Language of document : ECLI:EU:T:2008:416

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

8 ottobre 2008 (*)

«Concorrenza − Intese − Mercato dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche – Orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende – Gravità e durata dell’infrazione – Circostanze attenuanti – Cooperazione nel corso del procedimento amministrativo – Principio di proporzionalità – Principio della parità di trattamento»

Nella causa T‑73/04,

Le Carbone-Lorraine, con sede in Courbevoie (Francia), rappresentata inizialmente dagli avv.ti A. Winckler e I. Simic, successivamente dagli avv.ti Winckler e H. Kanellopoulos,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Castillo de la Torre e É. Gippini Fournier, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 3 dicembre 2003, 2004/420/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso n. C.38.359 – Prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche), e, in subordine, di annullamento o di riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente con detta decisione,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dal sig. M. Vilaras (relatore), presidente, dai sigg. M. Prek e V. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 febbraio 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della lite

1        Le Carbone‑Lorraine (in prosieguo: la «LCL» o la «ricorrente») è un’impresa francese che fabbrica prodotti a base di carbonio e di grafite ai fini della loro utilizzazione nei settori elettrici e meccanici.

2        Il 18 settembre 2001 i rappresentanti della Morgan Crucible Company plc (in prosieguo: la «Morgan») hanno incontrato alcuni agenti della Commissione di per proporre la propria cooperazione all’accertamento dell’esistenza di un cartello sul mercato europeo dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche e chiedere il beneficio delle misure di clemenza previste dalla comunicazione della Commissione 96/C 207/04 sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»).

3        Il 2 agosto 2002 la Commissione, a norma dell’art. 11 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204), ha inviato alla C. Conradty Nürnberg GmbH (in prosieguo: la «Conradty»), alla SGL Carbon AG (in prosieguo: la «SGL»), alla Schunk GmbH e alla società da essa controllata Schunk Kohlenstoff-Technik GmbH (in prosieguo, considerate complessivamente: la «Schunk»), alla Eurocarbo SpA, alla Luckerath BV, alla Gerken Europe SA (in prosieguo: la «Gerken»), nonché alla ricorrente delle domande di informazioni concernenti il loro comportamento sul mercato di cui trattasi. La lettera indirizzata alla Schunk riguardava del pari le attività della Hoffmann & Co. Elektrokohle AG (in prosieguo: la «Hoffmann»), rilevata dalla Schunk il 28 ottobre 1999.

4        Con fax inviato alla Commissione il 16 agosto 2002 la ricorrente ha sollecitato l’applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

5        Il 22 agosto e il 23 settembre 2002 la ricorrente ha inviato alla Commissione elementi di prova concernenti l’intesa.

6        Il 30 settembre 2002 la Commissione ha ricevuto la risposta della ricorrente alla domanda di informazioni basata sull’art. 11 del regolamento n. 17.

7        Il 23 maggio 2003, sulla base delle informazioni comunicatele, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alla ricorrente e alle altre imprese interessate, vale a dire la Morgan, la Conradty, la SGL, la Schunk e la Hoffmann. Nella risposta la ricorrente ha dichiarato di non contestare, in sostanza, i fatti esposti nella comunicazione degli addebiti.

8        A seguito dell’audizione delle imprese interessate, ad eccezione della Morgan e della Conradty, la Commissione ha adottato la decisione 3 dicembre 2003, 2004/420/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso C.38.359 − Prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche (in prosieguo: la «Decisione»), notificata alla ricorrente con lettera 11 dicembre 2003. Una sintesi della Decisione è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 28 aprile 2004 (GU L 125, pag. 45).

9        La Commissione ha dichiarato, nella Decisione, che le imprese destinatarie della stessa hanno partecipato ad un’infrazione unica e continuata dell’art. 81, n. 1, CE e, a partire dal 1° gennaio 1994, dell’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), consistente nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi di vendita e altre condizioni di transazione applicabili ai clienti, nel ripartire i mercati, in particolare mediante l’attribuzione di clienti, e nello svolgere azioni coordinate (restrizioni quantitative, rialzi di prezzi e boicottaggi) nei confronti di concorrenti che non erano membri del cartello (punto 2 della motivazione della Decisione).

10      La Decisione contiene le seguenti disposizioni:

«Articolo 1

Le seguenti imprese hanno violato le disposizioni dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e, a partire dal 1° gennaio 1994, dell’articolo 53, paragrafo 1, dell’accordo SEE partecipando, per i periodi indicati, ad un insieme di accordi e di pratiche concordate nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche:

–        [Conradty], dall’ottobre 1988 al dicembre 1999;

–        [Hoffmann], dal settembre 1994 all’ottobre 1999;

–        [LCL], dall’ottobre 1988 al giugno 1999;

–        [Morgan], dall’ottobre 1988 al dicembre 1999;

–        [Schunk], dall’ottobre 1988 al dicembre 1999;

–        [SGL], dall’ottobre 1988 al dicembre 1999.

Articolo 2

Le seguenti ammende sono inflitte per le infrazioni di cui all’articolo1:

–        [Conradty]: 1 060 000 euro;

–        [Hoffmann]: 2 820 000 euro;

–        [LCL]: 43 050 000 euro;

–        [Morgan]: 0 euro;

–        [Schunk]: 30 870 000 euro;

–        [SGL]: 23 640 000 euro.

Le ammende devono essere versate entro un termine di tre mesi a decorrere dalla notifica della presente Decisione (…).

Alla scadenza di detto termine, sono automaticamente dovuti interessi al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue principali operazioni di rifinanziamento il primo giorno del mese nel corso del quale è stata adottata la presente decisione, maggiorato di 3,5 punti percentuali».

11      Per quanto riguarda il calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha qualificato l’infrazione come molto grave, tenuto conto della sua natura, del suo impatto sul mercato del SEE per i prodotti considerati, seppure non misurabile con precisione, e dell’estensione del mercato geografico in questione (punto 288 della Decisione).

12      Allo scopo di tener conto dell’importanza specifica del comportamento illecito di ciascuna impresa implicata nel cartello e, quindi, del suo impatto reale sulla concorrenza, la Commissione ha suddiviso le imprese interessate in tre categorie, in funzione della loro importanza relativa sul mercato di cui trattasi determinata dalle loro quote di mercato (punti 289‑297 della Decisione).

13      Di conseguenza, la ricorrente e la Morgan, considerate come i due maggiori operatori con quote di mercato superiori al 20%, sono state classificate nella prima categoria. La Schunk e la SGL, operatori medi con quote di mercato comprese fra il 10 e il 20%, sono state collocate nella seconda categoria. La Hoffmann e la Conradty, considerate come piccoli operatori in base alle quote di mercato inferiori al 10%, sono state raggruppate nella terza categoria (punti 37 e 297 della Decisione).

14      Sulla base delle precedenti considerazioni, la Commissione ha considerato un importo di partenza, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di 35 milioni di euro per la ricorrente e la Morgan, di 21 milioni di euro per la Schunk e la SGL e di 6 milioni di euro per la Hoffmann e la Conradty (punto 298 della Decisione).

15      Per quanto concerne la durata dell’infrazione, la Commissione ha ritenuto che tutte le imprese considerate avessero commesso un’infrazione di lunga durata. In considerazione della durata dell’infrazione di undici anni e due mesi, la Commissione ha aumentato del 110% l’importo di partenza considerato nei confronti della SGL, della Morgan, della Schunk e della Conradty. Quanto alla ricorrente, la Commissione ha considerato una durata dell’infrazione di dieci anni e otto mesi ed ha aumentato del 105% l’importo di partenza. Riguardo alla Hoffmann, l’importo di partenza è stato aumentato del 50% in considerazione di una durata dell’infrazione di cinque anni e un mese (punti 299 e 300 della Decisione).

16      L’importo di base dell’ammenda, determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, è stato quindi fissato a 73,5 milioni di euro per quanto concerne la Morgan, a 71,75 milioni di euro per la ricorrente, a 44,1 milioni di euro per la Schunk e la SGL, a 12,6 milioni di euro per quanto concerne la Conradty e a 9 milioni di euro per la Hoffmann (punto 301 della Decisione).

17      La Commissione non ha preso in considerazione alcuna circostanza aggravante o attenuante a carico o a favore delle imprese interessate (punto 316 della Decisione).

18      Quanto all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione, la Morgan ha beneficiato di un’immunità d’ammenda per essere stata la prima impresa a denunciare alla Commissione l’esistenza del cartello (punti 319‑321 della Decisione).

19      Conformemente al punto D della detta comunicazione, la Commissione ha accordato alla ricorrente una riduzione del 40% dell’importo dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in mancanza di cooperazione, del 30% alla Schunk e Hoffmann e del 20% alla SGL, che è stata l’ultima a cooperare (punti 322‑338 della Decisione).

20      Nella Decisione, al titolo «Capacità di pagare e altri fattori», la Commissione, dopo aver respinto l’argomento della SGL e della ricorrente volto a provare un’incapacità di pagamento dell’ammenda, ha ricordato di aver già condannato, recentemente, la prima impresa a due ammende notevoli per la sua partecipazione ad altre attività collusive.

21      La Commissione ha precisato che alla SGL era stata inflitta, con decisione 18 luglio 2001, 2002/271/CE, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE – Caso COMP/E-1/36.490 – Elettrodi di grafite (GU 2002, L 100, pag. 1), nel caso detto «degli elettrodi di grafite», e con la decisione 17 dicembre 2002, 2006/460/CE, concernente un procedimento ai sensi dell’articolo81 [CE] e dell’articolo53 dell’accordo SEE (Caso C.37.667 − Grafiti speciali) (GU 2006, L 180, pag. 20), nel caso detto «delle grafiti speciali», un’ammenda di 80,2 milioni di euro per la sua partecipazione al cartello degli elettrodi di grafite e due ammende di un importo complessivo di 27,75 milioni di euro per la sua partecipazione all’intesa sulla grafite isostatica e all’intesa sulla grafite estrusa (punto 358 della Decisione).

22      Tenuto conto delle gravi difficoltà finanziarie della SGL e delle sue recenti condanne, nonché del fatto che le varie attività collusive ad essa imputate si erano svolte contemporaneamente, la Commissione ha ritenuto che, in tali circostanze particolari, non fosse necessario, al fine di garantire una effettiva dissuasione, infliggere alla SGL l’importo complessivo dell’ammenda e l’ha quindi ridotto del 33%, riducendolo a 23,64 milioni di euro (punto 360 della Decisione).

23      Dato che la situazione della ricorrente era molto diversa da quella della SGL, la Commissione non le ha accordato alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di «altri fattori» (punti 361 e 362 della Decisione).

 Procedimento e conclusioni delle parti

24      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 febbraio 2004, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

25      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato, in qualità di presidente, alla Quinta Sezione, cui la causa in esame è stata quindi attribuita.

26      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Le parti hanno svolto le loro osservazioni orali e risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 28 febbraio 2008.

27      Nel corso di detta udienza, e dopo precisazione da parte della ricorrente della portata di taluni dei suoi argomenti, la Commissione ha rinunciato alla sua domanda riconvenzionale volta all’aumento dell’importo dell’ammenda, di cui si è preso atto nel verbale di udienza.

28      Su invito del Tribunale, la Commissione ha allegato agli atti la lettera del 30 ottobre 2001 indirizzatale dalla Morgan nell’ambito della domanda di applicazione, a suo favore, della comunicazione sulla cooperazione. Tale lettera, che faceva parte del fascicolo amministrativo della Commissione, è stata comunicata alla ricorrente, la quale ha presentato osservazioni che la cancelleria del Tribunale ha ricevuto il 26 marzo 2008. La fase orale del procedimento è stata chiusa il 1° aprile 2008, e le parti ne sono state informate con lettera della cancelleria del Tribunale dello stesso giorno.

29      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la Decisione, nella misura in cui essa la riguarda;

–        in subordine, annullare o ridurre l’importo dell’ammenda inflitta;

–        condannare la Commissione alle spese.

30      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere i ricorsi;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

31      Anche se il ricorso proposto dalla ricorrente presenta un duplice scopo, vale a dire, in via principale, una domanda di annullamento della Decisione e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda, le varie censure sollevate dalla ricorrente nelle sue memorie sono state sollevate tuttavia indistintamente.

32      Invitata dal Tribunale, all’udienza, a presentate le sue osservazioni sulla portata esatta di taluni argomenti, la ricorrente ha dichiarato che l’argomentazione concernente il suo ruolo passivo nella realizzazione dell’infrazione sul mercato dei blocchi di carbonio e di grafite mirava unicamente a rivendicare la circostanza attenuante corrispondente e, di conseguenza, a ridurre l’importo dell’ammenda. Del pari, la ricorrente ha precisato di non contestare la sua presenza alle riunioni del comitato tecnico dedicate ai prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche e, per tale motivo, la sua partecipazione all’infrazione in tale settore. Il Tribunale ha preso atto di tali dichiarazioni nel verbale d’udienza.

33      Occorre constatare, in tale fase, che, anche se la ricorrente ha espressamente chiesto al Tribunale l’annullamento integrale della Decisione, nella misura in cui essa la riguarda, l’insieme delle censure da essa sollevate mirano a rimettere in discussione la sola parte della Decisione dedicata alle ammende e in particolare l’art. 2 di quest’ultima con il quale la Commissione ha fissato l’importo dell’ammenda irrogata alla ricorrente a 43 050 000 euro. In mancanza di qualsiasi censura a sostegno della domanda di annullamento dell’intera Decisione, tale domanda dev’essere respinta e si deve esaminare la fondatezza della sola domanda di annullamento o di riduzione dell’importo dell’ammenda formulata dalla ricorrente.

 Sull’errore di diritto asseritamente commesso dalla Commissione a causa della mancanza di delimitazione dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi

34      La ricorrente fa valere che la delimitazione dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti considerati sarebbe stata, nella fattispecie, indispensabile per procedere ad un’esatta qualificazione dell’infrazione e dei suoi effetti reali, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda. Peraltro, la mancanza di una seria definizione dei mercati considerati avrebbe indotto la Commissione ad avviare procedimenti amministrativi in modo «illogico» e a fissare l’importo dell’ammenda ad un livello manifestamente eccessivo.

 Sulla qualificazione dell’infrazione

35      La ricorrente sostiene che la Commissione era tenuta, conformemente alla giurisprudenza, a procedere all’analisi dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi e fa riferimento, a questo proposito, alla sentenza del Tribunale 19 marzo 2003, causa T‑213/00, CMA CGM e a./Commissione (Racc. pag. II‑913, punto 206).

36      In detta sentenza, il Tribunale ha ricordato che, in sede di applicazione dell’art. 81 CE, è per determinare se un accordo possa incidere sul commercio tra gli Stati membri e abbia per oggetto o per effetto di impedire, di restringere o di falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune che occorre, se del caso, definire il mercato di cui trattasi (sentenze del Tribunale 21 febbraio 1995, causa T‑29/92, SPO e a./Commissione, Racc. pag. II‑289, punto 74; 15 marzo 2000, cause riunite T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Cimenteries CBR e a./Commissione, detta «Cemento», Racc. pag. II‑491, punto 1093). Di conseguenza, l’obbligo di operare una delimitazione del mercato di cui trattasi in una decisione adottata in applicazione dell’art. 81 CE si impone alla Commissione unicamente quando, senza tale delimitazione, non è possibile determinare se l’accordo, la decisione di associazione di imprese o la pratica concordata di cui trattasi possa incidere sul commercio tra Stati membri ed abbia per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune (sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione, Racc. pag. II‑2707, punto 230; v. del pari, in tal senso, sentenza del Tribunale 15 settembre 1998, cause riunite T‑374/94, T‑375/94, T‑384/94 e T‑388/94, European Night Services e a./Commissione, Racc. pag. II‑3141, punti 93‑95 e 103).

37      Orbene, la ricorrente sostiene, nella fattispecie, che la definizione dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi era necessaria ai fini non della qualificazione delle pratiche censurate riguardo all’art. 81 CE, ma dell’esatta qualificazione dell’infrazione e dei suoi effetti reali, ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, questione distinta dall’incriminazione.

38      Il riferimento alla sentenza CMA CGM e a./Commissione (v. supra punto 35) risulta pertanto privo di qualsiasi pertinenza, osservandosi, da un lato, che la Commissione ha definito dettagliatamente il settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche, distinguendo chiaramente i vari tipi di prodotti in questione (punti 4‑13 della Decisione) e la portata geografica del mercato dei detti prodotti (punti 48‑50 della Decisione) e, dall’altro, che le intese orizzontali che prevedevano la fissazione dei prezzi e si estendevano su tutto il territorio del SEE, come quella oggetto della Decisione, costituiscono patenti infrazioni del diritto comunitario della concorrenza.

39      Risulta, in realtà, che l’argomentazione formulata dalla ricorrente riguarda la valutazione effettuata dalla Commissione della gravità dell’infrazione e la correlativa fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda.

40      La ricorrente considera, in sostanza, che la gravità dell’infrazione avrebbe dovuto essere esaminata dalla Commissione, specificatamente, per ciascuna categoria di prodotti oggetto dell’intesa. In tale ambito di analisi essa fa valere l’esistenza di un impatto estremamente limitato dell’intesa per tutti i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche, nonché la sua mancanza di implicazione o una scarsa implicazione sul mercato europeo dei blocchi di carbonio e di grafite e nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche, il che avrebbe dovuto indurre la Commissione a fissare importi di partenza differenziati.

41      Va rilevato, a questo punto, che gli stessi argomenti sono invocati dalla ricorrente nell’ambito delle sue censure relative al carattere sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda e ad una valutazione errata da parte della Commissione delle circostanze attenuanti e saranno del pari esaminati successivamente.

42      Considerata autonomamente, la censura relativa all’errore di diritto commesso dalla Commissione a causa della mancanza di delimitazione dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi non può essere accolta dal Tribunale.

43      Occorre anzitutto sottolineare che la Commissione ha considerato che le imprese destinatarie della Decisione avevano partecipato ad «un’infrazione complessa unica» e continuata dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE, che si è estesa a tutto il territorio del SEE, e che la ricorrente ha espressamente dichiarato, nella replica, di non contestare l’esistenza, nella fattispecie, di un’infrazione unica.

44      Inoltre dalla Decisione risulta che le ammende sono state imposte in forza dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e che la Commissione – anche se la Decisione non si riferisce espressamente agli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «Orientamenti») − ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli Orientamenti.

45      Secondo tale metodo, la Commissione considera come punto di partenza per il calcolo dell’importo delle ammende da infliggere alle imprese interessate un importo determinato in funzione della gravità dell’infrazione. La valutazione della gravità dell’infrazione deve prendere in considerazione la natura propria dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e l’estensione del mercato geografico rilevante (punto 1 A, primo paragrafo, degli Orientamenti). In tale ambito, le infrazioni sono classificate in tre categorie, vale a dire le «infrazioni poco gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra 1 000 e 1 milione di euro, le «infrazioni gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è compreso tra 1 milione e 20 milioni di euro e le «infrazioni molto gravi», per le quali l’importo delle ammende applicabili è superiore a 20 milioni di euro (punto 1 A, secondo paragrafo, primo‑terzo trattino). All’interno di ciascuna di dette categorie, la forcella delle sanzioni previste consente di differenziare il trattamento che occorre applicare alle imprese secondo la natura delle infrazioni commesse (punto 1 A, terzo paragrafo). È inoltre necessario prendere in considerazione la capacità economica effettiva degli autori dell’infrazione di creare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e determinare l’importo dell’ammenda ad un livello che le garantisca un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, quarto paragrafo).

46      Risulta quindi che l’impatto concreto dell’«infrazione» sul mercato dev’essere preso in considerazione quando è misurabile e che non esiste, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, un obbligo per la Commissione, in base agli Orientamenti, di esaminare l’impatto di un’intesa, in modo specifico, per ciascuna categoria di prodotti di cui trattasi.

47      Il punto di vista della ricorrente è del pari contraddetto dalla sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T‑83/91, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. II‑755), considerata dalle due parti, che respinge un ricorso di un’impresa condannata dalla Commissione al versamento di un’ammenda unica per varie infrazioni dell’art. 82 CE. Al punto 236 di detta sentenza, il Tribunale afferma:

«La Commissione non è affatto tenuta, come la ricorrente asserisce, a diversificare l’importo dell’ammenda a seconda dei diversi elementi dell’illecito commesso. In particolare, una tale diversificazione risulta impossibile quando, come nel caso di specie, tutti gli illeciti accertati ineriscano ad una strategia complessiva coerente e debbano essere pertanto considerati in modo globale sia ai fini dell’applicazione dell’art. 86 del Trattato sia ai fini della determinazione dell’ammenda. È sufficiente che la Commissione precisi nella Decisione i criteri per la determinazione del livello complessivo dell’ammenda irrogata ad un’impresa. Essa non è invece in obbligo di specificare il modo in cui ha preso in considerazione ciascuno degli elementi che sono stati menzionati tra questi criteri e che hanno concorso alla determinazione del livello generale dell’ammenda».

