Language of document : ECLI:EU:C:2019:63

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 24 gennaio 2019 (1)

Causa C–720/17

Mohammed Bilali

contro

Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

« Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2011/95/UE – Norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale – Protezione sussidiaria – Articolo 19 – Revoca dello status di protezione sussidiaria – Portata dei motivi – Legislazione nazionale che prevede la revoca dello status in ragione di un errore dell’amministrazione quanto alle circostanze di fatto – Ammissibilità – Annullamento dell’atto di concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria – Autonomia procedurale degli Stati membri – Principi di equivalenza e di effettività»






I.      Introduzione

1.        Un’autorità nazionale competente può basarsi sulle disposizioni previste dall’articolo 19 della direttiva 2011/95/UE (2) per procedere alla revoca dello status conferito dalla protezione sussidiaria ad un apolide, e ciò in ragione di un’errata valutazione dei bisogni di protezione internazionale, di cui essa sola è responsabile?

2.        Tale è, in sostanza, l’oggetto della questione pregiudiziale posta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria).

3.        La suddetta questione è sollevata nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Mohammed Bilali, che si presenta come apolide, al Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale per il diritto degli stranieri e il diritto di asilo, Austria; in prosieguo: l’«Ufficio») in relazione alla decisione da quest’ultimo adottata di revocare d’ufficio lo status che era stato conferito al sig. Bilali a titolo di protezione sussidiaria in ragione della non corretta determinazione del suo paese di origine.

4.        Tale questione è inedita e la risposta che la Corte fornirà consentirà di porre fine all’incertezza esistente nelle pratiche nazionali, che l’ultimo rapporto pubblicato dall’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (3) mette particolarmente bene in luce (4).

5.        L’esame della questione posta richiederà, in un primo momento, di analizzare il significato e la portata delle disposizioni previste all’articolo 19 della direttiva 2011/95, il quale elenca in maniera tassativa i motivi per i quali gli Stati membri hanno la possibilità o l’obbligo di revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria. All’esito di tale esame, concluderò che l’articolo in parola osta alla revoca di tale status in una situazione quale quella in causa, in cui l’interessato ha beneficiato a torto di detta protezione, in ragione di un errore commesso dall’autorità nazionale competente.

6.        L’esame della questione posta imporrà, in un secondo momento, di chiarire l’oggetto e la natura della decisione che l’autorità nazionale competente deve adottare in tali circostanze.

7.        A questo proposito, spiegherò che, in una situazione come quella in causa, in cui la decisione di concedere lo status conferito dalla protezione sussidiaria è stata resa in violazione delle norme di diritto e, in particolare, dei criteri di ammissibilità richiesti, e in cui tale violazione ha avuto un’incidenza determinante sull’esito dell’esame della domanda di protezione internazionale, occorre procedere all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria. Tale soluzione presenta in effetti il doppio vantaggio di non richiedere un’interpretazione estensiva delle disposizioni assai rigorose della Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, come completata dal protocollo sullo stato dei rifugiati, del 31 gennaio 1967 (5), assicurando al contempo il massimo delle garanzie procedurali ed il pieno rispetto dell’equità da riconoscersi a un individuo che non ha alcuna responsabilità dell’errore commesso dall’amministrazione. Essa si impone altresì se si intende garantire l’integrità del sistema europeo comune di asilo, dovendo ogni riconoscimento errato essere corretto per far sì che la protezione internazionale sia accordata alle sole persone che ne hanno realmente bisogno.

8.        Poiché il diritto dell’Unione non prevede alcuna disposizione specifica quanto alle norme e alle modalità procedurali applicabili all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione di un errore commesso dall’amministrazione, illustrerò che tali norme rientrano, in virtù del principio di autonomia procedurale degli Stati membri, nell’ordinamento giuridico nazionale, con riserva, tuttavia, del rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 2011/95

9.        Le disposizioni del capo V della direttiva 2011/95, intitolato «Requisiti per la protezione sussidiaria», nonché quelle previste al capo VI della stessa, intitolata «Status di protezione sussidiaria», si articolano in modo da garantire che le sole persone che soddisfano le condizioni di merito specificamente richieste beneficino dello status conferito dalla protezione internazionale e dei diritti connessi allo stesso.

10.      Il capo V della direttiva 2011/95 contiene gli articoli da 15 a 17. Mentre l’articolo 15 della stessa definisce il «[d]anno grave», l’articolo 16 enuncia una clausola detta di «Cessazione», la quale così dispone:

«1.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di avere titolo a beneficiare della protezione sussidiaria quando le circostanze che hanno indotto alla concessione dello status di protezione sussidiaria sono venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più necessaria.

2.      Nell’applicare il paragrafo 1 gli Stati membri considerano se le mutate circostanze siano di natura così significativa e non temporanea che la persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria non sia più esposta a un rischio effettivo di danno grave.

(…)».

11.      L’articolo 17 della direttiva 2011/95 introduce, a sua volta, una clausola di «[e]sclusione». Tale articolo è formulato come segue:

«1.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dalla qualifica di persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria ove sussistano fondati motivi per ritenere che:

a)      abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini;

b)      abbia commesso un reato grave;

c)      si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni Unite;

d)      rappresenti un pericolo per la comunità o la sicurezza dello Stato in cui si trova.

2.      Il paragrafo 1 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei reati o atti in esso menzionati.

3.      Gli Stati membri possono escludere un cittadino di un paese terzo o un apolide dalla qualifica di persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria se questi, prima di essere ammesso nello Stato membro interessato, ha commesso uno o più reati non contemplati al paragrafo 1, che sarebbero punibili con la reclusione se fossero stati perpetrati nello Stato membro interessato e se ha lasciato il paese d’origine soltanto al fine di evitare le sanzioni risultanti da tali reati».

12.      Nell’ambito del capo VI della direttiva, l’articolo 18 determina le condizioni di «[r]iconoscimento dello status di protezione sussidiaria». Esso dispone quanto segue:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di un paese terzo o a un apolide aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria in conformità dei capi II e V».

13.      Al contrario, l’articolo 19 della direttiva 2011/95, la cui interpretazione è richiesta in questa sede, determina le condizioni in presenza delle quali gli Stati membri devono revocare o cessare tale status o ancora rifiutarne il rinnovo. Esso è formulato come segue:

«1.      Per quanto riguarda le domande di protezione internazionale presentate successivamente all’entrata in vigore della direttiva 2004/83/CE [(6)], gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuta a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi ha cessato di essere una persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria in conformità dell’articolo 16.

