Language of document : ECLI:EU:C:2022:605

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

1° agosto 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Articolo 8, paragrafo 2, e articolo 27, paragrafo 1 – Minore non accompagnato che ha un parente presente legalmente in un altro Stato membro – Rigetto da parte di tale Stato membro della richiesta di presa in carico di tale minore – Diritto a un ricorso effettivo di detto minore o di tale parente avverso la decisione di rigetto – Articoli 7, 24 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Interesse superiore del minore»

Nella causa C‑19/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi), con decisione del 12 gennaio 2021, pervenuta in cancelleria il 13 gennaio 2021, nel procedimento

I,

S

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, K. Jürimäe, C. Lycourgos, I. Jarukaitis e N. Jääskinen, presidenti di sezione, M. Ilešič, J.‑C. Bonichot (relatore), M. Safjan, A. Kumin, M.L. Arastey Sahún, M. Gavalec, Z. Csehi e O. Spineanu‑Matei, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: M. Ferreira, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 gennaio 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per I e S, da N.C. Blomjous e A. Hoftijzer, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e P. Huurnink, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da M. Jacobs e M. Van Regemorter, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

–        per il governo francese, da A.‑L. Desjonquères e D. Dubois, in qualità di agenti;

–        per il governo svizzero, da S. Lauper, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da A. Azema, C. Cattabriga e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 aprile 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, I e S, cittadini egiziani, e, dall’altro, lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «segretario di Stato»), in merito al rifiuto di quest’ultimo di accogliere una richiesta di presa in carico di I presentata dalle autorità greche.

 Contesto normativo

3        I considerando 4, 5, 9, 13, 14, 16, 19 e 39 del regolamento Dublino III così recitano:

«(4)      Secondo le conclusioni [della riunione straordinaria del Consiglio europeo tenutasi a Tampere il 15 e il 16 ottobre 1999], il [sistema europeo comune di asilo (CEAS)] dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(5)      Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande di protezione internazionale.

(...)

(9)      Alla luce dei risultati delle valutazioni effettuate dell’attuazione degli strumenti della prima fase, è opportuno in questa fase ribadire i principi che ispirano il regolamento (CE) n. 343/2003 [del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1)] apportando i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, a migliorare l’efficienza del sistema di Dublino e la protezione offerta ai richiedenti nel contesto di tale sistema. (...)

(...)

(13)      Conformemente alla Convenzione della Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989 e alla [Carta], l’interesse superiore del minore dovrebbe costituire un criterio fondamentale per gli Stati membri nell’applicazione del presente regolamento. (...)

(14)      Conformemente alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e alla [Carta], il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire un criterio fondamentale nell’applicazione, da parte degli Stati membri, del presente regolamento.

(...)

(16)      Per garantire il pieno rispetto del principio dell’unità familiare e dell’interesse superiore del minore, è opportuno che il sussistere di una relazione di dipendenza tra un richiedente e suo figlio, fratello o genitore, a motivo della sua gravidanza o maternità, del suo stato di salute o dell’età avanzata, costituisca un criterio di competenza vincolante. Analogamente è opportuno che anche la presenza in un altro Stato membro di un familiare o parente che possa occuparsene costituisca un criterio di competenza vincolante quando il richiedente è un minore non accompagnato.

(...)

(19)      Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della [Carta]. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito.

(...)

(39)      Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla [Carta]. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della stessa. Il presente regolamento dovrebbe pertanto essere applicato di conseguenza».

4        L’articolo 1 di tale regolamento, intitolato «Oggetto», prevede quanto segue:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (“Stato membro competente”)».

5        L’articolo 2 del regolamento in questione, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(...)

b)      “domanda di protezione internazionale”: la domanda di protezione internazionale quale definita all’articolo 2, lettera h), della direttiva 2011/95/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9)];

(...)

d)      “esame di una domanda di protezione internazionale”: l’insieme delle misure d’esame, le decisioni o le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda di protezione internazionale conformemente alla direttiva 2013/32/UE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60),] e alla direttiva 2011/95/UE ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione del presente regolamento;

(...)

g)      “familiari”: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri:

(...)

