cavi elettrici sotterranei si siano sempre tenute in modo separato e che i rappresentanti della Brugg Kabel non abbiano mai assistito a riunioni R in occasione delle quali i progetti di cavi elettrici sotterranei e i progetti di cavi elettrici sottomarini costituivano l’oggetto di discussioni comuni – ciò che viene fortemente messo in dubbio dagli elementi di prova prodotti dalla Commissione in risposta ad una misura di organizzazione del procedimento adottata dal Tribunale (v. punti da 134 a 138 supra) –, la circostanza che le ricorrenti sapessero, tenuto conto dei documenti di preparazione delle riunioni dei membri in questione, che si sarebbero svolte delle discussioni in merito ai cavi elettrici sottomarini è sufficiente per dimostrare che esse erano conoscenza di tale ripartizione o avrebbero dovuto nutrire un dubbio in tal senso. Inoltre, risulta dal messaggio di posta elettronica inviato dal sig. J. al sig. N. il 23 gennaio 2006, riportato ai punti 377 e 378 della decisione impugnata, e vertente sull’assegnazione nei «territori d’esportazione», che le ricorrenti sapevano che gli accordi prevedevano un coordinamento per i progetti di cavi elettrici sottomarini. Risulta infatti da tale messaggio quanto segue: «A non ha più fiducia e rifiuta di continuare l’esercizio [Kuweit] (e dunque rifiuta questa assegn.) se [il sig. C. di Pirelli] e tu non vi impegnate a rispettare gli accordi che verranno riguardo a questo paese. [Il sig. C. di Pirelli] ha confermato che essi avrebbero seguito in futuro e hanno dato una spiegazione credibile del loro gesto (collegato a un progetto sottomarino)».

223    Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre dichiarare che la Commissione non è incorsa in alcun errore affermando che le ricorrenti, con il loro comportamento, miravano a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo insieme ed erano a conoscenza dei comportamenti illeciti degli altri membri dell’intesa, ai sensi della giurisprudenza ricordata ai punti 216 e 217 supra.

e)      Sulla prova del fatto che le ricorrenti erano a conoscenza degli accordi relativi ai diversi progetti di cavi elettrici

224    Le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che esse erano a conoscenza degli accordi relativi a ciascuno dei progetti o che esse potevano prevederli almeno per i mercati nazionali o i progetti di cavi elettrici sottomarini.

225    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

226    A questo proposito, occorre rilevare, così come ha fatto la Commissione, che l’articolazione generale degli obblighi di informazione e delle quote riguardava l’insieme dei progetti costituenti l’oggetto dell’intesa, ed era su tale carattere del piano complessivo che verteva l’esigenza di prova. Così come i membri R dell’intesa dovevano per l’appunto manifestare essi stessi attivamente il proprio interesse per progetti specifici se volevano essere presi in considerazione per l’assegnazione di questi ultimi, è logico che un produttore di taglia minore come le ricorrenti non fosse esplicitamente menzionato per tutti i progetti. Ciò tuttavia non cambia nulla del fatto che esse hanno partecipato, nell’insieme, alle modalità adottate e che, come la Commissione ha dimostrato, esse erano a conoscenza del modus operandi generale.

f)      Sulla motivazione della decisione impugnata in ordine all’identità dei progetti di cavi elettrici in questione

227    Le ricorrenti imputano alla Commissione di non aver precisato nella decisione impugnata i progetti che dovevano costituire l’oggetto di un accordo, essendosi accontentata di utilizzare delle abbreviazioni o delle denominazioni generiche, e di aver presentato lo stesso progetto come se fossero più progetti distinti a causa di leggere differenze di designazione.

228    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

229    A questo proposito, occorre rilevare che risulta, per esempio, dai punti 234 e 372 della decisione impugnata, che contengono numerosi estratti di comunicazioni tra i membri dell’intesa, che questi ultimi facevano sistematicamente riferimento ai progetti di cavi elettrici in questione utilizzando abbreviazioni o allusioni in codice con un evidente scopo dissimulatorio. Date tali circostanze, l’obbligo di motivazione, che incombe alla Commissione in forza dell’articolo 296 TFUE, non può portare ad esigere da quest’ultima che essa identifichi con precisione ciascuno dei progetti menzionati dai partecipanti all’intesa nelle loro comunicazioni.

230    Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre respingere il terzo motivo di ricorso, nonché il quarto motivo di ricorso, in quanto infondati.

4.      Sul quinto motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE

231    Le ricorrenti sostengono che l’applicazione della nozione di infrazione unica e continuata nel caso di specie costituisce una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE.

232    A sostegno di tale motivo di ricorso, le ricorrenti si limitano a rinviare agli argomenti già addotti nell’ambito del terzo e del quarto motivo per dimostrare che l’infrazione in questione non costituisce un’infrazione unica e continuata. In particolare, esse rinviano agli argomenti relativi all’inizio della loro partecipazione all’intesa a partire dal 14 dicembre 2001, alla durata ininterrotta della suddetta partecipazione, alla conoscenza degli accordi riguardanti i cavi elettrici sottomarini o al dovere di conoscerli, alla loro partecipazione ad accordi riguardanti i mercati nazionali e alla loro partecipazione a progetti di grande rilievo. Poiché tali argomenti sono già stati respinti in quanto infondati nell’ambito dell’esame del terzo e del quarto motivo, in assenza di autonoma argomentazione, il quinto motivo di ricorso non può che essere respinto perché totalmente infondato.

233    Alla luce del rigetto del secondo, del terzo, del quarto e del quinto motivo di ricorso, occorre concludere che la Commissione non è incorsa in alcun errore imputando alle ricorrenti la partecipazione all’infrazione unica e continuata lesiva dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, nel periodo dal 14 dicembre 2001 al 16 novembre 2006.

