Language of document : ECLI:EU:C:2023:887

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JEAN RICHARD DE LA TOUR

presentate il 16 novembre 2023 (1)

Causa C14/23 [Perle] (i)

XXX

contro

État belge, rappresentato dal secrétaire d’État à l’Asile et la Migration

[domanda di pronuncia pregiudiziale del Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica di immigrazione – Direttiva (UE) 2016/801 – Condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio – Articolo 20, paragrafo 2, lettera f)  – Motivo facoltativo di rigetto della domanda di ammissione – Domanda per altri fini – Modalità di valutazione – Presa in considerazione dell’intenzione del richiedente di seguire gli studi – Mancato recepimento – Articolo 34, paragrafo 5 – Garanzie procedurali – Autonomia procedurale degli Stati membri – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 47 – Diritto a un ricorso effettivo – Principi di equivalenza e di effettività – Portata dei poteri dell’autorità amministrativa o giurisdizionale investita di un ricorso – Assenza di potere di riforma»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale offre alla Corte l’opportunità di precisare le condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi che desiderano seguire i loro studi in un istituto di istruzione superiore in uno Stato membro nonché le garanzie procedurali di cui godono questi ultimi ai sensi della direttiva (UE) 2016/801 (2).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una cittadina camerunese e l’État belge (Stato belga), rappresentato dal secrétaire d’État à l’Asile et la Migration (segretario di Stato per l’asilo e la migrazione), in merito alla legittimità del rifiuto opposto da quest’ultimo di concederle il visto richiesto in quanto essa non avrebbe la volontà di studiare in Belgio. Sebbene l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 offra agli Stati membri la possibilità di respingere una tale domanda in presenza di prove o motivi che stabiliscano che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, la legislazione belga applicabile alla controversia di cui al procedimento principale non prevedeva espressamente un tale motivo di rifiuto.

3.        Nella sentenza del 10 settembre 2014, Ben Alaya (3), relativa all’interpretazione della direttiva 2004/114/CE (4), la Corte aveva concluso che gli Stati membri erano liberi di esigere tutte le prove necessarie per valutare la coerenza della domanda presentata dal cittadino di un paese terzo, e ciò al fine di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita da tale direttiva (5). Tale interpretazione si basava su un esame sia dei termini degli articoli 6 e 7 di detta direttiva, relativi ai requisiti generali e specifici di ammissione di un cittadino di un paese terzo per motivi di studio, sia dell’impianto generale e della finalità della stessa direttiva.

4.        La presente causa è stata introdotta dopo l’abrogazione della direttiva 2004/114 e la sua sostituzione da parte della direttiva 2016/801, che mira a migliorare e a semplificare tali condizioni, a garantire la celerità della procedura di ammissione e a rinforzare i diritti procedurali dei cittadini di paesi terzi.

5.        Il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) interroga la Corte su tre aspetti della procedura di ammissione per motivi di studio.

6.        In primo luogo, esso chiede alla Corte di precisare le condizioni in presenza delle quali uno Stato membro può respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per motivi di studio (in prosieguo: il «permesso di soggiorno o il visto per studenti») in ragione del fatto che il soggiorno del cittadino di un paese terzo nel territorio nazionale sarebbe in realtà finalizzato ad altro scopo. La Corte è quindi chiamata a interpretare l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 e a pronunciarsi, in particolare, sulle strategie che gli Stati membri possono adottare, nella fase che precede l’ingresso di un tale cittadino nel territorio nazionale, per contrastare i rischi di uso improprio del permesso di soggiorno o del visto per studenti. Secondo lo studio condotto dalla Rete europea sulle migrazioni [EMN (European Migration Netowork)] nel marzo 2022, dodici Stati membri, tra cui il Regno del Belgio, hanno adottato strategie del genere (6).

7.        Nelle presenti conclusioni, esporrò le ragioni per cui ritengo che un’autorità competente di uno Stato membro possa respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti solo se è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che stabiliscano che l’oggetto o la finalità essenziale del soggiorno del cittadino di un paese terzo nel territorio nazionale non sia quello di seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro.

8.        In secondo luogo, il Conseil d’Etat (Consiglio di Stato) interroga la Corte sulle modalità di recepimento nel diritto interno dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, che costituisce una disposizione facoltativa (7).

9.        Al riguardo, spiegherò che i principi di certezza del diritto e di trasparenza richiedono che lo Stato membro che intende recepire tale disposizione nel proprio ordinamento giuridico interno preveda espressamente, in un contesto normativo chiaro, preciso e prevedibile, la propria facoltà di respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti in quanto è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che stabiliscono che il cittadino di un paese terzo interessato intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

10.      In terzo e ultimo luogo, il Conseil d’Etat (Consiglio di Stato) interroga la Corte sulle modalità procedurali di ricorso contro la decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, previsto dall’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, e, in particolare, sulla portata dei poteri che devono essere conferiti a tal fine all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita di tale ricorso.

11.      Su tale punto, esporrò i motivi per cui ritengo che tale disposizione, letta alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (8), debba essere interpretata nel senso che essa non osta a che uno Stato membro conferisca un potere di annullamento all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita del ricorso proposto contro una decisione di rigetto di una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, ad esclusione di un potere di riforma, a condizione che la nuova decisione sia adottata dall’autorità competente prima dell’inizio dell’anno accademico presso l’istituto di istruzione superiore a cui il cittadino di un paese terzo è regolarmente iscritto.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

12.      I considerando 41 e 60 della direttiva 2016/801 enunciano quanto segue:

«(41)       In caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri dovrebbero poter effettuare i controlli appropriati o esigere prove al fine di valutare caso per caso (...) gli studi, la formazione (…) che il richiedente intende svolgere (...) e di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita dalla presente direttiva».

(...)

(60)      Ogni Stato membro dovrebbe provvedere affinché siano messe a disposizione del pubblico, in particolare su internet, informazioni adeguate e regolarmente aggiornate sugli enti ospitanti approvati ai fini della presente direttiva e sulle condizioni e procedure di ammissione di cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri ai fini della presente direttiva».

13.      L’articolo 3, punti 3 e 21, di tale direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:

(...)

3)      “studente”: il cittadino di paese terzo che sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore e che sia stato ammesso nel territorio di uno Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, compresi i diplomi, certificati o diplomi di dottorato in un istituto di istruzione superiore, che può comprendere un corso propedeutico preliminare a tale istruzione, in conformità del diritto nazionale, o un tirocinio obbligatorio;

(...)

21)      “autorizzazione”: un permesso di soggiorno oppure, se previsto dal diritto nazionale, un visto per soggiorno di lunga durata rilasciato ai fini della presente direttiva».

14.      Il capo II di detta direttiva, intitolato «Ammissione», contiene gli articoli da 5 a 16. L’articolo 5 della stessa direttiva, intitolato «Principi», è così formulato:

«1.      L’ammissione di un cittadino di paese terzo a norma della presente direttiva è subordinata all’esame della documentazione attestante che il cittadino del paese terzo soddisfa:

a)      le condizioni generali stabilite all’articolo 7; e

b)      le pertinenti condizioni specifiche di cui agli articoli 8, 11, 12, 13, 14 o 16.

2      Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti di fornire documenti giustificativi di cui al paragrafo 1 in una lingua ufficiale dello Stato membro interessato o in qualsiasi altra lingua ufficiale dell’Unione [europea] stabilita da tale Stato membro.

3      Qualora siano soddisfatte tutte le condizioni generali e le pertinenti condizioni specifiche, i cittadini di paesi terzi hanno diritto a un’autorizzazione.

Qualora uno Stato membro rilasci soltanto sul suo territorio i permessi di soggiorno, e ove siano soddisfatte tutte le condizioni per l’ammissione previste dalla presente direttiva, lo Stato membro interessato rilascia al cittadino di paese terzo interessato il visto richiesto».

15.      L’articolo 7 della direttiva 2016/801, intitolato «Condizioni generali», prevede quanto segue:

«1.      Per quanto riguarda l’ingresso di un cittadino di paese terzo ai sensi della presente direttiva, il richiedente deve:

a)      presentare un titolo di viaggio valido come definito a norma del diritto nazionale e, se necessario, una domanda di visto o un visto valido oppure, se del caso, un permesso di soggiorno valido o un visto valido per soggiorno di lunga durata; gli Stati membri possono prescrivere che il periodo di validità del titolo di viaggio sia almeno pari alla durata del soggiorno previsto;

b)      ove il cittadino di paese terzo non abbia raggiunto la maggiore età ai sensi del diritto nazionale dello Stato membro interessato, presentare l’autorizzazione dei genitori o un’autorizzazione equivalente per il soggiorno in questione;

c)      dimostrare che il cittadino di paese terzo è in possesso o, se previsto dal diritto nazionale, ha richiesto una copertura di un’assicurazione sanitaria per tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro in questione; la validità dell’assicurazione è pari alla durata del soggiorno previsto;

d)      se richiesto dallo Stato membro, esibire la prova del pagamento delle tasse dovute per il trattamento della domanda ai sensi dell’articolo 36;

e)      esibire le prove richieste dallo Stato membro interessato per dimostrare che il cittadino di paese terzo disporrà, durante il soggiorno programmato, di risorse sufficienti per provvedere al suo sostentamento senza ricorrere al sistema di previdenza sociale dello Stato membro, e al suo ritorno. La valutazione delle risorse sufficienti si basa su un esame specifico del caso e tiene conto delle risorse che derivano, tra l’altro, da una sovvenzione, una borsa di studio o una borsa di ricerca, un contratto di lavoro valido o un’offerta di lavoro vincolante o un impegno finanziario da parte di un’organizzazione che si occupa di un programma di scambio di alunni, di un ente che ospita tirocinanti, di un programma di volontariato, di una famiglia ospitante o di un’organizzazione che funge da intermediaria nel collocamento alla pari.

2.      Gli Stati membri possono chiedere al richiedente di fornire l’indirizzo del cittadino di paese terzo interessato nel loro territorio.

(...)

3.      Gli Stati membri possono indicare un importo di riferimento che ritengono costituisca “risorse sufficienti” ai sensi del paragrafo 1, lettera e). La valutazione delle risorse sufficienti si basa su un esame specifico del caso.

4.      La domanda è inoltrata ed esaminata quando il cittadino di paese terzo interessato soggiorna al di fuori del territorio dello Stato membro in cui il cittadino di paese terzo chiede di essere ammesso, oppure quando il cittadino di paese terzo soggiorna già in tale Stato membro in quanto titolare di un permesso di soggiorno valido o di un visto per soggiorno di lunga durata.

In via di deroga, gli Stati membri possono accettare, conformemente al proprio diritto nazionale, una domanda presentata ancorché il cittadino del paese terzo interessato non possieda un permesso di soggiorno o un visto per soggiorno di lunga durata validi, ma sia legalmente presente sul loro territorio.