–        se il richiedente è minore e non coniugato, il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il richiedente in base alla legge o alla prassi dello Stato membro in cui si trova l’adulto,

(...)

h)      “parenti”: la zia o lo zio, il nonno o la nonna adulti del richiedente che si trovino nel territorio di uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che il richiedente sia figlio legittimo, naturale o adottivo secondo le definizioni del diritto nazionale;

i)      “minore”: il cittadino di un paese terzo o l’apolide di età inferiore agli anni diciotto;

j)      “minore non accompagnato”: il minore che entra nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile per legge o per prassi dello Stato membro interessato, fino a quando non sia effettivamente affidato a un tale adulto; il termine include il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri;

(...)».

6        Ai sensi dell’articolo 5 del medesimo regolamento, intitolato «Colloquio personale»:

«1.      Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell’articolo 4.

(...)

6.      Lo Stato membro che effettua il colloquio personale redige una sintesi scritta dello stesso che contenga almeno le principali informazioni fornite dal richiedente durante il colloquio. Tale sintesi può assumere la forma di una relazione o di un modulo standard. Lo Stato membro provvede affinché il richiedente e/o l’avvocato o altro consulente legale che rappresenta il richiedente abbiano tempestivamente accesso alla sintesi».

7        L’articolo 6 del regolamento Dublino III, intitolato «Garanzie per i minori», così recita:

«1.      L’interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, di tutte le procedure previste dal presente regolamento.

(...)

3.      Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri cooperano strettamente tra loro e tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:

a)      le possibilità di ricongiungimento familiare;

(...)

4.      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato una domanda di protezione internazionale adotta il prima possibile opportune disposizioni per identificare i familiari, i fratelli o i parenti del minore non accompagnato nel territorio degli Stati membri, sempre tutelando l’interesse superiore del minore.

(...)».

8        Nel capo III di tale regolamento, intitolato «Criteri per determinare lo Stato membro competente», figurano gli articoli da 7 a 15.

9        L’articolo 8, paragrafi da 1 a 4, del medesimo regolamento, intitolato «Minori», prevede quanto segue:

«1.      Se il richiedente è un minore non accompagnato, è competente lo Stato membro nel quale si trova legalmente un familiare o un fratello del minore non accompagnato, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Se il richiedente è un minore coniugato il cui coniuge non è legalmente presente nel territorio degli Stati membri, lo Stato membro competente è lo Stato membro in cui si trova legalmente il padre, la madre o un altro adulto responsabile per il minore, per legge o per prassi di detto Stato membro, o un fratello se legalmente presente.

2.      Laddove il richiedente sia un minore non accompagnato che ha un parente presente legalmente in un altro Stato membro e qualora sia accertato in base a un esame individuale che il parente può occuparsi di lui/lei, detto Stato membro provvede al ricongiungimento del minore con il(i) parente(i) ed è lo Stato membro competente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore.

3.      Se familiari, fratelli o parenti di cui ai paragrafi 1 e 2 soggiornano in più di uno Stato membro, lo Stato membro competente è determinato sulla base dell’interesse superiore del minore non accompagnato.

4.      In mancanza di un familiare, di un fratello o di un parente di cui ai paragrafi 1 e 2, è competente lo Stato membro in cui il minore non accompagnato ha presentato la domanda di protezione internazionale, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore».

10      L’articolo 9 dello stesso regolamento, intitolato «Familiari beneficiari di protezione internazionale», così dispone:

«Se un familiare del richiedente, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di beneficiario di protezione internazionale in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, purché gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto».

11      L’articolo 10 del regolamento Dublino III, intitolato «Familiari richiedenti protezione internazionale», stabilisce quanto segue:

«Se un familiare di un richiedente ha presentato in uno Stato membro una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una prima decisione di merito, l’esame della domanda di protezione internazionale compete a detto Stato membro, sempre che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto».

12      L’articolo 21 del regolamento in parola, intitolato «Presentazione di una richiesta di presa in carico», al paragrafo 1 così recita:

«Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda di protezione internazionale e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può chiedere a tale Stato membro di prendere in carico il richiedente quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2.

(...)

Se la richiesta di prendere in carico un richiedente non è formulata entro i termini previsti al primo (...) comma, la competenza dell’esame della domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata».

