Language of document : ECLI:EU:T:2009:221

ORDINANZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

26 giugno 2009 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Funzionari – Termine ragionevole per presentare domanda di risarcimento danni – Tardività – Impugnazione in parte manifestamente irricevibile e in parte manifestamente infondata»

Nel procedimento T‑114/08 P,

avente ad oggetto l’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 14 dicembre 2007, causa F‑21/07, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), volta all’annullamento di tale ordinanza,

Luigi Marcuccio, ex funzionario della Commissione delle Comunità europee, residente in Tricase, rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Sezione delle impugnazioni),

composto dal sig. M. Jaeger, presidente, dalla sig.ra V. Tiili, dai sigg. J. Azizi (relatore), O. Czúcz e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

ha emesso la presente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, introdotta ai sensi dell’art. 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia, il ricorrente, sig. Luigi Marcuccio, chiede l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Prima Sezione) 14 dicembre 2007, causa F‑21/07, Marcuccio/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale detto giudice ha dichiarato manifestamente irricevibile, in quanto tardivo, il ricorso diretto principalmente a ottenere il risarcimento del preteso danno morale subìto dallo stesso a concorrenza di EUR 100 000 in conseguenza di una serie di comportamenti illeciti da parte di taluni agenti della Commissione delle Comunità europee, in particolare nell’ambito del trattamento dei suoi dati medici.

 Fatti e procedimento in primo grado

2        I fatti da cui è scaturita la controversia sono esposti nell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«2      Il ricorrente è stato dipendente di ruolo di grado A7 presso la direzione generale (DG) “Sviluppo” della Commissione, dal 16 giugno 2000 al 30 maggio 2005.

3      Il ricorrente è stato assegnato alla delegazione della Commissione a Luanda, in Angola, ove ha svolto le sue mansioni sino alla sua riassegnazione a Bruxelles, nell’interesse del servizio, con decisione 18 marzo 2002.

4      Nel febbraio 2001, il ricorrente ha chiesto alla Commissione un mobile speciale per ragioni mediche (letto ortopedico), allegando alla propria richiesta un certificato medico datato 10 febbraio 2001 e redatto dal dottor F.

5      Con nota del 20 febbraio 2001, la DG “Relazioni esterne” ha informato il capo della delegazione in Angola che il ricorrente avrebbe potuto acquistare egli stesso “il letto e il materasso di sua scelta” e che le rispettive fatture sarebbero state rimborsate per un massimo di EUR 1 300. Riguardo al letto che il ricorrente desiderava acquistare, la nota includeva la seguente indicazione: “tenuto conto dell’uso abituale e del peso del dipendente che il dottor [S.] ci ha segnalato”. In allegato, un’altra nota, datata 14 febbraio 2001 e firmata dal dottor S., era diretta a escludere l’esistenza di “una ragione medica assoluta” tale da giustificare la fornitura di un mobile a carattere medico. Il ricorrente riconosce di aver ricevuto tali due note nel corso del mese di febbraio del 2001.

6      Il 17 gennaio 2006 il ricorrente ha inviato all’Autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’“APN”) una domanda datata 30 dicembre 2005, volta ad ottenere il risarcimento di un danno morale dell’importo di EUR 100 000. Nel suo ricorso, egli riassume le origini del danno come derivanti dal riferimento “a sue presunte caratteristiche antropometriche” che figurano nella nota del 20 febbraio 2001 e dal fatto che il dottor S. avrebbe, senza dubbio a torto, ritenuto che il peso del ricorrente non costituisse una ragione medica assoluta ai fini della concessione del beneficio di un letto ortopedico.

7      In assenza di decisione da parte della Commissione sulla sua domanda del 30 dicembre 2005, il 7 agosto 2006 il ricorrente ha proposto un reclamo datato 6 agosto 2006.

8      Con nota del 15 novembre 2006, ricevuta dal ricorrente il 14 dicembre 2006, la Commissione ha respinto il suo reclamo».

3        Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale della funzione pubblica il 4 giugno 2007, il ricorrente ha proposto un ricorso, iscritto a ruolo con il numero F‑21/07.

