Language of document : ECLI:EU:T:2009:81

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

25 marzo 2009 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio denominativo comunitario SPA THERAPY – Marchio denominativo nazionale anteriore SPA – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T‑109/07,

L’Oréal SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata dall’avv. E. Baud,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Spa Monopole, compagnie fermière de Spa SA/NV, con sede in Spa (Belgio), rappresentata dagli avv.ti E. Cornu, L. De Brouwer e D. Moreau,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’UAMI 24 gennaio 2007 (procedimento R 468/2005‑4), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Spa Monopole, compagnie fermière de Spa SA/NV, e L’Oréal SA,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek (relatore) e V. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale l’11 aprile 2007,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 giugno 2007,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 17 luglio 2007,

in seguito all’udienza del 6 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 28 novembre 2000 L’Oréal SA, ricorrente, ha presentato una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        Il marchio di cui è stata richiesta la registrazione è il segno denominativo SPA THERAPY.

3        I prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione rientrano nella classe 3 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Profumi, eau de toilette; gel e sali da bagno e per la doccia non per uso medico; saponi da toilette; deodoranti per uso personale; cosmetici, ovvero creme, latte (da toilette), lozioni, gel e ciprie per il viso, per il corpo e per le mani; latte, gel e oli abbronzanti e doposole (cosmetici); preparati per il make-up; shampoo; gel, schiume, balsami e prodotti in spray per capelli ed acconciature; lacche per capelli; tinture e prodotti per decolorare i capelli; prodotti per ondulare i capelli e per la messa in piega; olii essenziali».

4        La domanda di marchio è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 55/2002 del 15 luglio 2002.

5        Il 14 ottobre 2002 la Spa Monopole, compagnie fermière de Spa SA/NV, interveniente, ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, avverso la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti da quest’ultimo contemplati.

6        A sostegno della sua opposizione l’interveniente ha addotto, in particolare, l’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, con vari marchi anteriori, tra i quali il marchio denominativo SPA, registrato presso l’Ufficio dei marchi del Benelux l’11 marzo 1981 con il n. 372307, per «preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato, preparati per pulire, lucidare, sgrassare ed abradere; saponi; profumeria, oli essenziali, cosmetici, lozioni per i capelli; dentifrici», rientranti nella classe 3. L’interveniente ha fatto valere, inoltre, l’art. 8, nn. 4 e 5, del regolamento n. 40/94 basandosi su varie registrazioni anteriori.

7        Con decisione 29 marzo 2005, la divisione di opposizione dell’UAMI ha accolto l’opposizione ritenendo soddisfatte le condizioni dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. La divisione non ha esaminato gli impedimenti alla registrazione attinenti all’art. 8, nn. 4 e 5, del regolamento n. 40/94 e si è basata unicamente sul rischio di confusione con il marchio denominativo anteriore SPA (in prosieguo: il «marchio anteriore»).

8        In data 22 aprile 2005, la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’UAMI avverso la decisione della divisione di opposizione.

9        Con decisione 24 gennaio 2007 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso ritenendo soddisfatte le condizioni dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Innanzitutto, quanto al confronto dei prodotti in questione, la commissione di ricorso ha osservato che le parti non ne contestavano l’identità. Quanto, poi, al confronto dei segni in conflitto, essa ha ritenuto che si dovesse tenere conto dell’elevato carattere distintivo del termine «spa» per il pubblico interessato costituito dal consumatore medio dei paesi del Benelux e non ha accolto la tesi della ricorrente secondo la quale il termine «spa» sarebbe descrittivo dei prodotti cosmetici che rientrano nella classe 3. Su tale base, essa ha affermato che l’elemento denominativo «spa» fosse l’elemento attrattivo principale del marchio richiesto e che, pertanto, i segni in conflitto fossero simili, a dispetto delle differenze visive, fonetiche e concettuali legate alla presenza dell’elemento denominativo «therapy» nel marchio richiesto. Infine, la commissione di ricorso ha osservato che, nel settore dei cosmetici, i fabbricanti immettono spesso sul mercato varie linee di prodotti con sottomarchi distinti. Ne ha dedotto che era probabile che il consumatore ritenesse che i prodotti designati dal marchio richiesto fossero commercializzati sotto il controllo dell’interveniente. Inoltre, la commissione di ricorso ha respinto la richiesta della ricorrente che l’interveniente fornisse la prova dell’uso effettivo del suo marchio, in quanto tale domanda era stata presentata oltre il termine.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI e, per quanto necessario, l’interveniente alle spese.

