Language of document : ECLI:EU:F:2007:164

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

25 settembre 2007 (*)

«Pubblico impiego – Dipendenti – Retribuzione – Indennità di dislocazione – Requisito previsto all’art. 4, n. 1, lett. b), dell’Allegato VII allo Statuto»

Nella causa F‑108/05,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Alessandro Cavallaro, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Ariccia , rappresentato dall’avv. C. Forte,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra M. Velardo, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. H. Kreppel, presidente, H. Tagaras (relatore) e S. Gervasoni, giudici,

cancelliere: sig. S. Boni, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 2 maggio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado delle Comunità europee il 9 novembre 2005, il sig. Cavallaro chiedeva, segnatamente, l’annullamento della decisione 10 agosto 2005 dell’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») della Commissione delle Comunità europee, che ha respinto il suo reclamo, proposto il 25 maggio 2005 contro la decisione dell’APN 3 marzo 2005 che gli negava il beneficio dell’indennità di dislocazione.

 Quadro normativo

2        L’art. 4 dell’Allegato VII allo Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto») dispone:

«1. Un’indennità di dislocazione pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico versati al funzionario, è concessa:

a)       al funzionario:

–        che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio

e,

–        che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione non si tiene conto delle situazioni risultanti da servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale.

b)       al funzionario che, avendo o avendo avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

L’indennità di dislocazione non può essere inferiore a [445,88] EUR al mese.

2. Il funzionario che, non avendo e non avendo mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, non soddisfa alle condizioni di cui al paragrafo 1, ha diritto a un’indennità di espatrio pari a un quarto dell’indennità di dislocazione.

3. Nell’applicazione dei paragrafi 1 e 2, il funzionario che, per matrimonio, abbia acquisito d’ufficio e senza possibilità di rinunciarvi la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, è equiparato al funzionario di cui al paragrafo 1, lettera a), primo trattino».

 Fatti all’origine della controversia

3        Il ricorrente, cittadino italiano, è entrato in servizio il 1° dicembre 2001 alla direzione generale (DG) «Relazioni esterne» della Commissione, a Bruxelles, come dipendente in prova.

4        Prima della sua entrata in servizio, il ricorrente aveva effettuato studi ed aveva esercitato attività professionali in Italia e in altri paesi.

5        Dal 1983 al 1986 aveva lavorato nell’Esercito italiano.

6        Dal luglio 1988 all’aprile 1990 il ricorrente era stato occupato presso la società St. Joseph’s Investments a Los Angeles, negli Stati Uniti.

7        Nel 1990 il ricorrente aveva ottenuto una laurea di primo ciclo presso l’Università di Bologna, in Italia.

8        A partire dal 1990 egli aveva soggiornato in Francia, come studente presso l’Università della Savoia, a Chambéry, presso la quale aveva ottenuto, in data 15 luglio 1992, una laurea in lingue straniere applicate, con specializzazione in «Affari internazionali e Commercio». Durante il suo soggiorno in Savoia aveva lavorato presso la società Les Deux Alpes Village, dal 28 giugno al 26 agosto 1990, e poi presso il Département de la Savoie [Dipartimento della Savoia] dall’8 al 23 febbraio 1992, nonché presso l’Università della Savoia dal 1° al 29 febbraio 1992.

9        Dal settembre 1992 al febbraio 1994 il ricorrente era stato ricercatore all’Università «La Sapienza» di Roma, in Italia. Durante tale periodo, egli aveva anche collaborato con la società di investigazione Tom Ponzi, con sede a Roma.

10      Dal 1° marzo al 31 luglio 1994 il ricorrente aveva svolto un tirocinio alla Commissione, a Bruxelles.

11      Dal settembre 1994 al gennaio 1995 il ricorrente era nuovamente stato ricercatore all’Università «La Sapienza».

12      Dal gennaio al maggio 1995 il ricorrente aveva beneficiato di una borsa di studio nell’ambito del programma Comett, per effettuare attività, a Bruxelles, in seno alla Commissione o in collaborazione con la stessa.

13      Dal maggio al dicembre 1995, con l’eccezione di due interruzioni, dal 31 luglio al 1° settembre e dal 29 settembre al 9 ottobre, il ricorrente aveva beneficiato di contratti interinali da parte della società Manpower, che l’aveva messo a disposizione della DG «Ricerca» della Commissione a Bruxelles.

14      Dal 16 gennaio 1996 al 28 febbraio 1997 il ricorrente aveva lavorato come agente ausiliario della DG «Ricerca», a Bruxelles, salvo un periodo compreso tra il 26 agosto e il 15 ottobre 1996, durante il quale egli aveva effettuato dei corsi d’istruzione militare in qualità di ufficiale di riserva. Nell’ambito del contratto di agente ausiliario il ricorrente aveva beneficiato dell’indennità di dislocazione.

15      Dal marzo al dicembre 1997 il ricorrente aveva beneficiato di un altro contratto interinale da parte della società Manpower, che l’aveva nuovamente messo a disposizione della DG «Ricerca», a Bruxelles, con un’interruzione tra il 31 luglio e il 1° settembre 1997.

16      Dall’8 gennaio 1998 al 12 gennaio 1999 il ricorrente era stato consulente presso la società Agenor, la cui sede sociale era a Bruxelles, alla quale aveva fornito assistenza tecnica nell’ambito di un programma comunitario.

17      Dal 19 luglio 1999 al 29 novembre 2001 il ricorrente era stato consulente per conto dell’Associazione europea dei fornitori di automobili, con sede a Bruxelles.

18      In seguito alla sua entrata in servizio il 1° dicembre 2001, a Bruxelles, il ricorrente si vedeva notificare, con lettera del 27 febbraio 2002, la decisione della Commissione di non concedergli l’indennità di dislocazione per il motivo che, durante tutto il periodo di riferimento di cinque anni di cui all’art. 4, n. 1, lett. a), dell’Allegato VII allo Statuto [in prosieguo: la «disposizione della lett. a)»], il quale, secondo la Commissione, decorreva dal 1° giugno 1995 al 1° giugno 2001, egli aveva esercitato, quasi senza interruzione, la sua attività professionale a Bruxelles. Il 22 maggio 2002, il ricorrente proponeva reclamo, ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, contestando il rifiuto di concedergli tale indennità. Con decisione 14 novembre 2002, la Commissione respingeva il reclamo del ricorrente. Secondo tale decisione, il periodo quinquennale previsto dalla disposizione della lett. a), si intendeva, nel suo caso, dal 1° giugno 1996 al 1° giugno 2001, e, di conseguenza, il periodo di riferimento, da calcolare a seguito di «neutralizzazione» del periodo passato nel 1996 e nel 1997 con regime di agente ausiliario, decorreva dal 1° febbraio 1995 al 1° giugno 2001; inoltre, il rigetto del reclamo era motivato dalla doppia considerazione che, a partire dal 1994, il ricorrente disponeva di un indirizzo autonomo a Bruxelles ed esercitava attività professionali in tale città. La decisione 14 novembre 2002 non è stata contestata con ricorso giurisdizionale.

19      Il 1° marzo 2005 il ricorrente veniva riassegnato alla sede della rappresentanza della Commissione a Roma.

20      In vista di tale riassegnazione, il ricorrente aveva presentato il 18 febbraio 2005 una domanda di concessione dell’indennità di dislocazione.

21      Con nota 3 marzo 2005, la Commissione comunicava al ricorrente la sua decisione di non concedergli l’indennità di dislocazione, fissando come periodo di riferimento il periodo decennale, previsto dall’art. 4, n. 1, lett. b) dell’allegato VII allo Statuto [in prosieguo: la «disposizione della lett. b)»], il quale, secondo la Commissione, decorreva dal dicembre 1991 al dicembre 2001. La nota rilevava in particolare che, al momento della prima entrata in servizio del ricorrente alla Commissione, in qualità di agente ausiliario, il 16 gennaio 1996, il suo luogo di assunzione era stato fissato ad Ariccia, in Italia, decisione che non era stata contestata in seguito; inoltre, il ricorrente avrebbe conservato il centro dei suoi interessi in tale stesso luogo, determinato in seguito come suo luogo d’origine su sua espressa richiesta, il che mostrerebbe che egli aveva sempre legami durevoli con l’Italia.

22      Il 25 maggio 2005 il ricorrente proponeva un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto contro la detta decisione 3 marzo 2005. In tale reclamo, egli contestava contraddizioni esistenti tra le decisioni della Commissione del 2002 e quelle del 2005 relative al suo diritto all’indennità di dislocazione e sosteneva di aver diritto a tale indennità nel caso in esame, tanto nell’ipotesi di un periodo di riferimento compreso tra il marzo 1995 e il marzo 2005, quanto nell’ipotesi in cui tale periodo fosse compreso tra il dicembre 1991 e il dicembre 2001, e ciò indipendentemente dall’eventuale «neutralizzazione» del tempo passato come agente ausiliario.