4        Il ricorrente ha concluso, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica voglia:

–        annullare la decisione implicita con la quale l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») ha respinto la sua domanda di risarcimento danni del 30 dicembre 2005;

–        annullare, per quanto necessario, la nota del 15 novembre 2006, con cui è stato respinto il suo reclamo;

–        condannare la Commissione a corrispondergli il risarcimento richiesto con la domanda del 30 dicembre 2005, vale a dire la somma di EUR 100 000, ovvero quella somma maggiore o minore che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa;

–        condannare la Commissione a corrispondergli l’ulteriore somma di EUR 50 000, ovvero la somma maggiore o minore che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa, a titolo di risarcimento dei danni subiti, successivamente alla data di presentazione della domanda del 30 dicembre 2005;

–        condannare la Commissione a corrispondergli gli interessi pari al 10% all’anno sulla somma reclamata di EUR 100 000, con capitalizzazione annuale dalla data di presentazione della domanda, vale a dire il 30 dicembre 2005, sino al soddisfacimento delle domande presentate e, più in generale, all’eliminazione del pregiudizio dedotto, nella misura e con la capitalizzazione che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa;

–        condannare la Commissione a procedere, senza alcun ulteriore indugio, alla distruzione materiale degli originali e di tutte le copie della nota datata 20 febbraio 2001, nonché della nota del 15 novembre 2006 e infine, se esistente, della nota del 20 luglio 2006, cui la Commissione fa riferimento nella nota del 15 novembre 2006, affermando che, con detta lettera, essa avrebbe respinto la domanda del 30 dicembre 2005;

–        condannare la Commissione a notificare al ricorrente l’avvenuta distruzione materiale dei documenti sopracitati, specificando sostanzialmente, per ciascun atto distrutto, il luogo in cui si trovava antecedentemente alla distruzione materiale, nonché le circostanze di tempo, di luogo e di azione della distruzione materiale in questione e, in particolare, la data, il luogo e il nominativo dell’agente esecutore;

–        condannare la Commissione a corrispondergli la somma di EUR 100 al giorno, per effetto dei diritti maturati «a questo titolo [nel mese] precedente», ovvero la somma maggiore o minore che il Tribunale della funzione pubblica riterrà giusta ed equa per ogni giorno di mora nel procedere alla distruzione materiale dei documenti in questione, a far tempo dalla data dell’emananda sentenza e fino all’effettiva notifica al ricorrente della distruzione materiale dei documenti in questione;

–        condannare la Commissione a tutte le spese.

5        La Commissione ha concluso, in primo grado, che il Tribunale della funzione pubblica voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e, in ogni caso, respingerlo in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese in toto.

 Sull’ordinanza impugnata

6        Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato il ricorso proposto dal ricorrente manifestamente irricevibile, ai sensi dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile all’epoca dei fatti di causa, mutatis mutandis, al Tribunale della funzione pubblica in forza dell’art. 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), per i seguenti motivi:

«19      Si deve in limine ricordare che, secondo giurisprudenza costante, spetta ai dipendenti di ruolo o agli agenti presentare all’Istituzione, entro un termine ragionevole decorrente dal momento in cui gli stessi sono venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentano, le loro domande dirette ad ottenere dalla Comunità un risarcimento a causa di un danno che sarebbe imputabile a quest’ultima (sentenza del Tribunale di primo grado 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II 3381, punti 65 e 66).

20      La ragionevolezza del termine dev’essere valutata in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso e del comportamento delle parti coinvolte (sentenza Eagle e a./Commissione, cit., punto 66).

21      Si deve a questo proposito anche tenere conto dell’elemento di paragone offerto dal termine di prescrizione di cinque anni previsto per le azioni in materia di responsabilità extracontrattuale dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, malgrado tale termine non trovi applicazione nelle controversie tra la Comunità e i suoi dipendenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punti 7, 10 e 11). Il Tribunale di primo grado ne ha concluso, al punto 71 della citata sentenza Eagle e a./Commissione, che gli interessati, dato che ritenevano di essere oggetto di un trattamento discriminatorio illecito, avrebbero dovuto presentare all’Istituzione comunitaria una domanda diretta ad ottenere l’adozione da parte sua delle misure idonee a rimediare a tale situazione e a porvi fine entro un termine ragionevole che non avrebbe potuto eccedere i cinque anni a decorrere dal momento in cui essi erano venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentavano (v. sentenza del Tribunale 1° febbraio 2007, causa F‑125/05, Tsarnavas/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).

22      Il termine di cinque non può tuttavia costituire un limite rigido e intangibile entro il quale sarebbe ricevibile qualsiasi domanda, indipendentemente dal tempo impiegato dal ricorrente per inoltrare all’amministrazione la sua domanda e dalle circostanze della fattispecie (v., in tal senso, sentenza Tsarnavas/Commissione, cit., punti 76 e 77).

23      Nel caso di specie, si deve constatare che sono trascorsi quasi cinque anni tra la data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza della situazione (febbraio 2001) della quale si duole nel presente ricorso e la domanda risarcitoria che ha inviato alla Commissione il 17 gennaio 2006.