13      L’articolo 27 del medesimo regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«Il richiedente (...) ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il 23 dicembre 2019, I, cittadino egiziano, ha presentato una domanda di protezione internazionale in Grecia mentre era ancora minorenne. All’atto della domanda, I ha espresso il desiderio di essere ricongiunto con S, suo zio, anch’egli cittadino egiziano, il quale soggiornava regolarmente nei Paesi Bassi e aveva prestato il proprio consenso al riguardo.

15      Il 10 marzo 2020, le autorità greche hanno presentato una richiesta di presa in carico di I presso le autorità dei Paesi Bassi, fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, in considerazione del fatto che un parente dell’interessato, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), di tale regolamento, era presente legalmente nei Paesi Bassi e poteva occuparsi di lui.

16      L’8 maggio 2020, il segretario di Stato ha respinto tale richiesta con la motivazione che l’identità di I e, pertanto, il preteso vincolo di parentela con S non potevano essere dimostrati.

17      Il 28 maggio 2020, le autorità greche hanno presentato una richiesta di riesame in forza dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento n. 343/2003 (GU 2003, L 222, pag. 3). Tale richiesta è stata respinta l’11 giugno 2020.

18      I e S hanno a loro volta parimenti presentato un reclamo presso il segretario di Stato avverso la decisione di rigetto della richiesta di presa in carico.

19      Il 26 giugno 2020, il segretario di Stato ha respinto tale reclamo in quanto manifestamente irricevibile, motivando che il regolamento Dublino III non prevede la possibilità per i richiedenti protezione internazionale di contestare una decisione di rigetto di una richiesta di presa in carico.

20      Lo stesso 26 giugno 2020, I e S hanno proposto dinanzi al rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem, Paesi Bassi) un ricorso di annullamento avverso tale decisione, nell’ambito del quale hanno essenzialmente sostenuto di avere, entrambi, il diritto di presentare un tale ricorso giurisdizionale, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

21      Ciò considerato, il rechtbank Den Haag zittingsplaats Haarlem (Tribunale dell’Aia, sede di Haarlem) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 27 del regolamento [Dublino III], eventualmente in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso impone allo Stato membro richiesto di offrire al richiedente che risiede nello Stato membro richiedente e desidera il trasferimento ai sensi dell’articolo 8 (o degli articoli 9 o 10) del regolamento [Dublino III], o a un parente del richiedente ai sensi degli articoli 8, 9 o 10 del regolamento [Dublino III], un ricorso giurisdizionale effettivo avverso il rigetto della richiesta di presa in carico.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione e ove l’articolo 27 del regolamento [Dublino III] non offra una base per un ricorso effettivo, se l’articolo 47 della Carta – in combinato disposto con il diritto fondamentale all’unità familiare e con l’interesse superiore del minore (sanciti agli articoli da 8 a 10 e al considerando 19 del regolamento [Dublino III]) – debba essere interpretato nel senso che esso impone allo Stato membro richiesto di offrire al richiedente che risiede nello Stato membro richiedente e desidera il trasferimento ai sensi degli articoli da 8 a 10 del regolamento [Dublino III], o al parente del richiedente ai sensi degli articoli da 8 a 10 del regolamento [Dublino III], un ricorso giurisdizionale effettivo avverso il rigetto della richiesta di presa in carico.

3)      In caso di risposta affermativa alla [prima o alla seconda questione], in che modo e ad opera di quale Stato membro la decisione di rigetto dello Stato membro richiesto e il diritto di presentare ricorso avverso detta decisione debbano essere comunicati al richiedente, o al parente del richiedente».

 Procedimento dinanzi alla Corte

22      Il giudice del rinvio ha chiesto che la presente causa fosse sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza a norma degli articoli 107 e seguenti del regolamento di procedura della Corte. Il 27 gennaio 2021, la Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di non dar seguito a tale domanda, con la motivazione, in particolare, che I, divenuto maggiorenne il 5 novembre 2020, non era privato della libertà.

23      Tuttavia, il presidente della Corte ha deciso, il 9 settembre 2021, di sottoporre tale causa a un trattamento prioritario, a norma dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

24      Nelle questioni prima e seconda, il giudice del rinvio fa riferimento a un richiedente che desidera essere trasferito in forza dell’articolo 8 del regolamento Dublino III o degli articoli 9 e 10 del medesimo, nonché a un parente, che esso ritiene essere contemplato da tali articoli.