23      Con decisione 10 agosto 2005, la Commissione respingeva il reclamo del ricorrente per il motivo che, durante il periodo di riferimento compreso tra il 1° dicembre 1991 e il 1° dicembre 2001, il ricorrente aveva, secondo le sue proprie dichiarazioni, abitato per un periodo di almeno 23 mesi, ossia dal settembre 1992 al febbraio 1994 e dal settembre 1994 al gennaio 1995, in modo abituale, in Italia, paese di sua assegnazione, e che egli non aveva rotto i suoi legami durevoli con tale paese.

 Procedura e conclusioni delle parti

24      Il ricorso in esame è stato inizialmente registrato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado con il numero T‑406/05.

25      Con ordinanza 15 dicembre 2005, il Tribunale di primo grado, in applicazione dell’art. 3, n. 3, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7) ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale. Il ricorso è stato registrato presso la cancelleria di quest’ultimo con il numero F‑108/05.

26      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione dell’APN 10 agosto 2005;

–        in subordine, ordinare la riapertura dei termini per la proposizione di un ricorso di annullamento delle decisioni dell’APN 27 febbraio e 14 novembre 2002;

–        in ulteriore subordine, dichiarare ricevibile l’eccezione di illegittimità diretta ad ottenere che le decisioni dell’APN 27 febbraio e 14 novembre 2002 siano dichiarate inapplicabili e che gli venga riconosciuto il diritto al pagamento delle somme corrispondenti all’indennità di dislocazione dovuta a partire dal 1° dicembre 2001 per tutto il periodo di servizio presso la Commissione a Bruxelles, inclusi arretrati e interessi;

–        condannare la Commissione alle spese.

27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        statuire sulle spese come di diritto.

28      In seguito al deposito della replica e della controreplica, la fase scritta del procedimento si è conclusa il 13 giugno 2006.

29      Con lettera 10 gennaio 2007, il Tribunale ha chiesto al ricorrente e alla Commissione di produrre diversi documenti, conformemente all’art. 64, n. 3, lett. c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, applicabile mutatis mutandis al Tribunale, in forza dell’art. 3, n. 4, della decisione 2004/752/CE fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo.

30      Da un lato, il Tribunale ha invitato il ricorrente, se ne disponeva, a produrre documenti supplementari che potessero dimostrare la sua residenza effettiva, in primo luogo, in Francia dal settembre al dicembre 1992, in secondo luogo, nel Regno Unito nel 1993, nonché informazioni relative alle condizioni di concessione e alla durata di validità della carta di assistenza sanitaria rilasciata in tale paese, di cui egli aveva allegato fotocopia alla sua replica, e, in terzo luogo, in Belgio dall’agosto/settembre 1994 al gennaio 1995. Dall’altro, la Commissione è stata invitata a depositare, conformemente all’art. 26, ottavo comma, ultima frase, dello Statuto, il fascicolo personale del ricorrente, nonché nel caso in cui tali documenti non si trovassero nel fascicolo, lo scambio di lettere relativo alla concessione al ricorrente dell’indennità di dislocazione nel 1996 e al rifiuto della concessione di tale indennità nel 2002.

31      Le parti hanno risposto ai quesiti del Tribunale nel termine impartito.

 Sull’oggetto della controversia

32      Il ricorrente chiede l’annullamento della decisione 10 agosto 2005 mediante la quale l’APN ha respinto il suo reclamo proposto contro la decisione che gli negava il beneficio dell’indennità di dislocazione a seguito della sua riassegnazione a Roma, il 1° marzo 2005. A tale riguardo, occorre anzitutto rilevare che il ricorso, anche se formalmente diretto avverso il provvedimento di rigetto del reclamo del dipendente, comporta che il Tribunale sia chiamato a conoscere degli atti arrecanti pregiudizio oggetto del reclamo (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, Racc. pag. 23, punto 8; sentenza del Tribunale 14 novembre 2006, causa F‑100/05, Chatziioannidou/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24). Di conseguenza, la domanda del ricorrente deve essere intesa nel senso che mira all’annullamento della decisione 3 marzo 2005 che gli ha negato il beneficio dell’indennità di dislocazione.

 Sulla domanda relativa all’irricevibilità di taluni argomenti e documenti allegati presentati dalla Commissione nel suo controricorso

33      Nella replica il ricorrente eccepisce l’irricevibilità degli argomenti del controricorso, relativi a quattro documenti allegati a quest’ultimo atto, e diretti a dimostrare che la sua residenza abituale si trovava proprio in Italia dal 23 aprile 1992 fino al febbraio 1994 e dal settembre 1994 fino al gennaio 1995. La presentazione di tali argomenti, nonché dei documenti a loro fondamento, per la prima volta nel controricorso, sarebbe contraria al principio di corrispondenza tra gli argomenti presentati durante la fase precontenziosa e quelli presentati nel corso della fase contenziosa e violerebbe i diritti della difesa del ricorrente che potrebbe rispondervi solo con la replica.

34      La Commissione ricorda anzitutto che il principio di corrispondenza tra il reclamo amministrativo e il ricorso deve essere interpretato con uno spirito di apertura, nel senso che i nuovi argomenti sono ricevibili, anche se non sono stati sollevati espressamente nella fase precontenziosa, qualora abbiano una connessione con gli argomenti già proposti nel ricorso amministrativo. Essa precisa nondimeno che tale regola si applica solamente ai ricorrenti, non prevedendo l’art. 46, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado alcuna preclusione nei confronti di argomenti e mezzi di prova presentati nel controricorso. La Commissione osserva che il suo controricorso non fa altro che confermare il rifiuto di concedere l’indennità di dislocazione già espresso nella sua risposta al reclamo, e che gli argomenti e i mezzi di prova contestati dal ricorrente risultano dal suo fascicolo personale; essa aggiunge che i documenti in questione erano stati prodotti dall’interessato stesso.

35      I documenti oggetto dell’eccezione di irricevibilità sollevata dal ricorrente sono, in primo luogo, un’attestazione della notifica nei suoi confronti, in data 11 giugno 1993, di un documento del Ministero dell’Interno italiano, in cui l’interessato appariva come residente ad Ariccia e in cui si fa menzione di una carta d’identità che gli sarebbe stata rilasciata da questo stesso comune il 23 aprile 1992; in secondo luogo, una dichiarazione della società di investigazione Tom Ponzi, datata 25 febbraio 1994, che menzionava una collaborazione «in via coordinata e continuativa» che il ricorrente avrebbe avuto con tale società, dal novembre 1992 al febbraio 1994; in terzo luogo, un’attestazione datata 8 marzo 1995 del Dipartimento di Psicologia dell’Università «La Sapienza», dalla quale risulta che il ricorrente ha collaborato con tale dipartimento dal settembre 1992 al febbraio 1994, e successivamente dal settembre 1994 al gennaio 1995; e, in quarto luogo, un curriculum vitae redatto dal ricorrente e depositato nel suo fascicolo personale, che menziona, per l’anno 1993, solo le sue collaborazioni a Roma con l’Università «La Sapienza» e con la menzionata società di investigazioni.

36      È vero che, durante il procedimento precontenzioso, la Commissione non aveva dedotto, a sostegno del suo punto di vista, le circostanze che risultano dai summenzionati documenti. Per di più, mentre la risposta al reclamo menzionava una residenza abituale del ricorrente in Italia con inizio nel settembre 1992, i documenti allegati al controricorso hanno consentito alla Commissione, in tale memoria, di anticipare tale data al 23 aprile dello stesso anno.

37      Tuttavia, l’eccezione di irricevibilità sollevata dal ricorrente non può essere accolta.

38      Da un lato, come a giusto titolo rileva la Commissione, la regola della concordanza dedotta a sostegno dell’eccezione di irricevibilità si applica solo ai ricorrenti e non esiste alcuna norma né alcun principio che proibirebbe alle istituzioni convenute di formulare, nel controricorso, argomenti aggiuntivi rispetto a quelli che hanno motivato la loro tesi nella fase precontenziosa e, pertanto, di allegare a tale atto i documenti che servirebbero come mezzi di prova a sostegno di tali argomenti. Tale interpretazione è del resto corroborata dall’art. 48, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado; benché tale disposizione imponga alle parti di motivare il ritardo nella presentazione dei loro mezzi di prova, il suo ambito d’applicazione è espressamente vincolato ai soli mezzi di prova proposti nella replica e nella controreplica. Inoltre, accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dal ricorrente equivarrebbe ad ammettere che il fatto che le istituzioni non abbiano risposto esplicitamente e nel modo più completo possibile a un reclamo impedirebbe loro di difendersi in seguito dinanzi al giudice comunitario, poiché ogni motivo o argomento del controricorso sarebbe irricevibile se non fosse stato sollevato nella fase precontenziosa. Orbene, una tale situazione sarebbe non solamente contraria alla lettera e alla ratio dello Statuto, come costantemente interpretato dal giudice comunitario, ma arrecherebbe anche grave pregiudizio al diritto della difesa.

