Language of document : ECLI:EU:T:2016:282

Causa T‑529/13

Balázs-Árpád Izsák

e

Attila Dabis

contro

Commissione europea

«Diritto delle istituzioni – Iniziativa dei cittadini europei – Politica di coesione – Regioni a minoranza nazionale – Diniego di registrazione – Assenza manifesta di competenza della Commissione – Articolo 4, paragrafo 2, lettera b), e paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 211/2011»

Massime – Sentenza del Tribunale (Prima Sezione) del 10 maggio 2016

1.      Procedimento giurisdizionale – Deduzione di motivi nuovi in corso di causa – Presupposti – Ampliamento di un motivo esistente – Ricevibilità

[Regolamento di procedura del Tribunale (1991), artt. 44, § 1, c), e 48, § 2]

2.      Cittadinanza dell’Unione – Diritti del cittadino – Presentazione di un’iniziativa dei cittadini – Regolamento n. 211/2011 – Presupposti per la registrazione – Informazioni di cui deve essere corredata una proposta – Informazioni sull’oggetto, gli obiettivi e il contesto – Natura facoltativa – Conseguenze della trasmissione di tali informazioni – Obbligo di esame da parte della Commissione

[Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 211/2011, art. 4, § 2, b), e allegato II]

3.      Cittadinanza dell’Unione – Diritti del cittadino – Presentazione di un’iniziativa dei cittadini – Regolamento n. 211/2011 – Presupposti per la registrazione – Proposta che deve rientrare nell’ambito delle competenze della Commissione – Accertamento, in seguito a un primo esame, dell’assenza manifesta di competenza – Rigetto della proposta – Violazione del principio di buona amministrazione – Insussistenza

[Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 41, § 1; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 211/2011, artt. 4, § 2, b), e 10, § 1, c)]

4.      Atti delle istituzioni – Scelta della base giuridica – Scelta che deve basarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale

(Art. 5 TFUE)

5.      Coesione economica e sociale – Competenza dell’Unione – Portata – Adozione di un atto diretto a conferire uno status particolare alle regioni a minoranza nazionale indipendentemente dalla situazione politica, amministrativa e istituzionale degli Stati membri interessati – Esclusione

(Art. 4, § 2, TUE; artt. da 174 TFUE a 178 TFUE; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1059/2003, art. 3, § 5)

6.      Coesione economica, sociale e territoriale – Competenza dell’Unione – Portata – Adozione di un atto diretto a prevenire qualsiasi divario di sviluppo delle regioni a minoranza nazionale dovuto alle loro specifiche caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche – Esclusione

(Artt. 2 TUE e 6, § 1, TUE; art. 174, comma 3, TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 21, § 1, e 51, § 1)

7.      Cultura – Competenza dell’Unione – Portata – Adozione di un atto diretto ad attuare, nell’ambito della politica di coesione, talune garanzie che consentano di preservare le caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche delle regioni a minoranza nazionale – Esclusione

(Art. 3, § 3, TUE; art. 167 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 22)

8.      Unione europea – Competenze – Lotta contro la discriminazione – Portata – Adozione di un atto diretto a prevenire qualsiasi divario di sviluppo delle regioni a minoranza nazionale dovuto alle loro specifiche caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche – Esclusione

(Art. 19, § 1, TFUE)

9.      Ricorso di annullamento – Motivi di ricorso – Sviamento di potere – Nozione

(Art. 263 TFUE)

1.      Ai sensi del combinato disposto dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura del 1991, la deduzione di nuovi motivi successivamente al deposito del ricorso è vietata, a meno che tali motivi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, deve essere considerato ricevibile un motivo che costituisca un’estensione di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che presenti una connessione stretta con quest’ultimo.

Perché possa essere considerato un’estensione di un motivo o di una censura precedentemente indicati, occorre che un nuovo argomento presenti con i motivi o le censure inizialmente dedotti nel ricorso, un legame sufficientemente stretto perché possa essere considerato derivare dalla normale evoluzione del contraddittorio nell’ambito di un procedimento giurisdizionale.

(v. punti 32, 33)

2.      Dall’articolo 4 del regolamento n. 211/2011, riguardante l’iniziativa dei cittadini, e dall’allegato II dello stesso emerge che la Commissione esamina le informazioni comunicate dagli organizzatori al fine di valutare se la proposta di iniziativa dei cittadini soddisfi le condizioni di registrazione di cui, in particolare, all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), dello stesso regolamento. A tale proposito, per quanto concerne il diritto degli organizzatori di fornire le «informazioni indicate nell’allegato II», alle quali rinvia l’articolo 4 del medesimo regolamento, tali informazioni non si limitano alle informazioni minime che, ai sensi dello stesso allegato, devono essere fornite nel registro.

