Language of document : ECLI:EU:C:2023:265

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 30 marzo 2023 (1)

Causa C27/22

Volkswagen Group Italia SpA,

Volkswagen Aktiengesellschaft

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,

nei confronti di:

Associazione Cittadinanza Attiva Onlus,

Coordinamento delle associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori (Codacons)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia)]

«Procedimento pregiudiziale – Diritti fondamentali – Principio del “ne bis in idem” – Sanzioni irrogate in relazione a pratiche commerciali scorrette – Condanna penale definitiva pronunciata in uno Stato membro – Sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale irrogata in un altro Stato membro contro la stessa persona per i medesimi fatti – Applicazione del principio del “ne bis in idem” al cumulo di procedimenti sanzionatori transfrontalieri – Limitazione al principio del “ne bis in idem” – Coordinamento del cumulo dei procedimenti sanzionatori»






1.        Il presente rinvio pregiudiziale verte sull’applicazione transfrontaliera dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in una causa che non riguarda la libera circolazione delle persone nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

2.        Nella fattispecie convergono sanzioni e procedimenti sanzionatori avviati dalle autorità di due Stati membri, la Germania e l’Italia (2). I comportamenti sanzionati sono imputati allo stesso conglomerato di società automobilistiche con sede in Germania, i cui effetti si riverberano in entrambi gli Stati (tra molti altri).

3.        In controversie di tal genere, il problema dell’applicazione delle limitazioni al diritto del «ne bis in idem», sulla base dell’articolo 52 della Carta, si pone quando i procedimenti avviati dalle autorità di due Stati membri non si svolgono in modo sufficientemente coordinato, circostanza che ha come esito la duplicazione delle sanzioni.

4.        La Corte di giustizia ha infatti dichiarato che il coordinamento dei procedimenti sanzionatori è un requisito indispensabile per accettare tali limitazioni. Occorre tuttavia chiarire se sia possibile (e realistico) mantenere tale requisito in occasione del cumulo di procedimenti sanzionatori di due Stati membri, avviati da autorità competenti in diversi settori di attività, e laddove non esista alcun meccanismo giuridico di coordinamento dei loro interventi (3).

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea

5.        L’articolo 50 («Diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato») così stabilisce:

«Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge».

6.        L’articolo 52 («Portata (...) dei diritti (...)») dispone quanto segue:

«1.      Eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

(...)».

2.      Direttiva 2005/29/CE (4)

7.        A tenore dell’articolo 1:

«La presente direttiva intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori mediante l’armonizzazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di pratiche commerciali sleali lesive degli interessi economici dei consumatori».

8.        L’articolo 3, paragrafo 4, così dispone:

«In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici».

9.        L’articolo 13 prevedeva quanto segue:

«Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e adottano tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

10.      Lo stesso articolo 13, dopo la sua modifica ad opera della direttiva (UE) 2019/2161 (5), con effetto dal 28 maggio 2022, è adesso formulato come segue:

«1.      Gli Stati membri determinano le norme in materia di sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

2.      Gli Stati membri assicurano che, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni, si tenga conto dei seguenti criteri, non esaustivi e indicativi, ove appropriati:

(…)

e)      sanzioni inflitte al professionista per la stessa violazione in altri Stati membri in casi transfrontalieri in cui informazioni relative a tali sanzioni sono disponibili attraverso il meccanismo istituito dal regolamento (UE) 2017/2394 del Parlamento europeo e del Consiglio[ (6);]

(…)

3.      Gli Stati membri provvedono a che, quando le sanzioni devono essere inflitte a norma dell’articolo 21 del regolamento (UE) 2017/2394, esse possano essere di tipo pecuniario, inflitte attraverso un procedimento amministrativo o giudiziario o entrambi, e per un importo massimo che sia almeno pari al 4% del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati. (…)

(…)».

B.      Diritto nazionale. Decreto legislativo del 6 settembre 2005, n. 206 (7)

11.      L’articolo 20, comma 2, così dispone:

«Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori».

12.      L’articolo 20, comma 4, individua due categorie di pratiche scorrette: le pratiche ingannevoli (di cui agli articoli 21, 22 e 23) e le pratiche aggressive (di cui agli articoli 24, 25 e 26).

13.      L’articolo 27, paragrafo 9, così dispone:

«Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5 000,00 euro a 5 000 000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi dell’articolo 21, commi 3 e 4, la sanzione non può essere inferiore a 50 000,00 euro».

II.    Fatti, procedimenti e questioni pregiudiziali

14.      Con provvedimento del 4 agosto 2016, n. 26137, l’AGCM ha inflitto alla Volkswagen Group Italia SpA e alla Volkswagen Aktiengesellschaft (in prosieguo, rispettivamente, la «VWGI» e la «VWAG»), una sanzione pecuniaria di EUR 5 milioni, in quanto esse si sarebbero rese colpevoli di pratiche commerciali scorrette di cui all’articolo 21, comma 1, lettera b), all’articolo 23, comma 1, lettera d), e all’articolo 21, commi 3 e 4, del codice del consumo. Tali disposizioni recepiscono nel diritto italiano la direttiva 2005/29.

15.      Secondo l’ordinanza di rinvio, le violazioni addebitate alla VWGI e alla VWAG dall’AGCM consistevano:

–      nella commercializzazione in Italia di veicoli diesel dotati di sistemi idonei ad alterare la rilevazione dei livelli delle emissioni inquinanti, ai fini della loro omologazione (8);

–      nella diffusione di messaggi pubblicitari che, nonostante l’alterazione della rilevazione delle emissioni, sottolineavano la conformità di tali veicoli ai criteri della normativa ambientale.

16.      La VWGI e la VWAG hanno impugnato la decisione dell’AGCM dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Italia (in prosieguo: il «TAR del Lazio»).

17.      Nel 2018, dopo che l’AGCM aveva adottato il provvedimento n. 26137 del 2016, ma prima che il TAR del Lazio emettesse la sua sentenza, la procura di Braunschweig ha notificato alla VWAG un provvedimento che le irrogava, conformemente al Gesetz über Ordnungswidrigkeiten (legge sugli illeciti amministrativi; in prosieguo: l’«OWiG»), una sanzione pari a EUR 1 miliardo (9).

18.      Tale sanzione faceva riferimento, tra l’altro, agli stessi fatti sanzionati dall’AGCM. Il giudice del rinvio sottolinea che i comportamenti contestati in Germania sono consistiti in quanto segue:

–      la commercializzazione a livello mondiale (10,7 milioni di veicoli in totale, di cui 700 000 nel mercato italiano) di veicoli dotati di sistemi idonei ad alterare la rilevazione delle emissioni inquinanti ai fini della loro omologazione;

–      la diffusione di messaggi pubblicitari che, nonostante l’alterazione della rilevazione delle emissioni, dichiaravano che tali veicoli erano particolarmente rispettosi dell’ambiente.

19.      L’ordinanza della procura di Braunschweig è divenuta definitiva il 13 giugno 2018, avendo la VWAG rinunciato al proprio diritto di impugnazione nonché pagato la sanzione pecuniaria il 18 giugno 2018.

20.      Il 3 aprile 2019, il TAR del Lazio, con sentenza n. 6920/2019, ha respinto il ricorso della VWGI e della VWAG, nonostante il fatto che queste due società avessero invocato l’ordinanza della procura di Braunschweig.

21.      La VWGI e la VWAG hanno fatto valere, in particolare, un certo numero di pronunce giudiziarie di altri Stati membri, che avevano posto fine a procedimenti interni vertenti sull’alterazione delle rilevazioni delle emissioni, in quanto tali fatti erano già stati sanzionati in Germania.