39      D’altro lato, le affermazioni del ricorrente relative ad una supposta violazione dei suoi diritti di difesa sono totalmente prive di fondamento. Infatti, l’interessato ha avuto ampiamente la possibilità di rispondere agli argomenti di cui contesta la ricevibilità, nonché ai documenti che stanno a loro fondamento, tanto per iscritto, mediante la replica, quanto oralmente, all’udienza. Occorre inoltre rilevare che i documenti su cui tali argomenti si fondano provengono dal fascicolo personale del ricorrente e che è di sua iniziativa che essi sono stati depositati in tale fascicolo. Anche se lo scopo iniziale di tale deposito era differente, in quanto era finalizzato alla liquidazione dei diritti del ricorrente al momento della sua entrata in servizio, prima come agente ausiliario, poi come dipendente in prova, è giocoforza constatare che la finalità amministrativa di un documento inserito in un fascicolo personale non si limita ai soli usi che il dipendente considera utili e che, in ogni caso, il contenuto del fascicolo personale serve a consentire al giudice comunitario di esaminare l’ambito fattuale di tutta la causa, conformemente all’art. 26, ottavo comma, ultima frase, dello Statuto. Il Tribunale non vede quindi alcun pregiudizio ai diritti della difesa del ricorrente.

40      Da quanto precede risulta che occorre respingere la domanda del ricorrente diretta alla dichiarazione di irricevibilità, in primo luogo, degli argomenti della Commissione fondati sui documenti allegati al controricorso e menzionati al punto 35 della presente sentenza e, in secondo luogo, di tali stessi documenti.

 Sulla domanda di annullamento

41      A sostegno della sua domanda di annullamento, il ricorrente propone in sostanza un solo motivo, relativo all’erronea applicazione della disposizione della lett. b), sulla base delle seguenti censure:

–        errori di fatto commessi dalla Commissione quanto alla documentazione fornita riguardo al periodo compreso tra il 1990 e il 1995;

–        contraddittoria motivazione rispetto alla decisione del 1996 che gli aveva riconosciuto il diritto all’indennità di dislocazione, quanto alla presunzione che egli ha risieduto in Italia dal luglio 1990 al luglio 1995;

–        contraddittoria motivazione rispetto alle affermazioni contenute nelle decisioni adottate nel 2002 e nel 2005 concernenti l’indennità di dislocazione nel suo caso e conseguente discriminazione.

  Argomenti delle parti

 Sulla censura relativa ad errori di fatto commessi dalla Commissione riguardo alla documentazione fornita in merito al periodo compreso tra il 1990 e il 1995

42      Tale censura viene analizzata in tre parti, relative rispettivamente alla prova della residenza del ricorrente al di fuori dell’Italia dal 1990 al 1995, alla sua qualità di studente a Roma tra il 1992 e il 1995 e alle contraddizioni tra le decisioni del 2005 e quelle del 2002.

43      Il ricorrente considera di aver provato la mancanza di legami durevoli con l’Italia dal 1990 al 1995 mediante i documenti forniti alla Commissione, in allegato alla sua domanda di concessione dell’indennità di dislocazione, presentata il 18 febbraio 2005. Tali documenti proverebbero periodi di soggiorno, anzitutto dal giugno 1990 al dicembre 1992, in Francia, nel Dipartimento della Savoia, per ivi effettuare i suoi studi e lavorare, successivamente dal gennaio 1993 al febbraio 1994, in diversi paesi, alla ricerca di un lavoro e, a partire dal marzo 1994, a Bruxelles, ove avrebbe stabilito non solo la sua residenza, ma anche il centro dei suoi interessi, mentre i soli spostamenti verso il suo paese d’origine erano stati effettuati in occasione di eventi sociali e familiari, senza che tali spostamenti fossero occasione per lui di esercitare un’attività professionale in Italia o di studiare in questo paese nel corso dei periodi in questione. Egli avrebbe rotto i suoi legami con il suo paese d’origine addirittura prima del periodo di riferimento considerato nella disposizione della lett. b), quando ha soggiornato per ragioni professionali negli Stati Uniti, dal luglio 1988 all’aprile 1990.

44      Peraltro, il ricorrente nega di aver dichiarato che aveva risieduto in Italia, in quanto studente, dal settembre 1992 al febbraio 1994 e dal settembre 1994 al gennaio 1995, ossia durante un periodo complessivo di 23 mesi (v. punto 23 della presente sentenza), dichiarazione che gli sarebbe stata attribuita nella decisione di rigetto del suo reclamo. A causa di ciò, la decisione di rigetto del suo reclamo non sarebbe sufficientemente motivata.

45      Del pari, il ricorrente ritiene che la valutazione in merito al suo luogo di residenza durante tale periodo, contenuta nelle decisioni adottate nel 2005, sia in contraddizione con quella delle decisioni analoghe adottate nel 2002. Infatti, nelle prime la Commissione sosterrebbe che il ricorrente risiedeva in Italia durante, tra l’altro, il periodo compreso tra il settembre 1994 e il gennaio 1995, mentre, nelle seconde, essa avrebbe dichiarato che egli aveva risieduto a Bruxelles a partire dall’11 aprile 1994.

46      La Commissione ha allegato al suo controricorso cinque documenti che provano, a suo avviso, che il ricorrente, che non dimostrerebbe peraltro la sua intenzione di stabilire la sua residenza in un paese diverso dall’Italia, non aveva rotto, durante il periodo di riferimento di cui alla disposizione della lett. b), tutti i legami con tale paese, che è il suo paese d’origine, in quanto aveva, durante tale periodo di riferimento, esercitato attività professionali e effettuato studi in Italia, essendovi fisicamente presente durante due periodi distinti, ossia dall’aprile 1992 al febbraio 1994 e dal settembre 1994 al gennaio 1995.

47      Nella sua replica, in via puramente sussidiaria, in particolare per il caso in cui il Tribunale non accogliesse l’eccezione di irricevibilità dei documenti allegati al controricorso e degli argomenti fondati su questi, il ricorrente contesta il valore probatorio di tali documenti per ciò che riguarda la determinazione del suo luogo di residenza abituale.

48      Riguardo al rilascio di una carta di identità da parte del comune di Ariccia, in data 23 aprile 1992, il ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza comunitaria, si tratta di un elemento estraneo alla determinazione della residenza abituale.

49      Per ciò che riguarda i periodi di collaborazione con l’Università «La Sapienza» e con la società di investigazione Tom Ponzi, il ricorrente sostiene che si trattava di collaborazioni specifiche, limitate ad attività di ricerca che non richiedevano la sua presenza in loco.

50      Riguardo, in particolare, alla sua iscrizione all’università «La Sapienza», il ricorrente sostiene che essa mirava unicamente ad ottenere il riconoscimento degli esami sostenuti in altre università durante i periodi precedenti e che, contrariamente alle affermazioni della Commissione, tale iscrizione non potrebbe affatto dimostrare una presenza continua e stabile durante i periodi controversi (v. punti 23 e 35 della presente sentenza). Del resto, il riconoscimento da parte dell’università romana degli esami sostenuti in altre università è stato rinviato fino al maggio 1994, mentre l’unico esame sostenuto dal ricorrente in Italia sarebbe stato quello del 15 dicembre 1994.

51      Riguardo, peraltro, alla dichiarazione della società di investigazione Tom Ponzi, che menziona una collaborazione in via coordinata e continuativa, il ricorrente se ne dice sorpreso e nega che il suo rapporto di lavoro avesse un tale carattere, riferendosi all’assenza di una stipulazione contrattuale in tal senso e agli scarsi importi ricevuti come remunerazione.

52      In ogni caso, il ricorrente sostiene che, conformemente alla giurisprudenza, la presenza, anche continua, di una persona in un luogo ove essa esercita delle attività costituisce solo una semplice presunzione della sua volontà di ivi stabilire la sua residenza abituale. Orbene, egli dichiara di non aver voluto stabilire la sua residenza in Italia durante il periodo di riferimento di cui alla disposizione della lett. b), e che è la sua residenza effettiva al di fuori dell’Italia che dovrebbe essere presa in considerazione.

