Language of document : ECLI:EU:T:2016:457

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

9 settembre 2016 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di un marchio figurativo dell’Unione europea che rappresenta un felino che salta – Marchi internazionali figurativi anteriori che rappresentano un felino che salta – Impedimento relativo alla registrazione – Buona amministrazione – Prova della notorietà dei marchi anteriori – Articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑159/15,

Puma SE, con sede in Herzogenaurach (Germania), rappresentata da P. González-Bueno Catalán de Ocón, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato inizialmente da P. Bullock, successivamente da D. Hanf, in qualità di agenti,

convenuto,

altra parte del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

Gemma Group Srl, con sede in Cerasolo Ausa (Italia),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso de l’EUIPO del 19 dicembre 2014 (procedimento R 1207/2014-5), relativa ad un procedimento d’opposizione tra la Puma e la Gemma Group,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. van der Woude (relatore), presidente, I. Wiszniewska-Białecka e I. Ulloa Rubio, giudici,

cancelliere: A. Lamote, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 1° aprile 2015,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 giugno 2015,

in seguito all’udienza del 12 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 14 febbraio 2013, la Gemma Group Srl ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio di cui si chiedeva la registrazione è il segno figurativo di colore blu qui di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 7 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, nella sua versione riveduta e modificata, e corrispondono alla seguente descrizione: «Macchine per la lavorazione del legno; macchine per la lavorazione dell’alluminio; macchine per la lavorazione del PVC».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata sul Bollettino dei marchi comunitari n. 66/2013, dell’8 aprile 2013.

5        L’8 luglio 2013, la Puma SE, ricorrente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti di cui al precedente punto 3. Il motivo dell’opposizione era quello enunciato dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

6        L’opposizione si fondava sui marchi anteriori seguenti (in prosieguo: i «marchi anteriori»):

–        il marchio internazionale figurativo qui di seguito rappresentato, registrato il 30 settembre 1983 con il numero 480105 e rinnovato fino al 2023, che produce effetti in Austria, nel Benelux, in Croazia, in Francia, in Ungheria, in Italia, in Portogallo, nella Repubblica ceca, in Romania, in Slovacchia e in Slovenia e che designa prodotti rientranti nelle classi 18, 25 e 28 e corrispondenti, per ognuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Sacchi da portare a tracolla e sacchi da viaggio, bauli e valigie, in particolare per attrezzatura e abbigliamento da sport»;

–        classe 25: «Abbigliamento, stivali, scarpe e ciabatte»;

–        classe 28: «Giochi, giocattoli; attrezzi per esercizi fisici, attrezzatura da ginnastica e da sport (non compresi in altre classi), ivi incluse palline da sport».

