Language of document : ECLI:EU:T:2011:623

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

25 ottobre 2011 (*)

«Sanità pubblica – Elenco degli additivi utilizzabili nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari – Ritiro, da parte del richiedente iniziale, della domanda di iscrizione di un additivo nell’elenco – Decisione della Commissione di non iscrivere il 2,4,4’-tricloro-2’-idrossibifenil etere nell’elenco – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Atto regolamentare – Incidenza diretta – Mancanza di misure di esecuzione – Fondamento giuridico»

Nella causa T‑262/10,

Microban International Ltd, con sede in Huntersville, Carolina del Nord (Stati Uniti),

Microban (Europe) Ltd, con sede in Cannock (Regno Unito),

rappresentate dall’avv. M. Sánchez Rydelski,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata dalla sig.ra L. Pignataro e dal sig. T. Scharf, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della Commissione 19 marzo 2010, 2010/169/UE, concernente la non iscrizione del 2,4,4’-tricloro-2’-idrossibifenil etere nell’elenco dell’Unione degli additivi utilizzabili nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari a norma della direttiva 2002/72/CE (GU L 75, pag. 25),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra I. Pelikánová, presidente, dal sig. V. Vadapalas, dalla sig.ra K. Jürimäe (relatore), dai sigg. K. O’Higgins e M. van der Woude, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 settembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti della controversia

1        La Microban International Ltd e la Microban (Europe) Ltd, ricorrenti, operano nella produzione e vendita di additivi antimicrobici e antibatterici destinati a fornire una protezione antibatterica ed antimicrobica ad un’ampia gamma di prodotti. La Microban International produce i suddetti additivi e li commercializza in tutto il mondo. La Microban (Europe) è incaricata della commercializzazione nell’Unione europea degli additivi prodotti dalla Microban International.

2        Il 23 marzo 1998 la RCC Registration and Consulting Company Ltd depositava presso la Commissione europea, a nome della Ciba Inc., una domanda di iscrizione dell’additivo 2,4,4’-tricloro-2’-idrossibifenil etere (in prosieguo: il «triclosan») nell’elenco degli additivi autorizzati dalla direttiva della Commissione 23 febbraio 1990, 90/128/CEE, relativa ai materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 75, pag. 19).

3        Il 22 giugno 2000 il comitato scientifico per l’alimentazione umana, la cui consultazione da parte della Commissione era prevista dall’art. 3, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/109/CEE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU 1989, L 40, pag. 38), adottava un parere relativo a vari monomeri e additivi per i materiali a contatto con i prodotti alimentari. Con tale parere, il suddetto comitato ha in particolare deciso che, sebbene il triclosan fosse una sostanza per la quale non poteva essere determinata alcuna dose giornaliera ammissibile o tollerabile, nondimeno poteva esserne autorizzato l’impiego.

4        Il 15 novembre 2002, a seguito dell’aggiornamento delle proprie direttive da parte del comitato per l’alimentazione umana, la Ciba presentava una domanda di nuova valutazione del triclosan.

5        Il 15 marzo 2004, a seguito della nuova valutazione del triclosan, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) – che ha sostituito il comitato scientifico per l’alimentazione umana conformemente all’art. 62 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’EFSA e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1) – adottava un parere con cui confermava l’opinione espressa dal comitato scientifico per l’alimentazione umana nel suo parere del 22 giugno 2000.

6        Il 10 aprile 2008 il triclosan veniva iscritto nell’elenco provvisorio degli additivi (in prosieguo: l’«elenco provvisorio») di cui all’art. 4 bis, n. 3, della direttiva della Commissione 6 agosto 2002, 2002/72/CE, relativa ai materiali e agli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 220, pag. 18), come modificata. Ai sensi dell’art. 4 bis, n. 4, di tale direttiva, gli additivi non inseriti nell’elenco degli additivi autorizzati a livello dell’Unione (in prosieguo: l’«elenco positivo», conformemente alla denominazione utilizzata all’art. 4, n. 1, terzo comma, della medesima direttiva) possono continuare ad essere utilizzati nel rispetto della legislazione nazionale fintanto che figurino nell’elenco provvisorio.

