Language of document : ECLI:EU:T:2014:126

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

14 marzo 2014 (*)

«Concorrenza – Procedimento amministrativo – Decisione di richiesta di informazioni – Necessità delle informazioni richieste – Principio di buona amministrazione – Obbligo di motivazione – Proporzionalità»

Nella causa T‑305/11,

Italmobiliare SpA, con sede in Milano (Italia), rappresentata inizialmente da M. Siragusa, F. Moretti, L. Nascimbene, G. Rizza e M. Piergiovanni, avvocati, successivamente da Siragusa, Moretti, Nascimbene e Rizza,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente da B. Gencarelli, L. Malferrari, É. Gippini Fournier e C. Hödlmayr, successivamente da Malferrari, Gippini Fournier e Hödlmayr, in qualità di agenti, assistiti da M. Malaguti, avvocato,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C (2011) 2364 def. della Commissione, del 30 marzo 2011, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) del Consiglio n. 1/2003 (Caso 39520 – Cemento e prodotti collegati),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da A. Dittrich, presidente, I. Wiszniewska-Białecka e M. Prek (relatore), giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 aprile 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e procedimento

1        Nel corso del mese di novembre 2008, la Commissione delle Comunità europee ha effettuato, in applicazione dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), una serie di ispezioni nei locali di società attive nel settore del cemento, tra cui i locali della Italcementi Fabbriche Riunite Cemento SpA (in prosieguo: la «Italcementi»), della Ciments français SA, della Ciments Calcia SA e della Compagnie des Ciments belges SA, società controllate direttamente o indirettamente dalla ricorrente, la società Italmobiliare SpA. Tali ispezioni sono state seguite dall’invio di richieste di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Alla Italcementi sono state quindi rivolte richieste di informazioni il 30 settembre 2009 (in prosieguo: il «questionario iniziale»), il 20 gennaio 2010 e il 13 aprile 2010.

2        Il 4 novembre 2010 la Commissione informava la Italcementi della sua intenzione di inviarle una richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e le comunicava la bozza di questionario che intendeva allegare a tale decisione.

3        Il 15 novembre e il 1° dicembre 2010 la Italcementi presentava le sue osservazioni in merito a tale bozza di questionario.

4        Il 6 dicembre 2010 la Commissione informava la ricorrente di aver deciso di avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 nei confronti suoi e di sette società attive nel settore del cemento, per presunte infrazioni all’articolo 101 TFUE riguardanti «restrizioni dei flussi commerciali nello Spazio Economico Europeo (SEE) includendo restrizioni delle importazioni verso il SEE provenienti da Paesi esterni al SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticompetitive nel mercato del cemento e dei prodotti ad esso correlati» (in prosieguo: la «decisione di avvio del procedimento»).

5        Il 30 marzo 2011 la Commissione adottava la decisione C (2911) 2364 def. relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) del Consiglio n. 1/2003 (Caso COMP/39520 – Cemento e prodotti collegati) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

6        Nella decisione impugnata, la Commissione dichiarava che, conformemente all’articolo 18 del regolamento n. 1/2003, per l’assolvimento dei compiti affidatile da tale regolamento, essa può, mediante semplice domanda o mediante decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie (considerando 3 della decisione impugnata). Dopo aver ricordato che la Italcementi era stata informata della sua intenzione di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che detta impresa aveva presentato osservazioni in merito ad una bozza di questionario (considerando 4 e 5 della decisione impugnata), la Commissione ha chiesto mediante decisione, alla ricorrente e alle sue società consociate da quest’ultima direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, di rispondere al questionario contenuto nell’allegato I, comprendente 78 pagine e composto da dieci serie di domande (considerando 6 della decisione impugnata).

7        La Commissione ha altresì ricordato la descrizione delle presunte infrazioni di cui al punto 4 supra (considerando 2 della decisione impugnata).

8        In considerazione della natura e della quantità delle informazioni richieste, nonché della gravità delle presunte infrazioni alle regole di concorrenza, la Commissione ha ritenuto opportuno concedere alla ricorrente un termine di risposta di dodici settimane (considerando 8 della decisione impugnata).

9        Il dispositivo della decisione impugnata è così formulato:

«Articolo 1

[La ricorrente], insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione Europea, fornisce, entro dodici settimane, calcolate dalla data della notifica della presente decisione, le informazioni indicate nell’allegato I alla presente decisione nella forma richiesta nell’allegato II e nell’allegato III della presente decisione. Entrambi gli allegati costituiscono parte integrante della presente decisione.

Articolo 2

[La ricorrente], insieme alle sue società consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione Europea, è destinatario/a della presente decisione (…)».

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale l’8 giugno 2011, la ricorrente ha proposto il presente ricorso, volto a ottenere l’annullamento della decisione impugnata.

11      In data 27 giugno e 11 luglio 2011, la ricorrente ha risposto al questionario menzionato supra al punto 6.

12      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2011 essa ha presentato una domanda, ai sensi dell’articolo 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale, affinché la causa fosse decisa mediante procedimento accelerato.

13      Con decisione 14 settembre 2011, il Tribunale (Settima Sezione) ha respinto tale domanda.

14      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Settima Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento.

15      Le parti hanno svolto le loro difese e hanno risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 25 aprile 2013.

 Conclusioni delle parti

16      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare integralmente o in parte la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

17      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

18      La ricorrente deduce sei motivi a sostegno del suo ricorso, vertenti, rispettivamente, in via principale, sull’erronea identificazione del destinatario della decisione impugnata e, in via subordinata, sul fatto che la Commissione non era competente ad adottare un atto vincolante nelle circostanze della fattispecie, sulla violazione del principio di proporzionalità, sulla carenza di motivazione della decisione impugnata, sulla violazione del principio del contraddittorio e sulla violazione del principio di buona amministrazione.

 Sul primo motivo, vertente sull’erronea designazione della ricorrente quale destinataria della decisione impugnata

19      In sostanza, la ricorrente contesta il diritto della Commissione di inviarle una decisione di richiesta di informazioni sulla base del rilievo che l’impresa eventualmente interessata dal caso 39520 è la Italcementi. Essa sottolinea di essere una mera holding finanziaria e di detenere solo il 60,26% del capitale della Italcementi, che ricopre il ruolo di holding operativa nel settore del cemento. Essa ne deduce che la Commissione ha violato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, i principi del contraddittorio, del legittimo affidamento e di non discriminazione.

20      Il presente motivo appare quindi comporsi di tre parti, giacché la ricorrente deduce una violazione, in primo luogo, dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, in secondo luogo, dei principi del contraddittorio e del legittimo affidamento e, in terzo luogo, del principio di non discriminazione.

 Sulla prima parte del motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003

21      Secondo la ricorrente la decisione impugnata viola l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, letto alla luce del considerando 23 del medesimo regolamento, giacché il potere di esigere informazioni ai sensi di tale disposizione può essere esercitato solo nei confronti dell’impresa che ne ha la disponibilità, titolarità e responsabilità, ciò che non avviene nel suo caso.

