Language of document : ECLI:EU:C:2021:548

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

8 luglio 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 96/71/CE – Articolo 1, paragrafo 1, e articoli 3 e 5 – Distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi – Conducenti del trasporto internazionale su strada – Rispetto della tariffa minima salariale del paese di distacco – Indennità giornaliera di trasferta – Regolamento (CE) n. 561/2006 – Articolo 10 – Retribuzione attribuita ai dipendenti in funzione del carburante consumato»

Nella causa C‑428/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Gyulai Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Gyula, Ungheria), con decisione del 20 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 4 giugno 2019, nel procedimento

OL,

PM,

RO

contro

Rapidsped Fuvarozási és Szállítmányozási Zrt.,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), C. Toader, M. Safjan e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per OL, PM e RO, da Gy. Lupkovics, ügyvéd;

–        per la Rapidsped Fuvarozási és Szállítmányozási Zrt., da D. Kaszás, ügyvéd;

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér, G. Koós e M.M. Tátrai, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da A.-L. Desjonquières e C. Mosser, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e P. Huurnink, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, inizialmente da W. Mölls, B.‑R. Killmann e L. Havas, successivamente da B.‑R. Killmann e L. Havas, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 maggio 2021,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 1, e degli articoli 3 e 5 della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1), e dell’articolo 10 del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU 2006, L 102, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia nella quale OL, PM e RO si contrappongono alla Rapidsped Fuvarozási és Szállítmányozási Zrt. (in prosieguo: la «Rapidsped») in merito a una domanda dei primi, nella loro qualità di conducenti del trasporto internazionale su strada, diretta ad ottenere dalla Rapidsped, loro datore di lavoro, il versamento di un salario che tenesse conto del salario minimo francese per il tempo di lavoro svolto in Francia.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 96/71

3        L’articolo 1 della direttiva 96/71, intitolato «Campo d’applicazione», prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica alle imprese stabilite in uno Stato membro che, nel quadro di una prestazione di servizi transnazionale, distacchino lavoratori, a norma del paragrafo 3, nel territorio di uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle imprese della marina mercantile con riguardo al personale navigante.

3.      La presente direttiva si applica nella misura in cui le imprese di cui al paragrafo 1 adottino una delle misure transnazionali seguenti:

a)      distacchino un lavoratore, per conto proprio e sotto la loro direzione, nel territorio di uno Stato membro, nell’ambito di un contratto concluso tra l’impresa che lo invia e il destinatario della prestazione di servizi che opera in tale Stato membro, purché durante il periodo di distacco esista un rapporto di lavoro tra il lavoratore e l’impresa che lo invia;

(...)».

4        L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Definizione», così recita:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per lavoratore distaccato si intende il lavoratore che, per un periodo limitato, svolge il proprio lavoro nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio lavora abitualmente.

2.      Ai fini della presente direttiva, la nozione di lavoratore è quella applicata in base al diritto dello Stato membro nel cui territorio è distaccato il lavoratore».

5        L’articolo 3 della direttiva in parola, intitolato «Condizioni di lavoro e di occupazione», prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese di cui all’articolo 1, paragrafo 1 garantiscano ai lavoratori distaccati nel loro territorio le condizioni di lavoro e di occupazione relative alle materie in appresso indicate che, nello Stato membro in cui è fornita la prestazione di lavoro, sono fissate:

–        da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, e/o

–        da contratti collettivi o da arbitrati dichiarati di applicazione generale, a norma del paragrafo 8, sempreché vertano sulle attività menzionate in allegato:

(...)

c)      tariffe minime salariali, comprese le tariffe maggiorate per lavoro straordinario; il presente punto non si applica ai regimi pensionistici integrativi di categoria;

(...)

Ai fini della presente direttiva, la nozione di tariffa minima salariale di cui al primo comma, lettera c) è definita dalla legislazione e/o dalle prassi nazionali dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato.

(...)

7.      I paragrafi da 1 a 6 non ostano all’applicazione di condizioni di lavoro e di occupazione che siano più favorevoli ai lavoratori.

Le indennità specifiche per il distacco sono considerate parte integrante del salario minimo, purché non siano versate a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, come le spese di viaggio, vitto e alloggio.