7        Il 21 aprile 2009 la Ciba informava la Commissione che aveva deciso di ritirare la propria domanda diretta ad ottenere l’autorizzazione all’impiego del triclosan come additivo nella produzione di oggetti e materiali di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

8        Il 19 marzo 2010 la Commissione adottava la decisione 2010/169/UE, concernente la non iscrizione del triclosan nell’elenco dell’Unione degli additivi utilizzabili nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari a norma della direttiva 2002/72 (GU L 75, pag. 25; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Il fondamento giuridico indicato dalla Commissione in detta decisione è l’art. 11, n. 3, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 27 ottobre 2004, n. 1935, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/10/CEE (GU L 338, pag. 4), come modificato.

9        Nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la Ciba l’aveva informata della sua decisione di ritirare la domanda diretta ad ottenere l’autorizzazione all’impiego del triclosan come additivo utilizzabile nella fabbricazione di oggetti e materiali di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Poiché l’impiego del triclosan come additivo nelle plastiche destinate a venire a contatto con i prodotti alimentari non formava più oggetto di una domanda valida, la Commissione ha concluso che occorreva non iscrivere tale sostanza nell’allegato III della direttiva 2002/72 contenente l’elenco positivo. Conseguentemente, la Commissione ha precisato che occorreva cancellare la sostanza in questione dall’elenco provvisorio. Essa ha tuttavia ritenuto necessario prevedere un periodo transitorio in cui la commercializzazione dei materiali e degli oggetti di materia plastica contenenti triclosan potesse continuare ad essere autorizzata dagli Stati membri.

10      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

Il [triclosan] (CAS n. 0003380-34-5, rif. n. 93930) non è iscritto nell’allegato III della direttiva 2002/72 (…)

Articolo 2

I materiali e oggetti di materia plastica fabbricati con [triclosan] e commercializzati prima del 1° novembre 2010 possono continuare a essere commercializzati fino al 1° novembre 2011, nel rispetto della legislazione nazionale.

Articolo 3

Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione».

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 7 giugno 2010 le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

12      Il 31 marzo 2011 le ricorrenti hanno depositato una domanda di trattamento prioritario a norma dell’art. 55, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

13      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di aprire la fase orale e di concedere il trattamento prioritario della causa ai sensi dell’art. 55, n. 2, del regolamento di procedura.

14      Le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti orali loro rivolti dal Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza del 28 settembre 2011.

15      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

16      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in via subordinata, dichiarare il ricorso infondato e respingerlo;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 Sulla ricevibilità

17      Pur senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, la Commissione sostiene che il ricorso è irricevibile, in quanto la decisione impugnata non è un atto regolamentare che non comporta alcuna misura d’esecuzione, ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, e non riguarda le ricorrenti individualmente.

18      Ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, nonché contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione.

19      Nella specie è pacifico che la decisione impugnata non è rivolta alle ricorrenti, le quali non sono quindi destinatarie di tale atto. Pertanto, ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, le ricorrenti possono proporre un ricorso di annullamento contro detto atto solo a condizione che esso costituisca un atto regolamentare che le riguarda direttamente e non comporta alcuna misura d’esecuzione, o che le riguarda direttamente e individualmente.

20      In primo luogo, occorre verificare se la decisione impugnata costituisca un atto regolamentare ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE.

21      A tale proposito si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di «atto regolamentare» ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE deve essere interpretata nel senso che include qualsiasi atto di portata generale ad eccezione degli atti legislativi (ordinanza del Tribunale 6 settembre 2011, causa T‑18/10, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 56).

22      Nella specie, il fondamento giuridico indicato dalla decisione impugnata è l’art. 11, n. 3, del regolamento n. 1935/2004. Tale articolo prevede che le misure prese dalla Commissione sul suo fondamento siano adottate secondo la procedura di cui all’art. 5 bis, nn. 1‑4 e 5, lett. b), della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23), come modificata. Pertanto, la decisione impugnata è stata adottata dalla Commissione nell’esercizio di competenze di esecuzione, e non nell’esercizio di competenze legislative.

23      Inoltre, la decisione impugnata possiede portata generale, in quanto si applica a situazioni determinate obiettivamente e produce effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto.

24      Infatti, come risulta dal precedente punto 9, la decisione impugnata ha per oggetto la non iscrizione del triclosan nell’elenco positivo. In applicazione dell’art. 4 bis, n. 6, lett. b), della direttiva 2002/72, a seguito di tale non iscrizione, il triclosan è stato anche cancellato dall’elenco provvisorio. Pertanto, la conseguenza diretta della non iscrizione nell’elenco positivo e della cancellazione dall’elenco provvisorio è che il triclosan non potrà più essere commercializzato nell’Unione dopo il 1° novembre 2011. La decisione impugnata si applica quindi a tutte le persone fisiche o giuridiche la cui attività consiste nella produzione e/o commercializzazione del triclosan, nonché degli oggetti e dei materiali contenenti tale sostanza.