53      Inoltre, nella replica, il ricorrente contesta anche l’interpretazione effettuata dalla Commissione della disposizione della lett. b) quanto al periodo di riferimento da considerare, tanto per ciò che riguarda la fissazione della data di scadenza di tale periodo alla data della sua prima entrata in servizio come dipendente, nel 2001, quanto per ciò che riguarda l’assenza di neutralizzazione dei periodi durante i quali egli ha lavorato per le istituzioni comunitarie. A tal fine, egli si basa principalmente sulla differenza tra i termini utilizzati nella disposizione della lett. a) e quelli della disposizione della lett. b), riferendosi i primi all’entrata in «fonctions», mentre i secondi concernono l’entrata in «service». Il ricorrente sostiene che la data di scadenza del periodo di riferimento dovrebbe essere fissata, nel suo caso, al giorno precedente la data della sua riassegnazione a Roma, il 1° marzo 2005, e che il periodo di riferimento dovrebbe pertanto decorrere dal 1° marzo 1995 al 28 febbraio 2005. Ciò comporterebbe l’annullamento della decisione 3 marzo 2005, che gli nega la concessione dell’indennità di dislocazione, poiché avrebbe risieduto a Bruxelles nel corso di tutto tale periodo. Alternativamente, in caso di neutralizzazione dei periodi durante i quali il ricorrente ha lavorato per le istituzioni comunitarie, il periodo di riferimento scadrebbe sempre nel 2005, ma la sua data iniziale dovrebbe risalire al luglio 1990, periodo durante il quale il ricorrente si sarebbe trovato in Francia.

 Sulla censura relativa alla motivazione contraddittoria, rispetto alla decisione del 1996 che aveva riconosciuto al ricorrente il diritto all’indennità di dislocazione, quanto alla presunzione che egli abbia risieduto in Italia dal luglio 1990 al luglio 1995

54      Il ricorrente ritiene che la sua domanda di fissazione del suo luogo di assunzione ad Ariccia, in Italia, al momento della sua entrata in servizio come agente ausiliario, nel 1996, non possa costituire una presunzione assoluta per la determinazione della sua residenza abituale o del centro dei suoi interessi. Egli ritiene che la Commissione interpreti erroneamente la sentenza del Tribunale di primo grado 24 aprile 2001, causa T‑37/99, Mirando/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑87 e II‑413) la quale, in realtà, prende in considerazione diversi criteri per la fissazione del luogo di residenza abituale ai sensi della disposizione la cui applicazione era, a quel tempo, controversa, in primo luogo la presenza fisica della persona in detto luogo.

55      La Commissione considera come privi di fondamento e irrilevanti gli argomenti del ricorrente concernenti l’indennità di dislocazione che aveva ricevuto nel 1996, in quanto agente ausiliario, essendo in quel momento la concessione di tale indennità sottoposta alla condizione che, durante il periodo di riferimento di cinque anni che scadeva sei mesi prima della sua entrata in servizio, ossia in scadenza il 30 giugno 1995, la residenza abituale del ricorrente si trovasse al di fuori della sua sede di servizio, che era in quel momento Bruxelles.

56      Nella sua replica il ricorrente considera tale presa di posizione della Commissione come un rimprovero, quello di avere indebitamente percepito l’indennità di dislocazione nel 1996, il che sarebbe fuori luogo nel contesto della presente controversia. In ogni caso, la Commissione non potrebbe trincerarsi dietro ad un errore del passato per giustificare una decisione attuale.

 Sulla censura relativa alla motivazione contraddittoria, quanto alle affermazioni contenute nelle decisioni adottate nel 2002 e nel 2005 riguardo all’indennità di dislocazione e alla conseguente discriminazione

57      Il ricorrente ritiene che le affermazioni della Commissione contenute nella decisione 10 agosto 2005 di rigetto del suo reclamo, la quale, su tale punto, precisa la decisione 3 marzo 2005 che gli ha negato il beneficio dell’indennità di dislocazione, secondo cui la sua residenza abituale era situata in Italia dal 1° febbraio al 15 luglio 1995, sono in contraddizione con quelle contenute nelle decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002 che menzionano, per lo stesso periodo, una residenza abituale a Bruxelles. Il ricorrente rileva in tale contesto che, in realtà, è a partire dal marzo 1994 che egli risiedeva in modo stabile a Bruxelles.

58      La contraddizione rilevata al punto precedente avrebbe privato il ricorrente del beneficio dell’indennità di dislocazione in due occasioni e lo avrebbe quindi reso vittima di una discriminazione rispetto ad altri dipendenti che avrebbero percepito tale indennità in situazioni analoghe.

59      La Commissione ricorda che il periodo di riferimento preso in considerazione nel 2002, decorreva, dopo la neutralizzazione della durata del contratto come agente ausiliario (dal gennaio 1996 al febbraio 1997; v. punto 14 della presente sentenza), dal 1° febbraio 1995 al 31 maggio 2001 e che, durante tutto tale periodo, il ricorrente risiedeva a Bruxelles. Per contro, il periodo di riferimento preso in considerazione nel 2005 decorreva dal 1° dicembre 1991 al 30 novembre 2001 e il ricorrente non ha beneficiato dell’indennità di dislocazione in quanto non aveva rotto i suoi legami con l’Italia, suo paese d’origine. La Commissione non vede pertanto alcuna contraddizione tra le decisioni adottate nel 2002 e nel 2005 e aggiunge che, in ogni caso, tali decisioni concernono situazioni che non sono comparabili, nel senso che, anche se vi sono tra esse elementi di similitudine, esse sono state adottate in applicazione di disposizioni che perseguono finalità differenti e concernono situazioni di fatto intervenute durante periodi di riferimento differenti.

60      Nella replica il ricorrente sostiene che vi è una contraddizione tra le decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002, da un lato, e la decisione 10 agosto 2005, dall’altro, poiché ritiene che, anche se esse si fondano su situazioni diverse e periodi di riferimento differenti, tali periodi coincidono parzialmente. Inoltre, sarebbe contraddittorio concludere che una stessa persona abbia avuto una residenza stabile in due luoghi differenti durante lo stesso periodo, almeno per il periodo compreso tra il 1° febbraio 1995 e il 15 luglio 1995.

 Giudizio del Tribunale

61      I requisiti per la concessione dell’indennità di dislocazione vengono stabiliti all’art. 4, n. 1, dell’Allegato VII allo Statuto, che prevede due ipotesi:

–        quella del dipendente che «non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio»;

–        quella del dipendente «che [ha] o [ha] avuto» tale nazionalità.

62      Nella fattispecie, il ricorrente, entrato in servizio come dipendente in prova il 1° dicembre 2001 a Bruxelles e riassegnato il 1° marzo 2005 alla sede della rappresentanza della Commissione a Roma, chiede il beneficio dell’indennità di dislocazione in ragione di tale riassegnazione e ha la cittadinanza italiana sin dalla nascita. Di conseguenza, egli rientra incontestabilmente nella seconda ipotesi menzionata sopra, prevista dalla disposizione della lett. b).

63      In forza di tale disposizione, l’indennità di dislocazione è concessa al dipendente che ha, abitualmente e durante un periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, abitato fuori del territorio europeo dello Stato della sede di servizio per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale. Occorre pertanto esaminare se tali requisiti siano soddisfatti nel caso del ricorrente.

 Sul periodo di riferimento

64      Benché le parti concordino sulla durata del periodo di riferimento da prendere in considerazione nella fattispecie, nel senso che si deve trattare del periodo decennale previsto dalla disposizione della lett. b), esse hanno, per contro, posizioni differenti sulla data di scadenza di tale periodo, nonché sulla sua delimitazione.

65      Per ciò che riguarda la data di scadenza del periodo di riferimento, secondo la Commissione essa deve essere fissata alla data iniziale di entrata in servizio del ricorrente, ossia al 1° dicembre 2001, mentre il ricorrente sostiene che si debba trattare della data della sua successiva riassegnazione, ossia il 1° marzo 2005, data di inizio degli effetti della sua riassegnazione a Roma.