48      Inoltre, il Tribunale ha considerato nella sentenza Cimenteries CBR e a./Commissione (v. punto 36 supra, punto 4761), che la Commissione non poteva, in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, infliggere un’ammenda unica ad un’impresa che aveva commesso varie infrazioni, senza dover diversificare l’importo dell’ammenda per capo d’infrazione. Ciò vale tanto più quando le varie infrazioni di cui trattasi rientrano in una strategia di insieme coerente.

49      Da dette sentenze risulta che la ricorrente non è legittimata a sostenere che la Commissione fosse tenuta, nella fattispecie, ad effettuare un’analisi separata di ciascun elemento dell’infrazione unica considerata, a causa in particolare dell’esistenza di una strategia d’insieme condivisa da tutti i membri dell’intesa, quand’anche la Commissione non è tenuta ad esaminare la gravità di ciascuna infrazione quando impone un’ammenda unica ad un’impresa che ha commesso varie infrazioni.

50      Contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, tale conclusione non è tale da consentire una «punizione collettiva arbitraria» delle imprese implicate in un’intesa.

51      Quindi, la Commissione, nella Decisione (punti 289‑298), ha applicato un trattamento «differenziato» nell’ambito della fissazione dell’importo di partenza distinguendo, conformemente al punto 1 A, sesto paragrafo, degli Orientamenti, varie categorie di imprese in funzione dell’importanza della loro quota di mercato. Nell’ambito del detto trattamento, una presenza limitata sul mercato può eventualmente portare ad un importo di partenza meno rilevante anche se, nella fattispecie e tenendo conto del suo fatturato sul mercato dei prodotti considerati, la ricorrente è stata inclusa nella prima categoria.

52      Per di più, la gravità relativa della partecipazione di ciascuna delle imprese di cui trattasi, menzionata dalla ricorrente nell’ambito delle sue affermazioni relative all’assenza o alla scarsa implicazione nelle pratiche illecite concernenti taluni prodotti, doveva essere ed è stata esaminata dalla Commissione in sede di valutazione delle circostanze attenuanti.

53      La fondatezza delle valutazioni effettuate dalla Commissione a questo proposito sarà pertanto esaminata successivamente con le censure della ricorrente legate direttamente a tali questioni.

 Sul procedimento svolto dalla Commissione

54      Secondo la ricorrente, il fatto che la Commissione abbia avviato un solo procedimento per pratiche riguardanti varie categorie di prodotti del tutto distinti è manifestamente illogico e contrario al principio di buona amministrazione. La Commissione avrebbe dovuto:

–        adottare una sola Decisione concernente tutte le intese nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite, come avrebbero fatto le autorità americane della concorrenza, il che avrebbe indotto la Commissione ad imporre un’ammenda alla ricorrente di un importo massimo di 61,37 milioni di euro;

–        oppure adottare varie decisioni concernenti ciascuna categoria di prodotti di cui trattasi, conformemente alla sua prassi decisionale illustrata dai casi degli elettrodi di grafite e delle grafiti speciali, il che avrebbe indotto la Commissione a fissare l’importo di partenza ad un livello notevolmente inferiore a 35 milioni di euro.

55      Occorre osservare, in primo luogo, che la ricorrente non sostiene che le intese oggetto delle decisioni della Commissione concernenti i casi degli elettrodi di grafite e delle grafiti speciali e quella che ha comportato l’adozione della Decisione costituiscono in realtà un’unica infrazione, ma fa unicamente valere che le autorità americane della concorrenza avrebbero seguito un approccio complessivo del settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite, che ha portato all’adozione di una sola decisione.

56      Non viene pertanto affermato né a fortiori provato dalla ricorrente che la Commissione ha irregolarmente, per i mercati degli elettrodi di grafite, delle grafiti speciali e dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche, avviato tre procedure distinte, constatato quattro infrazioni e inflitto quattro ammende distinte alla ricorrente. Va sottolineato come la Commissione fosse legittimata ad infliggere alla ricorrente quattro ammende distinte, ciascuna entro i limiti fissati dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, purché essa abbia commesso quattro infrazioni distinte del disposto dell’art. 81, n. 1, CE, ricordandosi al riguardo che, nel caso delle grafiti speciali, la Commissione ha avviato un solo procedimento che ha comportato l’adozione di una decisione unica che constatava l’esistenza di due infrazioni distinte, concernenti una il mercato della grafite speciale isostatica e l’altra il mercato della grafite speciale estrusa, e infliggendo alla ricorrente due ammende distinte.

57      Peraltro, è evidente che la prassi seguita dalle autorità americane della concorrenza non può imporsi alla Commissione, la quale è responsabile dell’attuazione e dell’orientamento della politica comunitaria della concorrenza.

58      A questo proposito, si deve constatare che l’esercizio di poteri da parte delle autorità degli Stati terzi incaricate della tutela della libera concorrenza, nel contesto della loro competenza territoriale, risponde ad esigenze proprie dei detti Stati. Infatti, gli elementi sottesi agli ordinamenti giuridici di altri Stati nel settore della concorrenza non solo comportano finalità ed obiettivi specifici, ma sfociano egualmente nell’adozione di norme sostanziali particolari, nonché in conseguenze giuridiche estremamente differenziate nel settore amministrativo, penale o civile, quando le autorità dei detti Stati abbiano accertato l’esistenza di infrazioni alle norme applicabili in materia di concorrenza (sentenza della Corte 29 giugno 2006, causa C‑308/04 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑5977, punto 29).

59      Per contro, del tutto diversa è la situazione giuridica in cui un’impresa sia interessata, in materia di concorrenza, esclusivamente dall’applicazione del diritto comunitario e dal diritto di uno o più Stati membri, vale a dire la situazione in cui un’intesa, come nella fattispecie, sia limitata esclusivamente all’ambito di applicazione territoriale dell’ordinamento giuridico della Comunità europea (v., in tal senso, sentenza SGL Carbon/Commissione, punto 58 supra, punto 30).

60      Ne consegue che, quando la Commissione sanziona il comportamento illecito di un’impresa, anche se trae origine da un’intesa di carattere internazionale, essa intende salvaguardare la libera concorrenza all’interno del mercato comune che costituisce, ai sensi dell’art. 3, n. 1, lett. g), CE, un obiettivo fondamentale della Comunità. Infatti, a causa della specificità del bene giuridico tutelato a livello comunitario, le valutazioni effettuate dalla Commissione, in forza delle sue competenze in materia, possono divergere considerevolmente da quelle effettuate dalle autorità di Stati terzi (v. sentenza SGL Carbon/Commissione, punto 58 supra, punto 31).

61      Di conseguenza, sono del tutto irrilevanti le conclusioni della ricorrente, da essa collegate alla situazione ipotetica di una decisione della Commissione basata su un’analisi d’insieme dei prodotti a base di carbonio e di grafite, quanto all’ammenda massima di 61,37 milioni di euro che avrebbe potuto esserle imposta e ad una asserita violazione da parte della Commissione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17.

62      Occorre, in secondo luogo, rilevare che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, dai casi degli elettrodi di grafite e delle grafiti speciali non risulta che ciascun mercato di prodotti a base di carbonio e di grafite abbia costituito oggetto di un procedimento amministrativo distinto da parte delle autorità comunitarie della concorrenza.

63      Nel caso delle grafiti speciali, la Commissione ha avviato un solo procedimento che ha portato all’adozione di una decisione unica che constata l’esistenza di due infrazioni distinte, una concernente il mercato della grafite speciale isostatica e l’altra il mercato della grafite speciale estrusa, ed infliggendo alla ricorrente due ammende distinte.

64      In ogni caso, occorre sottolineare che la Commissione ha considerato nella fattispecie che le imprese destinatarie della Decisione avevano commesso un’infrazione unica dell’art. 81 CE. Essa ha giustificato la sua posizione nel punto 230 della Decisione, così redatto:

«Nonostante l’argomento della [LCL], secondo cui i blocchi di carbonio e di grafite non possono sostituirsi ai prodotti finiti a base di carbonio e di grafite, la Commissione considera che la totalità del gruppo dei prodotti cui si applica il presente procedimento costituiva oggetto di un’infrazione complessa unica. La Commissione osserva al riguardo che la sostituibilità dei prodotti non è che uno degli elementi che essa prende in considerazione. Altri fattori possono svolgere un ruolo importante, in particolare il funzionamento della stessa intesa. Nel procedimento in esame gli stessi membri del cartello hanno coordinato il loro comportamento commerciale durante le stesse riunioni per un gruppo intero di prodotti collegati (benché non sostituibili), che la totalità o la quasi totalità di essi hanno fabbricato o venduto. Inoltre, l’obiettivo principale dell’accordo dell’intesa, consistente nel non vendere blocchi a terzi o nel venderli a prezzi molto elevati, era quello di rinforzare l’accordo principale dell’intesa sui prodotti fabbricati mediante detti blocchi e di difenderlo da un’eventuale concorrenza. L’accordo sui blocchi era quindi accessorio all’accordo principale avente ad oggetto i prodotti finiti. Alla luce di tali dati di fatto, la Commissione ha scelto di considerare le attività del cartello come un’infrazione complessa unica. Nessuno dei destinatari della presente decisione ha affermato che vi erano varie infrazioni».

65      È quindi per ragioni obiettive che la Commissione nella fattispecie ha avviato un procedimento, constatato l’esistenza di una sola infrazione e inflitto nella Decisione un’ammenda alla ricorrente. Inoltre, si deve ricordare che la ricorrente non contesta l’esistenza di un’infrazione unica.

66      Pertanto, la scelta della Commissione di adottare una decisione per sanzionare l’infrazione unica e continuata non può essere qualificata «illogica» o contraria al principio di buona amministrazione.

67      Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che dev’essere disattesa la censura relativa all’errore di diritto commesso dalla Commissione a causa della mancanza di delimitazioni dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi.

 Sulla valutazione asseritamente errata della gravità dell’infrazione e sul carattere asseritamente sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda

68      Conformemente ad una giurisprudenza costante, la gravità di un’infrazione è determinata tenendo conto di vari elementi, per i quali la Commissione dispone di un potere discrezionale (sentenza della Corte 10 maggio 2007, causa C‑328/05 P, SGL Carbon/Commissione, Racc. pag. I‑3921, punto 43; v., del pari, in tal senso, sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 240‑242).

69      Come suesposto, la Commissione nella fattispecie ha determinato l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli Orientamenti.

70      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, anche se gli Orientamenti non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 209 e la giurisprudenza ivi citata).

71      Adottando siffatte norme di comportamento e annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in poi applicate ai casi cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 211 e la giurisprudenza ivi citata).

72      Inoltre, occorre ricordare che, secondo la stessa giurisprudenza, gli Orientamenti stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’importo delle ammende inflitte ai sensi dell’art. 15 del regolamento n. 17. Tali Orientamenti, per la cui redazione la Commissione si è in particolare avvalsa dei criteri affermati dalla giurisprudenza della Corte, garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 213).

73      Si deve rilevare che gli Orientamenti prevedono, in primo luogo, la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, sulla base della quale può essere fissato «un importo di partenza generale». In secondo luogo, detta gravità viene esaminata in relazione alle caratteristiche dell’impresa interessata, in particolare rispetto alle sue dimensioni e alla sua posizione sul mercato rilevante, il che può comportare la ponderazione dell’importo di partenza, la classificazione delle imprese in categorie e la fissazione di un «importo di partenza specifico».

 Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda, tenuto conto dell’impatto limitato delle pratiche censurate

74      Per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione in quanto tale, gli Orientamenti affermano, al punto 1 A, primo e secondo paragrafo, quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante.

Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

75      Nella Decisione la Commissione ha rilevato i seguenti tre elementi:

–        l’infrazione di cui trattasi era consistita essenzialmente nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi di vendita e altre condizioni di transazione applicabili ai clienti, nel ripartire i mercati, in particolare mediante l’attribuzione di clienti, e nel condurre azioni coordinate contro i concorrenti che non fossero membri del cartello, costituendo tali pratiche, per la loro stessa natura, il tipo di infrazione più grave dell’art. 81, n. 1, CE e dell’art. 53, n. 1, dell’accordo SEE (punto 278 della Decisione);

–        gli accordi collusivi erano stati attuati e avevano avuto un impatto sul mercato del SEE per i prodotti considerati, ma tale impatto non poteva essere misurato con precisione (punto 286 della Decisione);

–        il cartello si applicava a tutto il mercato comune e, dopo la sua creazione, a tutto il SEE (punto 287 della Decisione).

76      La conclusione della Commissione, esposta al punto 288 della Decisione, è così redatta:

«Tenuto conto di tutti questi fattori, la Commissione considera che le imprese oggetto della presente decisione hanno commesso un’infrazione molto grave. Secondo la Commissione, la natura dell’infrazione e la sua estensione geografica sono tali che l’infrazione dev’essere qualificata molto grave, indipendentemente dal fatto che il suo impatto sul mercato possa o meno essere misurato. È chiaro, in ogni caso, che gli accordi anticoncorrenziali del cartello sono stati attuati e hanno avuto un impatto sul mercato, anche se tale impatto non può essere misurato con precisione».

77      La ricorrente addebita alla Commissione di non aver proceduto all’esame dell’impatto concreto dell’infrazione sui mercati considerati e di essersi limitata ad affermare, sulla base della semplice affermazione dell’attuazione dell’intesa, che quest’ultima ha avuto un impatto sul mercato, senza esaminare l’importanza di questo, in violazione degli Orientamenti e della sua precedente prassi decisionale. Aggiunge che, tenuto conto dell’impatto oggettivamente limitato delle pratiche censurate sui mercati considerati, la Commissione poteva, al massimo, qualificare tali pratiche «gravi» e fissare l’importo di partenza ad un livello inferiore a 20 milioni di euro.

78      Occorre rilevare, in primo luogo, che i rappresentanti della Commissione, all’udienza, hanno dichiarato che la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» risultava dalla sola presa in considerazione della natura dell’infrazione e della sua estensione geografica e che, anche se l’esistenza di un impatto concreto dell’intesa sul mercato è stata constatata nella Decisione, tale elemento non era stato preso in considerazione per qualificare l’infrazione e quindi la determinare l’importo di partenza dell’ammenda.

79      Tale tesi è tuttavia contraddetta da una semplice lettura letterale dei punti 278‑288 della Decisione. Al punto 281 della Decisione la Commissione constata l’esistenza di effetti anticoncorrenziali reali risultanti, nella fattispecie, dall’attuazione degli accordi collusivi, anche se non è possibile quantificarli con precisione, constatazione successiva alla descrizione della natura propria dell’infrazione e che precede la determinazione dell’estensione geografica di questa. La formulazione del punto 288 della Decisione, in particolare l’uso dell’espressione «tenuto conto di tutti questi fattori», consente di concludere che la Commissione ha sicuramente preso in considerazione l’impatto concreto dell’intesa sul mercato per qualificare l’infrazione «molto grave», anche se ha aggiunto che tale qualificazione era giustificata indipendentemente dalla possibilità di misurare detto impatto.

80      Si deve constatare, in secondo luogo, che la Commissione non era tenuta, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, a procedere ad un esame concreto delle pratiche illecite su ciascuno dei mercati considerati, ricordandoche la Commissione ha considerato come l’insieme degli accordi e/o delle pratiche concordate oggetto della Decisione costituivano un’infrazione complessa unica – aspetto non contestato dalla ricorrente, e che devono essere presi in considerazione solo gli effetti risultanti dall’infrazione considerata complessivamente (v., in tal senso, sentenza della Corte 8 luglio 1999, causa C‑49/92 P, Commissione/Anic Partecipazioni, Racc. pag. I‑4125, punto 152, e sentenza del Tribunale 17 dicembre 1991, causa T‑7/89, Hercules Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑1711, punto 342).

81      Risulta, in terzo luogo, dai punti 244‑248 e 280‑286 della Decisione che la Commissione ha effettivamente dedotto dall’attuazione dell’intesa l’esistenza di un impatto concreto di questa sul settore di cui trattasi.

82      La Commissione osserva, a questo proposito, che «tutti i membri del cartello hanno applicato i rialzi di prezzi generali (espressi in percentuale) convenuti, diffondendo nuovi elenchi di prezzi (…) le società di trasporti pubblici hanno assegnato gli appalti alla società la cui offerta era stata manipolata in modo da essere leggermente inferiore a quella di altre parti dell’intesa, i clienti privati non hanno avuto altra scelta che di rifornirsi presso un fornitore predesignato ad un prezzo predeterminato, senza che la concorrenza potesse entrare in gioco, e i tagliatori si sono trovati nell’impossibilità di acquistare blocchi, o di farlo soltanto a prezzi artificialmente elevati, con la conseguenza che era loro impossibile esercitare un’effettiva concorrenza sul mercato dei prodotti finiti». Tenuto conto della durata del periodo di infrazione e del fatto che le imprese di cui trattasi controllavano insieme oltre il 90% del mercato del SEE, non vi è alcun dubbio, secondo la Commissione, che l’intesa ha avuto effetti anticoncorrenziali reali su detto mercato (punti 245 e 281 della Decisione).

83      Si deve ricordare che, per valutare l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte 16 dicembre 1975, cause riunite 40/73-48/73, 50/73, 54/73-56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a./Commissione, Racc. pag. 1663, punti 619 e 620; sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑347/94, Mayr‑Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 235; 11 marzo 1999, causa T‑141/94, Thyssen Stahl/Commissione, Racc. pag. II‑347, punto 645, e 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597; in prosieguo: la «sentenza ADM I», punto 150).

84      Per quanto attiene ad un’intesa sui prezzi, è legittimo che Commissione deduca che l’infrazione ha avuto degli effetti dal fatto che i membri dell’intesa hanno adottato misure per applicare i prezzi convenuti, per esempio annunciandoli ai clienti, dando ai loro dipendenti l’istruzione di utilizzarli come base di negoziazione e sorvegliando la loro applicazione da parte dei loro concorrenti e dei propri servizi di vendita. Infatti, per concludere per un impatto sul mercato, è sufficiente che i prezzi convenuti siano serviti come base per la fissazione di singoli prezzi di transazione, limitando così il margine di negoziazione dei clienti (sentenze del Tribunale Hercules Chemicals/Commissione, punto 80 supra, punti 340 e 341; 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, detta «PVC II», Racc. pag. II‑931, punti 743‑745, e 14 dicembre 2006, cause riunite da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, Racc. pag. II‑5169, punto 285).

85      Per contro, non si può esigere dalla Commissione, quando è provata l’attuazione di un’intesa, di dimostrare sistematicamente che gli accordi hanno effettivamente consentito alle imprese considerate di raggiungere un livello di prezzi di transazione superiore a quello che vi sarebbe stato in mancanza di intesa. A questo proposito, non può essere accolta la tesi secondo cui solo il fatto che il livello dei prezzi di transazione sarebbe stato diverso in mancanza di collusione può essere preso in considerazione al fine di determinare la gravità dell’infrazione (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑279/98 P, Cascades/Commissione, Racc. pag. I‑9693, punti 53 e 62). Peraltro, sarebbe sproporzionato esigere tale dimostrazione che assorbirebbe risorse notevoli poiché richiederebbe il ricorso a calcoli ipotetici, basati su modelli economici la cui esattezza è soltanto difficilmente verificabile dal giudice e la cui infallibilità non è affatto provata (conclusioni dell’avvocato generale Mischo relative alla sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑283/98 P, Mo och Domsjö/Commissione, Racc. pag. I‑9855, in particolare pag. I‑9858, paragrafo 109).

86      Infatti, per valutare la gravità dell’infrazione, è decisivo sapere che i membri dell’intesa avevano fatto tutto quanto era loro possibile per dare un effetto concreto alle loro intenzioni. Ciò che si è verificato in seguito, quanto ai prezzi di mercato effettivamente realizzati, poteva essere influenzato da altri fattori, non controllabili dai membri dell’intesa. Questi ultimi non possono trarre vantaggio, considerandoli elementi che giustificano una riduzione dell’ammenda, da fattori esterni che hanno contrastato i loro sforzi (conclusioni dell’avvocato generale Mischo relative alla sentenza Mo och Domsjö/Commissione, punto 85 supra, paragrafi 102‑107).