22      La Commissione ritiene che né la lettera né la ratio dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 si oppongano a che la ricorrente sia la destinataria della decisione impugnata.

23      Al fine di garantire il rispetto dei divieti previsti agli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, il regolamento n. 1/2003 conferisce alla Commissione un ampio potere di indagine e di verifica, disponendo, all’articolo 18, paragrafo 1, che, «[p]er l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può, mediante semplice domanda o con decisione, richiedere alle imprese e associazioni di imprese di fornire tutte le informazioni necessarie». Il considerando 23 del medesimo regolamento precisa in proposito che la Commissione «dovrebbe disporre in tutta la Comunità del potere di esigere le informazioni necessarie per individuare accordi, decisioni e pratiche concordate vietati dall’articolo [101 TFUE], nonché casi di abuso di posizione dominante vietati dall’articolo [102 TFUE]».

24      Per preservare l’effetto utile dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, la Commissione può obbligare un’impresa a fornirle tutte le informazioni necessarie per quanto attiene ai fatti di cui essa possa avere conoscenza e a comunicarle, se del caso, i relativi documenti di cui sia in possesso, anche se essi possono servire ad accertare, nei suoi confronti o nei confronti di un’altra impresa, l’esistenza di un comportamento anticoncorrenziale (v. considerando 23 del regolamento n. 1/2003; v., del pari, sentenza del Tribunale del 22 marzo 2012, Slovak Telekom/Commissione, T‑458/09 e T‑171/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41 e la giurisprudenza citata).

25      Secondo la giurisprudenza, la nozione di «informazioni necessarie» deve essere interpretata in funzione delle finalità per le quali sono stati conferiti alla Commissione i poteri di accertamento di cui trattasi. L’esigenza di una correlazione tra la richiesta di informazioni e la presunta infrazione è quindi soddisfatta allorché, in questa fase del procedimento, si può legittimamente considerare che tale richiesta presenti un rapporto con la presunta infrazione, nel senso che la Commissione possa ragionevolmente supporre che il documento le sarà utile nell’accertare l’esistenza dell’infrazione contestata (v. sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 42 e la giurisprudenza citata).

26      Inoltre, la Commissione può chiedere soltanto la comunicazione di informazioni che possano consentirle di accertare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento dell’indagine e che sono indicate nella richiesta di informazioni (v. sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 43 e la giurisprudenza citata). Peraltro, tenuto conto dell’ampio potere di indagine e di verifica di cui dispone la Commissione, è a quest’ultima che spetta valutare la necessità delle informazioni da essa richieste alle imprese interessate (v. sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 43 e la giurisprudenza citata).

27      Occorre infine ricordare che la Corte ha precisato, in diverse occasioni, nell’ambito dell’applicazione del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), che all’impresa oggetto di un provvedimento di indagine incombe un obbligo di collaborazione attiva, che implica che essa tenga a disposizione della Commissione tutte le informazioni riguardanti l’oggetto dell’indagine (v. sentenza della Corte del 18 ottobre 1989, Orkem/Commissione, 374/87, Racc. pag. 3283, punto 27, e sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 43 e la giurisprudenza citata, punto 44).

28      Alla luce della formulazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, della sua ratio e conformemente alla giurisprudenza ricordata supra ai punti da 24 a 27, si deve considerare che i poteri di indagine che sono previsti da tale disposizione siano subordinati solo al requisito della necessità delle informazioni richieste, valutata dalla Commissione, al fine di verificare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento dell’indagine.

29      Si deve pertanto concludere che la Commissione può inviare una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento regolamento n. 1/2003 ad un’impresa qualora quest’ultima sia in grado di fornire informazioni che risultino necessarie al fine di verificare dette presunte infrazioni.

30      Orbene, la qualificazione che si attribuisce la ricorrente di «mera holding finanziaria» nulla toglie al fatto che talune delle sue controllate – nel novero delle quali rientra la Italcementi – sono attive nel mercato del cemento e dei prodotti collegati oggetto delle presunte infrazioni che la Commissione intende verificare. La Commissione poteva pertanto ragionevolmente considerare che le informazioni che essa cercava di ottenere fossero in possesso della ricorrente o di imprese sulle quali questa era in grado di esercitare un controllo. Pertanto, rivolgendosi alla ricorrente per imporre a quest’ultima, e alle sue consociate direttamente o indirettamente controllate situate nell’Unione europea, di fornire le informazioni di cui all’allegato I della decisione impugnata, la Commissione non ha violato l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

31      Si deve inoltre necessariamente constatare che l’eventuale impossibilità di imputare alla ricorrente il comportamento anticoncorrenziale delle sue controllate – per il fatto che queste ultime determinino autonomamente il loro comportamento sul mercato – non è rilevante. Essa può effettivamente risultare da un’analisi nel merito di un caso, ma non consente di vietare alla Commissione di ordinare la fornitura di informazioni il cui oggetto è appunto stabilire l’esatto ruolo delle imprese coinvolte nell’infrazione di cui trattasi. La giurisprudenza non esige infatti che in una decisione di richiesta di informazioni adottata ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, regolamento n. 1/2003 sia effettuata una qualificazione giuridica rigorosa delle presunte infrazioni (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale dell’8 marzo 2007, France Télécom/Commissione, T‑340/04, Racc. pag. II‑573, punto 63).

32      Occorre pertanto respingere questa prima parte del motivo.

 Sulla seconda parte del motivo, vertente sulla violazione dei principi del contraddittorio e del legittimo affidamento

33      La ricorrente sostiene che la decisione impugnata è stata adottata in violazione dei principi del contraddittorio e del legittimo affidamento.

34      Il Tribunale rileva che il presente argomento si fonda sulla premessa che la decisione impugnata costituisca il primo atto notificato alla ricorrente, giacché tutti gli atti e le comunicazioni precedenti della Commissione avevano riguardato la Italcementi. In sostanza, notificando quindi alla ricorrente la decisione impugnata in tali circostanze, la Commissione l’avrebbe privata del suo diritto di essere sentita prima dell’adozione di una decisione nei suoi confronti.

35      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che il principio del contraddittorio, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione e che fa parte, segnatamente, dei diritti della difesa, esige che la parte interessata sia stata messa in grado, durante il procedimento amministrativo, di far conoscere in modo efficace la propria posizione sull’esistenza e sulla rilevanza dei fatti e delle circostanze addotti nonché dei documenti presi in considerazione dalla Commissione per suffragare l’esistenza dell’asserita violazione del Trattato (sentenza della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951 point 61).