22.      Il TAR del Lazio ha respinto tale argomento. Ha dichiarato che la sanzione dell’AGCM aveva un fondamento giuridico diverso da quella irrogata in Germania e che il principio del «ne bis in idem» non ostava alla prima.

23.      La VWGI e la VWAG hanno impugnato la sentenza del TAR del Lazio dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), che ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le sanzioni irrogate in tema di pratiche commerciali scorrette, ai sensi della normativa interna attuativa della direttiva 2005/29/CE, siano qualificabili alla stregua di sanzioni amministrative di natura penale;

2)      se l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vada interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che consente di confermare in sede processuale e rendere definitiva una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona giuridica per condotte illecite che integrano pratiche commerciali scorrette, per le quali nel frattempo è stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico in uno Stato membro diverso, laddove la seconda condanna sia divenuta definitiva anteriormente al passaggio in giudicato dell’impugnativa giurisdizionale della prima sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale;

3)      se la disciplina di cui alla direttiva 2005/29, con particolare riferimento agli articoli 3, paragrafo 4, e 13, paragrafo 2, lettera e), possa giustificare una deroga al divieto di “ne bis in idem” stabilito dall’articolo 50 della Carta (successivamente incorporata nel Trattato sull’Unione europea dall’articolo 6 TUE) e dall’articolo 54 della convenzione di Schengen».

III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

24.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte l’11 gennaio 2022.

25.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla AGCM, dall’associazione Codacons (10), dalla VWGI, dai governi dei Paesi Bassi e italiano nonché dalla Commissione europea.

26.      L’AGCM, la VWGI, i governi dei Paesi Bassi e italiano nonché la Commissione sono intervenuti all’udienza del 19 gennaio 2023.

IV.    Valutazione

A.      Sulla ricevibilità

27.      L’AGCM ritiene che le questioni pregiudiziali siano irricevibili per due motivi:

–      l’articolo 50 della Carta e l’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen (11) non sono pertinenti nell’ambito della presente controversia, poiché la disciplina della responsabilità delle persone giuridiche che ha servito da fondamento alla sanzione tedesca non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione;

–      non vi è identità tra i fatti che hanno condotto all’adozione delle due sanzioni. L’ordinanza tedesca punisce la condotta della VWAG consistente nella violazione, per negligenza, dell’obbligo di supervisione sull’installazione di un meccanismo che consentiva di falsare i test sulle emissioni inquinanti dei suoi veicoli. Invece, il provvedimento italiano sanziona la VWAG e la VWGI per non aver informato i consumatori dell’esistenza di tale meccanismo sui veicoli venduti in Italia.

28.      Nessuno di questi due argomenti mi sembra convincente per dichiarare irricevibile il rinvio pregiudiziale.

29.      Per quanto riguarda il primo, l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta proclama che le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione (12). Poiché il provvedimento dell’AGCM si basa su disposizioni del codice del consumo italiano che danno attuazione alla direttiva 2005/29, ci troviamo in un settore nel quale uno Stato membro applica il diritto dell’Unione.

30.      Tale circostanza è sufficiente per attivare l’articolo 50 della Carta, indipendentemente dalla questione di stabilire se, inoltre, l’ordinanza della procura tedesca sia stata adottata o meno sulla base di una norma interna che attua il diritto dell’Unione.

31.      Inoltre, sebbene la sanzione tedesca abbia come base immediata l’OWiG (legge estranea, in linea di principio, al diritto dell’Unione), essa punisce, in definitiva, non solo la semplice violazione formale dei doveri di supervisione, ma, in via mediata, le violazioni sostanziali delle norme dell’Unione che disciplinano il procedimento di omologazione dei veicoli (13). In tal senso, essa attua anche il diritto dell’Unione e deve, per tale motivo, rispettare la Carta, e in particolare il suo articolo 50.

32.      Non può essere accolto neppure il secondo motivo di irricevibilità dedotto dall’AGCM, che riguarda più il merito della controversia che le condizioni di ricevibilità del rinvio pregiudiziale.

33.      I fatti oggetto dei procedimenti sanzionatori italiano e tedesco sono strettamente connessi, in quanto, in entrambi i casi, essi vertono: a) sull’installazione indebita di un meccanismo di alterazione dei test sulle emissioni e b) sulla promozione e la vendita dei veicoli, con l’occultamento di tale circostanza, in un altro Stato membro.

34.      Stabilire l’idoneità di tale nesso ai fini della valutazione dell’identità dei fatti sanzionati nei due procedimenti, ripeto, riguarda il merito e non le condizioni di ricevibilità del rinvio pregiudiziale.

B.      Osservazioni preliminari

35.      Prima di suggerire una risposta al giudice del rinvio, farò due precisazioni sulle norme che detto giudice menziona nella sua terza questione pregiudiziale.

36.      Tra queste, l’articolo 3, paragrafo 4, e l’articolo 13, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/29, nonché l’articolo 54 della CAAS, non mi sembrano pertinenti nel caso di specie.

37.      Quanto all’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2005/29 (14), letto alla luce del decimo considerando della stessa, se ne deduce che tale direttiva si applica qualora non esistano specifiche norme del diritto dell’Unione che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali. Tale disposizione allude ai casi di contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali (15).

38.      Detto articolo costituisce una manifestazione del principio di specialità: la procedura di cui alla direttiva 2005/29 si presenta come subordinata rispetto ad altri procedimenti più specifici del diritto dell’Unione che sanzionano pratiche commerciali sleali (16). Non si tratta di una norma giuridica che comporti la specificazione del principio del «ne bis in idem», tutelato dall’articolo 50 della Carta. Esso mira semplicemente a prevenire il cumulo di procedure disciplinate da norme diverse in materia di repressione delle pratiche commerciali sleali.

39.      Quanto all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2005/29, esso è stato incorporato in quest’ultima dalla direttiva 2019/2161 (17) e produce i suoi effetti solo dal 28 maggio 2022 (18). Pertanto non è applicabile ratione temporis ai fatti sanzionati nella controversia originaria.

40.      Per quanto riguarda l’articolo 54 della CAAS, la Corte di giustizia ha affermato che «il principio del ne bis in idem sancito da tale articolo mira ad evitare, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che una persona giudicata con sentenza definitiva venga perseguita, per il fatto di esercitare il suo diritto di libera circolazione (...)» (19).

41.      Nella presente causa, sebbene si tratti dell’applicazione transfrontaliera del principio del «ne bis in idem» con il coinvolgimento delle autorità tedesche e italiane, la tutela della libera circolazione delle persone, che costituisce la ragion d’essere dell’articolo 54 della CAAS, non è in discussione.

42.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, ritengo che la risposta al giudice del rinvio debba essere fornita unicamente alla luce dell’articolo 50 della Carta.

C.      Sulla prima questione

43.      Il Consiglio di Stato chiede se le sanzioni in tema di pratiche commerciali scorrette, irrogate ai sensi della normativa interna attuativa della direttiva 2005/29, siano qualificabili alla stregua di sanzioni amministrative di natura penale. L’importo di tali sanzioni va da EUR 5 000 a EUR 5 milioni.

44.      Il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta, vieta quindi un cumulo tanto di procedimenti quanto di sanzioni con natura penale ai sensi del menzionato articolo per gli stessi fatti e nei confronti di una stessa persona (20).

45.      Spetta al giudice del rinvio valutare in ciascun caso di specie la natura penale dei procedimenti e delle sanzioni, applicando i criteri accettati dalla Corte, che rinviano alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (21) (noti come «criteri Engel») (22). La Corte può tuttavia fornire ulteriori precisazioni al fine di guidare il giudice nazionale nella sua interpretazione.