5.      Sul sesto motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, a violazioni dei principi di parità di trattamento, di proporzionalità e di ne bis in idem, ad una violazione dell’obbligo di motivazione, a vari errori di valutazione, nonché ad uno sviamento di potere, per quanto riguarda il calcolo dell’ammontare dell’ammenda inflitta alle ricorrenti

234    Il sesto motivo è articolato in cinque parti. Con la prima parte, le ricorrenti addebitano alla Commissione di essere incorsa in un errore e di aver violato il principio di parità di trattamento scegliendo l’anno 2004 quale anno di riferimento per il valore delle vendite, che non rappresenterebbe la loro potenza economica e il loro contributo all’intesa. Con la seconda parte, esse imputano alla Commissione di aver violato l’obbligo di motivazione che le incombe ed il principio ne bis in idem e di aver commesso un errore di valutazione riguardo alla gravità dell’infrazione. Con la terza parte del motivo, esse censurano la Commissione per aver fissato un coefficiente di 4,91 per la durata dell’infrazione. Con la quarta parte del motivo, esse sostengono che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione relativamente alla fissazione del «diritto d’ingresso». Con la quinta parte del motivo, esse lamentano che la Commissione avrebbe commesso un errore di valutazione e violato il principio di parità di trattamento, nonché il principio di proporzionalità nell’ambito della valutazione delle circostanze attenuanti.

a)      Sulla scelta dell’anno 2004 come anno di riferimento del valore delle vendite per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda

235    Le ricorrenti fanno valere che, scegliendo l’anno 2004 come anno di riferimento invece dell’ultimo anno intero della loro partecipazione all’intesa, la Commissione si è discostata senza una valida giustificazione dalla regola fissata al paragrafo 13 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende. Tale scelta avrebbe portato a trattare in maniera discriminatoria le ricorrenti a motivo delle vendite connesse a progetti di cavi elettrici estremamente cospicue che esse avrebbero registrato nel 2004. Secondo le ricorrenti, al fine di evitare questo trattamento discriminatorio, la Commissione avrebbe dovuto o scegliere come anno di riferimento l’ultimo anno intero della loro partecipazione all’intesa, ossia l’anno 2005, o utilizzare un valore medio basato sugli anni dal 2003 al 2005.

236    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

237    A questo proposito, occorre ricordare che, per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda nell’ipotesi di un’intesa di portata mondiale, il paragrafo 18 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende prevede quanto segue:

«Qualora l’estensione geografica di un’infrazione superi il territorio del SEE (ad esempio nel caso dei cartelli mondiali), le vendite interessate realizzate dall’impresa all’interno del SEE possono non riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell’infrazione. Questo può verificarsi, in particolare, nel caso di accordi mondiali di ripartizione dei mercati.

In tale situazione, per esprimere nel contempo la dimensione aggregata delle vendite interessate nel SEE e il peso relativo di ciascuna impresa nell’infrazione, la Commissione può stimare il valore totale delle vendite dei beni o servizi ai quali l’infrazione si riferisce nell’area geografica interessata (più ampia del SEE), determinare la quota delle vendite di ciascuna impresa che ha partecipato all’infrazione su tale mercato e applicare tale quota alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE [da] queste stesse imprese. Il risultato fungerà da valore delle vendite ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda».

238    Occorre altresì ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, qualora occorra fondarsi sul fatturato delle imprese coinvolte in una medesima infrazione al fine di determinare i rapporti tra le ammende da infliggere, è opportuno delimitare il periodo da prendere in considerazione in modo tale che le cifre ottenute siano quanto più paragonabili possibile (v. sentenza del 30 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, T‑175/05, non pubblicata, EU:T:2009:369, punto 142 e la giurisprudenza ivi citata).

239    Occorre poi ricordare che, per quanto riguarda il periodo da prendere in considerazione per determinare il valore delle vendite utilizzato per il calcolo dell’ammenda, il paragrafo 13 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende prevede quanto segue:

«Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). In linea di massima la Commissione prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione».

240    Tuttavia, è importante rilevare che l’impiego dell’espressione «[i]n linea di massima (…) prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione», che compare al paragrafo 13 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, non esclude la possibilità per la Commissione di utilizzare un altro periodo di riferimento, purché, in conformità della giurisprudenza citata al punto 238 supra, quest’ultimo consenta di ottenere cifre quanto più paragonabili possibile.

241    Nel caso di specie, risulta dalla decisione impugnata che, per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, la Commissione si è avvalsa del metodo previsto dal paragrafo 18 dei citati Orientamenti (punti 966 e da 968 a 994 della decisione impugnata). Risulta altresì da tale decisione che, ai fini dell’applicazione di questo metodo, la Commissione non si è basata sulle vendite effettuate nel corso dell’ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione, bensì sulle cifre delle vendite relative all’anno 2004 (punti 966 e da 968 a 994) della decisione impugnata.

242    La Commissione ha giustificato tale scelta, in primo luogo, con il fatto che le vendite di cavi elettrici realizzate a livello del SEE sono aumentate sensibilmente a partire dall’anno 2006, sicché la scelta dell’ultimo anno intero di partecipazione all’infrazione non sarebbe stata sufficientemente rappresentativa del periodo dell’infrazione stessa per le imprese che hanno cessato qualsiasi partecipazione a quest’ultima successivamente al 2006. A suo avviso, il fatto di fondarsi sulle vendite realizzate dall’insieme delle imprese nel 2004 permetteva di ottenere una stima più precisa dell’importanza economica dell’infrazione per tutta la sua durata, nonché del peso relativo delle imprese coinvolte nell’infrazione. In secondo luogo, la Commissione ha ritenuto che la scelta dell’anno 2004 avrebbe permesso di evitare un trattamento discriminatorio tra le imprese che hanno cessato prima la loro partecipazione (diretta) e quelle che l’hanno proseguita. Essa ha altresì sottolineato nella decisione impugnata che il paragrafo 13 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende le permetteva, in tale situazione, di non fondarsi sulle cifre delle vendite dell’ultimo anno di partecipazione all’infrazione (punto 965 della decisione impugnata). Detta istituzione ha aggiunto che la scelta di un solo anno di riferimento durante il quale tutte le parti avevano partecipato all’infrazione era preferibile ai fini dell’applicazione del paragrafo 18 dei suddetti Orientamenti, in modo da riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell’infrazione (punto 966 di detta decisione).