(...)».

6        L’articolo 5 della medesima direttiva, intitolato «Misure», così dispone:

«Gli Stati membri adottano misure adeguate in caso di inosservanza della presente direttiva.

Essi vigilano in particolare affinché i lavoratori e/o i loro rappresentanti dispongano di procedure adeguate ai fini dell’esecuzione degli obblighi previsti dalla presente direttiva».

7        Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 96/71/CE, intitolato «Competenza giudiziaria»:

«Per far valere il diritto alle condizioni di lavoro e di occupazione garantite all’articolo 3 può essere promosso un procedimento giudiziario nello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è o era distaccato, ferma restando, se del caso, la facoltà di promuovere, in base alle convenzioni internazionali vigenti in materia di competenza giudiziaria, un procedimento giudiziario in un altro Stato».

 Direttiva 2003/59/CE

8        La direttiva 2003/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2003, sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri, che modifica il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio e la direttiva 91/439/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 76/914/CEE del Consiglio (GU 2003, L 226, pag. 4), enuncia, al suo considerando 10, che lo sviluppo della guida preventiva, da attuare congiuntamente alla razionalizzazione del consumo di carburante, avrà effetti positivi sia per la società sia per lo stesso settore dei trasporti stradali.

9        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Campo di applicazione», così recita:

«La presente direttiva si applica all’attività di guida:

a)      dei cittadini di uno Stato membro;

b)      dei cittadini di un paese terzo dipendenti di un’impresa stabilita in uno Stato membro o impiegati presso la stessa,

in seguito denominati “conducenti”, che effettuano trasporti su strada all’interno della Comunità, su strade aperte all’uso pubblico per mezzo di:

–        veicoli per i quali è necessaria una patente di guida di categoria C1, C1+E, C, C+E, quali definite dalla direttiva 91/439/CEE [del Consiglio, del 29 luglio 1991, concernente la patente di guida (GU 1991, L 237, pag. 1)] o una patente di guida riconosciuta come equivalente,

(...)».

10      L’allegato I di detta direttiva è intitolato «Requisiti minimi della qualificazione e della formazione». Ai sensi della sezione 1, punto 1.3, di quest’ultima, le conoscenze da prendere in considerazione per l’accertamento della qualificazione iniziale e della formazione periodica del conducente da parte degli Stati membri devono vertere, in particolare, sull’ottimizzazione del consumo di carburante in relazione alle patenti C, C+E, C1, C1+E.

 Direttiva 2006/126/CE

11      La direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (GU 2006, L 403, pag. 18), ha abrogato e sostituito la direttiva 91/439 a decorrere dal 19 gennaio 2013. Dall’articolo 4 della direttiva 2006/126, in combinato disposto con la tavola di concordanza di cui all’allegato III della direttiva 2003/59, risulta che le patenti C, C+E, C1, C1+E previste da quest’ultima direttiva riguardano veicoli adibiti, in particolare, al trasporto su strada di merci, la cui massa massima autorizzata supera 3,5 tonnellate.

12      Ai sensi dell’articolo 17, terzo comma, della direttiva 2006/126, i riferimenti alla direttiva 91/439 abrogata si intendono fatti alla direttiva 2006/126.

 Regolamento n. 561/2006

13      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 561/2006, quest’ultimo si applica al trasporto su strada, in particolare, di merci effettuato da veicoli di massa massima ammissibile, compresi eventuali rimorchi o semirimorchi, superiore a 3,5 tonnellate.

14      L’articolo 10, paragrafo 1, del medesimo regolamento prevede quanto segue:

«È vietato alle imprese di trasporto offrire ai conducenti, siano essi impiegati dall’impresa o messi a disposizione della stessa, ogni forma di retribuzione o concedere loro premi o maggiorazioni di salario in base alle distanze percorse, alla rapidità della consegna e/o al volume delle merci trasportate, qualora dette retribuzioni siano di natura tale da mettere in pericolo la sicurezza stradale e/o incoraggiare l’infrazione del presente regolamento».