46.      I predetti criteri riguardano: i) la qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale; ii) la natura della sanzione; iii) il grado di severità della sanzione in cui si rischia di incorrere (23).

1.      Qualificazione giuridica dellillecito

47.      Il diritto italiano qualifica come amministrativi gli illeciti (nonché il procedimento di accertamento) di cui agli articoli 21 e 23 del codice del consumo. La sanzione pecuniaria applicabile, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 9, di tale codice, condivide questa stessa natura.

48.      Quanto alla sanzione inflitta dalla procura di Braunschweig, il giudice del rinvio non dubita della sua natura penale.

49.      Un illecito e una sanzione nominalmente amministrativi secondo il diritto interno, possono tuttavia avere natura penale ai fini che interessano in questa sede. La Corte di giustizia ha dichiarato che l’applicazione dell’articolo 50 della Carta non si limita unicamente ai procedimenti e alle sanzioni qualificati come «penali» dal diritto nazionale, bensì comprende – prescindendo da una siffatta qualificazione in diritto interno – procedimenti e sanzioni che devono essere ritenuti di natura penale sul fondamento dei due ulteriori criteri sopra menzionati (24).

2.      Natura della sanzione

50.      Per quanto riguarda la natura della sanzione, occorre verificare se essa «persegua, in particolare, una finalità repressiva (...). Ne consegue che una sanzione avente finalità repressiva presenta natura penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta, e che la mera circostanza che essa persegua parimenti una finalità preventiva non è idonea a privarla della sua qualificazione di sanzione penale. (…) rientra nella natura stessa delle sanzioni penali che esse tendano sia alla prevenzione sia alla repressione di comportamenti illeciti. Per contro, una misura che si limiti a risarcire il danno causato dall’illecito in questione non riveste natura penale» (25).

51.      L’articolo 27, comma 9, del codice del consumo prevede che la sanzione pecuniaria si aggiunge obbligatoriamente ad altre misure previste per reprimere le pratiche commerciali scorrette, in particolare al divieto di continuare o ripetere tali pratiche.

52.      Secondo il governo italiano, sono queste misure, e non la sanzione pecuniaria di cui all’articolo 27, comma 9, del codice del consumo, ad essere di natura repressiva. La sanzione pecuniaria mirerebbe a neutralizzare il vantaggio concorrenziale ottenuto dall’impresa con la sua condotta fraudolenta nei confronti dei consumatori e a ripristinare la concorrenza sul mercato come esistente prima della pratica commerciale scorretta.

53.      Fatta salva la valutazione finale del giudice del rinvio, non sono convinto della tesi del governo italiano su questo punto. Al contrario, ritengo che la sanzione pecuniaria di cui all’articolo 27, comma 9, del codice del consumo abbia carattere repressivo: la sua finalità primaria non è quella di risarcire il danno subito da terzi a causa dell’illecito, bensì di sanzionare un comportamento antigiuridico (26).

54.      Infatti, tale articolo non contiene alcuna indicazione quanto alla natura riparatrice della sanzione, né l’importo di quest’ultima dipende dagli effetti dell’illecito sui terzi.

55.      È irrilevante, infine, per quanto qui di rilievo, che la sanzione cumuli alla sua finalità repressiva un intento preventivo, vale a dire quello di dissuadere le imprese dal commettere pratiche commerciali scorrette.

3.      Severità della sanzione

56.      Il massimale della sanzione prevista all’articolo 27, comma 9, del codice del consumo ammonta a EUR 5 milioni, il che costituisce un importo elevato, indicativo della sua severità (27).

57.      È vero che una sanzione di EUR 5 milioni può non essere particolarmente onerosa per un’impresa multinazionale con un fatturato elevato, come nel caso della VWAG (28).

58.      Tale circostanza non è tuttavia tale da rimettere in discussione il carattere gravemente afflittivo della sanzione prevista dalla legge. Tutt’al più, essa potrebbe incentivare il legislatore ad aumentare l’importo delle sanzioni in caso di pratiche commerciali scorrette, sostituendo l’importo fisso con un importo proporzionale al fatturato (29).

59.      Peraltro, la gravità della sanzione dev’essere valutata in funzione delle sue caratteristiche oggettive e non del suo impatto concreto sulla specifica impresa sanzionata.

60.      In definitiva, ritengo che una sanzione amministrativa come quella di cui trattasi, conseguente alla realizzazione di pratiche commerciali scorrette, il cui importo può raggiungere EUR 5 milioni, abbia natura sostanzialmente penale ai sensi dell’articolo 50 della Carta.

D.      Seconda questione

61.      Il Consiglio di Stato chiede se l’articolo 50 della Carta osti «ad una normativa nazionale che consente di confermare in sede processuale e rendere definitiva una sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale nei confronti di una persona giuridica per condotte illecite che integrano pratiche commerciali scorrette, per le quali nel frattempo è stata pronunciata una condanna penale definitiva a suo carico in uno Stato membro diverso, laddove la seconda condanna sia divenuta definitiva anteriormente al passaggio in giudicato dell’impugnativa giurisdizionale della prima sanzione amministrativa pecuniaria di natura penale».

62.      Secondo la Corte di giustizia, «[l]’applicazione del principio del ne bis in idem è soggetta a una duplice condizione, vale a dire, da un lato, che vi sia una decisione definitiva anteriore (condizione “bis”) e, dall’altro, che gli stessi fatti siano oggetto tanto della decisione anteriore quanto del procedimento o della decisione successivi (condizione “idem”)» (30).

1.      Per quanto riguarda il «bis»

63.      «[A]ffinché si possa ritenere che una decisione giudiziaria abbia statuito in via definitiva sui fatti sottoposti ad un secondo procedimento, è necessario non solo che tale decisione sia divenuta definitiva, ma anche che essa sia stata pronunciata previa una valutazione nel merito della causa» (31).

64.      Dagli elementi del fascicolo risulta che l’ordinanza della procura di Braunschweig è divenuta definitiva il 13 giugno 2018 e che è stata adottata, in modo motivato, a seguito di una valutazione nel merito della causa. A tale data, il procedimento amministrativo sanzionatorio italiano era già stato avviato, ma non concluso: la decisione dell’AGCM del 4 agosto 2016 era stata impugnata e non era ancora (né lo è adesso) definitiva.

65.      Benché i due procedimenti si siano svolti in parte parallelamente nel tempo (si sono sovrapposti per 4 mesi, secondo le informazioni fornite in udienza), la sanzione inflitta dalla procura di Braunschweig è divenuta definitiva prima che le autorità italiane si fossero definitivamente pronunciate sugli stessi fatti e imprese. È irrilevante, al riguardo, che la definitività della decisione tedesca derivi dal fatto che la VWAG non l’ha impugnata (32).

66.      Si verifica quindi la duplicazione dei procedimenti sanzionatori, uno dei quali è sfociato in una sanzione definitiva, il che impone di chiarire se essi avessero o meno ad oggetto gli stessi fatti e fossero diretti contro la stessa persona.

2.      Quanto all«idem»

67.      L’orientamento preponderante nella giurisprudenza della Corte è che il divieto della doppia punizione riguarda gli stessi fatti materiali (idem factum), intesi come un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro, indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica (idem crimen).

68.      Come indicato dal giudice del rinvio, i due procedimenti di cui trattasi nella controversia riguardano la stessa persona giuridica (VWAG). È vero che il provvedimento italiano ha interessato anche la VWGI, ma tale dato non è necessariamente idoneo a escludere l’identità soggettiva, dato che quest’ultima impresa appartiene alla prima e si trova sotto il suo controllo.

69.      In ogni caso, a fronte delle obiezioni sollevate al riguardo dall’AGCM, sarà il Consiglio di Stato a risolvere la questione dell’identità soggettiva delle imprese interessate.