87      Pertanto, la Commissione poteva legittimamente basarsi sull’attuazione dell’intesa per concludere per l’esistenza di un impatto sul mercato, dopo aver rilevato, pertinentemente, che l’intesa era durata oltre 11 anni e che i membri della detta intesa controllavano oltre il 90% del mercato del SEE, senza che fosse necessario misurare con precisione l’entità di tale impatto.

88      Quanto alla fondatezza degli accertamenti da cui la Commissione ha tratto tale conclusione, si deve rilevare che la ricorrente non prova e neanche sostiene che non vi sia stata attuazione dell’intesa.

89      È vero che la ricorrente ha menzionato un ruolo «marginale» nell’attuazione delle pratiche illecite nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche e una mancanza di vendita a terzi dei blocchi di carbonio e di grafite. Essa del pari ha fatto valere, nell’ambito di una censura relativa alla valutazione errata della Commissione delle circostanze attenuanti, la sua mancata applicazione effettiva di taluni accordi collusivi. Tuttavia, gli argomenti basati dalla ricorrente sul proprio comportamento non possono essere accolti. Infatti, il comportamento effettivo che sostiene di aver adottato un’impresa è irrilevante ai fini della valutazione dell’impatto di un’intesa sul mercato e devono essere presi in considerazione soltanto gli effetti risultanti dall’infrazione considerata complessivamente (v. sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, punto 80 supra, punto 152, e Hercules Chemicals/Commissione, punto 80 supra, punto 342).

90      Dalle memorie della ricorrente risulta che quest’ultima si limita essenzialmente ad invocare il fatto che l’intesa ha avuto un impatto limitato per taluni prodotti considerati ed è stata attuata solo parzialmente, affermazione che, ammesso che sia esatta, non è tale da dimostrare che la Commissione ha erroneamente valutato la gravità dell’infrazione prendendo in considerazione il fatto che le pratiche illecite di cui trattasi hanno avuto un effetto anticoncorrenziale reale sul mercato SEE dei prodotti considerati (sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Gruppo Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 148).

91      Va ancora rilevato che, ammesso che l’impatto concreto dell’intesa non sia stato provato sufficientemente dalla Commissione, è pur sempre appropriata la qualificazione dell’infrazione di cui trattasi come «molto grave». Infatti, i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione non hanno lo stesso peso nell’ambito dell’esame complessivo. La natura dell’infrazione svolge un ruolo primordiale, in particolare, per caratterizzare le infrazioni «molto gravi». A questo proposito, dalla descrizione delle infrazioni molto gravi da parte degli Orientamenti risulta che accordi o pratiche concordate miranti in particolare, come nella fattispecie, alla fissazione dei prezzi possono comportare, già soltanto in base alla loro natura, la qualificazione come «molto gravi», senza che occorra caratterizzare siffatti comportamenti mediante un impatto o un’estensione geografica specifici. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni gravi menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, quella delle infrazioni molto gravi, per contro, non menziona alcuna esigenza di impatto concreto sul mercato, né di produzione di effetti su una specifica zona geografica (sentenze del Tribunale 27 luglio 2005, cause riunite da T‑49/02 a T‑51/02, Brasserie nationale e a./Commissione, Racc. pag. II‑3033, punto 178, e 25 ottobre 2005, Gruppo Danone/Commissione, punto 90 supra, punto 150).

92      Per quanto concerne la produzione di una pratica precedente della Commissione, contraria all’approccio adottato nella Decisione, va ricordato che, secondo la costante giurisprudenza della Corte (sentenze della Corte 21 settembre 2006, causa C‑167/04 P, JCB Service/Commissione, Racc. pag. I‑8935, punti 201 e 205, e 7 giugno 2007, causa C‑76/06 P, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, Racc. pag. I‑4405, punto 60), una prassi decisionale della Commissione non può servire come quadro giuridico delle ammende in materia di concorrenza e che decisioni concernenti altri casi rivestono soltanto un carattere indicativo per quanto concerne l’eventuale esistenza di una discriminazione, poiché è poco verosimile che siano identiche le circostanze proprie di questi, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi considerati. È giocoforza constatare che la prova di una tale discriminazione non è fornita nella fattispecie dalla ricorrente.

93      La ricorrente sostiene infine che, pur se si ammettesse che le pratiche censurate possano essere qualificate come «molto gravi», la Commissione avrebbe dovuto fissare l’importo di partenza dell’ammenda al più basso livello della forcella delle ammende applicabili alle infrazioni «molto gravi», proprio per tener conto del limitato impatto di tali pratiche sui mercati di cui trattasi.

94      Con tale argomentazione la ricorrente sembra sostenere che, anche ammettendo che l’infrazione sia stata appunto qualificata «molto grave», la Commissione ha violato il principio di proporzionalità fissando a 35 milioni di euro l’importo di partenza dell’ammenda, che non dovrebbe superare 20 milioni di euro, tenuto conto dell’impatto limitato dell’infrazione, per la mancata partecipazione della ricorrente all’infrazione commessa sul mercato dei blocchi e delle tavolette di carbonio e di grafite, per la sua partecipazione marginale a infrazioni commesse nel settore dei prodotti per applicazioni meccaniche e dell’impatto estremamente limitato delle pratiche censurate sui mercati dei prodotti per applicazioni elettriche.

95      Va tuttavia ricordato che, come sopra esposto al punto 89, il comportamento effettivo che sostiene di aver adottato un’impresa è irrilevante ai fini della valutazione dell’impatto di un’intesa sul mercato.

96      Peraltro, risulta dai punti 120 e 124 della Decisione che la Commissione non ha concluso che l’intesa avesse avuto un impatto notevole per tutti i prodotti e i clienti considerati e che essa ha persino ammesso, al contrario, che tale impatto avrebbe potuto essere più limitato per taluni prodotti specifici, come afferma la ricorrente che basa le sue affermazioni sugli accertamenti della Commissione. La ricorrente non sostiene del resto né a fortiori prova che la Commissione ha descritto erroneamente gli effetti dell’intesa esagerandoli.

97      Si deve ricordare del pari che la ricorrente ha partecipato ad un insieme di accordi e/o di pratiche concordate aventi ad oggetto prodotti a base di carbonio e di grafite destinati ad applicazioni elettriche e meccaniche, nonché blocchi di carbonio e di grafite mediante i quali tali prodotti sono fabbricati, costituendo l’insieme di tale gruppo di prodotti collegati oggetto di un’infrazione complessa unica. Orbene, devono essere presi in considerazione soltanto gli effetti risultanti dall’infrazione considerata complessivamente per valutare l’impatto sul mercato (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, punto 80 supra, punto 152, e Hercules Chemicals/Commissione, punto 80 supra, punto 342), e la ricorrente non menziona l’impatto limitato dell’intesa per i prodotti semifiniti, i prodotti per applicazioni meccaniche né persino, del resto, per i prodotti per applicazioni elettriche destinati ai «piccoli» clienti.

98      Di conseguenza, dev’essere respinta la censura relativa al carattere sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda, tenuto conto dell’impatto asseritamente limitato delle pratiche illecite censurate.

 Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda, tenuto conto della scarsa implicazione della ricorrente nell’intesa

99      La ricorrente afferma che la Commissione deve tener conto, quando determina la gravità dell’infrazione e pertanto l’importo di partenza dell’ammenda, della gravità relativa della partecipazione di ciascuna delle imprese censurate. Riferendosi alla sentenza del Tribunale 11 dicembre 2003, causa T‑59/99, Ventouris/Commissione (Racc. pag. II‑5257, punti 200 e 219), essa chiede al Tribunale di ridurre sostanzialmente l’importo dell’ammenda, al fine di tener conto della sua mancanza di partecipazione alle pratiche attuate sul mercato dei blocchi di carbonio e di grafite e dello scarso ruolo da essa svolto nelle pratiche attuate nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche. Imponendo alla ricorrente un importo di partenza di 35 milioni di euro, identico a quello adottato nei confronti della Morgan, e di 21 milioni di euro soltanto nei confronti della Schunk e della SGL, mentre queste ultime tre imprese hanno partecipato a tutte le pratiche oggetto della Decisione, la Commissione avrebbe violato il principio della parità di trattamento.

100    Come giustamente sottolinea la Commissione, l’argomentazione della ricorrente si basa sulla confusione tra la valutazione della gravità dell’infrazione, che serve a determinare il livello di partenza dell’ammenda, e quella della gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna delle imprese considerate, mentre quest’ultima questione dev’essere esaminata nell’ambito dell’eventuale applicazione di circostanze aggravanti o attenuanti.

101    Come già esposto, la Commissione, nell’esercizio della sua valutazione della gravità dell’infrazione e conformemente agli Orientamenti, ha preso in considerazione la natura di tale infrazione, l’impatto reale della stessa sul mercato di cui trattasi e l’estensione geografica di quest’ultimo.

102    Quando la Commissione si basa sull’impatto dell’infrazione per valutarne la gravità, conformemente al punto 1 A, primo e secondo paragrafo, degli Orientamenti, gli effetti da prendere in considerazione a tale titolo sono quelli risultanti dall’insieme dell’infrazione cui tutte le imprese hanno partecipato (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, punto 80 supra, punto 152), di modo che una presa in considerazione del comportamento individuale o di dati propri di ciascuna impresa è irrilevante al riguardo.

103    Il riferimento alla sentenza Ventouris/Commissione, punto 99 supra (punti 200 e 219), è del pari irrilevante, in quanto essa non riguarda una situazione di infrazione unica, come nella fattispecie, ma quella della sanzione da parte della Commissione di due infrazioni distinte. In detta sentenza il Tribunale constata che la Commissione ha sanzionato allo stesso modo le imprese che avevano partecipato alle due infrazioni e quelle che avevano partecipato soltanto ad una di esse, senza tener conto del principio di proporzionalità. La ricorrente, che non aveva partecipato ad una delle due infrazioni, ma che era stata sanzionata come se avesse partecipato ad entrambe, ha fruito di una riduzione dell’importo della sua ammenda da parte del Tribunale.

104    Nella fattispecie la ricorrente non contesta l’esistenza di un’infrazione unica e la sua partecipazione alla stessa. Essa sostiene unicamente che la gravità relativa della sua partecipazione è minore di quella di altre imprese implicate, come la Morgan, la Schunk e la SGL. L’argomentazione della ricorrente formulata a sostegno di tale affermazione sarà pertanto esaminata nell’ambito delle censure relative alla valutazione errata delle circostanze attenuanti da parte della Commissione.

 Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda tenuto conto dei fatturati della ricorrente

105    Tenuto conto della grande disparità di dimensioni fra le imprese considerate e allo scopo di tener conto del peso specifico di ciascuna di esse e, quindi, dell’incidenza effettiva del loro comportamento illecito sulla concorrenza, la Commissione, conformemente al punto 1 A, quarto e sesto paragrafo, degli Orientamenti, ha proceduto ad un trattamento differenziato delle imprese che avevano partecipato all’infrazione. A tale scopo, essa ha ripartito le imprese considerate in tre categorie, basandosi sul fatturato realizzato da ciascuna impresa per i prodotti oggetto del procedimento in esame su scala del SEE e includendovi il valore del consumo captivo di ciascuna impresa. Ne consegue una cifra di quota di mercato che rappresenta il peso relativo di ciascuna impresa nell’infrazione e la sua capacità economica effettiva a causare un danno notevole alla concorrenza (punti 289‑291 della Decisione).

106    Il raffronto è stato basato sui dati relativi al fatturato (espresso in milioni di euro) imputabile ai prodotti di cui trattasi aventi ad oggetto l’ultimo anno dell’infrazione, vale a dire il 1998, quali essi risultavano dalla tabella 1 figurante al punto 37 della Decisione e intitolata «Valutazione della cifra di affari (compreso il valore corrispondente all’uso captivo) e delle quote di mercato nel SEE, nel 1998, per il gruppo di prodotti oggetto del procedimento»:

Fornitori

Cifra di affari (compreso il valore dell’uso captivo)

Quota di mercato nel SEE

(in %)

Conradty

9

3

Hoffmann

17

6

[LCL]

84

29

Morgan

68

23

Schunk

52

18

SGL

41

14

Diversi

20

7

Totale

291

100


107    Di conseguenza, la ricorrente e la Morgan, considerate come le due maggiori operatrici con quote di mercato superiori al 20%, sono state classificate nella prima categoria. La Schunk e la SGL, operatori medi con quote di mercato comprese fra il 10 e il 20%, sono state collocate nella seconda categoria. La Hoffmann e la Conradty, considerate come piccoli operatori a causa di quote di mercato inferiori al 10%, sono state raggruppate nella terza categoria (punti 37 e 297 della Decisione).

108    Sulla base delle precedenti considerazioni la Commissione ha considerato un importo di partenza, determinato in funzione della gravità dell’infrazione, di 35 milioni di euro per la ricorrente e la Morgan, di 21 milioni di euro per la Schunk e la SGL e di 6 milioni di euro per la Hoffmann e la Conradty (punto 298 della Decisione).

109    Nell’ambito della sua censura, la ricorrente sostiene che la Commissione era tenuta a considerare il fatturato proveniente dalle vendite dei prodotti di cui trattasi nel SEE e che l’importo di partenza di 35 milioni di euro considerato dalla Commissione è sproporzionato rispetto al fatturato realizzato in ciascuno dei mercati considerati (detto importo rappresenta il 41,7% del fatturato di 84 milioni di euro menzionato nella Decisione, il 46,3% del fatturato per i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e il 421% del fatturato per i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche), conclusione che si imporrebbe tenuto conto della prassi decisionale precedente della Commissione e della giurisprudenza. Quest’ultima richiederebbe che l’importo dell’ammenda sia «ragionevolmente in relazione» con il fatturato realizzato sul mercato pertinente.

110    Occorre ricordare, in primo luogo, che, secondo la costante giurisprudenza della Corte (sentenze JCB Service/Commissione, punto 92 supra, punti 201 e 205, e Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, punto 92 supra, punto 60), una prassi decisionale della Commissione non può servire da ambito giuridico per le ammende in materia di concorrenza e decisioni concernenti altri casi non rivestono che un carattere indicativo per quanto concerne l’eventuale esistenza di una discriminazione, poiché è poco verosimile che siano identiche le circostanze proprie di queste, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi considerati.

111    È giocoforza constatare che la ricorrente non fornisce la prova di una siffatta discriminazione. Essa fa valere, in generale, che l’analisi della recente prassi decisionale della Commissione rivela che l’importo di partenza più elevato generalmente adottato nei casi aventi ad oggetto infrazioni «molto gravi» e attuate a livello mondiale o su tutto il territorio del SEE rappresenta in genere tra il 10 e il 20% del fatturato realizzato dall’impresa considerata sui mercati pertinenti. La ricorrente sottolinea che, nel caso delle grafiti speciali, la Commissione le avrebbe imposto un importo di partenza di 7,5 milioni di euro, che rappresenta circa il 14,5% del fatturato mondiale realizzato a titolo della vendita dei prodotti considerati.

112    Tale affermazione è contraddetta dalla Commissione che fornisce esempi di decisioni nelle quali essa ha considerato importi di partenza superiori al 20% del fatturato realizzato dalle imprese considerate sul mercato pertinente. La Commissione cita quindi il caso dell’Asea Brown Boveri Ltd che, nell’ambito della decisione 21 ottobre 1998, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo [81 CE] del trattato CE (Caso n. IV/35.691/E‑4: intesa tubi preisolati) (GU 1999, L 24, pag. 1), rettificata prima della sua pubblicazione, è stato oggetto di un importo di partenza di ammenda di 50 milioni di euro che rappresenta il 23% del fatturato realizzato con i prodotti di cui trattasi. La Commissione menziona del pari la decisione 11 dicembre 2001, 2003/437/CE, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso COMP/E‑1/37.027 – Fosfato di zinco) (GU 2003, L 153, pag. 1), nel quale l’importo di partenza di 3 milioni di euro rappresentava quasi il 100% del fatturato di ciascuno dei quattro principali membri dell’intesa sul mercato considerato.

113    Inoltre, va ricordato che la Commissione dispone di un potere discrezionale nella fissazione dell’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 127). Il fatto che la Commissione abbia applicato in passato ammende di un certo livello a taluni tipi di infrazioni non può quindi privarla della possibilità di aumentare, in qualsiasi momento, tale livello per garantire l’attuazione della politica comunitaria di concorrenza (sentenza della Corte 7 giugno 1983, cause riunite 100/80-103/80, Musique diffusion française e a./Commissione, Racc. pag. 1825, punto 109), e per rafforzare l’effetto dissuasivo delle ammende (sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 179).

114    Occorre rilevare, in secondo luogo, che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la Commissione non è tenuta, quando determina l’importo delle ammende in funzione della gravità e della durata dell’infrazione in questione, ad effettuare il suo calcolo dell’ammenda sulla scorta di importi basati sul fatturato delle imprese considerate, in particolare sul fatturato realizzato con i prodotti di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 255).

115    La gravità delle infrazioni dev’essere stabilita in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze specifiche del caso, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato stabilito un elenco vincolante o esaustivo di criteri che devono obbligatoriamente essere presi in considerazione (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 241 e la giurisprudenza citata).

116    Fatto salvo il rispetto del limite massimo previsto dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e che si riferisce al fatturato complessivo (v. sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, citata, punto 119), la Commissione può tenere conto del fatturato dell’impresa di cui trattasi al fine di valutare la gravità dell’infrazione quando determina l’importo dell’ammenda, ma non si deve attribuire un’importanza sproporzionata a tale cifra rispetto ad altri elementi di valutazione (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 257 e la giurisprudenza ivi citata).

117    Nella fattispecie la Commissione ha applicato il metodo di calcolo definito negli Orientamenti, che prevede la presa in considerazione di un gran numero di elementi in sede di valutazione della gravità dell’infrazione per fissare l’importo dell’ammenda, tra i quali figurano in particolare la natura propria dell’infrazione, l’impatto concreto di questa, l’estensione geografica del mercato considerato e la necessaria portata dissuasiva dell’ammenda. Benché gli Orientamenti non prevedano che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato pertinente, essi non ostano a che tali fatturati siano presi in considerazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda al fine di rispettare i principi generali del diritto comunitario e quando le circostanze lo richiedano (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punti 258 e 260).

118    Ne consegue che, anche se è innegabile, come sottolinea la ricorrente, che il fatturato dei prodotti di cui trattasi può costituire una base appropriata per valutare, come ha fatto la Commissione nella Decisione, le violazioni della concorrenza sul mercato dei prodotti considerati in seno al SEE, nonché l’importanza relativa dei partecipanti all’intesa rispetto ai prodotti di cui trattasi, è pur vero che tale elemento è lungi dal costituire l’unico criterio in base al quale la Commissione deve valutare la gravità dell’infrazione.

119    Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, si attribuirebbe a tale elemento un’importanza eccessiva qualora si limitasse la valutazione del carattere proporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda considerato dalla Commissione al raffronto fra detto importo e il fatturato dei prodotti di cui trattasi. La natura propria dell’infrazione, l’impatto concreto di questa, l’estensione geografica del mercato interessato e la necessaria portata dissuasiva dell’ammenda sono altrettanti elementi, nella fattispecie presa in considerazione dalla Commissione, che possono giustificare l’importo summenzionato. A questo proposito, la Commissione ha giustamente considerato la qualificazione dell’infrazione come «molto grave», in quanto la ricorrente ha partecipato ad un’intesa orizzontale mirante essenzialmente a fissare direttamente o indirettamente i prezzi di vendita e altre condizioni di transazione applicabili ai clienti, a ripartire i mercati, in particolare mediante l’attribuzione di clienti, e a condurre azioni coordinate contro concorrenti che non fossero membri del cartello e che ha avuto un impatto concreto sul mercato dei prodotti di cui trattasi nel SEE.

120    Quanto, in terzo luogo, all’affermazione del carattere sproporzionato dell’importo di partenza rispetto al fatturato realizzato su «ciascuno dei mercati considerati», essa equivale a non tener conto della qualificazione di infrazione unica che la ricorrente ha ammesso espressamente nelle sue memorie. Quindi, è irrilevante il rapporto effettuato dalla ricorrente fra l’importo di partenza e i fatturati realizzati per i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche, da un lato, e meccaniche, dall’altro, e può essere preso in considerazione solo il rapporto fra detto importo e il fatturato realizzato sul mercato pertinente, stimato in 84 milioni di euro nella Decisione.