5.      Gli Stati membri stabiliscono se le domande devono essere presentate dal cittadino di paese terzo, dall’entità ospitante o da uno di questi.

6.      Non sono ammessi i cittadini di paesi terzi che si considera presentino una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica».

16.      L’articolo 11 di tale direttiva prevede, come indicato nel suo titolo, i «[r]equisiti specifici per gli studenti». Esso dispone quanto segue:

«1.      Oltre alle condizioni generali previste all’articolo 7, per quanto riguarda l’ingresso di un cittadino di paese terzo per motivi di studio, il richiedente deve altresì dimostrare:

a)      che il cittadino di paese terzo è stato accettato da un istituto di istruzione superiore per seguire un programma di studi;

b)      se richiesto dallo Stato membro, di aver pagato la tassa di iscrizione all’istituto di istruzione superiore;

c)      se richiesto dallo Stato membro, di avere conoscenza sufficiente della lingua in cui si tiene il programma di studi prescelto;

d)      se richiesto dallo Stato membro, che il cittadino di paese terzo disporrà di risorse sufficienti per provvedere alle spese relative agli studi.

2.      Per i cittadini di paesi terzi che beneficiano automaticamente di un’assicurazione sanitaria che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro interessato per il fatto di essersi iscritti a un istituto di istruzione superiore, si presume soddisfatto il requisito di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera c).

3.      Uno Stato membro che ha istituito una procedura di approvazione per istituti di istruzione superiore in conformità dell’articolo 15 esonera i richiedenti dal presentare uno o più documenti o prove di cui al paragrafo 1, lettere b), c) o d), del presente articolo, o all’articolo 7, paragrafo 1, lettera d), o all’articolo 7, paragrafo 2, qualora il cittadino di paese terzo deve essere ospitato da un istituto approvato di istruzione superiore».

17.      L’articolo 20, figurante nel capo IV di detta direttiva, intitolato «Motivi di rifiuto, revoca o non rinnovo delle autorizzazioni», e relativo ai «[m]otivi di rifiuto», è formulato come segue:

«1.      Gli Stati membri rifiutano una domanda se:

a)      non sussistono le condizioni generali di cui all’articolo 7 o i requisiti specifici applicabili di cui agli articoli 8, 11, 12, 13, 14 o 16;

(...)

2.      Gli Stati membri possono rifiutare una domanda se:

(...)

f)      lo Stato membro è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

(...)

4      Fatto salvo il paragrafo 1, qualsiasi decisione di rifiutare una domanda tiene conto delle circostanze specifiche del caso e rispetta il principio di proporzionalità».

18.      Tale capo IV comprende anche l’articolo 21 che, come da titolo, prevede i «[m]otivi di revoca o di non rinnovo di un’autorizzazione».

19.      Il capo VII della direttiva 2016/801, intitolato «Procedura e trasparenza», contiene gli articoli da 33 a 36. L’articolo 34 di tale direttiva, relativo alle «[g]aranzie procedurali e trasparenza», così prevede:

«1.      Le autorità competenti dello Stato membro interessato adottano una decisione sulla domanda di autorizzazione o di rinnovo della stessa e notificano tale decisione per iscritto al richiedente, in conformità delle procedure di notifica previste dalla legislazione nazionale, quanto prima e comunque entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda completa.

2.      In deroga al paragrafo 1 del presente articolo, nel caso in cui la procedura di ammissione riguardi un ente ospitante approvato di cui agli articoli 9 e 15, la decisione sulla domanda completa è adottata quanto prima e comunque entro 60 giorni.

3.      Laddove le informazioni o la documentazione fornite a sostegno della domanda siano incomplete, le autorità competenti comunicano al richiedente, entro un termine ragionevole, quali informazioni aggiuntive siano richieste e stabiliscono un termine ragionevole per provvedervi. Il periodo di cui ai paragrafi 1 o 2 è sospeso fino a quando le autorità competenti non abbiano ricevuto le informazioni aggiuntive richieste. Se le informazioni o i documenti aggiuntivi non sono forniti entro il termine stabilito, la domanda può essere respinta.

4.      I motivi di una decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda o che rifiuti il rinnovo sono forniti per iscritto al richiedente. I motivi di una decisione di revoca di un’autorizzazione sono forniti per iscritto al cittadino di paese terzo. I motivi di una decisione di revoca di un’autorizzazione possono essere forniti per iscritto anche all’ente ospitante.

5.      Qualsiasi decisione che dichiari inammissibile o respinga una domanda, che rifiuti il rinnovo o revochi un’autorizzazione è impugnabile nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale. Nella notifica scritta sono indicati il giudice o l’autorità amministrativa dinanzi ai quali può essere presentato ricorso, nonché i termini entro cui presentarlo».

20.      L’articolo 35 di detta direttiva, intitolato «Trasparenza e accesso alle informazioni», enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché siano facilmente accessibili ai richiedenti le informazioni su tutti i documenti giustificativi richiesti per una domanda e le informazioni sulle condizioni di ingresso e soggiorno, compresi i diritti, gli obblighi e le garanzie procedurali dei cittadini di paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva e, se del caso, dei loro familiari. Ciò include, se del caso, il livello di risorse mensili sufficienti, comprese le risorse sufficienti necessarie per provvedere alle spese relative agli studi o al tirocinio, fatto salvo l’esame specifico di ogni singolo caso, e alle tasse applicabili.

Le autorità competenti di ciascuno Stato membro pubblicano gli elenchi degli enti ospitanti approvati ai fini della presente direttiva. Versioni aggiornate di tali elenchi sono pubblicate quanto prima in seguito a eventuali modifiche».

21.      Nel capo VIII della direttiva 2016/801, intitolato «Disposizioni finali», l’articolo 40, relativo al «[r]ecepimento», così dispone:

«1.      Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 maggio 2018. Essi comunicano immediatamente alla Commissione [europea] il testo di tali disposizioni».

Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che i riferimenti alle direttive abrogate dalla presente direttiva, contenuti in disposizioni legislative, regolamentari e amministrative previgenti, si intendono fatti alla presente direttiva. Le modalità del riferimento e la formulazione di detta indicazione sono decise dagli Stati membri.

2.      Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva».

B.      Diritto belga

22.      L’articolo 3 della loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers (legge del 15 dicembre 1980, in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri) (9), così prevedeva:

«Salvo deroghe previste da un trattato internazionale o dalla legge, l’ingresso può essere rifiutato al cittadino straniero che si trovi in una delle seguenti situazioni:

1°      se viene fermato nella zona di transito aeroportuale senza essere in possesso dei documenti richiesti dall’articolo 2;

(...)

5°      se è segnalato ai fini della non ammissione e del divieto di soggiorno nel [sistema d’informazione Schengen (10)] o nella [Banque de données nationale générale (Banca dati nazionale generale, Belgio)];

6°      se si ritiene che possa compromettere le relazioni internazionali del Belgio o di uno Stato parte di una convenzione internazionale sull’attraversamento delle frontiere esterne, vincolante per il Belgio;

7°      se si ritiene che possa essere considerato un pericolo per la quiete pubblica, l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale;

8°      se è stato rimpatriato o espulso dal Regno da meno di dieci anni, e il provvedimento non è stato sospeso o revocato».

23.      L’articolo 39/2, paragrafo 2, di tale legge disponeva quanto segue:

«Il Conseil [du contentieux des étrangers (Consiglio per il contenzioso degli stranieri) (Belgio) (11)] statuisce con sentenza sui ricorsi di annullamento per violazione delle forme, vuoi sostanziali vuoi prescritte sotto pena di nullità, e per eccesso o sviamento di potere».

24.      L’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 così disponeva:

«Quando una domanda di autorizzazione di soggiorno per più di tre mesi nel Regno è presentata presso una sede diplomatica o consolare belga da uno straniero che desidera seguire gli studi nell’ambito dell’istruzione superiore in Belgio, o ivi seguire un anno preparatorio all’istruzione superiore, tale autorizzazione deve essere concessa se l’interessato non si trova in una delle situazioni previste dall’articolo 3, comma 1, [punti] da 5 a 8, e se produce i seguenti documenti:

1°      un’attestazione rilasciata da un istituto di istruzione conformemente all’articolo 59;

2°      la prova di possedere mezzi di sussistenza sufficienti;

3°      un certificato medico che attesti che non è affetto da una delle malattie o infermità elencate nell’allegato alla presente legge;

4°      un certificato che attesti l’assenza di condanne per reati comuni, se l’interessato ha più di 21 anni.

In assenza della produzione del certificato di cui al [punto 3] e al [punto 4] del primo comma, il Ministro [competente per l’ingresso nel territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri (12)] o il suo delegato può tuttavia, tenuto conto delle circostanze, autorizzare lo straniero a soggiornare in Belgio per motivi di studio.

Il cittadino straniero può richiedere l’autorizzazione a soggiornare nel Regno per più di tre mesi secondo le modalità stabilite dal Re in attuazione dell’articolo 9, paragrafo 2».

25.      La loi du 11 juillet 2021 modifiant la loi du 15 décembre 1980 sur l’accès au territoire, le séjour, l’établissement et l’éloignement des étrangers en ce qui concerne les étudiants (legge dell’11 luglio 2021 che modifica la legge del 15 dicembre 1980 in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri per quanto riguarda gli studenti) (13) ha recepito parzialmente la direttiva 2016/801, dopo la scadenza del termine di recepimento di tale direttiva previsto all’articolo 40 della stessa.

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

26.      Il 6 agosto 2020, la ricorrente nel procedimento principale, cittadina camerunese, ha presentato, presso l’Ambasciata del Belgio a Yaoundé (Camerun), una domanda di visto per studenti sulla base dell’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980.

27.      Essendole stato rifiutato un visto con decisione del 18 settembre 2020, la ricorrente nel procedimento principale ha chiesto, il 28 settembre 2020, l’annullamento di tale decisione dinanzi al Consiglio per il contenzioso degli stranieri, che ha respinto la sua domanda con sentenza del 23 dicembre 2020.

28.      Al riguardo, il Consiglio per il contenzioso degli stranieri ha dichiarato, in sostanza, che l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 impone al Regno del Belgio di verificare la volontà della ricorrente nel procedimento principale di studiare in Belgio. Inoltre, esso ha ritenuto che il Regno del Belgio potesse rifiutare il visto richiesto sulla base di tale articolo 58, anche se l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 non era stato recepito, poiché detto articolo 58 prevedeva a sua volta la facoltà di respingere una tale domanda di visto. Secondo il Consiglio per il contenzioso degli stranieri, l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 impone al Regno del Belgio di verificare se esista realmente il desiderio di studiare in Belgio e gli consente quindi di respingere la domanda se risulta che il cittadino di un paese terzo non ha una reale volontà di studiare.