70.      Per quanto riguarda l’identità oggettiva, l’articolo 50 della Carta vieta di infliggere, per fatti identici, più sanzioni di natura penale in esito a diversi procedimenti svolti a tali fini (33).

71.      Non è quindi sufficiente che si tratti di fatti analoghi: devono essere identici. L’identità dei fatti materiali deve essere intesa come un insieme di circostanze concrete derivanti da eventi che sono, in sostanza, gli stessi, in quanto coinvolgono lo stesso autore e sono indissociabilmente legati tra loro nel tempo e nello spazio (34).

72.      Ritenuta l’identità dei fatti, la loro qualificazione giuridica da parte del diritto nazionale diventa secondaria. Lo stesso vale, ai fini della constatazione della sussistenza di uno stesso reato, per la differenza fra gli interessi giuridici tutelati in uno Stato o in un altro, considerato che la portata della tutela conferita all’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato membro all’altro (35).

73.      Nelle sentenze bpost e Nordzücker, la Corte ha confermato la prevalenza dell’identità dei fatti materiali (idem factum) su quella giuridica (idem crimen). Lo ha affermato nell’ambito delle norme sulla libera concorrenza, precisando la sua precedente giurisprudenza in materia (36).

74.      In udienza (37), il governo italiano ha proposto che, quando il coordinamento tra autorità nazionali non è attuabile, per determinare se vi sia identità dei fatti materiali si devono prendere in considerazione gli interessi generali tutelati dalle norme dei due Stati membri.

75.      Si tratterebbe, se ho ben compreso, di ritornare alla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all’applicazione del ne bis in idem nel settore delle norme sulla concorrenza, che richiedeva, ai fini dell’accertamento dell’esistenza dell’idem, l’identità dei fatti materiali e degli interessi giuridici tutelati. Ritengo tuttavia che tale tesi sia stata superata dalle sentenze bpost e Nordzücker.

76.      Spetta al Consiglio di Stato stabilire se, nel caso di specie, i fatti siano identici sotto il profilo sostanziale e temporale. Nella sua ordinanza di rinvio, esso menziona «l’analogia, se non l’identità» dei fatti sanzionati, per poi sottolineare l’«omogeneità delle condotte», poiché in entrambi i procedimenti sono stati sanzionati comportamenti concernenti la commercializzazione di veicoli con dispositivi truccati e la pubblicità che evidenziava il rispetto della normativa ambientale (38).

77.      La Corte può tuttavia fornire al giudice del rinvio i seguenti elementi di riflessione su tale punto:

–      l’analisi, dettagliata e specifica, dei comportamenti sanzionati deve risultare in una constatazione della loro identità, non della mera analogia;

–      in caso di cumulo transfrontaliero di procedimenti e di sanzioni, l’identità territoriale, fattore che può tuttavia servire ad altri fini, non è indispensabile (39). Questo stesso fattore consentirà di eliminare i sospetti di «scelta interessata» dell’autorità sanzionatoria competente (40);

–      la procura di Braunschweig, pur sottolineando che l’assenza di supervisione è la causa degli illeciti commessi dalla VWAG in tutto il mondo tra il 2007 e il 2015, prende in considerazione, quali fatti rilevanti, la commercializzazione in altri paesi (tra cui l’Italia) di veicoli dotati del sistema informatico di manipolazione nonché la pubblicità ingannevole finalizzata alla vendita di tali automobili (41);

–      il nesso tra questi tre elementi sembra chiaro, anche se sarà il giudice del rinvio a dover decidere se esso sia sufficiente per concludere nel senso dell’identità dei fatti materiali. La procura di Braunschweig indica precisamente che la sua ordinanza osterebbe, a causa del principio del «ne bis in idem», all’adozione di sanzioni in altri Stati nei confronti della VWAG per questi stessi comportamenti (42).

78.      Se il giudice del rinvio ritenesse, alla luce di tali considerazioni, che l’idem factum sia integrato, la duplicazione dei procedimenti costituirebbe, in linea di principio e fatto salvo quanto sarà esaminato in prosieguo, una violazione del diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta (43).

E.      Sulla terza questione pregiudiziale

79.      Il Consiglio di Stato chiede se la direttiva 2005/29 [in particolare i suoi articoli 3, paragrafo 4, e 13, paragrafo 2, lettera e)] possa giustificare «una deroga al divieto di “ne bis in idem” stabilito dall’articolo 50 della Carta».

80.      Ho già indicato (44) le ragioni per le quali ritengo che gli articoli 3, paragrafo 4, e 13, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2005/29 non si applicano in questa sede. Farò dunque riferimento unicamente all’articolo 50 della Carta e alle possibilità di ricorrere al suo articolo 52, paragrafo 1, prima frase, per ammettere una deroga a tale divieto.

81.      Secondo giurisprudenza costante della Corte, una limitazione al diritto fondamentale garantito dall’articolo 50 della Carta può essere giustificata sul fondamento dell’articolo 52, paragrafo 1 (45), della stessa, a determinate condizioni: i) che esista una previsione di legge; ii) che sia rispettato il contenuto essenziale del diritto; iii) che sussista un motivo di interesse generale o la necessità di tutelare un diritto fondamentale; e iv) che la limitazione rispetti i principi di necessità e proporzionalità.

1.      Previsione di legge

82.      Spetta al giudice del rinvio verificare se, come sembra emergere dalla sua ordinanza, l’intervento della procura di Braunschweig e dell’AGCM italiana sia conforme a quanto previsto dalla legge.

83.      Non sembrano esservi dubbi al riguardo, dato che l’AGCM ha applicato il codice del consumo e la Procura di Braunschweig l’OWiG.

2.      Rispetto del contenuto essenziale del diritto di «ne bis in idem»

84.      Il giudice del rinvio non sembra nutrire dubbi nemmeno sul rispetto di tale requisito nella controversia di cui è investito.

3.      Tutela di finalità di interesse generale

85.      L’eccezione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, al divieto di essere giudicato o punito due volte per gli stessi fatti deve rispondere a una o più finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

86.      Come ho già rilevato, l’identità degli interessi giuridici tutelati dalle norme in forza delle quali vengono inflitte le due sanzioni non è più rilevante ai fini della qualificazione dell’idem (46).

87.      Tuttavia, a partire dalla sentenza Menci, questi stessi interessi giuridici possono essere rilevanti ai fini dell’applicazione delle eccezioni fondate sull’articolo 52 della Carta. È necessario che le norme tutelino interessi generali complementari, ma non identici. Se i due procedimenti nazionali avessero come obiettivo la tutela del medesimo interesse generale, la complementarietà cesserebbe e il loro cumulo non potrebbe essere giustificato dall’articolo 52 della Carta (47).

88.      Nel caso di specie, la normativa tedesca e quella italiana non sembrano perseguire obiettivi identici, bensì complementari:

–      la finalità dell’articolo 130 dell’OWiG è che le imprese e i loro dipendenti agiscano nel rispetto della legge e, pertanto, sanziona l’inadempimento negligente dell’obbligo di vigilanza nel contesto di un’attività imprenditoriale. Questo proposito risponde alla finalità di interesse generale di garantire un buon funzionamento del mercato, analoga a quella che è stata confermata dalle sentenze della Corte (48);

–      le norme del codice del consumo applicate dall’AGCM recepiscono la direttiva 2005/29. Il loro obiettivo è garantire un livello elevato di tutela dei consumatori, ai sensi dell’articolo 1 di detta direttiva, contribuendo nel contempo al buon funzionamento del mercato interno.