24      Per il ricorrente la controversia non sembra avere valore fondamentale, dal momento che ha comunicato alla Commissione le proprie doglianze solo dopo un periodo di quasi cinque anni.

25      La causa, inoltre, non è complessa. Infatti, tutte le doglianze denunciate dal ricorrente derivano sostanzialmente da due note, peraltro brevi, e in particolare dal brano che figura in quella del 20 [febbraio] 2001.

26      Il ricorrente non deduce peraltro alcun elemento in grado di dimostrare che il lasso di tempo considerevole impiegato per presentare alla Commissione la sua domanda risarcitoria è giustificato dal comportamento di quest’ultima o da un’altra ragione. Riguardo al comportamento della Commissione, si deve anche notare che, con la sua nota del 20 febbraio 2001, essa aveva inteso “sbloccare la situazione” e a tal fine aveva offerto al ricorrente, da una parte, di scegliere egli stesso un letto ortopedico e, dall’altra, di rimborsare tale acquisto per un ammontare massimo di EUR 1 300, senza che vi fosse peraltro una ragione medica per un tale acquisto.

27      Alla luce di tutti gli elementi che precedono, in particolare dell’importanza limitata della controversia, del carattere circoscritto delle questioni sollevate dal ricorrente e del lungo periodo d’inerzia da parte di quest’ultimo senza giustificazione alcuna, si deve concludere che la domanda risarcitoria del ricorrente non è stata sottoposta alla Commissione entro un termine ragionevole. Di conseguenza, le domande di risarcimento contenute nel presente ricorso devono essere considerate manifestamente irricevibili.

28      Conseguentemente, le domande dirette contro la decisione di rigetto del reclamo devono anch’esse essere respinte.

29      Riguardo alle altre domande, dirette alla condanna della Commissione al versamento d’interessi moratori, alla condanna della Commissione a procedere alla distruzione delle note del 20 febbraio 2001, del 15 novembre 2006 e, per quanto esista, del 20 luglio 2006, e alla condanna della Commissione a notificare la distruzione delle dette note, valgono le stesse considerazioni che hanno indotto a concludere per l’inosservanza di un termine ragionevole nella presentazione della domanda di risarcimento dei pretesi danni. Inoltre, per costante giurisprudenza, nessuna ingiunzione può essere indirizzata alle istituzioni interessate (v., in tal senso, sentenze del Tribunale di primo grado 28 ottobre 2004, causa T‑76/03, Meister/UAMI, Racc. PI pagg. I‑A‑325 e II‑1477, punto 38, e 30 novembre 2005, causa T‑361/03, Vanlangendonck/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑377 e II‑1709, punto 25).

30      Pertanto, le domande di cui trattasi devono anch’esse essere respinte in quanto manifestamente irricevibili».

 Sull’impugnazione

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con memoria depositata alla cancelleria del Tribunale il 6 marzo 2008, il ricorrente ha proposto il presente ricorso. Il 27 maggio 2008, la Commissione ha depositato il proprio controricorso. Con lettera del 21 agosto 2008, il ricorrente ha formulato una domanda ai sensi dell’art. 146 del regolamento di procedura, per essere sentito nell’ambito della fase orale del procedimento.

8        Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare in toto l’ordinanza impugnata;

–        in via principale, accogliere le domande formulate in primo grado e condannare la Commissione alle spese, ivi comprese quelle relative alla presente impugnazione;

–        in subordine, rimettere la presente causa al Tribunale della funzione pubblica, che delibera in diversa composizione, affinché statuisca nuovamente sulla controversia.

9        La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        in subordine, nell’ipotesi in cui il Tribunale annullasse l’ordinanza impugnata, dichiarare in ogni caso infondato il ricorso proposto dal ricorrente dinanzi al Tribunale della funzione pubblica;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

10      Ai sensi dell’art. 145 del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, il Tribunale può respingerla in qualsiasi momento con ordinanza motivata anche se una delle parti ha chiesto al Tribunale lo svolgimento di un’udienza (ordinanza del Tribunale 24 settembre 2008, causa T‑105/08 P, Van Neyghem/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 21; v. anche in tal senso, con riguardo all’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, ordinanze della Corte 8 luglio 1999, causa C‑199/98 P, Goldstein/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 18, e 19 febbraio 2008, causa C‑262/07 P, Tokai Europe/Commissione, Racc. pag. I‑30, punto 25). Nel caso di specie, il Tribunale considera di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e, in applicazione di tale articolo, ritiene che non occorra proseguire il procedimento.

