Language of document : ECLI:EU:T:2013:258

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

17 maggio 2013 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei tubi marini – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’Accordo SEE – Fissazione dei prezzi, ripartizione del mercato e scambi di informazioni commerciali sensibili – Imputabilità del comportamento illecito – Ammende – Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende – Legittimo affidamento – Massimale del 10% – Circostanze attenuanti – Cooperazione»

Nella causa T‑146/09,

Parker ITR Srl, con sede in Veniano (Italia),

Parker‑Hannifin Corp., con sede in Mayfield Heights, Ohio (Stati Uniti), rappresentata da B. Amory, F. Marchini Càmia e F. Amato, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da N. Khan, V. Bottka e S. Noë, successivamente da V. Bottka, S. Noë e R. Sauer, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento parziale della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), nella parte in cui tale decisione riguarda le ricorrenti, e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione sostanziale dell’ammenda ad esse inflitta in detta decisione,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi, presidente, M. Prek e S. Frimodt Nielsen (relatore), giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

1        I tubi marini sono impiegati per caricare petrolio dolce o petrolio grezzo lavorato e altri prodotti petroliferi da impianti offshore (ad esempio, le boe – normalmente ancorate al largo, che fungono da punto di ormeggio per le petroliere – o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico – che sono sistemi di cisterne galleggianti utilizzate per estrarre il petrolio o il gas da una piattaforma limitrofa, trattarlo e stoccarlo fino al trasbordo su una petroliera) su navi‑cisterna e successivamente scaricare tali prodotti da tali navi in impianti offshore (ad esempio, boe) o sulla terraferma.

2        I tubi marini vengono utilizzati offshore – vale a dire in acqua o in prossimità dell’acqua – mentre i tubi industriali o terrestri vengono utilizzati sulla terraferma.

3        Ogni impianto di tubi marini include, a seconda delle specifiche esigenze dei clienti, un certo numero di tubi standard, di tubi speciali muniti di giunti alle due estremità e di dispositivi complementari, quali valvole, ingranaggi terminali o apparecchiature galleggianti. Nella fattispecie, l’espressione «tubi marini» include tali dispositivi complementari.

4        I tubi marini vengono utilizzati dalle compagnie petrolifere, dai produttori di boe, dai terminal portuali, dall’industria petrolifera e dai governi, e vengono acquistati sia per nuovi progetti che come pezzi di ricambio.

5        Per quanto riguarda i nuovi progetti, i terminal petroliferi o gli altri utenti finali si avvalgono generalmente di una società di ingegneria (detta anche «costruttore di materiale», «costruttore OEM» o «fornitore di componenti») per costruire o installare nuovi impianti di distribuzione petrolifera, quali i sistemi di punto unico di ormeggio o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico. Per tali progetti, il fornitore di componenti acquista un impianto completo di tubi marini presso un produttore.

6        Una volta che tali tubi marini siano stati installati, i singoli pezzi devono essere sostituiti entro un periodo compreso tra uno e sette anni. Gli acquisti di tubi marini a fini sostitutivi (noti anche come «settore dei pezzi di ricambio») sono spesso effettuati direttamente dagli utenti finali. Tuttavia, in alcuni casi, questi ultimi subappaltano e centralizzano i loro acquisti presso controllate o imprese esterne. Le vendite di pezzi di ricambio rappresentano una quota del mercato mondiale dei tubi marini superiore a quella delle vendite di nuovi prodotti.

7        La domanda di tubi marini dipende in gran parte dallo sviluppo del settore petrolifero e, in particolare, di quello dell’estrazione del petrolio in zone lontane dai luoghi di consumo. La domanda, aumentata nel corso del tempo, è ciclica e dipende in una certa misura dall’andamento del prezzo del petrolio. Essa ha iniziato ad assumere dimensioni rilevanti alla fine degli anni ‘60 ed è aumentata all’inizio degli anni ‘70, in particolare con provenienza da regioni produttrici di petrolio nel Golfo Persico, nel Mare del Nord e nell’Africa settentrionale. Negli anni ‘80 la domanda è aumentata con provenienza dalle imprese petrolifere nazionali in via di sviluppo dell’America del Sud. Alla fine degli anni ‘90 la domanda si è spostata verso l’Africa occidentale.

8        I tubi marini sono fabbricati da imprese note nel settore degli pneumatici e della gomma o da loro «spin‑off». Essi vengono prodotti su richiesta, conformemente alle esigenze dei clienti. Poiché la domanda di tubi marini è molto dispersa sul piano geografico, la maggior parte dei produttori ricorre ad un numero considerevole di agenti che, per mercati specifici, forniscono servizi generali di marketing e offrono i loro prodotti nell’ambito di gare d’appalto pubbliche.

9        I tubi marini vengono commercializzati in tutto il mondo e i principali produttori operano su scala internazionale. I requisiti normativi applicabili ai tubi marini non presentano sostanziali differenze da un paese all’altro e, sebbene i requisiti tecnici varino in funzione dell’ambiente e delle modalità di impiego, ciò non viene tuttavia percepito come un ostacolo alla vendita di tubi marini in tutto il mondo.

10      Infine, nel periodo considerato nella decisione impugnata, i partecipanti al cartello hanno venduto tubi marini prodotti in Giappone, nel Regno Unito, in Italia e in Francia a utenti finali e a fornitori di componenti stabiliti in vari paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE). Benché la maggior parte dei sistemi di tubi marini abbia quale destinazione finale regioni extraeuropee, alcuni dei principali fornitori mondiali di componenti hanno invece sede in vari paesi dell’Unione e del SEE.

 Presentazione delle ricorrenti

11      Una delle due ricorrenti, la Parker‑Hannifin Corp., è attiva nella produzione di sistemi e di tecnologie di movimento e di comando, che offrono soluzioni nel settore della meccanica di precisione per un’ampia gamma di applicazioni in vari mercati, commerciali, mobili, industriali, nonché del settore dell’aeronautica.

12      La Parker‑Hannifin è suddivisa in otto gruppi: aerospaziale, sistemi idraulici, filtraggio, controllo climatico e industriale, connettori per fluidi, giunti a tenuta, strumentazione e automatizzazione/pneumatici. Il gruppo dei connettori per fluidi è ripartito su quattro regioni geografiche (America settentrionale, America meridionale, Unione europea e Asia). Nell’Unione, il gruppo dei connettori per fluidi comprende quattro divisioni e un’unità operativa. I prodotti di detta unità operativa sono venduti nel mercato mondiale del petrolio e del gas marino.

13      La Parker‑Hannifin è la società controllante della Parker‑Hannifin International Corp. Quest’ultima è a sua volta la società controllante della Parker Italy Holding LLC. La Parker Italy Holding LLC detiene la Parker Italy Holding Srl, la società controllante dell’altra ricorrente, la Parker ITR Srl.

14      Il fatturato consolidato su scala mondiale, realizzato dalla Parker‑Hannifin per tutti i prodotti nel corso dell’esercizio 2006, ha raggiunto l’importo di EUR 7 410 milioni.

15      La Parker ITR produce e commercializza tubi industriali e idraulici, tubi marini per il petrolio e il gas nonché componenti tecnici. Nel 2006 il suo fatturato ammontava a EUR [riservato] (1). Essa ha sede a Veniano (Italia).

16      Il settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas, appartenente alla Parker ITR, è stato creato nel 1966 dalla Pirelli Treg SpA, una società del gruppo Pirelli.

17      Nel dicembre 1990 le attività della Pirelli Treg nel settore dei tubi marini sono state riprese dalla ITR SpA, una società risultante dalla fusione tra la Pirelli Treg e la Itala, un’altra controllata del gruppo Pirelli. Nel 1993 la ITR è stata acquisita dalla Saiag SpA.

18      Dopo aver avviato trattative con la Parker‑Hannifin riguardo a un’eventuale vendita, in particolare, della sua attività di tubi marini, il 27 giugno 2001 la ITR ha costituito una controllata, la ITR Rubber Srl.

19      Va precisato al riguardo che, in primo luogo, il 5 dicembre 2001 la Parker‑Hannifin Holding, un’ulteriore controllata costituita all’interno del gruppo Parker ai fini dell’acquisto del settore dei tubi in gomma della ITR, e la ITR hanno concluso un contratto ai sensi del quale la Parker‑Hannifin Holding avrebbe acquisito il 100% delle azioni della ITR Rubber.

20      In secondo luogo, le disposizioni del preambolo, lettera e), del contratto prevedono che il trasferimento del settore dei tubi in gomma dalla ITR alla ITR Rubber sia effettuato su richiesta della Parker‑Hannifin Holding.

21      In terzo luogo, l’articolo 3.1.3 del contratto dispone che «l’obbligo della [Parker‑Hannifin Holding] dipende (…) dalla esecuzione del trasferimento da parte della [ITR]». Quest’ultima «terrà la [Parker‑Hannifin Holding] costantemente informata sullo stato di avanzamento della procedura di trasferimento e (…) concorderà con [la medesima] tutte le modifiche rilevanti del trasferimento (…) che [si riveleranno] necessarie o che [saranno] ritenute opportune».

22      In quarto luogo, l’articolo 7.1.2 del contratto precisa che la ITR Rubber, costituita «ai fini del trasferimento e prima della data» di quest’ultimo, «non ha svolto attività commerciale, non ha presentato alcuna contabilità, né intrapreso la benché minima attività diversa da quelle necessarie alla completa esecuzione del trasferimento e, dalla data del trasferimento, ha compiuto atti di ordinaria amministrazione e non ha esercitato nessun’altra attività».

23      Il 19 dicembre 2001 la ITR ha trasferito alla ITR Rubber il suo settore dei tubi in gomma, compreso il settore dei tubi marini.

24      Il trasferimento è divenuto effettivo il 1° gennaio 2002.

25      Il 31 gennaio 2002 la ITR Rubber è stata acquisita dalla Parker‑Hannifin Holding e, alcuni mesi dopo, ha assunto la nuova denominazione di Parker ITR.

26      La Parker‑Hannifin Holding, poi la Parker Italy Holding Srl, detengono il 100% delle quote di partecipazione della Parker ITR.

 Procedimento amministrativo

27      Mentre veniva avviata un’indagine da parte del Ministero della giustizia degli Stati Uniti nonché delle Autorità garanti della concorrenza del Giappone e del Regno Unito per fatti analoghi, [riservato], invocando il programma di clemenza previsto dalla Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»), ha presentato alla Commissione delle Comunità europee, il 20 dicembre 2006, una richiesta di immunità denunciando l’esistenza di un cartello nel mercato dei tubi marini.

28      La Commissione ha quindi avviato un’indagine per violazione dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE e il 2 maggio 2007 ha effettuato una serie di accertamenti presso la Parker ITR e altri produttori interessati, nonché presso [riservato] e il sig. W.

29      La Manuli Rubber Industries, la Parker ITR e la Bridgestone hanno rispettivamente inviato una domanda di trattamento favorevole alla Commissione il 4 maggio, il 17 luglio e il 7 dicembre 2007.

30      Il 28 aprile 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti, che ha notificato alle varie società interessate tra il 29 aprile e il 1° maggio 2008.

31      Tutte le società interessate hanno risposto alla comunicazione degli addebiti entro i termini impartiti e, ad eccezione della [riservato]/DOM, della ContiTech AG e della Continental AG, hanno chiesto di essere sentite nel corso di un’audizione tenutasi il 23 luglio 2008.