89.      Si tratta quindi di finalità che si integrano: il rispetto dell’obbligo di vigilanza delle imprese favorisce la tutela dei diritti dei consumatori che acquistano i loro prodotti. Entrambe ribadisco, rispondono a considerazioni di interesse generale, come la Corte ha avuto occasione di confermare (49).

4.      Proporzionalità e necessità della limitazione

90.      La limitazione del principio del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta deve, inoltre, essere proporzionata e necessaria.

91.      La Corte ha fissato una dottrina generale sulla proporzionalità e sulla necessità della limitazione qui controversa, esemplificata dalle considerazioni che trascrivo di seguito:

–      il rispetto del principio di proporzionalità «richiede che il cumulo di procedimenti e di sanzioni previsto da una normativa nazionale (...) non superi i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti» (50);

–      «le autorità pubbliche possono legittimamente optare per risposte giuridiche complementari a determinati comportamenti nocivi per la società mediante diversi procedimenti che formano un insieme coerente in modo da trattare sotto i suoi diversi aspetti il problema sociale in questione, purché tali risposte giuridiche combinate non rappresentino un onere eccessivo per la persona di cui trattasi (...) Pertanto, il fatto che due procedimenti perseguano obiettivi di interesse generale distinti, che è legittimo tutelare cumulativamente, può essere preso in considerazione, nell’ambito dell’analisi della proporzionalità di un cumulo di procedimenti e di sanzioni, quale fattore diretto a giustificare tale cumulo, a condizione che tali procedimenti siano complementari e che l’onere supplementare rappresentato da detto cumulo possa così essere giustificato dai due obiettivi perseguiti» (51);

–      quanto al carattere strettamente necessario del cumulo, «occorre valutare se esistano norme chiare e precise che consentano di prevedere quali atti e quali omissioni possano costituire l’oggetto di un cumulo di procedimenti e di sanzioni nonché il coordinamento tra le diverse autorità, se i due procedimenti siano stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo e se la sanzione eventualmente inflitta in occasione del primo procedimento sul piano cronologico sia stata presa in considerazione al momento della valutazione della seconda sanzione, di modo che gli oneri derivanti, a carico degli interessati, da un cumulo del genere siano limitati a quanto strettamente necessario e che il complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità delle infrazioni commesse» (52);

–      «il fatto d’invocare una siffatta giustificazione richiede che sia dimostrato che il cumulo di procedimenti di cui trattasi sia strettamente necessario, tenendo conto in tale contesto, in sostanza, dell’esistenza di un nesso temporale e materiale sufficientemente stretto tra i due procedimenti di cui trattasi (...)» (53).

92.      In definitiva, la Corte di giustizia richiede che si analizzi il rispetto di questi tre criteri:

–      chiarezza e precisione delle norme che causano il cumulo dei procedimenti e delle sanzioni;

–      coordinamento delle procedure sanzionatorie, che devono presentare un nesso materiale e temporale sufficientemente stretto per ridurre a quanto strettamente necessario l’onere supplementare connesso al cumulo di procedimenti di natura penale che si svolgono in modo indipendente;

–      garanzia che la severità del complesso delle sanzioni imposte corrisponda alla gravità dell’infrazione.

93.      Spetta ancora una volta al giudice del rinvio verificare, alla luce di tutte le circostanze, se questi tre criteri siano soddisfatti nella controversia a quo. Tuttavia, al fine di fornirgli una risposta utile, la Corte potrebbe offrirgli le seguenti precisazioni.

a)      Chiarezza e precisione delle norme relative al cumulo dei procedimenti e delle sanzioni

94.      L’ordinanza di rinvio non contiene norme nazionali, italiane o tedesche, che prevedano specificamente la possibilità (e le condizioni) di avviare procedimenti simultanei e di irrogare sanzioni indipendenti per gli stessi fatti, qualora questi si svolgano in due Stati membri.

95.      Altra cosa è affermare che tanto l’OWiG quanto le disposizioni del codice del consumo italiano sulle pratiche commerciali scorrette costituiscano basi giuridiche solide per l’istruzione delle procedure e per l’imposizione di sanzioni. Come ho già esposto, la chiarezza e la precisione di tali norme non sembrano sollevare dubbi.

96.      In tale prospettiva, la VWAG poteva prevedere e attendersi di essere sanzionata nei due Stati membri (e in altri) per il suo comportamento riguardante la manipolazione dei motori, la vendita di autovetture con tali motori e la pubblicità che occultava la manipolazione.

b)      Severità dellinsieme delle sanzioni imposte

97.      Dagli elementi del fascicolo risulta che il cumulo della sanzione italiana con la sanzione tedesca non sarebbe sproporzionato rispetto al comportamento punibile, tenuto conto del fatturato della VWAG e del vantaggio economico ottenuto da tale impresa multinazionale in conseguenza della manipolazione dei motori (stimato in EUR 995 milioni).

98.      La sanzione imposta dall’autorità tedesca è di EUR 1 miliardo e quella imposta dall’autorità italiana è di EUR 5 milioni. La somma di entrambe non appare quindi eccessiva per la repressione del comportamento sanzionato.

99.      È vero che la sanzione tedesca comprende una parte «punitiva» in senso stretto e un’altra che corrisponde alla neutralizzazione degli utili realizzati dalla VWAG. Tuttavia, tale circostanza non impedisce, di per sé, di poter affermare che si tratta di una sanzione di importo elevato. Lo stesso vale per la sanzione dell’AGCM, che è la sanzione massima che poteva essere inflitta conformemente alla normativa italiana che ha recepito la direttiva 2005/29.

100. In ogni caso, ripeto, il cumulo di sanzioni non appare sproporzionato rispetto alla gravità dell’infrazione commessa e agli utili realizzati dalla VWAG.

c)      Coordinamento delle procedure

101. Il coordinamento tra le procedure sanzionatorie tedesca e italiana e la prova di un nesso materiale e temporale sufficientemente stretto tra esse suscita, nel caso di specie, alcuni dubbi.

102. Dedicherò particolare attenzione a tale problema, poiché, lo anticipo, salvo che il giudice del rinvio disponga di ulteriori informazioni in senso diverso, a mio avviso non vi è stato alcun coordinamento tra i due procedimenti istruiti dalla procura di Braunschweig e dall’AGCM italiana.

103. Si potrebbe tutt’al più ammettere che vi sia stato un nesso materiale tra le due procedure e che esse si siano svolte in momenti cronologicamente vicini, ma, ribadisco, il requisito del coordinamento non è stato soddisfatto.

104. Alcuni settori del diritto dell’Unione dispongono di meccanismi di coordinamento delle autorità nazionali (tra di loro e con la Commissione o con un altro organismo dell’Unione) al fine di agevolare la cooperazione, la reciproca assistenza e lo scambio di informazioni, in particolare per quanto riguarda l’istruzione delle procedure sanzionatorie:

–      nel settore del diritto della concorrenza, nell’ambito della rete europea delle autorità garanti della concorrenza (54);

–      nel settore della cooperazione giudiziaria penale, tramite l’intervento di Eurojust (55).

105. Tali meccanismi facilitano l’applicazione del principio del «ne bis in idem» evitando la duplicazione dei procedimenti sanzionatori per i medesimi fatti in controversie transfrontaliere che coinvolgono più Stati membri (56).

106. Per contro, nella presente controversia, non esisteva uno specifico meccanismo di coordinamento a disposizione di autorità nazionali dotate di poteri eterogenei.

107. È vero che il regolamento (UE) n. 2006/2004 (57), applicabile all’epoca dei fatti, poi sostituito dal regolamento 2017/2394, prevede uno strumento di cooperazione e di coordinamento tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori. L’AGCM è una di tali autorità e potrebbe utilizzare tale strumento, ma ciò non valeva nel caso della procura di Braunschweig (58).