11      L’UAMI e l’interveniente concludono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

12      Preliminarmente, si deve osservare che l’interveniente contesta la ricevibilità di numerosi allegati dell’atto introduttivo del ricorso, in quanto essi comprenderebbero documenti prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale. Nel caso di specie, non è tuttavia necessario verificare la ricevibilità di ognuno degli allegati contestati dall’interveniente, dato che il Tribunale può valutare gli argomenti della ricorrente alla luce dei documenti presentati nel corso della procedura amministrativa e contenuti nel fascicolo di procedura dinanzi all’UAMI, trasmesso da quest’ultimo al Tribunale ai sensi dell’art. 133 del regolamento di procedura.

13      La ricorrente deduce un motivo unico, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

14      Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.

15      Nel caso di specie, la tutela del marchio anteriore si estende ai Paesi del Benelux. Quindi si deve prendere in considerazione la percezione dei marchi in conflitto del consumatore dei prodotti in oggetto sul territorio di tali Stati membri. Inoltre, tenuto conto della natura dei prodotti in oggetto, la commissione di ricorso ha affermato, al punto 12 della decisione impugnata, che il pubblico pertinente era costituito da consumatori medi. Tale analisi risulta esatta e non viene, del resto, contestata dalla ricorrente.

16      Secondo una giurisprudenza costante, il rischio di confusione per il pubblico, che si definisce come il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate, dev’essere oggetto di valutazione globale, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie [sentenza del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑104/01, Oberhauser/UAMI – Petit Liberto (Fifties), Racc. pag. II‑4359, punti 25 e 26; v. anche, per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punto 29].

17      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei marchi in esame, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o servizi in questione svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v., per analogia, sentenze della Corte 11 novembre 1997, causa C‑251/95, SABEL, Racc. pag. I‑6191, punto 23, e 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 25).

18      Nel verificare l’esistenza di un rischio di confusione, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre, invece, operare il confronto esaminando i marchi in questione, considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze della Corte 12 giugno 2007, causa C‑334/05 P, UAMI/Shaker, Racc. pag. I‑4529, punti 41 e 42, e 20 settembre 2007, causa C‑193/06 P, Nestlé/UAMI, Racc. pag. I-114, punti 42 e 43).

19      Tuttavia, al di là del caso normale in cui il consumatore medio percepisce un marchio come un tutt’uno, e nonostante il fatto che uno o più componenti di un marchio complesso possano risultare dominanti nell’impressione complessiva, non può in alcun modo escludersi che, in un caso particolare, un marchio anteriore, utilizzato da un terzo nell’ambito di un segno composto, conservi una posizione distintiva autonoma nel segno composto, pur senza costituirne l’elemento dominante, e che, per questo, l’impressione complessiva prodotta dal segno composto possa indurre il pubblico a ritenere che i prodotti o i servizi in questione provengano, quantomeno, da imprese economicamente collegate, nel qual caso deve ammettersi l’esistenza di un rischio di confusione. Invero, in una tale configurazione, l’accertamento dell’esistenza di un rischio di confusione non può essere subordinato alla condizione che, nell’impressione complessiva generata dal segno composto, risulti dominante quella parte dello stesso che è costituita dal marchio anteriore (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte 6 ottobre 2005, causa C‑120/04, Medion, Racc. pag. I‑8551, punti 30‑33).

20      Nel caso di specie, come constatato dalla commissione di ricorso al punto 11 della decisione impugnata, l’identità dei prodotti designati dai marchi in conflitto è pacifica tra le parti.

21      Quanto al confronto dei segni in conflitto, va osservato che il marchio richiesto è formato dal marchio anteriore al quale è aggiunta la parola «therapy».

22      È parimenti giocoforza constatare che il marchio anteriore, pur non costituendo l’elemento dominante del marchio richiesto, conserva una posizione distintiva autonoma nel marchio composto.

23      In primo luogo, il marchio richiesto non è costituito da una parola nuova che dispone di un significato autonomo differente da quello dalla semplice giustapposizione degli elementi che lo compongono, ma da due parole chiaramente distinte l’una dall’altra: «spa» e «therapy».

24      In secondo luogo, risulta che la parola «spa», che costituisce contemporaneamente il marchio anteriore e l’elemento comune ai due marchi, dispone di un carattere distintivo normale rispetto ai prodotti cosmetici designati dai marchi in conflitto.

25      Invero, non sono convincenti le affermazioni della ricorrente in merito all’asserito carattere descrittivo o generico della parola «spa» rispetto ai prodotti cosmetici. Gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente nel corso della procedura amministrativa e presenti nel fascicolo di procedura dinanzi all’UAMI dimostrano unicamente l’esistenza di un eventuale carattere descrittivo e generico di tale termine per gli spazi dedicati all’idroterapia come bagni turchi o saune, ma non l’esistenza di un eventuale carattere descrittivo e generico quanto ai prodotti cosmetici designati dal marchio richiesto. L’unico elemento che sembra confermare la tesi della ricorrente è una decisione del Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di Parigi, Francia). Tuttavia, il suo valore probante è limitato. Da una parte, tale decisione può riguardare solo la percezione di una parte del pubblico pertinente, il pubblico francofono dei paesi del Benelux. Dall’altra, risulta che la posizione adottata in tale decisione è stata contraddetta da altri giudici, tra cui la Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia).