25      Ne consegue che si deve ritenere che la decisione impugnata costituisca un atto regolamentare ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE.

26      In secondo luogo, per quanto riguarda la nozione di incidenza diretta, si deve rilevare che l’espressione «che la riguardano direttamente» compare due volte nell’art. 263, quarto comma, TFUE. Da un lato, tale disposizione riprende i termini dell’art. 230, quarto comma, CE e fa riferimento agli «atti (…) che la riguardano direttamente». Dall’altro, l’art. 263, quarto comma, TFUE introduce la nozione di «atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione».

27      Anzitutto, per quanto riguarda la condizione dell’incidenza diretta quale figurava nell’art. 230, quarto comma, CE, è stato dichiarato che tale condizione esige che il provvedimento contestato, in primo luogo, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, in secondo luogo, non lasci ai propri destinatari alcun potere discrezionale quanto alla sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa contestata, senza intervento di altre norme intermedie (sentenze della Corte 5 maggio 1998, causa C‑386/96 P, Dreyfus/Commissione, Racc. pag. I‑2309, punto 43, e 10 settembre 2009, cause riunite C‑445/07 P e C‑455/07 P, Commissione/Ente per le Ville vesuviane ed Ente per le Ville vesuviane/Commissione, Racc. pag. I‑7993, punto 45).

28      Nella specie, come si è rilevato supra al punto 24, la decisione impugnata comporta il divieto di commercializzazione dei materiali e degli oggetti contenenti triclosan destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Poiché, come è stato precisato in udienza, le ricorrenti acquistano triclosan e lo utilizzano per fabbricare un prodotto dalle proprietà antibatteriche e antimicrobiche, che viene successivamente rivenduto per essere utilizzato nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, la decisione impugnata produce effetti direttamente sulla loro situazione giuridica.

29      Inoltre, si deve constatare che la decisione impugnata non lascia alcun potere discrezionale agli Stati membri, che ne sono i destinatari e, in quanto tali, sono incaricati della sua attuazione. Certamente, dall’art. 2 di detta decisione emerge che la commercializzazione dei materiali e degli oggetti contenenti triclosan può proseguire fino al 1° novembre 2011, nel rispetto della legislazione nazionale, il che significa che gli Stati membri possono vietare la commercializzazione di tali materiali e oggetti prima della suddetta data. Se è vero che gli Stati membri dispongono quindi di un certo potere discrezionale per quanto riguarda la data in cui intendono vietare la commercializzazione del triclosan, tuttavia l’applicazione di tale divieto è automatica ed obbligatoria a partire dal 1° novembre 2011. Inoltre, si deve rilevare che il periodo transitorio previsto dall’art. 2 della decisione impugnata è inteso ad agevolare l’attuazione del provvedimento di non iscrizione del triclosan nell’elenco positivo ed è quindi accessorio rispetto a tale provvedimento.

30      Ne consegue che le ricorrenti devono essere ritenute direttamente interessate dalla decisione impugnata, conformemente alla nozione di incidenza diretta quale figurava nell’art. 230, quarto comma, CE.

31      Per quanto attiene poi alla nozione di incidenza diretta, quale nuovamente introdotta all’art. 263, quarto comma, TFUE, è lecito chiedersi se tale nozione debba ricevere un’interpretazione diversa da quella elaborata nell’ambito della giurisprudenza richiamata supra al punto 27.

32      Tuttavia, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza, consentendo ad una persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e non comportano alcuna misura d’esecuzione, l’art. 263, quarto comma, TFUE persegue un obiettivo di apertura delle condizioni per la presentazione dei ricorsi diretti (v., in tal senso, ordinanza Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, cit. al punto 21 supra, punto 50). Pertanto, la nozione di incidenza diretta, quale nuovamente introdotta in tale disposizione, non può comunque formare oggetto di un’interpretazione più restrittiva rispetto alla nozione di incidenza diretta quale figurava all’art. 230, quarto comma, CE. Dal momento che si è stabilito, al precedente punto 30, che le ricorrenti erano direttamente interessate dalla decisione impugnata, conformemente alla nozione di incidenza diretta quale figurava all’art. 230, quarto comma, CE, si deve ritenere che esse siano direttamente interessate dalla decisione impugnata anche conformemente alla nozione di incidenza diretta quale nuovamente introdotta all’art. 263, quarto comma, TFUE.