36      Occorre tuttavia ricordare che l’esercizio dei diritti della difesa si inserisce principalmente nell’ambito dei procedimenti giudiziari o amministrativi diretti a far cessare un’infrazione o a constatare un’incompatibilità con norme giuridiche. Per contro, l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 non mira a far cessare un’infrazione o a constatare un’incompatibilità con norme giuridiche, ma ha solo l’oggetto di consentire alla Commissione di raccogliere la documentazione necessaria per verificare la realtà e la portata di una determinata situazione di fatto e di diritto. Solo nel caso in cui la Commissione ritenga che gli elementi di valutazione così riuniti giustifichino l’adozione di una decisione con cui si constata un’infrazione, l’impresa interessata deve, prima che siffatta decisione sia adottata, essere sentita a norma dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003. È appunto con tale differenza sostanziale tra le decisioni adottate in esito ad un procedimento siffatto e le decisioni di verifica che si spiega il tenore dell’articolo 27, paragrafo 1, il quale, nell’enumerare le decisioni che la Commissione non può adottare prima di aver offerto agli interessati la possibilità di esercitare il loro diritto di difesa, non menziona quella prevista all’articolo 18, paragrafo 3, dello stesso regolamento (v., in tal senso e per analogia, sentenza della Corte del 26 giugno 1980, National Panasonic/Commissione, 136/79, Racc. pag. 2033, punto 21).

37      Se ne deduce necessariamente che, benché possa essere auspicabile e utile, secondo le circostanze, che la Commissione offra alle imprese interessate la possibilità di presentare le loro osservazioni su un progetto di decisione di richiesta di informazioni che intende adottare ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, essa non è assoggettata ad alcun obbligo di farlo.

38      Pertanto, non essendo tenuta a consultare la ricorrente prima dell’adozione della decisione impugnata, non si può muovere alla Commissione la censura di aver mancato ai propri obblighi ai sensi del principio del contraddittorio.

39      Inoltre, occorre ricordare che l’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 si distingue dall’articolo 11, paragrafo 5, del regolamento n. 17 per il fatto che esso consente alla Commissione di chiedere informazioni «mediante semplice domanda o con decisione», senza che tale disposizione subordini l’adozione di una decisione ad una previa «semplice domanda». Orbene, si deve necessariamente constatare che imporre alla Commissione di offrire alle imprese interessate la possibilità di presentare le loro osservazioni su un progetto di decisione di richiesta di informazioni perverrebbe a privare d’effetto tale modifica legislativa.

40       La ricorrente sostiene, inoltre, che la notifica di tutti gli atti e le comunicazioni precedenti alla Italcementi le ha suscitato il legittimo affidamento nel fatto che la Italcementi sarebbe stata il soggetto giuridico considerato da una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

41      Il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate [sentenza della Corte del 15 luglio 2004, Di Lenardo e Dilexport, C‑37/02 e C‑38/02, Racc. pag. I‑6911, punto 70; sentenze del Tribunale del 17 dicembre 1998, Embassy Limousines & Services/Parlamento, T‑203/96, Racc. pag. II‑4239, punto 74, e del 15 novembre 2007, Enercon/UAMI (Convertitore di energia eolica), T‑71/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 36].

42      Per contro, nessuno può invocare una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione (sentenze del Tribunale del 14 settembre 1995, Lefebvre e a./Commissione, T‑571/93, Racc. pag. II‑2379, punto 72, e del 29 gennaio 1998, Dubois e Fils/Consiglio e Commissione, T‑113/96, Racc. pag. II‑125, punto 68). Costituiscono assicurazioni siffatte, indipendentemente dalla forma con cui vengono comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili (sentenza del Tribunale del 21 luglio 1998, Mellett/Corte di giustizia, T‑66/96 e T‑221/97, Racc. FP pagg. I‑A‑449 et II‑1305, punti 104 et 107).

43      Certamente, la circostanza che la Italcementi sia stata destinataria di diverse comunicazioni precedenti della Commissione – e segnatamente della bozza di questionario – ha potuto indurre la ricorrente a considerare che non sarebbe stata destinataria di una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

44      Siffatta deduzione non può tuttavia essere considerata come derivante da assicurazioni precise ai sensi della giurisprudenza citata supra al punto 42, tanto più che, precedentemente all’adozione della decisione impugnata, la Commissione aveva informato la ricorrente, il 6 dicembre 2010, di aver deciso di avviare nei suoi confronti un procedimento ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

45      Si deve quindi concludere che la ricorrente non può invocare, nelle circostanze della fattispecie, la tutela del suo legittimo affidamento.

46      La seconda parte del motivo va, quindi, del pari disattesa.

 Sulla terza parte del motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione

47      La ricorrente censura la Commissione per aver violato il principio di non discriminazione, per il fatto che, tra gli otto gruppi cementieri considerati nel caso 39520, essa sarebbe la sola holding finanziaria ad aver ricevuto una decisione di richiesta di informazioni.

48      Occorre ricordare che l’obiettivo a cui mira l’articolo 18 del regolamento n. 1/2003 è quello di consentire alla Commissione di ottenere le informazioni che le sono necessarie per verificare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento dell’indagine.

49      Orbene si deve necessariamente constatare che la circostanza addotta dalla ricorrente, ovvero di essere stata la sola holding finanziaria ad aver ricevuto una decisione di richiesta di informazioni, non consente di concludere che essa si trovi in una situazione diversa da quella delle altre imprese oggetto delle decisioni di richiesta di informazioni nell’ambito del procedimento 39520, giacché talune delle sue controllate sono attive nel mercato oggetto dell’indagine della Commissione.

50      Occorre pertanto respingere questa terza parte del motivo e, di conseguenza, il motivo nella sua interezza.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

51      La ricorrente contesta alla Commissione di aver violato l’articolo 296, secondo comma, TFUE non motivando a sufficienza la decisione impugnata e, pertanto, di aver violato del pari i suoi diritti della difesa. Essa sottolinea la mancanza di spiegazioni circa le ragioni che giustificano la scelta di ricorrere ad una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, l’insufficienza della motivazione riguardo all’oggetto e allo scopo della decisione impugnata, nonché alla necessità delle informazioni richieste. Essa sottolinea la laconicità e vaghezza delle menzioni che compaiono nella decisione impugnata e, segnatamente, della definizione delle presunte infrazioni, il che le impedisce di valutare la necessità delle informazioni richieste. La ricorrente aggiunge che, in mancanza di spiegazioni specifiche, non si può comprendere la necessità di informazioni d’ordine esclusivamente economico riguardanti un lungo periodo e un territorio assai esteso per dimostrare l’esistenza dell’infrazione.

52      La Commissione considera che la decisione impugnata sia sufficientemente motivata.

53      L’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di consentire al giudice di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione e di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata oppure se sia eventualmente inficiata da un vizio che consenta di contestarne la validità, restando inteso che la portata di tale obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato, nonché dal complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia considerata (sentenza della Corte del 25 ottobre 1984, Interfacultair Instituut Electronenmicroscopie der Rijksuniversiteit te Groningen, 185/83, Racc. pag. 3623, punto 38; sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Corsica Ferries France/Commissione, T‑349/03, Racc. pag. II‑2197, punti 62 et 63, e del 12 luglio 2007, CB/Commissione, T‑266/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 35).