26      Gli altri elementi dedotti dalla ricorrente durante il procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI, come gli estratti di dizionari, gli elementi di prova relativi all’uso della parola «spa» nella stampa e in Internet, o ancora il sondaggio, realizzato nei Paesi Bassi, sulla percezione della parola «spa», riescono solo a dimostrare il carattere descrittivo e generico della parola «spa» in ordine agli spazi dedicati all’idroterapia come bagni turchi o saune.

27      Quanto ai richiami alla prassi decisionale dell’UAMI, basta rammentare che, secondo una giurisprudenza constante, la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dev’essere valutata unicamente sulla base del regolamento n. 40/94, come interpretato dal giudice comunitario, e non sulla base di una loro prassi decisionale anteriore [v. sentenza del Tribunale 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 68 e giurisprudenza ivi citata].

28      Peraltro, se anche risulta corretta l’asserzione formulata dalla ricorrente all’udienza secondo la quale la parola «spa» è descrittiva e generica di uno dei luoghi in cui i prodotti cosmetici sono usati o commercializzati, vale a dire gli spazi dedicati all’idroterapia come bagni turchi o saune, tuttavia non se ne può dedurre che la detta parola, conseguentemente, sia priva di carattere distintivo rispetto ai prodotti cosmetici o che tale carattere distintivo sia troppo debole perché si possa concludere che il marchio anteriore dispone di una posizione distintiva autonoma all’interno del marchio richiesto. Invero, i legami dei prodotti cosmetici agli spazi dedicati all’idroterapia, per il fatto che essi vengono utilizzati in quest’ambito, non consentono che si estenda ad essi la conclusione in merito al carattere descrittivo o generico della parola «spa».

29      Occorre dunque verificare se, in ragione di tale posizione distintiva autonoma, l’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto possa indurre il pubblico a credere che i prodotti in questione provengono, quantomeno, da imprese economicamente collegate e se, pertanto, sussista un rischio di confusione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

30      Innanzitutto, si deve osservare che il consumatore in generale presta maggiore attenzione all’inizio di un marchio che non alla sua fine [sentenza del Tribunale 7 settembre 2006, causa T‑133/05, Meric/UAMI – Arbora & Ausonia (PAM-PIM’S BABY-PROP), Racc. pag. II‑2737, punto 51]. Orbene, il marchio anteriore è situato all’inizio del marchio richiesto. Ne risulta che la posizione distintiva autonoma che esso occupa al suo interno può tanto più generare la confusione del pubblico pertinente in ordine all’origine commerciale dei prodotti.

31      In aggiunta, va anche rilevato che la parola «therapy» non è un nome commerciale rinomato come nella causa definita con la sentenza Medion, punto 19 supra, ma un termine che, pur non essendo descrittivo dei prodotti cosmetici, non dispone rispetto ad essi di un carattere distintivo particolarmente marcato, in quanto lo si potrebbe intendere come un’allusione ai benefici dei detti prodotti.

32      Infine, come la commissione di ricorso ha giustamente osservato al punto 13 della decisione impugnata, i fabbricanti di cosmetici immettono spesso sul mercato varie linee di prodotti con sottomarchi distinti. Di conseguenza, il fatto che il marchio richiesto sia costituito dal marchio anteriore SPA, poi dalla parola «therapy», può indurre il consumatore a ritenere che si tratti di una linea di prodotti commercializzati dall’interveniente.

33      Da tutto quanto precede consegue che le differenze tra i segni, relative alla presenza della parola «therapy» nel marchio richiesto, non sono tali da compensare le rilevanti somiglianze tra i segni in conflitto, relative alla presenza del marchio anteriore al principio del marchio richiesto ed alla posizione distintiva autonoma che esso vi occupa. Inoltre, dal momento che i prodotti designati dai marchi in conflitto sono identici, si deve concludere che il pubblico pertinente riterrà che essi provengano, quantomeno, da imprese economicamente collegate.

34      Conseguentemente, va approvata la conclusione della commissione di ricorso, che figura al punto 13 della decisione impugnata, secondo la quale sussiste un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.

35      Si deve, quindi, respingere il motivo unico relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 e, pertanto, il ricorso.

 Sulle spese

36      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente dev’essere condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fatto domanda, la ricorrente, risultata soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      L’Oréal SA è condannata alle spese.

Vilaras

Prek

Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 marzo 2009.

Firme


* Lingua processuale: il francese.