108. In risposta ai quesiti della Corte, le parti hanno fornito in udienza le seguenti informazioni:

–      la procura di Braunschweig ha tentato, in seno a Eurojust, di evitare il cumulo dei procedimenti penali a carico della VWAG in vari Stati membri. A seguito di una riunione di coordinamento presso la sede di Eurojust tenutasi a l’Aia il 10 marzo 2016, solo le autorità del Belgio, della Svezia e della Spagna, ma non le autorità italiane, hanno accettato di rinunciare all’azione penale in favore della procura di Braunschweig (59). L’AGCM non è intervenuta in tale tentativo di coordinamento dei procedimenti penali a carico della VWAG;

–      la procura di Braunschweig era a conoscenza del provvedimento sanzionatorio dell’AGCM nei confronti della VWAG e della VWGI, adottato il 4 agosto 2016, dal 9 agosto 2016. Tale procura aveva avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti della VWAG il 14 aprile 2016. I procedimenti sanzionatori della Germania e dell’Italia sono stati quindi condotti parallelamente per meno di quattro mesi;

–      non vi è stato alcun coordinamento tra la procura di Braunschweig e l’AGCM.

109. In ogni caso, ciò che il presente rinvio mette in evidenza, a mio avviso, è la difficoltà di applicare la giurisprudenza della Corte che accetta limitazioni all’articolo 50 della Carta fondate sul suo articolo 52 a casi come il presente.

110. In particolare, sembra difficile che il requisito del coordinamento possa essere rispettato quando si tratta di un cumulo di procedimenti e di sanzioni, da parte di autorità nazionali di due Stati aventi competenze in settori diversi, per i quali il diritto dell’Unione non prevede meccanismi di coordinamento specifici (60).

111. Inoltre, la giurisprudenza della Corte relativa al requisito del coordinamento tra autorità in presenza di cumulo di procedimenti e di sanzioni potrebbe avere, in questi casi, un effetto paradossale:

–      i meccanismi di coordinamento istituiti dal diritto dell’Unione mirano a favorire il divieto di violazione del principio del «ne bis in idem», vale a dire evitare che una stessa persona sia giudicata o sanzionata penalmente due volte per gli stessi fatti;

–      al contrario, la giurisprudenza della Corte applica il criterio del coordinamento delle procedure sanzionatorie, che devono presentare un nesso materiale e temporale sufficientemente stretto, al fine di consentire l’applicazione di eccezioni all’esercizio del diritto fondamentale tutelato dall’articolo 50 della Carta.

112. È forse per queste, o per ragioni analoghe, che, in udienza, il governo italiano ha proposto, in subordine (61), di non applicare il requisito del coordinamento, richiedendo soltanto che si verificasse la proporzionalità del cumulo delle sanzioni. La Commissione, a sua volta, ha invitato a procedere ad un’interpretazione flessibile del requisito del coordinamento, giungendo ad affermare che il criterio del coordinamento non sarebbe stato necessario in casi come quello di specie (62).

113. Da parte mia, non nutro troppe speranze sul fatto che la Corte modifichi la sua giurisprudenza in materia. Se questa Corte non ha condiviso la posizione che ho sostenuto nelle mie conclusioni nella causa Menci (63), né le successive critiche dell’avvocato generale Bobek (64) in relazione al criterio fissato nella sentenza Menci (poi riaffermato nelle sentenze bpost e Nordzücker), è improbabile che lo farà stavolta.

114. Pertanto, la Corte di giustizia ha a disposizione tre soluzioni:

–      o non tiene conto, in casi come quello di specie, del requisito del coordinamento tra le procedure sanzionatorie, procedendo così sulla via dell’erosione del contenuto dell’articolo 50 della Carta, ampliando la portata delle eccezioni a quest’ultimo;

–      oppure relativizza la necessità di un siffatto criterio, sulla linea adottata dalla Commissione, rendendolo, in pratica, irriconoscibile;

–      oppure insiste sul fatto che la duplicazione di procedimenti sanzionatori tra autorità nazionali di Stati diversi e settori di competenza differenti è parimenti soggetta al requisito del coordinamento, quale mezzo per giustificare la limitazione al «ne bis in idem» sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

115. La coerenza con la precedente giurisprudenza della Corte militerebbe, a mio parere, a favore della terza soluzione. Tanto per questo motivo quanto perché l’applicazione dell’articolo 50 della Carta mi sembra prevalere e perché ritengo che l’articolo 52, paragrafo 1, di quest’ultima non riguardi la moltiplicazione di procedimenti avviati e di sanzioni imposte da autorità nazionali di diversi settori a una stessa persona per fatti identici, qualora non esista un coordinamento sufficiente tra le azioni di queste ultime, tale soluzione è anche quella che propongo per la presente causa.

V.      Conclusione

116. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale del Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:

«L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dev’essere interpretato nel senso che:

–      una sanzione amministrativa pecuniaria irrogata dall’autorità nazionale competente per la tutela dei consumatori a una persona giuridica che si è resa colpevole di pratiche commerciali scorrette, il cui importo ammonta a EUR 5 milioni, ha natura sostanzialmente penale, ai sensi di tale disposizione;

–      una sanzione amministrativa pecuniaria di natura sostanzialmente penale, irrogata a una persona giuridica che si è resa colpevole di pratiche commerciali scorrette, viola, in linea di principio, l’articolo 50 della Carta qualora, per fatti identici, tale persona giuridica sia già stata oggetto di una precedente condanna penale in un altro Stato membro, divenuta definitiva;

–      non è ammissibile la limitazione del diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, qualora il cumulo contemporaneo di procedimenti avviati e di sanzioni applicate da autorità nazionali di due o più Stati membri, competenti in settori diversi, abbia avuto luogo senza un coordinamento sufficiente».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Si tratta, da un lato, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Italia (in prosieguo: l’«AGCM») e, dall’altro, della Procura di Braunschweig, Germania.


3      Fino ad oggi, la Corte ha statuito su cause relative al «ne bis in idem» in cui erano contestualmente presenti sanzioni di diverse autorità nazionali di uno stesso Stato membro [come quella esaminata nella sentenza del 22 marzo 2022, bpost (C‑117/20, EU:C:2022:202; in prosieguo: la «sentenza bpost»), in cui intervenivano le autorità belghe di regolamentazione dei servizi postali e di tutela della concorrenza]. Essa ha altresì statuito su domande di pronuncia pregiudiziale in casi in cui le sanzioni promanavano da autorità nazionali garanti della concorrenza di due Stati membri [sentenza del 22 marzo 2022, Nordzucker (C‑151/20, EU:C:2022:203); in prosieguo: la «sentenza Nordzucker»].


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2005, L 149, pag. 22).


5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (GU 2019, L 328, pag. 7).


6      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori e che abroga il regolamento (CE) n. 2006/2004 (GU 2017, L 345, pag. 1).


7      Decreto legislativo n. 206 – Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229, del 6 settembre 2005 (supplemento ordinario alla GURI n. 235, dell’8 ottobre 2005; in prosieguo: il «codice del consumo»).


8      Si tratta di un dispositivo installato su veicoli equipaggiati con motori Volkswagen nei quali era stato installato un software in grado di riconoscere quando il veicolo si trovava sul banco di prova per il test delle emissioni inquinanti, di modo che in quel momento esso funzionasse in modo inquinante, al fine di diminuire le emissioni di gas. Una volta superati i test, nel normale utilizzo il veicolo recuperava il suo livello di emissioni, ben superiore a quello legalmente autorizzato. Tale dispositivo è vietato dall’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo (GU 2007, L 171, pag. 1). V. al riguardo le sentenze del 17 dicembre 2020, CLCV e a. (Impianto di manipolazione su motore diesel) (C‑693/18, EU:C:2020:1040); del 14 luglio 2022, GSMB Invest (C‑128/20, EU:C:2022:570); e del 14 luglio 2022, Porsche Inter Auto e Volkswagen (C‑145/20, EU:C:2022:572).