 Regolamento (CE) n. 44/2001

15      L’articolo 68 del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2001, L 12, pag. 1), prevedeva, al paragrafo 1, che tale regolamento sostituisse, tra gli Stati membri, la convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalle successive convenzioni relative all’adesione dei nuovi Stati membri a tale convenzione (in prosieguo: la «convenzione di Bruxelles»), salvo per quanto riguarda taluni territori degli Stati membri e, al suo paragrafo 2, che, nella misura in cui tale regolamento sostituiva, tra gli Stati membri, le disposizioni della convenzione di Bruxelles ogni riferimento a tale convenzione si intendesse fatto al suddetto regolamento.

 Regolamento (UE) n. 1215/2012

16      Il considerando 8 del regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1), è così formulato:

«Il 22 dicembre 2000 il Consiglio ha adottato il regolamento [n. 44/2001] che sostituisce tra tutti gli Stati membri, a eccezione della Danimarca, la [convenzione di Bruxelles] per quanto riguarda i territori degli Stati membri coperti dal TFUE. Con la decisione 2006/325/CE del Consiglio, [del 27 aprile 2006, relativa alla conclusione di un accordo tra la Comunità europea e il Regno di Danimarca concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2006, L 120, pag. 22),] la Comunità ha concluso un accordo che garantisce l’applicazione delle disposizioni del regolamento [n. 44/2001] a tale paese. (...)».

17      Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento, il datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliato.

18      Ai sensi dell’articolo 62, paragrafo 1, di detto regolamento, al fine di determinare se una parte ha il domicilio nel territorio dello Stato membro le cui autorità giurisdizionali siano adite, l’autorità giurisdizionale applica la propria legge nazionale.

19      Ai sensi dell’articolo 80 del regolamento n. 1215/2012, quest’ultimo abroga il regolamento n. 44/2001. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al regolamento n. 1215/2012.

 Diritto ungherese

20      L’articolo 3, paragrafo 2, dell’a Munka törvénykönyvéről szóló 2012. Évi I. törvény (legge n. I del 2012 che istituisce il Codice del lavoro; in prosieguo: il «Codice del lavoro») prevede che, salvo disposizione contraria, quest’ultimo si applica quando il lavoratore svolge abitualmente la propria attività in Ungheria.

21      L’articolo 285 del Codice del lavoro è così formulato:

«1.      I lavoratori e i datori di lavoro possono esperire dinanzi a un giudice le azioni derivanti dal rapporto di lavoro o dalla presente legge, mentre i sindacati e i comitati aziendali possono esperire dinanzi ad esso le azioni derivanti dalla presente legge, da un accordo collettivo o da un accordo aziendale.

(...)

4.      Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 295, i lavoratori possono inoltre esperire dinanzi ai giudici ungheresi le azioni a loro disposizione in relazione alle ore di lavoro prestate in Ungheria».

22      L’articolo 295, paragrafo 1, di tale Codice così dispone:

«Se, sulla base di un accordo con terzi, un datore di lavoro straniero assume un lavoratore nel territorio ungherese instaurando un rapporto di lavoro che non sia soggetto all’applicazione della presente legge ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della stessa, a tale rapporto dovrà applicarsi, fatte salve le disposizioni del paragrafo 4, la normativa ungherese, nonché le disposizioni del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro, con riguardo a:

a)      il periodo massimo di lavoro o il periodo minimo di riposo;

b)      la durata minima delle ferie annuali retribuite;

c)      la tariffa minima salariale;

d)      le condizioni di cui agli articoli da 214 a 222 relative alle imprese di lavoro temporaneo;

e)      le condizioni in materia di sicurezza sul lavoro;

f)      le condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti e donne con figli in tenera età, nonché dei giovani lavoratori;

g)      gli obblighi in materia di parità di trattamento».

23      Conformemente all’articolo 299 di detto codice, quest’ultimo ha lo scopo di trasporre, segnatamente, la direttiva 96/71 nel diritto nazionale.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      OL, PM e RO (in prosieguo: i «conducenti di cui al procedimento principale») hanno stipulato ciascuno, rispettivamente, il 12 giugno 2015, il 7 luglio 2016 e il 26 agosto 2016, un contratto di lavoro relativo all’impiego di conducente di autocarro con la Rapidsped, una società con sede in Ungheria.