33      Oltre a ciò, per quanto riguarda la questione se la decisione impugnata comporti o meno misure d’esecuzione, ai sensi dell’art. 263, quarto comma, TFUE, occorre ribadire che, come si è già rilevato supra ai punti 24 e 28, detta decisione aveva per oggetto la non iscrizione del triclosan nell’elenco positivo. Di conseguenza, in applicazione dell’art. 4 bis, n. 6, lett. b), della direttiva 2002/72, la decisione impugnata ha anche cancellato tale sostanza dall’elenco provvisorio. Inoltre, per agevolare l’attuazione della non iscrizione nell’elenco positivo e la conseguente cancellazione dall’elenco provvisorio, la decisione impugnata ha previsto, in via accessoria, un periodo transitorio durante il quale poteva essere autorizzata la commercializzazione dei materiali e degli oggetti contenenti triclosan e la cui scadenza era fissata al 1° novembre 2011.

34      A tal riguardo, in primo luogo, si deve constatare che né la non iscrizione nell’elenco positivo né la cancellazione dall’elenco provvisorio richiedono misure di esecuzione da parte degli Stati membri. Infatti, ai sensi dell’art. 4 bis, n. 4, della direttiva 2002/72, solo gli additivi inclusi nell’elenco provvisorio possono continuare ad essere utilizzati dopo il 1° gennaio 2010. Inoltre, a termini dell’art. 4 bis, n. 6, lett. b), della direttiva 2002/72, un additivo viene cancellato dall’elenco provvisorio qualora la Commissione decida di non includerlo nell’elenco positivo. Pertanto, la decisione di non iscrizione ha avuto come conseguenza immediata la cancellazione dall’elenco provvisorio e il divieto di commercializzazione del triclosan, senza che fosse necessario per gli Stati membri adottare una qualsiasi misura di esecuzione.

35      Si deve inoltre sottolineare, al pari delle ricorrenti, che la direttiva della Commissione 1° marzo 2004, 2004/19/CE, che modifica la direttiva 2002/72 (GU L 71, pag. 8), nonché la direttiva della Commissione 6 marzo 2008, 2008/39/CE, che modifica la direttiva 2002/72 (GU L 63, pag. 6), hanno introdotto nella direttiva 2002/72, rispettivamente, l’art. 4 bis, n. 4, e l’art. 4 bis, n. 6, lett. b). Orbene, dall’applicazione dell’art. 2 della direttiva 2004/19 e dell’art. 2 della direttiva 2008/39 risulta che, rispettivamente, l’art. 4 bis, n. 4, e l’art. 4 bis, n. 6, lett. b), della direttiva 2002/72 sono stati oggetto di una trasposizione negli Stati membri. Pertanto, non si può ritenere che il divieto di commercializzazione del triclosan, conseguente alla sua non iscrizione nell’elenco positivo e alla sua cancellazione dall’elenco provvisorio, richiedesse l’adozione di misure d’esecuzione.

36      In secondo luogo, la misura transitoria, consentendo di prorogare la possibilità di commercializzare il triclosan fino al 1° novembre 2011, non richiede di per sé alcuna misura di esecuzione da parte degli Stati membri, il cui eventuale intervento al fine di anticipare il termine del 1° novembre 2011 è puramente facoltativo.

37      In terzo luogo, sebbene, in quest’ultima ipotesi, la misura transitoria possa dare luogo a misure di esecuzione da parte degli Stati membri, occorre ribadire che essa è destinata ad agevolare l’attuazione della decisione impugnata, nella parte in cui ha l’effetto di vietare la commercializzazione del triclosan, in modo che le persone fisiche o giuridiche interessate da tale divieto possano prendere i necessari provvedimenti. Si tratta quindi di un elemento accessorio rispetto all’oggetto principale della decisione impugnata costituito dal divieto di commercializzazione del triclosan, che, a decorrere dal 1° novembre 2011, sarà applicabile senza che sia necessaria alcuna misura di esecuzione.

38      Alla luce delle suesposte considerazioni, non si può ritenere che la decisione impugnata comporti misure di esecuzione.

39      Ne consegue che la detta decisione costituisce un atto regolamentare che riguarda direttamente le ricorrenti e non comporta misure di esecuzione. Pertanto, l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione deve essere respinta, senza che occorra esaminare l’eventuale incidenza individuale sulle ricorrenti.