9      La decisione tedesca reca il riferimento «NZS 411 JS 27840/18».


10      L’associazione Codacons (Coordinamento delle associazioni per la tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e consumatori) interviene nel procedimento originario a sostegno delle tesi dell’AGCM.


11      Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen il 19 giugno 1990 ed entrata in vigore il 26 marzo 1995 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: «CAAS»). Ai sensi dell’articolo 54: «Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».


12      Sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982), punto 78 e giurisprudenza ivi citata; del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193; in prosieguo: la «sentenza Garlsson Real Estate», punto 23); e del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punti 19 e 21).


13      Ciò è quanto ha sostenuto la VWGI in udienza.


14      «In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme comunitarie che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici».


15      Ciò è quanto affermano le sentenze del 13 settembre 2018, Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:710), punti 58 e 59; e del 16 luglio 2015, Abcur (C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481), punto 79.


16      Rinvio all’analisi che ho svolto nelle mie conclusioni nella causa Wind Tre e Vodafone Italia (C‑54/17 e C‑55/17, EU:C:2018:377), paragrafi da 92 a 119.


17      Il nuovo paragrafo è riprodotto, in parte, al paragrafo 10 delle presenti conclusioni.


18      Così dispone l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2019/2161.


19      Sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem) (C‑435/22 PPU, EU:C:2022:852), punto 76.


20      Sentenze bpost, punto 24; Nordzucker, punto 28; e del 20 marzo 2018, Menci (C‑524/15, EU:C:2018:197; in prosieguo: la «sentenza Menci», punto 25).


21      In prosieguo: la «Corte EDU».


22      Sentenza dell’8 giugno 1976, Engel e a. c. Paesi Bassi [ricorsi nn. 5100/71, 5101/71, 5102/71, 5354/72 e 5370/72 (CE:ECHR:1976:0608JUD000510071)].


23      Sentenze del 5 giugno 2012, Bonda (C‑489/10, EU:C:2012:319), punto 37; Menci, punti 26 e 27; nonché bpost, punto 25.


24      Sentenze Menci, punto 30; bpost, punto 26; e Nordzucker, punto 31.


25      Sentenza Garlsson Real Estate, punto 33. Nelle mie conclusioni in tale causa (C‑537/16, EU:C:2017:668), paragrafo 64, e nelle mie conclusioni del 12 settembre 2017, Menci (C‑524/15, EU:C:2017:667), paragrafo 113, ho indicato che qualsiasi sanzione ha, in realtà, una componente repressiva e il suo effetto preventivo o dissuasivo deriva appunto dalla punizione che essa comporta. Nello stesso senso, v. sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) (C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 89).


26      Rinvio alle conclusioni che ho presentato nella causa Menci (C‑524/15, EU:C:2017:667). In quella sede ho sostenuto che «(...) dal momento che le sanzioni amministrative e quelle penali sono espressioni dello ius puniendi dello Stato, non vedo come si possa negare alle prime (se non mediante una costruzione artificiale, meramente dogmatica) la doppia natura preventiva e repressiva, che le rende simili alle norme strettamente penali (...) qualsiasi sanzione ha, in realtà, una componente repressiva e il suo effetto preventivo o dissuasivo deriva appunto dalla punizione che essa comporta» (paragrafo 113).


27      Lo stesso massimale (EUR 5 milioni) aveva la sanzione prevista all’articolo 187 ter della legge applicabile, che la Corte, nella sentenza Garlsson Real Estate, ha qualificato come una sanzione amministrativa di natura penale, anche se in quella causa intervenivano altri fattori.


28      L’AGCM sottolinea che la sanzione rappresenta solo lo 0,0068% del fatturato della VWAG nel 2015 (EUR 73 510 milioni) e lo 0,12% del fatturato della VWGI e che, se si fosse trattato di un’ammenda per violazione delle norme sulla concorrenza, essa avrebbe raggiunto il 10% del fatturato.


29      Come ho già indicato, dopo l’adozione della direttiva 2019/2161, l’importo massimo delle sanzioni sarà «almeno pari al 4% del fatturato annuo del professionista nello Stato membro o negli Stati membri interessati (...)». Sarà quindi possibile adottare ammende per pratiche commerciali scorrette di importi ampiamente superiore a quelli attuali laddove si tratti di imprese nazionali o multinazionali con fatturati elevati.


30      Sentenza bpost, punto 28.


31      Sentenza bpost, punto 29.


32      È una mera congettura supporre che la rinuncia a impugnare la sanzione tedesca rientri in una strategia dell’impresa finalizzata, sulla base del principio del «ne bis in idem», a paralizzare o disattivare i procedimenti sanzionatori avviati contro la VWAG in altri Stati membri. La Commissione rileva il rischio di favorire il forum shopping da parte delle imprese multinazionali che, invocando l’articolo 50 della Carta, potrebbero andare alla ricerca della sanzione nello Stato membro con il regime più benevolo e sfuggire così alle sanzioni per gli stessi fatti negli altri Stati membri. In udienza, l’AGCM ha affermato di non avere motivi per sostenere che la strategia della VWAG perseguisse tale obiettivo, il che è stato confermato da tale impresa, che ha sostenuto che sarebbe illogico accettare una sanzione pecuniaria tanto severa quanto quella inflitta in Germania per evitarne un’altra di importo molto inferiore.


33      Sentenze Menci (punto 35); Garlsson Real Estate e a., punto 37; bpost, punto 33.


34      Sentenze della Corte EDU del 10 febbraio 2009, Sergueï Zolotoukhine c. Russia (CE:ECHR:2009:0210JUD001493903), § § 83 e 84; e del 20 maggio 2014, Pirttimäki c. Finlandia (CE:ECHR:2014:0520JUD003523211), § da 49 a 52, ai quali fa riferimento la sentenza bpost, punti 36 e 37.


35      Sentenze Menci, punto 36; Garlsson Real Estate, punto 38; e bpost, punto 34.


36      V. Van Cleynenbreugel, P., «bpost and Nordzücker: Searching for the essence of the ne bis in idem in European Union Law», European Constitutional Law Review, 2022, n. 3, pagg. 361 e 362.


37      Anche l’AGCM ha insistito, in udienza, sulla differenza tra gli interessi generali tutelati dalla norma tedesca e quelli salvaguardati dalla norma italiana, quale argomento per mettere in dubbio l’esistenza dell’idem.


38      Ordinanza di rinvio, punti 1.7 e 1.8.


39      La maggiore difficoltà nella constatazione dell’identità in questa ipotesi si evince dalla sentenza Nordzücker, punto 46: «Nell’ambito di tale valutazione occorre, in particolare, esaminare se le valutazioni giuridiche effettuate dall’autorità tedesca sulla base degli elementi di fatto constatati nella sua decisione definitiva si riferissero esclusivamente al mercato tedesco o anche al mercato austriaco dello zucchero. È altresì rilevante se, ai fini del calcolo dell’ammenda sulla base del fatturato realizzato sul mercato interessato dall’infrazione, l’autorità tedesca abbia assunto come base di calcolo unicamente il fatturato realizzato in Germania (v., per analogia, sentenza del 14 febbraio 2012, Toshiba Corporation e a., C‑17/10, EU:C:2012:72, punto 101)».


40      V. supra, nota 32.


41      Essa afferma espressamente che la vendita dei veicoli con motori truccati in altri Stati, Italia compresa, è stata presa in considerazione al momento dell’irrogazione della sanzione alla VWAG.