 Decisione impugnata

32      Il 28 gennaio 2009 la Commissione ha adottato la decisione C (2009) 428 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Dalla decisione impugnata risulta sostanzialmente che:

–        la medesima è stata adottata nei confronti di undici società, tra cui le ricorrenti;

–        le società cui la stessa fa riferimento hanno partecipato, con modalità talvolta diverse, ad un’infrazione unica e complessa che ha avuto ad oggetto l’aggiudicazione di appalti, la fissazione dei prezzi, la determinazione di quote, la previsione delle condizioni di vendita, la ripartizione di mercati geografici e lo scambio di informazioni sensibili sui prezzi, sui volumi delle vendite e sulle gare d’appalto;

–        il cartello ha avuto inizio almeno il 1° aprile 1986 (benché risalga verosimilmente all’inizio degli anni ‘70) e si è concluso il 2 maggio 2007;

–        dal 13 maggio 1997 all’11 giugno 1999 il cartello è stato poco attivo e si sono verificati contrasti tra i suoi membri; tuttavia, secondo la Commissione, ciò non ha comportato un’effettiva interruzione dell’infrazione; infatti, la struttura realizzata dal cartello è stata completamente ristabilita a partire dal giugno 1999 con le stesse modalità e con gli stessi partecipanti (ad eccezione della Manuli, la quale ha riaderito pienamente al cartello l’anno successivo); si dovrebbe pertanto ritenere che i produttori abbiano commesso un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007, o quanto meno, se si dovesse comunque considerare che vi sia stata un’interruzione, un’infrazione unica e ripetuta; il periodo compreso tra il 13 maggio 1997 e l’11 giugno 1999 non è preso tuttavia in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda, tenuto conto del numero limitato di prove dell’infrazione per tale periodo;

–        le ricorrenti sono state dichiarate responsabili per i seguenti periodi:

–        Parker ITR: dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007;

–        Parker‑Hannifin: dal 31 gennaio 2002 al 2 maggio 2007;

–        in conformità ai criteri previsti dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»), l’importo base dell’ammenda da irrogare a ciascuna società è stato determinato come segue:

–        la Commissione si è basata sulla media delle vendite annue a livello mondiale di ciascuna società nel corso del periodo 2004‑2006, ad eccezione della Yokohama Rubber, per la quale essa ha considerato il periodo 2003‑2005; a tal riguardo, la Commissione ha considerato le vendite fatturate agli acquirenti stabiliti nel SEE;

–        essa ha determinato le vendite pertinenti di ciascuna di esse applicando la loro quota di mercato mondiale alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE, conformemente al punto 18 degli orientamenti;

–        ha preso in considerazione il 25% di quest’ultimo valore (anziché il massimo del 30% previsto dagli orientamenti) a titolo della gravità dell’infrazione;

–        ha moltiplicato il valore così ottenuto per il numero di anni in cui ciascuna società ha partecipato all’infrazione;

–        conformemente al punto 25 degli orientamenti, ha infine applicato una somma aggiuntiva pari al 25% delle vendite pertinenti a fini dissuasivi;

–        la Commissione ha poi riconosciuto talune circostanze aggravanti a carico della Parker ITR e di un’altra società e ha escluso l’applicazione di circostanze attenuanti per gli altri partecipanti al cartello;

–        infine, in base alla comunicazione sulla cooperazione, la Commissione ha ridotto l’ammenda di due società, ma ha respinto le richieste di riduzione formulate dalla Parker ITR e da un’altra società.

33      Per quanto riguarda la Parker ITR, la Commissione ha ritenuto che il valore delle vendite ammontasse a EUR [riservato] in base a una quota del mercato mondiale del [riservato]%, che la Parker ITR avesse partecipato al cartello per 19 anni e 5 giorni, il che determinava un moltiplicatore 19, e la Parker‑Hannifin per 5 anni, 3 mesi e 3 giorni, il che determinava un moltiplicatore 5,5, e, in applicazione dei diversi fattori precisati al punto precedente, ha fissato l’importo base dell’ammenda in EUR 19 700 000 per la Parker ITR e in EUR 6 400 000 per la Parker‑Hannifin.

34      Tenuto conto delle circostanze aggravanti riconosciute a carico della Parker ITR e della Parker‑Hannifin, l’ammenda è stata poi portata a EUR 25 610 000 per la prima società, del cui pagamento la seconda società è solidalmente responsabile per un importo di EUR 8 320 000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

35      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 aprile 2009, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

36      Dato l’impedimento di un membro della Prima Sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per completare la sezione, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

37      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e ha loro sottoposto per iscritto alcuni quesiti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

38      Con lettera del 12 marzo 2012, le ricorrenti hanno presentato una domanda di misura di organizzazione del procedimento diretta al deposito di nuovi documenti.

39      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 27 aprile 2012.

40      In tale occasione le ricorrenti hanno rinunciato alla loro domanda di misura di organizzazione del procedimento.

41      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata per la parte in cui dichiara la Parker ITR responsabile dal 1° aprile 1986 al 9 giugno 2006 e la Parker‑Hannifin responsabile dal 31 gennaio 2002 al 9 giugno 2006;

–        ridurre sostanzialmente l’ammenda inflitta alle ricorrenti;

–        condannare la Commissione alle spese.

42      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulle conclusioni di annullamento

43      Le ricorrenti deducono nove motivi a sostegno del ricorso.

44      Nell’ambito del primo motivo, le ricorrenti fanno valere che, imputando erroneamente la responsabilità dell’infrazione alla Parker ITR per il periodo precedente al 1° gennaio 2002, la Commissione ha violato il principio della responsabilità personale, ha commesso un abuso di procedura, ha violato il principio di non discriminazione e non ha osservato l’obbligo di motivazione.

45      Il secondo motivo verte sull’errata imputazione alle ricorrenti della responsabilità dell’infrazione dovuta al comportamento illecito del sig. P., che dirigeva il settore dei tubi marini nell’ambito dell’impresa.

46      Con il terzo motivo, le ricorrenti sostengono che la Parker‑Hannifin è stata erroneamente considerata solidalmente responsabile dell’infrazione insieme alla Parker ITR.

47      Il quarto motivo verte sul fatto che l’irrogazione di un’ammenda alla Parker ITR, per il periodo precedente all’11 giugno 1999, viola l’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché il principio di non discriminazione, ed è priva di motivazione.

48      Nell’ambito del quinto motivo, le ricorrenti affermano che l’ammenda è stata erroneamente maggiorata in quanto la Parker ITR ha svolto un ruolo guida.

49      Il sesto motivo verte sulla violazione del principio della responsabilità individuale e dell’obbligo di motivazione per quanto attiene alla maggiorazione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin a causa del ruolo guida riconosciuto a carico della Parker ITR.

50      Con il settimo motivo, le ricorrenti fanno valere che è stato violato il principio della tutela del legittimo affidamento a causa dell’applicazione di un metodo errato per il calcolo del valore delle vendite ai fini della determinazione dell’ammenda.

51      L’ottavo motivo verte sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, del principio della responsabilità personale e dell’obbligo di motivazione, nel calcolo della soglia del 10% del fatturato.

52      Infine, il nono motivo verte sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione dovuta al rifiuto della Commissione di applicare una riduzione dell’ammenda a titolo di cooperazione.

53      Occorre esaminare in successione i motivi primo, quarto, quinto, sesto, secondo, terzo, settimo, ottavo e nono.

 Sul primo motivo, vertente sull’errata imputazione della responsabilità dell’infrazione alla Parker ITR per il periodo precedente al 1° gennaio 2002

 Decisione impugnata

54      Dai considerando da 327 a 329 e da 366 a 373 della decisione impugnata emerge, in sostanza, che la Commissione ha ritenuto che, in attuazione del principio della continuità economica, fosse necessario considerare la responsabilità della Parker ITR, già ITR Rubber, per l’intera infrazione commessa a decorrere dal 1986, in seguito alla ristrutturazione interna avvenuta in seno al gruppo Saiag e al trasferimento del settore dei tubi in gomma dalla ITR alla ITR Rubber, poi alla cessione di tale controllata alla Parker‑Hannifin, e respingere l’argomento, dedotto da quest’ultima nel corso del procedimento amministrativo, attinente al principio della responsabilità personale.

55      La Commissione ha altresì precisato che il fatto che essa non si sia forse basata allo stesso modo sulla giurisprudenza nell’ambito di un’altra causa anch’essa relativa alla riorganizzazione interna di un gruppo non aveva alcuna rilevanza e non le impediva di trovare una soluzione diversa nel caso di specie in considerazione di un insieme di elementi diversi.

 Argomenti delle parti

56      Il primo motivo dedotto dalle ricorrenti è suddiviso in tre parti.

57      Le ricorrenti affermano, in sostanza, a sostegno della prima parte del motivo da esse dedotto, che la Parker ITR non può essere ritenuta responsabile per il periodo precedente al 1° gennaio 2002, in quanto, a loro avviso, dalla giurisprudenza risulta che la responsabilità dell’infrazione grava sulla persona giuridica che dirigeva l’impresa nel momento in cui tale infrazione è stata commessa, anche se, alla data dell’adozione della decisione che la constata, la gestione dell’impresa è stata posta sotto la responsabilità di un altro soggetto. Orbene, la Parker ITR sarebbe divenuta proprietaria dell’attività che ha contribuito all’infrazione solo a decorrere dal 31 gennaio 2002.

58      Secondo le ricorrenti, la Commissione è incorsa in errore nel trattare il trasferimento dell’attivo dalla ITR alla ITR Rubber come una forma di ristrutturazione interna dell’impresa che giustifica l’applicazione della teoria della successione economica e, pertanto, una deroga al principio della responsabilità personale.

59      Le ricorrenti precisano che la giurisprudenza recente conferma che, in caso di trasferimento dell’attivo all’interno di un gruppo, la teoria della successione economica può essere applicata solo se i vincoli strutturali tra il soggetto cessionario e il soggetto cedente sussistono ancora al momento dell’adozione, da parte della Commissione, della decisione che constata l’infrazione.

60      Orbene, secondo le ricorrenti, tra il momento della sua costituzione, il 27 giugno 2001, e il 1° gennaio 2002, la ITR Rubber non ha esercitato alcuna attività economica. Si trattava di una società veicolo creata al solo fine di eseguire il trasferimento del settore della gomma alla Parker‑Hannifin. Tale scopo risulta chiaramente, a loro parere, all’articolo 7.1.2. dell’accordo concluso tra la ITR e la Parker‑Hannifin.

61      La seconda parte del primo motivo verte su un abuso di procedura.

62      Le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione ha dichiarato la Parker ITR responsabile per il periodo precedente al 1° gennaio 2002 al solo scopo di aggirare l’articolo 25 del regolamento n. 1/2003, che stabilisce termini di prescrizione la cui applicazione avrebbe impedito di sanzionare la ITR e la Pirelli, il che costituirebbe, pertanto, un abuso di procedura.

63      La terza parte del primo motivo verte sulla violazione del principio di non discriminazione e dell’obbligo di motivazione.

64      A sostegno del loro argomento, le ricorrenti fanno valere in sostanza che, nella comunicazione degli addebiti, la Commissione ha applicato la teoria della continuità economica in modo identico ad esse e alla Dunlop Oil & Marine Ltd, che si trovava in una situazione molto simile. Tuttavia, nella decisione impugnata, essa ha abbandonato la teoria della continuità economica solo riguardo alla Dunlop Oil & Marine Ltd e non riguardo ad esse, e ciò senza fornire la benché minima spiegazione, mentre, in entrambi i casi, l’acquirente aveva acquisito l’attivo del venditore, vale a dire le attività collegate ai tubi marini.

65      Le ricorrenti affermano inoltre che, condannandole per il periodo precedente al 1° gennaio 2002, in primo luogo, la Commissione si è discostata dalla sua prassi precedente senza fornire alcuna spiegazione logica al riguardo, in secondo luogo, essa ha omesso di rispondere agli argomenti da esse dedotti in risposta alla comunicazione degli addebiti e, in terzo luogo, non ha spiegato la disparità di trattamento tra esse e la Dunlop Oil & Marine Ltd.

66      La Commissione contesta tale argomento.

67      In primo luogo, la Commissione afferma, in sostanza, che nel caso di specie non era necessario applicare il principio della responsabilità individuale, dato il verificarsi di una successione economica all’interno del medesimo gruppo (considerando da 370 a 373 della decisione impugnata). A suo avviso, la giurisprudenza distingue tra le conseguenze di un trasferimento dell’attivo e quelle di un trasferimento di entità giuridiche, prevedendo che, se viene ceduto solo l’attivo oggetto dell’infrazione, la responsabilità segue tale attivo unicamente nell’ipotesi eccezionale in cui la persona giuridica che deteneva tale attivo abbia cessato di esistere giuridicamente o abbia cessato qualsiasi attività economica. Per contro, qualora sia venduta un’entità giuridica responsabile del comportamento illecito, questa stessa entità continuerebbe ad essere responsabile delle infrazioni commesse in passato (sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Cascades/Commissione, C‑279/98 P, Racc. pag. I‑9693).

68      A giudizio della Commissione, dalla giurisprudenza (sentenza della Corte dell’11 dicembre 2007, ETI e a., C‑280/06, Racc. pag. I‑10893) risulta inoltre che una successione economica dipende dalle circostanze prevalenti al momento del trasferimento dell’attivo e detta successione economica non subisce conseguenze dalla vendita successiva di una controllata a una nuova impresa. Gli effetti sul piano della responsabilità di questa vendita successiva della controllata sarebbero, dal canto loro, disciplinati dalla giurisprudenza in materia di scioglimento dell’impresa. A suo avviso, allo smantellamento di un’impresa responsabile di un’infrazione non consegue il venir meno della responsabilità delle diverse entità giuridiche che costituivano in precedenza l’unità economica. Al contrario, tali entità giuridiche potrebbero essere considerate, in tutti i casi, solidalmente responsabili, sebbene, al momento dell’adozione della decisione che constata l’infrazione, alcune siano parte di un nuovo gruppo.

69      Nella specie, secondo la Commissione, solo il trasferimento dell’attivo dalla ITR alla ITR Rubber, società tra le quali, come viene in ogni caso dimostrato, sussistevano vincoli strutturali ed economici quando appartenevano entrambe al gruppo Saiag, è rilevante alla luce del criterio della continuità economica, in quanto la piena e totale responsabilità della ITR è stata trasferita alla sua controllata, la ITR Rubber, anche per il periodo precedente alla costituzione di quest’ultima.