54      Secondo una giurisprudenza consolidata, gli elementi essenziali della motivazione di una decisione di richiesta di informazioni sono definiti allo stesso articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 (v. sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punti 76 e 77 nonché la giurisprudenza citata).

55      L’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 prevede che la Commissione «indica le basi giuridiche e lo scopo della domanda, precisa le informazioni richieste e stabilisce un termine entro il quale esse devono essere fornite». Tale disposizione precisa, inoltre, che la Commissione «[i]ndica altresì le sanzioni previste dall’articolo 23», che essa «indica o commina le sanzioni di cui all’articolo 24» e che «[f]a menzione inoltre del diritto di presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso la decisione».

56      Tale delimitazione dell’obbligo di motivazione si spiega con la natura di misure istruttorie delle decisioni di richiesta di informazioni.

57      Occorre inoltre tener presente il fatto che il procedimento amministrativo ai sensi del regolamento n. 1/2003, che si svolge dinanzi alla Commissione, si suddivide in due fasi distinte e successive, ciascuna delle quali risponde ad una propria logica interna, vale a dire una fase di indagine preliminare, da un lato, e una fase contraddittoria, dall’altro. La fase di indagine preliminare, durante la quale la Commissione usa i poteri di indagine previsti dal regolamento n. 1/2003 e che si estende fino alla comunicazione degli addebiti, è finalizzata a permettere alla Commissione di raccogliere tutti gli elementi pertinenti a conferma o meno dell’esistenza di un’infrazione alle regole della concorrenza e di prendere una prima posizione sulla direzione nonché sull’ulteriore continuazione da dare al procedimento. Per contro, la fase contraddittoria, la quale si estende dalla comunicazione degli addebiti fino all’adozione della decisione finale, deve consentire alla Commissione di pronunciarsi definitivamente sulla violazione contestata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2008, AC Treuhand/Commissione, T‑99/04, Racc. pag. II‑1501, punto 47).

58      Da un lato, per quanto riguarda la fase di indagine preliminare, essa ha inizio dalla data in cui la Commissione, nell’esercizio dei poteri conferitile dagli articoli 18 e 20 del regolamento n. 1/2003, adotta misure che implicano la contestazione di aver commesso una violazione e che determinano importanti ripercussioni sulla situazione delle imprese sospettate. Dall’altro, è solo all’inizio della fase contraddittoria amministrativa che l’impresa interessata viene informata, mediante la comunicazione degli addebiti, di tutti gli elementi essenziali su cui si fonda la Commissione in tale stadio del procedimento e che tale impresa dispone di un diritto di accesso al fascicolo al fine di garantire l’esercizio effettivo dei suoi diritti della difesa. Di conseguenza, è solo dopo l’invio della comunicazione degli addebiti che l’impresa interessata può pienamente avvalersi dei suoi diritti della difesa. Laddove, infatti, tali diritti fossero estesi alla fase che precede l’invio della comunicazione degli addebiti, risulterebbe compromessa l’efficacia dell’indagine della Commissione, in quanto l’impresa interessata sarebbe in grado, già dalla fase d’indagine preliminare, di identificare le informazioni note alla Commissione e, pertanto, quelle che possono esserle ancora nascoste (v., in tal senso, sentenza AC Treuhand/Commissione, punto 57 supra, punto 48 e la giurisprudenza citata).

59      Tuttavia, le misure istruttorie adottate dalla Commissione nel corso della fase di indagine preliminare, segnatamente le misure di accertamento e le richieste di informazioni, implicano per loro natura la contestazione di un’infrazione e sono atte a determinare conseguenze importanti sulla situazione delle imprese sospettate. È dunque importante evitare che i diritti della difesa possano essere irrimediabilmente compromessi nel corso di questa fase del procedimento amministrativo, posto che le misure istruttorie adottate possono avere un carattere determinante per la costituzione delle prove dell’illegittimità di comportamenti delle imprese atti a far sorgere la loro responsabilità (v., in tal senso, sentenza AC Treuhand/Commissione, punto 57 supra, punti 50 e 51, nonché sentenza della Corte del 21 settembre 1989, Hoechst/Commissione, 46/87 e 227/88, Racc. pag. 2859, punto 15).

60      Al riguardo va ricordato che l’obbligo, imposto dall’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 alla Commissione di indicare la base giuridica e lo scopo della richiesta di informazioni costituisce un’esigenza fondamentale al fine di far apparire il carattere giustificato delle informazioni richieste alle imprese interessate, ma anche di consentire alle stesse di comprendere la portata del loro dovere di collaborazione pur facendo salvi i loro diritti di difesa. Ne consegue che la Commissione può chiedere soltanto la comunicazione di informazioni che possano consentirle di accertare le presunte infrazioni che giustificano lo svolgimento dell’inchiesta e sono indicate nella richiesta di informazioni (v., in questo senso e per analogia, sentenze del Tribunale del 12 dicembre 1991, SEP/Commissione, T‑39/90, Racc. pag. II 1497, punto 25, e dell’8 marzo 1995, Société Générale/Commissione, T‑34/93, Racc. pag. II‑545, punto 40).

61      Come sottolineato dall’avvocato generale Jacobs al paragrafo 30 delle conclusioni presentate nella causa conclusasi con la sentenza della Corte del 19 maggio 1994, SEP/Commissione (C‑36/92 P, Racc. pagg. I‑1911, I‑1914), l’obbligo di indicare «lo scopo della domanda» significa «naturalmente [che la Commissione] deve identificare la presunta violazione delle norme sulla concorrenza», che «[l]a necessità dell’informazione va valutata in relazione allo scopo indicato nella domanda di informazioni» e che «[l]o scopo deve essere enunciato in maniera sufficientemente precisa, altrimenti sarà impossibile determinare se l’informazione è necessaria e si impedirà al Tribunale di esercitare il suo controllo giurisdizionale»

62      Risulta del pari da giurisprudenza costante che la Commissione non è tenuta a comunicare al destinatario di una decisione siffatta tutte le informazioni di cui è in possesso in merito a presunte infrazioni, né a procedere ad una rigorosa qualificazione giuridica delle infrazioni stesse, ma che essa deve precisare chiaramente le supposizioni che intende verificare (sentenze Société Générale/Commissione, punto 60 supra, punti 62 e 63, nonché Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 77).

63      Non si può tuttavia imporre alla Commissione di indicare, al momento della fase di indagine preliminare, oltre alle presunte infrazioni che essa intende verificare, gli indizi, vale a dire gli elementi che la inducono a considerare l’ipotesi di una violazione dell’articolo 101 TFUE. In effetti, un obbligo del genere rimetterebbe in discussione l’equilibrio stabilito dalla giurisprudenza tra preservare l’efficacia delle indagini e preservare i diritti della difesa dell’impresa interessata.

64      Nella fattispecie, la decisione impugnata indica chiaramente che essa è stata adottata ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che le pratiche oggetto di indagine potrebbero costituire una violazione dell’articolo 101 TFUE. I considerando 10 e 11 della decisione si riferiscono espressamente alle sanzioni e al diritto di ricorso di cui supra al punto 55.