 Nel merito

40      A sostegno del presente ricorso le ricorrenti deducono quattro motivi. Essi vertono, il primo, su un errore di diritto nella scelta del fondamento normativo della decisione impugnata, il secondo, su una violazione della procedura prevista dal regolamento n. 1935/2004 e dalla direttiva 2002/72, il terzo, su una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento e, il quarto, su una violazione dei principi di buona amministrazione, di trasparenza e di certezza del diritto.

 Sul primo motivo, concernente un errore di diritto nella scelta del fondamento normativo

41      Nell’ambito del primo motivo le ricorrenti sostengono, in sostanza, che la Commissione ha commesso un errore di diritto nel fondare la decisione impugnata sull’art. 11, n. 3, del regolamento n. 1935/2004. Infatti, tale disposizione riguarderebbe le autorizzazioni per la commercializzazione di sostanze contenute nei materiali o negli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, a livello dell’Unione, mentre la decisione impugnata non conterrebbe una tale autorizzazione, anzi disporrebbe che una sostanza non venga iscritta nell’allegato III della direttiva 2002/72 e costituirebbe quindi una misura che vieta l’impiego del triclosan come additivo nei materiali e negli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti.

42      A tal riguardo occorre rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (sentenza della Corte 23 ottobre 2007, causa C‑440/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑9097, punto 61).

43      Inoltre, se l’esame di un atto dell’Unione dimostra che esso persegue una duplice finalità o che ha una doppia componente e se una di queste è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto deve fondarsi su un solo fondamento normativo, ossia quello richiesto dalla finalità o componente principale o preponderante (sentenza della Corte 20 maggio 2008, causa C‑91/05, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑3651, punto 73).

44      Nella specie, l’art. 11, n. 3, del regolamento n. 1935/2004 è così formulato:

«L’autorizzazione comunitaria sotto forma di misura specifica, di cui al paragrafo 1, è adottata dalla Commissione. Tale misura, intesa a modificare elementi non essenziali del presente regolamento completandolo, è adottata secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 23, paragrafo 4».

45      Il n. 1 di questa stessa disposizione enuncia quanto segue:

«L’autorizzazione comunitaria di una o più sostanze avviene sotto forma di adozione di una misura specifica (…)».

46      Tenuto conto dei termini di tali disposizioni, l’art. 11, n. 3, del regolamento n. 1935/2004 riguarda solo i casi in cui la Commissione intende autorizzare l’impiego e la commercializzazione nell’Unione di una sostanza contenuta in materiali e oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari.

47      Orbene, nella specie, con la decisione impugnata la Commissione ha vietato la commercializzazione del triclosan in quanto additivo utilizzato per la fabbricazione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti. A tal fine, nella decisione impugnata la Commissione ha, da un lato, rifiutato di iscrivere il triclosan nell’elenco positivo e, dall’altro, proceduto alla cancellazione di tale sostanza dall’elenco provvisorio.

48      Ne consegue che la decisione impugnata, avendo per oggetto il divieto di commercializzazione del triclosan nell’Unione, non può essere fondata sull’art. 11, n. 3, del regolamento n. 1935/2004, che riguarda, al contrario, le autorizzazioni all’immissione in commercio.

49      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della Commissione secondo cui la decisione impugnata dovrebbe anche essere considerata come una decisione che autorizza, fino al 1° novembre 2011, la commercializzazione dei materiali e degli oggetti fabbricati con triclosan e immessi in commercio anteriormente al 1° novembre 2010.

50      Infatti, si è già rilevato supra, al punto 29, che il periodo transitorio previsto dall’art. 2 della decisione impugnata, durante il quale continuava ad essere autorizzata la commercializzazione del triclosan, nel rispetto della legislazione nazionale, era destinato esclusivamente ad agevolare l’attuazione del provvedimento che vieta la commercializzazione della suddetta sostanza, fermo restando che tale divieto era la conseguenza diretta dell’oggetto principale della decisione impugnata, vale a dire la non iscrizione nell’elenco positivo. Ne consegue che il provvedimento diretto a introdurre un periodo transitorio deve essere considerato accessorio, ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 43, rispetto all’obiettivo principale della decisione impugnata.

51      Pertanto, occorre accogliere il primo motivo e annullare la decisione impugnata a causa della scelta del fondamento normativo errato.

52      Sebbene la scelta del fondamento normativo errato da parte della Commissione giustifichi l’annullamento della decisione impugnata, il Tribunale ritiene comunque opportuno esaminare il secondo motivo, ad abundantiam, in quanto detto motivo solleva sostanzialmente la questione se esista o meno un fondamento normativo sul quale la Commissione avrebbe potuto validamente fondare la decisione impugnata.