29.      Con atto introduttivo del 19 gennaio 2021, la ricorrente nel procedimento principale ha presentato un ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato).

30.      Essa sostiene, in primo luogo, che il Consiglio per il contenzioso degli stranieri non poteva, a ragione, decidere che l’applicazione dell’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 era conforme all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, in quanto quest’ultima disposizione non era stata recepita nel diritto belga, e che, in violazione degli obblighi di trasparenza e di certezza del diritto, il diritto belga non specificava i motivi seri e oggettivi in grado di stabilire che essa intendeva soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiedeva di essere ammessa.

31.      Inoltre, mentre lo Stato belga sostiene, nel suo controricorso, che tale direttiva, in particolare il suo considerando 41, consente alle autorità competenti di verificare la realtà del progetto di studi del richiedente e la sua intenzione di studiare, di modo che gli Stati membri possono richiedere prove necessarie per valutare la coerenza della domanda di ammissione, la ricorrente nel procedimento principale ritiene che la definizione della nozione di «studente» di cui all’articolo 3, punto 3, di detta direttiva consenta solo di accertarsi che il richiedente sia accettato da un istituto di istruzione superiore, e non di verificare il suo desiderio di studiare.

32.      Infatti, lo Stato belga sostiene che l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980, che prevede che l’autorizzazione al soggiorno sia concessa al cittadino straniero che desideri studiare in Belgio, garantisce un recepimento dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, il che è contestato dalla ricorrente nel procedimento principale.

33.      Il giudice del rinvio chiede, quindi, se il riferimento al «desiderio di studiare» sia sufficiente ai fini del recepimento dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), e se una lettura in tal senso di tale direttiva risponda agli obblighi di trasparenza e di certezza del diritto. Inoltre, esso sottolinea che l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 non contiene la definizione, e tanto meno l’elenco, delle prove o dei motivi seri e oggettivi che consentono di stabilire che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, e si interroga pertanto sulla necessità di prevedere espressamente tale definizione nelle misure nazionali di recepimento.

34.      Il giudice del rinvio ritiene tale argomento della ricorrente nel procedimento principale infondato, poiché l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 consente di respingere la domanda se risulta che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso, il che implica che gli Stati membri possano necessariamente verificare che il richiedente abbia effettivamente l’intenzione di soggiornare per lo scopo che giustifica la sua domanda. Tuttavia, esso ritiene necessario interrogare la Corte al riguardo.

35.      Inoltre, tale giudice chiede se l’applicazione conforme all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva, nel rispetto dei principi di trasparenza e di certezza del diritto, richieda, da un lato, che il diritto nazionale preveda espressamente che tale domanda possa essere respinta se lo Stato membro è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso e, dall’altro, che il diritto nazionale specifichi quali siano tali prove o tali motivi seri e oggettivi che consentono di stabilire che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

36.      In secondo luogo, la ricorrente nel procedimento principale sostiene che le modalità di controllo da parte del Consiglio per il contenzioso degli stranieri violano le prescrizioni derivanti dal diritto dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 39/2, paragrafo 2, della legge del 15 dicembre 1980, tale controllo è un controllo di legittimità, per cui, pur potendo censurare un’illegittimità, il Consiglio per il contenzioso degli stranieri non dispone di un potere di riforma. Tuttavia, in caso di annullamento della decisione impugnata, la controparte sarebbe vincolata dall’effetto di giudicato del dispositivo della sentenza e dei motivi che ne costituiscono il necessario supporto.

37.      Di conseguenza, il giudice del rinvio ritiene necessario chiedere alla Corte se, come sostiene la ricorrente nel procedimento principale, l’articolo 39/2, paragrafo 2, della legge del 15 dicembre 1980 risponda alle prescrizioni derivanti dall’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, dal principio di effettività e dall’articolo 47 della Carta.

38.      In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, visti l’articolo 288 [TFUE], gli articoli 14 e 52 della [Carta], gli articoli 3, 5, 7, 11, 20, 34, 35 e 40 della direttiva [2016/801] e i relativi considerando 2 e 60, nonché i principi di certezza del diritto e di trasparenza, la facoltà di rifiutare la domanda di soggiorno, conferita allo Stato membro dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera f)] [di tale direttiva], debba, perché tale Stato possa avvalersene, essere espressamente prevista dalla sua normativa. In caso affermativo, se i motivi seri e oggettivi debbano essere precisati dalla sua normativa.

2)      Se l’esame della domanda di visto per motivi di studio imponga allo Stato membro di verificare la volontà e l’intenzione dello straniero di effettuare gli studi, mentre l’articolo 3 della direttiva [2016/801] definisce lo studente come colui che è accettato da un istituto di istruzione superiore, e i motivi di rifiuto della domanda enunciati all’articolo 20, paragrafo 2, lettera  f), di tale direttiva sono facoltativi, e non vincolanti come quelli enunciati all’articolo 20, paragrafo 1, della suddetta direttiva.

3)      Se l’articolo 47 della [Carta], il principio di effettività e l’articolo 34, paragrafo 5,] della direttiva [2016/801] richiedano che, nell’ambito del ricorso previsto dal diritto nazionale avverso una decisione di rifiuto di una domanda di ammissione nel territorio per motivi di studio, il giudice possa sostituire la propria valutazione a quella dell’autorità amministrativa e riformare la decisione di tale autorità, oppure se sia sufficiente un controllo di legittimità che consenta al giudice di censurare un’illegittimità, in particolare un errore manifesto di valutazione, annullando la decisione dell’autorità amministrativa».

39.      Osservazioni scritte sono state depositate dalla ricorrente nel procedimento principale, dal governo belga e dalla Commissione. Tali parti hanno partecipato all’udienza dell’11 ottobre 2023, durante la quale anche i governi ceco, lituano, lussemburghese, ungherese e neerlandese hanno presentato osservazioni orali (14).

IV.    Analisi

40.      Propongo alla Corte di esaminare, in un primo tempo, la seconda questione pregiudiziale relativa alle condizioni in presenza delle quali uno Stato membro può respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, per il motivo di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801. In un secondo tempo, tratterò le modalità di recepimento di tale disposizione nel diritto interno, su cui si concentra il giudice del rinvio nella sua prima questione pregiudiziale. Infine, in un terzo tempo, analizzerò le modalità procedurali del ricorso, previsto dall’articolo 34, paragrafo 5, di tale direttiva, contro la decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, che sono oggetto della terza questione pregiudiziale.

A.      Sulla portata della facoltà offerta allo Stato membro di respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti per il motivo previsto all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 (seconda questione pregiudiziale)

41.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se, ai fini dell’esame di una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti presentata sulla base della direttiva 2016/801, l’autorità competente sia tenuta a verificare la volontà e l’intenzione del cittadino di un paese terzo di seguire i suoi studi e, in caso affermativo, quali siano le condizioni in presenza delle quali essa debba procedere a tale esame.

42.      Il giudice del rinvio non si riferisce espressamente all’esame richiesto dall’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva, ma più in generale all’«esame della domanda di visto per motivi di studio». Orbene, per le ragioni che esporrò, solo tale disposizione implica che l’autorità competente verifichi l’intenzione del cittadino di un paese terzo di seguire i suoi studi nel territorio dello Stato membro ospitante ai fini della valutazione di una tale domanda.

43.      Infatti, dall’articolo 5 della direttiva 2016/801, letto in combinato disposto con il suo considerando 30, risulta che il cittadino di un paese terzo ha diritto a un permesso di soggiorno o a un visto per studenti se l’autorità competente stabilisce che la domanda soddisfa le condizioni generali e i requisiti specifici previsti rispettivamente agli articoli 7 e 11 di tale direttiva (15).

44.      Nessuna di tali condizioni generali o requisiti specifici implica che l’autorità competente verifichi, in senso stretto, l’intenzione e la volontà del cittadino di un paese terzo di seguire gli studi. L’accettazione da parte di un istituto di istruzione superiore per seguirvi un programma di studi (16), il pagamento delle relative tasse di iscrizione o anche la conoscenza sufficiente della lingua in cui si tiene il programma di studi sono criteri oggettivi che di regola permettono di stabilire l’intenzione del richiedente di studiare. Tuttavia, tali rilievi di fatto non consentono di escludere le situazioni in cui l’autorità competente può essere ingannata, intenzionalmente o meno, quanto allo scopo del soggiorno del cittadino di un paese terzo.

45.      In tal senso, il considerando 36 della direttiva 2016/801 precisa che «[d]ovrebbe essere possibile [per gli Stati membri] rifiutare l’ammissione (…) per motivi debitamente giustificati». Come sottolineato dalla Commissione in udienza, tali motivi sono elencati in modo tassativo all’articolo 20 di tale direttiva e gli Stati membri non possono aggiungerne altri.

46.      L’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2016/801 stabilisce i motivi per cui lo Stato membro deve respingere la domanda di ammissione. Si tratta di motivi vincolanti. Per contro, l’articolo 20, paragrafo 2, di tale direttiva prevede i motivi per cui lo Stato membro può rifiutare una tale domanda. Come si evince dall’uso del verbo «possono» da parte del legislatore dell’Unione, tali motivi sono facoltativi per lo Stato membro.

47.      Orbene, di tutti questi motivi, solo il motivo di rifiuto di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di detta direttiva riguarda, in senso stretto, lo scopo del soggiorno del richiedente (17).

48.      Occorre quindi ora stabilire in che misura l’autorità competente di uno Stato membro, dinanzi alla quale è stata presentata una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, sia tenuta a verificare l’intenzione del cittadino di un paese terzo di seguire gli studi. A tal fine, inizierò il mio esame con un’analisi testuale dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, prima di esaminare il contesto e gli obiettivi perseguiti dalla legislazione in cui tale disposizione si inserisce.

1.      Analisi testuale dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801

49.      L’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 conferisce all’autorità competente di uno Stato membro il potere di rifiutare una domanda di ammissione in quanto «è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi per stabilire che il cittadino di paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso».

50.      In primo luogo, tale disposizione deve essere interpretata restrittivamente. Infatti, essa consente all’autorità competente di respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti e quindi di rifiutare l’ingresso e il soggiorno di un cittadino di un paese terzo per motivi di studio nel territorio dello Stato membro ospitante, ancorché risulti che tale domanda non è inficiata da nessuno dei vizi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2016/801, vale a dire che soddisfa le condizioni di ammissibilità di cui agli articoli 7 e 11 di tale direttiva, che i documenti e i dati su cui si fonda detta domanda sono autentici ed esatti e, se del caso, che l’ente ospitante interessato è approvato.