70      Inoltre, tale responsabilità avrebbe seguito la persona giuridica della ITR Rubber e, quando tale persona giuridica è divenuta Parker ITR dopo il suo trasferimento alla Parker‑Hannifin, essa avrebbe continuato ad essere responsabile per la precedente condotta illecita dell’ex società controllante della ITR Rubber, in base alla giurisprudenza secondo cui un’entità giuridica può essere ritenuta responsabile dell’infrazione commessa dall’impresa alla quale la stessa apparteneva.

71      La Commissione precisa che, per quanto riguarda la vendita della ITR Rubber alla Parker‑Hannifin, non può trattarsi di una vendita dell’attivo a un’impresa non collegata, poiché la vendita non riguardava solo l’attivo, ma anche un’entità giuridica esistente, che recava con sé la propria responsabilità.

72      La vendita dell’attivo controverso all’interno del gruppo Saiag, dalla ITR alla ITR Rubber, e la vendita successiva di quest’ultima a un nuovo gruppo, ossia il gruppo Parker‑Hannifin, dovrebbero essere pertanto trattate come eventi distinti, in quanto la vendita della ITR Rubber non poteva annullare la successione economica precedente.

73      Inoltre, secondo la Commissione, l’unico momento opportuno per valutare la situazione di fatto e per stabilire se il trasferimento dell’attivo è avvenuto all’interno di un gruppo o tra imprese indipendenti è il momento del trasferimento propriamente detto. La data di adozione della decisione che constata l’infrazione ricorrerebbe solo per stabilire se da allora è avvenuto lo scioglimento di una società responsabile dell’infrazione.

74      La Commissione considera peraltro che la durata del periodo durante il quale sussistono vincoli strutturali dopo la successione economica è irrilevante ai fini dell’accertamento di quest’ultima; così, la controllata venduta può sempre essere ritenuta solidalmente responsabile dell’infrazione con le restanti entità della sua precedente unità economica per il periodo di infrazione in corso sino alla vendita della controllata.

75      Peraltro, la Commissione non condivide l’analisi effettuata dalle ricorrenti riguardo alla sentenza del Tribunale del 30 settembre 2009, Hoechst/Commissione (T‑161/05, Racc. pag. II‑3555), e considera, in sostanza, che i fatti non sono paragonabili a quelli della causa in esame.

76      La Commissione afferma inoltre che la ITR Rubber è stata costituita ed era detenuta al 100% dalla sua controllante, ossia la ITR, e dalla società posta al vertice del gruppo Saiag fino alla sua vendita alla Parker‑Hannifin. La circostanza, a suo avviso, che, per sei mesi (dal 27 giugno 2001 al 1° gennaio 2002), la ITR Rubber abbia svolto solo un’attività economica limitata conferma la constatazione che tale controllata ha svolto il ruolo economico assegnatole dalla sua controllante e che la stessa non poteva agire in modo autonomo, senza che tale valutazione sia rimessa in discussione da quanto è potuto accadere tra il 1° gennaio 2002, data in cui il trasferimento dell’attivo dalla ITR alla ITR Rubber è divenuto effettivo, e il 31 gennaio 2002, data in cui tutte le azioni della ITR Rubber sono state acquisite dalla Parker‑Hannifin.

77      La Commissione precisa al riguardo che il divieto contrattuale, imposto alla ITR, di esercitare un’influenza sulla ITR Rubber si applicava in seguito al trasferimento dell’attivo, a decorrere dal 1° gennaio 2002, e ciò significa che l’accordo di approvazione della vendita non poteva impedire l’esistenza di un’unità economica al momento del trasferimento.

78      La Commissione sostiene infine che i trasferimenti all’interno di un gruppo societario avvengono di norma tra più entità giuridiche controllate da un’unica società controllante e, in tal caso, la responsabilità viene generalmente imputata a quest’ultima, qualora la stessa abbia esercitato un’influenza determinante sulle sue controllate. Una successione economica all’interno di un gruppo le consente pertanto, a suo avviso, di perseguire la controllata, successore economico, anche qualora la medesima non sia più controllata dalla ex società controllante. Tale possibilità è utile, a suo giudizio, ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza qualora l’ex società controllante non esista più o qualora non possa essere perseguita per altri motivi, come la circostanza che, nel caso di specie, l’infrazione sia prescritta in relazione alla ITR e alla Saiag.

79      In secondo luogo, la Commissione ritiene che la giurisprudenza le riconosca un margine di discrezionalità che le consente di scegliere a chi indirizzare la sua decisione di accertamento dell’infrazione sia nel caso di successione economica che, più in generale, per quanto riguarda le società controllanti e le loro controllate; essa poteva quindi decidere di adottare la decisione impugnata unicamente nei confronti del successore economico, ossia la Parker ITR, e non del predecessore ancora esistente, ossia la ITR e/o la Saiag.

80      In risposta alla seconda parte del primo motivo, la Commissione contesta le affermazioni delle ricorrenti secondo le quali essa avrebbe commesso uno sviamento di procedura. Essa precisa che, sebbene uno dei motivi dell’adozione della decisione impugnata anche nei confronti della Parker ITR sia stato il fatto che qualsiasi sanzione a carico della ITR o della Saiag sarebbe incorsa nella prescrizione, tale approccio è tuttavia giustificato, in quanto lo stesso attivo, se non addirittura la stessa impresa, hanno continuato, a suo avviso, l’infrazione.

81      Quanto alla terza parte del primo motivo, la Commissione fa segnatamente valere, in sostanza, che la comunicazione degli addebiti sarebbe stata fondata su fatti inesatti per quanto riguarda la Dunlop Oil & Marine Ltd. Infatti, a suo giudizio, è la Unipoly Ltd, il nuovo proprietario dell’attivo oggetto dell’infrazione, ad aver costituito la Dunlop Oil & Marine Ltd e non il venditore di tale attivo, [riservato], il che distinguerebbe la situazione di tale impresa da quella delle ricorrenti, per le quali è avvenuta in realtà la vendita di un’entità giuridica e non soltanto la vendita dell’attivo.

82      Quanto alla censura vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, la Commissione considera, in sostanza, che si tratta di una mera riformulazione di altre censure dedotte a sostegno di questo motivo.

 Giudizio del Tribunale

83      Va ricordato che il diritto dell’Unione in materia di concorrenza ha ad oggetto le attività delle imprese (sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 59).

84      Nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce ad un’unità economica – vale a dire un’organizzazione unitaria di elementi personali, materiali e immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica – anche se, sotto il profilo giuridico, questa unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche (v., in tal senso, sentenze della Corte del 12 luglio 1984, Hydrotherm, 170/83, Racc. pag. 2999, punto 11; del Tribunale dell’11 dicembre 2003, Minoan Lines/Commissione, T‑66/99, Racc. pag. II‑5515, punto 122, e del 15 settembre 2005, DaimlerChrysler/Commissione, T‑325/01, Racc. pag. II‑3319, punto 85).

85      Peraltro, in virtù del principio della responsabilità personale, un fatto punibile può essere imputato unicamente al suo autore. Inoltre, conformemente al principio della personalità delle pene, una pena non può essere subita da una persona diversa dal colpevole. Tali principi, costituenti garanzie fondamentali che hanno avuto origine nell’ambito del diritto penale, ostano di conseguenza al sorgere della responsabilità di una persona fisica o di una persona giuridica che non sia stata l’autore di un’infrazione (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Cosmas relative alla sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4130, paragrafo 74, dell’avvocato generale Colomer relative alla sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, Racc. pag. I‑133, paragrafi 63 e 64, e dell’avvocato generale Bot relative alle sentenze della Corte del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, Racc. pag. I‑2239, paragrafo 181, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C‑352/09 P, Racc. pag. I‑2359, paragrafo 162).

86      Secondo una costante giurisprudenza, tali principi si applicano al diritto dell’Unione in materia di concorrenza. La Corte ha infatti considerato che, tenuto conto della natura dell’infrazione in questione nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni ad essa collegate, la responsabilità per aver commesso un’infrazione alle norme sulla concorrenza ha carattere personale (sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 85 supra, punto 78, e del 10 settembre 2009, Akzo Nobel e a./Commissione, C‑97/08 P, Racc. pag. I‑8237, punto 77).

87      Incombe quindi alla persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa rispondere della medesima, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’impresa non è più posta sotto la sua responsabilità (v. sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 143, e la giurisprudenza ivi citata).

88      Risulta così dalla giurisprudenza della Corte che la responsabilità del comportamento illecito dell’impresa – o delle entità da cui è composta – segue la persona fisica o giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, anche se gli elementi materiali e umani che hanno concorso alla commissione dell’infrazione sono stati ripresi, dopo il periodo di infrazione, da un terzo soggetto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 16 novembre 2000, SCA Holding/Commissione, C‑297/98 P, Racc. pag. I‑10101, punti 25 e 27).

89      Una persona fisica o giuridica che non è l’autore dell’infrazione può essere tuttavia sanzionata per quest’ultima qualora la persona fisica o giuridica che ha commesso l’infrazione abbia cessato di esistere giuridicamente o economicamente (v., in tal senso, sentenze ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 40, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 144) al fine di evitare che un’impresa possa sfuggire a sanzioni per il semplice fatto che la sua identità è stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa (v., in tal senso, sentenza ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 41, e la giurisprudenza ivi citata). Si tratta del criterio della continuità economica.

90      Risulta così da una giurisprudenza costante che il cambiamento della forma giuridica e del nome dell’impresa non ha l’effetto di creare una nuova impresa esente dalla responsabilità per comportamenti anticoncorrenziali della precedente, qualora, sotto l’aspetto economico, vi sia identità fra le due imprese (sentenze della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie royale asturienne des mines e Rheinzink/Commissione, 29/83 e 30/83, Racc. pag. 1679; Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punti da 356 a 359, e ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 42).

91      Inoltre, il fatto che una persona giuridica continui a esistere quale entità giuridica non esclude, alla luce del diritto dell’Unione in materia di concorrenza, che possa verificarsi la cessione di una parte delle attività di tale persona giuridica a un’altra, la quale diviene responsabile degli atti commessi dalla prima (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punti da 356 a 359, e ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 48; sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc. pag. II‑3435, punto 132).

92      Siffatta applicazione della sanzione è infatti ammissibile qualora tali persone giuridiche siano state sotto il controllo del medesimo soggetto e, tenuto conto dei vincoli stretti che intercorrono tra loro sul piano economico ed organizzativo, abbiano applicato essenzialmente le stesse direttive commerciali (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punti da 356 a 359, e ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 49).

93      Per contro, la Corte ha dichiarato che può sussistere continuità economica solo nel caso in cui la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa abbia cessato di esistere giuridicamente dopo la commissione dell’infrazione, nel caso di due imprese esistenti e operative, una delle quali avesse ceduto una parte determinata delle sue attività all’altra e che non presentassero vincoli strutturali (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 85 supra, punto 145, e Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punto 359).

94      Così, il criterio della continuità economica consente quindi, in circostanze eccezionali strettamente circoscritte dalla giurisprudenza, di garantire l’effettività del principio della responsabilità personale dell’autore dell’infrazione e di sanzionare una persona giuridica, certamente diversa da quella che ha commesso la suddetta infrazione, ma con la quale essa condivide vincoli strutturali.

95      In attuazione del criterio della continuità economica, è quindi consentito alla Commissione sanzionare una persona giuridica diversa da quella che ha commesso l’infrazione, nonostante qualsiasi costruzione giuridica che tenda, all’interno della stessa impresa, a impedire artificialmente la sanzione delle infrazioni al diritto della concorrenza che sarebbero state commesse da una o più delle persone giuridiche che la compongono.

96      La nozione di continuità economica non ha tuttavia lo scopo di consentire che sia ritenuta responsabile di un’infrazione un’impresa diversa da quella che, eventualmente attraverso persone giuridiche che la compongono, ha commesso la suddetta infrazione (v., in tal senso, sentenza ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, cit. al punto 85 supra, punto 145), salvo che queste due imprese non presentino esse stesse vincoli strutturali che le uniscono sul piano economico e organizzativo (v., in tal senso, sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punto 359, e ETI e a., cit. al punto 68 supra, punto 49) o che la persona giuridica che ha commesso l’infrazione sia stata ceduta a un terzo abusivamente, vale a dire in condizioni diverse da quelle di mercato, con l’intento di sfuggire alle sanzioni previste dal diritto delle intese (conclusioni dell’avvocato generale Kokott relative alla sentenza ETI e a., cit. al punto 68 supra, Racc. pag. I‑10896, paragrafi 82 e 83).

97      Per contro, un’impresa che, alle condizioni di mercato, abbia ceduto la persona giuridica che ha commesso l’infrazione a un terzo con il quale essa non presenta alcun vincolo strutturale, rimane sanzionabile in attuazione del principio della responsabilità personale per il periodo di infrazione precedente alla cessione, fatte salve le norme in materia di prescrizione, e ciò sebbene le sue attività non si svolgano più nel settore commerciale che era stato oggetto della suddetta infrazione.