65      La sufficienza o meno della motivazione della decisione impugnata dipende quindi esclusivamente dalla questione se le presunte infrazioni che la Commissione intende verificare siano precisate con sufficiente chiarezza.

66      La motivazione della decisione impugnata al riguardo è costituita dalla menzione che compare al considerando 2 della stessa decisione, secondo cui «[l]e presunte infrazioni rivestono la forma di restrizioni degli scambi commerciali nello Spazio economico europeo (SEE), comprese restrizioni delle importazioni nel SEE da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali nei mercati del cemento e dei prodotti collegati».

67      La decisione impugnata rinvia inoltre esplicitamente alla decisione di avvio del procedimento menzionata supra al punto 4, la quale contiene informazioni supplementari sull’estensione geografica delle presunte infrazioni nonché sul tipo di prodotti presi in considerazione.

68      Il Tribunale rileva che la motivazione della decisione impugnata è redatta in termini molto generali che avrebbero meritato una precisazione ed è, quindi, criticabile a tal proposito. Si può tuttavia considerare che il riferimento a restrizioni delle importazioni nello Spazio economico europeo (SEE), a ripartizioni del mercato nonché a coordinamenti dei prezzi nei mercati del cemento e dei prodotti collegati, letto congiuntamente alla decisione di avvio del procedimento, corrisponde al grado minimo di chiarezza che consente di concludere che le prescrizioni dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 sono state rispettate.

69      Se ne deve dedurre che la decisione impugnata è sufficientemente motivata.

70      Tale conclusione non è inficiata dalla critica della ricorrente vertente sulla mancata motivazione riguardo alla necessità delle informazioni richieste. È sufficiente sottolineare che la Commissione non è tenuta, in applicazione dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, a fornire una motivazione specifica in proposito. È, infatti, attraverso l’indicazione delle presunte infrazioni che l’impresa interessata può valutare la necessità delle informazioni richieste e, eventualmente, contestare dinanzi al Tribunale la decisione di richiesta di informazioni.

71      Per quanto riguarda la censura della ricorrente riguardo alla mancanza di spiegazioni in merito alle ragioni che giustificano la scelta di ricorrere a una decisione di richiesta di informazioni, è sufficiente sottolineare che l’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 non impone del pari alla Commissione di esporre i motivi per i quali ha deciso di ricorrere ad una decisione invece che a una semplice domanda di informazioni.

72      Di conseguenza, il quarto motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla circostanza che la Commissione avrebbe agito ultra vires nell’adottare la decisione impugnata

73      La ricorrente ritiene che la Commissione non avesse il potere di adottare la decisione impugnata, in mancanza di indizi tendenti a dimostrare l’esistenza di una violazione dell’articolo 101 TFUE, come sarebbe attestato dalla natura particolarmente ampia e indeterminata dell’inchiesta svolta dalla Commissione e dall’ampiezza delle informazioni richieste. Così, la Commissione avrebbe agito illegittimamente adottando una decisione di richiesta di informazioni priva di qualsiasi precisione quanto ai comportamenti concreti cui tale decisione si riferisce.

74      La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

75      Il Tribunale rileva che il presente motivo, nei limiti in cui contesta l’asserita imprecisione delle spiegazioni fornite nella decisione impugnata, si confonde con l’argomento presentato nell’ambito del quarto motivo, vertente sull’insufficienza di motivazione della decisione impugnata, e deve pertanto essere respinto per le ragioni esposte supra ai punti da 52 a 70.

76      Si deve necessariamente constatare che il presente motivo potrebbe del pari essere inteso nel senso che esso contiene una critica della mancanza di indizi tendenti a dimostrare l’esistenza di un’infrazione al diritto della concorrenza in possesso della Commissione prima dell’adozione della decisione impugnata e, pertanto, come una contestazione dell’arbitrarietà della decisione impugnata. A sostegno del suo argomento la ricorrente sembra sostenere che la quantità di informazioni richieste darebbe l’impressione che la decisione impugnata abbia natura esplorativa.

77      È certamente vero che l’esigenza di una tutela contro interventi delle autorità pubbliche nella sfera dell’attività privata di qualunque persona, sia essa fisica o giuridica, che siano arbitrari o sproporzionati costituisce un principio generale del diritto dell’Unione (sentenza Slovak Telekom/Commissione, punto 24 supra, punto 81).

78      L’eventuale arbitrarietà della decisione impugnata non può tuttavia essere dimostrata in base all’ampiezza della richiesta di informazioni, potendo la Commissione legittimamente svolgere un’indagine che abbia un ampio raggio di investigazione, allorché essa è in possesso di indizi sufficientemente seri riguardo alla partecipazione dell’impresa a diverse presunte infrazioni che essa intende verificare. È importante, infatti, che la decisione di richiesta di informazioni miri a raccogliere la documentazione necessaria per verificare la realtà e la portata di determinate situazioni di fatto e di diritto riguardo alle quali la Commissione dispone già di informazioni, in assenza delle quali essa violerebbe il principio generale menzionato supra al punto 77.

79      Così, in mancanza di una domanda esplicita e motivata della ricorrente, non vi è luogo per il Tribunale di verificare di propria iniziativa, e unicamente in base all’affermazione generale vertente sull’ampiezza della richiesta di informazioni, se la Commissione disponesse di indizi sufficientemente seri che giustificassero l’adozione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 marzo 2013, Viega/Commissione, C‑276/11 P, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti da 41 a 43).

80      Il presente motivo, pertanto, deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

81      La ricorrente sostiene che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità nell’adottare la decisione impugnata. Essa fa valere che, in mancanza di informazioni sufficientemente dettagliate riguardo all’esistenza di un’infrazione, non appare appropriata l’adozione di una decisione ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 e che la Commissione avrebbe dovuto muoversi piuttosto mediante un’indagine di settore in base all’articolo 17 del medesimo regolamento. Essa afferma altresì che la Commissione non ha correttamente bilanciato l’interesse ad effettuare l’indagine e il pregiudizio arrecato alle imprese interessate, considerata la manifesta onerosità della mole di lavoro che la decisione impugnata comporta, imponendo di reperire, catalogare e trasmettere un numero particolarmente rilevante di informazioni in un formato molto vincolante – benché talune delle informazioni siano di dominio pubblico o potessero essere acquisite direttamente dalla Commissione –, e ciò in un contesto di indeterminatezza, essendo stati costantemente modificati il contenuto e la portata delle domande. La ricorrente considera infine che la decisione impugnata non soddisfi il requisito della necessità, in quanto un esame completo delle informazioni fornite a seguito delle richieste fatte ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nonché, eventualmente, l’invio di un’altra richiesta su tale fondamento avrebbero permesso alla Commissione di ottenere una risposta completa, coerente e consolidata.