25      Tali contratti, redatti in modo uniforme, prevedono che, sebbene il lavoratore abbia come compito, oltre all’esecuzione di trasporti internazionali di merci, l’esecuzione di trasporti nazionali di merci, egli deve di norma eseguire il suo lavoro in luoghi che saranno frequentemente e principalmente situati all’estero, senza tuttavia che il lavoro effettuato all’estero abbia carattere stabile.

26      Ai sensi del diritto ungherese, il lavoratore ha diritto ad indennità giornaliere di trasferta per il lavoro prestato all’estero. Dal fascicolo di cui dispone la Corte e, in particolare, da un documento informativo dei lavoratori rilasciato dalla Rapidsped, risulta che l’importo di tali indennità era tanto più elevato quanto più era lungo il periodo di distacco del lavoratore all’estero, periodo che, conformemente al contratto, poteva variare, in linea di principio, da tre a cinque settimane, a scelta del lavoratore. Lo stesso documento precisava che dette indennità erano destinate a coprire le spese sostenute all’estero.

27      Peraltro, i contratti di lavoro dei conducenti di cui al procedimento principale prevedevano per questi ultimi, quando realizzavano un risparmio di carburante, un premio, a discrezione del datore di lavoro, basato su una formula che metteva in relazione il consumo di carburante con la distanza percorsa.

28      I conducenti di cui al procedimento principale svolgevano il proprio lavoro recandosi in Francia per mezzo di un minibus. Per tutta la durata del distacco, i servizi di distribuzione della Rapidsped stabilivano le operazioni di trasporto da effettuare, vale a dire in quale data, per mezzo di quale veicolo e secondo quali percorsi le merci dovevano essere trasportate. A causa delle norme relative al cabotaggio, detti conducenti attraversavano più volte la frontiera.

29      All’inizio di ciascun periodo di distacco, la Rapidsped forniva ai conducenti di cui al procedimento principale una dichiarazione certificata da un notaio ungherese e una certificazione di distacco del Ministero francese del Lavoro attestante che il loro salario orario ammontava a EUR 10,40 all’ora, ossia più del salario orario minimo francese applicabile al settore del trasporto su strada, che era fissato in EUR 9,76 all’ora.

30      I conducenti di cui al procedimento principale hanno proposto un’azione dinanzi al giudice del rinvio, il Gyulai Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Gyula, Ungheria), nei confronti della Rapidsped sostenendo che il loro salario corrispondente al tempo di lavoro svolto in Francia non raggiungeva il salario minimo francese.

31      In forza dei contratti di lavoro dei conducenti di cui al procedimento principale, questi ultimi hanno effettivamente percepito, nel corso del 2018, un salario mensile lordo di EUR 545, ossia EUR 3,24 all’ora. Per quanto riguarda la differenza di EUR 6,52 all’ora tra il salario minimo francese e il salario orario percepito da detti conducenti, la Rapidsped sostiene dinanzi al giudice del rinvio che essa era coperta dall’importo delle indennità giornaliere di trasferta e del premio per il risparmio di carburante loro versati, in quanto facenti parte integrante del loro salario, circostanza che tali conducenti contestano.

32      Secondo il giudice del rinvio, supponendo che la direttiva 96/71 si applichi ai trasporti internazionali di merci, la situazione oggetto del procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, dal momento che il datore di lavoro registrato in Ungheria, la Rapidsped, distacca lavoratori ungheresi, ossia i conducenti di cui al procedimento principale, impiegati ai sensi del diritto del lavoro ungherese in altri Stati membri dell’Unione europea, per conto proprio e sotto la propria direzione, al fine di fornire servizi di trasporto di merci ai clienti del luogo di distacco. I lavoratori, per tutto il periodo, avevano un rapporto di lavoro con la Rapidsped, responsabile del distacco.

33      Alla luce di tali circostanze, il Gyulai Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Gyula) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva [96/71], in combinato disposto con gli articoli 3 e 5 della stessa e con gli articoli 285 e 299 del Codice [ungherese] del lavoro, debbano essere interpretati nel senso che la violazione di tale direttiva e della normativa francese in materia di salario minimo può essere invocata da parte di lavoratori ungheresi nei confronti dei loro datori di lavoro ungheresi nell’ambito di un procedimento avviato dinanzi ai giudici ungheresi.