243    Quanto all’argomento delle ricorrenti secondo cui la scelta di un anno di riferimento comune ha necessariamente un carattere arbitrario in quanto colpisce in maniera differente i partecipanti all’intesa a seconda del fatturato realizzato nel corso di tale anno, occorre ricordare che, in conformità della giurisprudenza, l’utilizzazione di un anno di riferimento comune per tutte le imprese che hanno partecipato alla medesima infrazione permette, in via di principio, di determinare le ammende in maniera uniforme nel rispetto del principio di uguaglianza, valutando al tempo stesso l’entità dell’infrazione commessa in funzione della realtà economica quale essa si presentava durante il periodo pertinente (v., in tal senso, sentenze del 2 ottobre 2003, Aristrain/Commissione, C‑196/99 P, EU:C:2003:529, punto 129, e del 16 novembre 2011, ASPLA/Commissione, T‑76/06, non pubblicata, EU:T:2011:672, punto 112).

244    Inoltre, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza, un’impresa può pretendere che la Commissione tenga conto, nei suoi confronti, di un periodo diverso da quello generalmente preso a riferimento soltanto a condizione che dimostri che il fatturato da essa realizzato in quest’ultimo periodo non è, per motivi specificamente connessi alla sua situazione, rappresentativo delle sue effettive dimensioni e della sua potenza economica né dell’entità dell’infrazione da essa commessa (sentenza del 14 maggio 1998, Fiskeby Board/Commission, T‑319/94, EU:T:1998:95, punto 42).

245    Nel caso di specie, le ricorrenti fanno valere che esse hanno realizzato un fatturato eccezionale nel settore dei cavi elettrici nel 2004, a motivo dell’ultimazione del progetto «BASF» per 4 700 000 franchi svizzeri (CHF) e del progetto «Spagna 9» per CHF 3 200 000, anno che non sarebbe rappresentativo del loro fatturato nel corso della loro partecipazione all’infrazione. Orbene, esse non forniscono alcun elemento di prova a sostegno di tale allegazione, sicché non è possibile per il Tribunale valutare, oltre alla consistenza e alla composizione del loro fatturato per l’anno 2004, l’entità della variazione di tale fatturato rispetto a quelli degli anni 2003 e 2005. Risulta inoltre dalla relazione annuale della Brugg Kabel per il 2005 che, malgrado un inizio d’anno difficile, le vendite hanno raggiunto in quell’anno un livello paragonabile a quello dell’anno precedente, in ragione della ricezione di numerosi ordinativi nel settore dei cavi elettrici ad alta tensione nel corso della seconda parte dell’anno.

246    Date tali circostanze, occorre considerare che le ricorrenti non sono riuscite a dimostrare che la Commissione sia incorsa in un errore nella fissazione dell’anno di riferimento per la determinazione dell’importo delle vendite da prendere in considerazione ai fini del calcolo dell’importo di base dell’ammenda. Ne consegue che la prima parte del sesto motivo di ricorso deve essere respinta perché infondata.

b)      Sulla valutazione della gravità dell’infrazione

247    Le ricorrenti imputano alla Commissione di aver violato l’obbligo di motivazione che le incombe e di essere incorsa in un errore di valutazione per quanto riguarda la percentuale del valore delle vendite del 19% fissata nei loro confronti in considerazione della gravità dell’infrazione unica e continuata.

1)      Sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione riguardo alla determinazione della percentuale del valore delle vendite prescelta in considerazione della gravità dell’infrazione

248    Le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha motivato in maniera contraddittoria la decisione impugnata, precisando, da un lato, al punto 998 di quest’ultima, che, per la determinazione della percentuale del valore delle vendite prescelta alla luce della gravità dell’infrazione, essa avrebbe tenuto conto di una sola infrazione unica e continuata, di cui valutava la gravità della misura del 15%, mentre, dall’altro lato, al punto 999 della medesima decisione, essa ha aumentato in modo selettivo la percentuale del valore delle vendite da prendere in considerazione del 2% per le imprese che avevano asseritamente preso parte alla «configurazione europea dell’intesa», la quale procedeva ad una ripartizione supplementare dei progetti di cavi elettrici dopo quella già operata nell’ambito della «configurazione A/R» dell’intesa suddetta. Così facendo, la Commissione si sarebbe posta in contraddizione con il postulato da essa stessa stabilito secondo cui i meccanismi di ripartizione di quest’ultima configurazione e quelli della «configurazione europea» di tale intesa formavano parte integrante dell’infrazione unica e continuata. Le ricorrenti ritengono che in tal modo esse si vedono applicare una prima percentuale di gravità del 15% a motivo della loro partecipazione all’infrazione unica e continuata che ingloba le due configurazioni dell’intesa, e poi una seconda percentuale di gravità del 2% a motivo, anche qui, della loro partecipazione alla «configurazione europea dell’intesa». La logica applicata dalla Commissione condurrebbe così ad una violazione del principio ne bis in idem.

249    Inoltre, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione che le incombe affermando, ai punti 1003 e 1004 della decisione impugnata, che un aumento del livello di gravità era giustificato dalla quota di mercato aggregata delle imprese partecipanti all’intesa, nonché dalla portata geografica di quest’ultima, senza precisare né l’ammontare né la composizione di tale aumento. Esse sottolineano che è soltanto sulla base delle «conclusioni» relative alla gravità, di cui al punto 1010 di detta decisione, che è possibile calcolare per deduzione l’importo in questione.

250    La Commissione contesta l’intera argomentazione delle ricorrenti.

251    A questo proposito, in primo luogo, per quanto riguarda l’aumento del livello di gravità a motivo della quota di mercato aggregata delle imprese partecipanti all’intesa e della portata geografica di quest’ultima, occorre rilevare che l’importo di tale aumento, ossia una percentuale del 2%, viene precisato al punto 1010 della decisione impugnata, come d’altronde riconosciuto dalle ricorrenti. Quanto alla mancanza di precisazioni nella decisione suddetta in merito al rispettivo contributo a tale aumento dei due fattori che sono all’origine dello stesso, ossia la quota di mercato aggregata e la portata geografica dell’intesa, tali precisazioni non erano necessarie nel caso di specie, dato che la motivazione è sotto questo profilo adeguata alla natura dell’atto in questione e fa apparire in modo chiaro e inequivoco l’iter logico seguito dalla Commissione, ciò che consente alle ricorrenti di conoscere le giustificazioni della misura adottata e al Tribunale di esercitare il proprio controllo.

252    In secondo luogo, per quanto concerne l’asserzione relativa al presunto carattere contraddittorio della motivazione della decisione impugnata riguardo alla determinazione della percentuale del valore delle vendite da adottare in considerazione della gravità dell’infrazione, è giocoforza constatare come essa derivi da una lettura erronea della decisione impugnata.