11      Avverso l’ordinanza impugnata, il ricorrente deduce formalmente otto motivi a sostegno del suo ricorso attinenti, in sostanza, in primo luogo, alla violazione dell’art. 288 CE e dell’obbligo di motivazione risultante dall’assenza di distinzione operata dal Tribunale della funzione pubblica tra le nozioni di fatto generatore del danno e di verificarsi del danno, in secondo luogo, alla violazione dell’art. 288 CE, dell’art. 46 dello Statuto della Corte e dell’art. 90 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto del personale»), risultante dal fatto che il Tribunale della funzione pubblica non avrebbe rispettato il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte, in terzo luogo, a un errore di valutazione da parte del Tribunale della funzione pubblica, con riguardo alla natura continuativa del danno del ricorrente, dal punto di vista del dies a quo del termine di ricorso, in quarto luogo, alla violazione, da parte del Tribunale della funzione pubblica, dell’art. 288 CE e dell’art. 90 dello Statuto del personale, risultante dall’aver fatto decorrere il termine per introdurre un’azione durante il periodo in cui il funzionario aveva un rapporto di lavoro con l’istituzione. Con il suo quinto motivo, che ne comprende in realtà tre, il ricorrente contesta, anzitutto, al Tribunale della funzione pubblica, in sostanza, di aver compiuto un’erronea applicazione dei criteri di valutazione del termine ragionevole per introdurre un ricorso ai sensi dell’art. 288 CE. Il ricorrente, inoltre, contesta al Tribunale di aver violato l’obbligo di motivazione che ad esso incombe e di aver erroneamente respinto il suo ricorso in forza dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile mutatis mutandis al procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica. Con il suo sesto motivo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha erroneamente fatto ricorso alla nozione di termine ragionevole per statuire sulle domande di distruzione delle note mediche che lo riguardano. Il settimo motivo riguarda la violazione degli artt. 235 CE e 288 CE in quanto tali domande di distruzione non sarebbero ricevibili. L’ottavo motivo attiene alla violazione delle norme sul giusto processo, segnatamente delle norme previste dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950.

12      In limine, occorre ricordare che una controversia tra un funzionario e l’istituzione presso cui presta o prestava servizio, e vertente sul risarcimento di un danno, qualora trovi origine nel rapporto di impiego che vincola l’interessato all’istituzione, rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 236 CE e degli artt. 90 e 91 dello Statuto del personale e si colloca, segnatamente per quanto riguarda la sua ricevibilità, al di fuori della sfera di applicazione sia dell’art. 235 CE e dell’art. 288, secondo comma, CE sia dell’art. 46 dello Statuto della Corte (sentenze della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punto 7; 17 febbraio 1977, causa 48/76, Reinarz/Commissione e Consiglio, Racc. pag. 291, punto 10, e 7 ottobre 1987, causa 401/85, Schina/Commissione, Racc. pag. 3911, punto 9). Ne consegue che le domande presentate in tale contesto possono riguardare sia l’annullamento sia il risarcimento, nel rispetto dei requisiti posti dallo Statuto del personale, in particolare quello del previo reclamo amministrativo (sentenze della Corte 4 luglio 1985, causa 174/83, Amman e a./Consiglio, Racc. pag. 2133, punto 12, e causa 175/83, Culmsee e a./CES, Racc. pag. 2149, punto 12). Ne consegue, del pari, che i ricorsi fondati sull’art. 236 CE sono assoggettati ai termini prescritti dagli artt. 90 e 91 dello Statuto del personale, indipendentemente dal loro oggetto, sia esso un annullamento ovvero un risarcimento (v., in tal senso, sentenza della Corte 1° aprile 1987, causa 257/85, Dufay/Parlamento, Racc. pag. 1561, punto 21).

13      Ciò premesso, atteso che il danno dedotto dal ricorrente, ex funzionario della Commissione, è sorto nell’ambito del rapporto di lavoro dello stesso con la Commissione, occorre dichiarare inconferenti i motivi del ricorrente, nella parte in cui si fondano sull’art. 235 CE e/o sull’art. 288, secondo comma, CE. È alla luce di tali rilievi che occorre decidere la presente controversia.

14      Occorre peraltro rilevare che con ciascuno dei primi sei summenzionati motivi, che parzialmente si sovrappongono, il ricorrente intende, in sostanza, rimettere in discussione la conclusione formulata dal Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata, secondo cui il ricorso in primo grado era tardivo. Occorre pertanto pronunciarsi, in primo luogo, in ordine alla fondatezza in diritto di tale conclusione per trattare tali sei motivi congiuntamente. Oltre al settimo e all’ottavo motivo, il Tribunale esaminerà del pari se il Tribunale della funzione pubblica sia venuto meno all’obbligo di motivazione ad esso incombente e, infine, se abbia violato l’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale.