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–        il marchio internazionale figurativo rappresentato in prosieguo, registrato il 17 giugno 1992 con il numero 593987 e rinnovato fino al 2022, che produce effetti in Austria, nel Benelux, in Bulgaria, a Cipro, in Croazia, in Spagna, in Estonia, in Finlandia, in Francia, in Grecia, in Ungheria, in Italia, in Lettonia, in Lituania, in Polonia, in Portogallo, nel Regno Unito, nella Repubblica ceca, in Romania, in Slovenia e in Slovacchia, e che designa in particolare i prodotti rientranti nelle classi 18, 25 e 28 e corrispondenti, per ognuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Prodotti in cuoio e/o in imitazioni del cuoio (inclusi in tale classe); borse a mano e altri astucci non aderenti ai prodotti che sono destinati a contenere, nonché piccoli articoli in cuoio, in particolare borse, portafogli, astucci a chiave; borse a mano, portadocumenti, borse con classificatore e con portavivande, zaini scolastici e cartelle, zaini da campeggio, zaini, zainetti, sacche da competizione, sacche da trasportare e da riporre, nonché borse da viaggio in cuoio e in imitazioni del cuoio, in materiali sintetici, in stoffa e in tessuti sintetici o in succedanei del cuoio; borsette da viaggio (pelletteria); cinghie da tracolla (cinghie); pelli d’animali; bauli e valigie; ombrelli (da pioggia e da sole); frustini, selleria»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria. parti e componenti per calzature, suole, false suole e suole da correzione, tacchi, tomaie di stivali, antisdrucciolevoli per calzature, morsetti e chiodi; strati intermedi, tasche confezionate per indumenti; articoli di corsetteria; stivali, calzerotti e pantofole, calzerotti; articoli finiti per calzature, calzature da città, per sport, svago, guida, jogging, ginnastica, da bagno e fisiologiche (comprese in questa classe), scarpe da tennis; scaldamuscoli per le gambe e ghette, scaldamuscoli per le gambe e guaine in cuoio per molle, legging, fasce, ghette per calzature; indumenti da ginnastica, calzoncini (da donna o bambino) e maglie da ginnastica, calzoncini (da donna o bambino) e maglie da calcio, camice e pantaloncini da tennis, articoli d’abbigliamento e costumi da bagno e da spiaggia, boxer e calzoncini da bagno e bagno (costumi da -), compresi costumi a due pezzi, articoli d’abbigliamento e completi per fare sport e di svago (compresi indumenti, tute in maglia e maglie), anche per allenamento fisico, jogging o corsa di resistenza e ginnastica, calzoncini (da donna o bambino) e pantaloni sportivi, magliette, maglioni, magliette di cotone, felpe, articoli d’abbigliamento e vestiti da tennis e sci; tute sportive e tute per il tempo libero, vestaglie e tute, calze (tricot), calze da calcio, guanti, compresi guanti in cuoio, finto cuoio o cuoio sintetico, berretti e cuffie, fasce per capelli e per la fronte, fasce tergisudore, sciarpe, fazzoletti da collo, fazzoletti di seta, foulard, cravatte; cinture per abbigliamento, giacche a vento con cappuccio e parka, giacconi da marinaio e impermeabili, cappotti, bluse, giacche e giacconi, gonne, mutande (da donna o bambino) e calzoni larghi, compresi pantaloni in jeans, pullover e insiemi coordinati di diversi pezzi di abbigliamento e biancheria intima; biancheria personale»;

–        classe 28: «giochi, giocattoli, incluse scarpe in miniatura e palline in miniatura (come giocattoli); apparecchi e motori per allenamento fisico, ginnastica e sport (inclusi in tale classe); equipaggiamento da sci, da tennis e da pesca; sci, attacchi da sci, bacchette da sci; spigoli da sci, rivestimenti da sci; palle e palloni da gioco, inclusi le palle e i palloni da sport e da gioco; manubri, palle, dischi e giavellotti da lancio; racchette da tennis, racchette da ping-pong o tennis da tavola, da badminton e da squash, mazze da cricket, da golf e da hockey; palline da tennis e volani; pattini a rotelle, pattini, scarpette per combinazioni da pattinaggio a rotelle, anche con suola rafforzata; tavole per tennis da tavola; mazze da ginnastica, cerchi da sport, reti per lo sport, reti da bersaglio e reti per palline; guanti da sport (accessori da gioco); bambole; vestitini per bambole, scarpette da bambola; berrettini e cuffiette per bambola, cintole da bambola, grembiulini da bambola; ginocchiere, proteggigomiti, cavigliere e proteggigambe da sport; decorazioni per alberi di Natale».

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7        A sostegno della sua opposizione basata sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, la ricorrente ha fatto valere la notorietà dei marchi anteriori nella totalità degli Stati membri e per tutti i prodotti elencati al precedente punto 6.

8        Il 10 marzo 2014, la divisione di opposizione ha respinto integralmente l’opposizione. Riguardo alla notorietà del marchio anteriore n. 593987, essa ha ritenuto che, per ragioni di economia procedimentale, non occorreva esaminare le prove presentate dalla ricorrente per dimostrare l’uso estensivo e la notorietà dello stesso, e che l’esame sarebbe stato svolto in base all’ipotesi secondo cui detto marchio anteriore presentava un «notevole carattere distintivo».

9        Il 7 maggio 2014, la ricorrente ha proposto dinanzi all’EUIPO un ricorso contro la decisione della divisione di opposizione, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009.

