Language of document : ECLI:EU:T:2009:530

Cause riunite T‑440/03, T‑121/04, T‑171/04, T‑208/04, T‑365/04 e T‑484/04

Jean Arizmendi e altri

contro

Consiglio dell’Unione europea e Commissione europea

«Responsabilità extracontrattuale — Unione doganale — Procedimento per inadempimento — Parere motivato — Soppressione nella legislazione francese del monopolio del corpo dei mediatori interpreti e conduttori di navi — Violazione sufficientemente qualificata — Nesso causale»

Massime della sentenza

1.      Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Illegittimità — Mancato avvio da parte della Commissione di un procedimento per inadempimento

(Artt. 226 CE e 288, secondo comma, CE)

2.      Ricorso per risarcimento danni — Autonomia rispetto al ricorso di annullamento — Oggetto

(Artt. 226, primo comma, CE e 288, secondo comma, CE)

3.      Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli

(Artt. 226 CE e 288, secondo comma, CE)

4.      Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Nesso causale — Nozione

(Artt. 226 CE e 288, secondo comma, CE)

5.      Ricorso per inadempimento — Procedimento precontenzioso — Oggetto

(Art. 226 CE)

1.      Un ricorso per risarcimento danni fondato sul mancato avvio da parte della Commissione di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE è irricevibile. Infatti, poiché la Commissione non è tenuta ad avviare un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, la sua decisione di non dare avvio a tale procedimento non è in ogni caso illegittima, cosicché non può far sorgere la responsabilità extracontrattuale della Comunità. Pertanto, poiché non sussiste alcun obbligo per la Commissione di avviare un procedimento per inadempimento, il mancato avvio dello stesso non può far sorgere la responsabilità della Comunità.

(v. punto 62)

2.      L’azione risarcitoria è un rimedio giurisdizionale autonomo, dotato di una sua particolare funzione nell’ambito del regime dei mezzi di tutela giurisdizionale. Essa ha per oggetto la richiesta di risarcimento di un danno derivato da un atto oppure da un comportamento illecito imputabile ad un’istituzione.

Pertanto, a prescindere dalla questione se costituisca un atto impugnabile con un ricorso di annullamento, qualsiasi atto di un’istituzione, ancorché adottato dalla stessa nell’esercizio di un potere discrezionale, può, in linea di principio, essere oggetto di un ricorso per risarcimento danni. Il potere discrezionale di cui dispone un’istituzione non comporta, infatti, una dispensa dall’obbligo di agire in conformità sia delle norme giuridiche di rango superiore, quali il Trattato e i principi generali di diritto comunitario, sia del diritto derivato applicabile. Quando viene messa in discussione con un ricorso per risarcimento danni la legittimità di tale atto può essere valutata a fronte degli obblighi incombenti alla detta istituzione. Un approccio contrario sarebbe incompatibile con una Comunità di diritto e priverebbe il ricorso per risarcimento danni della sua efficacia pratica, in quanto impedirebbe al giudice di valutare la legittimità di un atto di un’istituzione in occasione di tale ricorso.

Di conseguenza, pur se, nell’ambito dei poteri conferitile dall’art. 226 CE, la Commissione valuta liberamente l’opportunità di proporre o meno un ricorso per inadempimento contro uno Stato membro senza dover giustificare la propria scelta, e può quindi rivolgere a quest’ultimo nelle stesse condizioni un parere motivato nell’esercizio delle proprie competenze, tuttavia non si può escludere che, in circostanze del tutto eccezionali, una persona possa dimostrare che detto parere motivato è viziato da un’irregolarità che costituisce una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica tale da arrecarle un danno.

Il fatto che un parere motivato della Commissione adottato in forza dell’art. 226, primo comma, CE non costituisca un atto destinato a produrre effetti giuridici vincolanti nei confronti di terzi e, pertanto, che detto parere non sia un atto impugnabile con un ricorso di annullamento non inficia tale valutazione.

(v. punti 64-69)

3.      Quando è in discussione l’illegittimità di un atto giuridico, il sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità è subordinato all’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli. Per quanto riguarda tale condizione, il criterio decisivo per considerare una violazione del diritto comunitario sufficientemente qualificata è quello della violazione grave e manifesta da parte di un’istituzione dei limiti posti al suo potere discrezionale.

Nell’ambito del procedimento per inadempimento previsto dall’art. 226 CE, solo la Corte è competente a dichiarare che uno Stato membro è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario. Pertanto, anche se la Commissione valuta liberamente l’opportunità di avviare un procedimento per inadempimento, l’accertamento da parte sua di tale inadempimento non può essere vincolante. Nei limiti in cui, in un parere motivato, la Commissione si limita a prendere posizione sull’esistenza di un inadempimento da parte di uno Stato membro degli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto comunitario, l’adozione di tale parere non può comportare una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica mirante a conferire diritti ai singoli. Pertanto, neppure una presa di posizione errata della Commissione, in un parere motivato, sulla portata del diritto comunitario può costituire una violazione sufficientemente qualificata atta a fare sorgere la responsabilità della Comunità.

Per contro, se talune valutazioni formulate in un parere motivato vanno al di là dell’accertamento dell’esistenza dell’inadempimento di uno Stato membro o se altri atti compiuti dalla Commissione in occasione di un procedimento per inadempimento travalicano i poteri ad essa conferiti, ad esempio nel caso della divulgazione colposa di segreti commerciali o di informazioni lesive della reputazione di una persona, tali valutazioni o atti possono costituire una violazione atta a far sorgere la responsabilità della Comunità.

(v. punti 74-78)

4.      Nell’ambito di un ricorso per risarcimento danni, la presenza di un nesso di causalità è ammessa quando esiste un rapporto di causa ed effetto sufficientemente diretto fra il comportamento contestato all’istituzione e il danno lamentato, rapporto di cui spetta al ricorrente fornire la prova. Il comportamento contestato deve quindi essere la causa determinante del danno.

Nel contesto del procedimento per inadempimento avviato dalla Commissione ai sensi dell’art. 226 CE, il fatto che nel parere motivato la Commissione ritenga che la normativa nazionale sia incompatibile con il diritto comunitario – e che essa incorra eventualmente in errore a tale proposito – è, in realtà, irrilevante, dato che il suddetto parere motivato non impone allo Stato membro di modificare la sua normativa. Infatti, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, solo una sentenza della Corte potrebbe avere tale effetto vincolante.

Pertanto, in mancanza di effetto vincolante del parere motivato nella parte in cui la Commissione contesta ad uno Stato membro un inadempimento degli obblighi che gli derivano dal diritto comunitario, detto parere non può essere considerato la causa determinante del danno subito a causa della modificazione della normativa nazionale controversa conformemente a tale parere motivato.

(v. punti 85, 90, 92-93)

5.      Il procedimento precontenzioso previsto all’art. 226 CE ha lo scopo di dare allo Stato membro interessato l’opportunità di conformarsi agli obblighi che gli derivano dal diritto comunitario o di sviluppare un’utile difesa contro gli addebiti formulati dalla Commissione. Lo Stato membro non è quindi tenuto a seguire tale parere motivato, anzi, qualora ritenga che la Commissione gli contesti ingiustamente un inadempimento, può non conformarsi a tale parere.

(v. punto 87)