2.      Gli Stati membri hanno la facoltà di revocare, di cessare o di rifiutare di rinnovare lo status di protezione sussidiaria riconosciuto a un cittadino di un paese terzo o a un apolide da un organismo statale, amministrativo, giudiziario o quasi giudiziario se questi, dopo aver ottenuto lo status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso dall’avere titolo a beneficiare di tale status in conformità dell’articolo 17, paragrafo 3.

3.      Gli Stati membri revocano, cessano o rifiutano di rinnovare lo status di protezione sussidiaria di un cittadino di un paese terzo o di un apolide se:

a)      questi, successivamente al riconoscimento dello status di protezione sussidiaria, avrebbe dovuto essere escluso o è escluso dalla qualifica di persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 1 e 2;

b)      il fatto di aver presentato i fatti in modo erroneo o di averli omessi, compreso il ricorso a documenti falsi, ha costituito un fattore determinante per l’ottenimento dello status di protezione sussidiaria.

4.      Fatto salvo l’obbligo del cittadino di un paese terzo o dell’apolide ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di rivelare tutti i fatti pertinenti e di produrre tutta la pertinente documentazione in suo possesso, lo Stato membro che ha riconosciuto lo status di protezione sussidiaria dimostra, su base individuale, che l’interessato ha cessato di avere o non ha titolo a beneficiare della protezione sussidiaria ai sensi dei paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo».

2.      La direttiva 2013/32/UE

14.      Ai sensi del suo articolo 1, la direttiva 2013/32/UE (7) stabilisce le norme procedurali comuni applicabili al riconoscimento e alla revoca, a norma della direttiva 2011/95, della protezione internazionale.

15.      L’articolo 2, lettera o), di tale direttiva, così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

o)      “revoca della protezione internazionale”: la decisione di un’autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a una determinata persona, a norma della direttiva [2011/95]».

16.      Al capo IV, rubricato «Procedure di revoca della protezione internazionale», l’articolo 44 della direttiva 2013/32 è formulato come segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché un esame per la revoca della protezione internazionale di una data persona possa cominciare quando emergano elementi o risultanze nuovi dai quali risulti che vi sono motivi per riesaminare la validità della protezione internazionale di quella persona».

17.      L’articolo 45 della direttiva enuncia le garanzie di cui gode l’interessato se l’autorità competente prende in considerazione di revocare, a norma degli articoli 14 e 19 della direttiva 2011/95, la protezione internazionale che gli è stata accordata.

B.      Diritto austriaco

18.      L’articolo 8 del Bundesgesetz über die Gewährung von Asyl (legge federale sulla concessione di asilo (8)) del 16 agosto 2005, così prevede:

«1)      Lo status di beneficiario di protezione sussidiaria deve essere concesso a uno straniero

1.      che abbia presentato una domanda di protezione internazionale in Austria, qualora essa venga rigettata con riferimento alla concessione dello status di avente diritto di asilo (…)

(…)

6)      Qualora il paese di origine del richiedente asilo non possa essere determinato, la domanda di protezione internazionale relativa allo status di beneficiario della protezione sussidiaria deve essere respinta. In tal caso deve essere emanata una decisione di rimpatrio, ove questa non sia inammissibile ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 1 e 2, [del Bundesgesetz, mit dem die allgemeinen Bestimmungen über das Verfahren vor dem Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl zur Gewährung von internationalem Schutz, Erteilung von Aufenthaltstiteln aus berücksichtigungswürdigen Gründen, Abschiebung, Duldung und zur Erlassung von aufenthaltsbeendenden Maßnahmen sowie zur Ausstellung von österreichischen Dokumenten für Fremde geregelt werden (legge procedurale relativa all’[Ufficio]) (9), del 16 agosto 2012].

(…)».

19.      L’articolo 9 dell’AsylG 2005 dispone quanto segue:

«1)      A uno straniero può essere revocato d’ufficio, con provvedimento, lo status di beneficiario della protezione sussidiaria, qualora

1.      non sussistano o siano venuti meno i requisiti per la concessione dello status di beneficiario di protezione sussidiaria (articolo 8, paragrafo 1);

(…)

2.      Qualora lo status di beneficiario di protezione sussidiaria non debba essere revocato già in base ai motivi di cui al paragrafo 1, la revoca deve avvenire anche nel caso in cui

1)      sussista uno dei motivi indicati nell’articolo 1, sezione F, della [Convenzione di Ginevra];

2)      lo straniero rappresenti un pericolo per la collettività o per la sicurezza della Repubblica d’Austria o

3.      lo straniero sia stato condannato con sentenza passata in giudicato da un tribunale nazionale per un delitto (…).

(…)».

III. I fatti del procedimento principale e la questione pregiudiziale

20.      Il sig. Bilali, che si dichiara apolide, ha presentato una domanda di protezione internazionale presso l’Ufficio il 27 ottobre 2009.

21.      Ritenendo che il paese di origine di quest’ultimo fosse l’Algeria, l’Ufficio ha rigettato la domanda con provvedimento del 15 marzo 2010, ordinando inoltre l’allontanamento dell’interessato verso il suddetto paese. Con sentenza dell’8 aprile 2010, l’Asylgerichtshof (Corte in materia di asilo, Austria) ha annullato la decisione che rigettava la domanda di protezione internazionale e ha rinviato la causa all’Ufficio ai fini di un nuovo esame.

22.      Con decisione del 27 ottobre 2010, l’Ufficio ha rigettato la domanda dell’interessato diretta alla concessione dello status di rifugiato, ma ha tuttavia accordato a quest’ultimo il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria. Da tale decisione risulta che non l’identità dell’interessato non era stata accertata e che egli era «probabilmente cittadino algerino».

23.      L’interessato ha proposto ricorso contro la decisione che respingeva la sua domanda di riconoscimento dello status di rifugiato. La decisione che gli concedeva lo status conferito dalla protezione sussidiaria è nel frattempo divenuta definitiva.

24.      Con sentenza del 16 luglio 2012, l’Asylgerichtshof (Corte in materia di asilo) ha nuovamente annullato la decisione che rigettava la sua domanda di concessione dello status di rifugiato, poiché, in particolare, erano state formulate solo supposizioni con riferimento al paese di origine dell’interessato. Tale giudice ha nuovamente rinviato la causa all’Ufficio ai fini di un nuovo esame.