66      La tesi del ricorrente sembra a prima vista più logica, nel senso che, essendo lo scopo dell’indennità di dislocazione quello di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari cui sono soggetti i dipendenti che in conseguenza della loro entrata in servizio presso le Comunità sono obbligati a trasferirsi dal paese di residenza al paese della sede di servizio [v., per ciò che riguarda la disposizione della lett. a), sentenza della Corte 2 maggio 1985, causa 246/83, De Angelis/Commissione, Racc. pag. 1253, punto 13 e, per ciò che riguarda la disposizione della lett. b), sentenza della Corte 2 luglio 1981, causa 185/80, Garganese/Commissione, Racc. pag. 1785, punto 11; v. anche, per ciò che riguarda la disposizione della lett. b), sentenza del Tribunale di primo grado 27 settembre 2000, causa T‑317/99, Lemaître/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A-191 e II‑867, punto 45], sembrerebbe sensato valutare una tale situazione in relazione al periodo che precede immediatamente la riassegnazione per la quale un dipendente chiede il beneficio dell’indennità di dislocazione. Occorre tuttavia rilevare che si è statuito che, anche nel caso di una riassegnazione, il periodo di riferimento previsto dall’art. 4, n. 1, dell’Allegato VII dello Statuto, scade sempre alla data iniziale di entrata in servizio (sentenza del Tribunale di primo grado 28 settembre 1993, causa T‑90/92, Magdalena Fernández/Commissione, Racc. pag. II‑971, punto 32). Tale sentenza concerne la disposizione della lett. a), ma, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, l’utilizzo del termine «entrée en service» nella disposizione della lett. b) non osta alla trasposizione a quest’ultima disposizione dell’interpretazione effettuata dalla sentenza in questione per la disposizione della lett. a), che si riferisce all’«entrée en fonctions». D’altra parte, altre versioni linguistiche, incluse quelle della lingua processuale della presente causa, usano termini identici nella disposizione della lett. a) e nella disposizione della lett. b) (in particolare, «entered/entering the service», sono le espressioni usate nella versione inglese e «entrata in servizio» è l’espressione usata nella versione italiana). Inoltre, in vari casi, lo Statuto usa l’espressione «entrata in servizio» («entrée en service») per indicare l’entrata iniziale nelle funzioni, come ad esempio all’art. 73 per la copertura dei rischi di malattia professionale e d’infortunio e all’art. 1 dell’Allegato V per il calcolo del congedo ordinario.

67      Per determinare la data di scadenza del periodo di riferimento della disposizione della lett. b) e, in particolare, la portata esatta dell’interpretazione adottata in merito da parte della citata sentenza Magdalena Fernández/Commissione, si deve anche tenere conto delle modalità di attuazione dell’eccezione che la disposizione della lett. b) introduce per i periodi di servizio effettuati in seno ad uno Stato o ad un’organizzazione internazionale. Infatti, tale eccezione è redatta in modo differente dall’analoga eccezione prevista nella disposizione della lett. a), riguardo cui esiste, del resto, un’abbondante giurisprudenza che va nel senso di una neutralizzazione dei periodi in questione, il che ha per effetto di non tenere conto di tali periodi e di prolungare il periodo di riferimento quinquennale della disposizione della lett. a) di una durata equivalente.

68      In considerazione della differente formulazione, nella disposizione della lett. b), dell’eccezione relativa all’esercizio delle funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, nonché del principio di un’interpretazione restrittiva di tale disposizione (v. sentenza del Tribunale 11 luglio 2007, causa F‑7/06, B/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 39 e 41), l’eccezione in questione potrebbe essere interpretata nel senso che ogni periodo di lavoro per un’organizzazione internazionale nel corso dei dieci anni del periodo di riferimento menzionato nella disposizione della lett. b) comporti automaticamente che l’interessato sia privato dell’indennità di dislocazione quando la sua sede di servizio si trova nel paese di cui ha o ha avuto la cittadinanza. Infatti, a causa della semplice circostanza che l’interessato abbia prestato un tale tipo di lavoro nel corso del periodo di riferimento e, a causa di ciò, abbia abitato abitualmente nel paese in cui prestava tale lavoro, ossia fuori dal paese della futura sede di servizio per cui viene richiesto il beneficio dell’indennità di dislocazione, egli non potrà, salvo casi eccezionali, soddisfare il requisito previsto dalla disposizione della lett. b), volto a che il dipendente abbia avuto la sua residenza abituale fuori dal territorio europeo di tale paese «per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale». In altre parole, e in analogia a ciò che è stato statuito riguardo alla disposizione della lett. a), in applicazione del criterio dello stabilimento e non dei legami durevoli con lo Stato della sede di servizio (sentenza della Corte 21 giugno 2007, causa C‑424/05 P, Commissione/Hosman‑Chevalier, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 38; sentenza del Tribunale di primo grado 13 dicembre 2004, causa T‑251/02, E/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A-359 e II‑1643, punto 126), si deve considerare come se la residenza abituale di tale dipendente fosse stata mantenuta o stabilita nel paese di cui egli ha o ha avuto la cittadinanza.

69      È vero che, nella presente causa, la Commissione non sostiene una tale interpretazione restrittiva, e dissuasiva per la mobilità dei dipendenti, della disposizione della lett. b). Infatti, fissando la data di scadenza del periodo decennale di riferimento al 1° dicembre 2001, e la sua data iniziale al 1° dicembre 1991, la Commissione trascura il fatto che, dal 16 gennaio 1996 al 28 febbraio 1997, il ricorrente ha lavorato per i suoi servizi, il che è assimilato ad un lavoro per un’organizzazione internazionale (sentenze del Tribunale di primo grado 14 dicembre 1995, causa T‑72/94, Diamantaras/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A-285 e II‑865, punto 52, e 3 maggio 2001, causa T‑60/00, Liaskou/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑107 e II‑489, punto 50); in altri termini, la Commissione delimita il periodo di riferimento come se la disposizione della lett. b) non contenesse l’eccezione relativa al lavoro per un’organizzazione internazionale. Da parte sua, il ricorrente, il quale fissa la data di scadenza del periodo decennale di riferimento al 28 febbraio 2005 e la sua data iniziale al 1° marzo 1995, trascura anch’egli il fatto che, a partire dal 2001, egli lavora per conto della Commissione; interrogato al riguardo all’udienza, non è stato in grado di spiegare perché il suo calcolo del periodo di riferimento ignorasse le sue precedenti funzioni per la Commissione a Bruxelles. Il Tribunale osserva tuttavia che, nella sua replica, il ricorrente considera, alternativamente, una neutralizzazione dei suoi periodi di lavoro in seno alla Commissione, ammettendo che, in un tale caso, la data iniziale del periodo di riferimento risalirebbe al mese di luglio 1990 (v. punto 53 della presente sentenza).

70      Pertanto, e considerate le questioni che solleva l’attuazione dell’eccezione relativa ai periodi di lavoro per uno Stato o per un’organizzazione internazionale (v. punti 67 e 68 della presente sentenza), la fissazione della data di scadenza del periodo decennale al giorno precedente la data dell’ulteriore riassegnazione, per la quale viene sollecitato il beneficio dell’indennità di dislocazione, potrebbe avere come conseguenza che i dipendenti riassegnati nel paese di cui hanno o hanno avuto la cittadinanza siano privati d’ufficio di tale indennità a causa del loro impiego, durante il periodo che precede la riassegnazione, da parte di un’istituzione comunitaria, ossia (v. punto 69 della presente sentenza), da parte di una «organizzazione internazionale» ai sensi della disposizione della lett. b).

71      Alla luce di quanto precede, il Tribunale conclude che si deve interpretare la disposizione della lett. b) nel senso che, in caso di riassegnazione di un dipendente, la fissazione della data di scadenza del periodo di riferimento deve essere effettuata conformemente all’interpretazione data nella citata sentenza Magdalena Fernández/Commissione, riguardo alla disposizione della lett. a), vale a dire prendendo in considerazione la data iniziale di entrata in servizio presso le Comunità.

72      Per ciò che concerne la data iniziale del periodo di riferimento previsto nella disposizione della lett. b), il Tribunale constata che la Commissione lo fissa al 1° dicembre 1991. Quindi, come del resto già rilevato (punto 69 della presente sentenza), essa non effettua alcun prolungamento di tale periodo, mediante un’eventuale neutralizzazione del periodo durante il quale il ricorrente ha lavorato per i suoi servizi come agente ausiliario, ossia dal 16 gennaio 1996 al 28 febbraio 1997. Ciò vale anche per il ricorrente, il quale prima di prendere definitivamente posizione, nella sua replica, a favore di un periodo di riferimento che scade nel 2005, considerava anch’egli che, scadendo eventualmente nel 2001, il periodo di riferimento risalisse al dicembre 1991 (o addirittura ad una data anteriore, in caso di neutralizzazione del periodo che aveva trascorso in qualità di agente ausiliario presso la Commissione).