51.      Un’interpretazione restrittiva dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 è tanto più necessaria in quanto il motivo di rigetto della domanda di ammissione di cui a tale disposizione costituisce anche un motivo di revoca o di mancato rinnovo di un’autorizzazione rilasciata allo studente, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera d), di tale direttiva, nonché un motivo di rigetto della domanda di mobilità presentata da quest’ultimo dinanzi a un secondo Stato membro ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 7, lettera b), di detta direttiva. In tali circostanze, un motivo del genere può avere conseguenze ancora più gravi, che riguardano non solo il richiedente ma anche i suoi familiari (18).

52.      In secondo luogo, dalla formulazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 si evince che esso si riferisce alla situazione in cui il permesso di soggiorno o il visto avrebbe «fini diversi» da quelli per cui è richiesto. Il legislatore dell’Unione fa della finalità del soggiorno una condizione essenziale, il che è coerente con la «natura specifica del soggiorno di ciascuna categoria di cittadini di paese terzo» contemplata da tale direttiva (19).

53.      Per quanto riguarda il permesso di soggiorno o il visto per studenti, la finalità del soggiorno deriva dalla definizione della nozione di «studente», enunciata all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2016/801, ai sensi della quale uno studente è «il cittadino di paese terzo che sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore e che sia stato ammesso nel territorio di uno Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro» (20).

54.      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel procedimento principale, un cittadino di un paese terzo che sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore, ma la cui domanda di ammissione sia in corso di esame da parte dell’autorità competente, non ha lo status di «studente» ai sensi dell’articolo 3, punto 3, di tale direttiva.

55.      Infatti, da tale definizione, in particolare dall’utilizzo della congiunzione coordinativa «e», si evince che lo status di «studente» richiede il soddisfacimento di due condizioni cumulative, ossia, da un lato, che il cittadino di un paese terzo sia accettato da un istituto di istruzione superiore e, dall’altro, che sia ammesso nel territorio dello Stato membro ospitante, e ciò al fine di seguire i suoi studi quale attività principale e a tempo pieno presso l’istituto di istruzione superiore al quale è regolarmente iscritto. Come sottolineato dal governo belga in udienza, tale finalità è espressa anche all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2016/801, che richiede che tale cittadino sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore «per seguire un programma di studi». Alla luce di detta definizione, mi sembra che l’autorità competente di uno Stato membro possa quindi respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti sulla base dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva qualora accerti che il soggiorno di detto cittadino avrebbe un’altra finalità.

56.      Una situazione del genere può derivare da un errore involontario. Ciò può accadere quando l’autorità competente constata che il cittadino di un paese terzo intende esercitare un’attività economica in condizioni che non gli consentirebbero di trascorrere le «ore dedicate al programma di studi» – per usare i termini dell’articolo 24 di tale direttiva (21) – , in tal modo privando il soggiorno del suo oggetto e della sua finalità essenziale.

57.      Una situazione del genere può anche derivare da un tentativo di eludere deliberatamente la procedura. In tal caso, l’autorità competente viene ingannata sul vero scopo del soggiorno, attraverso l’intenzione abusiva o fraudolenta dell’ente ospitante o del cittadino di un paese terzo (22). Quest’ultimo potrebbe infatti presentare una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti al solo scopo di abusare delle agevolazioni introdotte dal diritto dell’Unione a favore degli studenti stranieri, di beneficiare dei diritti e dei vantaggi connessi allo status di studente (23), di sottrarsi alle condizioni di ingresso e di soggiorno che gli sarebbero altrimenti applicabili o anche di rimanere nello Stato membro. Pertanto, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 ha come oggetto quello di prevenire le situazioni in cui è accertato che la finalità del diritto di soggiorno o del visto per studenti sarebbe aggirata, lasciando agli Stati membri i mezzi per individuarle, così come per le misure che questi ultimi possono adottare nelle loro ambasciate o nei loro consolati per individuare e prevenire gli abusi del diritto al ricongiungimento familiare, attraverso matrimoni di convenienza, ad esempio (24).

58.      Tale interpretazione dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 è confermata dal considerando 41 di tale direttiva, secondo cui, «[i]n caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri dovrebbero poter effettuare i controlli appropriati o esigere prove al fine di valutare caso per caso (…) gli studi [o] la formazione (…) che il richiedente intende svolgere (...) e di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita [da detta direttiva]» (25).

59.      In terzo luogo, l’uso [nella versione francese] del condizionale («séjournerait») all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 consente di precisare la natura della valutazione che l’autorità competente deve effettuare. Si tratta di una valutazione ex ante, in quanto tale autorità è chiamata a determinare, in un contesto ipotetico, le intenzioni del richiedente in merito all’oggetto e allo scopo del soggiorno (26).

60.      Tale valutazione è pertanto distinta da quella che detta autorità deve effettuare ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2016/801. Ai sensi di tale disposizione, questa deve revocare o rifiutare il rinnovo di un’autorizzazione precedentemente rilasciata se accerta che «il cittadino di paese terzo soggiorna per fini diversi da quelli per cui ha ottenuto l’autorizzazione» (27). In tal caso, circostanze oggettive – come il fatto che tale cittadino non abbia iniziato gli studi in questione, li abbia sospesi o li abbia abbandonati prematuramente, o che eserciti un’attività professionale che supera il numero massimo di ore di lavoro autorizzate, che risieda lontano dal luogo di studio o nel territorio di un altro Stato membro al di fuori dei suoi diritti alla mobilità all’interno dell’Unione – sono rilievi di fatto che facilitano l’accertamento dell’oggetto e della finalità del soggiorno di detto cittadino e, in particolare, i casi di elusione della procedura. Rilievi del genere sono più difficili da effettuare quando la domanda è presentata mentre il cittadino di un paese terzo risiede ancora al di fuori del territorio dello Stato membro interessato.

61.      Al riguardo, nel silenzio dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, la prova è libera. Il legislatore dell’Unione non prevede alcun requisito particolare quanto alla sua forma, in quanto indica nel considerando 41 di tale direttiva che gli Stati membri dovrebbero poter effettuare i «controlli appropriati» ed esigere «prove» (28) al fine di valutare, in funzione di ogni singolo caso, gli studi o la formazione che il cittadino di un paese terzo intende svolgere e il rischio di abusi o di frodi. Inoltre, dalla formulazione di tale articolo si evince che i motivi su cui si fonda l’autorità competente devono essere «seri e oggettivi» (29), il che implica che essa disponga di motivi circostanziati e solidi, risultanti da un esame individuale della domanda, che ne giustifichino il rifiuto.

62.      Alla luce di tali indicazioni testuali, vorrei fare due osservazioni.

63.      La prima riguarda l’onere della prova. A mio avviso, non è sufficiente che l’autorità competente metta in dubbio l’oggetto e la finalità della domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti. Al contrario, ritengo sia necessario che essa maturi il convincimento che il soggiorno non abbia come oggetto né come finalità quello di seguire gli studi presso l’istituto di istruzione superiore indicato in tale domanda. Tale valutazione deve basarsi su un insieme di indizi sia oggettivi che soggettivi e può richiedere la cooperazione di tutti i soggetti coinvolti – non solo il richiedente, le missioni diplomatiche, le ambasciate o i consolati (a seconda dell’organizzazione delle autorità nazionali interessate), ma anche gli istituti di istruzione superiore e le autorità responsabili in materia di immigrazione. L’intenzione del cittadino di un paese terzo è un elemento soggettivo che generalmente verrà accertato sulla base di criteri oggettivi, come l’iscrizione a un istituto di istruzione superiore, le spese di studio sostenute, la conoscenza della lingua dello Stato membro ospitante e la regolarità dei suoi precedenti soggiorni in uno Stato membro dell’Unione. In tale contesto, alcuni Stati membri possono prestare particolare attenzione alla coerenza del progetto di studi del richiedente. In Francia, le domande presentate dai cittadini egiziani devono essere corredate di un progetto motivato che sia «coerente e, per quanto possibile, in linea con il precedente corso di studi» (30). In Belgio, come risulta tanto dai documenti allegati alle osservazioni della ricorrente nel procedimento principale quanto dalle informazioni fornite dal governo belga in udienza, la domanda di ammissione presentata presso le autorità consolari del Camerun comprende un questionario ed è accompagnata da un colloquio che deve consentire al cittadino di un paese terzo di dimostrare la sua reale intenzione di soggiornare in Belgio in qualità di studente (31). In tali casi, la coerenza del progetto di studi viene valutata sulla base delle competenze acquisite dal cittadino di un paese terzo, in particolare attraverso il suo percorso accademico, e sulla base delle sue aspirazioni e delle sue ambizioni professionali. Tale cittadino ha, a sua volta, l’opportunità di esplicitare o difendere il suo progetto di studi o di formazione nel corso di un colloquio con un consulente di orientamento.

64.      In udienza, è stata prestata particolare attenzione alla pertinenza della presa in considerazione della coerenza del progetto di studi del cittadino di un paese terzo nel contesto dell’individuazione e della prevenzione di elusioni della procedura. Infatti, sebbene il legislatore dell’Unione menzionasse esplicitamente tale elemento al considerando 15 della direttiva 2004/114, esso non lo ha ripreso al considerando 41 della direttiva 2016/801, preferendo una formulazione più generica incentrata sugli «studi [o] la formazione» previsti dal cittadino di un paese terzo. A mio avviso, nulla impedisce all’autorità competente di prendere in considerazione la coerenza del progetto di studi di tale cittadino, a condizione, tuttavia, che tale valutazione sia individuale, effettuata con prudenza da parte di personale qualificato e in collaborazione con detto cittadino. Ritengo inoltre fondamentale tenere conto delle situazioni in cui il cittadino di un paese terzo possa aver seguito un percorso accademico non convenzionale o intenda cambiare orientamento. La coerenza del progetto di studi è quindi un elemento che può essere preso in considerazione dall’autorità competente, ma il cui peso varierà a seconda delle circostanze del caso.

65.      Nel caso di specie, dai documenti allegati alle osservazioni della ricorrente nel procedimento principale risulta che le autorità consolari belghe hanno attribuito a tale coerenza una importanza preponderante. Infatti, sulla base delle risposte della stessa al questionario allegato alla sua domanda di ammissione e a seguito del suo colloquio con un consulente di orientamento, tali autorità hanno ritenuto che il suo progetto di studi fosse inficiato da «evidenti incoerenze» alla luce non solo del suo percorso accademico, ma anche del suo progetto professionale. Esse hanno concluso che la domanda doveva essere respinta in quanto costituiva un tentativo di eludere la procedura di rilascio del visto per studenti a fini migratori (32). Mi limiterò a sottolineare che, a mio avviso, uno Stato membro può respingere una domanda di ammissione in ragione del fatto che il progetto di studi del cittadino di un paese terzo è viziato da incoerenze solo a condizione, da un lato, che esso consenta al richiedente di esporre e giustificare tale progetto dinanzi a personale qualificato e, dall’altro, che tali incoerenze siano evidenti.