25.      Nell’ambito di tale nuovo esame e a seguito delle risposte formulate dalla Staatendokumentation (servizio d’informazione sui paesi d’origine, Austria), l’Ufficio ha concluso che l’interessato aveva la possibilità di avvalersi non della nazionalità algerina, ma, in ragione dei suoi legami di filiazione, delle nazionalità marocchina e mauritana.

26.      Di conseguenza, con decisione del 24 ottobre 2012 (10), l’Ufficio ha respinto la domanda dell’interessato diretta al riconoscimento dello status di rifugiato. Inoltre, dopo aver constatato che «i requisiti per la concessione della protezione sussidiaria non sono mai sussistiti» e che si erano basate sulla «erronea considerazione» secondo cui il paese di origine dell’interessato era l’Algeria, l’Ufficio ha revocato d’ufficio lo status conferito dalla protezione sussidiaria che gli era stato accordato il 27 ottobre 2010 e ha revocato all’interessato il permesso di soggiorno a tempo determinato che gli era stato rilasciato in ragione del suddetto status. Infine, l’Ufficio ha rigettato la domanda formulata dall’interessato in relazione alla concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria relativamente al Marocco come paese di origine e ne ha ordinato l’allontanamento verso tale paese.

27.      L’interessato ha proposto ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria), il quale si è limitato all’annullamento della decisione che ne ordinava l’allontanamento.

28.      È in tale contesto che l’interessato ha proposto un ricorso straordinario di cassazione («Revision») dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria).

29.      Quest’ultimo solleva dubbi in relazione all’interpretazione dell’articolo 19 della direttiva 2011/95, che prevede le ipotesi in cui lo status conferito dalla protezione sussidiaria può essere revocato.

30.      Il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso dunque di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni del diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva [2011/95] ostino a una disposizione nazionale di uno Stato membro (…) in base alla quale possa essere decisa la revoca dello status di un beneficiario di protezione sussidiaria senza che le circostanze di fatto rilevanti per la concessione dello status siano cambiate, ma vi sia stato soltanto un mutamento del livello di conoscenza dell’autorità quanto a dette circostanze e, a tale riguardo, né un’erronea presentazione di fatti, né un’omissione di fatti da parte del cittadino di un paese terzo o dell’apolide abbiano costituito un fattore determinante per l’ottenimento del [suddetto] status».

31.      Il ricorrente, i governi austriaco, ungherese, dei Paesi Bassi, polacco e del Regno Unito, nonché la Commissione europea, hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte.

IV.    Osservazioni preliminari

32.      Prima di procedere all’esame della questione che il giudice del rinvio sottopone alla Corte, è essenziale chiarire i termini della stessa e, in particolare, precisare le norme giuridiche applicabili e il motivo alla base della questione controversa. Tale motivo ha effettivamente conseguenze quanto alla natura della suddetta decisione e all’applicabilità della direttiva 2011/95.

33.      In primo luogo, con riferimento alle norme giuridiche la cui interpretazione è qui richiesta, il giudice del rinvio interroga la Corte sui termini in cui uno Stato membro può revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria ai sensi delle «disposizioni del diritto dell’Unione», e, in particolare, dell’articolo 19, paragrafo 3, della direttiva 2011/95. Tenuto conto della formulazione della decisione di rinvio, ritengo che il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) si riferisca più specificamente alle disposizioni previste all’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, il quale prevede la revoca dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione del comportamento fraudolento dell’interessato. A tal proposito, il giudice del rinvio ritiene che l’ipotesi contemplata dalla suddetta disposizione non ricomprenda, a priori, il caso in cui la revoca dello status conferito dalla protezione sussidiaria sia pronunciata in ragione dell’ottenimento di nuovi risultati d’indagine, ma in mancanza di frodi commesse dell’interessato.

34.      Inoltre, dalla lettura della decisione di rinvio, si constata che il giudice del rinvio intende altresì, e soprattutto, ottenere un’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, che prevede la revoca del suddetto status in ragione dell’attuazione della clausola di cessazione prevista all’articolo 16 della direttiva. In effetti, lo stesso giudice si chiede se l’ipotesi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, di detta direttiva non possa ricomprendere il caso in cui l’interessato cessi di essere soggetto che può beneficiare della protezione sussidiaria in ragione di un «mutamento del livello di conoscenza dell’autorità su circostanze di fatto».

35.      In secondo luogo, quanto al motivo alla base della decisione controversa, se dai termini della questione sottoposta emerge che lo status conferito all’interessato è stato revocato in ragione di un mutamento concernente «il livello di conoscenza» dell’Ufficio, in realtà dalla decisione di rinvio, nonché dai documenti presenti nel fascicolo nazionale di cui dispone la Corte, emerge molto chiaramente che tale mutamento non discende da elementi o da fatti nuovi, bensì da misure di indagine più approfondite alle quali l’Ufficio ha proceduto per sopperire alle insufficienze del suo primo esame e per correggere l’«errore» e l’«erronea supposizione» che aveva formulato circa il paese di origine dell’interessato (11).

36.      Dalla decisione di rinvio emerge che l’Ufficio non è giunto a stabilire, in maniera corretta, la nazionalità dell’interessato, a causa delle indagini insufficienti o inappropriate alle quali aveva fatto ricorso, quindi la conoscenza dei fatti è successiva all’adozione della decisione. Come rilevato dal giudice del rinvio, «non [sono] mai sussistiti i requisiti per la concessione di una protezione sussidiaria» (12). È quindi pacifico nella presente causa che, fin dall’inizio del procedimento, l’Ufficio non avrebbe potuto accordare all’interessato il beneficio di tale status, poiché, tenendo conto del suo paese di origine, non avrebbe potuto essere ammesso alla suddetta protezione internazionale.

37.      Di conseguenza, alla luce di tali elementi, ritengo che la questione che il giudice del rinvio sottopone alla Corte miri, in sostanza, a determinare se il diritto dell’Unione e, in particolare, l’articolo 19, paragrafo 1 e paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2011/95, debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro può revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria se l’autorità nazionale competente ha commesso un errore, imputabile unicamente alla stessa, sulle circostanze che avevano giustificato la concessione di tale protezione.