82      La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

83      Risulta da giurisprudenza costante che il principio di proporzionalità, che costituisce parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli atti delle istituzioni non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte del 12 luglio 2001, Jippes e a., C‑189/01, Racc. pag. I‑5689, punto 81).

84      In primo luogo, la ricorrente contesta che sia appropriata l’adozione di una richiesta di informazioni anziché di un’inchiesta settoriale ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003.

85      Il controllo del carattere appropriato della decisione impugnata implica di verificare che essa sia adeguata a realizzare l’obiettivo perseguito (v., in tal senso, sentenza della Corte del 13 dicembre 2012, Maatschap L.A. en D.A.B. Langestraat en P. Langestraat-Troost, C‑11/12, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39 e la giurisprudenza citata).

86      Il Tribunale rileva che la contestazione del carattere appropriato della decisione impugnata si fonda sulla tesi che la Commissione non fosse in possesso di indizi rivelatori dell’esistenza di un’infrazione. Tuttavia, per le ragioni esposte supra ai punti 78 e 79, siffatta affermazione non può essere considerata dimostrata.

87      Inoltre, non è superfluo sottolineare che il ricorso ad un’indagine settoriale ai sensi dell’articolo dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003 non avrebbe necessariamente natura meno vincolante per la ricorrente rispetto ad una decisione di richiesta di informazioni adottata ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003. In applicazione dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1/2003, infatti, la Commissione può irrogare un’ammenda qualora la ricorrente fornisca informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti o se la ricorrente non fornisca le informazioni entro il termine stabilito, a seguito di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 17 del regolamento n. 1/2003. Lo stesso avviene per la possibilità di infliggere penalità di mora ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, lettera d), del medesimo regolamento. La Commissione dispone, pertanto, di mezzi di coercizione identici nell’ambito delle procedure di cui all’articolo 17 e all’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

88      In secondo luogo, la ricorrente contesta la necessità della decisione impugnata, sulla base del rilievo che, nelle circostanze della fattispecie, la Commissione avrebbe dovuto cercare le informazioni mancanti o nuove mediante una semplice domanda ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

89      È ben vero che la scelta che la Commissione deve effettuare tra una semplice domanda di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e una decisione di richiesta di informazioni ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, dello stesso regolamento rientra nell’ambito del controllo di proporzionalità. Ciò risulta necessariamente dalla definizione stessa del principio di proporzionalità che compare supra al punto 83, in cui è menzionato che, «qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva». Si può del pari osservare che la scelta offerta alla Commissione dall’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 presenta una sicura analogia con quella esistente tra gli accertamenti mediante semplice mandato e quelli ordinati mediante decisione a norma dell’articolo 14 del regolamento n. 17 e dell’articolo 20 del regolamento n. 1/2003. Orbene, l’esercizio di tale scelta è oggetto di un controllo da parte del giudice dell’Unione alla luce del principio di proporzionalità (sentenze della Corte National Panasonic/Commissione, punto 36 supra, punto 29, e del 22 ottobre 2002, Roquette Frères, C‑94/00, Racc. pag. I‑9011, punto 77; sentenza France Télécom/Commissione, punto 31 supra, punto 147).

90      Alla luce dell’approccio privilegiato nella giurisprudenza nei confronti del controllo sulla proporzionalità del ricorso ad accertamenti ordinati mediante decisione, appare che siffatto controllo, riguardo alla scelta da effettuare tra una semplice richiesta di informazioni e una decisione, deve dipendere dalle necessità di un’istruttoria adeguata, tenuto conto delle particolarità della fattispecie (sentenze National Panasonic/Commissione, punto 36 supra, punto 29; Roquette Frères, punto 89 supra, punto 77, e France Télécom/Commissione, punto 31 supra, punto 147).

91      A tal proposito, occorre prendere in considerazione la circostanza che la decisione impugnata si inserisce nel quadro di un’indagine vertente su pratiche restrittive della concorrenza che coinvolge, oltre alla ricorrente, altri sette gruppi di imprese attive nel settore del cemento.

92      Una decisione si distingue da una semplice richiesta di informazioni per il fatto che è possibile alla Commissione irrogare un’ammenda o penalità di mora in caso di fornitura di informazioni incomplete o in ritardo, in applicazione, rispettivamente, dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera b), e dell’articolo 24, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1/2003.

93      In considerazione della quantità delle informazioni da raccogliere e da analizzare, non appare né inappropriato né sproporzionato da parte della Commissione procedere direttamente nei confronti della ricorrente attraverso lo strumento giuridico che le offre la maggiore garanzia che quest’ultima fornirà una risposta completa e nei termini.

94      Non si può pertanto considerare che la decisione impugnata non sia necessaria per il fatto che sia possibile per la Commissione procedere mediante una semplice domanda ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

95      In terzo luogo, la ricorrente sottolinea la manifesta onerosità della mole di lavoro che la risposta alla decisione impugnata comporta.

96      In applicazione della giurisprudenza citata supra al punto 83, perché un atto sia conforme al principio di proporzionalità non è sufficiente che esso sia appropriato e necessario, ma occorre altresì che non provochi inconvenienti sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

97      A proposito delle richieste di informazioni, tale requisito è ricordato dalla giurisprudenza costante secondo cui, affinché una decisione di richiesta di informazioni rispetti il principio di proporzionalità, non è sufficiente che l’informazione richiesta sia connessa all’oggetto dell’indagine, è necessario del pari che l’obbligo di fornire un’informazione, imposto ad un’impresa, non rappresenti per quest’ultima un onere sproporzionato rispetto alle necessità dell’indagine (sentenza del 12 dicembre 1991, SEP/Commissione, punto 60 supra, punto 51).

98      Nella fattispecie, non si può, certo, validamente contestare l’importanza delle informazioni richieste con il questionario e il livello molto elevato di precisione. Risulta innegabile che la risposta a tale questionario ha comportato una mole di lavoro particolarmente rilevante.

99      Da ciò non può tuttavia concludersi che tale onere di lavoro abbia carattere sproporzionato, in considerazione delle necessità dell’indagine connesse segnatamente alle presunte infrazioni che la Commissione intende verificare e alle circostanze del presente procedimento.

100    A tal proposito occorre ricordare che la decisione impugnata si inserisce in un procedimento riguardante «restrizioni degli scambi commerciali nello Spazio economico europeo (SEE), comprese restrizioni delle importazioni nel SEE da paesi non SEE, ripartizione del mercato, coordinamento dei prezzi e connesse pratiche anticoncorrenziali nei mercati del cemento e dei prodotti collegati». Essa ha pertanto un ampio ambito di applicazione, idoneo a giustificare la fornitura di un numero elevato di informazioni.

101    Inoltre, la circostanza menzionata supra al punto 93, relativa al numero rilevante di gruppi di società oggetto dell’indagine della Commissione, è del pari atta a giustificare il fatto che la Commissione imponga di fornire informazioni con un formato vincolante pur se ciò genera una mole di lavoro particolarmente rilevante per le imprese interessate.