2)      Se l’indennità di trasferta intesa a coprire le spese sostenute durante il distacco di un lavoratore all’estero debba considerarsi parte integrante del salario.

3)      Se sia in contrasto con l’articolo 10 del [regolamento n. 561/2006] una prassi in base alla quale, in caso di un risparmio determinato in funzione della distanza percorsa e del consumo di carburante, il datore di lavoro corrisponde al conducente di un mezzo di trasporto, secondo una formula, un’indennità che non costituisce parte integrante del salario stabilito nel suo contratto di lavoro e per cui non vengono versati né imposte né contributi previdenziali. Tenendo tuttavia conto del fatto che il risparmio di carburante induce i conducenti di mezzi di trasporto a guidare in un modo tale che potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza del traffico (ad esempio, utilizzando il più a lungo possibile il sistema a ruota libera in discesa).

4)      Se la direttiva [96/71] sia applicabile al trasporto internazionale di merci, in particolare tenuto conto del fatto che la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro la Francia e la Germania a causa della loro applicazione della normativa relativa al salario minimo al settore dei trasporti su strada.

5)      Se una direttiva che non sia stata trasposta nel diritto nazionale possa di per sé creare obblighi a carico di un privato e costituire, pertanto, da sola la base giuridica di una domanda nei confronti di un privato nell’ambito di una causa intentata dinanzi a un giudice nazionale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla quarta questione

34      Con la quarta questione, che occorre esaminare per prima, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 96/71 debba essere interpretata nel senso che essa è applicabile alle prestazioni di servizi transnazionali nel settore del trasporto su strada.

35      Occorre ricordare che, al punto 41 della sentenza del 1° dicembre 2020, Federatie Nederlandse Vakbeweging (C‑815/18, EU:C:2020:976), la Corte ha risposto in modo affermativo.

36      Ciò premesso, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che la direttiva 96/71 deve essere interpretata nel senso che essa è applicabile alle prestazioni di servizi transnazionali nel settore del trasporto su strada.

 Sulla prima questione

37      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 96/71, in combinato disposto con gli articoli 3 e 5 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che l’inosservanza, da parte del datore di lavoro stabilito in uno Stato membro, delle disposizioni di un altro Stato membro in materia di salario minimo possa essere fatta valere nei confronti di tale datore di lavoro da parte di lavoratori distaccati dal primo Stato membro, dinanzi a un giudice di quest’ultimo.

38      A tale riguardo, occorre ricordare che, per assicurare il rispetto di un nucleo di norme vincolanti ai fini della protezione minima, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 96/71 prevede che gli Stati membri provvedano affinché, qualunque sia la legislazione applicabile al rapporto di lavoro, le imprese stabilite in uno Stato membro garantiscano, nell’ambito di una prestazione di servizi transnazionale, ai lavoratori distaccati nel territorio di un altro Stato membro le condizioni di lavoro e di occupazione applicabili nel territorio di quest’ultimo per quanto riguarda le materie indicate in tale disposizione e, in particolare, le tariffe minime salariali (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto, C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

39      Quanto all’articolo 5 della direttiva 96/71, il secondo comma di tale disposizione impone agli Stati membri di vigilare in particolare affinché i lavoratori distaccati dispongano di procedure adeguate ai fini dell’esecuzione degli obblighi previsti da tale direttiva. Pertanto, detti lavoratori devono poter far valere in giudizio il rispetto delle condizioni di lavoro e di occupazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, come quella relativa alle tariffe minime salariali.

40      L’articolo 6 della direttiva 96/71 dispone che, oltre alla facoltà per i lavoratori distaccati di promuovere, in uno Stato membro le cui autorità giurisdizionali sono competenti in base alle convenzioni internazionali vigenti in materia di competenza giudiziaria, un procedimento giudiziario per far valere il diritto alle condizioni di lavoro e di occupazione garantite all’articolo 3 di detta direttiva, tali lavoratori possono parimenti promuovere un procedimento siffatto dinanzi ai giudici competenti dello Stato membro nel cui territorio essi sono o erano distaccati.