10      Con decisione del 19 dicembre 2014 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. In primo luogo, essa ha considerato che i marchi anteriori e il marchio richiesto presentavano un certo grado di somiglianza visiva e veicolavano la stessa nozione di «felino che salta e che richiama l’immagine di un puma». In secondo luogo, la commissione di ricorso ha respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la divisione d’opposizione aveva confermato l’esistenza della notorietà dei marchi anteriori, accontentandosi, in effetti, di affermare per ragioni di economia procedimentale che non era, nella specie, necessario valutare gli elementi di prova della notorietà prodotti dalla ricorrente e che l’esame sarebbe stato effettuato a partire dall’ipotesi che il marchio anteriore n. 593987 era dotato di un «notevole carattere distintivo». La commissione di ricorso ha poi esaminato e respinto gli elementi di prova della notorietà dei marchi anteriori per quanto riguarda i prodotti di cui al precedente punto 6. In terzo luogo, la commissione di ricorso ha considerato che, anche supponendo che la notorietà dei marchi anteriori dovesse essere considerata accertata, l’opposizione basata sull’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 doveva essere respinta, poiché le altre condizioni, cioè l’esistenza di un profitto indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o da un pregiudizio ad essi arrecato, non erano neanch’esse soddisfatte.

 Conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità delle prove documentali prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale

13      L’EUIPO considera preliminarmente che le immagini riprodotte al punto 56 del ricorso, che sono estratte dal sito Internet di un terzo, costituiscono «nuovi documenti», come tali irricevibili.

14      Tali documenti, prodotti per la prima volta dinanzi al Tribunale, non possono essere presi in considerazione. Infatti, il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il controllo della legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’EUIPO ai sensi dell’articolo 65 del regolamento n. 207/2009, ragion per cui la funzione del Tribunale non è quella di riesaminare le circostanze in fatto alla luce dei documenti presentati dinanzi ad esso per la prima volta. I detti documenti devono essere quindi respinti senza che sia necessario esaminare il loro valore probatorio [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2005, Sadas/UAMI – LTJ Diffusion (ARTHUR ET FELICIE), T‑346/04, EU:T:2005:420, punto 19 e giurisprudenza ivi citata].

 Nel merito

15      La ricorrente solleva in sostanza tre motivi a sostegno del ricorso, vertenti, il primo, su una violazione dei principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, dato che la commissione di ricorso ha respinto le prove relative alla notorietà dei marchi anteriori e ha concluso che la loro notorietà non era dimostrata; il secondo su una violazione degli articoli 75 e 76 del regolamento n. 207/2009, in quanto la commissione di ricorso ha esaminato gli elementi di prova relativi alla notorietà dei marchi anteriori mentre la divisione d’opposizione non aveva effettuato tale esame e, il terzo, su una violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di detto regolamento.

16      Per quanto riguarda il primo motivo, vertente su una violazione dei principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, la ricorrente afferma, in sostanza, che la commissione di ricorso, respingendo gli elementi di prova da essa dedotti, relativi alla notorietà dei marchi anteriori, e discostandosi dalla propria prassi decisionale relativa alla notorietà dei marchi anteriori, ha violato i principi di certezza del diritto e di buona amministrazione. A sostegno di tale motivo, la ricorrente fa quindi valere due argomenti, uno relativo al diniego da parte della commissione di ricorso di prendere in considerazione gli elementi di prova non tradotti nella lingua processuale e, l’altro, riguardante la circostanza che la commissione di ricorso si sarebbe discostata dalla propria prassi decisionale.