 Sui primi sei motivi, attinenti alla tardività del ricorso in primo grado

–       Argomenti delle parti

15      Il ricorrente sostiene, con il suo primo motivo, che il Tribunale della funzione pubblica abbia erroneamente individuato il dies a quo del termine relativo alla sua domanda di risarcimento, prendendo in considerazione non la data in cui si è verificato il danno, bensì quella dell’evento generatore del danno, in base all’erronea presunzione che tali date coincidano.

16      Con il suo secondo motivo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha violato l’art. 288 CE, l’art. 46 dello Statuto della Corte e l’art. 90 dello Statuto del personale, in quanto il termine di prescrizione minimo di cinque anni previsto dall’art. 46 dello Statuto della Corte non era scaduto al momento della sua domanda. Al riguardo, il ricorrente fa valere che sussisterebbe una discriminazione nei confronti dei funzionari delle Comunità se questi ultimi, contrariamente ad altri soggetti, non potessero avvalersi, nel contesto di domande di risarcimento danni proposte contro le Comunità, del termine fissato dall’art. 46 dello Statuto della Corte.

17      Con il suo terzo motivo, che si riallaccia al primo, il ricorrente aggiunge che, in quanto i documenti da cui deriva il danno nei suoi confronti sarebbero consultabili da un elevato numero di soggetti negli archivi della Commissione, il danno sarebbe continuo. Il termine per proporre la domanda risarcitoria, pertanto, non avrebbe ancora cominciato a decorrere con riferimento a tutto il danno.

18      Con il suo quarto motivo, il ricorrente sostiene che, in ogni caso, il termine di prescrizione inerente all’azione proposta in forza dell’art. 288 CE non possa iniziare a decorrere sinché perdura il rapporto di lavoro tra il funzionario e l’istituzione di cui questi è dipendente. Così, il dies a quo dell’azione risarcitoria non avrebbe potuto essere anteriore al 31 maggio 2005, data in cui il ricorrente fu collocato a riposo per invalidità.

19      Con il suo quinto motivo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha compiuto un’erronea applicazione dei tre criteri di valutazione del carattere di ragionevolezza del termine per proporre ricorso ai sensi dell’art. 288 CE. Così, il criterio del valore della controversia non può essere qualificato come minimo per il solo motivo che il ricorrente ha impiegato quasi cinque anni per proporre il proprio ricorso. Al riguardo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe omesso di tener conto dello stato di salute del ricorrente nonché delle sue comprensibili esitazioni nell’opporsi alla Commissione. Con riguardo alla complessità della controversia, essa non può essere minimizzata per il solo motivo, accolto dal Tribunale della funzione pubblica, della brevità delle note che hanno causato il danno del ricorrente. Per quanto attiene, infine, al comportamento delle parti, il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica di aver snaturato i fatti, rilevando che la Commissione aveva inteso, con la nota del 20 febbraio 2001, «sbloccare la situazione» proponendogli un rimborso delle spese sostenute per l’acquisto del materiale medico richiesto a concorrenza di EUR 1 300.

20      Con il suo sesto motivo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica è incorso in un errore di diritto ricorrendo alla nozione di termine ragionevole per quella parte del ricorso, proposto in applicazione dell’art. 288 CE, intesa alla distruzione dei documenti medici relativi al ricorrente, nella parte in cui tale distruzione, in quanto non riguarderebbe né la situazione finanziaria delle Comunità né la situazione giuridica del ricorrente, non si iscriverebbe nella ratio del termine ragionevole.

21      La Commissione chiede il rigetto di tali sei motivi in quanto infondati.

–       Giudizio del Tribunale

22      Quanto al primo e al terzo motivo del ricorrente (v. supra, punti 15 e 17), che occorre esaminare congiuntamente, si deve ricordare che da costante giurisprudenza, parzialmente richiamata dal Tribunale della funzione pubblica al punto 19 dell’ordinanza impugnata, risulta che il termine per chiedere il risarcimento di un danno decorre dal momento in cui il funzionario è venuto a conoscenza della situazione che lamenta (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II‑3381, punti 60, 65 e 66 nonché la giurisprudenza citata, e causa T‑45/01, Sanders e a./Commissione, Racc. pag. II‑3315, punto 62). Nel caso di specie, il ricorrente è venuto a conoscenza di tale situazione con la notifica della nota della Commissione del 20 febbraio 2001, alla quale era allegata una nota del 14 febbraio 2001. A parere del ricorrente stesso, in effetti, è il contenuto di tali note che avrebbe causato il danno fatto valere (punti 5 e 6 dell’ordinanza impugnata). Pertanto, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto che il termine fosse iniziato a decorrere dal momento in cui tali note sono state notificate al ricorrente. Peraltro, nemmeno l’affermazione del ricorrente secondo cui il suo danno sarebbe continuo è convincente. Infatti, la premessa di tale affermazione, secondo cui i documenti da cui sarebbe derivato l’asserito danno potrebbero essere consultati in ogni momento da un elevato numero di soggetti, è direttamente contraddetta dall’art. 26, ultimo comma, dello Statuto del personale, ai sensi del quale il fascicolo personale di ogni funzionario ha carattere riservato.