41      Ne consegue che l’articolo 3, paragrafo 1, e gli articoli 5 e 6 della direttiva 96/71 devono essere interpretati nel senso che garantiscono al lavoratore distaccato, qualunque sia la legge applicabile al rapporto di lavoro, il diritto di invocare e di far valere, dinanzi all’uno o all’altro dei giudici competenti di cui al punto precedente, le disposizioni dello Stato membro ospitante relative alle condizioni di lavoro e di occupazione riguardanti le materie elencate in tale prima disposizione e, in particolare, le tariffe minime salariali.

42      Infine, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1215/2012, al quale l’articolo 6 della direttiva 96/71 rinvia indirettamente facendo riferimento alle «convenzioni internazionali vigenti in materia di competenza giudiziaria», un datore di lavoro domiciliato nel territorio di uno Stato membro può essere convenuto davanti alle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui è domiciliato.

43      Inoltre, l’articolo 62, paragrafo 1, del regolamento n. 1215/2012 prevede che, al fine di determinare se una parte ha il domicilio nel territorio dello Stato membro le cui autorità giurisdizionali siano adite, l’autorità giurisdizionale applica la propria legge nazionale.

44      Pertanto, nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare, al fine di stabilire se esso sia competente ai sensi del regolamento n. 1215/2012, se il datore di lavoro dei conducenti di cui al procedimento principale debba essere considerato domiciliato in Ungheria ai sensi della legge di tale Stato membro.

45      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6 della direttiva 96/71, letti in combinato disposto con l’articolo 5 di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che essi esigono che l’inosservanza, da parte del datore di lavoro stabilito in uno Stato membro, delle disposizioni di un altro Stato membro in materia di salario minimo possa essere fatta valere nei confronti di tale datore di lavoro da parte di lavoratori distaccati dal primo Stato membro, dinanzi a un giudice di quest’ultimo, se tale giudice è competente.

 Sulla seconda questione

46      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71 debba essere interpretato nel senso che le indennità giornaliere di trasferta destinate a coprire le spese sostenute durante il periodo di distacco dei lavoratori all’estero debbano essere considerate parte integrante del salario minimo.

47      In proposito, si deve osservare, da un lato, che l’articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 96/71 fa espresso rinvio, per determinare le tariffe minime salariali di cui all’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva alla legislazione o alla prassi nazionale dello Stato membro nel cui territorio il lavoratore è distaccato (sentenza del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto, C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

48      Dall’altro lato, l’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della suddetta direttiva precisa, per quanto riguarda le indennità specifiche per il distacco, in che misura tali elementi retributivi sono considerati parte integrante del salario minimo nel contesto delle condizioni di lavoro e di occupazione di cui all’articolo 3 della medesima direttiva (sentenza del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto, C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 33).

49      Per quanto riguarda la questione se un’indennità giornaliera di trasferta, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, sia parte integrante del salario minimo, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 96/71, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71, un’indennità deve essere qualificata come «indennità specifica per il distacco» facente parte integrante del salario minimo qualora non sia versata ai lavoratori a titolo di rimborso di spese effettivamente sostenute a causa del distacco.

50      Nel caso di specie, anche se l’indennità giornaliera di trasferta di cui trattasi nel procedimento principale è descritta, nella nota informativa redatta dalla Rapidsped per il suo personale, come destinata a coprire le spese sostenute all’estero dai lavoratori distaccati, ciò non toglie che l’importo di tale indennità vari a seconda che tale distacco duri tre, quattro o cinque settimane, o anche di più. Orbene, questo secondo elemento, in particolare il carattere forfettario e progressivo di detta indennità, sembra indicare che quest’ultima ha ad oggetto non tanto la copertura delle spese sostenute dai lavoratori all’estero, quanto piuttosto, al pari dell’indennità di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 12 febbraio 2015, Sähköalojen ammattiliitto (C‑396/13, EU:C:2015:86, punto 48), la compensazione dei disagi dovuti al distacco, rappresentanti dall’allontanamento di tali lavoratori dal loro ambiente abituale.

51      Inoltre, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che tale indennità sia versata a titolo di rimborso di spese effettivamente sostenute, quali le spese di viaggio, alloggio o vitto.