 Sul secondo motivo, concernente una violazione della procedura prevista dal regolamento n. 1935/2004 e dalla direttiva 2002/72

53      Nell’ambito del secondo motivo le ricorrenti sostengono sostanzialmente che, in mancanza di una decisione di gestione del rischio, ai sensi del quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1935/2004, la Commissione, adottando una decisione di non iscrizione di un additivo nell’elenco positivo, ha violato la procedura prevista da detto regolamento e dalla direttiva 2002/72. In particolare, invocando lo spirito della procedura prevista da tale regolamento e da tale direttiva, le ricorrenti affermano che, in caso di ritiro da parte del richiedente iniziale di una domanda di iscrizione di un additivo nell’elenco positivo, la Commissione dovrebbe concedere agli interessati la possibilità di mantenere la domanda al fine di poter adottare siffatta decisione di gestione del rischio.

54      A tale riguardo, è pacifico che né il regolamento n. 1935/2004 né la direttiva 2002/72 precisano quale procedura debba seguire la Commissione quando il richiedente iniziale decida di ritirare la propria domanda di iscrizione di un additivo nell’elenco positivo. Pertanto, occorre verificare se la procedura cui la Commissione deve attenersi in tale ipotesi possa essere dedotta dall’obiettivo e dalla ratio di questi due atti, nonché dalla procedura prevista da altri atti dell’Unione, i quali, pur riguardando altri tipi di sostanze, perseguono un obiettivo simile, che mirano a conseguire mediante procedure parimenti comparabili.

55      In limine, va ricordato che il regolamento n. 1935/2004 costituisce il regolamento quadro per quanto riguarda i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che la direttiva 2002/72 è una direttiva specifica, che riguarda, in particolare, i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari.

56      In primo luogo, per quanto riguarda l’obiettivo perseguito da questi due atti, occorre fare riferimento ai termini dell’art. 1 del regolamento n. 1935/2004, qui di seguito riprodotti:

«Il presente regolamento mira a garantire il funzionamento efficace del mercato interno per quanto attiene all’immissione sul mercato comunitario dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto direttamente o indirettamente con i prodotti alimentari, oltre a costituire la base per assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori».

57      Le procedure previste dalla direttiva 2002/72 sono volte a far prevalere tale obiettivo di tutela della salute umana, con specifico riferimento agli additivi utilizzati nella produzione dei materiali e degli oggetti di materia plastica. Infatti, ai sensi dell’art. 4, n. 1, terzo comma, di tale direttiva, a decorrere dal 1° gennaio 2010 solo gli additivi che figurano nell’elenco positivo possono essere utilizzati per la produzione di materiali ed oggetti di materia plastica. A termini dell’art. 4 bis, n. 1, della medesima direttiva, un nuovo additivo può essere inserito nell’elenco positivo solo dopo previa valutazione della sua sicurezza da parte dell’EFSA. Infine, dall’art. 4 bis, nn. 3 e 4, di detta direttiva risulta che una sostanza non inclusa nell’elenco positivo, ma di cui sia in corso la valutazione da parte dell’EFSA, è inserita in un elenco provvisorio, il che consente di continuare ad utilizzarla, conformemente alla legislazione nazionale. In altre parole, se l’EFSA non si è ancora pronunciata sulla sicurezza di una sostanza, l’onere di valutare la compatibilità della sua commercializzazione con la tutela della salute umana incombe alle autorità nazionali.

58      Poiché la decisione della Commissione di non inserire il triclosan nell’elenco positivo era motivata dal fatto che la Ciba aveva ritirato la propria domanda di autorizzazione, non si può ritenere che detta decisione mirasse a conseguire l’obiettivo di tutela della salute umana. Tale conclusione è rafforzata dalla circostanza che la decisione impugnata era stata preceduta da due pareri scientifici adottati, il primo, il 22 giugno 2000 dal comitato scientifico per l’alimentazione umana e, il secondo, il 15 marzo 2004 dall’EFSA, che non sollevavano alcuna obiezione alla commercializzazione del triclosan.