253    Le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione ha valutato una prima volta il comportamento dei partecipanti all’infrazione unica e continuata determinando nella misura del 15% la percentuale del valore delle vendite da assumere a fondamento in considerazione della gravità dell’infrazione, e poi essa ha valutato una seconda volta il medesimo comportamento fissando una percentuale supplementare di aumento del 2% per le imprese che avevano preso parte alla «configurazione europea dell’intesa» nonché alla «configurazione A/R» di quest’ultima.

254    Orbene, occorre rilevare che, al punto 998 della decisione impugnata, la Commissione ha affermato che l’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo SEE cui i destinatari della decisione impugnata avevano preso parte, consisteva nel ripartire i clienti e i mercati. Detta istituzione ha precisato che un’infrazione siffatta costituiva, per sua stessa natura, una delle restrizioni della concorrenza più gravi, in quanto falsava i principali parametri della concorrenza. La Commissione ha ricordato che, in conformità del paragrafo 23 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, tali pratiche sono, per principio, severamente sanzionate, e il livello di gravità si colloca generalmente nella parte alta della scala. Essa ha precisato che riteneva che tale elemento giustificasse una percentuale del 15% in ragione della gravità dei fatti.

255    Al punto 999 della decisione impugnata, la Commissione ha poi precisato che, oltre ai meccanismi di assegnazione della «configurazione A/R dell’intesa», alcuni progetti riguardanti il SEE avevano costituito l’oggetto di una ripartizione supplementare tra i produttori europei nell’ambito della «configurazione europea» dell’intesa stessa, e che tali comportamenti, che erano stati messi in atto dai soli produttori europei, avevano aggravato i danni alla concorrenza già causati dall’accordo di ripartizione dei mercati tra i produttori europei, giapponesi e sudcoreani e avevano dunque aumentato la gravità dell’infrazione. La Commissione ha poi indicato che la distorsione supplementare causata da quest’ultima configurazione giustificava un aumento del livello di gravità dell’infrazione nella misura del 2% per le imprese che avevano preso parte a questo aspetto dell’intesa.

256    Risulta chiaramente dai punti 998 e 999 della decisione impugnata che la Commissione ha ritenuto che la percentuale minima delle vendite da prendere in considerazione per tutte le imprese alle quali poteva essere attribuita la responsabilità dell’infrazione unica e continuata fosse del 15%, indipendentemente dal loro livello di partecipazione all’intesa, ma che una percentuale supplementare del 2% dovesse essere applicata nei confronti delle imprese che avevano partecipato alla «configurazione A/R dell’intesa» nonché alla «configurazione europea» della stessa, in quanto gli effetti anticoncorrenziali della prima di queste due configurazioni erano rafforzati da quelli della seconda.

257    Pertanto, errano le ricorrenti nell’affermare che la motivazione della decisione impugnata in merito alla gravità dell’infrazione è contraddittoria sotto questo aspetto. Allo stesso modo, non ha pregio l’allegazione delle ricorrenti relativa ad una violazione del principio ne bis in idem, in quanto il ragionamento della Commissione esposto ai punti 998 e 999 della decisione impugnata non porta a sanzionare due volte i medesimi fatti.

2)      Sul presunto errore risultante dalla mancata presa in conto, in sede di determinazione della percentuale del valore delle vendite applicabile in considerazione della gravità dell’infrazione, del fatto che le ricorrenti non producevano cavi elettrici sottomarini durante il periodo dell’infrazione

258    Le ricorrenti fanno valere che, ai sensi della giurisprudenza, la Commissione era tenuta a prendere in conto, nel determinare la percentuale del valore delle vendite applicabile in considerazione della gravità dell’infrazione, il fatto che esse non producevano cavi elettrici sottomarini durante il periodo dell’infrazione. A loro avviso, la Commissione non poteva semplicemente sottrarsi a tale obbligo facendo valere che tale circostanza era già stata presa in considerazione nel calcolo dell’ammenda mediante la non inclusione delle vendite di cavi elettrici sottomarini nel valore delle vendite. Le ricorrenti affermano che lo stesso vale per la circostanza che esse non applicavano la regola del mercato nazionale e non partecipavano all’assegnazione di progetti di grande rilievo.

259    La Commissione contesta gli argomenti delle ricorrenti.

260    A questo proposito, occorre rilevare come la Commissione abbia chiarito, al punto 1000 della decisione impugnata, che, in sostanza, nel determinare la percentuale del valore delle vendite da applicare nei confronti delle ricorrenti in considerazione della gravità dell’infrazione, non bisognava tener conto del fatto che esse non producevano cavi elettrici sottomarini durante il periodo dell’infrazione, in quanto di ciò si era già tenuto conto nel determinare il valore delle vendite delle ricorrenti stesse.

261    Inoltre, come giustamente osservato dalla Commissione, la sola giurisprudenza invocata dalle ricorrenti al fine di contestare la valutazione suddetta è inconferente nel caso di specie.

262    Infatti, nella causa decisa dalla sentenza del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione (T‑208/06, EU:T:2011:701), il Tribunale ha statuito che la ricorrente non era a conoscenza ovvero non era tenuta ad essere a conoscenza degli accordi riguardanti altri prodotti. Orbene, come si è constatato al punto 222 supra, nella specie le ricorrenti erano a conoscenza dell’esistenza di accordi riguardanti i cavi elettrici sottomarini.

263    Allo stesso modo, nella causa decisa dalla sentenza del 16 settembre 2013, Zucchetti Rubinetteria/Commissione (T‑396/10, EU:T:2013:446), gli accordi riguardavano diversi gruppi di prodotti e differenti produttori. Anche in quel caso, non tutte le imprese partecipanti erano a conoscenza di tutti i tipi di accordi e la partecipazione dell’impresa ricorrente era limitata ad un mercato nazionale.