98      In altri termini, il criterio della continuità economica non ha lo scopo – quando norme giuridiche, come quelle che disciplinano la prescrizione, impediscono che un’impresa sia sanzionata per aver commesso un’infrazione al diritto della concorrenza, o quando è venuta meno l’impresa che ha ceduto la persona giuridica che ha commesso l’infrazione a un terzo indipendente – di consentire di individuare e di far sorgere retroattivamente la responsabilità di un’altra impresa per i fatti che sarebbero stati commessi dalla prima, salvo che esse non presentino vincoli strutturali che le uniscono sul piano economico e organizzativo (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Colomer relative alla sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, paragrafo 72) o che la cessione della persona giuridica che ha commesso l’infrazione sia avvenuta abusivamente (v. punto 96 supra).

99      Non rileva, in proposito, che si tratti di un trasferimento dell’attivo o del trasferimento di una persona giuridica a detto terzo, e va respinta la tesi dedotta dalla Commissione al riguardo.

100    È stato infatti dichiarato che il principio della responsabilità personale non veniva rimesso in discussione dal criterio della continuità economica nel caso in cui un’impresa avesse ceduto a un terzo indipendente una parte delle sue attività oggetto del cartello mediante il trasferimento di una controllata costituita ai fini di tale cessione e che non sussistevano vincoli strutturali tra l’ex gestore e il nuovo, il che giustificava il fatto che l’impresa cedente fosse sanzionata per il periodo di infrazione precedente alla cessione e l’impresa cessionaria per il periodo di infrazione successivo (v., in tal senso, sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 75 supra, punti 28 e 61).

101    Ne consegue inoltre che, in attuazione del principio della responsabilità personale, la persona giuridica ceduta, a decorrere dalla data della sua costituzione, può essere sanzionata per il periodo di infrazione durante il quale ha partecipato essa stessa all’infrazione (v., in tal senso, sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 75 supra, punti 28, 61, 66 e 67) qualora, infatti, a decorrere da quel momento, essa possa essere ritenuta personalmente responsabile di tale infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punti 81 e 82).

102    Si deve aggiungere che l’omessa constatazione dell’esistenza di un’infrazione commessa dall’impresa cedente e, se del caso, l’omessa irrogazione della relativa sanzione può compromettere l’efficacia di quest’ultima in caso di ulteriore recidiva.

103    Nella specie, vanno innanzi tutto ricordati i seguenti fatti.

104    Da un lato, il settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas, che appartiene attualmente alla Parker ITR, è stato creato nel 1966 dalla Pirelli Treg, le cui attività sono state riprese, nel dicembre 1990, dalla ITR, acquisita nel 1993 dalla Saiag.

105    Dall’altro, il 27 giugno 2001, la Saiag ha costituito una controllata, la ITR Rubber, dopo aver avviato trattative con la Parker‑Hannifin su un’eventuale vendita della sua attività relativa ai tubi marini, alla quale essa ha trasferito, il 19 dicembre 2001, il suo settore dei tubi in gomma, compreso il settore dei tubi marini.

106    Il trasferimento del settore dei tubi in gomma alla ITR Rubber è divenuto effettivo il 1° gennaio 2002 e, il 31 gennaio 2002, la controllata ITR Rubber – denominata alcuni mesi dopo Parker ITR – è stata acquisita dalla Parker‑Hannifin.

107    Peraltro, dal considerando 370 della decisione impugnata emerge che, dal dicembre 1990 al 27 giugno 2001, data in cui la ITR Rubber è stata costituita dalla Saiag, è la ITR ad aver partecipato al cartello e ad aver commesso, in tal modo, l’infrazione sanzionata da tale decisione.

108    È peraltro pacifico che la ITR ha continuato ad esercitare l’attività della Saiag relativa ai tubi in gomma, e in particolare l’attività relativa ai tubi marini, sino al momento del trasferimento del suo attivo alla ITR Rubber, il 19 dicembre 2001, trasferimento divenuto effettivo a decorrere dal 1° gennaio 2002.

109    È inoltre pacifico che la condotta illecita si è protratta dal 27 giugno al 31 dicembre 2001.

110    Ne consegue che è sempre la ITR ad aver commesso l’infrazione tra il 27 giugno 2001 e il 31 dicembre 2001.

111    In attuazione del principio della responsabilità personale, per l’infrazione commessa – quanto meno – tra il dicembre 1990 e il 31 dicembre 2001 avrebbero dovuto essere quindi sanzionate la Saiag e la ITR.

112    Orbene, è altresì pacifico che la Commissione non ha sanzionato la ITR e la Saiag, in quanto ha ritenuto, in base alle precisazioni da essa fornite a tal proposito in corso di causa, che l’infrazione fosse prescritta riguardo a tali imprese.

113    La Commissione ha inoltre precisato in udienza di aver deciso, in tale contesto, per sanzionare l’infrazione commessa dalla ITR dal dicembre 1990 al dicembre 2001 e, prima di questa, dalla Pirelli Treg dall’aprile 1986 al dicembre 1990, di imputare alla Parker ITR, già ITR Rubber, la responsabilità dell’intera infrazione nel tempo. Essa considera infatti che, in un caso siffatto, sarebbe possibile fare ricorso al criterio della continuità economica al fine di garantire l’effettività delle sanzioni nel diritto della concorrenza.

114    Occorre quindi esaminare se, nel caso di specie, sussistessero i presupposti per applicare il criterio della continuità economica, come affermato dalla Commissione.

115    Va constatato che, da un lato, dal 27 giugno 2001 al 31 gennaio 2002, la ITR Rubber era una controllata detenuta al 100% dalla ITR e, dall’altro, il trasferimento delle attività relative ai tubi in gomma alla ITR Rubber è divenuto effettivo solo a decorrere dal 1° gennaio 2002, senza che dal fascicolo della Commissione emergano elementi che dimostrino che, prima di tale data, la ITR Rubber abbia svolto una qualsiasi attività e, in particolare, un’attività connessa ai tubi marini. Poiché la ITR ha effettuato la vendita di tutte le azioni della ITR Rubber alla Parker‑Hannifin, mediante contratto concluso in data 5 dicembre 2001 ed eseguito con il trasferimento di tutte le azioni all’acquirente il 31 gennaio 2002, è pacifico che la costituzione di una controllata per il ramo di attività relativo ai tubi in gomma, realizzata dalla ITR, si inseriva chiaramente in un obiettivo di vendita delle azioni di tale controllata a un’impresa terza (v., in tal senso, sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 75 supra, punto 60).

116    In tali circostanze, incombeva alla persona giuridica che dirigeva l’impresa interessata al momento in cui l’infrazione è stata commessa, vale a dire la ITR e la sua controllante, la Saiag, rispondere di tale infrazione, pur se, alla data di adozione della decisione di accertamento dell’infrazione, la gestione dell’attività relativa ai tubi marini era stata posta sotto la responsabilità di un’altra impresa, nella specie la Parker‑Hannifin. Il principio della responsabilità personale non può essere infatti rimesso in discussione da quello della continuità economica nel caso in cui, come nella fattispecie, un’impresa coinvolta nel cartello, ossia la Saiag, e la sua controllata, la ITR, ceda una parte delle sue attività a un terzo indipendente e non esista alcun vincolo strutturale tra il cedente e il cessionario – vale a dire, nella specie, tra la Saiag o la ITR e la Parker‑Hannifin.

117    Va inoltre rilevato che la Commissione riconosce di non disporre di alcun indizio che possa lasciar intendere che la vendita sia avvenuta abusivamente onde consentire alla Saiag e alla ITR di sottrarsi alla propria responsabilità e va rilevato che essa non ha sostenuto questa tesi nella decisione impugnata.

118    Spettava quindi alla Commissione constatare che la Saiag e la ITR erano responsabili dell’infrazione sino al 1° gennaio 2002, poi, se del caso, constatare che tale infrazione era prescritta, come le viene consentito da una giurisprudenza costante (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, T‑22/02 e T‑23/02, Racc. pag. II‑4065, punti 60 e 61, e del 12 ottobre 2007, Pergan Hilfsstoffe für industrielle Prozesse/Commissione, T‑474/04, Racc. pag. II‑4225, punto 72).

119    La Commissione non poteva, per contro, in tali circostanze, affermare la responsabilità della ITR Rubber per il periodo precedente al 1° gennaio 2002, data in cui le è stato trasferito l’attivo oggetto del cartello.

120    È del resto la soluzione accolta dalla stessa Commissione nella causa che ha dato luogo alla sentenza Hoechst/Commissione, cit. al punto 75 supra, in attuazione del principio della responsabilità personale, soluzione approvata dal Tribunale.

121    Peraltro, dato che si deve respingere la premessa del ragionamento della Commissione, relativa all’applicazione del criterio della continuità economica unicamente alla cessione dell’attivo dalla ITR alla ITR Rubber (e non alla cessione della controllata ITR Rubber alla Parker‑Hannifin), la responsabilità della Saiag e della ITR non può essere stata trasferita alla ITR Rubber in attuazione di tale criterio. Ne consegue che non può essere accolto l’argomento della Commissione secondo il quale la responsabilità che, in attuazione del criterio della continuità economica, avrebbe seguito la controllata, costituita ai fini del suo acquisto da parte della Parker‑Hannifin, sarebbe stata quindi trasferita a quest’ultima in tale circostanza.

122    Si deve altresì respingere l’argomento della Commissione secondo il quale, in sostanza, essa disporrebbe, in ogni caso, di un margine di discrezionalità nella scelta del responsabile dell’infrazione sia nell’ipotesi di continuità economica che, più in generale, per quanto riguarda le società controllanti e le loro controllate, il che le consentirebbe di sanzionare la ITR Rubber per tutta la precedente condotta illecita della ITR e della Saiag.

123    In primo luogo, risulta infatti dalla giurisprudenza che, in talune circostanze, è possibile imputare a una società controllante il comportamento illecito della sua controllata per effetto del controllo esercitato su quest’ultima dalla controllante (sentenza del Tribunale del 14 maggio 1998, KNP BT/Commissione, T‑309/94, Racc. pag. II‑1007, punti 41, 42, 45, 47 e 48, confermata con sentenza della Corte del 16 novembre 2000, KNP BT/Commissione, C‑248/98 P, Racc. pag. I‑9641, punto 73).

124    Si deve tuttavia constatare che tale giurisprudenza non può trovare applicazione in questa sede dal momento che, nel caso di specie, la Commissione intende imputare a una controllata, la ITR Rubber, la responsabilità della sua controllante, la Saiag, per il comportamento illecito di un’altra controllata di quest’ultima, ossia la ITR.

125    In secondo luogo, è stato altresì dichiarato che la Commissione può scegliere di sanzionare o la controllata che ha partecipato all’infrazione o la società controllante che ne ha avuto il controllo durante tale periodo (sentenza Erste Group Bank e a./Commissione, cit. al punto 101 supra, punti da 81 a 84, e sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 331), oppure le due società congiuntamente e in solido (sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punti da 52 a 82, e del 24 marzo 2011, IBP e International Building Products France/Commissione, T‑384/06, Racc. pag. II‑1177, punto 13).

126    Risulta tuttavia da tale giurisprudenza che, sebbene, certamente, la controllata possa essere sanzionata in luogo della controllante, ciò può avvenire in quanto abbia essa stessa partecipato all’infrazione e, pertanto, per la durata della sua partecipazione a tale infrazione, il che esclude in particolare che essa possa essere ritenuta retroattivamente responsabile di un’infrazione commessa dalla sua controllante prima della costituzione di detta controllata.

127    Infatti, la possibilità di imputare retroattivamente la responsabilità di un’infrazione a una persona giuridica diversa da quella che l’ha commessa può sussistere solo nell’ambito dell’applicazione del criterio della continuità economica, la quale è stata tuttavia esclusa nel caso di specie (v. punti da 114 a 119 supra).

128    Dato che il trasferimento dell’attivo oggetto del cartello dalla ITR alla ITR Rubber era infatti divenuto effettivo il 1° gennaio 2002 e la Commissione non forniva alcuna prova del coinvolgimento della ITR Rubber per il periodo precedente al 1° gennaio 2002, si deve considerare che la ITR Rubber ha commesso personalmente l’infrazione dal 1° gennaio 2002 al 31 gennaio 2002, data in cui tutte le azioni della ITR Rubber sono state acquisite dalla Parker‑Hannifin.

129    Ne consegue altresì che, fatto salvo l’esame del secondo e del terzo motivo, la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin non può essere ammessa per il periodo precedente al 31 gennaio 2002, data in cui la medesima ha acquisito tutte le azioni della ITR Rubber (divenuta Parker ITR). La decisione impugnata, per la parte in cui individua, giustamente, la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin a decorrere dal 31 gennaio 2002, dev’essere quindi confermata al riguardo e con tale riserva.

130    Senza necessità di esaminare la seconda e la terza parte del primo motivo, dev’essere quindi accolta la prima parte dello stesso, in quanto la responsabilità della Parker ITR non può essere ammessa per il periodo di infrazione precedente al 1° gennaio 2002.