V.      Analisi

38.      La risposta alla questione sollevata va suddivisa, a mio parere, in due passaggi. In primo luogo, conviene esporre le ragioni per cui l’articolo 19 della direttiva 2011/95, tenuto conto del suo significato e della sua portata, osta alla revoca dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione di un errore di valutazione commesso dall’autorità nazionale competente sulle circostanze che avevano giustificato la concessione della suddetta protezione. In secondo luogo, si deve esaminare la natura della decisione da adottare in una situazione quale quella in causa, nonché il regime giuridico ad essa applicabile.

A.      La portata del procedimento di revoca previsto dall’articolo 19 della direttiva 2011/95

39.      Il sistema europeo comune di asilo si basa su un insieme completo di norme armonizzate a livello dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 78, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tale sistema è fondato sull’applicazione, in ogni sua componente, della Convenzione di Ginevra, la quale costituisce la «pietra angolare» della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati (13).

40.      Pertanto, la finalità della direttiva 2011/95 è quella di orientare le competenti autorità nazionali nell’applicazione di tale Convenzione, basandosi su nozioni e criteri comuni per il riconoscimento e la revoca della protezione internazionale (14).

41.      Secondo giurisprudenza costante, le disposizioni della direttiva 2011/95 devono dunque essere interpretate non soltanto alla luce dell’economia generale e della finalità della direttiva stessa, ma anche nel rispetto della Convenzione di Ginevra (15), rappresentando in tal senso le consultazioni con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (16) una fonte di preziose indicazioni (17).

42.      Le norme sulla revoca della protezione internazionale previste nel quadro del sistema europeo comune di asilo si basano principalmente sui principi enunciati nella Convenzione di Ginevra in relazione alla cessazione e all’esclusione dal beneficio della protezione internazionale. Poiché la Convenzione di Ginevra non introduce i meccanismi procedurali che permettono di revocare la suddetta protezione, tali norme si basano, in secondo luogo, su procedure la cui natura è precisata agli articoli 14 e 19 della direttiva 2011/95 e le cui modalità rientrano in quelle previste dagli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32.

1.      I motivi alla base della revoca della protezione internazionale

43.      L’articolo 19 della direttiva 2011/95 stabilisce i meccanismi procedurali che permettono di assicurare, nel rispetto della Convenzione di Ginevra, la revoca (18) dello status conferito dalla protezione sussidiaria. Tale articolo elenca in maniera tassativa i motivi per il quali gli Stati membri hanno la possibilità o l’obbligo di revocare, cessare o non rinnovare il suddetto status.

44.      I suddetti motivi discendono, da un lato, dalle clausole di cessazione enunciate all’articolo 1, sezione C, della Convenzione di Ginevra e, dall’altro, dalle clausole previste dall’articolo 1, sezioni da D a F, della suddetta Convenzione.

45.      In base alle linee guida dell’UNHCR, tali clausole sono elencate in maniera tassativa e sono di interpretazione restrittiva, poiché la cessazione e l’esclusione della qualità di beneficiario della protezione internazionale pongono fine a tale protezione e ai diritti ad essa associati. Pertanto, ad esclusione di quelle espressamente previste all’articolo 1, sezioni da C a F, della Convenzione di Ginevra, non può essere invocata nessuna disposizione per giustificare il fatto che la protezione internazionale non sia più necessaria (19).

46.      Il legislatore dell’Unione ha trasposto le suddette previsioni agli articoli 11 e 12 della direttiva 2011/95, i quali prevedono rispettivamente i motivi di cessazione e di esclusione della qualità di rifugiato.

47.      Dal momento che il diritto dell’Unione contempla una forma sussidiaria di protezione internazionale, il legislatore dell’Unione ha altresì previsto, agli articoli 16 e 17 della direttiva 2011/95, alcuni motivi di cessazione e di esclusione della qualità conferita dalla protezione sussidiaria, parametrati sui motivi contemplati all’articolo 11, paragrafo 1, lettere e) e f), e paragrafo 2, nonché all’articolo 12, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva.

48.      Poiché il legislatore dell’Unione tende ad assicurare coerenza ed uniformità tra le due forme di protezione internazionale (20), l’interpretazione dei motivi sui quali si basa la revoca della protezione sussidiaria deve essere effettuata anche alla luce della Convenzione di Ginevra. Di conseguenza, i motivi per i quali uno Stato membro può o deve revocare lo status conferito da tale protezione devono ricevere un’interpretazione restrittiva, conforme a tale Convenzione.

49.      Orbene, come mi accingo a dimostrare, nessuno dei motivi individuati dal legislatore dell’Unione all’articolo 19 della direttiva 2011/95 consente a uno Stato membro di revocare lo status conferito dalla protezione internazionale per una ragione diversa da quelle espressamente e tassativamente previste dal legislatore nella suddetta disposizione e, in particolare, nel caso di un errore di cui l’unica responsabile sia l’amministrazione di tale Stato membro.

50.      In primo luogo, in applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2011/95, lo status conferito dalla protezione sussidiaria può essere revocato se l’interessato ha cessato di essere una persona avente titolo a beneficiare di tale protezione in conformità dell’articolo 16 della suddetta direttiva.

51.      Ricordo che l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva, dispone quanto segue:

«Un cittadino di un paese terzo o un apolide cessa di avere titolo a beneficiare della protezione sussidiaria quando le circostanze che hanno indotto alla concessione dello status di protezione sussidiaria sono venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più necessaria».

52.      Tale disposizione integra all’interno del diritto dell’Unione la quinta e la sesta clausola di cessazione previste all’articolo 1, sezione C, della Convenzione di Ginevra.

53.      Inoltre, l’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2011/95, precisa che «[n]ell’applicare il paragrafo 1 gli Stati membri considerano se le mutate circostanze siano di natura così significativa e non temporanea che la persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria non sia più esposta a un rischio effettivo di danno grave».

54.      Nella presente causa, il giudice del rinvio adotta un’interpretazione estensiva della nozione di «circostanze», poiché ritiene che l’ipotesi prevista dall’articolo 19, paragrafo 1, di tale direttiva possa ricomprendere il caso in cui l’interessato cessi di essere una persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria in ragione di un «mutamento del livello di conoscenza dell’autorità su circostanze di fatto».