121    Orbene, non è di per sé decisivo il fatto che l’importo di partenza dell’ammenda sia quasi equivalente alla metà del detto fatturato. Infatti, tale importo di 35 milioni di euro costituisce soltanto un importo intermedio che, in sede di applicazione del metodo definito dagli Orientamenti, viene poi adattato in funzione della durata dell’infrazione e delle circostanze aggravanti o attenuanti constatate (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑220/00, Cheil Jedang/Commissione, Racc. pag. II‑2473, punto 95).

122    Per quanto concerne specificamente le infrazioni che devono essere qualificate «molto gravi», gli Orientamenti si limitano ad indicare che gli importi di ammende applicabili sono «oltre i 20 milioni di euro». Gli unici massimali menzionati negli Orientamenti che siano applicabili per quanto concerne tali infrazioni sono il limite generale del 10% del fatturato complessivo fissato dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 [v. preambolo e punto 5, lett. a), degli Orientamenti] – la cui violazione non è affermata nella fattispecie – e i massimali relativi alla maggiorazione che può essere considerata a titolo della durata dell’infrazione (v. punto 1 B, primo paragrafo, secondo e terzo trattino, degli Orientamenti). Nulla negli Orientamenti osta, per un’infrazione «molto grave», ad un aumento di un livello in valore assoluto identico a quello applicato dalla Commissione nella fattispecie.

123    Secondo la giurisprudenza, l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 non vieta alla Commissione di riferirsi per il suo calcolo ad un importo intermedio superiore al limite generale del 10% del fatturato globale. Esso non osta neanche a che operazioni di calcolo intermedie, che prendano in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione, siano effettuate su un importo superiore a detto limite (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 278).

124    La ricorrente non può infine fruttuosamente avvalersi della sentenza Musique diffusion française e a./Commissione, punto 113 supra, e della sentenza del Tribunale 14 luglio 1994, causa T‑77/92, Parker Pen/Commissione (Racc. pag. II‑549), poiché tali decisioni riguardano la fissazione dell’importo finale dell’ammenda e non quella dell’importo di partenza dell’ammenda tenuto conto della gravità dell’infrazione e poiché la Commissione nella fattispecie non ha basato il suo calcolo del detto importo sul fatturato globale della ricorrente (v., in tal senso, sentenza Cheil Jedang/Commissione, punto 121 supra, punti 98 e 99, e sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑31/99, ABB Asea Brown Boveri/Commissione, Racc. pag. II‑1881, punto 156).

125    Dalle precedenti considerazioni risulta che dev’essere disattesa la censura relativa al carattere eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda tenuto conto del fatturato della ricorrente.

 Sulla presa in considerazione dell’effetto dissuasivo dell’ammenda

126    La ricorrente addebita, in primo luogo, alla Commissione, per la prima volta nella replica, di aver violato l’art. 253 CE per quanto riguarda la presa in considerazione della necessaria portata dissuasiva dell’ammenda.

127    Dalla giurisprudenza risulta che il motivo relativo ad una mancanza o a un’insufficienza di motivazione costituisce un motivo di ordine pubblico che dev’essere sollevato d’ufficio dal giudice comunitario (sentenza della Corte 2 aprile 1998, causa C‑367/95 P, Commissione/Sytraval e Brink’s France, Racc. pag. I‑1719, punto 67), e che, di conseguenza, può essere invocato dalle parti in ogni fase del procedimento (sentenza della Corte 20 febbraio 1997, causa C‑166/95 P, Commissione/Daffix, Racc. pag. I‑983, punto 25, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 2001, cause riunite T‑45/98 e T‑47/98, Krupp Thyssen Stainless e Acciai speciali Terni/Commissione, Racc. pag. II‑3757, punto 125).

128    Per costante giurisprudenza, la motivazione di una singola decisione deve evidenziare, in modo chiaro e non equivoco, il ragionamento dell’istituzione da cui proviene l’atto, in modo da consentire agli interessati di conoscere i motivi della misura adottata e al giudice competente di esercitare il suo sindacato. L’obbligo della motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze della fattispecie. Non si richiede che la motivazione specifichi tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la questione se essa risponda a quanto prescritto dall’art. 253 CE dev’essere valutata tenuto conto non soltanto del testo dell’atto di cui trattasi, ma anche del contesto nel quale l’atto è stato adottato (v. sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, punto 127 supra, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).

129    Per quanto concerne la fissazione di ammende per violazione del diritto della concorrenza, la Commissione adempie il suo obbligo di motivazione quando indica, nella sua Decisione, gli elementi di giudizio che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione commessa, senza essere tenuta a farvi figurare un’esposizione più dettagliata o gli elementi in cifre relativi al sistema di calcolo dell’ammenda (v., in tal senso, sentenza Cascades/Commissione, punto 85 supra, punti 38‑47; v., del pari, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, cause riunite T‑191/98 e da T‑212/98 a T‑214/98, Atlantic Container Line e a./Commission, Racc. pag. II‑3275, punto 1532). L’indicazione di dati in cifre relative al sistema di calcolo delle ammende, per quanto utili siano tali dati, non è indispensabile per il rispetto dell’obbligo di motivazione (sentenza della Corte 2 ottobre 2003, causa C‑182/99 P, Salzgitter/Commissione, Racc. pag. I‑10761, punto 75).

130    Per quanto attiene alla motivazione degli importi di partenza in termini assoluti, si deve ricordare che le ammende costituiscono uno strumento della politica della concorrenza della Commissione che deve disporre di un potere discrezionale nella fissazione del loro importo al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (sentenza del Tribunale 6 aprile 1995, causa T‑150/89, Martinelli/Commissione, Racc. pag. II‑1165, punto 59). Inoltre, occorre evitare che le ammende siano facilmente prevedibili da parte degli operatori economici. Pertanto, non si può esigere che la Commissione fornisca al riguardo elementi di motivazione diversi da quelli relativi alla gravità dell’infrazione.

131    Quanto, nella fattispecie, all’affermazione di mancanza di motivazione della Decisione sulla presa in considerazione, all’atto della determinazione dell’importo di partenza, dell’effetto dissuasivo e di una mancanza di specificazione di tale elemento, va rilevato, in primo luogo, che costituendo la dissuasione uno scopo dell’ammenda, l’obbligo di garantirla costituisce un obbligo generale cui deve attenersi la Commissione per tutta la fase del calcolo dell’ammenda e non esige necessariamente che tale calcolo sia caratterizzato da una fase specifica destinata ad una valutazione complessiva di tutte le circostanze pertinenti ai fini del conseguimento di tale obiettivo (sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑15/02, BASF/Commissione, Racc. pag. II‑497, punto 226).

132    Ai fini della presa in considerazione dell’obiettivo della dissuasione, la Commissione non ha definito negli Orientamenti metodologia o criteri individualizzati la cui esposizione specifica possa avere forza vincolante. Il punto 1 A, quarto paragrafo degli Orientamenti, nell’ambito delle indicazioni concernenti la valutazione della gravità di un’infrazione, menziona soltanto la necessità di determinare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo.

133    Va rilevato, in secondo luogo, che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la Commissione ha espressamente sottolineato la necessità di fissare le ammende ad un livello dissuasivo quando ha esposto l’approccio generale seguito per la fissazione delle ammende, quando ha applicato ai partecipanti all’intesa un trattamento differenziato in funzione delle loro quote di mercato e ha fissato l’importo di partenza dell’ammenda della LCL a 35 milioni di euro (punti 271 e 289 della Decisione).

134    Dalla Decisione risulta chiaramente che, per fissare l’importo di partenza dell’ammenda in funzione della gravità dell’infrazione, la Commissione, da un lato, ha qualificato l’infrazione in quanto tale, tenendo conto di elementi oggettivi, vale a dire la natura stessa dell’infrazione, il suo impatto sul mercato e l’estensione geografica di tale mercato, e, dall’altro, ha preso in considerazione alcuni elementi soggettivi, vale a dire il peso specifico di ciascuna delle imprese implicate nell’intesa e, pertanto, l’incidenza effettiva del loro comportamento illecito sulla concorrenza. Nell’ambito di tale seconda parte della sua analisi essa ha, in particolare, perseguito l’obiettivo di garantire un livello dissuasivo dell’ammenda, tenuto conto del peso relativo di ciascuna impresa nell’infrazione e della sua capacità economica effettiva di causare un danno notevole alla concorrenza sul mercato di cui trattasi. Al termine della sua valutazione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha fissato direttamente un importo di partenza tenendo conto dell’insieme degli elementi precitati.

135    Risulta quindi che la Commissione ha indicato nella Decisione, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 129, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità dell’infrazione commessa e che pertanto non può esserle addebitata una violazione dell’art. 253 CE.

136    La ricorrente fa valere, in secondo luogo, che, aumentando l’importo di partenza a titolo di effetto dissuasivo, la Commissione ha violato il principio ne bis in idem. Secondo la ricorrente, la Commissione giustifica a torto, nella Decisione e nel controricorso, due aggravanti successive dell’importo dell’ammenda basandosi sulla stessa ragione, vale a dire la conoscenza e la consapevolezza dell’illegittimità delle pratiche censurate. La ricorrente sostiene che, in tal modo, la Commissione la condanna due volte in base allo stesso fondamento e viola così il summenzionato principio.

137    Occorre ricordare come dal combinato disposto dell’art. 44, n. 1, lett. c), e dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale risulti che l’atto introduttivo del ricorso deve contenere, in particolare, un’esposizione sommaria dei motivi invocati, e che la produzione di motivi nuovi in corso di causa è vietata, a meno che tali motivi non si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, dev’essere dichiarato ricevibile un motivo che costituisce l’ampliamento di un motivo enunciato precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del ricorso, e che presenta uno stretto collegamento con questo (sentenze del Tribunale 20 settembre 1990, causa T‑37/89, Hanning/Parlamento, Racc. pag. II‑463, punto 38, e 17 luglio 1998, causa T‑118/96, Thai Bicycle/Consiglio, Racc. pag. II‑2991, punto 142).

138    È pacifico che la censura relativa alla violazione del principio ne bis in idem è stata sollevata per la prima volta dalla ricorrente nella replica ad un asserito motivo nuovo di difesa della Commissione secondo il quale essa può fissare l’importo dell’ammenda tenendo conto dell’effetto dissuasivo di questa, specialmente quando si tratta di un’infrazione classica del diritto della concorrenza.

139    Tale semplice osservazione formulata dalla Commissione nel controricorso non può essere considerata come un elemento di diritto o di fatto emerso durante il procedimento, ricordandosi che, nella Decisione, la Commissione ha chiaramente dichiarato la necessità di provvedere a che l’ammenda sia fissata ad un livello tale da garantirle un effetto sufficientemente dissuasivo. Inoltre, l’affermazione specifica della violazione del principio ne bis in idem, quanto all’applicazione dell’effetto dissuasivo, non costituisce l’ampliamento di una censura enunciata precedentemente, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del ricorso.

140    Pertanto, dev’essere dichiarata irricevibile la censura relativa alla violazione del principio ne bis in idem.

141    La ricorrente fa valere, in terzo luogo, che il ricorso all’effetto dissuasivo era in ogni caso inutile e, di conseguenza, infondato. La ricorrente sostiene di aver operato un cambiamento radicale ed effettivo nella gestione della sua politica commerciale sin dall’inizio del procedimento negli Stati Uniti nell’aprile 1999 e ben prima di qualsiasi intervento della Commissione, il che dimostra che essa è già stata dissuasa dal commettere qualsiasi nuova infrazione delle regole di concorrenza. Pertanto occorre, secondo la ricorrente, annullare l’aumento dell’ammenda inflitta a titolo dell’effetto dissuasivo e ridurre sostanzialmente l’importo di partenza dell’ammenda stessa.

142    Si deve dichiarare che anche la summenzionata censura dev’essere dichiarata irricevibile in base all’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, per gli stessi motivi menzionati supra al punto 139.

143    In ogni caso, dalla giurisprudenza risulta che, anche se è importante che un’impresa adotti misure per impedire che nuove infrazioni del diritto comunitario della concorrenza siano commesse in futuro dai suoi dipendenti, l’adozione di tali misure non modifica affatto la realtà dell’infrazione constatata. La Commissione non è quindi tenuta a considerare tale elemento come circostanza attenuante, tanto più quando l’infrazione di cui trattasi costituisce, come nella fattispecie, una manifesta violazione dell’art. 81 CE (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 373). Benché la ricorrente invochi tale circostanza quando prende in considerazione l’effetto dissuasivo dell’ammenda, e non formalmente a titolo di circostanza attenuante, la stessa soluzione deve applicarsi nella fattispecie.

144    A questo proposito occorre rilevare che è impossibile determinare il grado di efficacia delle misure interne adottate da un’impresa per prevenire la reiterazione di infrazioni del diritto della concorrenza. Nella fattispecie, e come giustamente sottolinea la Commissione, il cambiamento radicale ed effettivo nella gestione della politica commerciale della ricorrente, che si sarebbe verificato sin dall’annuncio nell’aprile del 1999 dell’inizio di un procedimento negli Stati Uniti e si sarebbe tradotto nell’attuazione di un programma rigoroso del rispetto delle regole di concorrenza, non ha indotto la ricorrente a denunciare il cartello oggetto della Decisione, avendo la ricorrente accettato di cooperare solo dopo essere stata informata dell’indagine della Commissione.

145    Di conseguenza, non possono essere accolte la censura relativa ad una valutazione errata dell’effetto di dissuasione e la domanda connessa di riduzione dell’importo dell’ammenda.

 Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

146    Occorre ricordare che il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione comunitaria ha suscitato in lui aspettative fondate (sentenze della Corte 11 marzo 1987, causa 265/85, Van den Bergh en Jurgens e Van Dijk Food Products/Commissione, Racc. pag. 1155, punto 44, e 26 giugno 1990, causa C‑152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I‑2477, punto 26), dovendosi precisare che nessuno può invocare una violazione di detto principio in mancanza di assicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenza del Tribunale 29 aprile 2004, cause riunite T‑236/01, T‑239/01, da T‑244/01 a T‑246/01, T‑251/01 e T‑252/01, Tokai Carbon e a./Commissione, Racc. pag. II‑1181; in prosieguo la «sentenza Tokai I», punto 152 e la giurisprudenza ivi citata).

147    Nella fattispecie, la ricorrente si limita ad affermare che i competenti uffici della Commissione le hanno fornito «indicazioni» in base alle quali essa poteva legittimamente «sperare» che, tenuto conto del suo contributo all’accertamento dell’infrazione, l’importo di partenza non avrebbe superato i 20 milioni di euro. È sufficiente constatare che tale descrizione effettuata dalla stessa ricorrente del suo rapporto con l’amministrazione non corrisponde alla fornitura di assicurazioni precise da parte degli uffici della Commissione. Il riferimento ad un colloquio telefonico durante il quale un agente della Commissione avrebbe dichiarato alla ricorrente che l’ammenda sarebbe stata necessariamente superiore a 15 milioni di euro «qualora la Commissione avesse applicato un importo di partenza di 20 milioni di euro» è, a questo proposito, irrilevante quanto alla prova di assicurazioni precise, trattandosi della dichiarazione da parte della Commissione di una semplice ipotesi.

148    Ne consegue che dev’essere respinta la censura relativa ad una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

149    Da tutte le precedenti considerazioni risulta che devono essere disattese le censure relative ad una valutazione errata della gravità dell’infrazione e al carattere sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda.

 Sulla durata dell’infrazione

150    Conformemente all’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, la durata dell’infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese colpevoli di infrazioni delle norme sulla concorrenza.

151    Per quanto riguarda il fattore relativo alla durata dell’infrazione, gli Orientamenti distinguono fra le infrazioni di breve durata (in genere inferiore ad un anno), per le quali l’importo di partenza considerato per la gravità non dovrebbe essere aumentato, le infrazioni di media durata (in generale da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere aumentato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo paragrafo, primo, secondo e terzo trattino).

152    Al punto 300 della Decisione la Commissione ha dichiarato che tutte le imprese avevano commesso una infrazione di lunga durata e che gli importi di partenza delle ammende dovevano di conseguenza essere aumentati del 10% per anno completo di infrazione e del 5% per qualsiasi periodo supplementare pari o superiore a 6 mesi, ma inferiore a un anno, il che ha comportato un aumento dell’importo di partenza dell’ammenda del 105% per la ricorrente, tenuto conto della sua partecipazione all’infrazione durante un periodo di dieci anni e otto mesi.

153    Va rilevato, in primo luogo, che la ricorrente non contesta espressamente la durata del periodo di infrazione considerata dalla Commissione. Tuttavia, essa dichiara, al punto 140 del ricorso, che la Commissione ha aumentato l’importo di partenza dell’ammenda del 105% per un’infrazione di dieci anni e otto mesi, e ciò «nonostante il fatto [che essa] abbia posto fine all’infrazione almeno sei mesi prima degli altri partecipanti». Quest’ultima affermazione è ripresa nella discussione sulle circostanze attenuanti e quando si prende in considerazione il fatto che la ricorrente avrebbe cessato l’infrazione persino prima dell’intervento della Commissione e «al più tardi nel giugno 1999» (punto 165 del ricorso). Risulta quindi che non vi è disaccordo fra la ricorrente e la Commissione quanto alla durata del periodo dell’infrazione, la quale è iniziata nell’ottobre del 1988 ed è terminata nel giugno 1999 secondo il punto 299 della Decisione.

154    Va, in secondo luogo, rilevato che la ricorrente sostiene che, aumentando l’importo di partenza del 105%, la Commissione ha violato i principi della certezza del diritto e di proporzionalità e invoca unicamente a sostegno di tale affermazione la prassi decisionale in materia della Commissione, la quale rivelerebbe un aumento massimo del 100%, anche per infrazioni di durata superiore a 20 anni.

155    È sufficiente tuttavia constatare che la stessa ricorrente ha fornito un esempio di decisione della Commissione che comporta un aumento del 125% per un’infrazione di una durata di dodici anni e dieci mesi, vale a dire la decisione della Commissione 2 luglio 2002, 2003/674/CE, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 81 del Trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso C.37.519 – Metionina) (GU 2003, L 255, pag. 1). Tale decisione è stata oggetto di un ricorso dinanzi al Tribunale (sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897), che ha convalidato la durata dell’infrazione considerata dalla Commissione, ma non ha dovuto pronunciarsi sull’importo dell’aumento applicato a titolo di questa.

156    Inoltre nel controricorso la Commissione ha fornito altri esempi di decisioni nelle quali ha applicato aumenti superiori al 100%, i quali non sono stati contestati dalla ricorrente nel ricorso.

157    Peraltro, per giurisprudenza costante (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑350/88, Delacre e a./Commissione, Raccc. pag. I‑395, punto 33 e la giurisprudenza ivi citata), non è giustificato che gli operatori economici pongano il loro legittimo affidamento nel mantenimento di una situazione esistente che può essere modificata nell’esercizio del potere discrezionale delle istituzioni comunitarie.

158    Orbene, in materia di norme comunitarie sulla concorrenza, risulta chiaramente dalla giurisprudenza (sentenze Musique diffusion française e a./Commissione, punto 113 supra, punto 109, e LR AF 1998/Commissione, punto 114 supra, punto 237) che la loro applicazione efficace esige che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze della politica di concorrenza. Di conseguenza, il fatto che la Commissione abbia applicato, in passato, ammende di un certo livello a taluni tipi di infrazioni non può privarla della possibilità di aumentare tale livello entro i limiti indicati dal regolamento n. 17.

159    Va infine sottolineato che l’aumento dell’importo di partenza del 105% non può essere considerato manifestamente sproporzionato tenuto conto della lunga durata dell’infrazione ammessa dalla ricorrente.

160    Dalle precedenti considerazioni risulta che dev’essere respinta la censura relativa alla violazione dei principi di certezza del diritto e di proporzionalità a causa dell’aumento del 105% dell’importo di partenza a titolo della durata dell’infrazione.

 Sulle circostanze attenuanti

161    Come risulta dalla giurisprudenza, quando un’infrazione è stata commessa da più imprese, si deve esaminare la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna di esse (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, punto 83 supra, punto 623, e Commissione/Anic Partecipazioni, punto 80 supra, punto 150), al fine di determinare se sussistano nei loro confronti circostanze aggravanti o attenuanti.

162    Il punto 3 degli Orientamenti prevede un adattamento dell’importo di base dell’ammenda in funzione di talune circostanze attenuanti.

 Sulla mancanta presa in considerazione del ruolo asseritamente passivo della ricorrente

163    Il «ruolo esclusivamente passivo o emulativo» di un’impresa nella realizzazione dell’infrazione costituisce, se provato, una circostanza attenuante, conformemente al punto 3, primo trattino, degli Orientamenti, fermo restando che tale ruolo passivo implica l’adozione da parte dell’impresa considerata di un «profilo basso», vale a dire una mancanza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo o degli accordi anticoncorrenziali (sentenza Cheil Jedang/Commissione, punto 121 supra, punto 167).