Infatti, il diritto degli organizzatori della proposta di iniziativa, riconosciuto dall’allegato II del regolamento n. 211/2011, di fornire informazioni supplementari riguardanti l’oggetto, gli obiettivi e il contesto di tale proposta, e persino una bozza di atto giuridico dell’Unione, ha quale corollario l’obbligo per la Commissione di esaminare dette informazioni, allo stesso titolo di ogni altra informazione fornita ai sensi di tale allegato, in base al principio di buona amministrazione, al quale si ricollega l’obbligo per l’istituzione competente di esaminare con cura e imparzialità tutti gli elementi pertinenti della fattispecie. Pertanto, a prescindere persino dalla questione se le informazioni necessarie, fornite nel registro, siano sufficienti, la Commissione deve esaminare le informazioni supplementari ai fini di valutare se una proposta soddisfi le condizioni di registrazione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 211/2011.

Peraltro, spetta agli organizzatori di una proposta di iniziativa dei cittadini valutare, in ciascun caso, se sia nel loro interesse esercitare il diritto, riconosciuto all’allegato II del regolamento n. 211/2011, di fornire dette informazioni supplementari, tenuto conto dell’obbligo correlato in capo alla Commissione di esaminarle al fine di valutare, in particolare, se la proposta di iniziativa dei cittadini debba essere registrata. Tuttavia, una volta che gli organizzatori hanno deciso di esercitare il proprio diritto e di fornire tali informazioni supplementari, queste ultime devono essere esaminate dalla Commissione, senza che questa possa e debba chiedersi se la presa in considerazione di dette informazioni sia o meno nell’interesse degli organizzatori.

(v. punti 47-50, 56)

3.      Dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 211/2011, riguardante l’iniziativa dei cittadini, emerge che la Commissione deve procedere a un primo esame degli elementi di cui dispone al fine di valutare se la proposta di iniziativa dei cittadini esuli manifestamente dalle proprie competenze, con la precisazione che è previsto un esame più approfondito in caso di registrazione della proposta. Invero, l’articolo 10, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 211/2011 dispone che, quando la Commissione riceve l’iniziativa dei cittadini europei, entro tre mesi espone in una comunicazione le sue conclusioni giuridiche e politiche riguardo detta iniziativa, l’eventuale azione che intende intraprendere e i suoi motivi per agire o meno in tal senso.

In proposito, non si può imputare alla Commissione di avere violato il principio di buona amministrazione sancito dall’articolo 41, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, qualora essa abbia correttamente rifiutato di registrare una proposta di iniziativa dei cittadini che non soddisfa le condizioni di registrazione enunciate all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 211/2011.

(v. punti 60, 124, 125)

4.      V. il testo della decisione.

(v. punto 66)

5.      Da una lettura combinata degli articoli da 174 TFUE a 178 TFUE emerge che il legislatore dell’Unione ha la facoltà di adottare misure dirette a promuovere uno sviluppo armonioso dell’insieme dell’Unione e, in particolare, a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite, rivolgendo, a tal proposito, un’attenzione particolare alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.

A tale proposito, gli articoli da 174 TFUE a 178 TFUE non possono costituire basi giuridiche per adottare un atto che comporti una ridefinizione della nozione di regione, ai sensi delle predette disposizioni, conferendo un vero e proprio status alle regioni a minoranza nazionale, e ciò indipendentemente dalla situazione politica, amministrativa e istituzionale esistente negli Stati membri interessati. Infatti, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione deve, nell’ambito della politica di coesione, rispettare la situazione politica, amministrativa e istituzionale esistente negli Stati membri. Pertanto, quando, al solo scopo di assicurare la comparabilità dei dati statistici regionali, l’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento n. 1059/2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica, prevede di tenere conto di criteri quali le circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali, non è che al fine di aggregare, in un’unità non amministrativa di dimensione sufficiente in termini di popolazione, unità amministrative esistenti negli Stati membri interessati e con il solo scopo di garantire la comparabilità delle statistiche relative al livello di sviluppo di tali differenti unità amministrative.

Ne consegue che il legislatore dell’Unione non potrebbe, senza violare l’articolo 4, paragrafo 2, TUE, adottare un atto che definisca regioni a minoranza nazionale che possano beneficiare di un’attenzione particolare nell’ambito della politica di coesione dell’Unione, sulla base di criteri autonomi e, dunque, indipendentemente dalla situazione politica, amministrativa e istituzionale esistente negli Stati membri interessati. Inoltre, quand’anche le regioni a minoranza nazionale potessero corrispondere a unità amministrative esistenti negli Stati membri interessati o ad aggregazioni di tali unità, la preservazione delle caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche specifiche di tali regioni non costituisce un fine che varrebbe a giustificare l’adozione di un atto legislativo dell’Unione sulla base degli articoli 174 TFUE, 176 TFUE, 177 TFUE e 178 TFUE.

