Language of document : ECLI:EU:T:2005:272

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

5 luglio 2005 (*)

«Dipendenti – Previdenza sociale – Infortunio –Art. 73 dello Statuto – Ricevibilità – Motivazione»

Nella causa T‑9/04,

Luigi Marcuccio, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Tricase, rappresentato dagli avv.ti M. Di Stefano e A. Distante,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis-Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente come oggetto principale una domanda di annullamento della decisione implicita della Commissione di rigetto della domanda proposta dal ricorrente il 3 dicembre 2002 per ottenere il riconoscimento di un infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto del personale delle Comunità europee,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dal sig. J. D. Cooke, presidente, dalle sig.re I. Labucka e V. Trstenjak, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 marzo 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Sfondo normativo

1       L’art. 73, n. 1, dello Statuto del personale delle Comunità europee, nella sua redazione applicabile al caso in esame (in prosieguo: lo «Statuto») recita:

«Alle condizioni fissate da una regolamentazione adottata di comune accordo dalle istituzioni delle Comunità, previo parere del comitato dello statuto, il dipendente è coperto sin dal giorno della sua entrata in servizio contro i rischi di malattia professionale e i rischi di infortunio (…)».

2       La regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale del personale delle Comunità europee (in prosieguo: la «regolamentazione»), emanata in applicazione dell’art. 73 dello Statuto, all’art. 2, n. 1, definisce la nozione di infortunio nel modo seguente:

«È considerato infortunio qualsiasi avvenimento o fattore esterno ed improvviso o violento o anormale che abbia leso l’integrità fisica o psichica del funzionario».

3       L’art. 16 di tale regolamentazione dispone quanto segue:

«1. Il funzionario che ha subito un infortunio, o i suoi aventi diritto, devono denunciare l’infortunio all’amministrazione dell’istituzione di appartenenza del funzionario.

(…)

La denuncia dell’infortunio deve indicare in dettaglio il giorno e l’ora, le cause e le circostanze dell’infortunio, nonché i nomi degli eventuali testimoni e del terzo responsabile. Ad essa va allegato un certificato medico che specifichi la natura delle lesioni e le probabili conseguenze dell’infortunio.

2. Salvo in caso di forza maggiore o per qualsiasi altro motivo legittimo, la denuncia dell’infortunio va presentata entro il termine di 10 giorni lavorativi dalla data dell’infortunio.

(...)».

4       L’art. 19 della regolamentazione prevede che le decisioni relative al riconoscimento dell’origine infortunistica di un avvenimento siano adottate dall’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») con la procedura prevista dall’art. 21 in base alle conclusioni formulate dal medico o dai medici designati dalle istituzioni e, se il funzionario lo richiede, previa consultazione della commissione medica di cui all’art. 23.

 Fatti di causa

5       Il ricorrente, dipendente di ruolo di grado A7 presso la Direzione generale «Sviluppo» della Commissione, veniva assegnato a Luanda presso la delegazione della Commissione in Angola (in prosieguo: la «delegazione») come dipendente in prova dal 16 giugno 2000, poi come dipendente di ruolo dal 16 marzo 2001.

6       Il 29 ottobre 2001, all’apertura della corrispondenza pervenuta alla delegazione con valigia diplomatica in provenienza dalla sede della Commissione a Bruxelles, il ricorrente veniva a contatto con una polvere bianca (in prosieguo: il «fatto del 29 ottobre 2001»). Egli ne informava immediatamente il capo delegazione.

7       Un campione della polvere di cui trattasi veniva analizzato dall’Instituto Nacional de Saude (Istituto nazionale della sanità) in Angola. Da tale esame risultava, con una probabilità del 90%, che la polvere di cui trattasi conteneva spore del bacillo dell’antrace, in misura significativa in termini di carica batterica.

8       Il 31 ottobre 2001 il ricorrente inviava una nota al capo delegazione (in prosieguo: la «nota del 31 ottobre 2001»), in cui descriveva il fatto del 29 ottobre 2001 e chiedeva che un campione della polvere controversa fosse esaminato all’estero, che fossero allertate le autorità giudiziarie, di polizia e sanitarie, e che fosse aperta un’indagine in Europa e in Angola i cui risultati avrebbero dovuto essere portati a sua conoscenza. Infine, nell’ipotesi in cui le analisi successive avessero confermato la diagnosi preliminare della presenza di antrace, egli chiedeva di essere allontanato dall’Angola e ricoverato in un centro sanitario specializzato a spese della Comunità europea.

9       Il 2 novembre 2001 venivano inviati campioni della polvere controversa all’ARC Onderstepoort Veterinary Institute (in prosieguo: l’«ARC‑OVI») in Sudafrica, laboratorio riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità.

10     La relazione comunicata dall’ARC-OVI, contenente i risultati delle analisi batteriologiche effettuate sul campione, precisava, in data 5 novembre 2001: «Le colture (…) sono state esaminate: si tratta di un Bacillus sp e non di un B. anthracis. Dovranno essere effettuati esami complementari per confermare quali siano le specie in questione e i risultati corrispondenti saranno probabilmente disponibili domani». Lo stesso documento riportava, inoltre, il 6 novembre 2001, il risultato definitivo delle analisi, precisando che «il bacillo isolato [era] stato identificato come un Bacillus megaterium, secondo i criteri elencati nel manuale di Bergey».