164    Dalla giurisprudenza emerge che possono essere presi in considerazione, fra gli elementi atti a evidenziare il ruolo passivo di un’impresa all’interno di un’intesa, il carattere notevolmente più sporadico delle sue partecipazioni alle riunioni rispetto ai membri ordinari dell’intesa (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑311/94, BPB de Eendracht/Commissione, Racc. pag. II‑1129, punto 343), del pari il suo ingresso tardivo sul mercato che ha costituito oggetto dell’infrazione, indipendentemente dalla durata della sua partecipazione ad essa (v., in tal senso, sentenza della Corte 10 dicembre 1985, cause riunite 240/82‑242/82, 261/82, 262/82, 268/82 e 269/82, Stichting Sigarettenindustrie e a./Commissione, Racc. pag. 3831, punto 100), o anche l’esistenza di dichiarazioni espresse in tal senso provenienti da rappresentanti di imprese terze che hanno partecipato all’infrazione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑317/94, Weig/Commissione, Racc. pag. II‑1235, punto 264).

165    La ricorrente afferma, in primo luogo, di non essere mai stata presente sul mercato dei blocchi di carbonio e di grafite e di non avere quindi potuto commettere l’infrazione su tale mercato. In ogni caso, ammesso che abbia partecipato all’infrazione commessa sul mercato dei prodotti semifiniti, il suo ruolo potrebbe essere qualificato soltanto passivo nella realizzazione di tale infrazione, come la Commissione riconoscerebbe al punto 232 della Decisione.

166    Interrogata dal Tribunale all’udienza circa la portata esatta di tale argomentazione, formulata nell’ambito di una censura concernente la presa in considerazione di circostanze attenuanti e la cui unica conclusione è una domanda di riduzione sostanziale dell’ammenda, la ricorrente ha precisato di non mirare a contestare l’infrazione considerata dalla Commissione, ma soltanto a rivendicare un ruolo passivo.

167    Quanto al comportamento anticoncorrenziale legato all’esclusione dei tagliatori, la Commissione osserva, al punto 154 della Decisione, che, oltre a vendere prodotti finiti a base di carbonio, come le spazzole di carbonio, i membri del cartello vendevano anche blocchi di carbonio compresso, non ancora tagliati né lavorati per fabbricare spazzole o altri prodotti. Alcuni tagliatori non membri dell’intesa acquistano blocchi di carbonio, li tagliano e li trasformano in prodotti finiti che vendono ai clienti. Pure essendo clienti dei membri del cartello, tali tagliatori rappresentano anche per loro una fonte di concorrenza per i prodotti finiti.

168    Dai punti 154‑166 della Decisione risulta che la politica del cartello mirava a limitare la concorrenza che i tagliatori potevano esercitare con i prodotti finiti fabbricati mediante tali blocchi, rifiutando di rifornirli o, quando erano riforniti, fissando a livelli elevati i prezzi per i blocchi di carbonio consegnati.

169    Ai punti 159 e 232 della Decisione, la Commissione addebita chiaramente alla ricorrente di aver partecipato a tale politica del cartello. Il punto 232 della Decisione è così redatto:

«In ogni caso, la Commissione non accetta l’affermazione della [LCL] secondo la quale [essa] non ha partecipato all’attività del cartello consistente nell’escludere i tagliatori in quanto ha utilizzato tutti i blocchi che ha prodotto in interno. Come si è rilevato al punto 7.8 la [LCL] in realtà ha preso parte alla pratica del cartello consistente nel non vendere blocchi ai “tagliatori”, o nel venderli unicamente a prezzi assai elevati. In particolare, alla riunione del cartello del 14 ottobre 1993, alla domanda “dovremmo vendere blocchi e rinunciare al nostro margine o no?”, la [LCL] avrebbe dichiarato che “cerca di vendere quanti meno blocchi possibile e ritiene preferibile non vendere che alle proprie società”. Anche se la [LCL] non aveva essa stessa partecipato al boicottaggio effettivo dei “tagliatori”, essa ha evidentemente sottoscritto la politica generale del cartello consistente nel cessare di fornire i tagliatori o di fornirli soltanto a prezzi assai elevati e, come gli altri membri del cartello, ha tratto vantaggio dalla diminuzione della concorrenza proveniente dai tagliatori. Tali elementi di fatto sono sufficienti per provare la responsabilità della [LCL]».

170    Risulta quindi che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, il punto 232 della Decisione non contiene affatto il riconoscimento di un ruolo passivo della ricorrente, vale a dire di una mancanza di partecipazione attiva all’elaborazione dell’accordo anticoncorrenziale relativo all’esclusione dei tagliatori, ma rivela, al contrario, una presa di posizione esplicita a favore della cessazione della fornitura di blocchi ai tagliatori e persino l’incitamento di tale soluzione per i membri dell’intesa.

171    La ricorrente rileva, in secondo luogo, che la Commissione ammette che ha svolto soltanto un ruolo secondario nelle pratiche attuate nel settore dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche. Inoltre, secondo quanto constatato direttamente dalla Commissione, la ricorrente avrebbe cessato di partecipare alle riunioni del comitato tecnico nell’aprile del 1999, vale a dire otto mesi prima dello scioglimento del cartello, il che sarebbe stato considerato un problema grave, quanto meno dalla Schunk.

172    Essa fa valere, in sostanza, che non ha partecipato a numerose riunioni, organizzate fra la Morgan, la Schunk e la SGL al margine delle riunioni del comitato tecnico e durante le quali sono state adottate la maggior parte delle decisioni importanti (in particolare la fissazione dei prezzi e la ripartizione dei clienti) e si basa sulla testimonianza di uno dei suoi preposti, capo del prodotto internazionale per i prodotti per applicazioni meccaniche, il quale ha sottolineato nella sua dichiarazione che, a parte tre riunioni organizzate nell’ambito dell’European Carbon and Graphite Association (ECGA, associazione europea del carbonio e della grafite) [il 2 aprile 1998 a Bandol (Francia), 12 ottobre 1998 a Berlino (Germania) e l’8 aprile 1999 a Stratford-upon-Avon (Regno Unito)], «la [LCL] non ha partecipato a nessun’altra riunione bilaterale o multilaterale per i prodotti meccanici».

173    Interrogata dal Tribunale, all’udienza, sulla portata esatta di tale argomentazione, la ricorrente ha precisato che la testimonianza del suo preposto si riferiva alla sola partecipazione dell’interessato e che essa non contestava la sua partecipazione alle riunioni del comitato tecnico concernenti i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche.

174    Dalla Decisione risulta che il funzionamento dell’intesa si basava essenzialmente su tre tipi di riunioni, vale a dire le riunioni al vertice, le riunioni del comitato tecnico e le riunioni locali, le prime due organizzate due volte l’anno. Le riunioni del cartello a livello europeo si svolgevano spesso a margine di riunioni dell’associazione di categoria europea del settore, vale a dire, in un primo tempo, l’Association of European Graphite Electrode Producers (AEGEP, associazione dei produttori europei di elettrodi di grafite), poi, in seguito, l’ECGA.

175    Le decisioni sui livelli dei prezzi e sugli aumenti venivano adottate in via di principio annualmente, in occasione della riunione di autunno del comitato tecnico. A seguito di una discussione, il comitato tecnico stabiliva aumenti di prezzo per l’anno seguente. Quando i membri del cartello non riuscivano ad accordarsi sull’aumento per un determinato paese, la decisione era in genere rinviata alla riunione locale del cartello concernente il paese in questione. Gli aumenti dei prezzi convenuti alle riunioni del comitato tecnico o alle riunioni locali erano infine ratificati nel corso della riunione al vertice (punti 98 e 99 della Decisione).

176    La Commissione rileva che, tanto le riunioni al vertice quanto quelle del comitato tecnico avevano ad oggetto prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche, denominazione che raggruppava nella Decisione (punto 4) i prodotti finiti e semifiniti, precisandosi che, aumentando il numero dei prodotti e la complessità degli accordi, le riunioni del comitato tecnico erano spesso divise in due riunioni distinte, una dedicata ai prodotti per applicazioni elettriche e l’altra ai prodotti per applicazioni meccaniche (punti 75 e 76 della Decisione).

177    La ricorrente non mette in discussione gli accertamenti della Commissione relativi al sistema di funzionamento dell’intesa. Tenuto conto del funzionamento dell’intesa così descritto, della partecipazione non contestata della ricorrente alle riunioni al vertice e del comitato tecnico, già ammessa nella risposta alla comunicazione degli addebiti, del fatto che un rappresentante della ricorrente era il relatore ufficiale per le riunioni al vertice per i prodotti meccanici, la ricorrente non può validamente rivendicare il beneficio della circostanza attenuante relativo al carattere esclusivamente passivo del ruolo dell’impresa.

178    Va inoltre rilevato che la ricorrente cerca di vedersi riconoscere il beneficio di detta circostanza evidenziando il comportamento che essa ha adottato nei confronti di taluni accordi collusivi o pratiche illecite, coperte dall’infrazione, qualificata giustamente complessa e unica da parte della Commissione.

179    È giocoforza constatare che lo stesso testo del punto 3, primo trattino, degli Orientamenti dedicato alla circostanza attenuante di cui trattasi contraddice quanto asserito dalla ricorrente. Una semplice lettura letterale del punto 3, primo trattino, degli Orientamenti, contenente l’avverbio «esclusivamente» e l’espressione «realizzazione dell’infrazione», al singolare, consente di concludere che non è sufficiente che, durante taluni periodi dell’intesa, o nei confronti di taluni accordi dell’intesa, l’impresa considerata abbia adottato un «profilo basso» (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑43/02, Jungbunzlauer/Commissione, Racc. pag. II‑3435, punto 254).

180    Peraltro, l’approccio consistente nel separare la valutazione del comportamento di un’impresa a seconda dello scopo degli accordi o delle pratiche concordate di cui trattasi risulta quantomeno teorico quando questi ultimi rientrano in una strategia generale, che determina gli Orientamenti dei membri dell’intesa sul mercato e limita la loro libertà commerciale, mirante a perseguire uno scopo anticoncorrenziale identico e uno scopo economico unico, vale a dire falsare l’andamento normale dei prezzi e restringere la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

181    Occorre al riguardo sottolineare che è la constatazione dell’esistenza di detto unico e stesso obiettivo anticoncorrenziale condiviso dalle imprese di cui trattasi che ha giustificato la qualificazione di un’infrazione unica e continuata adottata dalla Commissione nella Decisione. La Commissione ha così preso in considerazione un elemento concreto, vale a dire il funzionamento della stessa intesa. Al punto 230 della Decisione essa ha così rilevato che «nel presente procedimento, gli stessi membri del cartello, avevano coordinato il loro comportamento commerciale durante le stesse riunioni per un gruppo intero di prodotti collegati (benché non sostituibili), che la totalità o la quasi totalità di essi avevano fabbricato o venduto».

182    Va rilevato come risulti dalla sentenza Cheil Jedang/Commissione, punto 121 supra, invocata dalla ricorrente a sostegno dei suoi argomenti, che il sistema di funzionamento dell’intesa sulla lisina era diverso da quello del cartello che ha comportato l’adozione della Decisione. La motivazione della precitata sentenza evidenzia chiaramente l’esistenza di riunioni collusive specifiche sui volumi di vendita, distinte dalle riunioni relative alla fissazione dei prezzi. Inoltre, il Tribunale ha espressamente considerato la ridotta dimensione della società Cheil Jedang nella sua analisi che ha comportato il riconoscimento di un ruolo passivo di questa nell’intesa sui volumi di vendita. Il riferimento alla precitata sentenza risulta quindi privo di qualsiasi rilevanza tenuto conto delle circostanze della causa in esame.

183    Stando così le cose, anche se la Commissione ammette che la ricorrente, a causa del suo fatturato relativamente poco elevato concernente i prodotti meccanici, ha svolto un ruolo minore della Morgan, della Schunk e della SGL nelle attività del cartello aventi ad oggetto detti prodotti (punto 192 della Decisione), non si può riconoscere «un ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione» a favore di un’impresa che, come la ricorrente, non contesta di aver partecipato ad un’infrazione unica che è durata oltre dieci anni e che deteneva la quota di mercato maggiore, e che basa la sua rivendicazione sulla presa in considerazione di elementi relativamente secondari della detta infrazione. Quindi, la Commissione sottolinea giustamente che:

–        il valore del mercato dei prodotti per applicazioni meccaniche (70 milioni di euro unicamente, secondo la ricorrente, nel 1998) è ridotto rispetto al valore totale del mercato di cui trattasi (che ammontava a 291 milioni di euro lo stesso anno) e chiaramente inferiore a quello dei prodotti per applicazioni elettriche; per cui

–        l’obiettivo dell’intesa, consistente a non vendere blocchi a tagliatori o a venderli a prezzi molto elevati, mirava a rinforzare l’accordo principale dell’intesa sui prodotti fabbricati mediante detti blocchi e a difenderlo da una concorrenza eventuale; l’accordo sui blocchi era quindi accessorio all’accordo principale avente ad oggetto i prodotti finiti (punto 230 della Decisione).

184    Infine, anche se il fatto che la ricorrente ha posto fine alla sua partecipazione all’intesa soltanto qualche mese prima degli altri membri del cartello non giustifica una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo della circostanza attenuante relativa al «ruolo esclusivamente passivo o emulativo nella realizzazione dell’infrazione», va rilevato che esso è stato appunto considerato dalla Commissione mediante l’applicazione di un aumento per la durata inferiore del 5% di quello applicato agli altri membri del cartello interessati.

185    Dalle precedenti considerazioni risulta che è infondata e dev’essere respinta la censura relativa alla mancata presa in considerazione da parte della Commissione del ruolo assertivamente passivo della ricorrente.

 Sulla mancata presa in considerazione della non applicazione di fatto di taluni accordi e/o pratiche illecite

186    Va rilevato, in limine, come la Commissione sottolinei il fatto che la ricorrente non ha sostenuto nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti che non avrebbe applicato gli accordi di cui trattasi, in quanto circostanza attenuante. La Commissione considera che il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante che la ricorrente non ha mai invocato non può in nessun caso costituire un motivo di annullamento di una decisione.

187    Tale punto di vista della Commissione non può essere accolto.

188    L’art. 4 del regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1998, n. 2842, relativo all’audizione in taluni procedimenti a norma dell’articolo [81 CE] e dell’articolo [82 CE] (GU L 354, pag. 18), applicabile al momento dei fatti, prevede soltanto che le parti che intendono far conoscere il loro punto di vista sulle censure mosse contro di esse lo facciano per iscritto e possano esporre tutti i motivi e i fatti utili alla loro difesa nelle loro osservazioni scritte. Per provare i fatti invocati, esse possono allegare, se necessario, documenti e anche proporre che la Commissione ascolti persone che possano confermare detti fatti. Non si richiede affatto dalle imprese destinatarie di una comunicazione degli addebiti di formalizzare specificamente domande di riconoscimento di circostanze attenuanti.

189    Si deve inoltre ricordare che la comunicazione degli addebiti è un atto preparatorio rispetto alla decisione che costituisce il termine ultimo del procedimento e nel quale la Commissione si pronuncia sulle responsabilità delle imprese e, se del caso, sulle sanzioni che debbano essere loro inflitte.

190    Per determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione deve tener conto di tutte le circostanze della fattispecie, in particolare della gravità e della durata dell’infrazione, che sono i due criteri espressamente considerati dall’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17. Come esposto, quando un’infrazione è stata commessa da più imprese, la Commissione deve esaminare la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna di esse (sentenze Suiker Unie e a./Commissione, punto 83 supra, punto 623, e Commissione/Anic Partecipazioni, punto 80 supra, punto 150), al fine di determinare se vi siano nei loro confronti circostanze aggravanti o attenuanti.

191    I punti 2 e 3 degli Orientamenti prevedono un adattamento dell’importo di base dell’ammenda in funzione di talune circostanze aggravanti e attenuanti, specifiche di ciascuna impresa considerata. In particolare, il punto 3 degli Orientamenti stabilisce, sotto il titolo di circostanze attenuanti, un elenco non esaustivo di circostanze che possono comportare una diminuzione dell’importo di base dell’ammenda. Così si fa riferimento al ruolo passivo di un’impresa, alla non applicazione di fatto degli accordi, alla cessazione delle infrazioni sin dai primi interventi della Commissione, all’esistenza di un dubbio ragionevole dell’impresa sul carattere lesivo del comportamento perseguito, al fatto che l’infrazione è stata commessa per negligenza, nonché alla collaborazione effettiva dell’impresa al procedimento al di fuori della sfera di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

192    Orbene, per giurisprudenza costante la Commissione non può discostarsi dalle norme che essa stessa si è imposta (v. sentenza Hercules Chemicals/Commissione, punto 80 supra, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata). In particolare, quando la Commissione adotta Orientamenti destinati a precisare, nel rispetto del Trattato, i criteri che intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale, ne consegue un’autolimitazione di tale potere in quanto è suo compito conformarsi agli Orientamenti che essa stessa si è imposta (sentenze del Tribunale 12 dicembre 1996, causa T‑380/94, AIUFFASS e AKT/Commissione, Racc. pag. II‑2169, punto 57; 9 luglio 2003, causa T‑214/95, Vlaams Gewest/Commissione, Racc. pag. II‑717, punto 89, e sentenza ADM I, punto 83 supra, punto 267).

193    Ai fini del calcolo dell’importo delle ammende, la Commissione ha applicato nella Decisione il metodo esposto negli Orientamenti ed ha esaminato la gravità relativa della partecipazione all’infrazione di ciascuna delle imprese interessate. Il punto 272 della Decisione è al riguardo perfettamente esplicito, poiché vi è precisato che «la Commissione determinerà per ciascuna impresa se sussistano circostanze aggravanti e/o attenuanti» e che «l’importo di base dell’ammenda sarà aumentato o ridotto in proporzione». Al punto 316 della Decisione la Commissione afferma che «si conclude per la mancanza di circostanze aggravanti o attenuanti nel presente caso», il che significa che, in base ai risultati della sua indagine ed alla risposta della ricorrente alla sua comunicazione degli addebiti, essa ritiene che la ricorrente non possa beneficiare di nessuna circostanza attenuante, quale, in particolare, la non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite menzionata al punto 3, secondo trattino, degli Orientamenti in base ai quali la Commissione ha calcolato l’importo dell’ammenda.

194    La ricorrente è quindi legittimata a contestare, dinanzi al Tribunale, la conclusione della Commissione menzionata al punto 316 della Decisione e a rivendicare il beneficio di una circostanza attenuante e la riduzione dell’importo dell’ammenda correlativa, ricordandosi che il Tribunale statuisce, in forza dell’art. 17 del regolamento n. 17, con una competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell’art. 229 CE su ricorsi proposti contro le decisioni con le quali la Commissione fissa un’ammenda e può, di conseguenza, sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda inflitta.

195    Si deve anche osservare che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti, la ricorrente ha chiaramente menzionato il fatto che non vendeva blocchi e tavolette di grafite a terzi e che aveva svolto un ruolo secondario nell’intesa concernente i prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni meccaniche. Al punto 78 di questa risposta, la ricorrente precisa persino di aver fornito la dichiarazione di uno dei suoi responsabili (nuovamente invocata nella replica), da cui risulta che essa non applicava il tariffario fissato ogni anno alle riunioni del comitato tecnico relativo ai prodotti per applicazioni meccaniche e che si è vista regolarmente rimproverare dagli altri operatori il mancato rispetto degli accordi. Benché la ricorrente non abbia espressamente rivendicato, al punto 78 della sua risposta, il beneficio di una circostanza attenuante, si deve constatare che la questione della non applicazione di fatto degli accordi di cui trattasi, ai sensi del punto 3, secondo trattino, era chiaramente sollevata dalla ricorrente.

196    Si deve pertanto verificare se la Commissione abbia giustamente potuto considerare che la ricorrente non poteva beneficiare di una circostanza attenuante per non aver di fatto applicato gli accordi, in forza del punto 3, secondo trattino, degli Orientamenti. A tale scopo, va verificato se le circostanze avanzate dalla ricorrente possano provare che, nel periodo durante il quale essa ha aderito agli accordi illeciti, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o quantomeno che essa ha chiaramente e notevolmente violato gli obblighi miranti ad attuare tale intesa, al punto di aver perturbato lo stesso funzionamento della stessa (sentenza del Tribunale 15 marzo 2006, causa T‑26/02, Daiichi Pharmaceutical/Commissione, Racc. pag. II‑713, punto 113).