55.      Tale interpretazione deve essere subito respinta, in quanto essa contrasta con l’interpretazione assai restrittiva delle clausole di cessazione enunciate all’articolo 1, sezione C, della Convenzione di Ginevra.

56.      Come espressamente rilevato dall’UNHCR nelle proprie linee guida (21), «[l]e clausole di cessazione enunciano delle condizioni negative enumerate estensivamente. Esse sono perciò da interpretare in modo restrittivo e nessun’altra ragione potrebbe essere invocata in via analogica per giustificare la revoca dello status di rifugiato» (22). L’UNHCR aggiunge quindi che, nel caso in cui emergesse successivamente che un individuo non avrebbe mai dovuto essere riconosciuto come rifugiato, se risulta altresì che lo status di rifugiato è stato concesso sulla base di una errata interpretazione dei fatti, o che l’interessato possedeva un’altra nazionalità, occorrerà pronunciare non la cessazione dello status di rifugiato, ma il suo annullamento (23).

57.      L’interpretazione proposta dal giudice del rinvio ignora il senso estremamente preciso della nozione di «circostanze», utilizzata nell’ambito della clausola di cessazione, nonché l’economia e la finalità del testo nel quale tale nozione si inserisce.

58.      Le suddette «circostanze» sono quelle che, a norma dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 2011/95, hanno portato l’autorità nazionale competente a riconoscere la qualità attribuita dalla protezione sussidiaria (24). Si tratta di circostanze oggettive esistenti nel paese d’origine dell’interessato, sulla base delle quali è valutata l’esistenza di un rischio reale di danni gravi in caso di ritorno in tale paese.

59.      Tali circostanze sono, di conseguenza, determinanti ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, poiché esse dimostrano l’incapacità del paese di origine del richiedente di garantire protezione contro tali danni e giustificano i timori di quest’ultimo (25). In modo simmetrico, l’evolversi di tali circostanze è decisivo per la cessazione della suddetta protezione (26).

60.      Alla stregua dell’articolo 1, sezione C, paragrafi 5 e 6, della Convenzione di Ginevra e per preservare l’integrità del regime di protezione internazionale, l’articolo 16 della direttiva 2011/95 prevede dunque la cessazione della protezione sussidiaria se le circostanze che hanno indotto alla concessione di tale protezione «sono venute meno» o sono «mutate» in una misura tale da aver posto rimedio alle cause che ne avevano determinato il riconoscimento. Il legislatore dell’Unione esige pertanto che il mutamento sia «di natura (…) significativa e non temporanea», in maniera tale da evitare che gli status che sono stati accordati siano costantemente rimessi in discussione in ragione di mutamenti passeggeri della situazione esistente nel paese d’origine dei beneficiari, così da garantire stabilità alla loro situazione.

61.      In considerazione di tali elementi, è evidente che la cessazione della qualità di beneficiario della protezione sussidiaria può riguardare esclusivamente coloro a cui lo status sia stato legittimamente conferito a causa delle circostanze esistenti nel loro paese di origine, ma che, per ragioni oggettive riguardanti l’evoluzione di queste ultime, da quel momento non hanno più bisogno di protezione internazionale. La cessazione della protezione sussidiaria non ha quindi la funzione di correggere gli errori dell’amministrazione e non potrebbe evidentemente dipendere da un criterio così soggettivo e mutevole quale il livello di conoscenza dell’autorità nazionale competente su tali circostanze.

62.      Tenuto conto di tali considerazioni, sono dell’opinione che il motivo di revoca enunciato all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2011/95 non consenta all’autorità nazionale competente di revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria in una situazione quale quella oggetto del procedimento principale, in cui detta autorità ha commesso un errore, di cui essa è l’unica responsabile, sulla determinazione del paese di origine dell’interessato.

63.      In secondo luogo, in applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2011/95, lo status conferito dalla protezione sussidiaria può essere revocato se l’interessato, pur soddisfacendo le condizioni richieste per essere riconosciuto come persona che può beneficiare della protezione, ne sia tuttavia escluso in ragione della minaccia che egli rappresenta per la società o la sicurezza dello Stato membro, o in ragione degli atti particolarmente gravi che egli avrebbe commesso o ai quali avrebbe partecipato, previsti dall’articolo 17 di tale direttiva (clausola d’esclusione).

64.      Tale disposizione integra nel diritto dell’Unione l’articolo 1, sezione F, della Convenzione di Ginevra.

65.      È evidente che, in assenza di un comportamento criminale dell’interessato o di una qualsiasi minaccia che costui potrebbe rappresentare per l’Austria, l’esame di tale disposizione non è pertinente.

66.      In terzo e ultimo luogo, lo status conferito dalla protezione sussidiaria può essere revocato in ragione del comportamento fraudolento del beneficiario.

67.      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2011/95, alla quale il giudice del rinvio fa espresso riferimento, gli Stati membri sono in effetti tenuti a revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria se, a causa della presentazione dei fatti in modo erroneo o della loro omissione di cui si sia reso colpevole l’interessato, l’autorità nazionale competente abbia concesso tale status erroneamente.

68.      Poiché nella presente causa non ricorre il motivo sul quale si basa la revoca prevista da tale disposizione, non avendo il sig. Bilali né presentato in modo erroneo, né omesso i fatti che lo riguardano, è evidente che il dettato della suddetta disposizione non consente di procedere alla revoca del suo status.

69.      È quindi giocoforza constatare che, alla stregua dei motivi enunciati all’articolo 1, sezioni da D a F, della Convenzione di Ginevra, nessuno dei motivi di revoca espressamente e tassativamente previsti all’articolo 19 della direttiva 2011/95 consente all’autorità nazionale competente di revocare lo status conferito all’interessato dalla protezione sussidiaria a causa di un errore, imputabile unicamente alla stessa, quanto alla determinazione del suo paese di origine.

2.      I meccanismi procedurali previsti per la revoca della protezione internazionale

70.      L’articolo 19 della direttiva 2011/95, come evidenziato, introduce i meccanismi procedurali che consentono di revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria nel rispetto delle norme della Convenzione di Ginevra. Tale articolo elenca in maniera tassativa i motivi per i quali gli Stati membri hanno la possibilità o l’obbligo di revocare, cessare o non rinnovare il suddetto status, mentre le norme procedurali applicabili sono riportate agli articoli 44 e 45 della direttiva 2013/32.