17      Nella fattispecie, la commissione di ricorso ha elencato nella decisione impugnata i seguenti elementi di prova: due studi di mercato riguardanti la Francia (2008) e la Svezia (2011), quindici decisioni di uffici dei marchi nazionali, cioè tre dell’Urząd Patentowy Rzeczypospolitej Polskiej (Ufficio dei brevetti polacco), quattro dell’Institut national de la propriété industrielle (INPI, Istituto nazionale francese della proprietà industriale), uno dell’Instituto nacional da propriedade industrial (INPI, Istituto portoghese della proprietà industriale) e sette dell’Oficina Española de Patentes y Marcas (Ufficio dei brevetti e dei marchi spagnoli), nonché la sentenza del 7 novembre 2013, Budziewska/UAMI – Puma (Félin bondissant) (T‑666/11, non pubblicata, EU:T:2013:584). Essa ha constatato che lo studio di mercato relativo alla Svezia era privo di pertinenza nella misura in cui l’opposizione non era basata su diritti anteriori in Svezia e che lo studio di mercato relativo alla Francia non era stato fornito nella lingua processuale, l’inglese, in violazione della regola 19, paragrafi 1, 3 e 4, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio sul marchio comunitario (GU 1995, L 303, pag. 1). Essa ha osservato che, inoltre, quest’ultimo studio era stato realizzato cinque anni prima del deposito della domanda di marchio e che era difficile comprendere su quale base tale studio di mercato fosse stato effettuato e a quali prodotti si riferisse l’asserita notorietà. Analogamente, la commissione di ricorso ha osservato che due delle tre decisioni dell’Ufficio brevetti polacco e le decisioni dell’Ufficio brevetti e marchi spagnolo non erano state tradotte nella lingua processuale e andavano quindi respinte. Riguardo alla decisione del 2008 dell’Ufficio brevetti polacco e le decisioni dell’INPI francese che erano state tradotte, la commissione di ricorso ha constatato che era difficile stabilire su quali elementi di prova si fossero basati tali uffici nazionali per concludere per la notorietà dei marchi anteriori. Essa ha chiarito, a titolo esemplificativo, che la decisione dell’INPI francese del 13 novembre 2012 menzionava semplicemente documenti prodotti a sostegno del fatto che l’elemento figurativo del marchio anteriore – consistente nella rappresentazione di un puma – era noto al pubblico nel settore dell’abbigliamento, ma che era impossibile verificare l’esattezza di tale affermazione senza le prove della notorietà prodotte nel contesto di tale procedimento nazionale. Essa ha ricordato al riguardo di dover valutare la notorietà sulla base degli elementi di prova prodotti dall’opponente in conformità con la regola 19, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 2868/95 e ha sottolineato che i documenti prodotti in altri procedimenti potevano essere presi in considerazione soltanto se erano espressamente citati e identificati dalla parte che li faceva valere. Infine, la commissione di ricorso ha ricordato che, comunque, la legittimità delle decisioni dell’EUIPO andava valutata soltanto sulla base del regolamento n. 207/2009, come interpretato dal giudice dell’Unione europea, e non sulla base di una prassi decisionale anteriore dell’EUIPO o degli uffici nazionali. In conclusione, la commissione di ricorso ha considerato che gli elementi di prova, nel loro insieme, erano insufficienti a dimostrare la notorietà dei marchi anteriori rispetto ai prodotti interessati in uno qualsiasi degli Stati membri.

18      Prima di esaminare i due argomenti presentati dalla ricorrente, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il diritto ad una buona amministrazione comporta segnatamente l’obbligo che l’amministrazione motivi le sue decisioni.

19      Risulta da una giurisprudenza costante che l’obbligo di motivazione delle decisioni dell’EUIPO ha il duplice obiettivo di permettere, da un lato, agli interessati di conoscere le ragioni della misura adottata allo scopo di consentire loro di difendere i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio sindacato di legittimità della decisione [sentenze del 21 ottobre 2004, KWS Saat/UAMI, C‑447/02 P, EU:C:2004:649, punti 64 e 65, e del 28 novembre 2013, Herbacin cosmetic/UAMI – Laboratoire Garnier (HERBA SHINE), T‑34/12, non pubblicata, EU:T:2013:618, punto 42].

20      Si deve anche osservare che la Corte ha giudicato che, alla luce dei principi della parità di trattamento e di buona amministrazione, l’EUIPO doveva, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, prendere in considerazione le decisioni già adottate su domande analoghe e interrogarsi con particolare attenzione in merito alla questione se si dovesse o no decidere nello stesso senso. Tuttavia, essa ha aggiunto che i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione dovevano essere conciliati con il rispetto della legalità. Quindi, la persona che richiede la registrazione di un segno come marchio non può invocare a suo favore un eventuale illecito commesso a beneficio di altri al fine di ottenere una decisione identica. D’altronde, per ragioni di certezza del diritto e, segnatamente, di buona amministrazione, l’esame di qualsiasi domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo al fine di evitare la registrazione indebita di marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi ricada in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti da 74 a 77).