52      Tuttavia, occorre ricordare che le maggiorazioni e i supplementi, che non sono riconosciuti quali componenti del salario minimo dalla normativa o dalla prassi nazionale dello Stato membro sul territorio del quale il lavoratore è distaccato e che modificano il rapporto tra la prestazione del lavoratore, da un lato, ed il corrispettivo da lui percepito, dall’altro, non possono essere considerati, a termini delle disposizioni della direttiva 96/71, come componenti di tal genere. Infatti, è del tutto normale che, qualora il datore di lavoro chieda al lavoratore di fornire un surplus di lavoro ovvero ore di lavoro in condizioni particolari, tale prestazione supplementare debba essere compensata per detto lavoratore senza che siffatta compensazione venga presa in considerazione ai fini della determinazione del salario minimo (sentenza del 14 aprile 2005, Commissione/Germania, C‑341/02, EU:C:2005:220, punti 39 e 40).

53      Nel caso di specie, dato che la Corte non dispone di tutte le informazioni pertinenti, spetta al giudice del rinvio effettuare le verifiche necessarie al riguardo.

54      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71 deve essere interpretato nel senso che un’indennità giornaliera di trasferta il cui importo vari a seconda della durata del distacco del lavoratore costituisce un’indennità specifica per il distacco facente parte integrante del salario minimo, salvo che essa sia versata a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, quali le spese di viaggio, di alloggio o di vitto o che corrisponda a una maggiorazione che modifica il rapporto tra la prestazione del lavoratore, da un lato, ed il corrispettivo da lui percepito, dall’altro.

 Sulla terza questione

55      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 10 del regolamento n. 561/2006 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che un’impresa di trasporti su strada conceda ai conducenti un premio calcolato sui risparmi realizzati sotto forma di riduzione del consumo di carburante rapportata alla distanza percorsa.

56      Conformemente all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006, è vietato alle imprese di trasporto offrire ai conducenti, siano essi impiegati dall’impresa o messi a disposizione della stessa, ogni forma di retribuzione, concedere loro premi o maggiorazioni di salario in base alle distanze percorse e/o al volume delle merci trasportate, qualora dette retribuzioni siano di natura tale da mettere in pericolo la sicurezza stradale e/o incoraggiare l’infrazione del regolamento in parola.

57      L’applicabilità di tale disposizione presuppone, quindi, che siano soddisfatte due condizioni. Da un lato, la retribuzione dei conducenti, quand’anche fosse concessa sotto forma di premi o maggiorazioni di salario, deve essere calcolata in funzione della distanza percorsa e/o del volume di merci trasportate. Dall’altro, una siffatta retribuzione deve essere tale da compromettere la sicurezza stradale e/o incoraggiare le infrazioni del regolamento n. 561/2006.

58      Si può inoltre notare che, dalla direttiva 2003/59, e in particolare dal suo considerando 10 e dal suo allegato I, in combinato disposto con la direttiva 2006/126, risulta che il requisito secondo cui i conducenti di veicoli adibiti al trasporto su strada di merci, la cui massa supera le 3,5 tonnellate e che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento n. 561/2006, siano formati sull’ottimizzazione del consumo di carburante è idoneo ad avere effetti positivi sia per la società sia per lo stesso settore dei trasporti stradali.

59      Pertanto, poiché il diritto dell’Unione esige che i conducenti di detti veicoli dispongano della capacità di guidare in modo razionale ed economico, non si può ritenere che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006 vieti, in linea di principio, alle imprese di trasporto di promuovere tale tipo di guida mediante un incentivo pecuniario sotto forma di premio.

60      Tuttavia, un premio del genere non sarebbe compatibile con detta disposizione se, invece di essere collegato unicamente al risparmio di carburante, esso ricompensasse un siffatto risparmio in funzione della distanza percorsa e/o del volume delle merci da trasportare secondo modalità che inducano il conducente a comportamenti tali da mettere in pericolo la sicurezza stradale e/o da costituire infrazioni al regolamento n. 561/2006.

61      Spetta, pertanto, al giudice del rinvio determinare, alla luce delle suesposte considerazioni relative alla portata dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006, le caratteristiche e gli effetti del premio di cui trattasi nel procedimento principale.

62      Ad ogni buon conto, occorre rilevare che il risparmio di carburante dipende da una molteplicità di fattori, cosicché la semplice ipotesi che un premio per il risparmio di carburante possa indurre taluni conducenti a utilizzare il sistema a ruota libera in discesa non può consentire, di per sé, di concludere che un siffatto premio viola il divieto di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006.