102    Tale conclusione non è inficiata dai diversi argomenti presentati dalla ricorrente, vertenti sul fatto che la Commissione non avrebbe analizzato interamente le precedenti risposte della Italcementi prima di inviarle la decisione impugnata e che essa avrebbe imposto di comunicare informazioni che erano già in suo possesso o erano facilmente reperibili.

103    Con tali argomenti la ricorrente cerca di dimostrare la mancanza di necessità delle informazioni richieste e, pertanto, il carattere sproporzionato della mole di lavoro richiesta dalla loro fornitura.

104    In primo luogo, per quanto riguarda la contestazione della necessità delle informazioni richieste sulla base del rilievo che esse sarebbero già in possesso della Commissione, occorre rilevare che è stato precisato, al considerando 6 della decisione impugnata, che «[il questionario], nella misura necessaria, tiene nella dovuta considerazione le risposte alle lettere di cui al [considerando] 4 della presente decisione e le osservazioni formulate dalle imprese indagate nel corso dell’indagine». Il considerando 6 indica altresì che «[a]lcune informazioni richieste sono state già sollecitate a Italcementi a norma dell’articolo 18, paragrafo 2, ma sono state riproposte nuovamente nell’allegato I per ricevere una risposta completa, coerente e consolidata». Si aggiunge che, «[i]noltre, il questionario (…) richiede informazioni supplementari ugualmente necessarie per valutare la compatibilità delle pratiche oggetto dell’indagine con le regole UE in piena cognizione dei fatti e del loro corretto contesto economico».

105    Ne deriva che la Commissione adduce essenzialmente due giustificazioni a sostegno della sua richiesta di informazioni: da un lato, la volontà di «ricevere una risposta completa, coerente e consolidata» e, dall’altro, la ricerca di informazioni supplementari rispetto a quelle fornite in precedenza.

106    Per quanto riguarda la prima giustificazione addotta dalla Commissione, si deve necessariamente constatare che la decisione impugnata sembra in effetti essere stata adottata, almeno in parte, allo scopo di ottenere, in particolare, dalla ricorrente una versione consolidata delle risposte da essa in precedenza fornite.

107    Si deve osservare che le domande 1A, da 1Ei) a 1Eiii), 1F, da 2 a 5, 9A, 9B e 10 dell’allegato I della decisione impugnata hanno un oggetto affine a quello, rispettivamente, delle domande iniziali 8, 31, 39, 10, 18, 17, 28, della domanda 40, lettere a) e b), e della domanda 7 del questionario iniziale inviato alla Italcementi.

108    Va inoltre rilevato che, come ammesso dalla Commissione in udienza, le prime dieci domande del questionario che compaiono all’allegato I della decisione impugnata sono identiche a quelle che compaiono in allegato alle decisioni inviate alle altre sette imprese interessate dal procedimento menzionato supra al punto 5. Se ne può solo dedurre che la Commissione non ha proceduto all’individualizzazione delle domande rivolte a ciascuna delle imprese interessate in base al grado di precisione e alla qualità delle risposte precedenti.

109    Pertanto si potrebbe considerare che la decisione impugnata abbia, almeno in parte, lo scopo di ottenere una versione consolidata delle informazioni in precedenza fornite. Tale impressione è rafforzata dalla natura estremamente precisa delle indicazioni del questionario relative alla forma nella quale devono essere presentate le risposte. Vi è dunque innegabilmente una volontà della Commissione di ottenere risposte in un formato che consenta una maggiore facilità nel raffronto dei dati raccolti presso le imprese interessate.

110    Occorre tuttavia ricordare che il Tribunale, nella sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione (T‑191/98, da T‑212/98 a T‑214/98, Racc. pag. II‑3275, punto 425), ha sottolineato che richieste di informazioni dirette ad ottenere informazioni su un documento già in possesso della Commissione non potevano essere considerate giustificate dalle necessità dell’inchiesta.

111    Si deve quindi dedurre dalla giurisprudenza citata supra ai punti 95 e 110 che una decisione che impone al destinatario di fornire nuovamente informazioni richieste in precedenza per il motivo che solo talune di esse sarebbero, secondo la Commissione, non esatte potrebbe apparire come costituente un onere sproporzionato rispetto alle necessità dell’indagine. In una situazione del genere, è infatti possibile per la Commissione delimitare con precisione le informazioni che ritiene debbano essere corrette dall’impresa interessata.

112    Del pari, l’intento di agevolare la trattazione delle risposte fornite dalle imprese non può giustificare che sia imposto a queste ultime di fornire con un nuovo formato informazioni già in possesso della Commissione. Pur se le imprese hanno un obbligo di collaborazione attiva, il quale implica che esse tengano a disposizione della Commissione tutti gli elementi di informazione riguardanti l’oggetto dell’indagine (sentenze Orkem/Commissione, punto 27 supra, punto 27, e Société Générale/Commissione, punto 60 supra, punto 72), detto obbligo di collaborazione attiva non può arrivare sino alla formattazione delle informazioni già in possesso della Commissione.

113    Occorre quindi, nelle circostanze della fattispecie, verificare la fondatezza della seconda giustificazione avanzata dalla Commissione, vertente sulla necessità di ottenere informazioni supplementari.

114    Alla luce della giurisprudenza citata supra ai punti 24 e 26, occorre considerare che una decisione della Commissione che richiede la fornitura di informazioni più precise di quelle fornite fino a quel momento deve essere considerata giustificata dalle necessità dell’indagine. In effetti, la ricerca di tutti gli elementi pertinenti che confermino o smentiscano l’esistenza di una violazione delle regole di concorrenza può comportare che la Commissione chieda alle imprese di precisare o di fornire dettagli riguardo a talune informazioni che le sono state comunicate in precedenza.

115    In proposito occorre rilevare che talune domande riguardano informazioni non domandate mediante le richieste di informazioni anteriori. Così è per le serie di domande 1B, 1C, 1G, 6A, 6B, 7, da 8A a 8C, 9C e 11.

116    Inoltre, per quanto riguarda le domande 1A, da 1Ei) a 1Eiii), 1F, da 2 a 5, 9A, 9B e 10 dell’allegato I della decisione impugnata, si deve necessariamente rilevare che esse comportano, in realtà, la fornitura di informazioni supplementari rispetto a quelle fornite mediante precedenti richieste di informazioni, giacché esse presentano un livello maggiore di precisione, per effetto della modifica del loro ambito di applicazione o dell’aggiunta di variabili supplementari.

117    Si deve pertanto concludere che la circostanza che il questionario che costituisce l’allegato I della decisione impugnata miri ad ottenere vuoi nuove informazioni vuoi informazioni più dettagliate è idonea a giustificare la necessità delle informazioni richieste.