23      Il primo e il terzo motivo devono pertanto essere respinti in quanto manifestamente infondati.

24      Il secondo motivo del ricorrente (v. supra, punto 16), oltre al fatto che si pone in contrasto con la giurisprudenza menzionata al precedente punto 12, deve parimenti essere respinto in quanto manifestamente infondato. Infatti, la situazione in diritto e in fatto di un funzionario delle Comunità in causa con l’Istituzione dalla quale dipende, per ragioni attinenti al rapporto di lavoro stabile e privilegiato che li unisce, è per definizione differente da quella di un operatore che non abbia un siffatto rapporto di lavoro con le Comunità. Orbene, dal momento che il principio di parità di trattamento vieta, salvo giustificazione oggettiva, che situazioni comparabili siano trattate in modo differente o situazioni differenti in modo identico (v. sentenza del Tribunale 18 dicembre 2008, causa T‑293/07 P, Lofaro/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45 e la giurisprudenza citata), nel caso di specie deve ritenersi che tale principio non sia stato violato.

25      Quanto al quarto motivo del ricorrente (v. supra, punto 18), deve rilevarsi che non sussiste alcun principio di diritto comunitario in forza del quale il termine di ricorso non inizierebbe a decorrere sinché perduri il rapporto di lavoro tra il funzionario e l’Istituzione da cui questi dipende. Al contrario, dalla ratio dello Statuto del personale emerge che gli strumenti di ricorso previsti dai suoi artt. 90 e 91 sono racchiusi entro termini stringenti. Con riguardo alla domanda presentata in applicazione dell’art. 90, n. 1, dello Statuto del personale, nel silenzio di detta disposizione quanto al termine applicabile, la giurisprudenza è stata così indotta, per ragioni attinenti alla certezza del diritto, a definire l’esigenza di un termine ragionevole. Ciò premesso, correttamente il Tribunale della funzione pubblica ha ricordato e applicato al caso di specie, ai punti 19‑22 dell’ordinanza impugnata, l’esigenza di un termine ragionevole e i criteri alla luce dei quali esso deve essere valutato, secondo le circostanze del caso di specie, vale a dire, in particolare, il significato della controversia per l’interessato, la complessità della causa, il comportamento delle parti e, a titolo indicativo, il riferimento al termine di cui all’art. 46 dello Statuto della Corte, considerato come massimale.

26      Il quarto motivo deve pertanto essere respinto in quanto manifestamente infondato.

27      Per quanto riguarda il quinto motivo del ricorrente (v. supra, punto 19), si deve rilevare, anzitutto, che la determinazione del termine per introdurre un ricorso costituisce una questione di diritto. Occorre poi ricordare che la normativa applicabile non prevede un termine preciso per introdurre una domanda di risarcimento danni derivante dal rapporto di lavoro tra il funzionario e l’Istituzione da cui questi dipende. Al contrario, il termine per proporre domanda di risarcimento danni è determinato alla luce delle circostanze del caso di specie, conformemente al principio del rispetto di un termine ragionevole. Al riguardo, il Tribunale della funzione pubblica, se è vero che rileva e valuta sovranamente i fatti pertinenti, con riserva dell’ipotesi del loro snaturamento, li qualifica poi sotto il profilo giuridico alla luce del principio del rispetto del termine ragionevole, con il controllo del Tribunale.

28      Nel caso di specie, per quanto attiene al primo criterio di valutazione del termine ragionevole, correttamente, in considerazione del periodo di quasi cinque anni impiegato dal ricorrente per introdurre la sua domanda risarcitoria, il Tribunale della funzione pubblica ha affermato, al punto 24 dell’ordinanza impugnata, che la controversia non pareva avere valore fondamentale per quest’ultimo. Un siffatto ritardo, tenuto conto della sua portata e dell’assenza di una giustificazione presentata dal ricorrente dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, è un elemento che riflette in modo determinante e sufficiente la limitata importanza che riveste la controversia per il ricorrente. Quanto al secondo criterio di valutazione del termine ragionevole, vale a dire quello della complessità della causa, correttamente il Tribunale della funzione pubblica, al punto 25 dell’ordinanza impugnata, ha affermato che la causa non era complessa. Infatti, il Tribunale della funzione pubblica non ha compiuto alcuno snaturamento dei fatti nel rilevare che i documenti di cui trattasi sono brevi. Essi sono di agevole comprensione. Nemmeno per quanto riguarda il terzo criterio, relativo al comportamento tenuto dalle parti, il Tribunale della funzione pubblica ha snaturato i fatti nel rilevare, al punto 26 dell’ordinanza impugnata, che il lasso di tempo considerevole impiegato dal ricorrente per presentare alla Commissione la sua domanda risarcitoria non era giustificato da ragioni che non fossero la sua inerzia.