197    La ricorrente basa le sue affermazioni su quattro precise circostanze che rivelano che l’interessata non sostiene di essersi sottratta a qualsiasi applicazione di fatto degli accordi illeciti, ma che essa invoca un’applicazione solamente parziale degli stessi.

198    La ricorrente invoca, in primo luogo, il non rispetto dei prezzi convenuti per i prodotti destinati ad applicazioni meccaniche e menziona, al riguardo, l’esistenza di denunce dei suoi concorrenti. Essa si riferisce ad una nota indirizzata dalla Schunk alla ricorrente il 18 settembre 1989 e ad una dichiarazione del 18 settembre 2002 di uno dei suoi preposti, il sig. G.

199    Nella Decisione (punti 307 e 308), la Commissione osserva che, per quanto concerne la ricorrente, sembra che non vi sia stata alcuna denuncia seria, ad opera delle altre parti dell’intesa, che le rimproverasse di aver praticato prezzi troppo bassi, e ciò fino al primo semestre del 1999, periodo in cui essa si apprestava a lasciare il cartello. Aggiunge che imbrogli occasionali costituiscono una prassi corrente nelle intese, a partire dal momento in cui le imprese pensano di poter ricorrervi impunemente e che non si possono considerare tali imbrogli come la prova che gli accordi conclusi nell’ambito dell’intesa non sono attuati.

200    Il punto 106 della Decisione fa riferimento alla summenzionata nota con cui la Schunk si lamentava che la ricorrente vendesse anelli di carbonio ad un determinato cliente francese a prezzi inferiori dal 15 al 20% al livello francese normale e invitava la ricorrente ad una riunione per esaminare tale questione e farsi spiegare secondo quale metodo tali prezzi erano stati fissati.

201    Va osservato che tale documento menziona l’unica denuncia di un solo membro dell’intesa concernente solamente la commercializzazione dei prodotti per applicazioni meccaniche e, più precisamente, di un prodotto in particolare, quando ve ne è una grandissima varietà (punto 9 della Decisione), destinato ad un «determinato cliente francese».

202    Nella sua dichiarazione 18 settembre 2002, il sig. G. dichiara di aver partecipato a tre riunioni, il 2 aprile 1998 a Bandol, il 12 ottobre 1998 a Berlino e l’8 aprile1999 a Statford –upon – Avon. Precisa quanto segue:

«Alle tre riunioni cui ho assistito, la LCL si è vista rimproverare dagli altri concorrenti di non rispettare gli accordi. Rispondevamo che noi eravamo un operatore minore sul mercato europeo».

203    La ricorrente sostiene che, in tale dichiarazione, il sig. G. ha anche fornito un esempio di denuncia proveniente dal sig. T. (Morganite Industries Inc., controllata americana della Morgan), che «rimproverava alla LCL di aver praticato prezzi troppo bassi (fuori del tariffario)». Tale menzione non figura nella dichiarazione del sig. G. allegata agli atti dalla ricorrente in allegato al ricorso.

204    Risulta che la testimonianza di cui trattasi riguarda soltanto tre riunioni collusive svoltesi durante il periodo dal 2 aprile 1998 all’8 aprile 1999, vale a dire una durata di un anno, mentre la durata complessiva dell’infrazione è stata di 10 anni e otto mesi, e che le riunioni al vertice e del comitato tecnico si svolgevano ciascuna due volte l’anno, senza contare le riunioni locali.

205    Inoltre, tenuto conto dell’esistenza di un nesso di subordinazione fra l’autore della dichiarazione di cui trattasi, emessa dopo l’invio da parte della Commissione della domanda di informazioni di cui all’art. 11 del regolamento n. 17, e la ricorrente che ha prodotto la testimonianza allegata al suo ricorso, quest’ultimo potrebbe essere accolto soltanto se fosse corroborato da elementi di documenti obiettivi provenienti dal fascicolo.

206    La ricorrente sostiene che la dichiarazione del sig. G. è corroborata dalla nota inviata dalla Schunk alla ricorrente il 18 settembre 1989. Orbene, come sostiene giustamente la Commissione, tale dichiarazione, concernente lo svolgimento di riunioni svoltesi tra il 2 aprile 1998 e l’8 aprile 1999, non può essere corroborata da una denuncia concernente, quanto ad essa, eventi risalenti al 1989, vale a dire svoltisi dieci anni prima.

207    La ricorrente fa anche riferimento ad una dichiarazione degli altri membri dell’intesa ritrascritta in un resoconto di una riunione della ECGA del 19 aprile 1996, con la seguente formulazione:

«La Deutsche Carbonio [controllata tedesca della LCL] ha cominciato le sue attività nel settore dei prodotti meccanici senza alcun riferimento ai livelli di prezzi esistenti. Si è chiesto alla P. [LCL] di supervisionare le sue attività e di assicurarsi che i livelli di prezzi stabiliti siano rispettati».

208    Tale documento riguarda quindi gli inizi dell’attività di una controllata della ricorrente e non pregiudica affatto il comportamento che la ricorrente ha potuto effettivamente adottare dopo tale riunione. La ricorrente non fornisce del resto alcun documento che riveli un comportamento effettivamente indipendente e concorrenziale della sua controllata tedesca dopo il resoconto di cui trattasi e un malcontento persistente degli altri membri dell’intesa al riguardo.

209    Infine, la dichiarazione del sig. G. non è neanche corroborata dalla dichiarazione di un altro preposto della ricorrente, nella fattispecie il sig. N. Quest’ultimo precisa di aver partecipato alle riunioni del comitato tecnico concernenti i prodotti per applicazioni elettriche e meccaniche organizzate nell’ambito dell’ECGA durante il periodo dal 1997 all’aprile 1999. Orbene, il sig. N. non menziona alcuna denuncia di un membro dell’intesa in merito al comportamento della ricorrente, mentre la sua dichiarazione riguarda anche il periodo dal 2 aprile 1998 all’8 aprile 1999 considerato nella dichiarazione del sig. G.

210    La ricorrente sostiene, in secondo luogo, di non aver pienamente attuato la politica generale del cartello sul territorio francese, posto in via di principio sotto la sua responsabilità, nel settore dei prodotti destinati alle applicazioni elettriche. La ricorrente si basa sul punto 127 della Decisione secondo il quale «se i prezzi del tariffario OEM vigente nei Paesi Bassi costituiscono il livello 100 dell’indice, il tariffario effettivo in Francia, ove il livello dei prezzi era quello meno vantaggioso per il cartello, non era che di 61, e i prezzi effettivamente versati di 40».

211    È giocoforza tuttavia constatare che tale affermazione della ricorrente si basa su una lettura parziale e tronca della Decisione.

212    Va sottolineato che la domanda dei prodotti a base di carbonio e di grafite per applicazioni elettriche e meccaniche si ripartisce tra grossi clienti, relativamente pochi, e piccoli clienti, molto più numerosi. Per le applicazioni elettriche i maggiori clienti sono i fornitori di componenti di automobili e i produttori di beni di consumo, che costituiscono il settore detto «OEM». Tali clienti, che sono molto poco numerosi e che sono soprattutto grandissime imprese, acquistano, in grandissime quantità, un numero limitato di tipi di prodotto a base di carbonio e di grafite e hanno quindi un importante potere di negoziazione (punti 39, 40 e 124 della Decisione).

213    Il cartello ha tentato di contrastare il rischio che questi grandi clienti possano avvantaggiarsi delle differenze di prezzo tra paesi. Una prima strategia era consistita nel tentare di armonizzare i prezzi su scala europea e si basava su una proposta della ricorrente intitolata «Progetto di tariffazione unica europea per le spazzole destinate ai costruttori di macchine elettriche industriali». Tale strategia dei prezzi armonizzati su scala europea per i clienti del settore OEM si è rivelata difficile da attuare nella pratica, come risulta da una riunione speciale del comitato tecnico sui prezzi OEM svoltasi il 22 febbraio 1994 (punti 126 e 127 della Decisione).

214    È appunto tale riunione che fornisce indicazioni sulla persistenza di differenze notevoli fra i prezzi del tariffario e inoltre fra i prezzi effettivamente applicati nel settore OEM da un paese all’altro, con l’esempio della situazione francese, che è menzionata nel punto 127 della Decisione. Si trattava pertanto di una differenza abbastanza generalizzata, esistente in paesi diversi dalla Francia, e che non trova la sua origine in una volontà della ricorrente di sottrarsi effettivamente all’applicazione degli accordi collusivi. Al contrario, la ricorrente è persino all’origine di una strategia anticoncorrenziale dei prezzi armonizzati su scala europea per i clienti del settore OEM. La Commissione osserva anche che i membri dell’intesa hanno convenuto, dopo la riunione del 22 febbraio 1994, di «restringere la differenza».

215    Occorre sottolineare che la ricorrente non contesta affatto gli accertamenti della Commissione esposti al punto 127 della Decisione, ma ne fornisce soltanto al Tribunale un’interpretazione soggettiva a suo favore.

216    La ricorrente sostiene, in terzo luogo, che la Commissione ha ammesso, al punto 232 della Decisione, che «non aveva persino partecipato al boicottaggio effettivo dei tagliatori».

217    La lettura completa del punto di cui trattasi evidenzia che l’affermazione della ricorrente è ancora una volta basata su uno snaturamento dei termini della Decisione.

218    Il punto 232 della Decisione è così redatto:

«In ogni caso, la Commissione non accetta l’affermazione della [LCL] secondo la quale [essa] non ha partecipato all’attività del cartello consistente nell’escludere i tagliatori in quanto ha utilizzato tutti i blocchi che ha prodotto all’interno. Come si è rilevato al punto 7.8 la [LCL] in realtà ha preso parte alla pratica del cartello consistente nel non vendere blocchi ai «tagliatori», o nel venderli unicamente a prezzi assai elevati. In particolare, alla riunione del cartello del 14 ottobre 1993, alla domanda «dovremmo vendere blocchi e rinunciare al nostro margine o no?», la [LCL] avrebbe dichiarato che «cerca di vendere quanti meno blocchi possibile e ritiene preferibile di vendere solo alle proprie società». Anche se la [LCL] non aveva essa stessa partecipato al boicottaggio effettivo dei «tagliatori», essa ha evidentemente sottoscritto la politica generale del cartello consistente nel cessare di fornire i tagliatori o di fornirli soltanto a prezzi assai elevati e, come gli altri membri del cartello, ha tratto vantaggio dalla diminuzione della concorrenza proveniente dai tagliatori. Tali elementi di fatto sono sufficienti per provare la responsabilità della [LCL]».

219    Risulta quindi che la ricorrente ha occultato le prime due parole della frase che cita e che evidenziano come la successiva analisi della Commissione si basi su un’ipotesi. Essendo l’argomento della ricorrente unicamente basato su un’errata lettura del punto 232 della Decisione, esso non può essere che disatteso.

220    La ricorrente afferma, in quarto luogo, che le note prese dalla Morgan ad una riunione del comitato tecnico del 4 ottobre 1999 dimostrano che essa si è totalmente dissociata dal cartello, quantomeno durante l’ultimo anno di questo.

221    Il contenuto di tale nota è riferito al punto 186 della Decisione, osservandosi che la ricorrente ne ha fatto la seguente menzione incompleta:

«G. [Schunk] ha raccomandato di escludere la P. [la ricorrente], poiché nessuna comunicazione è possibile. Un controllo della concorrenza è tuttavia possibile ad opera delle altre tre parti. G. ha inoltre affermato che P. praticava prezzi che sfidavano la concorrenza. S. [Morgan], B. [SGL] e H. [controllata nazionale della Morgan] non hanno ancora constatato che P. faceva ribassare effettivamente i prezzi. G. ha l’intenzione di attaccare inviando loro un messaggio chiaro».

222    È giocoforza constatare che questo documento è privo di qualsiasi forza probatoria. L’affermazione della Schunk secondo la quale la ricorrente non rispettava più gli accordi sui prezzi non è confermata dagli altri membri dell’intesa presenti alla riunione. Inoltre, il documento di cui trattasi non contiene alcuna precisazione temporale, ad eccezione della data della riunione, vale a dire il 4 ottobre 1999, la quale è successiva alla data della fine del periodo di infrazione considerato dalla Commissione nei confronti della ricorrente, vale a dire giugno 1999.

223    Le circostanze invocate dalla ricorrente nell’ambito della censura in esame, persino valutate complessivamente, non consentono di concludere che, nel periodo durante il quale ha aderito agli accordi lesivi, essa si è effettivamente sottratta alla loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato o, quantomeno, che essa ha chiaramente e notevolmente violato gli obblighi diretti ad attuare tale intesa, al punto di aver perturbato il funzionamento stesso di questa.

224    Dalle precedenti considerazioni risulta che non è fondata e dev’essere respinta la censura relativa alla mancata presa in considerazione da parte della Commissione della circostanza attenuante relativa alla non applicazione di fatto degli accordi lesivi.

 Sulla mancata presa in considerazione della cessazione dell’infrazione prima dell’inizio dell’indagine

225    La ricorrente fa valere che ha posto fine alle pratiche censurate al più tardi nel giugno 1999, vale a dire oltre tre anni in anticipo rispetto al primo intervento della Commissione, e che essa, sin da detto periodo, ha attuato un programma di conformità alle regole sulla concorrenza, applicato nel gruppo sistematicamente da oltre quattro anni.

226    Va in primo luogo ricordato che gli Orientamenti prevedono, al punto 3, la diminuzione dell’importo di base per le circostanze attenuanti particolari quali, in particolare, la cessazione delle infrazioni sin dai primi interventi della Commissione. Tale circostanza attenuante dovrebbe a fortori applicarsi, secondo la ricorrente, quando la cessazione del comportamento lesivo si verifica prima dei detti interventi, come nella fattispecie.

227    Tale ragionamento non può essere accolto dal Tribunale. Infatti, si può logicamente parlare di una circostanza attenuante, nel senso del testo di cui trattasi, soltanto se le imprese di cui trattasi sono state indotte a terminare i loro comportamenti anticoncorrenziali con gli interventi in questione. Tale disposizione mira a indurre le imprese a cessare i loro comportamenti anticoncorrenziali immediatamente quando la Commissione avvia un’indagine nei loro confronti, di modo che una riduzione di ammenda a tale titolo non può essere applicata quando l’infrazione è già terminata anteriormente alla data dei primi interventi della Commissione. Infatti, l’applicazione di una riduzione in tali circostanze costituirebbe un doppione con la presa in considerazione della durata delle infrazioni per calcolare l’importo delle ammende (sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione; in prosieguo: la «sentenza Tokai II», punto 291; v. del pari, in tal senso, sentenza del Tribunale Tokai I, punto 146 supra, punto 341).

228    Si deve ricordare inoltre che una riduzione dell’ammenda a causa della cessazione di un’infrazione sin dai primi interventi della Commissione non può essere automatica, ma dipende da una valutazione delle circostanze del caso di specie da parte della Commissione, nell’esercizio del suo potere discrezionale. A questo proposito, l’applicazione di tale disposizione degli Orientamenti a favore di un’impresa sarà particolarmente adeguata in una situazione in cui il carattere anticoncorrenziale del comportamento di cui trattasi non sia manifesto. Diversamente, la sua applicazione sarà meno adeguata, in via di principio, in una situazione in cui questo è chiaramente anticoncorrenziale, ammesso che esso sia accertato (sentenze del Tribunale 8 luglio 2004, causa T‑44/00, Mannesmannröhren‑Werke/Commissione, Racc. pag. II‑2223, punto 281, confermata in seguito alla impugnazione con sentenza della Corte 25 gennaio 2007, causa C‑411/04 P, Salzgitter Mannesmann/Commissione, Racc. pag. I‑959, e Tokai II, punto 227 supra, punti 292 e 294).

229    Nella fattispecie, non si può considerare che la ricorrente abbia potuto nutrire un dubbio ragionevole quanto al carattere anticoncorrenziale del suo comportamento, trattandosi della partecipazione ad un’intesa orizzontale sui prezzi, infrazione manifesta dell’art. 81 CE, i cui membri hanno cercato, mediante numerose precauzioni, di conservare la segretezza durante oltre dieci anni.

230    Va infine osservato che, nella fattispecie e proprio come nella causa che è sfociata nella sentenza Tokai I, supra punto 146 (punto 341), e in seguito agli interventi delle autorità americane della concorrenza e non della Commissione che la ricorrente ha posto fine alle pratiche anticoncorrenziali di cui trattasi, il che sottolinea appunto la Commissione al punto 311 della Decisione, sulla base delle stesse dichiarazioni della ricorrente. Una semplice lettura letterale del punto 3, terzo trattino, degli Orientamenti consente quindi di respingere quanto richiesto dalla ricorrente.

231    Quanto, in secondo luogo, all’istituzione di un programma di conformità alle regole di concorrenza, si è già osservato che, anche se è importante che un’impresa adotti misure per impedire che nuove infrazioni al diritto comunitario della concorrenza siano commesse in futuro dai membri del suo personale, l’adozione di tali misure non incide affatto sulla realtà dell’infrazione constatata. La Commissione non è pertanto tenuta a considerare tale elemento come circostanza attenuante (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 373), tanto più quando l’infrazione di cui trattasi costituisce, come nella fattispecie, una manifesta violazione dell’art. 81 CE. La circostanza, addotta dalla ricorrente, che tale programma è stato istituito prima dell’intervento della Commissione è irrilevante, ricordandosi del pari che le misure di cui trattasi sono state adottate dopo l’intervento delle autorità americane della concorrenza.

232    Dalle precedenti considerazioni risulta che è infondata e dev’essere respinta la censura relativa alla mancata presa in considerazione da parte della Commissione della circostanza attenuante relativa alla cessazione dell’infrazione prima dell’inizio dell’indagine e all’istituzione di un programma di conformità alle regole di concorrenza.

 Sulla mancata presa in considerazione della collaborazione effettiva della ricorrente al procedimento al di fuori della sfera di applicazione della comunicazione sulla cooperazione

233    Tra le circostanze attenuanti menzionate al punto 3 degli Orientamenti figura, al sesto trattino, la «collaborazione effettiva dell’impresa alla procedura, al di là del campo di applicazione della comunicazione [sulla cooperazione]».

234    Nella Decisione si precisa che la ricorrente ha fatto valere, a sostegno della sua rivendicazione della circostanza attenuante in esame, il fatto che ha fornito alla Commissione taluni elementi di informazione concernenti il ruolo della Gerken e le attività del cartello durante il periodo precedente all’ottobre 1988 (punto 314 della Decisione).

235    La Commissione ha respinto la domanda della ricorrente affermando di non aver avviato un procedimento contro la Gerken, non ha incluso nella sfera di applicazione del procedimento in esame il periodo precedente all’ottobre 1988 e che le informazioni che non l’aiutano «né a provare l’esistenza di un’infrazione, né a determinare l’importo delle ammende da infliggere alle imprese (se è vero che quest’ultimo tipo di cooperazione possa essere preso in considerazione) non possono essere qualificate come cooperazione effettiva al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla [cooperazione]» (punto 315 della Decisione).

236    Nei suoi atti scritti la ricorrente sostiene che gli elementi di informazione che ha fornito durante il progetto amministrativo hanno non soltanto chiaramente agevolato il compito della Commissione, ma avrebbero anche posto in grado quest’ultima, da un lato, a non accordare immunità di ammenda alla Morgan a titolo della comunicazione sulla cooperazione e, dall’altro, a provare la partecipazione della Gerken alle attività del cartello, essendo indifferente il fatto che la Commissione non abbia utilizzato tali informazioni nel senso indicato.

237    Benché la formulazione utilizzata evidenzi due proposizioni diverse, l’affermazione della ricorrente secondo cui essa ha fornito informazioni durante il progetto amministrativo che hanno chiaramente agevolato il compito della Commissione non è suffragata da alcun esempio, ad eccezione degli elementi relativi al comportamento della Morgan e della Gerken. Risulta quindi che la rivendicazione della circostanza attenuante collegata ad una collaborazione effettiva della ricorrente al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione si basa unicamente su detti elementi di informazione.

238    Occorre in questa fase ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, una riduzione dell’ammenda a titolo di una cooperazione durante il procedimento amministrativo è giustificata solo se il comportamento dell’impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con meno difficoltà e, se del caso, di porvi fine (sentenza 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, punto 113 supra, punto 36; v. sentenza BPB de Eendracht/Commissione, punto 164 supra, punto 325 e la giurisprudenza ivi citata).