25      Tuttavia, dalla decisione di rinvio risulta che la richiesta di presa in carico di cui al procedimento principale riguarda un richiedente protezione internazionale, cittadino di un paese terzo, che soggiorna nello Stato membro richiedente e che, alla data di presentazione della sua domanda, era un minore non accompagnato, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), del regolamento Dublino III, data questa decisiva per la qualificazione di un richiedente come «minore» ai fini dell’applicazione di tale regolamento (v., per analogia, sentenza del 12 aprile 2018, A e S, C‑550/16, EU:C:2018:248, punto 64). Tale richiedente desidera essere ricongiunto con una persona, che egli asserisce essere lo zio, il quale risiede nello Stato membro richiesto.

26      A tale riguardo, occorre rilevare che lo zio di un richiedente minorenne, a meno che non sia responsabile per quest’ultimo in base al diritto o alla prassi dello Stato membro in cui lo stesso zio si trova, fa parte dei parenti di tale richiedente, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), del regolamento Dublino III, e non dei suoi familiari, ai sensi dell’articolo 2, lettera g), del medesimo regolamento.

27      Orbene, nell’ambito dell’articolo 8 del regolamento Dublino III, che precisa i criteri per determinare lo Stato membro competente per quanto riguarda il richiedente protezione internazionale minore non accompagnato, una situazione del genere è disciplinata dal paragrafo 2 di tale articolo ed è effettivamente sulla base di tale disposizione che le autorità greche hanno richiesto alle autorità dei Paesi Bassi di prendere in carico I.

28      Inoltre, gli articoli 9 o 10 del regolamento Dublino III, relativi, rispettivamente, alla presenza in uno Stato membro di familiari del richiedente beneficiari di protezione internazionale o di familiari essi stessi richiedenti protezione internazionale, non paiono pertinenti ai fini della controversia di cui al procedimento principale.

29      Tanto premesso, si devono esaminare le questioni prima e seconda limitando tale esame alla situazione in cui la richiesta di presa in carico è stata fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

 Sulle questioni prima e seconda

30      Con le questioni prima e seconda, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso impone allo Stato membro al quale è stata rivolta una richiesta di presa in carico, fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento, di conferire un diritto di ricorso giurisdizionale avverso la sua decisione di rifiuto al minore non accompagnato, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera j), di detto regolamento, il quale chiede la protezione internazionale, o al parente di tale minore, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera h), del medesimo regolamento, o se, altrimenti, un tale diritto di ricorso sia conferito direttamente dall’articolo 47 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 7 e con l’articolo 24, paragrafo 2, della stessa.

31      Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, il richiedente protezione internazionale ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

32      Se è pur vero che, sulla base di un’interpretazione letterale, tale disposizione sembra riconoscere un diritto di ricorso al richiedente protezione internazionale soltanto al fine di contestare una decisione di trasferimento, il tenore letterale di tale disposizione non esclude peraltro che un diritto di ricorso sia concesso anche al richiedente minore non accompagnato al fine di contestare una decisione di rifiuto di accogliere una richiesta di presa in carico fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

33      Inoltre, occorre ricordare che, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, le norme di diritto derivato dell’Unione devono essere interpretate e applicate nel rispetto dei diritti fondamentali (sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas, C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 60).

34      Occorre altresì rilevare che il considerando 39 del regolamento Dublino III sottolinea l’importanza che il legislatore dell’Unione accorda al pieno rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti, in particolare, agli articoli 7, 24 e 47 della Carta e stabilisce che tale regolamento «dovrebbe (...) essere applicato di conseguenza».

35      Ciò premesso, si deve tener conto non soltanto della formulazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, ma anche dei suoi obiettivi, del suo impianto sistematico e del suo contesto, e in particolare dell’evoluzione che esso ha conosciuto nel sistema in cui si inserisce, al fine di accertare se tale disposizione, letta alla luce degli articoli 7, 24, e 47 della Carta, richieda l’esistenza di un ricorso avverso una simile decisione di rifiuto di presa in carico.