 Sul quarto motivo, vertente sul fatto che l’irrogazione di un’ammenda alla Parker ITR per il periodo precedente all’11 giugno 1999 sarebbe errata

 Decisione impugnata

131    Nella decisione impugnata, ai considerando da 148 a 187 e da 289 a 307, la Commissione richiama una serie di fatti che, a suo avviso, portano a distinguere tre periodi nell’esistenza del cartello: un primo periodo di attività «piena e integrale» dal 1986 al maggio 1997, un periodo di attività limitata, che dura, secondo i membri del cartello, dal maggio 1997 al giugno 1999 o al giugno 2000 e, infine, un nuovo periodo di attività «piena e integrale» dal giugno 1999 o dal giugno 2000, secondo i membri del cartello, sino al maggio 2007. Essa ritiene in sostanza che, poiché è dimostrata l’esistenza di contatti tra alcuni partecipanti al cartello, contatti aventi segnatamente lo scopo di rilanciare l’intesa, si debba considerare che l’infrazione è continuata, o quantomeno ripetuta, ma non si debba tuttavia irrogare alcuna ammenda per il periodo di attività limitata del cartello.

 Argomenti delle parti

132    Con il loro quarto motivo, le ricorrenti fanno valere che l’inflizione di un’ammenda alla Parker ITR, per il periodo precedente all’11 giugno 1999, viola, da un lato, l’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, dal momento che l’infrazione non potrebbe essere ritenuta un’infrazione continuata o ripetuta e, dall’altro, il principio di non discriminazione. Esse considerano che la Commissione ha altresì violato l’obbligo di motivazione.

133    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

134    Il quarto motivo, diretto a far sì che il Tribunale constati che la prescrizione opera per un periodo di infrazione precedente all’11 giugno 1999, si presenta logicamente in subordine rispetto al primo motivo, il che implica che esso dovrebbe essere esaminato solo nel caso in cui il primo motivo venisse respinto.

135    Dato che il primo motivo è stato accolto, non è quindi necessario esaminare il quarto motivo.

 Sul quinto motivo, vertente sul fatto che l’ammenda è stata erroneamente maggiorata in quanto la Parker ITR avrebbe svolto un ruolo guida

 Decisione impugnata

136    Dai considerando da 457 a 463 della decisione impugnata emerge che, tenuto conto del coinvolgimento nel cartello del sig. P., che ha svolto un ruolo guida attestato da vari elementi di prova, la Commissione ha deciso di aumentare gli importi base dell’ammenda del 30% a titolo di circostanze aggravanti e di respingere l’argomento della Parker ITR e della Parker‑Hannifin relativo all’imputazione della responsabilità dell’infrazione al sig. P.

 Argomenti delle parti

137    A sostegno del loro quinto motivo, le ricorrenti affermano che l’ammenda è stata erroneamente maggiorata in quanto la Parker ITR avrebbe svolto un ruolo guida per il periodo compreso tra l’11 giugno 1999 e il 30 settembre 2001.

138    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

139    Dato l’accoglimento del primo motivo, non è possibile attribuire alla Parker ITR il ruolo guida all’interno del cartello per il periodo compreso tra l’11 giugno 1999 e il 30 settembre 2001.

140    Pertanto, si deve accogliere il quinto motivo, in quanto il medesimo verte sull’errata maggiorazione dell’ammenda inflitta per un comportamento che non può essere imputato alle ricorrenti.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio della responsabilità individuale e dell’obbligo di motivazione, per quanto riguarda la maggiorazione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin a causa del ruolo guida riconosciuto a carico della Parker ITR

 Argomenti delle parti

141    Il sesto motivo dedotto dalle ricorrenti verte sulla violazione del principio della responsabilità individuale e dell’obbligo di motivazione per quanto riguarda la maggiorazione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin a causa del ruolo guida riconosciuto a carico della Parker ITR.

142    Le ricorrenti fanno valere al riguardo che la Commissione non ha considerato la responsabilità della Parker‑Hannifin per il periodo di infrazione precedente al 31 gennaio 2002, ma che essa ha tenuto conto del ruolo di capofila che la ITR avrebbe svolto dal giugno 1999 al settembre 2001 per aumentare al contempo l’ammenda della Parker ITR e la parte dell’ammenda per cui la Parker‑Hannifin è ritenuta solidalmente responsabile. Orbene, la Commissione ritiene la Parker‑Hannifin responsabile dei fatti verificatisi prima che la stessa, il 31 gennaio 2002, procedesse all’acquisizione della Parker ITR, e ciò in violazione del principio della responsabilità personale.

143    Le ricorrenti affermano altresì, in sostanza, che la motivazione della decisione impugnata è contraddittoria e insufficiente.

144    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

145    Dato l’accoglimento del primo motivo, la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin, per quanto riguarda il ruolo guida della sua controllata, la Parker ITR, non può essere considerata per il periodo di infrazione compreso tra l’11 giugno 1999 e il 30 settembre 2001, che non può essere imputato alla Parker ITR.

146    Di conseguenza, il sesto motivo dev’essere accolto.

 Sul secondo motivo, vertente sull’errata imputazione alle ricorrenti della responsabilità dell’infrazione dovuta al comportamento illecito del sig. P., direttore dell’unità «Oil & Gas»

 Decisione impugnata

147    In sostanza, dai considerando da 374 a 381 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha respinto l’argomento dedotto dalle ricorrenti, secondo le quali si dovrebbe tener conto, da un lato, della responsabilità personale del sig. P., direttore dell’unità «Oil & Gas» della ITR Rubber sia prima dell’acquisizione di quest’ultima da parte della Parker‑Hannifin sia dopo tale acquisizione, il quale avrebbe agito all’insaputa del suo datore di lavoro, creando un vasto meccanismo finalizzato alla partecipazione al cartello a suo personale vantaggio nonché a vantaggio delle società cui era vincolato e, dall’altro, del fatto che tali atti sarebbero stati commessi a danno e in contrasto con la politica interna dell’impresa, arrecandole un notevole pregiudizio e senza apportarle alcun vantaggio.

 Argomenti delle parti

148    Le ricorrenti contestano, in sostanza, il fatto che il comportamento del sig. P., direttore dell’unità «Oil & Gas» della ITR Rubber (divenuta Parker ITR), sia ad esse imputabile, in quanto, in primo luogo, il sig. P. avrebbe loro celato la verità, stabilendo un piano fraudolento che consentisse al medesimo, nonché a diverse società che questi controllava o alle quali era vincolato, di beneficiare dei guadagni illeciti derivanti dal cartello, in secondo luogo si sarebbe opposto con ogni mezzo a che la Parker‑Hannifin intervenisse nella gestione commerciale del settore dei tubi marini che egli avrebbe garantito in maniera del tutto autonoma e, infine, in terzo luogo, esse sarebbero state le prime ad essere lese dal comportamento del sig. P., che avrebbe agito unicamente nel proprio interesse e nell’interesse delle sue società nonché in violazione delle regole deontologiche della Parker‑Hannifin. Esse ritengono, al pari della giurisprudenza americana, che non si dovrebbe considerare l’impresa responsabile del comportamento del suo dipendente dato che le attività illecite di quest’ultimo sono state svolte con l’intento di avvantaggiare soggetti diversi dal suo datore di lavoro.

149    Le ricorrenti affermano inoltre di non aver concluso alcun accordo con i membri del cartello durante il periodo in cui il sig. P. era dipendente dell’impresa e contestano di aver celato il cartello alla Commissione quando hanno avuto sospetti al riguardo, non essendo questi sufficienti, a loro parere, per giustificare l’adozione di provvedimenti ai fini, in particolare, della presentazione di una domanda di trattamento favorevole.

150    La Commissione contesta tali affermazioni.

 Giudizio del Tribunale

151    Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, l’imputazione a un’impresa di un’infrazione all’articolo 85 CE del Trattato non presuppone un’azione e neppure una conoscenza di tale infrazione da parte dei soci o dei dirigenti principali dell’impresa interessata, bensì l’azione di un soggetto autorizzato ad agire per conto dell’impresa (v., per quanto riguarda il Trattato CE, sentenza della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, Racc. pag. 1825, punto 97, e sentenza del Tribunale del 20 marzo 2002, Brugg Rohrsysteme/Commissione, T‑15/99, Racc. pag. II‑1613, punto 58).

152    Occorre rilevare che il sig. P. ha lavorato senza interruzione dal 1981 al 2006, in successione, per la Pirelli Treg, per la Saiag (ITR) e per la Parker ITR. Inoltre, dopo le sue presunte dimissioni, il 9 giugno 2006, la Parker ITR ha concluso con quest’ultimo un contratto di consulenza onde garantire la continuità del settore dei tubi marini.

153    Il coinvolgimento del sig. P. nel cartello nonché il ruolo di leader che egli vi ha svolto, i quali non sono del resto formalmente contestati dalle ricorrenti, sono ampiamente descritti nei dettagli ai considerando 94, 122 (tabella 9), 144, 145, 151, 154, 155, 156, 158, 163, 172, 177, 185, 189 (tabella 10), 190, 196, 241, 302, 349, 379, 383, 384, 386, 459 e 461 della decisione impugnata.

154    Peraltro, le ricorrenti hanno riconosciuto, in udienza, che il sig. P. era autorizzato ad agire per conto dell’impresa, come rilevato dalla Commissione al considerando 383 della decisione impugnata. Emerge infatti da tale considerando che le ricorrenti hanno presentato «una copia dell’atto di autorizzazione (…) in cui veniva dichiarato che egli era autorizzato a sottoscrivere un’ampia serie di transazioni commerciali», il che dimostra che, se è vero che il sig. P. beneficiava di un ampio margine di discrezionalità nello svolgimento delle sue attività, ciò avveniva in quanto tale potere gli era stato espressamente conferito dalle ricorrenti.

155    Le ricorrenti risultano quindi responsabili, senza necessità di stabilire se il sig. P. abbia agito all’insaputa delle stesse.

156    Risulta pertanto parimenti inconferente l’argomento delle ricorrenti secondo cui esse non avrebbero concluso di per sé alcun accordo con gli altri membri del cartello, in quanto venivano giuridicamente vincolate dal sig. P.

157    Ciò vale anche per le affermazioni relative alla violazione delle regole deontologiche interne al gruppo Parker e per quelle riguardanti il fatto che il sig. P. avrebbe agito con l’intento di truffare detto gruppo. È giocoforza infatti constatare che non sussistono elementi a conferma di tali affermazioni, smentite del resto dalla circostanza che il gruppo Parker non ha mai presentato denuncia né intrapreso alcuna iniziativa nei confronti del suo ex dipendente.

158    Infine, quanto ai danni asseritamente arrecati alla Parker‑Hannifin, la Commissione ha giustamente osservato che, nel partecipare al cartello, l’impresa, contrariamente a quanto dalla stessa affermato, ha tratto benefici derivanti, in particolare, dalla fissazione dei prezzi e dalla ripartizione dei mercati tra i vari membri del cartello, che non avrebbe potuto realizzare se non vi fosse stato alcun accordo tra loro.

159    Il secondo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Parker‑Hannifin è stata erroneamente considerata solidalmente responsabile dell’infrazione insieme alla Parker ITR

 Decisione impugnata

160    Dai considerando da 382 a 389 della decisione impugnata emerge in sostanza che la Commissione ha considerato che l’influenza determinante della Parker‑Hannifin sulla Parker ITR si poteva presumere dal momento che la società controllante deteneva il 100% del capitale della sua controllata e che esistevano peraltro indizi di fatto che dimostravano che la Parker‑Hannifin aveva esercitato un controllo sulla Parker ITR, in particolare un atto di autorizzazione rilasciato al sig. P., in cui si attestava che lo stesso era autorizzato a sottoscrivere un’ampia gamma di transazioni commerciali.

161    La Commissione ha altresì respinto gli argomenti dedotti dalle ricorrenti in risposta alla comunicazione degli addebiti.

162    La Commissione ha così respinto, in primo luogo, l’argomento secondo cui sarebbe stato sufficiente dimostrare che la Parker‑Hannifin non aveva esercitato alcuna influenza determinante soltanto sull’attività relativa ai tubi marini della Parker ITR, senza che fosse necessario tener conto della situazione degli altri settori di attività di tale controllata, considerando che dalla giurisprudenza risultava che la medesima si riferiva al comportamento della controllata nel suo complesso.

163    In secondo luogo, la Commissione ha considerato che i documenti ai quali facevano riferimento le ricorrenti per provare l’autonomia della Parker ITR non dimostravano che la controllata agiva in piena indipendenza dalla società controllante, ma rivelavano soltanto eventuali divergenze di vedute e problemi di collaborazione. Tuttavia, secondo la Commissione, non era necessario intervenire nella gestione corrente delle attività di una controllata per esercitare un’influenza determinante sulla politica commerciale di detta controllata.

164    In terzo luogo, la Commissione ha respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui il cartello sarebbe stato celato alla società controllante, considerando in particolare che dalla giurisprudenza risulta che essa non è tenuta a dimostrare che la dirigenza di un’impresa era al corrente di un’infrazione, fintanto che il soggetto che contribuiva alla commissione di tale infrazione fosse stato autorizzato ad agire per conto dell’impresa.