73      Ne risulta che, benché le parti non condividano l’interpretazione restrittiva considerata al punto 68 della presente sentenza, ossia che, salvo casi eccezionali, ogni impiego per un’organizzazione internazionale durante il periodo di riferimento avrebbe per effetto automatico il rifiuto della concessione del beneficio dell’indennità di dislocazione, esse non traggono, per di più, alcuna conseguenza, riguardo alla delimitazione del periodo decennale, dal fatto che un tale tipo di impiego sia stato svolto; esse delimitano infatti il periodo decennale di riferimento come l’avrebbero fatto in assenza di tale parte della disposizione della lett. b), la quale introduce una eccezione relativa al lavoro per un’organizzazione internazionale.

74      Un tale approccio viola tanto la lettera, quanto lo scopo della disposizione della lett. b), indipendentemente anche dalle considerazioni di cui al punto 68 della presente sentenza, poiché esso deriva, in pratica, da un’assimilazione del lavoro effettuato per conto di uno Stato o di un’organizzazione internazionale al lavoro prestato per ogni altro datore di lavoro. Orbene, anche ammettendo, contrariamente alle considerazioni di cui al punto 68 della presente sentenza, che l’esercizio di funzioni per uno Stato o un’organizzazione internazionale non sia di natura tale da privare automaticamente l’interessato dell’indennità di dislocazione, occorrerebbe almeno che il periodo durante il quale tali funzioni sono state esercitate possa, come nel caso dell’applicazione della disposizione della lett. a), dare luogo ad una neutralizzazione, con analogo prolungamento del periodo di riferimento. In caso contrario, il periodo di riferimento rischierebbe di essere ridotto fino a perdere ogni efficacia ai fini dell’applicazione della disposizione della lett. b).

75      In caso di una tale neutralizzazione, che corrisponderebbe alla durata del contratto di agente ausiliario, di cui ha beneficiato il ricorrente dal 16 gennaio 1996 al 28 febbraio 1997, la data iniziale del periodo di riferimento non dovrebbe essere fissata al 1° dicembre 1991, ma al 16 ottobre 1990 (o al 6 dicembre dello stesso anno, se si sottrae alla durata del contratto di agente ausiliario il breve periodo durante cui il ricorrente ha seguito il corso di istruzione militare menzionato al punto 14 della presente sentenza).

76      Tuttavia, come risulta dalle considerazioni che seguono, relative alla determinazione della residenza abituale del ricorrente durante il periodo di riferimento, il risultato sarebbe identico, indipendentemente dal fatto che la data iniziale del periodo di riferimento sia o meno anteriore al dicembre 1991.

 Sul requisito relativo alla residenza abituale durante il periodo di riferimento

77      Si desume da giurisprudenza costante che la nozione di residenza abituale corrisponde al luogo in cui l’interessato ha fissato, con voluto carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei propri interessi e che, trattandosi di un elemento di fatto, è necessario prendere in considerazione la residenza effettiva dell’interessato (sentenza Magdalena Fernández/Commissione, cit., punto 27).

78      Si desume anche da giurisprudenza costante che, per il requisito negativo concernente la residenza abituale dell’interessato nel paese della sua sede di servizio, l’onere della prova è a carico del dipendente (v., in tal senso, sentenza E/Commissione, cit., punto 84; sentenza del Tribunale di primo grado 13 settembre 2005, causa T‑283/03, Recalde Langarica/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑235 e II‑1075, punto 142).

79      Di conseguenza, per ottenere l’annullamento della decisione 3 marzo 2005 che gli ha negato l’indennità di dislocazione e per avere quindi diritto a tale indennità, il ricorrente deve dimostrare che, durante tutto il periodo decennale di riferimento, il quale decorre, a suo parere, dal 1° dicembre 1991 – o da una data anteriore in caso di neutralizzazione del suo periodo di servizio in quanto agente ausiliario (v. punto 72 della presente sentenza) – al 30 novembre 2001, la sua residenza abituale si trovava al di fuori dell’Italia per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

80      Conformemente al ragionamento sviluppato al punto 68 della presente sentenza, è compito del ricorrente provare che egli soddisfa un requisito costituito da due elementi. Il primo consisterebbe nel fornire la prova della residenza abituale al di fuori dell’Italia durante tutto il periodo di riferimento, mentre con il secondo, che rileverebbe solo se il ricorrente avesse provato il primo elemento, gli verrebbe richiesto di dimostrare che il fatto che la sua residenza abituale si sia trovata al di fuori dell’Italia non era dovuto all’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, qualunque sia stata la durata di tali funzioni.

81      In tale caso, sarebbe giocoforza constatare che, indipendentemente dal fatto che venga provato o meno il primo elemento, il ricorrente non sarebbe in grado di provare il secondo degli elementi che costituiscono il requisito previsto dalla disposizione della lett. b), poiché, se risiedeva fuori dall’Italia dal 16 gennaio 1996 al 28 febbraio 1997, era per esercitare le sue funzioni di agente ausiliario presso la Commissione.

82      Non essendo così soddisfatto il requisito previsto dalla disposizione della lett. b), il ricorrente non avrebbe diritto all’indennità di dislocazione.

83      Lo stesso varrebbe in applicazione non del ragionamento sviluppato al punto 68 della presente sentenza, ma di un’interpretazione più flessibile, che neutralizzasse il periodo trascorso dal ricorrente in quanto agente ausiliario presso la Commissione (v. punti 74 e 75 della presente sentenza).

84      In un tal caso, il periodo di riferimento, che scade sempre il 30 novembre 2001, comincerebbe non il 1° dicembre 1991, ma ad una data risultante dal prolungamento del detto periodo di riferimento, determinata in funzione della durata del contratto di agente ausiliario del ricorrente, ossia dicembre o ottobre 1990.

85      Orbene, il Tribunale constata che, per alcune parti di tale periodo di riferimento, segnatamente dal settembre 1992 al febbraio 1994 e indipendentemente dal metodo di calcolo utilizzato per la delimitazione di tutto il periodo di riferimento, il ricorrente è impossibilitato a provare l’esistenza di una residenza abituale al di fuori dell’Italia.

86      È vero che il ricorrente sostiene che si trovava in Francia dal settembre al dicembre 1992 e che, in seguito, dal gennaio 1993 al febbraio 1994, essendo alla ricerca di lavoro, ha risieduto in diversi paesi europei.

87      Egli non è stato tuttavia in grado di corroborare tali affermazioni con mezzi di prova decisivi. Invitato, in particolare, mediante una misura d’organizzazione del procedimento, a produrre documenti che potessero dimostrare la sua residenza effettiva in Francia dal settembre al dicembre 1992, nel Regno Unito nel 1993 e in Belgio dall’agosto/settembre 1994 al gennaio 1995, il ricorrente ha prodotto solo pochi documenti supplementari, ovvero un formulario relativo a contributi sociali pagati in Francia nel 1990 e nel 1992 e traduzioni effettuate dal consolato italiano a Chambéry nel 1992 e nel 1993, che egli considera come prove della sua «presenza fisica» in Francia durante il periodo dal settembre al dicembre 1992. Per ciò che riguarda il suo soggiorno nel Regno Unito protrattosi, a suo avviso, per diversi mesi nel 1993, il ricorrente ha affermato di non essere in grado di fornire informazioni relative alle condizioni di rilascio in tale paese della carta di assistenza sanitaria che aveva allegato alla sua replica, ma ha prodotto copia della sua domanda, effettuata nel 2007, per ottenere copia dei documenti emessi in Italia riguardo alla sua copertura di assicurazione malattia all’estero. Peraltro, egli ha dichiarato che i contratti relativi all’utilizzo di taluni servizi pubblici, i contratti di locazione, nonché altri documenti che avrebbero potuto provare la sua presenza al di fuori dell’Italia dal 1992 al 1994, sono stati persi.

88      Orbene, i documenti prodotti in risposta ai quesiti del Tribunale, anche considerati con quelli allegati al ricorso o alla replica, dimostrano difficilmente una residenza abituale al di fuori dell’Italia dal settembre 1992 al febbraio 1994. Infatti, il documento riguardante il pagamento di contributi sociali in Francia, emesso in occasione del trasferimento dei diritti pensionistici del ricorrente verso il regime comunitario nel 2003, non prova una residenza sistematica in tale paese, ma attesta il livello di contribuzione, peraltro scarso, nel corso di tutto l’anno 1992. Orbene, la verifica dei documenti precedentemente prodotti dal ricorrente, nonché la verifica del suo fascicolo personale, dimostrano che tale attestazione si riferisce ai contributi riguardanti i suoi impieghi presso il Dipartimento della Savoia dall’8 al 23 febbraio 1992 e per conto dell’Università della Savoia, dal 1° al 29 febbraio 1992, concernenti con ogni evidenza periodi di presenza in Francia al di fuori del periodo contestato dall’aprile (o settembre; v. punti 23 e 46 della presente sentenza) 1992 al febbraio 1994. La traduzione del 9 ottobre 1992 attesta l’ottenimento della laurea nel luglio 1992 e quella del 20 ottobre 1992 i voti ottenuti durante la sessione di esami del giugno 1992, senza per questo attestare l’identità né la residenza della persona che ha richiesto tali attestazioni. Lo stesso vale per i documenti tradotti il 28 settembre 1993, che attestano la prima iscrizione del ricorrente presso l’Università della Savoia nel 1990 e la sua situazione accademica alla data del 7 settembre 1993, menzionando tale secondo documento peraltro un indirizzo del ricorrente in Italia a tale ultima data. Infine, la domanda diretta a ottenere copia dei documenti E 111, eventualmente emessi durante il periodo compreso tra il 1992 e il 2001, è priva di valore probante, non avendo il ricorrente potuto produrre documenti derivanti da tale richiesta.