36      A tale riguardo, si deve ricordare che l’articolo 47 della Carta dispone, al primo comma, che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo, alle condizioni previste a tale articolo. A questo diritto corrisponde l’obbligo imposto agli Stati membri dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione [sentenza del 6 ottobre 2020, État luxembourgeois (Diritto di ricorso contro una richiesta di informazioni in materia fiscale), C‑245/19 e C‑246/19, EU:C:2020:795, punto 47].

37      Quanto al regime dell’asilo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, nell’ambito del regolamento Dublino III, il legislatore dell’Unione non si è limitato a fissare regole che disciplinerebbero unicamente i rapporti tra gli Stati membri ai fini di determinare lo Stato membro competente, ma ha deciso di coinvolgere in tale procedura i richiedenti asilo, obbligando gli Stati membri a informarli dei criteri di competenza e a offrire loro l’opportunità di presentare le informazioni che consentano la corretta applicazione di tali criteri, nonché garantendo loro un diritto di ricorso effettivo avverso la decisione di trasferimento eventualmente adottata in esito alla procedura (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 51).

38      La Corte ha precisato che, per quanto attiene agli obiettivi perseguiti dal regolamento Dublino III, dal considerando 9 di quest’ultimo risulta che tale regolamento, pur ribadendo i principi che ispiravano il regolamento precedente, ossia il regolamento n. 343/2003, è diretto ad apportare i miglioramenti necessari, in vista dell’esperienza acquisita, non solo all’efficienza del sistema di Dublino, ma anche alla protezione offerta ai richiedenti, garantita in particolare dalla tutela giurisdizionale di cui essi godono (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 52).

39      La Corte ha aggiunto che un’interpretazione restrittiva della portata del ricorso di cui all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III potrebbe in particolare ostacolare la realizzazione di tale obiettivo, privando della loro efficacia pratica gli altri diritti del richiedente asilo sanciti da tale regolamento. Gli obblighi, previsti all’articolo 5 del regolamento in parola, di offrire ai richiedenti asilo l’opportunità di presentare le informazioni che consentano la corretta applicazione dei criteri di competenza fissati dal medesimo regolamento e di garantire l’accesso di tali richiedenti alle sintesi dei colloqui effettuati a tal fine rischierebbero pertanto di essere privati di efficacia pratica qualora si escludesse che un’errata applicazione di tali criteri, che eventualmente non tenga conto delle informazioni presentate da detti richiedenti, possa essere oggetto di sindacato giurisdizionale (sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 53).

40      La Corte ha quindi concluso che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letto alla luce del suo considerando 19, deve essere interpretato nel senso che un richiedente asilo può dedurre, nell’ambito di un ricorso proposto avverso una decisione di trasferimento adottata nei suoi confronti, l’errata applicazione di un criterio di competenza di cui al capo III di detto regolamento, relativo ai criteri per determinare lo Stato membro competente (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 61 e dispositivo).

41      Orbene, la tutela giurisdizionale di un richiedente minore non accompagnato non può variare, per quanto riguarda il rispetto del criterio obbligatorio di competenza di cui all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, a seconda che tale richiedente sia destinatario di una decisione di trasferimento, adottata dallo Stato membro richiedente, o di una decisione con la quale lo Stato membro richiesto respinge la richiesta di presa in carico dello stesso richiedente.

42      Invero, al pari di una decisione di trasferimento, una simile decisione di rifiuto di presa in carico può pregiudicare il diritto che il minore non accompagnato trae dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III di essere ricongiunto con un parente che può occuparsi di lui, ai fini dell’esame della sua domanda di protezione internazionale. Pertanto, in entrambi i casi, al minore interessato deve essere consentito di proporre un ricorso al fine di dedurre la violazione del suddetto diritto, conformemente all’articolo 47, primo comma, della Carta e alla giurisprudenza richiamata al punto 36 della presente sentenza.

43      È infatti pacifico che, nel caso di specie, conformemente all’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, nell’ipotesi in cui I, dopo il suo arrivo in Grecia, si fosse recato nei Paesi Bassi e avesse presentato la sua domanda di protezione internazionale in quest’ultimo Stato membro, e non in Grecia, e in cui le autorità greche avessero accettato la presa in carico di I quale Stato membro di primo arrivo, l’interessato sarebbe stato incontestabilmente legittimato a proporre un ricorso giurisdizionale avverso la decisione di trasferimento adottata dalle autorità dei Paesi Bassi, sulla base della circostanza che un suo parente risiedeva nei Paesi Bassi.