165    La Commissione ha concluso considerando che, oltre alla responsabilità della Parker ITR per l’infrazione commessa a decorrere dal 1986, la Parker‑Hannifin e la Parker ITR dovevano essere dichiarate solidalmente responsabili del comportamento della Parker ITR fra il 31 gennaio 2002 e il 2 maggio 2007.

 Argomenti delle parti

166    In primo luogo, le ricorrenti affermano, in sostanza, da un lato, che la Parker‑Hannifin non ha esercitato la benché minima influenza – e, a fortiori, alcuna influenza determinante – sull’unità «Oil & Gas» della Parker ITR all’epoca in cui il sig. P. la dirigeva. A sostegno di tale argomento, esse affermano che il sig. P. si è sistematicamente rifiutato di rispettare le direttive e la politica commerciale della Parker‑Hannifin, è riuscito a respingere i tentativi di intervento di quest’ultima nella gestione del settore dei tubi marini e ha deliberatamente ignorato il codice deontologico del gruppo Parker. A loro giudizio, la suddetta unità «Oil & Gas», diretta dal sig. P., ha quindi tenuto una condotta autonoma sul mercato. Esse ritengono di aver così invertito la presunzione di influenza determinante.

167    Dall’altro lato, al di fuori di qualche presunto indizio, il fascicolo della Commissione non contiene, sempre secondo le ricorrenti, alcuna prova dell’esercizio, da parte della Parker‑Hannifin, di un’influenza determinante sulla Parker ITR nel corso del periodo compreso fra il 31 gennaio 2002 e il 9 giugno 2006.

168    In secondo luogo, le ricorrenti ritengono, in sostanza, che spetta ad esse confutare la presunzione di influenza determinante solo per quanto attiene ai prodotti interessati dal cartello, ossia i prodotti dell’unità «Oil & Gas» della Parker ITR. Sarebbe così manifestamente sproporzionato e in contrasto con il ragionamento sotteso alla presunzione il fatto di essere tenute a dimostrare che la Parker‑Hannifin non ha esercitato alcuna influenza determinante sull’insieme delle attività esercitate dalla Parker ITR. Una società controllante può infatti decidere di esercitare un’influenza determinante su taluni settori di attività delle sue controllate e lasciarle completamente indipendenti per quanto riguarda altri settori. Occorre quindi considerare, nella specie, che le prove contenute nel fascicolo dimostrano che la Parker‑Hannifin e la Parker ITR non costituivano un’impresa unica ai sensi dell’articolo 81 CE con riferimento all’attività dei tubi marini destinati al petrolio e al gas.

169    In terzo luogo, le ricorrenti contestano, in sostanza, le affermazioni della Commissione secondo cui non è necessario intervenire nella gestione corrente di una controllata per esercitare un’influenza determinante.

170    In quarto luogo, le ricorrenti ritengono, in sostanza, di non dover contestare quanto sostenuto dalla Commissione al considerando 386 della decisione impugnata, ossia che la Parker‑Hannifin avrebbe imposto obiettivi e strategie che influivano sui risultati e sulla coerenza del gruppo e cercato di correggere i comportamenti che avrebbero potuto discostarsi da tali obiettivi e strategie.

171    Infine, in quinto luogo, le ricorrenti contestano, in sostanza, la portata e l’interpretazione attribuite dalla Commissione a taluni elementi di prova di cui la stessa ha tenuto conto ai considerando da 383 a 386 della decisione impugnata, volti a dimostrare che la Parker‑Hannifin aveva inteso esercitare un’influenza sulla sua controllata.

172    La Commissione contesta tali affermazioni.

 Giudizio del Tribunale

173    Da una costante giurisprudenza risulta che il comportamento di una controllata può essere imputato alla società controllante in particolare qualora, pur avendo personalità giuridica distinta, tale controllata non determini in modo autonomo la sua linea di condotta sul mercato, ma si attenga, in sostanza, alle istruzioni che le vengono impartite dalla società controllante, in considerazione, in particolare, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che intercorrono tra le due entità giuridiche (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 58, e la giurisprudenza ivi citata).

174    Infatti, ciò si verifica perché, in tale situazione, la società controllante e la sua controllata fanno parte di una stessa unità economica e, pertanto, formano una sola impresa, ai sensi della giurisprudenza. Così, il fatto che una società controllante e la sua controllata costituiscano una sola impresa ai sensi dell’articolo 81 CE consente alla Commissione di emanare una decisione che infligge ammende nei confronti della società controllante, senza necessità di dimostrare l’implicazione personale di quest’ultima nell’infrazione (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 59, e la giurisprudenza ivi citata).

175    Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della sua controllata, la quale abbia infranto le norme dell’Unione in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento di tale controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata).

176    Alla luce di tali considerazioni, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata sia detenuto dalla sua controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla sua controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di confutare tale presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la sua controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato (v. sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 61, e la giurisprudenza ivi citata).

177    Inoltre, il comportamento della controllata sul mercato non può costituire l’unico elemento in grado di determinare la responsabilità della società controllante, essendo piuttosto uno dei segni dell’esistenza di un’unità economica (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 73).

178    Pertanto, al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il suo comportamento sul mercato, dev’essere anche preso in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici che legano tale controllata alla società controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono essere quindi elencati in modo tassativo (sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punto 74).

179    Nella specie, è pacifico che la Parker‑Hannifin deteneva, attraverso le varie controllate, il 100% del capitale della ITR Rubber (divenuta Parker ITR). In quanto società controllante, si presume quindi che essa abbia esercitato un’influenza determinante sul comportamento della sua controllata.

180    Ciò considerato, occorre analizzare gli elementi di prova forniti dalle ricorrenti al fine di invertire tale presunzione.

181    Nell’ambito di tale analisi, va ricordato in via preliminare che dalla sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, risulta che l’autonomia dev’essere dimostrata in relazione all’intera controllata e non soltanto in relazione a un’unità commerciale attiva sul mercato costituente oggetto del cartello, dal momento che la dimostrazione di un comportamento autonomo della controllata ha, in definitiva, lo scopo di dimostrare che la società controllante e la controllata non formano un’unità economica, il che può giustificare il fatto che la società controllante non risponda dell’infrazione commessa dalla sua controllata (v., in tal senso, sentenza Akzo Nobel e a./Commissione, cit. al punto 86 supra, punti 55, 56 e 59).

182    La tesi delle ricorrenti su questo punto dev’essere, di conseguenza, respinta.

183    Le ricorrenti fanno peraltro valere che non viene richiesto alle parti interessate di fornire una prova diretta e inconfutabile del comportamento autonomo della controllata sul mercato, ma solo di presentare elementi di prova idonei a dimostrare tale autonomia.

184    Poiché viene richiesto, secondo la giurisprudenza della Corte precedentemente richiamata (v. punto 176 supra), che siano forniti «sufficienti elementi di prova idonei a dimostrare che la (…) controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato», non si richiede che le ricorrenti forniscano una prova diretta e inconfutabile del comportamento autonomo della controllata sul mercato, ma in mancanza di tale prova, esse sono tenute a presentare una serie di elementi di prova precisi e concordanti che dimostrino che la controllata si è in effetti comportata in maniera autonoma, nonostante il fatto che la società controllante detenesse il 100% del capitale della sua controllata.

185    Peraltro, a sostegno della loro tesi secondo cui la società controllante non avrebbe esercitato alcuna influenza né, a fortiori, alcuna influenza determinante sulla sua controllata, le ricorrenti fanno valere che il sig. P. si è sistematicamente rifiutato di rispettare le direttive e la politica commerciale della Parker‑Hannifin, è riuscito a respingere i tentativi di intervento di quest’ultima nella gestione del settore dei tubi marini, circostanza che sarebbe riconosciuta dalla Commissione nella decisione impugnata (considerando 384 della decisione impugnata), e in tal modo ha inoltre deliberatamente ignorato il codice deontologico del gruppo Parker che vieta ai suoi dipendenti di partecipare ad attività collusive.

186    Le ricorrenti ritengono di aver così dimostrato che la Parker‑Hannifin non era intervenuta nella gestione corrente dell’unità «Oil & Gas» della Parker ITR.

187    Va tuttavia rilevato che le ricorrenti, in sostanza, affermano al contempo che la Parker‑Hannifin non ha esercitato alcuna influenza determinante sulla Parker ITR, ma che essa non ha mai smesso di intervenire nella gestione di quest’ultima e non vi sarebbe riuscita solo a causa dei raggiri del sig. P.

188    Orbene, le ricorrenti non forniscono alcun elemento idoneo a dimostrare le ragioni per cui la Parker‑Hannifin sarebbe stata legittimamente nell’impossibilità di esercitare un’influenza determinante sulla Parker ITR per diversi anni, come dalle stesse affermato.

189    Va ricordato infatti che la Parker‑Hannifin è la società posta al vertice di un gruppo operante a livello mondiale, che, all’inizio del 2002, ha acquisito un settore di attività per essa nuovo, ossia il settore dei tubi in gomma della ITR Rubber (divenuta Parker ITR).

190    Orbene, le ricorrenti sostengono che il sig. P. ha escluso il gruppo Parker dalle attività della Parker ITR, cosicché la società al vertice di detto gruppo avrebbe completamente ignorato quanto accadeva in tali attività per più di quattro anni sino alla cessazione del rapporto di lavoro con questa persona nel 2006.

191    Oltre al carattere assai poco credibile di tali affermazioni, è giocoforza constatare che niente impediva alla Parker‑Hannifin, giuridicamente ed economicamente, di esercitare il suo controllo sulla Parker ITR.

192    Niente impediva inoltre alla Parker‑Hannifin di allontanare o di licenziare il sig. P., visto che era soltanto uno dei suoi dipendenti, qualora le ricorrenti avessero ritenuto, come sostengono attualmente, che questi ostacolasse il controllo della Parker‑Hannifin sulla Parker‑ITR.

193    Oltre a ciò, le prove che devono essere fornite dalla società controllante devono essere sufficienti a dimostrare che la controllata era oggettivamente autonoma, tenuto conto dei vincoli economici, organizzativi e giuridici che legavano le due società. Le intenzioni della controllata al riguardo, per quanto dimostrate, sono, dal canto loro, del tutto irrilevanti. Decidere diversamente equivarrebbe ad avallare l’inerzia e la negligenza della società controllante nella gestione delle sue controllate impegnate in comportamenti illeciti.

194    Le ricorrenti non deducono di conseguenza alcun elemento idoneo a confutare né la presunzione di influenza determinante della società controllante sulla controllata né gli elementi di prova supplementari considerati dalla Commissione.

195    Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto.

 Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento dovuta all’applicazione di un metodo errato per il calcolo del valore delle vendite ai fini della determinazione dell’ammenda

 Decisione impugnata

196    Dai considerando da 422 a 428 della decisione impugnata emerge in sostanza che la Commissione, da un lato, ha tenuto conto, ai fini della determinazione delle vendite interessate, della media delle vendite degli ultimi tre anni precedenti alla cessazione dell’infrazione onde tener conto della volatilità delle vendite annuali e, dall’altro, ha considerato che il mercato del SEE corrispondeva a tutte le vendite fatturate a un acquirente avente sede all’interno del SEE, precisando che a suo parere, tenuto conto delle particolari circostanze del mercato pertinente, fosse questo il criterio più affidabile per stabilire ove si situasse la concorrenza su cui incideva l’infrazione, e non il luogo dell’utilizzazione finale, che poteva trovarsi effettivamente al di fuori del SEE.

197    La Commissione rileva inoltre che tale valutazione è confermata dal fatto che la maggior parte delle società, nelle loro risposte alle richieste di informazioni da parte della stessa, hanno effettuato una ripartizione geografica dei clienti o del fatturato basandosi sul luogo di fatturazione e non sul luogo di consegna o di utilizzo finale dei prodotti.

198    La Commissione dichiara infine che siffatta valutazione non è in contrasto con gli orientamenti, poiché questi ultimi non indicano i criteri in base ai quali si possa ritenere che le vendite siano situate all’interno del SEE.

 Argomenti delle parti

199    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione ha violato il principio della tutela del legittimo affidamento tenendo conto, ai fini del calcolo delle vendite aggregate all’interno del SEE, non solo delle vendite di tubi marini consegnati all’interno del SEE, ma anche delle vendite di prodotti fatturati a società stabilite all’interno del SEE, e ciò al fine, a loro avviso, di aumentare artificialmente l’importo dell’ammenda.

200    Secondo le ricorrenti, solo le vendite di prodotti consegnati all’interno del SEE riflettono l’impatto concorrenziale di un comportamento potenzialmente illecito nell’ambito del SEE. Infatti, le vendite di prodotti consegnati al di fuori del SEE non potrebbero «pregiudicare il commercio tra gli Stati membri» o «tra le Parti contraenti», ai sensi dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE; il commercio nel SEE sarebbe infatti pregiudicato unicamente nel caso in cui i prodotti oggetto del cartello fossero consegnati all’interno del territorio del SEE, indipendentemente dal luogo in cui ha sede l’entità giuridica alla quale essi vengono fatturati.