264    Nelle cause sfociate nella sentenza del 30 novembre 2011, Quinn Barlo e a./Commissione (T‑208/06, EU:T:2011:701), e nella sentenza del 16 settembre 2013, Zucchetti Rubinetteria/Commissione (T‑396/10, EU:T:2013:446), non era possibile imputare alle parti ricorrenti la responsabilità per il comportamento degli altri partecipanti all’intesa in quanto esse non ne erano a conoscenza. Al contrario, nel presente caso, come si è constatato al punto 223 supra, le ricorrenti avevano piena conoscenza della portata degli accordi e potevano dunque, a buon diritto, essere considerate responsabili dell’insieme dell’infrazione.

265    Ne consegue che le ricorrenti non sono riuscite a dimostrare che la Commissione sia incorsa in un errore non tenendo conto, in sede di determinazione della percentuale del valore delle vendite applicabile nei loro confronti in considerazione della gravità dell’infrazione, del fatto che esse non avevano prodotto cavi elettrici sottomarini nel corso del periodo dell’infrazione.

3)      Sulla presunta violazione del principio di parità di trattamento

266    Le ricorrenti imputano alla Commissione di aver ritenuto che la loro partecipazione alla «configurazione europea dell’intesa» e dunque al secondo «livello di assegnazioni» della suddetta intesa presentasse una gravità più elevata e imponesse pertanto un aumento del 2% della percentuale del valore delle vendite applicabile nei loro confronti in considerazione della gravità dell’infrazione. A loro avviso, ciò conduce a sanzionarle, per il fatto che erano asseritamente informate in merito ai risultati delle discussioni nell’ambito della «configurazione A/R» di tale intesa, con la stessa severità applicata alle imprese che hanno partecipato in maniera attiva alle suddette configurazioni, che hanno concepito, coordinato e imposto l’intesa nel suo insieme e che hanno altresì profittato maggiormente degli accordi.

267    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

268    A questo proposito, occorre ricordare che la Commissione, ogni volta che decide di infliggere ammende ai sensi del diritto della concorrenza, è tenuta a rispettare i principi generali del diritto, tra i quali figura il principio della parità di trattamento, come interpretato dai giudici dell’Unione. Secondo una giurisprudenza costante, il principio della parità di trattamento o di non discriminazione esige che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (v. sentenze del 27 giugno 2012, Bolloré/Commissione, T‑372/10, EU:T:2012:325, punto 85 e la giurisprudenza ivi citata, e del 19 gennaio 2016, Mitsubishi Electric/Commissione, T‑409/12, EU:T:2016:17, punto 108 e la gurisprudenza ivi citata).

269    Nel caso di specie, al punto 999 della decisione impugnata, la Commissione ha giustificato un aumento del 2% della percentuale del valore delle vendite applicabile in considerazione della gravità dell’infrazione nei confronti di alcune imprese partecipanti all’infrazione stessa con il fatto che queste ultime avevano preso parte alla «configurazione europea dell’intesa» che aveva aggravato il danno alla concorrenza già causato dall’accordo di ripartizione dei mercati tra i produttori europei, giapponesi e sudcoreani. Ne consegue che il criterio preso in conto dalla Commissione per giustificare tale aumento era legato alla semplice partecipazione alla «configurazione europea dell’intesa» e non al carattere più o meno attivo di tale partecipazione. Poiché, come si è constatato al punto 233 supra, la Commissione ha giustamente imputato alle ricorrenti la partecipazione all’infrazione unica e continuata, ivi compresa la partecipazione alla «configurazione europea dell’intesa», esse non possono validamente sostenere di aver costituito l’oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto a quello delle altre imprese europee che hanno partecipato alla stessa configurazione e che si sono viste applicare lo stesso aumento.

270    Del resto, è importante rilevare che si è tenuto conto del carattere più o meno attivo della partecipazione all’infrazione delle diverse imprese destinatarie della decisione impugnata in sede di valutazione delle circostanze attenuanti. Le ricorrenti sono state dunque classificate nel gruppo dei partecipanti intermedi, mentre le imprese che hanno avuto un ruolo di leader nella «configurazione europea dell’intesa» e nella «configurazione A/R» della stessa, ossia Nexans France, Pirelli e Prysmian, sono state classificate nel gruppo dei soggetti principali dell’intesa. In conseguenza di tale diversità di classificazione, la Commissione ha concesso alle ricorrenti una riduzione dell’importo dell’ammenda del 5%, mentre ha escluso una riduzione siffatta per Nexans France, Pirelli e Prysmian. Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia violato il principio di parità di trattamento imponendo ad esse un aumento del 2% della percentuale del valore delle vendite applicabile in considerazione della gravità dell’infrazione identico a quello applicato a Nexans France, a Pirelli e a Prysmian.

271    Tenuto conto delle considerazioni sopra esposte, occorre respingere la seconda parte del sesto motivo di ricorso perché infondata.

c)      Sulla fissazione di un coefficiente di 4,91 per la durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

272    Le ricorrenti imputano alla Commissione di aver applicato un coefficiente di 4,91 in considerazione della durata della loro partecipazione all’infrazione, il quale non tiene conto del fatto che detta istituzione non ha dimostrato l’inizio della partecipazione di esse ricorrenti all’infrazione prima del 3 luglio 2002 e che la loro partecipazione all’infrazione è stata interrotta, in particolare tra il 12 maggio 2005 e l’8 dicembre 2005. A loro avviso, la Commissione avrebbe dovuto, di conseguenza, applicare un coefficiente di 3,79.

273    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

274    A questo proposito, è sufficiente ricordare che, come si è constatato al punto 213 supra, la Commissione ha correttamente fissato al 14 dicembre 2001 l’inizio della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione ed essa non è incorsa in alcun errore affermando che la partecipazione delle ricorrenti era stata continua fino al 16 novembre 2006.

275    Occorre pertanto respingere la terza parte del sesto motivo di ricorso perché infondata.

d)      Sull’ammontare del diritto di ingresso

276    Le ricorrenti imputano alla Commissione di non aver sviluppato una motivazione autonoma riguardo al diritto d’ingresso evocato al punto 1013 della decisione impugnata e di essersi accontentata di fare rinvio ai punti da 998 a 1010 di detta decisione, relativi al calcolo dell’importo di base. A loro avviso, la Commissione avrebbe dovuto, in applicazione dei paragrafi 22 e 25 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, prendere in considerazione la loro partecipazione oggettiva a tutti gli elementi dell’infrazione o la loro conoscenza soggettiva di tali elementi, o addirittura di una parte di essi. Il diritto d’ingresso avrebbe dovuto, di conseguenza, rispecchiare il fatto che le ricorrenti non potevano essere ritenute responsabili degli accordi relativi ai cavi elettrici sottomarini, ai mercati nazionali e ai progetti di grande rilievo.