44      In un’ipotesi del genere, tale interessato potrebbe allora far valere utilmente la violazione del diritto che egli trae in quanto minore non accompagnato dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, mentre, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 70 e 87 delle conclusioni, il richiedente che rimane nello Stato membro di ingresso e vi effettua la propria domanda di protezione internazionale sarebbe privato di una simile possibilità poiché, in tale situazione, non risulta adottata alcuna decisione di trasferimento.

45      Ne consegue che, per poter dedurre la violazione del diritto conferito dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III e quindi beneficiare della tutela efficace dei suoi diritti che tale regolamento, conformemente al suo considerando 19, mira a stabilire, un richiedente minore non accompagnato deve poter proporre un ricorso giurisdizionale, in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento in questione, non solo nell’ipotesi in cui lo Stato membro richiedente adotti una decisione di trasferimento, ma anche in quella in cui lo Stato membro richiesto rifiuti la presa in carico dell’interessato.

46      Un’interpretazione del genere si impone a maggior ragione in quanto, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi da 52 a 56 delle conclusioni, l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III mira a garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali dei minori non accompagnati, garantiti agli articoli 7 e 24 della Carta.

47      È vero che il diritto dell’Unione, e in particolare l’articolo 7 della Carta che riconosce il diritto al rispetto della vita privata o familiare, non sancisce, in generale, un diritto all’unità della famiglia allargata. Tuttavia, dovendosi leggere tale articolo 7 in combinato disposto con l’obbligo di considerare l’interesse superiore del minore come preminente in tutti gli atti relativi ai minori, imposto all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta [v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, État belge (Ricongiungimento familiare – Figlio minorenne) (C‑133/19, C‑136/19 e C‑137/19, EU:C:2020:577, punto 34), nonché all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, l’interesse che un minore non accompagnato può avere a essere ricongiunto con i membri della sua famiglia allargata ai fini dell’esame della sua domanda di protezione internazionale deve essere considerato tutelato da tali disposizioni. A questo proposito, occorre altresì ricordare che, come sottolineato al considerando 13 di tale regolamento, i minori non accompagnati necessitano, in considerazione della loro particolare vulnerabilità, di specifiche garanzie procedurali. Per altro verso, se è vero che, conformemente all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento in questione, la designazione dello Stato membro nel quale si trova il parente del richiedente minore non accompagnato quale Stato membro competente è subordinata alla condizione che essa sia «nell’interesse superiore del minore», da tale disposizione, dai considerando 14 e 16 e dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), e paragrafo 4, del medesimo regolamento, discende che il rispetto della vita familiare e, in particolare, la possibilità per un minore non accompagnato di essere ricongiunto con un parente che può occuparsi di lui durante il trattamento della sua domanda è, in via di principio, nell’interesse superiore del minore (v., per analogia, sentenza del 23 gennaio M.A. e a., C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 89).

48      Inoltre, l’articolo 24, paragrafo 1, della Carta, nell’affermare che i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, precisa che la loro opinione viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità.

49      Pertanto, il minore non accompagnato che chiede la protezione internazionale deve poter far valere in giudizio i diritti conferitigli dall’articolo 7 e dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta nonché dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III al fine di contestare, in fatto e in diritto, una decisione di rigetto di una richiesta di presa in carico come quella di cui al procedimento principale.

50      Per quanto riguarda invece il parente del richiedente, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera j), del regolamento Dublino III, che risiede nello Stato membro richiesto, occorre rilevare che l’articolo 27, paragrafo 1, di tale regolamento non gli conferisce alcun diritto di ricorso. Inoltre, né l’articolo 7 e l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta né l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III gli conferiscono diritti che questi potrebbe far valere in giudizio contro una simile decisione di rigetto, sicché tale parente non può trarre un diritto di ricorso avverso una decisione del genere neanche sulla base del solo articolo 47 della Carta.