71.      Dal dettato dell’articolo 19 della direttiva 2011/95, nonché dalla natura delle decisioni a cui fa riferimento il legislatore dell’Unione, emerge molto nettamente che tali decisioni riguardano il trattamento di coloro a cui lo status è stato legittimamente conferito, ma che, in ragione di un mutamento nel loro paese di origine (clausola di cessazione) o del proprio comportamento personale (clausola d’esclusione), da quel momento non possono più pretendere di beneficiare di tale protezione. Le decisioni alle quali il legislatore dell’Unione si riferisce all’articolo 19 della direttiva 2011/95 non hanno dunque la finalità di regolare la situazione di coloro che non avrebbero dovuto beneficiare della protezione internazionale in ragione, ad esempio, di una valutazione errata del loro bisogno di protezione internazionale. A priori, una situazione quale quella in oggetto non potrebbe dunque rientrare nelle disposizioni previste all’articolo 19 della direttiva.

72.      Nemmeno le disposizioni procedurali relative alla «revoca della protezione internazionale», previste al capo IV della direttiva 2013/32, consentono di giungere a una diversa conclusione.

73.      Rammento che, in forza dell’articolo 44 di tale direttiva, gli Stati membri «provvedono affinché un esame per la revoca della protezione internazionale di una data persona possa cominciare quando emergano elementi o risultanze nuovi dai quali risulti che vi sono motivi per riesaminare la validità della protezione internazionale di quella persona».

74.      Se è vero che il legislatore dell’Unione impiega qui una nozione giuridica (la nozione di «revoca») distinta da quelle previste agli articoli 14 e 19 della direttiva 2011/95 e che prevede, in maniera particolarmente ampia, l’emergere di «elementi o [di] risultanze nuovi», è giocoforza constatare che la nozione di «revoca della protezione internazionale» è definita all’articolo 2, lettera o), della direttiva 2013/32, come riferita alla «decisione di un’autorità competente di revocare, far cessare o rifiutare di rinnovare lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria a una determinata persona, a norma della direttiva [2011/95]».

75.      Ciò è espressamente confermato dal rinvio operato dall’articolo 45, paragrafo 1, e dall’articolo 46, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2013/32.

76.      Tenuto conto di tali elementi, posso concludere che le sole ipotesi in cui il legislatore dell’Unione ha inteso permettere agli Stati membri di revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria sono quelle contemplate all’articolo 19 della direttiva 2011/95.

77.      Tale disposizione osta dunque a una normativa nazionale quale quella di cui al procedimento principale che consente all’autorità nazionale competente di revocare il suddetto status per un motivo diverso da quelli espressamente e tassativamente individuati dal legislatore dell’Unione in tale disposizione.

78.      Sulla scorta del complesso di tali considerazioni, propongo dunque alla Corte di statuire che l’articolo 19 della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, in forza della quale uno Stato membro può revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria se l’autorità nazionale competente ha commesso un errore, unicamente imputabile ad essa stessa, sulle circostanze che avevano giustificato la concessione di tale protezione.

B.      Norme giuridiche applicabili

79.      Per fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi utili per consentirgli di definire la controversia in relazione a cui è adito, ritengo che l’esame della questione sottoposta necessiti di chiarire l’oggetto e la natura della decisione che l’autorità nazionale competente deve adottare allorché, in ragione di un errore di valutazione imputabile unicamente ad essa, l’interessato ha erroneamente beneficiato dello status conferito dalla protezione sussidiaria. In effetti, il regime giuridico applicabile alla suddetta decisione dipende dalla qualificazione giuridica della stessa.

80.      Nella presente causa, l’Ufficio ha revocato il suddetto status d’ufficio, in applicazione dell’articolo 9, paragrafo 1, punto 1, dell’AsylG 2005.

81.      Orbene, è pacifico che l’Ufficio, fin dall’inizio del procedimento, non avrebbe dovuto accordare all’interessato il beneficio dello status conferito dalla protezione sussidiaria. Emerge, così, dalla decisione di rinvio che l’Ufficio non è giunto a stabilire in maniera corretta il paese di origine dell’interessato, poiché non ha svolto indagini adeguate ed ha formulato una «erronea considerazione», cosicché «non [sono] mai sussistiti i requisiti per la concessione di una protezione sussidiaria» (27).

82.      In circostanze quali quelle in oggetto, in cui la decisione di riconoscere lo status conferito dalla protezione sussidiaria è stata resa in violazione di norme giuridiche e, in particolare, dei criteri di ammissibilità enunciati ai capi II e V della direttiva 2011/95, e in cui tale violazione ha avuto un’incidenza determinante sull’esito dell’esame della domanda di protezione internazionale, occorre, a mio parere, procedere all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

83.      Tale soluzione presenta il vantaggio di non richiedere un’interpretazione estensiva delle disposizioni molto rigorose della Convenzione di Ginevra e, pertanto, di non dover forzare il dettato e la finalità dell’articolo 19 della direttiva 2011/95, assicurando al contempo il massimo delle garanzie procedurali ed il pieno rispetto dell’equità da riconoscersi a un individuo che non ha alcuna responsabilità per l’errore commesso dall’amministrazione.

84.      La suddetta soluzione si impone altresì per garantire l’integrità del sistema europeo comune di asilo, dovendo ogni riconoscimento errato essere corretto per far sì che la protezione internazionale sia accordata alle sole persone che ne hanno realmente bisogno. A tal proposito, in una situazione in cui lo status viene concesso erroneamente, in ragione di un errore di diritto o di fatto commesso dall’organismo che ha istruito il procedimento, l’UNHCR raccomanda di annullare o di invalidare l’atto che riconosce tale status nel quadro di una procedura rispettosa dei principi generali di diritto. Sebbene l’annullamento o l’invalidazione non siano espressamente previsti dalla Convenzione di Ginevra, l’UNHCR ritiene tuttavia che essi siano pienamente conformi all’oggetto e allo scopo di tale Convenzione e che si rendano necessari per preservare l’integrità della definizione di rifugiato (28).