29      Ne consegue che il quinto motivo, per quanto riguarda la valutazione operata dal Tribunale della funzione pubblica dei criteri del termine ragionevole, deve essere respinto in quanto manifestamente infondato.

30      Quanto al sesto motivo (v. supra, punto 20), è giocoforza rilevare che esso si fonda sull’erronea premessa che l’azione risarcitoria del ricorrente trovi il suo fondamento nell’art. 288 CE (v. supra, punti 12 e 13).

31      Il sesto motivo deve pertanto essere respinto in quanto inconferente.

 Sul settimo motivo, attinente alla violazione degli artt. 235 CE e 288 CE con riguardo alla declaratoria di irricevibilità del capo della domanda inteso alla distruzione delle note mediche relative al ricorrente

–       Argomenti delle parti

32      Il ricorrente contesta al Tribunale della funzione pubblica di aver dichiarato irricevibile, al punto 29 dell’ordinanza impugnata, nel contesto del suo ricorso fondato sull’art. 288 CE, il capo di domanda inteso alla distruzione dei documenti medici che lo riguardavano.

33      La Commissione chiede che il motivo venga respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

34      In quanto si fonda sull’erronea premessa secondo cui la domanda risarcitoria del ricorrente trova il suo fondamento nell’art. 288 CE, il presente motivo deve essere respinto in quanto inconferente. Ad abundantiam, occorre sottolineare che il Tribunale della funzione pubblica, nel rilevare, al punto 29 dell’ordinanza impugnata, che la domanda di distruzione dei documenti di cui è causa era irricevibile in virtù di una costante giurisprudenza ivi richiamata, secondo la quale nessuna ingiunzione può essere indirizzata alle istituzioni interessate, non ha commesso un errore di diritto nell’applicazione degli artt. 90 e 91 dello Statuto del personale. Infatti, una siffatta domanda va ritenuta come un’ingiunzione indirizzata alla Commissione.

35      Il settimo motivo deve pertanto essere respinto in quanto inconferente e, in ogni caso, manifestamente infondato.

 Sull’ottavo motivo, attinente alla violazione delle norme relative al diritto al giusto processo, in particolare di quelle previste dalla CEDU

–       Argomenti delle parti

36      Il ricorrente fa valere che il presente motivo «deriva in modo ineluttabile» da quelli che precedono.

37      La Commissione chiede che il motivo venga respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

38      Ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’art. 53, primo comma, dello stesso Statuto, e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere, in particolare, un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che l’atto introduttivo deve chiarire in cosa consistono i motivi di ricorso e la sola enunciazione astratta degli stessi non soddisfa i requisiti dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura del Tribunale. Inoltre, l’esposizione dei motivi, anche sommaria, dev’essere sufficientemente chiara e precisa al fine di consentire alla parte convenuta di predisporre le proprie difese e al Tribunale di decidere sul ricorso, se del caso, senza altre informazioni a sostegno. La certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia richiedono, affinché un ricorso o, più nello specifico, un motivo di ricorso siano ricevibili, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano in modo coerente e comprensibile dal testo stesso dell’atto di ricorso (sentenze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punto 36, e 12 dicembre 2007, causa T‑308/05, Italia/Commissione, Racc. pag. II‑5089, punti 71 e 72). Al riguardo, non spetta al Tribunale muovere alla ricerca, nel complesso degli elementi dedotti a sostegno di un primo motivo, se tali elementi avrebbero potuto essere utilizzati anche a sostegno di un secondo motivo (sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑322/01, Roquette Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3137, punti 208 e 209).

39      Orbene, nel caso di specie, il ricorrente si è limitato a far valere che il motivo in esame «deriva in modo ineluttabile da quelli che precedono» senza esporre le ragioni per le quali, a suo avviso, le norme sul giusto processo sarebbero state violate, né ha citato una sola disposizione della CEDU a sostegno del motivo stesso.