277    La Commissione contesta l’argomentazione delle ricorrenti.

278    A questo proposito occorre ricordare che, ai sensi del paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende:

«(…) a prescindere dalla durata della partecipazione di un’impresa all’infrazione, la Commissione inserirà nell’importo di base una somma compresa fra il 15% e il 25% del valore delle vendite definito nella sezione A al fine di dissuadere ulteriormente le imprese dal prendere parte ad accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione. Essa può applicare tale importo supplementare anche ad altre infrazioni. Per decidere la proporzione del valore delle vendite da considerare in un determinato caso, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, fra cui in particolare quelli indicati al [paragrafo] 22».

279    Il paragrafo 22 dei medesimi Orientamenti stabilisce quanto segue:

«Per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite».

280    Fondandosi espressamente sul paragrafo 25 degli Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende, la Commissione, al punto 1013 della decisione impugnata, ha affermato che, per determinare la percentuale specifica da applicare, si sarebbe tenuto conto dei fattori menzionati ai punti da 998 a 1010 della medesima decisione.

281    Orbene, occorre rilevare che, nella decisione impugnata, i punti da 998 a 1002 riguardano la natura dell’infrazione, il punto 1003 concerne la quota di mercato aggregata detenuta dai partecipanti all’infrazione, il punto 1004 verte sulla portata geografica dell’infrazione, ed i punti da 1005 a 1009 riguardano l’attuazione dell’infrazione. È importante sottolineare che, al punto 1008 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che, come risultava dalla sezione 4.3.3 della decisione in questione, tutte le imprese erano a conoscenza dell’insieme degli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa o avrebbero potuto ragionevolmente prevederli ed essere disposte ad accettarne il rischio.

282    Inoltre, al punto 1014 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che la percentuale da applicare per l’importo supplementare era del 17% per Sumitomo Electric Industries, Hitachi Cable, Furukawa Electric, Fujikura, SWCC Showa Holdings, Mitsubishi Cable Industries, LS Cable & System e Taihan Electric Wire, e del 19% per Nexans France, Prysmian, ABB, Brugg Kabel, Safran, Silec Cable, nkt cables e le imprese ritenute responsabili «in solido» con esse.

283    Pertanto, nella misura in cui, con la loro argomentazione, le ricorrenti deducono un difetto di motivazione della decisione impugnata riguardo al diritto d’ingresso, è giocoforza constatare come tale tesi sia infondata in fatto, dato che le ricorrenti erano in grado di comprendere le ragioni per le quali la Commissione aveva scelto di applicare nei loro confronti un diritto d’ingresso corrispondente al 19% del valore delle vendite, e che il Tribunale è in condizione di verificare la legittimità sotto questo aspetto della decisione impugnata.

284    Inoltre, laddove le ricorrenti imputano alla Commissione di essere incorsa in un errore non tenendo conto, nel determinare il diritto d’ingresso, della circostanza che esse non potevano essere ritenute responsabili degli accordi sui cavi elettrici sottomarini, sui mercati nazionali e sui progetti di rilievo, è sufficiente ricordare che, come si è constatato al punto 233 supra, la Commissione non ha commesso alcun errore imputando alle ricorrenti la partecipazione all’infrazione unica e continuata.

285    Pertanto, la quarta parte del sesto motivo di ricorso deve essere respinta perché infondata.

e)      Sulle circostanze attenuanti

286    Le ricorrenti addebitano alla Commissione, in primo luogo, di essere incorsa in un errore classificandole tra i partecipanti intermedi all’intesa e attribuendo loro, di conseguenza, una riduzione dell’importo dell’ammenda del 5%, mentre il ruolo passivo che esse hanno ricoperto nell’intesa, comprovato dal loro comportamento disturbatore e dai tentativi di riportarle all’ordine, giustificava una loro classificazione tra i partecipanti marginali all’intesa e dunque un riconoscimento a loro favore di una riduzione dell’importo dell’ammenda del 10%. In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che questa situazione costituisce una violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità nella misura in cui esse hanno avuto un ruolo paragonabile a quello della nkt cables, che la Commissione ha classificato tra i partecipanti marginali all’intesa e alla quale la Commissione ha concesso, di conseguenza, una riduzione dell’importo dell’ammenda del 10%. In terzo luogo, esse fanno valere che la Commissione avrebbe commesso un errore non tenendo conto, a titolo delle circostanze attenuanti, del fatto che, nel caso di un’infrazione unica e continuata, l’impresa interessata si vede imputare, oltre al proprio comportamento, comportamenti illeciti che non sono suoi propri. A loro avviso, nel caso di un’infrazione unica e continuata, i fatti che hanno contribuito all’infrazione dovrebbero essere presi in considerazione segnatamente in sede di modulazione dell’importo di base dell’ammenda. In quarto luogo, esse sostengono che avrebbero dovuto, inoltre, beneficiare di una riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda dell’1% al pari della Mitsubishi Cable Industries e della SWCC Showa Holdings, per il periodo precedente la costituzione della Exsym, della LS Cable & System e della Taihan Electric Wire, per la loro mancanza di conoscenza di alcuni aspetti dell’infrazione, e dunque per mancanza di responsabilità nei loro confronti, in particolare riguardo ai cavi elettrici sottomarini e ai progetti di grande rilievo.

287    La Commissione contesta l’insieme degli argomenti delle ricorrenti.

288    A questo proposito, in primo luogo, per quanto riguarda la classificazione delle ricorrenti come partecipanti intermedi all’intesa, occorre rilevare come sia vano il tentativo delle ricorrenti di sostenere che esse avrebbero avuto un ruolo passivo nell’intesa.

289    Infatti, è importante ricordare che, come giustamente evidenziato al punto 572 della decisione impugnata, se le ricorrenti certo non erano coinvolte nella creazione dell’intesa e non hanno assistito ad alcuna riunione A/R, i loro dipendenti hanno però assistito ad almeno 17 riunioni anticoncorrenziali con i membri R di tale intesa dal dicembre 2001 al novembre 2006.