239    Inoltre, nell’ambito di un’interpretazione della summenzionata giurisprudenza conforme allo spirito della stessa, il Tribunale ha considerato che le informazioni che hanno posto la Commissione in grado di valutare più rigorosamente il livello di cooperazione di una delle imprese implicate in un cartello durante il procedimento ai fini della determinazione dell’importo della sua ammenda, e che hanno quindi facilitato il compito della Commissione durante la sua indagine, costituivano una «collaborazione effettiva al di fuori del campo di applicazione del[la comunicazione sulla cooperazione]» ai sensi del punto 3, sesto trattino, degli Orientamenti (sentenza ADM I, punto 83 supra, punti 305 e 306).

240    Nella fattispecie è sufficiente constatare che, come risulta chiaramente dalla Decisione (punti 265‑266 e 319‑321, art. 1 della Decisione), la Commissione non ha considerato nessuno degli elementi forniti dalla ricorrente collegati con il comportamento della Gerken e della Morgan nè per constatare o sanzionare un’infrazione al diritto comunitario della concorrenza, né per valutare più rigorosamente il grado di cooperazione dell’impresa ai fini della determinazione dell’importo della sua ammenda. La Commissione non era quindi tenuta a ricompensare mediante una riduzione di ammenda la collaborazione fatta valere dalla ricorrente in tale contesto, poiché questa non le ha effettivamente agevolato il compito di constatare l’esistenza dell’infrazione e di porvi fine o di determinare l’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza Tokai II, punto 227 supra, punto 368, confermata in seguito a impugnazione con sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, punto 68 supra, punto 87).

241    La sentenza ADM I, punto 83 supra, cui la ricorrente si riferisce per giustificare la sua affermazione, conferma, al contrario, la fondatezza della tesi della Commissione.

242    Quindi, il Tribunale ha deciso di concedere una riduzione supplementare del 10% alla ricorrente, a titolo della collaborazione effettiva dell’impresa al procedimento al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione, dopo aver rilevato che detta parte aveva effettivamente informato la Commissione della distruzione di documenti da parte di un’altra impresa implicata nel cartello e che questo fatto era stato constatato in uno dei punti della Decisione della Commissione e utilizzata dalla stessa per dedurne che la cooperazione della summenzionata impresa non era stata totale, ai sensi del punto B della comunicazione sulla cooperazione e non giustificava quindi una riduzione dell’ammenda a tale titolo (sentenza ADM I, punto 83 supra, punti 304‑312).

243    Per contro, il Tribunale ha constatato che le informazioni fornite dalla ricorrente in tale caso concernenti la supposta preesistenza di una concertazione fra produttori di lisina durante gli anni ’70 e 80 non avevano consentito alla Commissione di constatare l’esistenza di una qualsiasi infrazione, «in quanto» la Decisione dell’istituzione riguardava l’intesa solo per la parte iniziata nel luglio 1990 fra i detti produttori (sentenza ADM I, punto 83 supra, punto 301).

244    Ad abundatiam, si deve constatare che gli elementi d’informazione forniti dalla ricorrente sono in ogni caso irrilevanti.

245    Per quanto concerne la situazione della Gerken, la ricorrente sostiene di avere fornito elementi di informazione che avrebbero consentito alla Commissione di provare la partecipazione di detta impresa all’intesa di cui trattasi.

246    Nella Decisione la Commissione ha risposto alle obiezioni della Hoffmann e della ricorrente quanto alla mancanza d’invio alla Gerken di una comunicazione degli addebiti. Il punto 266 della Decisione è così redatto:

«Ad avviso della Commissione, il ruolo della Gerken era notevolmente diverso da quello della Hoffmann durante il periodo per il quale la Hoffmann è considerata responsabile. In particolare, per quanto noto alla Commissione, la Gerken non ha mai partecipato ad una delle riunioni del cartello a livello europeo, sotto forma di riunioni di comitato tecnico o di riunione al vertice. Non si può pertanto considerare che la Gerken sia stata membro del cartello come la Hoffmann. È possibile che la Gerken, come talune altre imprese relativamente piccole, abbia partecipato ad una delle riunioni locali organizzate dal cartello. Tuttavia, le prove di cui dispone la Commissione di tale partecipazione sono molto limitate e sporadiche, in opposizione ai numerosi elementi di prova posseduti dalla Commissione sulla partecipazione continuata della Hoffmann durante il periodo per il quale essa è considerata responsabile. Infine, va notato che, in qualità di «tagliatore», la Gerken dipendeva dalla fornitura continua di blocchi a prezzi ragionevoli. L’unico periodo in cui la Gerken sembra essere stata più disposta a seguire il cartello in termini di prezzi fatturati ai clienti è appunto il periodo successivo all’acquisizione, da parte della SGL, dell’attività relativa alle grafiti speciali dell’impresa americana che forniva i blocchi alla Gerken. Tuttavia, qualche anno più tardi, la Gerken sembra essersi ristabilita per costituire uno dei rari concorrenti restanti del cartello in seno al SEE. Secondo le note prese dalla Morgan ad una riunione del comitato tecnico l’11 dicembre 1997, la Gerken visitava tutti i grandi utilizzatori finali nei Paesi Bassi e in Belgio e proponeva prezzi inferiori dal 20% al 25%: “L’impressione generale è che la ‘G’ (Gerken) costituisce attualmente un pericolo ancora più grande rispetto a due anni fa. Assolutamente nessun controllo”».

247    A titolo degli elementi informativi forniti alla Commissione che si ritiene forniscano la prova della partecipazione della Gerken all’intesa, la ricorrente si limita a produrre la dichiarazione di uno dei suoi preposti, datata 18 febbraio 2003, che menzionava discussioni fra la ricorrente e la Gerken, per il periodo dal 1997 al 1999, sui livelli di prezzi rispettivi nell’ambito di appalti, in particolare, per spazzole per il ritorno di corrente utilizzate nel settore ferroviario nonché per spazzole per motori elettrici utilizzati dalle reti urbane. Tale dichiarazione è completata da tabelle ricapitolative, fornite dalla ricorrente, concernenti appalti indetti dalle società francesi di trasporti pubblici, con l’indicazione, in particolare, degli appalti vinti dalle imprese censurate o del fatturato, per tipo di prodotto, realizzato da ciascuno dei concorrenti.

248    È giocoforza constatare che tale dichiarazione, completata da tabelle con dati privi di pertinenza per talune di esse, non era tale da consentire alla Commissione di constatare l’esistenza di un’infrazione da parte della Gerken, nel senso di una partecipazione all’intesa di cui trattasi. Gli elementi forniti dalla ricorrente possono al massimo costituire indizi di una partecipazione della Gerken ad aspetti dell’infrazione concernente esclusivamente la Francia e taluni prodotti specifici, osservandosi che, durante lo stesso anno del 1997, la Gerken assumeva un comportamento commerciale aggressivo nei Paesi Bassi e in Belgio (punto 266 della Decisione). Essi non dimostrano che la Gerken abbia partecipato all’infrazione unica e continuata, riguardante il SEE e un vasto gruppo di prodotti a base di carbonio e di grafite destinati ad applicazioni tecniche e meccaniche, nonché i blocchi di carbonio e di grafite mediante i quali tali prodotti sono fabbricati, definita nella Decisione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 marzo 2002, causa T‑28/99, Sigma Tecnologie/Commissione, Racc. pag. II‑1845, punti 40‑52).

249    Peraltro, le considerazioni della ricorrente, figuranti nelle memorie presentate nell’ambito del ricorso in esame, sull’asserita partecipazione della Gerken a riunioni locali dell’intesa e sull’asserita contraddizione nella pratica decisionale della Commissione tenuto conto del trattamento riservatole nella decisione rispetto alla Gerken sono irrilevanti nell’ambito della valutazione della pertinenza degli elementi di informazione forniti alla Commissione e che si ritiene che dimostrino la partecipazione della Gerken all’intesa.

250    Quanto alla Morgan, la ricorrente sostiene che i tre elementi di informazione ad essa comunicati durante il processo amministrativo dimostrano che la Morgan non ha soddisfatto nessuna delle condizioni previste dal punto B della comunicazione sulla cooperazione per poter beneficiare di un’immunità di ammenda, nel senso che tale impresa non ha inviato alla Commissione tutte le informazioni utili concernenti la sua partecipazione alle pratiche illecite ed ha persino fornito informazioni inesatte quanto alla data della cessazione della sua partecipazione alle dette pratiche.

251    La ricorrente si riferisce, in primo luogo, al fatto che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti (punto 145), essa ha dichiarato alla Commissione di aver contattato, nel marzo 2003, la divisione antitrust del Ministero americano della Giustizia al fine di renderle noti i maneggi di una controllata della Morgan, che gli sembravano manifestamente illeciti rispetto alle regole sulla concorrenza.

252    Essa invoca, in secondo luogo, il fatto che, nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti (punto 137), ha dichiarato alla Commissione che la Morgan aveva omesso di informarla che, sin dal mese di aprile 1999 e mediante la sua controllata americana Morganite Industries, essa era già oggetto di un procedimento negli Stati Uniti per intesa illecita sui prezzi dei prodotti a base di grafite.

253    Quanto ai primi due elementi di informazione, dalla lettura della risposta alla comunicazione degli addebiti risulta che essi non riguardano affatto il cartello oggetto della decisione, poiché essi riguardano, per il primo, la Corea del Sud e, per quanto riguarda il secondo, il mercato americano. Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, gli obblighi dell’impresa che chiede l’immunità sono limitati, logicamente, alle informazioni relative alle pratiche anticoncorrenziali oggetto dell’indagine. L’intesa oggetto dell’indagine della Commissione e della Decisione non riguarda la Corea del Sud o gli Stati Uniti, ma il territorio europeo e poi quello del SEE.

254    La ricorrente fa valere, in terzo luogo, che ha inviato alla Commissione una copia degli atti di messa in stato di accusa, datati 24 settembre 2003, di quattro ex dirigenti della Morgan da parte di un grand jury federale degli Stati Uniti per subornazione di testimoni e distruzione o dissimulazione di documenti durante il periodo fra l’aprile 1999 e l’agosto 2001. Da tali atti risulterebbe che, durante il periodo considerato, la Morgan ha fatto distruggere e dissimulato alle autorità americane comunitarie della concorrenza numerosi documenti relativi agli accordi sulla fissazione dei prezzi, in particolare per poter proseguire l’applicazione di detti accordi fino all’agosto 2001, mentre essa aveva dichiarato di aver cessato qualsiasi partecipazione a pratiche illecite nel dicembre 1999.

255    La ricorrente basa in particolare le sue osservazioni su un brano così redatto:

«Durante il periodo compreso tra l’aprile 1999 e il giugno 1999, il gruppo di lavoro costituito da CC‑2 ha visitato gli impianti della Morgan in Europa e ha ritirato e dissimulato o distrutto tutti i documenti e registri contenuti nei fascicoli della Morgan che contenevano prove dell’accordo sulla fissazione dei prezzi (…). I membri del gruppo di lavoro, fra i quali CC‑3, hanno consegnato a CC‑4 i documenti raccolti che facevano riferimento all’accordo sulla fissazione dei prezzi affinché CC‑4 potesse dissimulare tali documenti alle autorità americane e europee, ma anche affinché i documenti potessero essere conservati in un luogo segreto per consentire alla Morgan di continuare ad applicare l’accordo sulla fissazione dei prezzi (…). Nell’agosto 2001 i dipendenti hanno distrutto documenti oggetto dell’indagine del grand jury su istruzioni di CC‑1».

256    Per quanto concerne tale terzo elemento di informazione, va sottolineato che, nella Decisione (punto 67), la Commissione ha precisato che il Ministero americano della Giustizia aveva annunciato, il 4 novembre 2002, che la controllata dalla Morgan negli Stati Uniti aveva accettato di dichiararsi colpevole dei capi di accusa di partecipazione ad un’intesa internazionale mirante a fissare i prezzi di vari tipi di prodotti a base di carbonio per applicazioni elettriche, venduti negli Stati Uniti e in altri paesi, e che la società capogruppo del Regno Unito, la Morgan, aveva consentito di dichiararsi colpevole dei capi di accusa di tentativi di ostruzione all’indagine. La decisione menziona espressamente atti di messa in stato di accusa, in data 24 settembre 2003, dei quattro ex responsabili della Morgan ad opera di un grand jury federale per subornazione di testimoni e distruzione o dissimulazione di documenti durante il periodo fra l’aprile del 1999 e l’agosto 2001.

257    È inoltre pacifico che la Commissione ha ricevuto una lettera della Morgan datata 30 ottobre 2001, che completava gli elementi già forniti a titolo della sua domanda di clemenza formulata sin dal 18 settembre 2001, nella quale si dichiara chiaramente che «è evidente che alcuni dipendenti hanno ritirato e/o distrutto la documentazione pertinente».

258    Risulta quindi che la Commissione è stata informata dalla Morgan stessa, sin dal 2001, dell’esistenza di dissimulazione e di distruzione, da parte degli stessi dipendenti di detta impresa, di documenti relativi all’intesa denunciata. La trasmissione degli atti di accusa da parte della ricorrente, nel settembre 2003, non ha fatto che confermare la realtà di maneggi già noti e la volontà della Morgan di cercare, in un primo tempo, di mascherare la sua responsabilità, pur fornendo precisazioni sulle attuazioni concrete di detta volontà.

259    In tali circostanze, è irrilevante il fatto che la Morgan abbia del pari dichiarato, nella lettera 30 ottobre 2001, che essa avrebbe comunicato alla Commissione qualsiasi informazione supplementare ottenuta e che la stessa non ha, quasi due anni più tardi e dopo la fornitura alla Commissione di un fascicolo contenente non meno di 4789 pagine concernenti il cartello di cui trattasi, trasmesso gli atti di accusa del 24 settembre 2003.

260    Va a questo proposito rilevato che la ricorrente effettua un’interpretazione estensiva del contenuto dei documenti considerati. Essa sostiene che risulta da questi ultimi che la Morgan ha continuato a partecipare a pratiche illecite, tanto negli Stati Uniti che in Europa, almeno fino all’agosto 2001 e non fino al dicembre 1999 come era stato dichiarato alla Commissione, il che spiegherebbe la mancata trasmissione di detti documenti da parte della Morgan. 

261    Il testo riprodotto sopra al punto 255 menziona la dissimulazione di documenti probatori «per consentire alla Morgan di continuare ad applicare l’accordo sulla fissazione dei prezzi». Ammesso anche che detto accordo non riguardi solamente il mercato americano, ma anche il territorio europeo, non risulta da detto testo, che menziona unicamente un obiettivo da raggiungere, né dagli atti di accusa in generale che tale accordo abbia effettivamente continuato ad essere applicato dalla Morgan e da altri operatori sul mercato europeo dopo il dicembre 1999, data della cessazione delle pratiche illecite considerata nella Decisione, e fino all’agosto 2001. Tenuto conto del fatto che la ricorrente non contesta che gli altri membri dell’intesa abbiano cessato la loro partecipazione al più tardi nel dicembre 1999, è difficilmente concepibile che un cartello sia potuto esistere dopo il dicembre 1999.

262    Il fatto che la Commissione abbia infine ritenuto che la Morgan dovesse beneficiare di un’immunità di ammenda in quanto essa ha in particolare fornito elementi di prova determinanti, posto fine alla sua partecipazione all’intesa al più tardi quando la stessa l’ha denunciata, fornito tutte le informazioni utili, nonché tutti i documenti ed elementi di prova di cui disponeva in merito all’intesa «al momento in cui essa ha presentato la sua domanda», e mantenuto una cooperazione permanente e totale durante tutta l’indagine rientra in una valutazione che non tocca al Tribunale controllare nella presente istanza.

263    Tenuto conto di quanto precede, è infondata e dev’essere respinta la censura relativa alla mancata presa in considerazione da parte della Commissione della circostanza attenuante relativa alla collaborazione effettiva della ricorrente al procedimento al di là del campo di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

264    Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che la ricorrente non ha provato che la Commissione ha commesso errori nella valutazione delle circostanze attenuanti e che dev’essere respinta la domanda della ricorrente mirante alla riduzione di importo dell’ammenda a titolo di dette circostanze attenuanti.

 Sulla cooperazione della ricorrente durante il procedimento amministrativo

 Sulla rivendicazione della riduzione massima del 50%

265    Nella comunicazione sulla cooperazione la Commissione ha definito le condizioni alle quali le imprese che cooperano con essa nel corso delle sue indagini relative ad un’intesa potranno evitare l’imposizione di ammende che altrimenti sarebbero loro inflitte (punto A, n. 3, della comunicazione sulla cooperazione).

266    Il punto D della comunicazione sulla cooperazione prevede:

«1. Un’impresa che coopera senza che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui ai punti B o C beneficia di una riduzione dal 10 al 50% dell’ammontare dell’ammenda che le sarebbe stata inflitta in assenza di cooperazione.

2. Ciò può verificarsi in particolare:

–        se, prima dell’invio di una comunicazione degli addebiti, un’impresa fornisce alla Commissione informazioni, documenti o altri elementi probatori che contribuiscano a confermare la sussistenza dell’infrazione,

–        se, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, un’impresa informa la Commissione che non contesta i fatti materiali sui quali la Commissione fonda le sue accuse».

267    Nella fattispecie la ricorrente ha fruito di una riduzione del 40% dell’importo della sua ammenda in forza del punto D della comunicazione sulla cooperazione.

268    Per giustificare la sua valutazione la Commissione fa valere quanto segue al punto 324 della Decisione:

«La [LCL] ha chiesto di fruire delle misure di clemenza poco tempo dopo aver ricevuto la lettera che la Commissione le ha inviato ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17. La sua cooperazione è andata ampliamente al di là delle risposte richieste da detta lettera. La [LCL] ha fornito spontaneamente un numero notevole di documenti del passato, in particolare vari rapporti su riunioni del cartello che non erano menzionate nella lettera inviata dalla Commissione ai sensi dell’art. 11. La [LCL] ha anche fornito varie dichiarazioni firmate di dirigenti e di ex dirigenti dell’impresa attestanti il ruolo che hanno svolto nelle attività del cartello. Infine ha fornito una descrizione dettagliata e utile del mercato del prodotto e delle attività del cartello per ciascun tipo di cliente. Vista la quantità e la qualità degli elementi di prova già forniti dalla Morgan, le prove fornite spontaneamente dalla [LCL] nonché dalle altre imprese che chiedevano di fruire delle misure di clemenza apportano soltanto uno scarso valore aggiunto agli elementi di prova già in possesso della Commissione. La Commissione considera tuttavia che l’insieme degli elementi di prova forniti spontaneamente dalla [LCL] ha contribuito a confermare l’esistenza dell’infrazione».

269    La Commissione ha del pari rilevato che, dopo aver ricevuto la comunicazione degli addebiti, la ricorrente l’ha informata che non contestava i fatti materiali sui quali ha basato le sue accuse (punto 325 della Decisione).

270    Va sottolineato che non vi è alcuna contestazione del fatto che la ricorrente soddisfacesse, all’atto dell’adozione della Decisione, le condizioni previste dal punto D, n. 2, primo e secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, osservando che le riduzioni accordate sono state, rispettivamente, del 30% e del 10%, secondo quanto precisato dalla Commissione nelle sue memorie. La lite verte sull’entità della riduzione accordata, la quale avrebbe dovuto essere complessivamente del 50% secondo la ricorrente, ovvero la riduzione massima possibile.

271    Occorre ricordare che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai servizi di detta istituzione. In tale contesto, la Commissione è chiamata ad effettuare complesse valutazioni di fatto, quali quelle riguardanti la cooperazione fornita da ciascuna delle imprese suddette (sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, punto 68 supra, punto 81).

272    La Commissione dispone al riguardo di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese (sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, punto 68 supra, punto 88).

273    Il ragionamento della ricorrente, che fa discendere automaticamente la riduzione massima del 50% dall’aver accertato che ricorrono le condizioni previste al punto D, n. 2, primo e secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione, porta a negare tale potere discrezionale della Commissione che si esprime, in particolare con l’indicazione di una forcella dal 10 al 50% per l’entità della riduzione.

274    Come risulta dal punto 324 della Decisione, la Commissione ha basato la sua valutazione dell’importo della riduzione accordata sul fatto, da un lato, che gli elementi di prova forniti dalla ricorrente non avevano che uno scarso valore aggiunto tenuto conto degli elementi di prova già in possesso della Commissione e forniti dalla Morgan e, dall’altro, che la cooperazione della ricorrente è iniziata dopo che questa aveva ricevuto la lettera inviatale ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17.