63      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006 deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, a che un’impresa di trasporti su strada conceda ai conducenti un premio calcolato sui risparmi realizzati sotto forma di riduzione del consumo di carburante rapportata alla distanza percorsa. Tuttavia, un siffatto premio violerebbe il divieto sancito da tale disposizione se, invece di essere collegato unicamente al risparmio di carburante, esso ricompensasse tale risparmio in funzione della distanza percorsa e/o del volume delle merci da trasportare secondo modalità che inducano il conducente a comportamenti tali da mettere in pericolo la sicurezza stradale o da costituire infrazioni al regolamento n. 561/2006.

 Sulla quinta questione

64      Con la quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se una direttiva che non è stata trasposta nel diritto nazionale possa far sorgere in capo a un singolo un obbligo che possa essere fatto valere nei suoi confronti da un altro singolo.

65      A tale riguardo, benché, secondo giurisprudenza costante, ove non risulti possibile alcuna interpretazione conforme del diritto nazionale, anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai singoli non può essere applicata come tale nell’ambito di una controversia che ha luogo esclusivamente tra singoli (v., in tal senso, sentenza del 7 agosto 2018, Smith, C‑122/17, EU:C:2018:631, punti 41 e 43 nonché giurisprudenza ivi citata), occorre osservare, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 74 delle sue conclusioni, che, nel caso di specie, il giudice del rinvio non fornisce alcuna spiegazione né sulle ragioni che lo hanno indotto a porre detta questione né sul legame esistente tra le disposizioni pertinenti della direttiva 96/71, le quali, del resto, non sono state identificate da tale giudice, e la legislazione nazionale applicabile al procedimento principale.

66      Orbene, ai sensi dell’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere, segnatamente, «l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

67      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, al fine di consentire ad essa di adempiere il suo compito nel rispetto dei trattati nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è indispensabile che i giudici nazionali spieghino le ragioni precise per le quali essi ritengono che una risposta alle loro questioni sia necessaria ai fini della soluzione della controversia pendente nel procedimento principale (ordinanza del 14 aprile 2021, Casa di Cura Città di Parma, C‑573/20, non pubblicata, EU:C:2021:307, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

68      Ne consegue che la quinta questione è irricevibile.

 Sulle spese

69      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, deve essere interpretata nel senso che essa è applicabile alle prestazioni di servizi transnazionali nel settore del trasporto su strada.

2)      L’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6 della direttiva 96/71, letti in combinato disposto con l’articolo 5 di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che essi esigono che l’inosservanza, da parte del datore di lavoro stabilito in uno Stato membro, delle disposizioni di un altro Stato membro in materia di salario minimo possa essere fatta valere nei confronti di tale datore di lavoro da parte di lavoratori distaccati dal primo Stato membro, dinanzi a un giudice di quest’ultimo, se tale giudice è competente.

3)      L’articolo 3, paragrafo 7, secondo comma, della direttiva 96/71 deve essere interpretato nel senso che un’indennità giornaliera di trasferta il cui importo vari a seconda della durata del distacco del lavoratore costituisce un’indennità specifica per il distacco facente parte integrante del salario minimo, salvo che essa sia versata a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute a causa del distacco, quali le spese di viaggio, di alloggio o di vitto o che corrisponda a una maggiorazione che modifica il rapporto tra la prestazione del lavoratore, da un lato, ed il corrispettivo da lui percepito, dall’altro.

4)      L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che esso non osta, in linea di principio, a che un’impresa di trasporti su strada conceda ai conducenti un premio calcolato sui risparmi realizzati sotto forma di riduzione del consumo di carburante rapportata alla distanza percorsa. Tuttavia, un siffatto premio violerebbe il divieto sancito da tale disposizione se, invece di essere collegato unicamente al risparmio di carburante, esso ricompensasse tale risparmio in funzione della distanza percorsa e/o del volume delle merci da trasportare secondo modalità che inducano il conducente a comportamenti tali da mettere in pericolo la sicurezza stradale o da costituire infrazioni al regolamento n. 561/2006.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.