89      Il Tribunale è consapevole del fatto che il numero di anni trascorsi dopo il periodo in questione, ossia il periodo dal settembre (o aprile) 1992 al febbraio 1994, rende difficile la raccolta di documenti probanti. Tale constatazione non lo dispensa tuttavia dall’obbligo di verificare la legittimità della decisione 3 marzo 2005 con riferimento al requisito a cui le norme applicabili subordinano la concessione dell’indennità di dislocazione. Ne conclude che il ricorrente non è riuscito a provare una residenza abituale al di fuori dell’Italia durante tutto il periodo di riferimento.

90      Inoltre, i documenti prodotti dalla Commissione, di cui il ricorrente ha contestato la ricevibilità, rinforzano e confermano la conclusione cui giunge il Tribunale per ciò che riguarda la residenza abituale del ricorrente durante i mesi considerati. Ciò vale segnatamente per le attestazioni dell’Università «La Sapienza» e della società di investigazioni Tom Ponzi. Esse costituiscono forti indizi contro la tesi secondo cui il ricorrente non avrebbe abitato in Italia durante tale periodo. Benché la forma di una «collaborazione» con un’istituzione o una società commerciale non richieda necessariamente una presenza quotidiana o almeno regolare del collaboratore nel luogo ove si trova la sede dell’istituzione o della società in questione, nulla indica che ciò non avvenisse nella presente fattispecie. Peraltro, il ricorrente non fornisce la prova che la sua attività per conto della summenzionata università o della società di investigazioni sia stata localizzata all’estero.

91      Pertanto, non avendo il ricorrente avuto, almeno dal settembre 1992 al febbraio 1994, la sua residenza abituale al di fuori dell’Italia, il Tribunale giunge alla conclusione, alla luce specificamente degli indizi dell’esistenza di legami forti con l’Italia emersi dai documenti prodotti in allegato al controricorso della Commissione, che il soggiorno del ricorrente in Francia, dopo il luglio 1990, in particolare in qualità di studente, non ha portato ad una rottura dei suoi legami con l’Italia ai sensi della giurisprudenza comunitaria e, in subordine, ammesso che una tale rottura sia intervenuta, che i suoi legami con l’Italia sono stati ristabiliti a partire dal settembre 1992.

92      Peraltro, e per le ragioni esposte riguardo alla domanda del ricorrente volta ad ordinare la riapertura dei termini per impugnare le decisioni del 2002 (v. punti 98‑100 della presente sentenza), le asserite contraddizioni tra queste e le decisioni del 2005 non sono tali da inficiare la validità di queste ultime.

93      Da quanto precede risulta che la domanda di annullamento del ricorrente deve essere respinta.

94      Ciò varrebbe evidentemente anche se, contrariamente a quanto statuito dal Tribunale al punto 75 della presente sentenza (v. anche punti 72, 79 e 84), la data iniziale del periodo di riferimento dovesse essere stabilita alla data del 1° dicembre 1991 e non ad una data anteriore, risultante da una neutralizzazione dei periodi trascorsi dal ricorrente in qualità di agente ausiliario presso la Commissione.

95      La stessa constatazione si imporrebbe del resto se si seguisse il punto di vista del ricorrente che fissa la data di scadenza del periodo di riferimento al momento della sua riassegnazione a Roma nel 2005, più precisamente al 28 febbraio 2005. Infatti, in applicazione del ragionamento sviluppato al punto 68, il fatto di aver risieduto a Bruxelles a partire dal 2001, in qualità di dipendente presso la Commissione, avrebbe escluso d’ufficio il ricorrente dal beneficio dell’indennità di dislocazione. La domanda di annullamento dovrebbe inoltre essere respinta, anche indipendentemente dal ragionamento di cui al punto 68, in ragione della sola neutralizzazione del periodo di lavoro del ricorrente, a partire dal 2001, presso la Commissione; in un tale caso, indipendentemente dal fatto che la data iniziale del periodo di riferimento venga fissata nel mese di luglio 1990, come sostiene il ricorrente (v. punti 53 e 69 della presente sentenza), oppure alla data del 16 ottobre o del 6 dicembre 1990 (v. punto 75 della presente sentenza), esso includerà necessariamente i mesi compresi tra il settembre 1992 e il febbraio 1994, per i quali il Tribunale ha stabilito ai punti 85‑91 della presente sentenza che il requisito della residenza previsto dalla disposizione della lett. b) non è soddisfatto.

 Sulla domanda volta ad ordinare la riapertura dei termini per proporre ricorsi di annullamento contro le decisioni adottate il 27 febbraio e il 14 novembre 2002

96      Il ricorrente considera che, se il Tribunale dovesse constatare la legittimità della decisione 10 agosto 2005, ciò costituirebbe un fatto nuovo, che riaprirebbe i termini del ricorso contro le decisioni di rigetto 27 febbraio e 14 novembre 2002.

97      La Commissione considera che il ricorrente non può sostenere che la decisione 10 agosto 2005 costituirebbe un fatto nuovo per chiedere la riapertura dei termini di impugnazione delle decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002. A suo avviso, una decisione non può diventare illegittima in ragione di un fatto sopravvenuto successivamente alla sua adozione. Del pari, essa considera che una decisione adottata in applicazione della disposizione della lett. b) non può rivestire «carattere decisivo» per la valutazione della legittimità di una decisione adottata in applicazione della disposizione della lett. a). Nel caso in cui il Tribunale considerasse la decisione 10 agosto 2005 come un fatto nuovo, la Commissione chiede che siano dichiarate irricevibili le domande relative alle decisioni adottate il 27 febbraio e il 14 novembre 2002, in mancanza, da un lato, di una regolare procedura precontenziosa, e, dall’altro, di argomenti a favore della riapertura dei termini di impugnazione di tali decisioni, limitandosi il ricorrente ad affermare una tale possibilità, fondandosi su un presunto errore dell’amministrazione, senza fornire la prova dell’esistenza di un caso fortuito o di un caso di forza maggiore. La Commissione chiede anche che venga rigettata la domanda relativa alla riapertura dei termini, nel caso in cui il fondamento di tale domanda sia l’art. 103 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, per il motivo che i termini di deposito di una domanda, nonché i termini processuali stabiliti dallo Statuto o definiti dai regolamenti, che i giudici non possono modificare, sarebbero esclusi dall’ambito di applicazione di tale disposizione.

98      Senza che sia necessario pronunciarsi sulle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione nei confronti della domanda del ricorrente diretta alla riapertura dei termini, nonché sugli argomenti che si opporrebbero a che il ricorrente possa riferirsi nella fattispecie alla giurisprudenza relativa ai fatti nuovi, è giocoforza constatare che la domanda del ricorrente si fonda sulla pretesa contraddizione tra le decisioni del 2002 e del 2005 per ciò che riguarda il luogo della sua residenza abituale dal 1° febbraio al 15 luglio 1995, nonché sul passaggio della decisione 14 novembre 2002, che ha rigettato il reclamo, che menzionava l’indirizzo autonomo che il ricorrente avrebbe avuto a Bruxelles a partire dall’11 aprile 1994 e che sarebbe quindi in contraddizione con la decisione di rigetto del reclamo nella fattispecie, ossia la decisione 10 agosto 2005, la quale considera che dal settembre 1994 al gennaio 1995 il ricorrente era studente a Roma.