40      L’ottavo motivo deve essere pertanto dichiarato manifestamente irricevibile.

 Sul motivo attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione

–       Argomenti delle parti

41      Il ricorrente fa valere, principalmente nella rubrica e nel contesto del primo, quarto, quinto e settimo motivo, che il Tribunale della funzione pubblica sarebbe venuto meno all’obbligo di motivazione che ad esso incombe.

42      La Commissione considera tali argomenti infondati.

–       Giudizio del Tribunale

43      Secondo costante giurisprudenza della Corte in sede d’impugnazione, applicabile per analogia alla controversia in esame, l’obbligo di motivazione deve ritenersi soddisfatto quando dall’ordinanza risulta il ragionamento seguito dal Tribunale per adottare una certa decisione (v., in tal senso, sentenze della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 372, e 8 febbraio 2007, causa C‑3/06 P, Danone/Commissione, Racc. pag. I‑1331, punto 46).

44      Orbene, è giocoforza rilevare che l’iter logico del Tribunale della funzione pubblica risulta chiaramente dalla lettura dell’ordinanza impugnata, in particolare dai suoi punti 19‑30. Dopo aver ricordato la giurisprudenza pertinente, il Tribunale della funzione pubblica ha applicato i criteri del termine ragionevole nel caso di specie (punti 24‑26 dell’ordinanza impugnata), per concludere che le domande di risarcimento del ricorrente erano irricevibili, in quanto tardive (punto 27 dell’ordinanza impugnata), e rigettare gli altri capi di domanda del ricorrente (punti 28 e 29 dell’ordinanza impugnata) in esito al rilievo che erano irricevibili, segnatamente, in quanto tardivi. È su tale base che il Tribunale della funzione pubblica, senza venir meno al suo obbligo di motivazione, ha quindi concluso che il ricorso del ricorrente era manifestamente irricevibile.

45      Anche il presente motivo, pertanto, deve essere anch’esso respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul motivo attinente alla violazione dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile mutatis mutandis al procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica

–       Argomenti delle parti

46      Nell’ambito del suo quinto motivo, il ricorrente fa valere che il Tribunale della funzione pubblica ha applicato erroneamente l’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, applicabile mutatis mutandis al procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, laddove ha affermato, a torto, che il ricorso in primo grado era manifestamente irricevibile. Infatti, i numerosi motivi sollevati dall’ordinanza impugnata deporrebbero in senso contrario al carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso in primo grado. Del pari, il fatto che l’ordinanza impugnata sia stata emessa successivamente al deposito, da parte della Commissione, del suo controricorso, deporrebbe contro il carattere manifesto dell’irricevibilità del ricorso in primo grado, che avrebbe dovuto emergere dal solo ricorso.

47      La Commissione chiede che il motivo venga respinto in quanto infondato.

–       Giudizio del Tribunale

48      In forza dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale, quando il ricorso è manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

49      Atteso che detta disposizione era applicabile, mutatis mutandis, al procedimento dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, come quest’ultimo ha correttamente esposto ai punti 12‑17 dell’ordinanza impugnata, e che il Tribunale della funzione pubblica ha ritenuto il ricorso manifestamente irricevibile, correttamente esso ha emesso l’ordinanza impugnata sul fondamento di tale disposizione.

50      Al riguardo, l’argomento del ricorrente, secondo il quale il ricorso non sarebbe stato manifestamente irricevibile in considerazione dei numerosi motivi sollevati dall’ordinanza impugnata, non può essere accolto. Infatti, un siffatto criterio non costituisce un indice pertinente del carattere manifestamente irricevibile del ricorso respinto dall’ordinanza impugnata, la quale, a termini dell’art. 111 del regolamento di procedura, deve essere motivata. Del resto, la valutazione del Tribunale della funzione pubblica nell’ordinanza impugnata è concisa. Peraltro, non sussiste alcuna disposizione processuale che imponesse al Tribunale della funzione pubblica di dichiarare il ricorso irricevibile già anteriormente al deposito del controricorso.

51      Conseguentemente, il presente motivo è manifestamente infondato e, per tale ragione, deve essere respinto.

52      Alla luce delle suesposte considerazioni, il presente ricorso deve essere respinto in quanto, in parte, manifestamente infondato in diritto e, quanto al resto, manifestamente irricevibile.

 Sulle spese

53      Conformemente all’art. 148, primo comma, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, il Tribunale statuisce sulle spese.

54      A termini dell’art. 87, n. 2, primo comma, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza del suo art. 144, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

55      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, deve essere condannato alle proprie spese nonché a quelle sostenute dalla Commissione nel contesto del presente giudizio.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Luigi Marcuccio sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione delle Comunità europee nell’ambito del presente giudizio.

Lussemburgo, 26 giugno 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       M. Jaeger


* Lingua processuale: l’italiano.