59      In secondo luogo, per quanto attiene alla ratio del regolamento n. 1935/2004 e della direttiva 2002/72, si deve rilevare in primo luogo che, sebbene ai sensi dell’art. 8 di detto regolamento la richiesta di autorizzazione di una nuova sostanza debba essere presentata dal soggetto che intende ottenere tale autorizzazione, la concessione di quest’ultima mediante inclusione nell’elenco positivo non arreca beneficio solo al richiedente, ma anche a tutti gli utilizzatori della sostanza per la quale viene chiesta l’autorizzazione.

60      Infatti, dall’art. 11, n. 4, del regolamento n. 1935/2004 risulta che, quando la sostanza sia stata autorizzata, l’operatore economico che impiega la sostanza stessa o i materiali o gli oggetti che la contengono si conforma alle condizioni o restrizioni inerenti all’autorizzazione. Inoltre, ai sensi dell’art. 11, n. 5, di tale regolamento, il richiedente o l’operatore economico che impiega la sostanza autorizzata o i materiali o gli oggetti che la contengono comunica immediatamente alla Commissione ogni nuova informazione scientifica o tecnica che possa influire sulla valutazione della sicurezza della sostanza autorizzata per quanto riguarda la salute umana. Inoltre, l’art. 12 del regolamento n. 1935/2004 prevede che il richiedente o l’operatore economico che impiega la sostanza autorizzata o i materiali o gli oggetti che la contengono può chiedere una modifica dell’autorizzazione. Infine, a contrario, l’art. 5, n. 1, lett. n), del regolamento n. 1935/2004 rinvia, a titolo eccezionale, ad una procedura per una singola autorizzazione di una sostanza, procedimento, materiale od oggetto, con decisione rivolta ad un richiedente.

61      In secondo luogo, come si è già osservato supra al punto 57, dall’art. 4 bis, nn. 3 e 4, della direttiva 2002/72 risulta che una sostanza non inclusa nell’elenco positivo, ma di cui sia in corso la valutazione da parte dell’EFSA, è inserita in un elenco provvisorio. Inoltre, a termini dell’art. 4 bis, n. 6, della medesima direttiva, un additivo è cancellato dall’elenco provvisorio quando venga inserito nell’elenco positivo, o la Commissione decida di non includerlo nell’elenco positivo oppure quando, durante la valutazione della sostanza da parte dell’EFSA, non venga dato seguito ad una richiesta di informazioni formulata da quest’ultima. Infine, dal quattordicesimo ‘considerando’ del regolamento n. 1935/2004 risulta che la valutazione della sicurezza delle sostanze dev’essere seguita da una decisione di gestione del rischio che valuti l’opportunità di inserirle nell’elenco positivo.

62      Da tali disposizioni si può dedurre che la cancellazione dall’elenco positivo consegue o ad una decisione di gestione del rischio della Commissione, consistente nell’inserire o meno una sostanza nell’elenco positivo, o al rifiuto del richiedente di collaborare con l’EFSA nell’ambito della procedura di valutazione della sicurezza della sostanza.

63      Orbene, nella specie, il fatto di non aver inserito il triclosan nell’elenco positivo ha avuto quale conseguenza immediata, ai sensi dell’art. 4 bis, n. 6, lett. b), della medesima direttiva, la cancellazione di detta sostanza dall’elenco provvisorio, per cui tale cancellazione non è stata la conseguenza di una decisione di gestione del rischio o del rifiuto del richiedente iniziale di collaborare con l’EFSA, dato che quest’ultima aveva già espresso un parere scientifico.

64      In terzo luogo, si deve rilevare che, se, come sottolineato dalla Commissione, le ricorrenti fossero state in grado di presentare una nuova domanda di autorizzazione, in applicazione dell’art. 8 del regolamento n. 1935/2004, dai termini della direttiva 2002/72 non emerge chiaramente che tale domanda avrebbe comportato la reiscrizione del triclosan nell’elenco provvisorio. Infatti, l’art. 4 bis, n. 5, della direttiva 2002/72/CE è così formulato:

«L’inserimento di un additivo nell’elenco provvisorio è subordinato alle seguenti condizioni:

a) l’additivo deve essere ammesso in uno o più Stati membri entro il 31 dicembre 2006;

b) i dati di cui al paragrafo 2 relativi all’additivo devono essere stati forniti in conformità alle prescrizioni dell’[EFSA] entro il 31 dicembre 2006».

65      Orbene, a termini dell’art. 4 bis, n. 2, della medesima direttiva, chiunque sia interessato all’inserimento di un additivo nell’elenco positivo presenta entro il 31 dicembre 2006 i dati necessari alla valutazione della sua sicurezza da effettuarsi dall’EFSA. Nella specie, la presentazione da parte delle ricorrenti dei dati necessari alla valutazione da effettuarsi dall’EFSA non poteva avere luogo prima del 31 dicembre 2006.