201    Le ricorrenti fanno inoltre riferimento, a tal proposito, al punto 197 della comunicazione consolidata della Commissione sui criteri di competenza giurisdizionale a norma del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU 2008, C 95, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione sulle concentrazioni»), secondo il quale «la consegna è in generale l’elemento caratteristico della vendita di beni (…)», il che confermerebbe la loro analisi relativa al paragrafo 18 degli orientamenti.

202    Le ricorrenti ritengono peraltro che il considerando 55 della decisione impugnata – in cui la Commissione indica che «le vendite di pezzi di ricambio [vale a dire a utenti finali] rappresentano una quota del mercato mondiale dei tubi marini superiore a quella delle vendite di nuovi prodotti [vale a dire le vendite ai fornitori di componenti]» – sia in contrasto con il considerando 427 della decisione impugnata – secondo cui «una quantità considerevole di tubi marini viene acquistata dai fornitori di componenti».

203    Peraltro, le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione non può sostenere che il criterio della fatturazione è un criterio comune, utilizzato dalle imprese stesse, per il solo fatto che molte delle imprese interessate hanno indicato la ripartizione geografica interna del loro fatturato fondandosi sul luogo di fatturazione e non sul luogo di consegna e sebbene la Parker‑Hannifin avesse attirato la sua attenzione sul fatto che i fatturati così calcolati avrebbero potuto non corrispondere al fatturato realizzato nel SEE ai fini della causa.

204    La Commissione contesta tali affermazioni.

 Giudizio del Tribunale

205    A tenore del paragrafo 13 degli orientamenti:

«Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello Spazio economico europeo (SEE). In linea di massima la Commissione prenderà come riferimento le vendite realizzate dall’impresa nell’ultimo anno intero in cui questa ha partecipato all’infrazione (…)».

206    Conformemente al paragrafo 18 degli orientamenti:

«Qualora l’estensione geografica di un’infrazione superi il territorio del (SEE) (ad esempio nel caso dei cartelli mondiali), le vendite interessate realizzate dall’impresa all’interno del SEE possono non riflettere adeguatamente il peso di ciascuna impresa nell’infrazione. Questo può verificarsi, in particolare, nel caso di accordi mondiali di ripartizione dei mercati.

In tale sistuazione, per eprimere nel contempo la dimensione aggregata delle vendite interessate nel SEE e il peso relativo di ciascuna impresa nell’infrazione, la Commissione può stimare il valore totale delle vendite dei beni o servizi ai quali l’infrazione si riferisce nell’area geografica interessata (più ampia del SEE), determinare la quota delle vendite di ciascuna impresa che ha partecipato all’infrazione su tale mercato e applicare tale quota alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE di queste stesse imprese. Il risultato fungerà da valore delle vendite ai fini della determinazione dell’importo di base dell’ammenda».

207    Le ricorrenti non contestano il fatto che il mercato dei tubi marini sia un mercato mondiale.

208    Si deve pertanto esaminare il contenuto del paragrafo 18 degli orientamenti, applicabile nel caso di specie.

209    Va constatato che il paragrafo 18 degli orientamenti – come, del resto, il paragrafo 13 – non menziona le «vendite consegnate» o le «vendite fatturate» all’interno del SEE, ma si riferisce unicamente alle «vendite» realizzate nel SEE.

210    Ne consegue che gli orientamenti, come non impongono di tener conto delle vendite consegnate nel SEE, non ostano a che la Commissione consideri le vendite fatturate nel SEE al fine di calcolare il valore delle vendite di ciascuna impresa all’interno del SEE.

211    Per poter considerare le vendite fatturate nel SEE, è tuttavia necessario che tale criterio rifletta la realtà del mercato, vale a dire che sia il più idoneo a definire le conseguenze del cartello sulla concorrenza nel SEE.

212    Orbene, le ricorrenti non contestano il fatto che, sebbene la maggior parte dei sistemi di tubi marini abbiano come destinazione finale regioni extraeuropee, taluni dei principali fornitori di componenti a livello mondiale hanno sede, per contro, nei diversi paesi dell’Unione o del SEE (v. considerando 59 della decisione impugnata). Di conseguenza, gli effetti sulla concorrenza, all’interno del SEE, del cartello sui tubi marini risultano correttamente rispecchiati prendendo in considerazione le vendite fatturate nel SEE e va respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui solo le vendite consegnate nel SEE potrebbero consentire di valutare gli effetti del cartello nel SEE.

213    È per contro irrilevante il fatto che, nella comunicazione sulle concentrazioni, la Commissione abbia inteso privilegiare il luogo di consegna per quanto riguarda la determinazione del fatturato da prendere in considerazione, dato che la valutazione delle conseguenze di una concentrazione sul mercato non è in effetti paragonabile alla determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere a un’impresa per un’infrazione all’articolo 81 CE, quand’anche la determinazione del valore del mercato fosse identica nella comunicazione sulle concentrazioni e negli orientamenti.

214    Inoltre, il fatto che la Commissione si autolimiti in un settore del diritto della concorrenza non la obbliga ad autolimitarsi allo stesso modo in un altro settore, né si traduce ipso facto in un’identica limitazione nel medesimo.

215    Peraltro, il fatto che, nella decisione impugnata, sia stato constatato che le vendite di pezzi di ricambio agli utenti finali – che, di certo, sono situati in gran parte al di fuori del SEE – rappresentano una quota del mercato mondiale dei tubi marini superiore a quella delle vendite di nuovi prodotti (considerando 55 della decisione impugnata) non è in contrasto con la valutazione della Commissione secondo cui, nella specie, il luogo in cui ha sede l’entità alla quale le vendite sono fatturate è il più idoneo per valutare se le vendite avvengono all’interno del SEE (considerando 427 della decisione impugnata); ciò significa infatti che la Commissione ha tenuto conto unicamente delle vendite fatturate a clienti con sede nel SEE, indipendentemente dalla localizzazione degli utenti finali.

216    Si deve quindi esaminare se, alla luce delle precedenti considerazioni, la Commissione abbia utilizzato i dati sulle vendite, forniti dalle imprese, ossia dati sulle vendite fatturate, in modo imprevedibile per queste ultime e in modo tale da violare il loro legittimo affidamento.

217    Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, il diritto di invocare il principio della tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione da cui risulti che l’amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, abbia fatto sorgere in lui aspettative fondate (sentenza della Corte del 15 luglio 2004, Di Lenardo e Dilexport, C‑37/02 e C‑38/02, Racc. pag. I‑6911, punto 70, e sentenza del Tribunale del 17 dicembre 1998, Embassy Limousines & Services/Parlamento, T‑203/96, Racc. pag. II‑4239, punto 74). Costituiscono assicurazioni di tal genere, indipendentemente dalla forma nella quale siano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili (v., in tal senso, sentenza della Corte del 25 maggio 2000, Kögler/Corte di giustizia, C‑82/98 P, Racc. pag. I‑3855, punto 33). Per contro, nessuno può invocare la violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenze della Corte del 24 novembre 2005, Germania/Commissione, causa C‑506/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 58, e del 22 giugno 2006, Belgio e Forum 187/Commissione, C‑182/03 e C‑217/03, Racc. pag. I‑5479, punto 147). Per di più, solo assicurazioni conformi alle norme applicabili possono fondare un legittimo affidamento (sentenze del Tribunale del 30 giugno 2005, Branco/Commissione, T‑347/03, Racc. pag. II‑2555, punto 102, del 23 febbraio 2006, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, T‑282/02, Racc. pag. II‑319, punto 77, e del 19 novembre 2009, Denka International/Commissione, T‑334/07, Racc. pag. II‑4205, punto 132).

218    È giocoforza constatare che, nella specie, la Commissione non ha fornito alcuna assicurazione alle ricorrenti, ai sensi di tale giurisprudenza, che i dati da esse forniti dapprima spontaneamente, poi su richiesta della Commissione, riguardo alle vendite fatturate nel SEE, non sarebbero stati considerati ai fini del calcolo dell’ammenda che sarebbe stata loro inflitta.

219    Le ricorrenti non possono quindi far valere nessuna violazione del principio della tutela del legittimo affidamento relativamente alla considerazione delle informazioni, che esse hanno fornito di propria iniziativa alla Commissione, riguardo alle vendite fatturate nel SEE, ai fini del calcolo dell’ammenda ad esse inflitta.

220    In conclusione, il settimo motivo dev’essere respinto.

 Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, del principio della responsabilità personale e dell’obbligo di motivazione, in sede di calcolo della soglia del 10% del fatturato

 Argomenti delle parti

221    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe dovuto tener conto del fatturato della Parker ITR e non del fatturato consolidato della Parker‑Hannifin ai fini del calcolo del massimale del 10% dell’ammenda inflitta alla Parker ITR e che, in tal modo, la Commissione ha violato l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Emerge infatti dalla giurisprudenza, a loro avviso, che quando due entità giuridiche facevano parte della stessa impresa al momento dell’infrazione, ma non appartengono più a tale impresa al momento della decisione della Commissione, il massimale del 10% dev’essere calcolato in base ai loro rispettivi fatturati, separatamente considerati. Lo stesso ragionamento avrebbe dovuto essere applicato per analogia nel caso di specie, dato che la Saiaig e la ITR, che per la maggior parte del periodo di durata dell’infrazione erano proprietarie dell’attivo che aveva partecipato a tale infrazione, costituivano un’impresa indipendente dalla Parker‑Hannifin.

222    Le ricorrenti fanno valere che qualsiasi altra interpretazione sarebbe contraria al principio della certezza del diritto e darebbe luogo a risultati sproporzionati.

223    In secondo luogo, le ricorrenti considerano che la decisione impugnata viola, in tal modo, anche il principio della responsabilità personale poiché, dal 1° aprile 1986 al 31 gennaio 2002, l’attivo inerente ai tubi marini della Parker ITR è appartenuto a imprese diverse.

224    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha risposto all’argomento da esse dedotto nel corso del procedimento amministrativo, vertente sull’interpretazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. A loro giudizio, la decisione impugnata si limita a indicare che gli importi base adeguati, considerati ai fini delle ammende, non superano il massimale del 10%, il che non consente di comprendere le ragioni sottese alla decisione della Commissione di calcolare il massimale del 10% in base al fatturato della Parker‑Hannifin per la parte di ammenda per la quale solo la Parker ITR è stata ritenuta responsabile.

225    La Commissione contesta tali affermazioni.

 Giudizio del Tribunale

226    Va ricordato che, da un lato, si deve accogliere il primo motivo e che, di conseguenza, il periodo di infrazione da considerare a carico della Parker ITR decorre dal 1° gennaio 2002 sino al 2 maggio 2007 e, dall’altro, si deve respingere il terzo motivo, il che induce il Tribunale a considerare che, per tutto il periodo di infrazione, ad eccezione del periodo compreso tra il 1° gennaio 2002 e il 31 gennaio 2002, la Parker ITR era una controllata al 100% della Parker‑Hannifin sulla quale la medesima esercitava un’influenza determinante.

227    Peraltro, secondo una giurisprudenza costante, l’obiettivo perseguito con l’introduzione del massimale del 10% può essere realizzato solo se tale massimale viene applicato, in un primo tempo, a ogni singolo destinatario della decisione che infligge l’ammenda. Solo nel caso in cui risulti, in un secondo tempo, che più destinatari costituiscono «l’impresa» nel senso dell’entità economica responsabile dell’infrazione sanzionata, e ciò ancora alla data di adozione di tale decisione, è possibile calcolare il massimale in base al fatturato globale di tale impresa, vale a dire in base a tutte le sue componenti cumulate (sentenza Tokai Carbon e a./Commissione, cit. al punto 125 supra, punto 390).

228    Dato che il primo motivo viene accolto, l’ottavo motivo è inconferente, per la parte riguardante il periodo di infrazione precedente al 1° gennaio 2002, durante il quale l’infrazione è stata commessa dalla ITR. Peraltro, esso è infondato per la parte riguardante il periodo di infrazione successivo al 1° gennaio 2002, poiché, per tutto questo periodo, ad eccezione di un mese, la Parker ITR e la Parker‑Hannifin costituivano un’unità economica responsabile dell’infrazione sanzionata. Il massimale dell’ammenda poteva essere quindi calcolato in base al fatturato globale di tale impresa, vale a dire in base a tutte le sue componenti cumulate.

229    Dato che il primo motivo viene accolto, non è necessario esaminare le altre censure, vertenti sulla violazione dei principi della responsabilità personale e della proporzionalità e del difetto di motivazione, in quanto riguardano l’incidenza della considerazione, nella decisione impugnata, del periodo precedente al 1° gennaio 2002.