118    In secondo luogo, relativamente alla contestazione della necessità di talune informazioni per il fatto che esse sarebbero reperibili per la Commissione, la ricorrente osserva di essere obbligata a fornire un certo numero di codici di avviamento postale, di valutare talune distanze o di identificare il paese di assoggettamento a IVA dei suoi acquirenti. Si deve tuttavia necessariamente constatare che le informazioni non presentano l’asserito carattere pubblico oppure esse costituiscono il logico completamento di informazioni in possesso solo della ricorrente.

119    Alla luce di quanto precede, si deve respingere il presente motivo.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del contraddittorio

120    La ricorrente considera che essa aveva il diritto di essere sentita prima dell’adozione della decisione impugnata e che non è stata in grado di esercitare tale diritto per la brevità del termine di pochi giorni accordato dalla Commissione per la formulazione delle osservazioni sulla bozza di questionario. Ritiene altresì che il contenuto di tale bozza di questionario differisca considerevolmente da quello di cui all’allegato I della decisione impugnata e conclude che, relativamente ai nuovi elementi contenuti nel questionario, i destinatari non sono stati in grado di far valere le loro osservazioni. Essa ritiene infine che le osservazioni formulate siano state ignorate dalla Commissione, in particolare quelle vertenti sull’impossibilità di fornire una risposta a talune questioni. Da ciò essa conclude che la decisione impugnata non sia stata adottata in esito ad un procedimento in contraddittorio e che, pertanto, non siano stati rispettati i suoi diritti della difesa.

121    La Commissione conclude per il rigetto del presente motivo.

122    Il Tribunale rileva che il presente motivo, nei limiti in cui si fonda sulla premessa che la ricorrente disponesse del diritto ad essere sentita prima dell’adozione della decisione impugnata, deve essere senz’altro respinto per ragioni analoghe a quelle illustrate supra, ai punti da 33 a 39. Infatti, poiché la Commissione non ha alcun obbligo di offrire alle imprese interessate la possibilità di presentare le loro osservazioni su una bozza di decisione di richiesta di informazioni che essa intende adottare ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, le censure che vertono sulle modalità con cui è stata organizzata tale consultazione sono manifestamente prive di fondamento.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione

123    La ricorrente sostiene che la Commissione è venuta meno ai suoi obblighi derivanti dal principio di buona amministrazione e che tale inosservanza ha potuto avere riflessi sulla decisione impugnata. A sostegno di tale motivo, essa fa riferimento alla duplicazione del lavoro derivante dal mancato coordinamento tra le richieste di informazioni adottate ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, alla bozza di questionario e alla decisione impugnata, che ha condotto a chiedere, sotto diversa formulazione, risposte a quesiti sostanzialmente identici. Essa sottolinea del pari il rilevante prolungamento della durata dell’istruttoria, oltre limiti ragionevoli, che ne è risultato e le incidenze negative per le imprese interessate, nonché un’attitudine generale di disinteresse della Commissione per il rispetto del principio di buona amministrazione.

124    La Commissione nega di aver violato il principio di buona amministrazione.

125    Va ricordato che il considerando 37 del regolamento n. 1/2003 precisa che quest’ultimo «ottempera ai diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea» e che esso «dovrebbe essere interpretato e applicato in relazione a detti diritti e principi». Inoltre, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Carta dei diritti fondamentali, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, TUE, ha lo stesso valore giuridico dei Trattati.

126    L’articolo 41 della Carta, rubricato «Diritto ad una buona amministrazione», dispone, al suo paragrafo 1, che «[o]gni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dalle istituzioni, organi e organismi dell’Unione».

127    Secondo la giurisprudenza relativa al principio di buona amministrazione, allorché le istituzioni dell’Unione dispongono di un potere discrezionale, il rispetto delle garanzie offerte dall’ordinamento giuridico nei procedimenti amministrativi dell’Unione riveste un’importanza ancor più fondamentale. Fra queste garanzie compare, in particolare, l’obbligo dell’istituzione competente di esaminare con diligenza e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie (sentenza della Corte del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, Racc. pag. I‑5469, punto 14, e sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, punto 110 supra, punto 404).

128    In primo luogo, relativamente all’affermazione vertente sulla sostanziale identicità delle domande poste dalla Commissione, essa deve essere respinta per ragioni analoghe a quelle menzionate supra ai punti da 104 a 117. Infatti, il questionario, pur avendo un oggetto affine a quello delle precedenti decisioni di richiesta di informazioni, si distingue per il grado di precisione delle sue domande o per la presenza di nuovi quesiti. Va inoltre rilevato che l’ampiezza dell’indagine svolta dalla Commissione e il numero di imprese interessate, come pure la tecnicità del mercato dei prodotti interessato, sono idonei a giustificare il fatto che la Commissione emani in successione più richieste di informazioni che in parte si sovrappongono, senza violare il principio di buona amministrazione.

129    In secondo luogo, per quanto riguarda l’affermazione vertente sull’eccessiva durata del procedimento, si deve ricordare che l’osservanza di un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, del quale il giudice assicura il rispetto (sentenza del Tribunale del 14 aprile 2011, Visa Europe e Visa International Service/Commissione, T‑461/07, Racc. pag. II‑1729, punto 231).

130    La violazione di tale principio può tuttavia portare all’annullamento della decisione solo a condizione che abbia pregiudicato la capacità delle imprese interessate di difendersi in modo efficace e abbia quindi leso i loro diritti di difesa (v. sentenza Visa Europe e Visa International Service/Commissione, punto 129 supra, punto 232 e la giurisprudenza citata).

131    Per quanto riguarda, più in particolare, un’affermazione vertente sull’eccessiva durata della fase dell’indagine preliminare, essa può comportare l’annullamento di una decisione solo a condizione che tale durata eccessiva abbia potuto avere un’incidenza sull’esercizio dei diritti della difesa dell’impresa interessata nel corso della seconda fase del procedimento amministrativo, vale a dire dopo l’invio della comunicazione degli addebiti (sentenza della Corte del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti da 48 a 51).

132    È dunque in occasione di un ricorso contro un’eventuale decisione che constati nei suoi confronti una violazione dell’articolo 101 TFUE che spetterà alla ricorrente dedurre l’eccessiva durata della fase di indagine preliminare e dimostrare che tale eccessiva durata ha potuto ostacolare la costituzione delle prove dirette a smentire l’esistenza di comportamenti idonei a far sorgere la sua responsabilità.

133    Si deve pertanto respingere il sesto motivo e, di conseguenza, l’intero ricorso.

 Sulle spese

134    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, poiché è rimasta soccombente, deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Italmobiliare SpA è condannata alle spese.

Dittrich

Wiszniewska-Białecka

Prek

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 marzo 2014.

Firme

Indice


Fatti e procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente sull’erronea designazione della ricorrente quale destinataria della decisione impugnata

Sulla prima parte del motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 18, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003

Sulla seconda parte del motivo, vertente sulla violazione dei principi del contraddittorio e del legittimo affidamento

Sulla terza parte del motivo, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

Sul secondo motivo, vertente sulla circostanza che la Commissione avrebbe agito ultra vires nell’adottare la decisione impugnata

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del principio del contraddittorio

Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.