290    Occorre d’altronde ricordare che si è già constatato, al punto 175 supra, che, contrariamente a quanto le ricorrenti sostengono, gli elementi di prova raccolti dalla Commissione erano sufficienti per dimostrare che esse avevano partecipato il 14 dicembre 2001 a Divonne‑les‑Bains ad una prima riunione dei membri R dell’intesa.

291    Inoltre, risulta dagli elementi di prova raccolti dalla Commissione che le ricorrenti hanno tentato di organizzare una riunione R nell’aprile 2002.

292    Infatti, in un messaggio di posta elettronica del 9 aprile 2002 intitolato «Meeting in the area of BRUGG» (riunione nella regione di Brugg), il sig. N. ha affermato quanto segue:

«Questo per confermare l’invito fatto a Brugg per la prossima riunione. Abbiamo effettuato una prenotazione per la riunione e per il pranzo in un luogo privato in prossimità (…) il giorno giovedì 25 aprile 2002

Max. 20 persone (…)

Vogliate informarmi dell’identità e del numero di persone che arriveranno il giorno prima.

Vi prego di trasmettere l’invito agli altri partecipanti e di riconfermare la data e la riunione (…)».

293    Orbene, occorre rilevare che il messaggio del 9 aprile 2002 viene inviato dal sig. N. al sig. J., con il quale il primo chiede al secondo di trasmettere l’informazione agli altri partecipanti alla riunione, anziché farlo lui stesso. Allo stesso modo, il sig. N. chiede al sig. J. di confermargli il numero delle persone che sarebbero arrivate il giorno precedente la riunione. Appare dunque che il sig. N. si rivolge al sig. J. in qualità di coordinatore della riunione. Orbene, è incontestato che il sig. J. ha per l’appunto ricoperto la funzione di coordinatore dei membri R dell’intesa. Inoltre, è giocoforza constatare che nei loro scritti difensivi le ricorrenti non contestano le affermazioni della Commissione relative al contenuto di tale messaggio.

294    Per di più, le stesse ricorrenti ammettono nei loro scritti difensivi di essersi fatte carico dell’organizzazione materiale di una riunione dei membri R dell’intesa il 3 giugno 2002. Certo, come le ricorrenti evidenziano, il fatto di organizzare materialmente simili riunioni non è, di per sé, conferma che esse esercitassero un ruolo simile a quello di un coordinatore dell’intesa. È d’altronde pacifico che questo ruolo, il quale implicava, ad esempio, la convocazione delle riunioni, la proposta di un ordine del giorno o la distribuzione dei documenti preparatori, veniva nella specie svolto dal sig. J. Tuttavia, occorre rilevare che l’organizzazione materiale di una riunione R implica necessariamente, da parte di colui che se ne fa carico, una volontà di contribuire attivamente al funzionamento dell’intesa.

295    Inoltre, risulta infruttuosa anche l’allegazione delle ricorrenti secondo cui il ruolo passivo che esse avrebbero ricoperto nell’intesa sarebbe dimostrato dai loro numerosi inadempimenti alla disciplina di quest’ultima.

296    Infatti, tenuto conto dei numerosissimi esempi non contestati di attuazione dell’intesa da parte delle ricorrenti, citati al punto 493 della decisione impugnata, il fatto che, in alcuni casi, le ricorrenti non abbiano rispettato le regole di funzionamento dell’intesa rifiutando di rispettare la regola del mercato nazionale in seno alla configurazione europea ovvero non rispettando la preferenza prestabilita riguardante dei progetti da realizzare nei «territori d’esportazione» non è sufficiente per invalidare la constatazione secondo cui gli accordi sono stati attuati dalle ricorrenti. Come giustamente rilevato dalla Commissione, ciò è tanto più vero per il fatto che una certa instabilità è inerente alla natura stessa delle intese, con la conseguenza che un’occasionale defezione di alcuni membri e le rappresaglie che ne conseguono in seno alla «configurazione europea dell’intesa» sono tipiche di una siffatta ripartizione del mercato. Durante il periodo dell’infrazione che viene ad esse imputato, le ricorrenti hanno in linea di principio costantemente rispettato le modalità convenute, ciò che il sig. N. ha confermato nel messaggio di posta elettronica del 24 gennaio 2006 inviato al sig. J., citato ai punti 195 e 196 supra. Per tale circostanza, gli elementi di prova citati dalle ricorrenti, vertenti su eventuali misure destinate a disciplinarle, non possono servire a dimostrare che esse hanno svolto un ruolo passivo.

297    Pertanto, è giocoforza constatare che la Commissione non è incorsa in errore classificando le ricorrenti tra i partecipanti intermedi all’infrazione.

298    Di conseguenza, l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse si trovavano, riguardo alla partecipazione all’intesa, nella stessa situazione della nkt cables, deve essere respinto perché inoperante. Infatti, un argomento siffatto, supponendolo fondato, sarebbe idoneo a giustificare un aumento dell’importo dell’ammenda inflitta alla nkt cables. Per contro, una circostanza siffatta è inconferente per quanto riguarda il riconoscimento, a titolo delle circostanze attenuanti, di una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti, in quanto il principio di parità di trattamento non può conferire alcun diritto all’applicazione non discriminatoria di un trattamento illegittimo (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2002, Pfizer Animal Health/Conseil, T‑13/99, EU:T:2002:209, punto 479).

299    In secondo luogo, per quanto riguarda la presunta violazione del principio di parità di trattamento per quanto riguarda la riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda nella misura dell’1%, è sufficiente constatare che l’affermazione delle ricorrenti, secondo cui esse avrebbero dovuto beneficiare di una riduzione siffatta in quanto non erano a conoscenza degli accordi riguardanti i cavi elettrici sottomarini e non potevano prendere parte all’assegnazione di progetti di grande rilievo, si basa, come si è già constatato ai punti 219, 220 e 222 supra, su una premessa erronea.