275    La ricorrente critica la pertinenza del primo criterio di analisi usato dalla Commissione.

276    Orbene, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, la riduzione delle ammende in caso di cooperazione delle imprese che partecipino ad infrazioni al diritto comunitario della concorrenza trova il suo fondamento nella considerazione secondo la quale tale cooperazione facilita il compito della Commissione mirante a dichiarare l’esistenza di un’infrazione e, se del caso, a porvi fine (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 399; sentenze del Tribunale BPB de Eendracht/Commissione, punto 164 supra, punto 325; 14 maggio 1998, causa T‑338/94, Finnboard/Commissione, Racc. pag. II‑1617, punto 363, e Mayr‑Melnhof/Commissione, punto 83 supra, punto 330).

277    Tenuto conto della ragione di essere della riduzione, la Commissione non può non tener conto dell’utilità dell’informazione fornita, la quale deve necessariamente dipendere dagli elementi di prova già in suo possesso.

278    La ricorrente sostiene che la Commissione non è legittimata ad invocare l’utilità relativa del suo contributo rispetto a quella della Morgan, in quanto l’utilità rispettiva delle informazioni fornite da queste due imprese si rispecchia già nella scelta di una categoria di riduzione diversa per ciascuna delle stesse imprese.

279    Orbene, va rilevato che il fatto che la Commissione abbia considerato che la Morgan dovesse fruire di una immunità di ammenda conformemente al punto B della comunicazione sulla cooperazione tenuto conto della qualità specifica della cooperazione constatata non le vieta, in seguito, di valutare, in forza del punto D di detta comunicazione, la collaborazione della ricorrente e quindi l’utilità delle informazioni fornite tenuto conto degli elementi di prova già comunicati da un’altra impresa, nella fattispecie la Morgan. Come giustamente sottolinea la Commissione, se la differenza fondamentale alla base dei punti B, C e D della comunicazione sulla cooperazione è l’utilità dell’informazione apportata, la Commissione può utilizzare il criterio dell’utilità per decidere dell’importo della riduzione per ciascuna categoria di riduzione dell’ammenda prevista dai detti punti.

280    Sebbene la ricorrente critichi la pertinenza del primo criterio di analisi usato dalla Commissione, essa non rimette in discussione, per contro, le conclusioni della Commissione sulla qualità della cooperazione della Morgan, che ha prodotto un fascicolo di 4789 pagine concernenti il cartello, e la conseguente deduzione dello scarso valore aggiunto degli elementi di prova da essa stessa forniti. La ricorrente dichiara espressamente di non contestare il fatto che l’utilità della sua cooperazione al procedimento è stata minore di quella della Morgan. 

281    Per quanto concerne il secondo criterio adottato dalla Commissione per fissare al 40% l’importo della riduzione accordata alla ricorrente, quest’ultima sostiene che la Commissione contesta a torto la spontaneità della sua cooperazione e che essa ha cooperato senz’altro prima dell’invio della comunicazione degli addebiti, unica condizione prevista dal punto D della comunicazione sulla cooperazione.

282    Occorre sottolineare che la Commissione ha dichiarato, come risulta del resto dai termini della Decisione, in particolare del punto 324, che essa non contestava la spontaneità della cooperazione della ricorrente di per sé. Tuttavia, essa fa valere che, nell’esercizio della sua valutazione complessiva della detta cooperazione, può tener conto del fatto che quest’ultima è iniziata dopo l’invio di una domanda di informazioni. Aggiunge che è l’utilità limitata dell’informazione apportata dalla ricorrente che è stata decisiva per giustificare il rifiuto di concedere la riduzione massima del 50%.

283    Come spiegato, la Commissione fruisce di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa (sentenza 10 maggio 2007, SGL Carbon/Commissione, punto 68 supra, punto 88), e, nell’ambito di una valutazione complessiva, può tener conto del fatto che questa impresa le ha comunicato documenti solo dopo aver ricevuto una domanda di informazioni (sentenza LR AF 1998/Commissione, punto 114 supra, punto 365, confermata in seguito ad impugnazione con sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 68 supra, punto 408), senza tuttavia poter considerarlo decisivo per minimizzare la cooperazione fornita da un’impresa ai sensi del punto D, n. 2, primo trattino, della comunicazione sulla cooperazione (sentenza Tokai I, punto 146 supra, punto 410).

284    La ricorrente sostiene che la Commissione non ha, in ogni caso, dimostrato di conoscere la domanda di informazioni all’atto dell’invio della lettera del 16 agosto 2002, nella quale essa chiedeva il beneficio delle misure di clemenza. Afferma che, qualche ora prima del ricevimento, il 16 agosto 2002, della domanda di informazioni, ha presentato una domanda volta all’applicazione della comunicazione sulla cooperazione di cui essa fornisce una copia allegata al ricorso.

285    In detto documento, effettivamente datato 16 agosto 2002 e che costituisce un messaggio sotto forma di telecopia sul quale non appare alcuna indicazione della sua effettiva trasmissione né della data di quest’ultima, si menziona che, «la [LCL] chiede il beneficio della comunicazione sulla cooperazione nella causa concernente le spazzole di alimentazione di motori elettrici, nell’ambito del procedimento avviato dalla Commissione contro l’impresa», testo che corrobora l’esattezza della cronologia menzionata nella Decisione.

286    Rispondendo all’osservazione della Commissione secondo cui la menzione «nell’ambito del procedimento avviato» attesta il ricevimento e la conoscenza della domanda di informazioni da parte della ricorrente, quest’ultima afferma nella replica che si riferiva al procedimento avviato nel settore delle grafiti isostatiche.

287    Come sottolinea la Commissione, anche se tale affermazione della ricorrente fosse veritiera, occorrerebbe considerare che la lettera 16 agosto 2002, che conteneva un’offerta di cooperazione della ricorrente, non aveva alcun collegamento con la causa in esame e che essa dovrebbe pertanto essere ignorata dal Tribunale. La ricorrente non avrebbe quindi dimostrato che ha cooperato prima del ricevimento della domanda di informazioni.

288    Va inoltre rilevato che, in detta lettera del 16 agosto 2002, si fa espressamente menzione della causa concernente le «spazzole di alimentazione di motori elettrici», che fanno parte dei prodotti a base di carbonio e di grafite destinati ad applicazioni elettriche che hanno costituito oggetto dell’intesa considerata nella Decisione.

289    In ogni caso, si deve rilevare che la ricorrente ha effettivamente cominciato a cooperare soltanto a partire dal 22 agosto 2002, data in cui ha inviato alla Commissione i primi documenti relativi al cartello e quindi dopo l’asserito ricevimento della lettera inviatale dalla Commissione ai sensi dell’art. 11 del regolamento n. 17.

290    Quanto, infine, al riferimento alla prassi decisionale precedente della Commissione, che giustificherebbe la riduzione massima del 50% richiesta dalla ricorrente, al punto 110 di cui sopra si è già esposto che la prassi decisionale della Commissione non può servire da ambito giuridico alle ammende in materia di concorrenza e che decisioni concernenti altre cause rivestono soltanto un carattere indicativo per quanto concerne l’eventuale esistenza di una discriminazione, poiché è poco verosimile che siano identiche le circostanze specifiche di queste, quali i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi considerati. È giocoforza constatare che la ricorrente non ha fornito la prova di siffatta discriminazione. Inoltre, il mero fatto che la Commissione abbia accordato, nella sua prassi decisionale precedente, un certo tasso di riduzione per un comportamento determinato non implica che essa sia tenuta ad accordare la stessa riduzione proporzionale quando valuta un comportamento simile nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo (v. sentenza 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, punto 90 supra, punto 458 e la giurisprudenza ivi citata).

291    Dalle recenti considerazioni risulta che la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione ha valutato in modo manifestamente errato la sua cooperazione accordandole una riduzione del 40% in applicazione del punto D della comunicazione sulla cooperazione.

 Sulle asserite violazioni del principio della parità di trattamento

292    Quanto all’affermazione di violazioni del principio di parità di trattamento, per giurisprudenza costante, nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese interessate, la Commissione non può ignorare tale principio, che è violato quando situazioni analoghe sono trattate in modo diverso o situazioni diverse sono trattate in modo identico, a meno che siffatto trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenza Tokai I, punto 146 supra, punto 394, e la giurisprudenza ivi citata).

293    La ricorrente fa valere, in primo luogo, che la Commissione ha accordato alla Morgan una riduzione dell’ammenda del 100%, a titolo del punto B della comunicazione sulla cooperazione, mentre la stessa impresa ha dissimulato alla Commissione taluni informazioni utili relative alla sua partecipazione ad un’intesa sui prezzi dei prodotti a base di grafite negli Stati Uniti e ha fornito alla Commissione informazioni inesatte concernenti la cessazione della sua partecipazione ad attività illecite negli Stati Uniti e in Europa.

294    Essa ne deduce che la Commissione avrebbe dovuto, per non commettere una violazione grave dei principi di parità di trattamento, riconsiderare la domanda di misure di clemenza a essa presentata e riconoscerle l’immunità di ammenda a titolo del punto B, o quanto meno, accordarle la riduzione massima dell’importo dell’ammenda prevista dal punto D della comunicazione sulla cooperazione, in quanto essa ha accordato alla Morgan la riduzione massima dell’importo dell’ammenda prevista al punto B di detta comunicazione.

295    Nella misura in cui la ricorrente invoca una riduzione illegittima dell’ammenda ottenuta dalla Morgan, e anche ammesso che la Commissione abbia indebitamente accordato una riduzione a detta impresa apllicando in modo errato la comunicazione sulla cooperazione, si deve ricordare che il rispetto del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo il quale nessuno può invocare, a proprio vantaggio, un’illegittimità commessa a favore di altri (sentenza della Corte 4 luglio 1985, causa 134/84, Williams/Corte dei conti, Racc. pag. 2225, punto 14; sentenza 14 maggio 1998, SCA Holding/Commissione, punto 113 supra, punto 160, e LR AF 1998/Commissione, punto 114 supra, punto 367).

296    Va inoltre rilevato che la Morgan e la ricorrente non si trovavano in situazioni analoghe e che tale differenza oggettiva di situazione spiega e giustifica la differenza di trattamento di cui esse sono state oggetto da parte della Commissione in sede di applicazione della comunicazione sulla cooperazione.

297    Va sottolineato che, fra le condizioni di una non imposizione di ammenda o di una riduzione notevolissima del suo importo, quali previste dal punto B della comunicazione sulla cooperazione, figura il fatto che l’impresa sia la prima a fornire elementi decisivi per provare l’esistenza dell’intesa. Orbene, la stessa ricorrente dichiara nella replica di non contestare che l’utilità della sua cooperazione al procedimento sia stata minore di quella della Morgan e che non poteva del resto essere diversamente, poiché le informazioni fornite dalla stessa Morgan hanno consentito alla Commissione di provare l’esistenza dell’intesa, di modo che il suo contributo non poteva necessariamente che contribuire a confermare l’esistenza dell’infrazione.

298    In tali circostanze, devono essere respinte l’affermazione di una disparità di trattamento rispetto al trattamento riservato alla Morgan e la corrispondente rivendicazione da parte della ricorrente del beneficio delle disposizioni del punto B della comunicazione sulla cooperazione o della riduzione massima dell’ammenda prevista al punto D della stessa.

299    La ricorrente rileva, in secondo luogo, che, nonostante il carattere estremamente limitato e tardivo della cooperazione della SGL al procedimento, sottolineato dalla stessa Commissione nella Decisione, la Commissione le ha tuttavia accordato una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda a titolo della comunicazione sulla cooperazione, mentre essa non ha beneficiato che di una riduzione del 40% per una cooperazione piena ed intera.

300    Tale argomento non evidenzia alcuna violazione del principio della parità di trattamento, né, del resto, del principio di proporzionalità, in quanto la cooperazione della ricorrente, oggettivamente maggiore di quella della SGL, è stata effettivamente considerata dalla Commissione e in modo adeguato.

301    Infatti, la riduzione adottata a titolo della cooperazione fornita dalla ricorrente prima dell’invio della comunicazione degli addebiti è tre volte maggiore di quella accordata alla SGL, poiché essa è del 30% per la prima e del 10% per la seconda. Avendo ammesso queste due imprese i fatti materiali esposti nella comunicazione degli addebiti, esse hanno inoltre fruito, logicamente, di una riduzione identica del 10% per questo unico motivo.

302    A questo proposito, occorre rilevare che la ricorrente non dimostra perché la Commissione non sia legittimata a chiarire, nell’ambito del presente ricorso, la scomposizione in cifre delle riduzioni del 40% e del 20% accordate. Tali indicazioni fornite dalla Commissione nelle sue memorie, che completano la Decisione, non possono essere considerate come un nuovo mezzo di difesa vietato dall’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura.

303    Peraltro, la ricorrente osserva che, salvo violare il principio della parità di trattamento, la Commissione avrebbe dovuto accordarle una riduzione notevolmente superiore al 50% dell’importo della sua ammenda a titolo della comunicazione sulla cooperazione, in quanto essa ha accordato alla SGL – che ha ostacolato l’istruttoria della Commissione – una riduzione del «55%» (20% a titolo della cooperazione e 33% a titolo di altri fattori).

304    Come la stessa ricorrente sottolinea, la riduzione del 33% è stata accordata a titolo di «altri fattori», il che non consente di giustificare pertinentemente l’asserita disparità di trattamento nell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione. La questione della presa in considerazione da parte della Commissione di «altri fattori» è del resto menzionata dalla ricorrente in una censura specifica esaminata qui di seguito.

305    Infine, nella misura in cui la ricorrente invoca una riduzione illegittima dell’ammenda ottenuta dalla SGL e ammettendo anche che la Commissione abbia indebitamente accordato una riduzione a detta impresa applicando in modo errato la comunicazione sulla cooperazione, si deve ricordare che il rispetto del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legittimità, secondo il quale nessuno può invocare a proprio vantaggio un’illegittimità commessa a favore di altri.

306    Dalle precedenti considerazioni risulta che la ricorrente non ha dimostrato di essere stata oggetto di un trattamento discriminatorio e/o sproporzionato quando la Commissione ha applicato la comunicazione sulla cooperazione.

 Sulla mancanza di riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di «altri fattori»

307    Occorre ricordare che, nella parte della Decisione intitolata «Capacità di pagare e altri fattori», la Commissione in un primo momento ha respinto gli argomenti della SGL e della ricorrente miranti a provare la loro incapacità di pagare un’ammenda nella causa in esame (punti 340‑357 della Decisione).

308    In un secondo momento, la Commissione ha ricordato che ha già recentemente condannato la SGL ad ammende notevoli per la sua partecipazione ad altre attività collusive, nella fattispecie un’ammenda di 80,2 milioni di euro nel caso degli elettrodi di grafite e due ammende dell’importo complessivo di 27,75 milioni di euro per la sua partecipazione all’intesa sulla grafite isostatica e quella sulla grafite estrusa, nel caso delle grafiti speciali (punto 358 della Decisione). Tenendo conto delle gravi difficoltà finanziarie della SGL e delle sue recenti condanne, nonché del fatto che le varie attività collusive ad essa addebitate si erano svolte contemporaneamente, la Commissione ha ritenuto che, in queste particolari circostanze, non fosse necessario, al fine di garantire una dissuasione effettiva, infliggere alla SGL l’importo complessivo dell’ammenda e l’ha quindi ridotto del 33%, portandolo a 23,64 milioni di euro (punto 360 della Decisione).

309    Considerando, per contro, che la situazione della ricorrente era molto diversa da quella della SGL, la Commissione non ha accordato alla ricorrente alcuna riduzione dell’importo dell’ammenda, a titolo di «altri fattori». La Commissione ha rilevato al riguardo che l’importo complessivo delle ammende inflitte finora alla SGL per attività collusive simultanee raggiungeva quasi il 10% del fatturato mondiale della SGL nel 2002, mentre era dell’1% per la ricorrente, che si era vista infliggere un’ammenda di 6,97 milioni di euro per la sua partecipazione al cartello sulla grafite isostatica. La Commissione sottolinea del pari, in base ad un’analisi comparativa dei rapporti finanziari, che la situazione finanziaria della SGL è molto peggiore della situazione attuale della ricorrente (punti 361 e 362 della Decisione).

310    La ricorrente sostiene che, in tal modo, la Commissione ha violato il principio della parità di trattamento.

311    Va osservato che l’argomento della ricorrente a sostegno di tale censura si basa sulla premessa secondo la quale la Commissione non era legittimata, tenuto conto della giurisprudenza e secondo gli stessi termini della Decisione, a prendere in considerazione, da sola o con altri elementi, la situazione finanziaria della SGL. Poiché la Commissione era tenuta, secondo la ricorrente, ad ignorare la capacità finanziaria della SGL quando ha fissato l’ammenda, la riduzione dell’importo dell’ammenda poteva basarsi soltanto sulle condanne recenti di detta impresa.

312    Tale ragionamento consente alla ricorrente di scindere dall’analisi comparativa del trattamento riservato alla SGL la questione della situazione finanziaria di quest’ultima, per tener conto soltanto della presa in considerazione dell’esistenza di condanne al pagamento di ammende (quelle che le sono state inflitte nel caso delle grafiti speciali, negli Stati Uniti e nella presente Decisione, per un totale di 50,02 milioni di euro) e rivendicare, in applicazione del principio della parità di trattamento, una riduzione corrispondente e proporzionale dell’importo della sua ammenda.

313    È giocoforza constatare che tale argomentazione della ricorrente si basa su una premessa errata e dev’essere quindi respinta.

314    Infatti, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non è tenuta, quando determina l’importo dell’ammenda, a tener conto della situazione finanziaria deficitaria di un’impresa interessata, poiché il riconoscimento di tale obbligo porterebbe a procurare un vantaggio concorrenziale ingiustificato alle imprese meno adeguate alle condizioni del mercato (v. sentenza Tokai I, punto 146 supra, punto 370, e la giurisprudenza ivi citata), il che non significa che essa non possa farlo. È questo del pari il senso del punti 349 e 356 della Decisione che riprendono in modo quasi identico i termini della precitata giurisprudenza.

315    Nella fattispecie, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta alla SGL a causa delle sue gravi difficoltà finanziarie unite a due condanne recenti della stessa al pagamento di ammende per infrazioni al diritto della concorrenza commesse contemporaneamente.

316    Orbene, la ricorrente non afferma chiaramente né, in ogni caso, dimostra che essa si trovasse in posizione analoga a quella della SGL, particolarmente sul piano della salute finanziaria, e che il confronto con la SGL riguarda la situazione di quest’ultima nell’ambito del procedimento del caso delle grafiti speciali o nel procedimento in esame.

317    In tali circostanze, la differenza oggettiva di situazione fra la SGL e la ricorrente spiega e giustifica la differenza di trattamento di cui esse sono state oggetto e nessuna violazione del principio della parità di trattamento o persino di proporzionalità può essere rimproverata alla Commissione nella fattispecie.

318    Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che tutte le censure sollevate dalla ricorrente devono essere disattese e che il ricorso promosso da questa dev’essere respinto.

 Sulle spese

319    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente, la ricorrente dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Le Carbone-Lorraine è condannata alle spese.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 ottobre 2008.

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Vilaras

Indice


Fatti all’origine della lite

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sull’errore di diritto asseritamente commesso dalla Commissione a causa della mancanza di delimitazione dei mercati di prodotti di cui trattasi o, quantomeno, delle categorie di prodotti di cui trattasi

Sulla qualificazione dell’infrazione

Sul procedimento svolto dalla Commissione

Sulla valutazione asseritamente errata della gravità dell’infrazione e sul carattere asseritamente sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda

Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda, tenuto conto dell’impatto limitato delle pratiche censurate

Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda, tenuto conto della scarsa implicazione della ricorrente nell’intesa

Sul carattere asseritamente eccessivo dell’importo di partenza dell’ammenda tenuto conto dei fatturati della ricorrente

Sulla presa in considerazione dell’effetto dissuasivo dell’ammenda

Sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento

Sulla durata dell’infrazione

Sulle circostanze attenuanti

Sulla mancanta presa in considerazione del ruolo asseritamente passivo della ricorrente

Sulla mancata presa in considerazione della non applicazione di fatto di taluni accordi e/o pratiche illecite

Sulla mancata presa in considerazione della cessazione dell’infrazione prima dell’inizio dell’indagine

Sulla mancata presa in considerazione della collaborazione effettiva della ricorrente al procedimento al di fuori della sfera di applicazione della comunicazione sulla cooperazione

Sulla cooperazione della ricorrente durante il procedimento amministrativo

Sulla rivendicazione della riduzione massima del 50%

Sulle asserite violazioni del principio della parità di trattamento

Sulla mancanza di riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di «altri fattori»

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.