42      Il giudice del rinvio deve tener conto che «(...) la mera circostanza che un’autorità di uno Stato membro menzioni, in una decisione che constata un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione nonché alle corrispondenti disposizioni del diritto di tale Stato membro, un elemento di fatto che riguarda il territorio di un altro Stato membro non può essere sufficiente per ritenere che tale elemento di fatto sia all’origine del procedimento o sia stato considerato da tale autorità tra gli elementi costitutivi di tale infrazione» (sentenza Nordzücker, punto 44).


43      Sentenza bpost, punti 38 e 39.


44      V. paragrafi da 36 a 39 delle presenti conclusioni.


45      Sentenze del 27 maggio 2014, Spasic (C‑129/14 PPU, EU:C:2014:586), punti 55 e 56; Menci, punto 40; bpost, punto 41; nonché Nordzücker, punto 49.


46      Sentenza bpost, punto 34: «dalla giurisprudenza della Corte emerge che la qualificazione giuridica, in diritto nazionale, dei fatti e l’interesse giuridico tutelato non sono rilevanti ai fini della constatazione della sussistenza di uno stesso reato, considerato che la portata della tutela conferita all’articolo 50 della Carta non può variare da uno Stato membro all’altro». Il corsivo è mio.


47      Un esempio in tal senso può trovarsi nella sentenza Nordzücker: «nell’ipotesi in cui due autorità nazionali garanti della concorrenza perseguissero e sanzionassero gli stessi fatti al fine di garantire il rispetto del divieto di intese in applicazione dell’articolo 101 TFUE e delle corrispondenti disposizioni del loro rispettivo diritto nazionale, tali due autorità perseguirebbero lo stesso obiettivo di interesse generale volto a garantire che la concorrenza nel mercato interno non sia falsata da accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate anticoncorrenziali» (punto 56). «In tali circostanze, si deve considerare che un cumulo dei procedimenti e delle sanzioni, quando non perseguono scopi complementari vertenti su aspetti differenti del medesimo comportamento ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 52 della presente sentenza, non può, in ogni caso, essere giustificato ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta» (punto 57).


48      La sentenza bpost, punti da 45 a 47, considera obiettivi di interesse generale la liberalizzazione del mercato interno dei servizi postali e la tutela della libera concorrenza. La sentenza del 20 marzo 2018, Di Puma e Zecca (C‑596/16 e C‑597/16, EU:C:2018:192), punto 42, menziona come obiettivi di interesse generale la tutela dell’integrità dei mercati finanziari e della fiducia del pubblico negli strumenti finanziari.


49      Che la protezione dei consumatori costituisca una finalità di interesse generale lo confermano le sentenze bpost, punto 27, e Nordzücker, punti 51 e 52, oltre a trovare fondamento degli articoli 12 TFUE, 114 TFUE e 169 TFUE nonché nell’articolo 38 della Carta.


50      Sentenze Menci (punto 46); bpost, punto 48; e del 5 maggio 2022, BV (C‑570/20, EU:C:2022:348), punto 34.


51      Sentenza bpost, punto 49. In questo passaggio la Corte cita la sentenza della Corte EDU del 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia (EC:ECHR:2016:1115JUD002413011, § § 121 e 132). Ciononostante, la logica di tale sentenza non è stata interamente seguita dalla Corte di giustizia: la Corte EDU ritiene che, nel caso di due procedimenti di natura penale strettamente connessi, non vi è violazione del «ne bis in idem», mentre una siffatta violazione sussiste per la Corte di giustizia, ma può essere giustificata ai sensi dell’articolo 52 della Carta.


52      Sentenze Menci, punti 49, 52, 53, 55 e 58; e bpost, punto 51; nonché sentenza della Corte EDU del 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, (CE:ECHR:2016:1115JUD 002413011), §§ da 130 a 132. Per una critica dettagliata della sentenza Menci, v. conclusioni dell’avvocato generale Bobek nelle cause bpost (EU:C:2021:680) e Nordzucker (EU:C:2021:681); in particolare, i paragrafi da 101 a 117 delle prime.


53      Sentenze Menci, punto 61; e bpost, punto 53; nonché, per analogia, sentenza della Corte EDU, del 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia (CE:ECHR:2016:1115JUD002413011), § 130.


54      V. la comunicazione della Commissione sulla cooperazione nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza (GU 2004, C 101, pag. 43).


55      Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio (GU 2018, L 295, pag. 138).


56      Il caso della sentenza Nordzücker ne costituisce valida prova.


57      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori («Regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori») (GU 2004, L 364, pag. 1).


58      V. l’elenco di tali autorità al link https://commission.europa.eu/system/files/2021-01/designated_bodies_18jan2021.pdf.


59      Tanto risulta dalla sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) del 20 settembre 2021 (ES:TS:2021:3449).


60      Questa difficoltà è stata già segnalata dall’avvocato generale Bobek nelle sue conclusioni nella causa bpost (EU:C:2021:680, paragrafo 115: «(...) qualora il cumulo dei procedimenti di cui trattasi coinvolga una serie di regimi amministrativi paralleli e, soprattutto, più di uno Stato membro o più autorità degli Stati membri e dell’Unione europea, è possibile che le indicazioni in merito all’opportunità di sistemi a binario unico abbandonino repentinamente il mondo dei desideri e raggiungano il regno della fantascienza». Dopo aver richiamato l’esistenza di sistemi di reti di autorità amministrative nazionali e dell’Unione e le difficoltà di coordinamento esistenti nonostante ciò, affermava (paragrafo 116 di tali conclusioni) che, «[s]e questa è la situazione in cui si trovano reti specifiche ed espressamente disciplinate nell’Unione europea, non è immediatamente evidente in che modo ci si possa ragionevolmente attendere che sia raggiunto il necessario livello di coordinamento in vari settori del diritto, all’interno di organi distinti e in Stati membri diversi».


61      La tesi principale del governo italiano è che non vi sia stata violazione dell’articolo 50 della Carta, cosicché non è necessario ricorrere al suo articolo 52.


62      La Commissione ha proposto, in definitiva, che il requisito si applica in funzione dell’esistenza di meccanismi di coordinamento o di scambio di informazioni. L’assenza di tali meccanismi comporterebbe che si debba accettare un’eccezione al divieto di violazione del principio del «ne bis in idem».


63      Paragrafo 72: «[s]e nella giurisprudenza della Corte si era consolidato un orientamento secondo cui due procedimenti, paralleli o successivi, che sfocino in due sanzioni materialmente penali, per gli stessi fatti, continuano ad essere due (bis) e non uno, non ravviso validi motivi per abbandonare tale orientamento». Al paragrafo 73 ho aggiunto che «introdurre nel diritto dell’Unione un criterio di interpretazione dell’articolo 50 della Carta fondato sul maggiore o minore nesso materiale e temporale tra alcuni procedimenti (quelli penali) e altri (quelli amministrativi sanzionatori) aggiungerebbe notevole incertezza e complessità al diritto delle persone di non essere giudicate né condannate due volte per gli stessi fatti. I diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta devono essere di facile comprensione per tutti e il loro esercizio richiede una prevedibilità e una certezza che, a mio parere, non sono compatibili con un simile criterio».


64      Al paragrafo 109 delle sue conclusioni nella causa bpost, afferma che «l’applicazione del principio del ne bis in idem cessa di basarsi su un criterio ex ante normativamente definito. Esso, diventa, invece, un criterio correttivo ex post, che può trovare o meno applicazione a seconda delle circostanze e dell’importo esatto delle sanzioni inflitte». Al paragrafo 111, rileva che «i requisiti di un criterio che non è destinato a una tutela ex ante, bensì a una correzione ex post, sono necessariamente circostanziali».