85.      Tale procedura di annullamento si rende necessaria tanto più nella presente controversia, in cui le considerazioni sulle quali si è basata l’autorità nazionale competente hanno influenzato il procedimento complessivo di esame della domanda di protezione internazionale, vale a dire non soltanto la legittimità della decisione di diniego dello status di rifugiato, ma anche quella della decisione di concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria. È opportuno infatti rammentare che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 istituisce un procedimento unico, nell’ambito del quale l’autorità nazionale competente esamina la domanda alla luce delle due forme di protezione internazionale, innanzitutto sotto il profilo delle condizioni stabilite per ottenere lo status di rifugiato, poi sotto il profilo di quelle previste per la concessione della protezione sussidiaria, costituendo inoltre la determinazione del paese di origine del richiedente un criterio di riferimento comune alle due forme di protezione internazionale (29).

86.      Nell’ambito del ricorso in relazione a cui è stato adito, l’Asylgerichtshof (Corte in materia di asilo) ha pronunciato inoltre l’annullamento della decisione con la quale l’Ufficio aveva rifiutato di accordare il beneficio dello status di rifugiato all’interessato anche in ragione delle considerazioni sulla base delle quali aveva condotto il proprio esame.

87.      In tali circostanze, in cui il procedimento complessivo di esame della domanda di protezione internazionale era viziato e in cui, in definitiva, il beneficiario non era ammissibile alla protezione sussidiaria, sarebbe stato, a mio parere, più corretto pronunciare l’annullamento della decisione di concessione del suddetto status.

88.      Il diritto dell’Unione non prevede alcuna disposizione specifica quanto alle norme e alle modalità procedurali applicabili all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione di un errore commesso dall’amministrazione.

89.      Di conseguenza, in assenza di disposizioni espresse di diritto dell’Unione, tali norme rientrano, in virtù del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, nell’ordinamento giuridico nazionale e, in particolare, nelle norme del diritto amministrativo di quest’ultimo. Una causa quale quella in oggetto rientra, dunque, in una classica controversia avente ad oggetto l’annullamento di un atto costitutivo di diritti in ragione di un errore dell’amministrazione.

90.      Tuttavia, tale atto è particolare, poiché esso, ai sensi del diritto dell’Unione, conferisce una protezione internazionale alla quale sono associati in particolare diritti di soggiorno e di ricongiungimento familiare rientranti altresì nel diritto dell’Unione.

91.      Il suddetto rinvio all’autonomia procedurale degli Stati membri deve dunque essere temperato dall’obbligo di rispettare, da un lato, i diritti fondamentali e, dall’altro, i principi di equivalenza e di effettività (30).

92.      Per quanto riguarda il principio di equivalenza, esso comporta che le persone che fanno valere i diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione non siano penalizzate rispetto a quelle che fanno valere dei diritti di natura puramente interna.

93.      In una situazione quale quella in oggetto, il rispetto di tale principio richiede dunque che le norme e le modalità procedurali applicabili all’annullamento dell’atto di riconoscimento dello status conferito dalla protezione sussidiaria non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano l’annullamento di un atto di riconoscimento di uno status comparabile in forza del diritto nazionale.

94.      Spetta al giudice nazionale valutare la comparabilità tra gli status, tenendo conto, segnatamente, del loro oggetto nonché dei diritti e dei vantaggi associati agli stessi, in particolare dei vantaggi economici e sociali quali il rilascio di titoli di soggiorno, l’accesso alla protezione sociale, alle cure mediche e al mercato del lavoro. Dal momento che la direttiva 2011/95 procede ad un’armonizzazione esaustiva nell’ambito della protezione internazionale, sarà necessario fare riferimento agli status conferiti dagli Stati membri su base discrezionale, per motivi caritatevoli o umanitari (31).

95.      Inoltre, quanto alle norme e alle modalità procedurali applicabili, è noto che la maggior parte degli Stati membri impongono condizioni restrittive per l’annullamento di un atto costitutivo di diritti sulla base di un errore di cui è unicamente responsabile l’autorità amministrativa. Se il richiedente ha presentato la propria domanda in buona fede e ha collaborato nell’ambito del procedimento di esame, tanto da poter avere fiducia nella correttezza e validità della decisione, normalmente i principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento prevalgono sull’interesse che può avere uno Stato a correggere gli errori commessi dai propri organi decisionali.

96.      In tali circostanze, spetta al giudice nazionale assicurarsi, in particolare, che l’annullamento dello status conferito dalla protezione internazionale intervenga nel rigoroso rispetto delle garanzie di equità del procedimento e del principio di proporzionalità. Per evitare che l’annullamento comporti conseguenze sproporzionate e di natura gravemente pregiudizievole per l’interessato, è opportuno, a mio parere, tenere conto di tutte le circostanze pertinenti e segnatamente dei diritti, nonché dei vantaggi, di cui questi abbia beneficiato a seguito della concessione del suo status, e, in particolare, del ricongiungimento familiare di cui abbia potuto godere, della durata del suo soggiorno e del suo grado di integrazione economica e sociale in seno allo Stato membro, nonché delle difficoltà alle quali rischierebbe di essere esposto in caso di annullamento dello status di cui ha beneficiato.

97.      Per quanto riguarda ora il principio di effettività, il suo rispetto impone che le norme e le modalità procedurali applicabili all’annullamento dell’atto di concessione dello status conferito dalla protezione sussidiaria non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (32).

98.      Il principio di effettività è intimamente legato al diritto alla tutela giurisdizionale effettiva e presuppone che, se un diritto è riconosciuto ai privati ai sensi del diritto dell’Unione, gli Stati membri abbiano la responsabilità di assicurarne l’effettiva protezione, circostanza che implica in linea di principio l’esistenza di un ricorso giurisdizionale.

99.      Se spetta al giudice del rinvio verificare il rispetto del suddetto principio, rilevo che, nell’ambito del procedimento principale, l’interessato ha potuto promuovere un ricorso dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), poi un ricorso straordinario di cassazione («Revision») al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) con riferimento al procedimento di revoca dello status che gli era stato conferito dalla protezione sussidiaria in relazione all’Algeria come paese d’origine.

100. Sulla scorta del complesso di tali considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che, in circostanze quali quelle oggetto del procedimento principale, in cui la decisione di riconoscere lo status conferito dalla protezione sussidiaria è stata resa in violazione di norme giuridiche e, in particolare, dei criteri di ammissibilità enunciati ai capi II e V della direttiva 2011/95, e in cui tale violazione ha avuto un’incidenza determinante sull’esito dell’esame della domanda di protezione internazionale, lo Stato membro è tenuto a procedere all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

101. Inoltre, in mancanza di disposizioni specifiche nel diritto dell’Unione, è opportuno precisare che le norme e le modalità procedurali applicabili all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione di un errore commesso dall’amministrazione rientrano, in forza del principio dell’autonomia procedurale degli Stati membri, nell’ordinamento giuridico nazionale, fatto salvo tuttavia il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.