21      Riguardo al suo primo argomento, relativo al diniego da parte della commissione di ricorso di prendere in considerazione taluni elementi di prova che non erano stati tradotti, la ricorrente afferma che lo studio di mercato riguardante la Francia, benché redatto in francese, non richiedeva traduzione perché «assolutamente eloquente» riguardo alla notorietà dei marchi anteriori. Inoltre, lo stesso studio sarebbe stato depositato nell’ambito di altri procedimenti di opposizione senza la minima obiezione da parte delle istanze dell’EUIPO.

22      L’EUIPO contesta tale argomento, riferendosi in sostanza alla regola 19 del regolamento n. 2868/95.

23      La regola 19, paragrafo 3, del regolamento n. 2868/95 prevede che «le informazioni e le prove di cui ai paragrafi 1 e 2 [dello stesso articolo] devono essere redatte nella lingua della procedura o essere accompagnate da una traduzione», che «deve essere presentata entro il termine indicato per la presentazione del documento originale». La regola 19, paragrafo 4, del regolamento n. 2868/95 prevede che «l’[EUIPO] non tiene conto delle osservazioni o dei documenti scritti, o di loro parti, che non siano stati presentati o non siano stati tradotti nella lingua della procedura entro il termine stabilito dall’[EUIPO]».

24      La regola 19 del regolamento n. 2868/95 è chiara e precisa e consentiva alla ricorrente di sapere fin dall’inizio del procedimento d’opposizione che cosa dovesse fare riguardo alle prove esistenti in una lingua diversa dalla lingua processuale, in conformità al principio di certezza del diritto.

25      Va pertanto constatato che la commissione di ricorso ha considerato a buon diritto che i documenti non tradotti nella lingua processuale non potevano essere presi in considerazione. Il fatto che lo studio di mercato riguardante la Francia fosse comunque «assolutamente eloquente» oppure che esso fosse stato ammesso senza traduzione nei precedenti procedimenti, non può porre nuovamente in discussione tale conclusione. La regola 19 del regolamento n. 2868/95 è giustificata infatti dalla necessità di rispettare il principio del contraddittorio nonché la parità delle armi tra le parti nei procedimenti inter partes [v., in questo senso, sentenza del 6 novembre 2007, SAEME/UAMI – Racke (REVIAN’s), T‑407/05, EU:T:2007:329, punto 35 e giurisprudenza ivi citata].

26      Inoltre, dalla giurisprudenza citata al precedente punto 20 risulta che i principi della parità di trattamento e di buona amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legalità. Il fatto che la regola 19 del regolamento n. 2868/95 abbia potuto eventualmente essere violata in altri procedimenti è quindi, nella fattispecie, privo di rilievo.

27      Occorre pertanto respingere il primo argomento presentato dalla ricorrente a sostegno del suo primo motivo.

28      Riguardo al suo secondo argomento, la ricorrente fa valere un errore di diritto che la commissione di ricorso avrebbe commesso disattendendo la prassi decisionale dell’EUIPO, da essa tuttavia invocata, e diverse decisioni di uffici nazionali, nonché la sentenza del 7 novembre 2013, Félin bondissant (T‑666/11, non pubblicata, EU:T:2013:584). Tutte le summenzionate decisioni concluderebbero per la sussistenza della notorietà dei marchi anteriori. Si tratterebbe, infatti, di un elemento di fatto proprio ai marchi la cui notorietà è stata riconosciuta, il quale non potrebbe dipendere dai marchi oggetto d’opposizione. Orbene, la commissione di ricorso non avrebbe chiarito sotto quale aspetto fosse giustificato tale distanziamento rispetto alle decisioni invocate.

29      L’EUIPO contesta tale argomento. In primo luogo, esso ritiene che la ricorrente non può censurare la commissione di ricorso per non aver preso in considerazione le prove della notorietà, invocando la prassi decisionale anteriore. Esso rinvia, in sostanza, alla motivazione di cui al punto 20 della decisione impugnata, secondo cui la legittimità delle decisioni dell’EUIPO deve essere valutata esclusivamente in base al regolamento n. 207/2009, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non in base ad una prassi decisionale anteriore dell’EUIPO o degli uffici nazionali, in quanto la sua prassi decisionale non si impone automaticamente, ma in ogni caso si caratterizza per specifiche circostanze in fatto e in diritto che possono dar luogo a conclusioni diverse.