99      Orbene, per ciò che riguarda la prima contraddizione contestata dal ricorrente alla Commissione, occorre rilevare che il periodo compreso tra il 1° febbraio e il 15 luglio 1995 non è controverso nella fattispecie, essendo tutti anteriori a tale periodo i periodi per cui la Commissione rifiutava di riconoscere che il ricorrente non aveva la sua residenza abituale al di fuori dell’Italia. Il Tribunale osserva peraltro che, nella sua risposta al reclamo del ricorrente, la Commissione si pronuncia affermativamente sulla sua residenza abituale in Italia solo per i 23 mesi compresi tra il settembre 1992 e il febbraio 1994, da un lato, e tra il settembre 1994 e il gennaio 1995, dall’altro. Per contro, essa non si pronuncia in tal senso in merito al summenzionato periodo, ossia quello compreso tra il 1° febbraio e il 15 luglio 1995. È vero che essa ricorda come il ricorrente abbia ottenuto l’indennità di dislocazione nel 1996, il che significa che si era allora considerato che la sua residenza abituale non si trovasse in Belgio durante la totalità di un periodo di cinque anni che scadeva sei mesi prima della sua entrata in servizio, vale a dire il 16 gennaio 1996, periodo che includeva certamente il periodo compreso tra il 1° febbraio e il 15 luglio 1995; cionondimeno, la sua residenza abituale poteva trovarsi in Belgio durante una parte di tale periodo quinquennale, senza che egli fosse per questo privato dell’indennità di dislocazione, e nulla impedisce che ciò si sia verificato durante il periodo compreso tra il 1° febbraio e il 15 luglio 1995 o durante parte di esso. Di conseguenza, il ricorrente non può affermare che le decisioni della Commissione del 2005 menzionino la sua residenza abituale che egli avrebbe avuto in Italia dal 1° febbraio al 15 luglio 1995.

100    Riguardo, peraltro, al periodo compreso tra il settembre 1994 e il gennaio 1995, è vero che la tesi espressa nella decisione 14 novembre 2002 sembra, nella fattispecie, in contraddizione con la decisione 3 marzo 2005. Tuttavia, per pronunciarsi sulla domanda di annullamento, che costituisce l’oggetto principale della presente controversia, il Tribunale non ha dovuto pronunciarsi anche riguardo a tale periodo. Infatti, la conclusione cui è pervenuto per l’altro periodo controverso nel presente giudizio, quello compreso tra l’aprile (o il settembre; v. punto 88 della presente sentenza) 1992 e il febbraio 1994, secondo la quale il ricorrente non è stato in grado di provare che aveva stabilito la sua residenza abituale al di fuori dell’Italia almeno a partire dal settembre 1992, era sufficiente per respingere la domanda di annullamento. Per di più, ammesso che il Tribunale avesse esteso il suo esame al periodo compreso tra il settembre 1994 e il gennaio 1995, le sue valutazioni e conclusioni sarebbero rimaste in ogni caso estranee alla problematica relativa alla concessione dell’indennità di dislocazione nel 2002, in quanto il periodo di riferimento in tale altra fattispecie decorreva dal 1° febbraio 1995 al 30 maggio 2001.

101    Da quanto precede risulta che la domanda relativa alla riapertura dei termini è priva di fondamento e deve essere respinta.

 Sull’eccezione di illegittimità

 Argomenti delle parti

102    Il ricorrente solleva, in ulteriore subordine, un’eccezione di illegittimità nei confronti delle decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002, conformemente all’art. 241 CE. Pur ammettendo che, in linea di principio, una tale eccezione può essere sollevata solo per rimettere in questione atti di portata generale, come un regolamento, egli ritiene nondimeno che tali decisioni fissano principi di portata generale relativi all’interpretazione dello Statuto. Poiché secondo il ricorrente l’eccezione d’illegittimità mira appunto a dichiarare inapplicabili i principi di cui trattasi nel caso di specie, l’eccezione d’illegittimità sarebbe ricevibile. A sostegno di tale eccezione, il ricorrente ribadisce i suoi argomenti relativi alla contraddizione della motivazione tra le decisioni del 2002 e quelle del 2005 riguardo al periodo compreso tra il 1° febbraio e il 15 luglio 1995, fondati, nel contesto della detta eccezione di illegittimità, sulla premessa che la corretta motivazione è quella delle decisioni del 2005; sempre nello stesso contesto, il ricorrente considera che, già nel 1995, il centro dei suoi interessi fosse stato stabilito ad Ariccia e che lo stesso vale per gli altri periodi compresi all’interno del periodo di riferimento, conformemente alla sentenza del Tribunale di primo grado 25 ottobre 2005, causa T‑299/02, Dedeu i Fontcuberta/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑303 e II‑1377). Egli si riferisce anche alla necessità di neutralizzare i periodi durante i quali ha lavorato come «interinale» per la Commissione prima di entrarvi in servizio il 1° dicembre 2001.

103    La Commissione ribatte che nella fattispecie manca il requisito per applicare un’eccezione di illegittimità, previsto dalla giurisprudenza, relativo all’esistenza di una decisione generale preliminare che costituisca il fondamento di una decisione individuale ulteriore, costituendo le decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002, da un lato, e 10 agosto 2005, dall’altro, atti autonomi, con contenuti distinti.

104    Nella sua replica il ricorrente sostiene che l’eccezione di illegittimità che egli solleva è ricevibile, alla luce della teoria secondo la quale un atto anteriore di portata individuale è considerato come un atto di portata generale qualora costituisca il fondamento di un’ulteriore decisione. Considerato che la Commissione stessa fonderebbe la sua motivazione su una decisione del 1996, il ricorrente considera che le decisioni 27 febbraio e 14 novembre 2002 dovrebbero avere una portata analoga a quella di un atto generale.

 Giudizio del Tribunale

105    Conformemente ad una giurisprudenza costante, nell’ambito del rimedio giuridico istituito dall’art. 91 dello Statuto, un dipendente, nell’impugnare la decisione individuale che lo riguarda, può dedurre l’illegittimità di un atto di carattere generale di cui la detta decisione costituisce un’attuazione (sentenza della Corte 10 dicembre 1987, cause riunite 181/86, 128/86, 183/86 e 184/86, Del Plato/Commissione, Racc. pag. 4991, punti 9 e 10). La portata di un’eccezione di illegittimità deve tuttavia essere limitata a ciò che è indispensabile per la soluzione della controversia (sentenza del Tribunale di primo grado 29 novembre 2006, cause riunite T‑35/05, T‑61/05, T‑107/05, T‑108/05 e T‑139/05, Agne-Dapper e a./Parlamento, Consiglio, Commissione, Corte dei Conti e CESE, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 44). Quindi, l’atto generale del quale viene eccepita l’illegittimità deve essere applicabile, direttamente o indirettamente, alla fattispecie che costituisce l’oggetto del ricorso e deve esistere un nesso giuridico diretto tra la decisione individuale impugnata e l’atto generale in questione (sentenza del Tribunale di primo grado 26 ottobre 1993, cause riunite T‑6/92 e T‑52/92, Reinarz/Commissione, Racc. pag. II‑1047, punto 57).

106    Anche ammettendo che agli atti di portata generale ai sensi della summenzionata giurisprudenza siano da assimilare gli atti «che fissano principi di portata generale», come sostiene il ricorrente, le decisioni del 2002, adottate sulla base della situazione propria del ricorrente, non appartengono a tale categoria. Se le decisioni del 2005 si riferiscono anche alle decisioni del 2002, ciò avviene solamente con l’obiettivo di dimostrare la coerenza delle valutazioni individuali effettuate nel 2005 con quelle del 2002 e non al fine di attingere dalle decisioni del 2002 principi generali che le decisioni del 2005 applicherebbero. In ogni caso, le decisioni del 2002 non possono assolutamente essere considerate come se fossero servite da fondamento per le decisioni del 2005. In siffatta situazione, in cui manca una stretta connessione tra i due gruppi di decisioni, e più specificamente in una configurazione come quella della presente fattispecie, in cui le decisioni del 2002 non costituiscono atti preparatori o preliminari a quelle del 2005, ragioni di certezza del diritto ostano a che un dipendente tenti, mediante un’eccezione di illegittimità, di impugnare atti non contestati in tempo utile (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado 31 gennaio 2006, causa T‑293/03, Giulietti/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 41 e 42).

107    Di conseguenza, occorre respingere l’eccezione di illegittimità sollevata dal ricorrente.

 Sulle spese

108    Come statuito dal Tribunale nella sua sentenza 26 aprile 2006, causa F‑16/05, Falcione/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 77‑86), finché il regolamento di procedura del Tribunale e, in particolare, le disposizioni speciali relative alle spese non sono entrate in vigore, nell’interesse della buona amministrazione della giustizia e al fine di garantire agli interessati una sufficiente prevedibilità riguardo alle norme relative alle spese del giudizio, si deve applicare esclusivamente il regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

109    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura di quest’ultimo Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è fatta domanda. Tuttavia, in forza dell’art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Dato che il ricorrente è risultato soccombente, si deve condannare ciascuna parte a sopportare le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Kreppel

Tagaras

Gervasoni

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 2007.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

      H. Kreppel


* Lingua processuale: l’italiano.