VI.    Conclusione

102. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria):

1)      L’articolo 19 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, osta a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale uno Stato membro può revocare lo status conferito dalla protezione sussidiaria se l’autorità nazionale competente ha commesso un errore, unicamente imputabile ad essa stessa, sulle circostanze che avevano giustificato la concessione di tale protezione.

2)      In circostanze quali quelle oggetto del procedimento, in cui la decisione di riconoscere lo status conferito dalla protezione sussidiaria è stata resa in violazione di norme giuridiche e, in particolare, dei criteri di ammissibilità enunciati ai capi II e V della direttiva 2011/95, e in cui tale violazione ha avuto un’incidenza determinante sull’esito dell’esame della domanda di protezione internazionale, lo Stato membro è tenuto a procedere all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria.

In mancanza di disposizioni specifiche nel diritto dell’Unione, le norme e le modalità procedurali applicabili all’annullamento dello status conferito dalla protezione sussidiaria in ragione di un errore commesso dall’amministrazione rientrano, in forza del principio di autonomia procedurale degli Stati membri, nell’ordinamento giuridico nazionale, fatto salvo tuttavia il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).


3      V. regolamento (UE) n. 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, che istituisce l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (GU 2010, L 132, pag. 11).


4      V. analisi giuridica del 2018 intitolata «Cessazione della protezione internazionale: articoli 11, 14, 16 e 19 della direttiva qualifiche (2011/95/UE)» (in particolare, capitolo 4.1.3, pag. 35).


5      In prosieguo: la «Convenzione di Ginevra».


6      Direttiva del Consiglio del 29 aprile 2004 recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12).


7      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).


8      BGBl. I, 100/2005; in prosieguo: l’«AsylG 2005».


9      BGBl. I, 87/2012.


10      In prosieguo: la «decisione controversa».


11      V., in particolare, punti 7, 20 e 22 della decisione di rinvio.


12      Il corsivo è mio.


13      V. considerando 3 e 4 della direttiva 2011/95.


14      V. considerando 23 e 24 della direttiva 2011/95.


15      V., per analogia, sentenza del 31 gennaio 2017, Lounani (C–573/14, EU:C:2017:71, punti 41 e 42 e giurisprudenza citata).


16      In prosieguo: l’«UNHCR».


17      V. considerando 22 della direttiva 2011/95.


18      Impiego la nozione di «revoca della protezione internazionale» in maniera tale da allinearmi alla definizione adottata dal legislatore dell’Unione all’articolo 2, lettera o), della direttiva 2013/32, facendo tale nozione riferimento alle differenti procedure previste dall’articolo 19 della direttiva 2011/95, ossia la «revoca», la «cessazione» o il «rifiuto di rinnov[o]» dello status conferito dalla protezione sussidiaria.


19      Manuale dell’UNHCR sulle procedure e sui criteri per la determinazione dello status di rifugiato ai sensi della Convenzione del 1951 e del Protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati (punti 116 e 117). V. altresì, con riferimento all’interpretazione della clausola di cessazione, Linee guida dell’UNHCR in materia di protezione internazionale: cessazione dello status di rifugiato ai sensi dell’art. 1, sezione C), nn. 5 e 6 della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati (disposizioni sulle «circostanze che sono venute meno»).


20      Nell’ambito della direttiva 2011/95, il legislatore dell’Unione istituisce una procedura unica d’esame dei bisogni di protezione internazionale e tende all’eliminazione delle differenze esistenti nella portata dei diritti conferiti ai rifugiati e ai beneficiari della protezione sussidiaria.


21      V. nota a piè di pagina 19 delle presenti conclusioni.


22      Punto 116 di tali linee guida.


23      V. anche linee guida dell’UNHCR sulla protezione internazionale, citate nella nota a piè di pagina 19 delle presenti conclusioni (punto 4).


24      V., per analogia, sentenza del 2 marzo 2010, Salahadin Abdulla e a. (C–175/08, C–176/08, C–178/08 e C–179/08, EU:C:2010:105), relativa all’interpretazione della clausola di cessazione della qualità di rifugiato, prevista all’articolo 11, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2004/83.


25      All’articolo 15 della direttiva 2011/95 il legislatore dell’Unione definisce fin da subito i «danni gravi» che possono condurre al riconoscimento della suddetta protezione.


26      V. sentenza del 2 marzo 2010, Salahadin Abdulla e a. (C–175/08, C–176/08, C–178/08 e C–179/08, EU:C:2010:105, punto 68).


27      V. punto 7 dell’ordinanza di rinvio.


28      V. nota dell’UNHCR, del 22 novembre 2004, sull’annullamento dello status di rifugiato: Kapferer, S., «Cancellation of refugee Status», UNHCR, Legal and Protection Policy Research Series, marzo 2003; nonché la nota d’informazione dell’UNHCR, del 4 settembre 2003, sull’applicazione delle clausole di esclusione: articolo 1F della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati (capitolo I, lettera F).


29      L’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 stabilisce che «[n]ell’esaminare una domanda di protezione internazionale, l’autorità accertante determina anzitutto se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato e, in caso contrario, se l’interessato sia ammissibile alla protezione sussidiaria». Rammento altresì che, a norma dell’articolo 2, lettera f), della direttiva 2011/95, una «persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria» è un individuo che, in particolare, non può essere riconosciuto come rifugiato.


30      V., per analogia, sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C–416/10, EU:C:2013:8, punto 85 e giurisprudenza citata), del 10 settembre 2013, G. e R. (C–383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 35 e giurisprudenza citata), dell’8 maggio 2014, N. (C–604/12, EU:C:2014:302, punto 41 e giurisprudenza citata), del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (effetto sospensivo dell’appello) (C–175/17, EU:C:2018:776, punto 39 e giurisprudenza citata), e del 4 ottobre 2018, Kantarev (C–571/16, EU:C:2018:807, punti 123 e ss. e giurisprudenza citata).


31      V., a tale riguardo, considerando 15 della direttiva 2011/95.


32      V., in particolare, sentenza del 27 giugno 2018, Diallo (C–246/17, EU:C:2018:499, punto 59 e giurisprudenza citata).