66.      La seconda osservazione che desidero fare riguarda il recepimento nell’ordinamento giuridico interno dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801. Non c’è nulla che imponga allo Stato membro di elencare, nella sua legge di recepimento, i motivi sulla base dei quali è possibile stabilire che il cittadino di un paese terzo intenda soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso. Tali motivi dipendono dalla valutazione di ciascun singolo caso e un tale elenco potrebbe privare l’autorità competente del suo margine di discrezionalità. Per contro, detta autorità è tenuta, ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 4, di tale direttiva, a comunicare per iscritto il motivo per cui la domanda è respinta, in modo da consentire al cittadino di un paese terzo di far valere tutte le circostanze che attestano la concretezza o la coerenza del suo progetto di studi nell’ambito del ricorso che può presentare ai sensi del paragrafo 5 di tale articolo.

67.      A conclusione della presente tale analisi testuale, ritengo che un’autorità competente di uno Stato membro possa respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti sulla base dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 solo se stabilisce, a seguito di una valutazione individuale della domanda e sulla base di prove o motivi seri e oggettivi, che il soggiorno del cittadino di un paese terzo non ha né come oggetto né come finalità di seguire, a titolo di attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato. Nel contesto di tale esame, nulla impedisce all’autorità competente di tenere conto della coerenza del progetto di studi.

68.      Tale interpretazione è avallata da un’analisi sistematica e teleologica della direttiva 2016/801.

2.      Analisi sistematica e teleologica della direttiva 2016/801

69.      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’analisi sistematica della direttiva 2016/801, una tale interpretazione permette, a mio avviso, di garantire il rispetto del principio di proporzionalità nonché dei diritti fondamentali della persona interessata.

70.      Infatti, dal considerando 61 di tale direttiva si evince che la decisione di rigetto di una domanda di ammissione deve rispettare i diritti fondamentali di tale persona, quali garantiti dalla Carta, tra i quali figura il diritto all’istruzione.

71.      Inoltre, l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva stabilisce che «qualsiasi decisione di rifiutare una domanda tiene conto delle circostanze specifiche del caso e rispetta il principio di proporzionalità». Ciò implica che, prima di decidere in merito alla domanda, l’autorità competente procede a un esame individuale della stessa, nell’ambito del quale deve effettuare una valutazione esaustiva degli elementi tanto oggettivi quanto soggettivi di cui dispone e tenere conto, in modo equilibrato e ragionevole, di tutti gli interessi in gioco (33).

72.      Il principio di proporzionalità costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che è vincolante per gli Stati membri quando attuano tale diritto (34). Pertanto, se da un lato la lotta contro le frodi costituisce un obiettivo legittimo che giustifica verifiche e, se del caso, il rigetto della domanda, dall’altro vorrei sottolineare che, in un caso come quello in esame, il cittadino di un paese terzo soddisfa sia le condizioni generali che i requisiti specifici di ammissibilità richiesti dagli articoli 7 e 11 della direttiva 2016/801. Ciò implica che egli sia stato accettato da un istituto di istruzione superiore e che abbia fornito, se del caso, la prova del pagamento delle tasse di iscrizione. Tale cittadino rischia, pertanto, di ottenere un rigetto della sua domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti e, quindi, di vedersi negata la possibilità di seguire i suoi studi presso l’istituto di istruzione superiore al quale è iscritto. In tali circostanze, e ad eccezione delle situazioni in cui esiste un chiaro abuso di diritto, è essenziale, a mio avviso, che l’autorità competente valuti caso per caso se il rigetto della domanda non sia sproporzionato e non rischi di violare alcuni dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta.

73.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’analisi teleologica della direttiva 2016/801, la decisione con la quale un’autorità competente di uno Stato membro respinge una domanda di ammissione per motivi di studio in quanto il cittadino di un paese terzo non intende soggiornare nel territorio nazionale al fine di seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di tale direttiva.

74.      Innanzi tutto, la direttiva 2016/801 mira a determinare le condizioni di ingresso e di soggiorno, tanto nel territorio dello Stato membro ospitante quanto nel territorio degli altri Stati membri, di diverse categorie di cittadini di paesi terzi, ove tali condizioni vengono stabilite in funzione della natura specifica del soggiorno di ciascuna di tali categorie.

75.      Per quanto riguarda i soggiorni per motivi di studio, l’obiettivo della direttiva 2016/801 è quello di promuovere l’Europa come centro di eccellenza a livello mondiale per gli studi, migliorando e semplificando le «condizioni di ingresso e soggiorno di coloro che intendono entrare nell’Unione per tali scopi» (35). Inoltre, dai considerando 15 e 44 della direttiva si evince che essa mira a facilitare la mobilità degli studenti all’interno dell’Unione per rendere l’insegnamento superiore europeo attraente e competitivo. A tal fine, ai sensi dei suoi considerando 44 e 48, detta direttiva ha per oggetto quello di istituire un «programma specifico di mobilità» per gli studenti all’interno dell’Unione, che comporta norme autonome relative all’ingresso e al soggiorno per motivi di studio in Stati membri diversi da quello ospitante. L’autorizzazione al soggiorno rilasciata dallo Stato membro ospitante conferisce quindi ai cittadini di paesi terzi il diritto di entrare e soggiornare nel territorio di un altro Stato membro per svolgervi parte dei loro studi per un periodo massimo di 360 giorni, in conformità con le disposizioni sulla mobilità ai sensi dell’articolo 31 della stessa direttiva.

76.      L’oggetto della direttiva 2016/801, poi, è, ai sensi del suo articolo 1, quello di stabilire i diritti dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio sia nel territorio dello Stato membro ospitante sia nel territorio degli altri Stati membri. Alla luce del considerando 54 di tale direttiva, dal quale risulta che essa mira a ravvicinare i diritti di tali cittadini a quelli di cui godono i cittadini dello Stato membro interessato, l’autorizzazione al soggiorno consente quindi allo studente di godere della parità di trattamento alle condizioni di cui all’articolo 22, paragrafo 3, di detta direttiva.

77.      Orbene, la decisione con cui un’autorità competente respinge una domanda di ammissione per motivi di studio, in quanto il cittadino di un paese terzo non intende soggiornare nel territorio dello Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato, consente di prevenire le situazioni in cui tale cittadino beneficerebbe di condizioni semplificate di ingresso e di soggiorno e gli verrebbe riconosciuto lo status di studente nonché gli ampi diritti connessi a tale status senza alcun motivo legittimo. Pertanto, una tale decisione consente anche di garantire la specificità delle condizioni di ingresso e di soggiorno delle varie categorie di cittadini di paesi terzi, su cui si basa la direttiva 2016/801, e di evitare che alcuni cittadini di paesi terzi eludano le condizioni di rilascio del permesso di soggiorno che altrimenti sarebbero ad essi applicabili.

78.      Infine, in considerazione degli ampi diritti connessi al permesso di soggiorno o al visto per studenti, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva dovrebbe consentire agli Stati membri di combattere efficacemente le frodi o gli abusi di diritto, offrendo loro la possibilità di rifiutare l’ammissione qualora sia accertato che il richiedente ne fa richiesta in modo abusivo o fraudolento. Secondo una giurisprudenza consolidata, nessuno può pretendere di acquisire o di conservare diritti acquisiti mediante una frode, indipendentemente dal fatto che tale frode sia o meno commessa dal beneficiario di tali diritti o nota a quest’ultimo (36).

79.      Alla luce di tutte le considerazioni precedenti, propongo alla Corte di dichiarare che l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 deve essere interpretato nel senso che un’autorità competente di uno Stato membro può rifiutare la domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti solo se è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che dimostrano che il soggiorno del cittadino di un paese terzo nel territorio nazionale non ha né come oggetto né come finalità essenziale di seguire, a titolo di attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato. La decisione di rigetto di una tale domanda deve essere preceduta da un esame individuale della stessa, nell’ambito del quale l’intenzione del cittadino di un paese terzo di seguire i suoi studi nel territorio nazionale deve essere valutata sulla base di elementi tanto oggettivi quanto soggettivi, che possono includere la coerenza del suo progetto di studi.

B.      Sulle modalità di recepimento nel diritto interno dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 (prima questione pregiudiziale)

80.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se, alla luce dell’articolo 288 TFUE, degli articoli 14 e 52 della Carta, degli articoli 3, 5, 7, 11, 20, 34, 35 e 40 nonché dei considerando 2 e 60 della direttiva 2016/801, nonché dei principi di certezza del diritto e di trasparenza, lo Stato membro che intenda respingere una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti per il motivo di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva sia tenuto a prevedere espressamente nel proprio diritto interno una tale facoltà e, se del caso, i motivi che gli consentono di stabilire che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

81.      Tale questione si pone in quanto, a differenza dell’attuale legislazione belga che procede a recepire formalmente l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, prevedendo che il Ministro competente per l’ingresso nel territorio, il soggiorno, lo stabilimento e l’allontanamento degli stranieri o il suo delegato possa respingere una domanda qualora «prove o motivi seri e oggettivi consentano di stabilire che il soggiorno sia a fini diversi dagli studi», ciò non era previsto dalla legislazione applicabile ai fatti del procedimento principale (37).

82.      Inizierò la mia analisi precisando che i motivi di rifiuto previsti dall’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2016/801 sono facoltativi per gli Stati membri. Tale direttiva impone quindi solo un certo grado di armonizzazione per quanto riguarda le condizioni di ingresso e soggiorno delle categorie di cittadini di paesi terzi che rientrano nel suo ambito di applicazione, poiché il recepimento di tale disposizione negli ordinamenti giuridici nazionali è lasciato alla discrezione di ciascuno Stato membro. Questi ultimi sono liberi di decidere, a loro discrezione, di recepirle sulla base di considerazioni di ordine politico, giuridico, economico o sociale. Alcuni Stati membri, che sono tra i più esposti al rischio di elusione della procedura di rilascio dei visti per studenti, sembrano infatti effettuare un esame più approfondito delle domande presentate dai cittadini di determinati paesi terzi o dirette a un programma di studi in specifici istituti di istruzione superiore (38).