(v. punti 69, 72, 74-77)

6.      Ai sensi dell’articolo 2 TUE, l’Unione si fonda sul rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Inoltre, l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sull’appartenenza a una minoranza nazionale. Orbene, l’articolo 6, paragrafo 1, TUE dispone che l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati, e l’articolo 51, paragrafo 1, di detta Carta precisa che le sue disposizioni si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Ne discende che, nell’esercizio della propria competenza concorrente in materia di coesione economica, sociale e territoriale, l’Unione e gli Stati membri non devono discriminare le persone e le popolazioni in ragione della loro appartenenza a una minoranza nazionale.

A tale riguardo, né l’articolo 2 TUE, né l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, né nessun’altra disposizione di diritto dell’Unione volta a combattere le discriminazioni, in particolare le disposizioni basate sull’appartenenza a una minoranza nazionale, possono consentire alla Commissione di proporre, nell’ambito della politica di coesione dell’Unione, un atto legislativo dell’Unione diretto a prevenire qualsiasi divario o ritardo di sviluppo economico delle regioni a minoranza nazionale rispetto alle regioni circostanti, dovuto allo svantaggio che le proprie specifiche caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche rappresenterebbero per le prime. Più specificamente, mentre l’articolo 174, terzo comma, TFUE riconosce che le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna presentano svantaggi naturali o demografici corrispondenti alla loro insularità, al loro carattere transfrontaliero, alla loro topografia, al loro isolamento, alla loro bassa o bassissima densità demografica, lo stesso non menziona le regioni le cui caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche differiscono da quelle delle regioni circostanti.

(v. punti 82-84, 86)

7.      Dall’articolo 167 TFUE e, più precisamente, dai paragrafi 2 e 5 del medesimo risulta che, nell’ambito della politica culturale dell’Unione e al fine di contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune, il legislatore dell’Unione ha facoltà di adottare azioni di incentivazione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, o raccomandazioni intese a perseguire precisi obiettivi, ossia, in primo luogo, il miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli europei, in secondo luogo, la conservazione e la salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea, in terzo luogo, gli scambi culturali non commerciali e, in quarto luogo, la creazione artistica e letteraria, compreso il settore audiovisivo.

Non contribuisce a uno degli obiettivi perseguiti dalla politica culturale dell’Unione, di cui all’articolo 167 TFUE, una proposta di atto legislativo dell’Unione diretta ad attuare, nell’ambito della politica di coesione dell’Unione, talune garanzie affinché le caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche specifiche delle regioni a minoranza nazionale potessero essere preservate. Invero, la preservazione, attraverso tali caratteristiche, delle regioni a minoranza nazionale, o addirittura il riconoscimento di uno status d’autonomia a tali regioni, ai fini dell’attuazione della politica di coesione dell’Unione, è un obiettivo che, da una parte, va ben al di là del mero contributo al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto della loro diversità nazionale e regionale, o della semplice messa in rilievo del retaggio culturale comune e che, dall’altra, non è direttamente collegabile a uno degli obiettivi specificatamente previsti dall’articolo 167, paragrafo 2, TFUE. Né l’articolo 3, paragrafo 3, TUE, né l’articolo 167, paragrafo 1, TFUE, né l’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea consentirebbero alla Commissione di proporre, nell’ambito della politica di coesione dell’Unione, un atto legislativo diretto a proteggere la diversità culturale rappresentata dalle minoranze nazionali.

(v. punti 98-102)

8.      Fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell’ambito delle competenze da essi conferite all’Unione, l’articolo 19, paragrafo 1, TFUE attribuisce al legislatore dell’Unione il potere di adottare i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. Pertanto, tale disposizione non può costituire una base giuridica adeguata per proporre un atto legislativo dell’Unione riguardante le regioni a minoranza nazionale che non miri a combattere discriminazioni nei confronti delle persone o delle popolazioni insediate in tali regioni, in ragione della loro appartenenza a tale minoranza, bensì a prevenire qualsiasi divario o ritardo di sviluppo economico delle regioni a minoranza nazionale rispetto alle regioni circostanti, dovuto allo svantaggio che le specifiche caratteristiche etniche, culturali, religiose o linguistiche rappresenterebbero per le prime.

(v. punti 111-113)

9.      V. il testo della decisione.

(v. punto 118)