300    In terzo luogo, per quanto riguarda la censura relativa al fatto che la Commissione avrebbe dovuto tener conto, in sede di valutazione delle circostanze attenuanti, della natura unica e continuata dell’infrazione, occorre rilevare, così come ha fatto la Commissione, che la nozione di infrazione unica e continuata non impone, di per sé, una riduzione dell’importo dell’ammenda. Come si è constatato al punto 297 supra, la Commissione, alla luce degli elementi di fatto in suo possesso, ha correttamente valutato il contributo delle ricorrenti all’attuazione dell’intesa classificandole nella categoria intermedia, da un lato. Dall’altro lato, il valore delle vendite fa emergere l’importanza economica delle ricorrenti, e ciò tenendo conto soltanto dei cavi elettrici che esse producono. La presa in considerazione di condotte degli altri partecipanti all’intesa non può giustificare una riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda, in quanto esse sono in accordo con le modalità di organizzazione dell’intesa messe a punto dai partecipanti, fondate sulla divisione del lavoro, sotto una sorveglianza continua e rigorosa.

301    Risulta da quanto precede che la Commissione non ha violato il principio di parità di trattamento né è incorsa in un errore di valutazione là dove ha classificato le ricorrenti tra i partecipanti intermedi all’intesa ed ha riconosciuto loro, di conseguenza, una riduzione dell’importo dell’ammenda del 5%.

302    Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere la quinta parte del sesto motivo di ricorso perché infondata, nonché, di conseguenza, l’intero sesto motivo.

303    Poiché l’esame dei motivi di ricorso presentati dalle ricorrenti non ha evidenziato alcuna illegittimità inficiante la decisione impugnata, occorre respingere le conclusioni di annullamento nella loro interezza.

B.      Sulle conclusioni intese ad ottenere la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta

304    Prima di esaminare le conclusioni delle ricorrenti intese ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda ad esse inflitta, occorre ricordare che il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito che è riconosciuta al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, in conformità dell’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del semplice controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la propria valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, a ridurre o a maggiorare l’ammenda o la penalità inflitta. È importante però sottolineare che l’esercizio della competenza estesa al merito non equivale a un controllo d’ufficio, e ricordare che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione ha carattere contraddittorio. Ad eccezione delle questioni qualificabili come di ordine pubblico che devono essere sollevate d’ufficio dal giudice, come il difetto di motivazione della decisione impugnata, spetta alla parte ricorrente dedurre i motivi intesi a impugnare tale decisione e fornire elementi di prova a sostegno degli stessi (sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punti 130 e 131).

305    Le ricorrenti chiedono la riduzione dell’importo dell’ammenda ad esse inflitta per le ragioni menzionate nell’ambito del sesto motivo di ricorso. Orbene, da un lato, il sesto motivo sollevato dalle ricorrenti a sostegno delle loro conclusioni di annullamento è stato respinto e, dall’altro, non vi sono elementi che siano idonei, nel caso di specie, a giustificare una riduzione dell’importo di tale ammenda. Ne consegue che le conclusioni intese ad ottenere la riduzione dell’importo suddetto devono essere respinte.

306    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, occorre respingere il ricorso nella sua interezza.

IV.    Sulle spese

307    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti sono rimaste soccombenti, esse devono essere condannate a sopportare le spese, in conformità delle conclusioni presentate in tal senso dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Brugg Kabel AG e la Kabelwerke Brugg AG Holding sono condannate alle spese.

Collins

Kancheva

Barents

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 luglio 2018.

Firme


Table des matières


I. Fatti all’origine della controversia

A. Ricorrenti e settore interessato

B. Procedimento amministrativo

C. Decisione impugnata

1. Infrazione in esame

2. Responsabilità delle ricorrenti

3. Ammenda inflitta

II. Procedimento e conclusioni delle parti

III. In diritto

A. Sulle conclusioni di annullamento

1. Sul primo motivo, relativo a violazioni dei diritti della difesa e del diritto ad un equo processo

a) Sulla notificazione in lingua inglese delle richieste di informazioni e della comunicazione degli addebiti

b) Sul rifiuto della Commissione di consentire l’accesso alle risposte degli altri destinatari della comunicazione degli addebiti

2. Sul secondo motivo, relativo all’incompetenza della Commissione a sanzionare un’infrazione commessa in Stati terzi e priva di ripercussioni nel SEE

3. Sul terzo motivo e sul quarto motivo, relativi ad un errore di valutazione, ad una violazione del diritto alla presunzione di innocenza, ad errori di fatto, allo snaturamento di elementi di prova e ad una violazione dell’obbligo di motivazione concernente la presunta partecipazione delle ricorrenti ad un’infrazione unica e continuata

a) Considerazioni preliminari

b) Sul carattere unico dell’infrazione

c) Sulla durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

1) Sull’inizio della partecipazione delle ricorrenti all’intesa

2) Sul carattere ininterrotto della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

d) Sull’intenzione delle ricorrenti di contribuire all’insieme degli obiettivi dell’intesa e sulla loro conoscenza di alcuni comportamenti costitutivi dell’infrazione

e) Sulla prova del fatto che le ricorrenti erano a conoscenza degli accordi relativi ai diversi progetti di cavi elettrici

f) Sulla motivazione della decisione impugnata in ordine all’identità dei progetti di cavi elettrici in questione

4. Sul quinto motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE

5. Sul sesto motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, a violazioni dei principi di parità di trattamento, di proporzionalità e di ne bis in idem, ad una violazione dell’obbligo di motivazione, a vari errori di valutazione, nonché ad uno sviamento di potere, per quanto riguarda il calcolo dell’ammontare dell’ammenda inflitta alle ricorrenti

a) Sulla scelta dell’anno 2004 come anno di riferimento del valore delle vendite per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda

b) Sulla valutazione della gravità dell’infrazione

1) Sulla presunta violazione dell’obbligo di motivazione riguardo alla determinazione della percentuale del valore delle vendite prescelta in considerazione della gravità dell’infrazione

2) Sul presunto errore risultante dalla mancata presa in conto, in sede di determinazione della percentuale del valore delle vendite applicabile in considerazione della gravità dell’infrazione, del fatto che le ricorrenti non producevano cavi elettrici sottomarini durante il periodo dell’infrazione

3) Sulla presunta violazione del principio di parità di trattamento

c) Sulla fissazione di un coefficiente di 4,91 per la durata della partecipazione delle ricorrenti all’infrazione

d) Sull’ammontare del diritto di ingresso

e) Sulle circostanze attenuanti

B. Sulle conclusioni intese ad ottenere la riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta

IV. Sulle spese


* Lingua processuale: il tedesco