83.      Per contro, il fatto che l’articolo 20, paragrafo 2, della direttiva 2016/801 sia una disposizione facoltativa non significa, tuttavia, che gli Stati membri abbiano piena libertà, relativamente alla sua attuazione, di rifiutare, a loro discrezione, il soggiorno di cittadini di paesi terzi che rientrano nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

84.      In primo luogo, gli Stati membri sono tenuti ad esercitare il loro potere nel rispetto dei principi generali del diritto dell’Unione, tra i quali figura il principio di certezza del diritto (39). In tal senso, la Corte ha recentemente ricordato che il recepimento nel diritto nazionale di disposizioni del diritto dell’Unione richiede che queste ultime siano attuate mediante disposizioni aventi la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie per soddisfare il requisito della certezza del diritto (40). Tale principio mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici derivanti dal diritto dell’Unione ed esige che qualsiasi atto dell’amministrazione produttivo di effetti giuridici sia chiaro e preciso, affinché gli interessati possano conoscere inequivocabilmente i loro diritti e obblighi e regolarsi di conseguenza. Tale esigenza si impone, in particolare, quando l’atto di cui trattasi può comportare conseguenze sfavorevoli in capo agli interessati (41).

85.      Per quanto riguarda, in particolare, l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801, se risultasse che lo Stato membro non rispetta tale principio, l’autorità competente di tale Stato non potrebbe invocare tale disposizione per respingere la domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti.

86.      In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la discrezionalità degli Stati membri deve essere utilizzata in modo da rispettare i termini stabiliti dal legislatore dell’Unione e da non pregiudicare né l’obiettivo della direttiva 2016/801 né l’effetto utile della stessa (42).

87.      Orbene, adottando la direttiva 2016/801, il legislatore dell’Unione ha inteso porre rimedio alle carenze del regime precedentemente istituito dalla direttiva 2004/114 e perfezionarlo, in modo da «garantire trasparenza e certezza giuridica maggiori (...) per le diverse categorie di cittadini di paesi terzi che giungono nell’Unione», come dichiara espressamente al considerando 2 della direttiva 2016/801 (43). Al riguardo, l’articolo 35 di tale direttiva, intitolato inequivocabilmente «Trasparenza e accesso alle informazioni», impone agli Stati membri di fornire ai richiedenti le informazioni sulle condizioni di ingresso e soggiorno, compresi i diritti, gli obblighi e le garanzie procedurali contemplati da detta direttiva. In tale contesto, mi sembra essenziale che un cittadino di un paese terzo che presenti una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti che soddisfi le condizioni di ammissibilità richieste sia informato del fatto che tale domanda, indipendentemente dal fatto che sia presentata in buona o in malafede, può essere respinta se il suo soggiorno persegue un’altra finalità.

88.      Di conseguenza, tanto il principio di certezza del diritto quanto quello di trasparenza richiedono che uno Stato membro che intenda avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 preveda espressamente, in un contesto normativo chiaro, preciso e prevedibile, la propria facoltà di rifiutare una domanda di ammissione con la motivazione che esso è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che dimostrano che il cittadino di un paese terzo intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso.

89.      Per contro, per i motivi esposti al paragrafo 66 delle presenti conclusioni, il recepimento di tale articolo non impone allo Stato membro di elencare tali motivi.

90.      Occorre ora esaminare se l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 sia stato recepito nel testo vigente all’epoca dei fatti nel procedimento principale.

91.      Il governo belga ha ammesso in udienza che non vi è stato alcun atto positivo di recepimento di tale disposizione. Al riguardo, e in linea con le sue osservazioni scritte, esso ha sottolineato che l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 poteva essere considerato come una disposizione nazionale preesistente che garantiva un recepimento sufficiente del diritto dell’Unione nel diritto interno (44). È altresì pacifico che tale testo non conteneva alcun riferimento alla direttiva 2016/801 e non era accompagnato da un tale riferimento, e ciò in contrasto con quanto previsto alle disposizioni di cui all’articolo 40, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva.

92.      L’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 dispone che «[q]uando una domanda di autorizzazione di soggiorno per più di tre mesi nel Regno è presentata presso una sede diplomatica o consolare belga da uno straniero che desidera seguire gli studi nell’ambito dell’istruzione superiore in Belgio, o ivi seguire un anno preparatorio all’istruzione superiore» (45), tale autorizzazione deve essere concessa se il cittadino di un paese terzo non si trova in una delle situazioni previste all’articolo 3, primo comma, punti da 5 a 8, e se presenta un’attestazione rilasciata da un istituto di istruzione, la prova di possedere mezzi di sussistenza sufficienti, un certificato medico nonché un certificato che attesti l’assenza di condanne per reati comuni.

93.      Da tale articolo emerge inequivocabilmente che l’autorizzazione al soggiorno può essere rifiutata se il cittadino di un paese terzo non soddisfa alcune delle condizioni generali e dei requisiti specifici di ammissibilità della domanda di cui agli articoli 7 e 11 della direttiva 2016/801.

94.      Tuttavia, l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980 non prevede espressamente che il visto per studenti possa essere rifiutato nell’ipotesi in cui venga accertato, sulla base di prove o di motivi seri e oggettivi, che il soggiorno del cittadino di un paese terzo abbia una finalità diversa rispetto a quella di studiare in Belgio. La circostanza indicata in tale disposizione nazionale secondo cui la domanda dev’essere presentata da uno straniero che «desidera seguire gli studi nell’ambito dell’istruzione superiore in Belgio» è interpretata dal Consiglio per il contenzioso degli stranieri come implicante l’esame della volontà del cittadino di un paese terzo di compiere degli studi nell’ambito dell’istruzione superiore. Si tratterebbe di un elemento costitutivo della domanda, cosicché lo Stato belga sarebbe autorizzato a respingere una domanda se risultasse che il cittadino non ha una tale intenzione. Orbene, a mio avviso, una simile circostanza non può essere intesa come un riferimento al motivo di rigetto di una domanda di ammissione previsto all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 e non può essere interpretata nel senso che garantisce il recepimento di tale disposizione in conformità con i suddetti requisiti di chiarezza, precisione e prevedibilità.

95.      Ritengo pertanto che l’articolo 58 della legge del 15 dicembre 1980, nella sua versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, non garantisca un recepimento dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 in condizioni che rispettino i principi di certezza del diritto e di trasparenza.

C.      Sulle modalità procedurali del ricorso giurisdizionale contro la decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti (terza questione pregiudiziale)

96.      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente alla Corte se l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita di un ricorso contro una decisione di rigetto della domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti il potere di riformare tale decisione e di sostituire la propria valutazione a quella dell’autorità competente che l’ha adottata (46).

97.      L’articolo 34, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2016/801 conferisce espressamente ai richiedenti la possibilità di presentare un ricorso nello Stato membro interessato contro la decisione di rigetto di una domanda di ammissione, «conformemente al diritto nazionale». Tuttavia, tale direttiva non contiene alcuna disposizione relativa, da un lato, alla portata e alle modalità di tale ricorso, in particolare ai termini entro i quali esso deve essere presentato e deciso, e ai poteri da conferire a tal fine all’autorità amministrativa o giurisdizionale adita e, dall’altro, agli effetti dell’annullamento della decisione adottata dall’autorità competente, in particolare quanto alla questione del termine di cui tale autorità dispone per adottare una nuova decisione. Gli Stati membri godono quindi di un ampio margine di discrezionalità. Il legislatore dell’Unione precisa solo nella seconda frase dell’articolo 34, paragrafo 5, di detta direttiva che le autorità competenti dello Stato membro interessato devono indicare, in una notifica scritta, l’autorità giurisdizionale o amministrativa dinanzi alla quale può essere presentato ricorso, nonché i termini entro cui presentarlo.

98.      La Corte ha interpretato la portata dell’articolo 34, paragrafo 5, prima frase, della direttiva 2016/801 nella sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N. (47), che riguardava il rifiuto opposto da un’autorità consolare polacca a un cittadino di un paese terzo che chiedeva il rilascio di un visto per studenti. La Corte ha rilevato che, in conformità con il principio di autonomia procedurale, il legislatore dell’Unione ha demandato agli Stati membri il compito di decidere sulla natura e sulle modalità concrete dei mezzi di ricorso di cui dispongono i richiedenti di visti per soggiorni di lunga durata rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Gli Stati membri sono quindi liberi di conferire un potere di annullamento o di riforma all’autorità amministrativa o giurisdizionale adita. Un’analisi comparativa delle diverse legislazioni nazionali dimostra, a tale proposito, che gli Stati membri hanno adottato soluzioni procedurali molto differenti a seconda delle loro tradizioni giuridiche (48).

99.      Tuttavia, conformemente alla sua costante giurisprudenza, la Corte ha ricordato che le caratteristiche della procedura di ricorso di cui all’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801 devono essere determinate nel rispetto, da un alto, dell’articolo 47 della Carta, che impone agli Stati membri l’obbligo di assicurare una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione (49), e, dall’altro, del principio di equivalenza (le modalità procedurali non devono essere meno favorevoli di quelle che si applicano a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno) e del principio di effettività (le modalità procedurali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione) (50).

100. Nella causa di cui al procedimento principale, si pone solo la questione del rispetto dell’articolo 47 della Carta e del principio di effettività.

101. Per quanto riguarda la presente causa, occorre evidenziare tre aspetti.

102. Il primo aspetto riguarda l’esistenza di un diritto di ricorso. Dalla decisione di rinvio risulta che la legislazione belga prevede un diritto di ricorso contro le decisioni di rigetto di una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti. Tale ricorso viene presentato dinanzi al Consiglio per il contenzioso degli stranieri che, ai sensi dell’articolo 39/1, paragrafo 1, della legge del 15 dicembre 1980, è un organo amministrativo con competenza esclusiva a conoscere dei ricorsi presentati contro decisioni individuali adottate in applicazione delle leggi in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri.

103. Il secondo aspetto riguarda l’ambito dei poteri dell’autorità amministrativa o giurisdizionale investita del ricorso. Il giudice del rinvio precisa al riguardo che, ai sensi dell’articolo 39/2, paragrafo 2, di tale legge, il Consiglio per il contenzioso degli stranieri è competente ad annullare una decisione di rigetto di una domanda di visto per studenti. Tuttavia, esso non indica in che misura tale decisione debba essere rispettata dall’autorità competente.

104. Il terzo aspetto riguarda i termini di giudizio. Sebbene il giudice del rinvio non faccia riferimento a tali termini nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, dalla giurisprudenza della Corte emerge tuttavia che questi rivestono particolare importanza quando i poteri dell’autorità amministrativa o giurisdizionale investita del ricorso si limitano a un potere di annullamento, come nel caso del Belgio (51). Ricordo quindi che, ai sensi dell’articolo 39/82, paragrafi 1 e 4, della legge del 15 dicembre 1980, il Consiglio per il contenzioso degli stranieri ha il potere di disporre la sospensione dell’esecuzione della decisione contro la quale è stato presentato ricorso e, a tal fine, decide entro 30 giorni su una tale domanda (52). Qualora sia disposta la sospensione, la decisione sul ricorso di annullamento è adottata entro quattro mesi dalla pronuncia della decisione.