30      Nella specie, va osservato che la ricorrente aveva evidenziato nelle sue scritture, dinanzi alla divisione d’opposizione, una prassi decisionale recente dell’EUIPO che aveva accolto la notorietà e l’ampia conoscenza da parte del pubblico dei marchi anteriori. Risulta, infatti, dalla decisione dell’EUIPO del 30 maggio 2011 (opposizione B1291618) che il marchio anteriore n. 480105 era stato considerato, in base ad un gran numero di prove, beneficiario di una grande notorietà, almeno in Francia, tenuto conto del suo uso sul mercato, con riferimento ai prodotti della classe 25 (abbigliamento, stivali, scarpe e pantofole). Erano state in particolare enumerate in tale decisione le seguenti prove: una retrospettiva dell’impresa e pagine di stampa, nonché estratti del suo sito Internet, immagini di una giocatrice di tennis nota a livello mondiale che indossava i prodotti della ricorrente, pagine di stampa che ritraevano celebri squadre di calcio che portavano i prodotti della ricorrente, cataloghi di scarpe e vestiti risalenti al periodo tra il 1996 e il 1998 che riproducevano immagini dei prodotti della ricorrente, documenti che evidenziavano le attività di sponsoring della ricorrente nel settore degli sport motorizzati, copie della rivista Sporting Goods intelligence tra il 2002 e il 2007, che contenevano informazioni nel settore dello sport e che menzionavano il marchio della ricorrente o il nome dell’impresa Puma, copie di articoli ed inserti pubblicitari di numerose riviste in Francia, in Germania, in Spagna, nel Benelux, in Italia, nel Regno Unito, in Romania e in Grecia, mentre il rapporto annuale 2007 evidenziava che le spese di marketing erano passate da EUR 29 milioni nel 1997 a EUR 424,9 milioni nel 2007. L’EUIPO ha chiarito che dalle prove fornite risultava che il marchio anteriore suddetto era stato utilizzato «prolungatamente e intensivamente» ed era in genere noto sui mercati di cui trattasi, sui quali deteneva una «posizione consolidata» tra i «marchi leaders», come risultava da «fonti diversificate e indipendenti». Inoltre, l’EUIPO ha menzionato diversi riferimenti nella stampa (ad esempio Votre Beauté, Maximal, Femme Actuelle, Le Point, Têtu, Paris Match, Biba, Vogue, Glamour, ecc.), i quali, tra altri elementi, dimostravano che il marchio beneficiava di un elevato grado di riconoscimento presso il pubblico di riferimento. Con la decisione dell’EUIPO del 30 agosto 2010, riguardante l’opposizione B1287178, si era anche ritenuto, grazie alle numerose prove fornite, che il marchio anteriore n. 593987 avesse acquisito una grande notorietà attraverso l’uso, nell’Unione, riguardante l’abbigliamento, le scarpe, la cappelleria, gli articoli sportivi non inclusi in altre classi. Nella sua decisione del 20 agosto 2010, in merito all’opposizione B1459017, l’EUIPO ha anche dichiarato che il marchio anteriore n. 593987 beneficiava di un’elevata distintività, derivante dal suo uso «prolungato e intensivo» e dal suo «forte grado di riconoscimento».

31      Tali decisioni anteriori dell’EUIPO, sebbene debitamente invocate dalla ricorrente, non sono né esaminate e neppure menzionate nella decisione impugnata, poiché la commissione di ricorso si è accontentata di ricordare che l’EUIPO non era tenuto dalla sua prassi decisionale anteriore.