230    L’ottavo motivo dev’essere pertanto respinto.

 Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, dovuta al rifiuto della Commissione di applicare una riduzione dell’ammenda a titolo di cooperazione

 Decisione impugnata

231    Dai considerando da 489 a 493 della decisione impugnata emerge, in sostanza, che la Parker ITR ha presentato alla Commissione, nell’ambito del programma di clemenza, alcuni documenti riguardo ai quali quest’ultima ha considerato, da un lato, che essi avevano un valore aggiunto limitato per quanto riguarda il periodo compreso tra il 1986 e il 2007 e, dall’altro, che i medesimi fornivano certamente elementi che consentivano di dimostrare l’esistenza del cartello dal 1972 sino all’inizio degli anni ’80. La Commissione ha tuttavia considerato che l’illecito relativo a tale periodo doveva ritenersi prescritto. Essa ne ha dedotto che non doveva essere concessa alle ricorrenti alcuna riduzione dell’ammenda.

 Argomenti delle parti

232    Le ricorrenti fanno valere di aver raccolto e presentato, nella loro domanda di trattamento favorevole, alcune prove significative di fatti, [riservato], di cui la Commissione non era precedentemente a conoscenza e aventi un rapporto diretto con [riservato] dell’infrazione. Secondo le ricorrenti, la Commissione ha considerato che questi elementi di prova, che si riferivano al periodo compreso tra [riservato], non apportavano alcun valore aggiunto in ragione [riservato]. Orbene, siffatta analisi sarebbe in contrasto con [riservato]. Inoltre, la Commissione non avrebbe fornito alcun argomento che spieghi le ragioni per cui [riservato].

233    Le ricorrenti sostengono peraltro che, se la Commissione avesse considerato che le prove fornite dalle ricorrenti presentavano un valore aggiunto significativo, la Parker ITR non avrebbe potuto essere ritenuta, in base a tali prove, responsabile per [riservato] del cartello e questa immunità parziale si sarebbe cumulata con la riduzione concessa nell’ambito del trattamento favorevole a titolo di cooperazione, conformemente al paragrafo 26, ultimo comma, della comunicazione sulla cooperazione.

234    Infine, le ricorrenti contestano di aver celato il cartello quando ne sono venute a conoscenza.

235    La Commissione contesta tali affermazioni.

 Giudizio del Tribunale

236    Il paragrafo 26 della comunicazione sulla cooperazione dispone quanto segue:

«Nella decisione finale che adotta alla conclusione del procedimento amministrativo, la Commissione determina l’entità della riduzione dell’importo dell’ammenda di cui beneficerà l’impresa, rispetto a quello che altrimenti le sarebbe stato imposto. Rispettivamente per

–        la prima impresa che fornisca elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione del 30‑50%,

–        la seconda impresa che fornisca elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione del 20‑30%,

–        le altre imprese che forniscano elementi probatori aventi un valore aggiunto significativo: riduzione fino ad un massimo del 20%.

Al fine di definire il livello della riduzione all’interno di queste forcelle, la Commissione tiene conto della data in cui gli elementi probatori che soddisfano le condizioni menzionate al [paragrafo 24] le sono stati comunicati e del grado di valore aggiunto che detti elementi hanno rappresentato.

Se l’impresa che chiede una riduzione dell’ammenda è la prima a presentare elementi probatori concludenti ai termini del [paragrafo 25], che serviranno alla Commissione per accertare altri fatti tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione, la Commissione non terrà conto di questi elementi nel determinare l’importo di eventuali ammende da infliggere all’impresa che li ha forniti».

237    Il paragrafo 36 della comunicazione sulla cooperazione precisa che:

«La Commissione non decide se accordare o no l’immunità condizionale o se dare seguito o meno in altro modo a una domanda, se constata che la domanda riguarda infrazioni alle quali si applica, per l’irrogazione di sanzioni, il periodo di prescrizione di cinque anni previsto all’articolo 25, paragrafo 1, lettera b[,] del regolamento n. 1/2003. Tali domande, infatti, sarebbero prive di scopo».

238    Nella specie, le prove che, secondo le ricorrenti, avrebbero dovuto far loro beneficiare di una riduzione dell’ammenda in base alla comunicazione sulla cooperazione riguardano il periodo compreso [riservato].

239    Anche ammettendo che siano significative, tali prove riguardano un periodo [riservato].

240    Come rilevato giustamente dalla Commissione, tale periodo di infrazione, ammesso che sia sufficientemente dimostrato grazie alle suddette prove, avrebbe dovuto essere considerato prescritto.

241    La Commissione rileva inoltre, al considerando 491 della decisione impugnata, che le prove fornite per il periodo [riservato] sono troppo inconsistenti per poter dimostrare un’infrazione.

242    Poiché la Commissione constata di non disporre di alcuna prova di attività collusive, sufficiente a dimostrare un’infrazione durante il periodo compreso [riservato], essa doveva dedurne che il periodo cui si riferivano le prove fornite dalle ricorrenti [riservato] e la Commissione ha giustamente rifiutato di ridurre l’ammenda delle ricorrenti, tenuto conto del fatto che dette prove non presentavano alcun valore aggiunto.

243    Occorre peraltro constatare che la decisione impugnata contiene una motivazione dettagliata al riguardo, che figura ai considerando da 489 a 493 della medesima decisione.

244    Il nono motivo dev’essere quindi integralmente respinto.

245    Dal complesso delle suesposte considerazioni risulta che l’articolo 1 della decisione impugnata dev’essere annullato nella parte in cui viene constatato che la Parker ITR aveva partecipato all’infrazione per il periodo precedente al 1° gennaio 2002. Pertanto, si deve altresì annullare l’articolo 2 della decisione impugnata per quanto riguarda le ricorrenti.

 Sulle conclusioni di riforma, sull’esercizio da parte del Tribunale della sua competenza estesa al merito e sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

246    Si deve rammentare che, conformemente all’articolo 261 TFUE, i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, in virtù delle disposizioni del Trattato FUE, possono attribuire alla Corte una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni previste in tali regolamenti. Siffatta competenza è stata attribuita al giudice comunitario dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003. Esso è quindi abilitato, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la sanzione inflitta. Ne discende che il giudice dell’Unione può esercitare la sua competenza estesa al merito, quando il problema dell’importo dell’ammenda è sottoposto alla sua valutazione, e che tale competenza può essere esercitata tanto per ridurre quanto per aumentare detto importo (v. sentenza della Corte dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punti da 60 a 62, e la giurisprudenza ivi citata).

247    Peraltro, a termini dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

248    La Corte ha dichiarato che, per determinare l’importo delle ammende, si doveva tenere conto della durata delle infrazioni e di tutti gli elementi idonei a rientrare nella valutazione della loro gravità, quali il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella determinazione delle pratiche concordate, il profitto che esse avevano potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di questo tipo rappresentano per la Comunità europea (v. sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, Racc. pag. I-13085, punto 56, e la giurisprudenza ivi citata).

249    La Corte ha altresì indicato che devono essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subito dall’ordine pubblico economico. L’analisi deve considerare altresì l’importanza relativa e la quota di mercato delle imprese responsabili, nonché un’eventuale recidiva (sentenza Chalkor/Commissione, cit. al punto 248 supra, punto 57).

250    A tal proposito, occorre ricordare che, per sua natura, la fissazione di un’ammenda ad opera del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non corrisponde a un calcolo aritmetico preciso. D’altronde, il Tribunale non è tenuto ad attenersi ai calcoli della Commissione, ma deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie (sentenza del Tribunale del 14 settembre 2004, Aristrain/Commissione, T‑156/94, non pubblicata nella Raccolta, punto 43).

251    Nella specie, alla luce della valutazione effettuata dal Tribunale nell’ambito, da un lato, della prima parte del primo motivo e, dall’altro, del quinto e sesto motivo nonché degli errori constatati in tale circostanza (v. punti 130, 140 e 146 supra), il Tribunale ritiene opportuno esercitare la competenza estesa al merito conferitagli dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003 e sostituire la sua valutazione a quella della Commissione per quanto riguarda l’importo dell’ammenda da infliggere alle ricorrenti.

252    Si deve rilevare che, nella specie, la gravità del cartello è certa, tenuto conto del fatto che i comportamenti illeciti, cui le ricorrenti hanno pienamente partecipato, sono consistiti nell’aggiudicazione di appalti, nella fissazione dei prezzi, nella determinazione di quote, nella previsione delle condizioni di vendita, nella ripartizione di mercati geografici, nonché nello scambio di informazioni sensibili sui prezzi, sui volumi delle vendite e sulle gare d’appalto. Si tratta inoltre di un cartello di dimensione mondiale.

253    Tuttavia, la durata dell’infrazione, tenuto conto del fatto che il primo motivo viene accolto, deve essere ridotta a 5 anni e mezzo, anziché 19 anni, per quanto riguarda la Parker ITR, la quale non può essere infatti ritenuta responsabile delle infrazioni commesse, tra il 1986 e il dicembre 2001, dalla ITR e dalla Saiag nonché dai loro predecessori.

254    Ne consegue che le ricorrenti non devono neppure rispondere del ruolo guida svolto dalla ITR tra il 1999 e il 2001.

255    Alla luce delle suesposte considerazioni, tenuto conto in particolare dell’effetto cumulativo degli illeciti precedentemente constatati, il Tribunale ritiene che sia effettuata un’equa valutazione di tutte le circostanze del caso di specie fissando l’importo finale dell’ammenda inflitta alla Parker ITR in EUR 6 400 000. Infatti, un’ammenda di siffatto importo consente di reprimere efficacemente il comportamento illecito della ricorrente, in modo proporzionale alla gravità dell’infrazione e sufficientemente dissuasivo.

256    Occorre peraltro tener conto del fatto che la Parker‑Hannifin ha acquisito tutte le azioni della ITR Rubber il 31 gennaio 2002 e che l’importo dell’ammenda cui la società controllante dev’essere condannata in solido va stabilito relativamente al periodo compreso tra questa data e il 2 maggio 2007.

257    Alla luce di tutto quanto precede, si deve, in primo luogo, annullare l’articolo 1, lettera i), della decisione impugnata, nella parte riguardante l’infrazione contestata alla Parker ITR per il periodo precedente al gennaio 2002, in secondo luogo, fissare l’importo dell’ammenda ad essa inflitta in EUR 6 400 000, importo per il quale la Parker‑Hannifin dev’essere ritenuta solidalmente responsabile sino a concorrenza di EUR 6 300 000, dato che la responsabilità solidale della Parker‑Hannifin non può essere considerata per il periodo compreso tra il 1° e il 31 gennaio 2002 e, infine, in terzo luogo, respingere il ricorso per il resto.

 Sulle spese

258    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In applicazione del paragrafo 3, primo comma, della medesima disposizione, il Tribunale può ripartire le spese se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

259    Nella specie, si deve rammentare che le ricorrenti concludono per una riduzione sostanziale dell’ammenda, che viene loro concessa. La Commissione sopporterà pertanto le proprie spese, nonché quelle sostenute dalle ricorrenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 1, lettera i), della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), è annullato nei limiti in cui la Commissione europea ha ivi constatato che la Parker ITR Srl aveva partecipato all’infrazione per il periodo precedente al 1° gennaio 2002.

2)      L’articolo 2, lettera e), della decisione C (2009) 428 def. è annullato.

3)      L’importo dell’ammenda inflitta alla Parker ITR è fissato in EUR 6 400 000, importo per il quale la Parker‑Hannifin Corp. è solidalmente responsabile sino a concorrenza di EUR 6 300 000.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Parker ITR e dalla Parker‑Hannifin.

Azizi

Prek

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 maggio 2013.

Firme

Indice


Fatti

Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

Presentazione delle ricorrenti

Procedimento amministrativo

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulle conclusioni di annullamento

Sul primo motivo, vertente sull’errata imputazione della responsabilità dell’infrazione alla Parker ITR per il periodo precedente al 1° gennaio 2002

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quarto motivo, vertente sul fatto che l’irrogazione di un’ammenda alla Parker ITR per il periodo precedente all’11 giugno 1999 sarebbe errata

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quinto motivo, vertente sul fatto che l’ammenda è stata erroneamente maggiorata in quanto la Parker ITR avrebbe svolto un ruolo guida

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio della responsabilità individuale e dell’obbligo di motivazione, per quanto riguarda la maggiorazione dell’ammenda inflitta alla Parker‑Hannifin a causa del ruolo guida riconosciuto a carico della Parker ITR

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, vertente sull’errata imputazione alle ricorrenti della responsabilità dell’infrazione dovuta al comportamento illecito del sig. P., direttore dell’unità «Oil & Gas»

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la Parker‑Hannifin è stata erroneamente considerata solidalmente responsabile dell’infrazione insieme alla Parker ITR

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento dovuta all’applicazione di un metodo errato per il calcolo del valore delle vendite ai fini della determinazione dell’ammenda

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sull’ottavo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, del principio della responsabilità personale e dell’obbligo di motivazione, in sede di calcolo della soglia del 10% del fatturato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul nono motivo, vertente sulla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e dell’obbligo di motivazione, dovuta al rifiuto della Commissione di applicare una riduzione dell’ammenda a titolo di cooperazione

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle conclusioni di riforma, sull’esercizio da parte del Tribunale della sua competenza estesa al merito e sulla determinazione dell’importo finale dell’ammenda

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.


1 –      Dati riservati omessi.