105. Inizierò la mia analisi esaminando la condizione relativa alla garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva richiesta dall’articolo 47 della Carta.

106. Le sentenze del 25 luglio 2018, Alheto (53), del 29 luglio 2019, Torubarov (54), e del 19 marzo 2020, Bevándorlási és Menekültügyi Hivatal (55), relative alla valutazione della legittimità di decisioni sul riconoscimento di una protezione internazionale, forniscono effettivamente precisazioni utili nel contesto di normative nazionali che conferiscono solo un potere di annullamento all’autorità amministrativa o giurisdizionale competente, escludendo un potere di riforma.

107. Normative del genere non violano di per sé la necessità di una tutela giurisdizionale effettiva. Per contro, la Corte ritiene che ogni Stato membro debba adattare il suo diritto nazionale di modo che, in seguito all’annullamento della decisione iniziale e in caso di rinvio del fascicolo all’autorità competente, quest’ultima adotti una nuova decisione, da un lato, entro un breve termine e, dall’altro, conformemente alla valutazione contenuta nella sentenza che ha disposto l’annullamento (56). La Corte basa il suo ragionamento su tre considerazioni principali: la necessità di garantire un trattamento quanto più rapido delle domande di protezione internazionale, l’esigenza di assicurare un effetto utile alle disposizioni che sanciscono l’esistenza di un diritto di ricorso e, infine, la necessità di garantire un ricorso giurisdizionale effettivo in conformità con l’articolo 47 della Carta.

108. Per ragioni diverse da quelle che presiedono all’adozione di una decisione di riconoscimento della protezione internazionale, la decisione di concedere un permesso di soggiorno o un visto per studenti deve essere adottata nel più breve tempo possibile, in modo da consentire al cittadino di un paese terzo di iniziare il suo anno di studi presso l’istituto di istruzione superiore al quale è regolarmente iscritto e ha pagato le tasse di iscrizione.

109. Già nell’ambito della direttiva 2004/114, il legislatore dell’Unione aveva sottolineato che qualsiasi decisione su una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti doveva essere adottata entro un «entro un termine tale da non ostacolare il compimento degli studi prescelti ma che lasci alle autorità competenti un tempo sufficiente per trattare la domanda» (57).

110. L’adozione della direttiva 2016/801 aveva l’obiettivo di migliorare e facilitare le condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi che desiderano recarsi in Europa per seguirvi i propri studi, di garantire la celerità della loro procedura di ammissione e di rafforzare i loro diritti procedurali (58). Tali obiettivi prevedono che il cittadino di un paese terzo che soddisfi le condizioni sostanziali richieste per ottenere il suo permesso di soggiorno o il suo visto per studenti possa ottenere tale permesso o tale visto entro dei termini che gli consentano di godere dei diritti e dei benefici connessi a tale status.

111. In tal senso, dall’articolo 34, paragrafo 1, della direttiva 2016/801 risulta che le autorità competenti devono adottare una decisione quanto prima e comunque non oltre 90 giorni dalla data di presentazione della domanda completa. L’importanza dei termini è inoltre espressa, da un lato, al considerando 42 di tale direttiva, in cui il legislatore dell’Unione insiste affinché le informazioni supplementari richieste siano comunicate dal richiedente entro «un termine ragionevole», e, dall’altro, al considerando 43 di detta direttiva, in cui raccomanda alle autorità competenti di notificare per iscritto la decisione «quanto prima».

112. Tale esigenza di celerità è insita nella specificità del soggiorno per studenti previsto dalla direttiva 2016/801 a favore dei cittadini di paesi terzi.

113. La natura di tale soggiorno implica che il cittadino di un paese terzo deve dar prova di tutta la diligenza necessaria per presentare la sua domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti entro un termine ragionevole e, se del caso, per completarla secondo il calendario adottato da ciascuno degli istituti di istruzione superiore interessati. Essa implica che lo Stato membro debba essere in grado di emettere una decisione definitiva, se del caso dopo l’annullamento di una prima decisione da parte dell’autorità amministrativa o giurisdizionale, prima dell’inizio dell’anno accademico, in modo da dare a tale cittadino il tempo sufficiente per espletare le altre formalità richieste per il suo ingresso e il suo soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante, in particolare se risiede al di fuori di tale territorio.

114. Di conseguenza, ancorché sia possibile per gli Stati membri conferire, come sembra fare il diritto belga nel caso di specie, un potere di annullamento all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita di un ricorso presentato contro una tale decisione, ad esclusione di un potere di riforma, la procedura di ricorso deve comunque soddisfare un’esigenza di celerità, e ciò in modo da garantire ai cittadini di paesi terzi non solo un ricorso giurisdizionale effettivo ai sensi dell’articolo 47 della Carta, ma anche la piena efficacia dei diritti che derivano loro dalla direttiva 2016/801. Tale esigenza di celerità non mi sembra inconciliabile con la natura dell’esame richiesto per la presentazione di una domanda di permesso di soggiorno o di un visto per studenti, in quanto tale esame non comporta, a mio avviso, valutazioni fattuali complesse.

115. Ne consegue, a mio parere, che ogni Stato membro debba quindi adattare il suo diritto nazionale di modo che, in seguito all’annullamento della decisione iniziale e in caso di rinvio del fascicolo all’autorità competente, quest’ultima adotti una nuova decisione che sia conforme alla valutazione contenuta nella sentenza che ha disposto l’annullamento e che, inoltre, sia pronunciata prima dell’inizio dell’anno accademico presso l’istituto di istruzione superiore a cui il cittadino di un paese terzo è regolarmente iscritto.

116. Aggiungerei che, nel definire tali modalità procedurali, gli Stati membri dovrebbero prestare particolare attenzione alla situazione dei richiedenti che presentano la loro domanda mentre risiedono al di fuori del territorio dello Stato membro interessato – per metterli in grado di esercitare effettivamente il diritto di presentare un ricorso giurisdizionale – e alla situazione di coloro che, pur essendo presenti nel territorio di tale Stato, sono in possesso di un permesso di soggiorno o di un visto in scadenza.

117. Alla luce di tutte queste considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che l’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro conferisca un potere di annullamento all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita del ricorso proposto contro una decisione di rigetto di una domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti, escludendo di un potere di riforma, a condizione che la nuova decisione sia adottata dall’autorità competente prima dell’inizio dell’anno accademico presso l’istituto di istruzione superiore a cui il cittadino di un paese terzo è regolarmente iscritto.

V.      Conclusione

118. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Conseil d’Etat (Consiglio di Stato, Belgio) come segue:

1)      L’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari,

deve essere interpretato nel senso che:

–        i principi di certezza del diritto e di trasparenza richiedono che lo Stato membro che intende recepire tale disposizione nel proprio ordinamento giuridico interno preveda espressamente, in un contesto normativo chiaro, preciso e prevedibile, la propria facoltà di rifiutare una domanda di ammissione con la motivazione che esso è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che dimostrano che il cittadino di un paese terzo di cui trattasi intende soggiornare per fini diversi da quelli per cui chiede di essere ammesso. Il recepimento di detta disposizione non impone allo Stato membro di elencare tali motivi;

–        un’autorità competente di uno Stato membro può rifiutare una domanda di permesso di soggiorno o di visto per motivi di studio solo se è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi che dimostrano che il soggiorno del cittadino di un paese terzo nel territorio nazionale non ha né come oggetto né come finalità essenziale di seguire, a titolo di attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato.

La decisione di rigetto di tale domanda deve essere preceduta da un esame individuale, nell’ambito del quale l’intenzione del cittadino di un paese terzo di seguire i suoi studi nel territorio nazionale deve essere valutata sulla base di elementi tanto oggettivi quanto soggettivi, che possono includere la coerenza del suo progetto di studi.

2)      L’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che uno Stato membro conferisca un potere di annullamento all’autorità amministrativa o giurisdizionale investita del ricorso proposto contro una decisione di rigetto di una domanda di ammissione per motivi di studio, escludendo un potere di riforma, a condizione che la nuova decisione sia adottata dall’autorità competente prima dell’inizio dell’anno accademico presso l’istituto di istruzione superiore a cui il cittadino di un paese terzo è regolarmente iscritto.


1      Lingua originale: il francese.


i      Il nome della presente causa è un nome fittizio. Non corrisponde al nome reale di nessuna delle parti del procedimento.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari (GU 2016, L 132, pag. 21).


3      C‑491/13, EU:C:2014:2187.


4      Direttiva del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (GU 2004, L 375, pag. 12).


5      V. sentenza del 10 settembre 2014, Ben Alaya (C‑491/13, EU:C:2014:2187, punto 34).


6      V. nota informativa dell’EMN intitolata «EMN inform on preventing, detecting and tackling situations where authorisations to reside in the EU for the purpose of study are misused for other purposes», marzo 2022 (in prosieguo: la «nota informativa dell’EMN»), punto 2.


7      V., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 60 e giurisprudenza citata).


8      In prosieguo: la «Carta».


9      Moniteur belge del 31 dicembre 1980, pag. 14584), nella sua versione come da ultimo modificata dalla legge del 5 maggio 2019 (Moniteur belge del 22 agosto 2019, pag. 80425) (in prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1980»).


10      Richiamato dal regolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) (GU 2006, L 381, pag. 4); dal regolamento (UE) 2018/1860 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, relativo all’uso del sistema d’informazione Schengen per il rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2018, L 312, pag. 1), e dal regolamento (UE) 2018/1861 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 novembre 2018, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen (SIS) nel settore delle verifiche di frontiera, che modifica la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e abroga il regolamento (CE) n. 1987/2006 (GU 2018, L 312, pag. 14) (v. articolo 1, punto 17, della legge del 15 dicembre 1980).


11      V. articolo 39/1 della legge del 15 dicembre 1980.


12      V. articolo 1, punto 2, della legge del 15 dicembre 1980.


13      Moniteur belge del 5 agosto 2021, pag. 77965.


14      All’udienza, i governi ceco, lituano, lussemburghese, ungherese e neerlandese hanno incentrato le loro argomentazioni sul primo quesito posto dalla Corte per risposta orale, relativo al recepimento della direttiva 2016/801.


15      La forma e la durata dell’autorizzazione al soggiorno sono stabilite agli articoli da 17 a 19 di detta direttiva.


16      Fatto salvo un esame più approfondito del requisito specifico di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2016/801, ritengo che l’espressione «per seguire un programma di studi» non consenta di per sé di richiedere allo Stato membro di verificare la volontà e l’intenzione del richiedente di studiare. A mio avviso, tale espressione deve consentire di distinguere tra il richiedente che intende seguire un programma di studi e colui che si limita a uno scambio di durata limitata.