66      Inoltre, sebbene il regolamento n. 1935/2004 preveda, all’art. 11, n. 5, e all’art. 12, la possibilità di una nuova valutazione della sostanza in questione da parte dell’EFSA quando siano trasmesse a quest’ultima nuove informazioni, si deve sottolineare che né il regolamento n. 1935/2004 né la direttiva 2002/72 prevedono la possibilità di procedere a tale nuova valutazione in mancanza di nuovi dati atti a modificare la valutazione iniziale e qualora non sia stata ancora concessa alcuna autorizzazione. Inoltre, dal documento intitolato «EFSA’s note for guidance for petitioners presenting an application for the safety assessment of a substance to be used in food contact materials prior to its authorisation» (istruzioni dell’EFSA all’attenzione dei richiedenti valutazione di una sostanza utilizzabile per la fabbricazione di materiali destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari) risulta che, nel caso in cui l’EFSA abbia effettuato una prima valutazione di una sostanza – anche qualora, a seguito di detta valutazione, essa abbia concluso che la sostanza non doveva essere autorizzata –, è possibile chiedere una nuova valutazione solo se i dati complementari possono indurla a modificare tale valutazione. Nella specie, poiché l’EFSA ha già espresso un parere positivo sulla base delle informazioni trasmesse dalla Ciba, un’eventuale nuova domanda di valutazione da parte delle ricorrenti non avrebbe affatto lo scopo di ottenere una modifica della valutazione iniziale. Inoltre, è probabile che le ricorrenti formulino la propria domanda di autorizzazione sulla base delle stesse informazioni fornite inizialmente dalla Ciba, cosicché tali dati non presenterebbero alcun carattere di novità. Ne consegue che, in un caso come quello di specie, la normativa non prevede la possibilità per le ricorrenti di presentare una nuova domanda di valutazione della sostanza in questione, il che tende a dimostrare che la Commissione è tenuta ad adottare una decisione di gestione del rischio sulla base della valutazione iniziale dell’EFSA.

67      Tenuto conto della ratio del regolamento n. 1935/2004 e della direttiva 2002/72, il ritiro della domanda di autorizzazione da parte del richiedente non può essere considerato un motivo sufficiente per non proseguire la procedura volta all’adozione di una decisione di gestione del rischio di iscrizione o di non iscrizione della sostanza di cui trattasi, fermo restando che dai termini di questi due atti non risulta che le ricorrenti potrebbero ottenere, da un lato, la reiscrizione del triclosan nell’elenco provvisorio e, dall’altro, una nuova valutazione di tale sostanza da parte dell’EFSA.

68      In terzo luogo, per quanto riguarda altri atti dell’Unione che potrebbero essere pertinenti nel caso di specie, occorre fare riferimento, al pari delle ricorrenti, al regolamento (CE) della Commissione 4 dicembre 2007, n. 1451, concernente la seconda fase del programma di lavoro decennale di cui all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’immissione sul mercato dei biocidi (GU L 325, pag. 3). Tale regolamento prevede specificamente, agli artt. 11 e 12, che, in caso di ritiro di una domanda di iscrizione nell’elenco dei biocidi autorizzati, un nuovo richiedente può subentrare al richiedente iniziale.

69      Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, si deve concludere che la Commissione, avendo adottando una decisione di non iscrizione di un additivo esclusivamente sulla base del ritiro della domanda iniziale di iscrizione del triclosan nell’elenco positivo, ha violato il regolamento n. 1935/2004 e la direttiva 2002/72, dal momento che non esiste alcun fondamento normativo che consenta di adottare una tale decisione. Pertanto, si deve accogliere anche il secondo motivo e, di conseguenza, annullare la decisione impugnata, senza che occorra esaminare il terzo e il quarto motivo.

 Sulle spese

70      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché le ricorrenti ne hanno fatto domanda, la Commissione, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 19 marzo 2010, 2010/169/UE, concernente la non iscrizione del 2,4,4’-tricloro-2’-idrossibifenil etere nell’elenco dell’Unione degli additivi utilizzabili nella fabbricazione di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari a norma della direttiva 2002/72/CE, è annullata.

2)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Microban International Ltd e dalla Microban (Europe) Ltd.

Pelikánová

Vadapalas

Jürimäe

O’Higgins

 

      Van der Woude

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2011.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.