32      Inoltre, le conclusioni alle quali tali decisioni sono pervenute riguardo alla notorietà dei marchi anteriori erano corroborate dalle decisioni degli uffici nazionali presentate. Quindi, in contrasto con quanto constatato dalla commissione di ricorso, la decisione dell’Ufficio brevetti polacco del 4 luglio 2008 era, di per sé, particolarmente dettagliata riguardo agli elementi di prova sui quali aveva basato la propria valutazione della notorietà dei marchi anteriori (tra cui il marchio anteriore n. 593987). L’Ufficio brevetti polacco aveva, quindi, in particolare esaminato le campagne globali di marketing e di pubblicità promosse dalla ricorrente e le sue azioni di sponsoring relative a personalità dello sport. Esso aveva in particolare constatato che l’impresa era presente sul mercato dal 1948, cioè da 60 anni alla data della sua decisione, e che il marchio che rappresentava un felino che salta era noto in Polonia da molti anni. In base ad elementi di prova che esso ha giudicato «affidabili, logici e coerenti», in quanto dimostrano in modo credibile gli sforzi della ricorrente per promuovere il proprio marchio, esso ha considerato che i marchi della ricorrente che rappresentano un felino che salta erano stati utilizzati intensivamente nel commercio e avevano, pertanto, acquisito notorietà. Inoltre, le decisioni dell’INPI francese, in particolare quelle del 10 aprile 2013, del 25 ottobre e del 13 novembre 2012, nonché la decisione dell’INPI portoghese del 10 marzo 2009, sebbene non esponessero dettagliatamente gli elementi di prova su cui si erano basate le loro conclusioni, concordano tutte riguardo all’esistenza di un’ampia conoscenza da parte del pubblico di riferimento (in particolare nel settore dell’abbigliamento) o della notorietà dei marchi anteriori della ricorrente. Infine, dalla sentenza del 7 novembre 2013, Félin bondissant (T‑666/11, non pubblicata, EU:T:2013:584, punto 36), invocata dalla ricorrente, risulta che il «disegno o modello [corrispondente ai marchi anteriori] gode di notorietà». Certo, si trattava di un procedimento di nullità di un disegno o di un modello, ma la domanda di nullità era basata su disegni o modelli anteriori «divulgati» in registrazioni internazionali di marchi della ricorrente e anche in marchi anteriori.

33      Va pertanto osservato che, da un lato, la notorietà dei marchi anteriori era stata constatata dall’EUIPO in tre decisioni recenti, corroborate da diverse decisioni nazionali, e che tali decisioni riguardavano gli stessi marchi anteriori, prodotti identici o simili a quelli di cui trattasi e taluni degli Stati membri interessati nella fattispecie. D’altro lato, la constatazione della notorietà dei marchi anteriori è constatazione d’ordine fattuale che non dipende dal marchio richiesto, come del resto viene fatto osservare dalla ricorrente.

34      In tal contesto, è giocoforza constatare che, alla luce della giurisprudenza ricordata al precedente punto 20, secondo cui l’EUIPO deve prendere in considerazione le decisioni già adottate su domande analoghe e interrogarsi con particolare attenzione per stabilire se occorre o no decidere nello stesso senso, e alla luce dell’obbligo di motivazione ad essa incombente, la commissione di ricorso non poteva discostarsi dalla prassi decisionale dell’EUIPO senza fornire la minima spiegazione riguardo alle ragioni che l’avevano condotta a considerare che le constatazioni in fatto riguardo alla notorietà dei marchi anteriori, effettuate in tali decisioni, non sarebbero o non sarebbero più state rilevanti. Infatti, la commissione di ricorso non rileva alcuna diminuzione di tale notorietà a decorrere dalle recenti decisioni summenzionate, né un’eventuale illegittimità di detta prassi decisionale.

35      In secondo luogo, l’EUIPO afferma che tali decisioni non dovevano essere prese in considerazione, in quanto nessuna di esse era accompagnata da prove relative alla notorietà dei marchi anteriori prodotte nell’ambito di tali procedimenti. Esso sottolinea che la ricorrente avrebbe dovuto nuovamente depositare gli elementi di prova relativi alla notorietà, da essa già prodotti nell’ambito dei procedimenti anteriori, oppure farvi rinvio con precisione.

36      Ai sensi della regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 2868/95, se il ricorso è diretto contro una decisione della divisione di opposizione, la commissione di ricorso limita l’esame del ricorso ai fatti e alle prove presentati entro i termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione, a meno che la commissione non ritenga che fatti e prove ulteriori o complementari debbano essere presi in considerazione ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009. Il regolamento n. 2868/95 stabilisce quindi espressamente che la commissione di ricorso, in occasione dell’esame di un ricorso diretto contro una decisione della divisione di opposizione, dispone del potere discrezionale, derivante dalla regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 2868/95 e dall’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, di decidere se occorra o meno prendere in considerazione fatti e prove ulteriori o complementari che non sono stati presentati nei termini stabiliti o fissati dalla divisione di opposizione (sentenza del 3 ottobre 2013, Rintisch/UAMI, C‑120/12 P, EU:C:2013:638, punti 31 e 32).