17      Il motivo di rifiuto obbligatorio di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2016/801 si riferisce alla situazione in cui il richiedente ha presentato documenti falsificati o li ha ottenuti in maniera fraudolenta. Fatta salva l’interpretazione di tale disposizione, l’accertamento di una frode imporrebbe anche all’autorità competente di tenere conto dell’intenzione del cittadino di un paese terzo, in particolare dell’intenzione di aggirare o eludere le condizioni di rilascio del permesso di soggiorno, per ottenerne il relativo vantaggio. V., al riguardo, i principi stabiliti dalla Corte in materia di accertamento della frode, nella sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2018:63). La constatazione di una frode richiede la verifica dell’esistenza di un insieme di indizi concordanti da cui risulti la sussistenza sia di un elemento oggettivo sia di un elemento soggettivo (punto 50 di tale sentenza). Di conseguenza, può essere sanzionata solo la frode commessa materialmente e intenzionalmente dal cittadino di un paese terzo che ha presentato domanda di permesso di soggiorno o di visto per studenti. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo necessario per l’accertamento della frode, esso corrisponde, secondo la definizione fornita nella sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a. (C‑359/16, EU:C:2018:63), applicata alle circostanze del procedimento principale, all’intenzione della richiedente di aggirare o eludere le condizioni di rilascio del permesso di soggiorno, per ottenerne il relativo vantaggio (punto 52 di tale sentenza).


18      Infatti, il considerando 11 della direttiva 2016/801 indica che «dovrebbero applicarsi tutte le disposizioni della direttiva 2003/86/CE [del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU 2016, L 251, pag. 12)], compresi i motivi di rifiuto, revoca o rifiuto di rinnovo. Di conseguenza, i permessi di soggiorno per i familiari potrebbero essere revocati o se ne potrebbe rifiutare il rinnovo qualora cessi l’autorizzazione per il ricercatore che accompagnano ed essi non siano titolari di alcun diritto di soggiorno autonomo».


19      V. considerando 32 della direttiva 2016/801.


20      Il corsivo è mio.


21      L’articolo 24 di detta direttiva stabilisce le condizioni e i limiti in presenza dei quali uno studente può svolgere un’attività professionale parallelamente alla prosecuzione dei suoi studi.


22      V., al riguardo, articolo 20, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2016/801.


23      Dal considerando 54 della direttiva 2016/801 si evince che gli studenti beneficiano delle disposizioni della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro (GU 2011, L 343, pag. 1), che prevede un insieme comune di diritti sulla base della parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante [considerando 20 e articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/98].


24      V. articolo 16, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 e, per quanto riguarda la giurisprudenza, sentenza del 23 settembre 2003, Akrich (C‑109/01, EU:C:2003:491, punto 57).


25      Le altre versioni linguistiche di tale considerando, come quella spagnola, quella inglese o quella italiana, utilizzano la congiunzione coordinativa «e», mentre la versione francese utilizza le locuzioni «d’une part […] d’autre part» (da un lato [...] dall’altro).


26      Del resto la versione italiana di tale articolo fa espressamente riferimento alla nozione di «intenzione» («che il cittadino di paese terzo intende soggiornare»; il corsivo è mio).


27      Il corsivo è mio.


28      L’articolo 34, paragrafo 3, di detta direttiva consente all’autorità competente di richiedere al richiedente informazioni aggiuntive a sostegno della sua domanda.


29      Da un’analisi comparativa delle diverse versioni linguistiche dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801 risulta, in primo luogo, che gli aggettivi «sérieux et objectifs» si riferiscono ai «motifs» e non a «preuves» [v., ad esempio, la versione in lingua inglese («the Member State has evidence or serious and objective grounds») o la versione in lingua italiana («lo Stato membro è in possesso di prove o ha motivi seri e oggettivi»)] e, in secondo luogo, che la nozione di «motivi seri» si distingue da quella di «gravi motivi» utilizzata dal legislatore dell’Unione in numerosi testi di diritto derivato relativi al soggiorno di cittadini dell’Unione o di paesi terzi nell’Unione, come la direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77), e rettifiche GU 2004, L 229, pag. 35 e GU 2005, L 197, pag. 34).


30      V. ad esempio, il sito Internet Campus France Egypte: https://www.egypte.campusfrance.org/fr/preparer-un-projet-d-etudes-clair-et-coherent.


31      Dalla nota di sintesi dell’EMN risulta che la convalida dei documenti e i colloqui con i richiedenti sono i due metodi più comunemente utilizzati nella fase antecedente all’arrivo nel territorio nazionale (punto 2).


32      Dai documenti del fascicolo nazionale emerge che la domanda di ammissione presentata dinanzi alle autorità consolari belghe deve consentire al cittadino di un paese terzo di dimostrare la sua reale intenzione di soggiornare in Belgio in qualità di studente per seguirvi gli studi superiori. Il questionario deve mettere tale cittadino in grado di esporre e motivare il suo progetto di studi alla luce del suo percorso accademico e delle sue ambizioni professionali, mentre il colloquio deve offrirgli l’opportunità di esplicitare o difendere tale progetto.


33      Ricordo inoltre che, nella sentenza del 18 dicembre 2014, McCarthy e a. (C‑202/13, EU:C:2014:2450), relativa all’interpretazione dell’articolo 35 della direttiva 2004/38, la Corte ha dichiarato che il fatto che uno Stato membro si trovi di fronte a un numero elevato di episodi di abuso di diritto o di frode commessi da cittadini di Stati terzi non può giustificare l’adozione di misure basate su considerazioni di prevenzione generale, e che lasciano da parte qualsiasi valutazione specifica del comportamento della persona interessata (punto 55).


34      V. anche considerando 36 della direttiva 2016/801, che precisa che «dovrebbe essere possibile rifiutare l’ammissione qualora lo Stato membro ritenga, sulla base di una valutazione fattuale, in un caso individuale e prendendo in considerazione il principio di proporzionalità, che il cittadino di paese terzo interessato costituisca una potenziale minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica».


35      V. considerando 14 della direttiva 2016/801 (il corsivo è mio).


36      V., per analogia, sentenza del 14 marzo 2019, Y. Z. e a. (Frode nel ricongiungimento familiare) (C‑557/17, EU:C:2019:203, punti 64 e 65).


37      La legge dell’11 luglio 2021 che modifica la legge del 15 dicembre 1980 in materia di ingresso nel territorio, soggiorno, stabilimento e allontanamento degli stranieri per quanto riguarda gli studenti dispone, al suo articolo 2, che essa «recepisce parzialmente la direttiva 2016/801» e, al suo articolo 15, recepisce i motivi di rifiuto di cui all’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), di tale direttiva.


38      V. nota di sintesi dell’EMN, punto 5.


39      V. sentenza del 16 febbraio 2023, DGRFP Cluj (C‑519/21, EU:C:2023:106, punto 105).


40      V. sentenza del 29 giugno 2023, Stadt Frankfurt am Main e Stadt Offenbach am Main (Rinnovo di un permesso di soggiorno nel secondo Stato membro) (C‑829/21 e C‑129/22, EU:C:2023:525, punto 77 e giurisprudenza citata). Se tale considerazione riguarda le disposizioni imperative di cui all’articolo 9, paragrafo 4, secondo comma, e all’articolo 22, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), come modificata dalla direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2011 (G 2011, L 132, pag. 1), ritengo che essa sia applicabile per analogia a una disposizione facoltativa quale l’articolo 20, paragrafo 2, lettera f), della direttiva 2016/801.


41      V. sentenza del 16 febbraio 2023, DGRFP Cluj (C‑519/21, EU:C:2023:106, punto 105).


42      V., per analogia, sentenza del 13 marzo 2019, E. (C‑635/17, EU:C:2019:192, punto 53 e giurisprudenza citata).


43      V. anche relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio, del 28 settembre 2011, sull’applicazione della direttiva 2004/114/CE relativa alle condizioni di ammissione di cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato [COM(2011) 587 definitivo], in cui la Commissione ha rilevato il «più ampio dovere di informare i cittadini dei paesi terzi delle norme applicabili per l’ammissione degli studenti, per garantire trasparenza e certezza del diritto ai futuri studenti e incoraggiarli così a studiare nell’Unione europea» (pag. 4 «Requisiti specifici per gli studenti»).


44      La Corte ha dichiarato che possono infatti essere considerate rientranti nell’ambito di applicazione di una direttiva non solo le disposizioni nazionali aventi espressamente ad oggetto l’attuazione della stessa, ma altresì, a decorrere dalla data di entrata in vigore di detta direttiva, le disposizioni nazionali preesistenti idonee a garantire il suo recepimento nel diritto interno [v. sentenza del 25 luglio 2018, Alheto (C‑585/16, EU:C:2018:584, punto 77 e giurisprudenza citata)].


45      Il corsivo è mio.


46      A sostegno delle sue osservazioni, la ricorrente nel procedimento principale fa riferimento all’articolo 46, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60). Orbene, ritengo che non si possa tracciare un simile parallelo, in quanto tale articolo dispone espressamente che il ricorso effettivo contro una decisione che dichiara inammissibile o infondata una domanda di protezione internazionale preveda un esame completo ed ex nunc sia dei fatti che delle questioni giuridiche.


47      C‑949/19, EU:C:2021:186, punti da 37 a 46, nonché giurisprudenza citata.


48      V. nota di sintesi dell’EMN, punto 7.


49      V. sentenza dell’8 novembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Esame d’ufficio del trattenimento) (C‑704/20 e C‑39/21, EU:C:2022:858), punto 81 e giurisprudenza citata.


50      V. sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N. (C‑949/19, EU:C:2021:186), punti da 42 a 44, nonché giurisprudenza citata.


51      Sottolineo che la causa Darvate e a. (C‑299/23), attualmente pendente dinanzi alla Corte, riguarda espressamente i termini di giudizio previsti dalla legislazione belga nel contesto dell’articolo 34, paragrafo 5, della direttiva 2016/801.


52      La domanda di sospensione di estrema urgenza, che viene trattata entro 48 ore, è riservata alle misure di allontanamento e di respingimento («refoulement») la cui esecuzione è imminente.


53      C‑585/16, EU:C:2018:584.


54      C‑556/17, EU:C:2019:626.


55      C406/18‑, EU:C:2020:216.


56      V. sentenza del 19 marzo 2020, Bevándorlási és Menekültügyi Hivatal (C‑406/18, EU:C:2020:216), punto 22 e giurisprudenza citata.


57      Articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2004/114.


58      V. documento di lavoro della Commissione, Valutazione d’impatto, che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio di alunni, tirocinio retribuito e non retribuito , volontariato e collocamento alla pari (COM(2013) 151 final), disponibile al seguente indirizzo Internet: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-7869-2013-ADD-1/en/pdf (pag. 19).