51      Occorre per altro verso respingere l’argomento del governo francese secondo cui il giudice investito di un ricorso avverso una decisione di rigetto di una richiesta di presa in carico disporrebbe solo di poteri molto limitati per il motivo che, nella quasi totalità dei casi, esso potrebbe solo constatare la scadenza dei termini previsti all’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III e sarebbe tenuto, in forza del terzo comma di tale paragrafo 1, a confermare il trasferimento ipso iure della competenza per l’esame della domanda di asilo allo Stato membro presso il quale la domanda di protezione internazionale è stata presentata.

52      Infatti, da un lato, contrariamente a quanto sostiene tale governo, tale argomento non trova alcun sostegno nella sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587), atteso che in tale sentenza la Corte si è unicamente pronunciata sulla questione se un richiedente protezione internazionale possa dedurre la violazione di un termine previsto all’articolo 21, paragrafo 1, di tale regolamento.

53      Dall’altro lato, nel caso in cui la richiesta di presa in carico che ha dato origine al rifiuto sia stata presentata entro i termini previsti dall’articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, il requisito dell’effettività dei ricorsi giurisdizionali osta a che non vengano tratte tutte le conseguenze dal carattere eventualmente illegittimo del rifiuto di presa in carico, in particolare per il motivo che un ricorso contro una simile decisione di rifiuto comporterebbe un superamento di tali termini.

54      Per altro verso, sebbene dalla giurisprudenza della Corte emerga che, per i minori non accompagnati, la procedura di determinazione dello Stato membro competente non dev’essere prolungata più di quanto necessario, il che implica che, in linea di principio, essi non siano trasferiti verso un altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 6 giugno 2013, MA e a., C‑648/11, EU:C:2013:367, punti 55 e 61), resta il fatto che gli Stati membri sono tenuti a rispettare i criteri specifici per determinare lo Stato membro competente del trattamento della domanda di protezione internazionale dei minori, come quelli previsti all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, che devono essere applicati nell’interesse superiore del minore e che mirano proprio a garantire la sua salvaguardia nell’ambito di tale procedura. Inoltre, la Corte ha già dichiarato, nell’ambito di tale regolamento, che il legislatore dell’Unione non ha affatto inteso sacrificare all’esigenza di celerità nel trattamento delle domande di protezione internazionale la tutela giurisdizionale dei richiedenti (sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punto 57). Tale constatazione vale, in maniera particolare, quando si tratta di far prevalere le specifiche garanzie procedurali previste ai fini della protezione dei minori non accompagnati.

55      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, in combinato disposto con gli articoli 7, 24 e 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso impone allo Stato membro al quale è stata rivolta una richiesta di presa in carico, fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento, di conferire un diritto di ricorso giurisdizionale avverso la sua decisione di rifiuto al minore non accompagnato, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera j), di detto regolamento, che chiede la protezione internazionale, ma non al parente di tale minore, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera h), del medesimo regolamento.

 Sulla terza questione

56      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, di precisare in che modo e attraverso quale Stato membro la decisione di rigetto della richiesta di presa in carico rivolta a norma dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento Dublino III e la facoltà di proporre un ricorso giurisdizionale avverso la medesima debbano essere portate a conoscenza del minore non accompagnato o del suo parente.

57      Tenuto conto della risposta fornita alle questioni prima e seconda, non occorre rispondere a tale questione con riferimento al parente del minore non accompagnato.

58      Inoltre, per quanto riguarda lo stesso minore non accompagnato, dalla decisione di rinvio risulta che la decisione di rigetto della richiesta di presa in carico di cui al procedimento principale è stata portata a conoscenza di I e che questi l’ha impugnata in sede giurisdizionale.

59      Ne consegue che la risposta alla terza questione non è necessaria ai fini della controversia di cui al procedimento principale e che non occorre quindi rispondervi.

 Sulle spese

60      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, in combinato disposto con gli articoli 7, 24 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che esso:

impone allo Stato membro al quale è stata rivolta una richiesta di presa in carico, fondata sull’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento, di conferire un diritto di ricorso giurisdizionale avverso la sua decisione di rifiuto al minore non accompagnato, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera j), di detto regolamento, che chiede la protezione internazionale, ma non al parente di tale minore, nell’accezione di cui all’articolo 2, lettera h), del medesimo regolamento.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.