37      Di conseguenza, nelle circostanze di specie, alla luce della sua prassi decisionale anteriore recente, corroborata da un numero relativamente elevato di decisioni nazionali e da una sentenza del Tribunale, la commissione di ricorso avrebbe dovuto, in conformità al principio di buona amministrazione come esplicitato ai precedenti punti da 18 a 20, o chiedere alla ricorrente di presentare prove complementari della notorietà dei marchi anteriori – non fosse altro che per confutarle – come le consentiva la regola 50, paragrafo 1, terzo comma, del regolamento n. 2868/95, oppure fornire le ragioni per le quali riteneva che le constatazioni effettuate in tali decisioni anteriori riguardo alla notorietà dei marchi anteriori dovessero essere escluse nella fattispecie. Ciò era a maggior ragione indispensabile dato che alcune di queste decisioni menzionavano in modo assai dettagliato le prove soggiacenti alla loro valutazione in merito alla notorietà dei marchi anteriori, il che avrebbe dovuto attirare la sua attenzione sulla loro esistenza.

38      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve constatare una violazione del principio di buona amministrazione, in particolare dell’obbligo dell’EUIPO di motivare le sue decisioni.

39      Pertanto, il primo motivo va accolto.

40      Tuttavia, questa sola conclusione non è sufficiente per annullare la decisione impugnata. Infatti, va notato che la commissione di ricorso si è anche pronunciata, ad abundantiam, sulla questione se l’altra condizione indispensabile alla luce dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 fosse soddisfatta, e cioè l’esistenza di un pregiudizio arrecato al carattere distintivo o alla notorietà dei marchi anteriori, oppure di un profitto da essi indebitamente tratto.

41      Al riguardo, va considerato che l’errore compiuto dalla commissione di ricorso è idoneo ad avere un’influenza determinante sul risultato dell’opposizione. È vero che la commissione di ricorso ha basato la propria valutazione riguardante l’esistenza di un pregiudizio ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 sull’ipotesi che la notorietà dei marchi anteriori fosse dimostrata. Tuttavia l’intensità della notorietà dei marchi anteriori è presa in considerazione, nella valutazione globale dell’esistenza di un pregiudizio ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, tanto per quanto riguarda la valutazione concernente un nesso tra i marchi, quanto riguardo alla valutazione relativa ad una violazione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, le quali costituiscono condizioni distinte e indispensabili.

42      Infatti, l’esistenza di un nesso tra i marchi dev’essere valutata globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti nella specie, tra i quali l’intensità della notorietà del marchio anteriore e il grado di distintività, intrinseco o acquisito grazie all’uso, del marchio anteriore (sentenze del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti 41, 42 e 53, e del 12 marzo 2009, Antartica/UAMI, C‑320/07 P, non pubblicata, EU:C:2009:146, punto 45). Come l’esistenza di un nesso tra i marchi confliggenti, l’esistenza di una delle violazioni contemplate dall’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, o di un serio rischio che una violazione siffatta si produca in futuro, devono essere valutate globalmente, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie, tra i quali compaiono l’intensità della notorietà del marchio anteriore e il grado di distintività, intrinseca o acquisita grazie all’uso, del marchio anteriore (sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti 42 e 68). Inoltre, più il carattere distintivo e la notorietà di detto marchio sono importanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di detta violazione (v. sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

43      Orbene, dato che la commissione di ricorso non ha svolto un esame completo della notorietà dei marchi anteriori, il Tribunale non è in grado di statuire sul motivo riguardante la violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punti 72 e 73; del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, punto 63, e del 29 marzo 2012, You-Q/UAMI – Apple Corps (BEATLE), T‑369/10, non pubblicata, EU:T:2012:177, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

44      Di conseguenza, il primo motivo dev’essere accolto e, quindi, la decisione impugnata va annullata dato che ha respinto l’opposizione della ricorrente, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi da quest’ultima sollevati.

 Sulle spese

45      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

46      Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, l’EUIPO, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 19 dicembre 2014 (procedimento R 1207/2014-5) è annullata.

2)      L’EUIPO è condannato alle spese, incluse quelle della Puma SE.

Van der Woude

Wiszniewska-Białecka

Ulloa Rubio

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 9 settembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.