11     Lo stesso giorno si teneva una riunione presso la delegazione per informare il personale dei risultati ottenuti.

12     Con nota trasmessa il 3 dicembre 2001 al suo capo delegazione, il ricorrente chiedeva copia di tutti i documenti, a prescindere dalla loro natura, in relazione al fatto del 29 ottobre 2001, segnatamente i risultati dei test effettuati sulla polvere controversa.

13     Il 6 dicembre 2001 il capo dell’amministrazione presso la delegazione inviava all’attenzione del ricorrente i risultati delle analisi trasmesse dall’ARC-OVI che escludevano la presenza di antrace nei campioni esaminati.

14     Con decisione 11 gennaio 2002, successivamente annullata e sostituita, il 18 marzo 2002, da una decisione con effetto 1° aprile 2002, il ricorrente veniva riassegnato a Bruxelles nell’interesse del servizio. Con ricorso registrato con il numero T‑236/02 il ricorrente intende ottenere l’annullamento di tale decisione.

15     Dal 4 gennaio 2002 il ricorrente si trova tuttavia presso il suo domicilio di Tricase, in congedo malattia.

16     Il 25 novembre 2002 il ricorrente sosteneva una visita medica presso il dott. U., medico chirurgo specialista in neurologia e psichiatria, che, nella relazione medica redatta nella stessa data (in prosieguo: la «relazione medica del 25 novembre 2002»), precisava quanto segue:

«Per quanto concerne l’incidente sul lavoro, in particolare, appare indubbio che lo stesso abbia esercitato e tuttora eserciti un’influenza notevole sul decorso, sia in termini di durata che di intensità delle manifestazioni sintomatologiche, della sindrome ansioso-depressiva del paziente, per cui le ripercussioni di tale incidente sulla salute psichica di questi, in senso invalidante, potrebbero essere gravissime. (…) Con l’esplicita riserva derivante dall’attuale assenza di informazioni fornitemi dal paziente sulla natura della sostanza con cui egli è venuto a contatto, le ripercussioni di tale incidente sulla di lui salute fisica, oltre che psichica, potrebbero manifestarsi a distanza di molto tempo dall’incidente stesso ed essere particolarmente gravi ed invalidanti, in funzione, tra l’altro, anche del grado di tossicità della sostanza suddetta, tuttora ignoto».

17     Il 3 dicembre 2002 il ricorrente presentava all’APN una domanda per ottenere il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro ai sensi dell’art. 73 dello Statuto nonché i benefici previsti dalla normativa applicabile (in prosieguo: la «domanda del 3 dicembre 2002»). Alla domanda il ricorrente allegava la seguente documentazione: la nota datata 31 ottobre 2001; una nota da lui redatta il 3 dicembre 2001 e indirizzata al capo delegazione; una nota datata 6 dicembre 2001 e redatta dal capo dell’amministrazione della delegazione, che conteneva, a sua volta, in allegato, copia della relazione dell’ARC-OVI; la relazione medica del 25 novembre 2002; una relazione redatta dal dott. A. P. in data 27 aprile 2002 e una relazione redatta dal dott. M. e datata 16 agosto 2002.

18     A tale domanda non faceva seguito alcuna decisione esplicita. L’11 giugno 2003 il ricorrente presentava reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto.

19     Al reclamo non veniva data alcuna risposta entro il termine previsto all’art. 90, n. 2, dello Statuto.

 Procedimento e conclusioni delle parti

20     Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 gennaio 2004, il ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

21     Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

22     Le difese orali delle parti e le risposte di queste ultime ai quesiti posti dal Tribunale sono state sentite all’udienza pubblica del 2 marzo 2005.

23     Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–       dichiarare ricevibile il ricorso;

–       annullare la decisione implicita della Commissione con cui è stata respinta la domanda presentata dal ricorrente il 3 dicembre 2002 per ottenere il riconoscimento di un infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto (in prosieguo: la «decisione impugnata»);

–       annullare la decisione dell’APN con la quale è stato respinto il suo reclamo presentato contro il rigetto della domanda;

–       dichiarare che il 29 ottobre 2001, quando era in servizio presso la delegazione, egli è stato vittima di un infortunio, avvenuto sul posto di lavoro;

–       dichiarare che l’infortunio sul lavoro è consistito nel fatto che il ricorrente è venuto in contatto, con le proprie mani, nel luogo e in orario di lavoro, con una polvere biancastra di natura chimico-tossicologica tuttora ignota e che ciò ha leso la sua integrità psicofisica e ha causato un effettivo pregiudizio alle sue relazioni sociali;

–       dichiarare il suo diritto ad ottenere tutti i benefici conseguenti all’infortunio sul lavoro previsti dalla regolamentazione e condannare la convenuta alla corresponsione di detti benefici;

–       condannare la convenuta alle spese.

24     In via istruttoria, il ricorrente chiede al Tribunale di disporre:

–       l’acquisizione agli atti del suo fascicolo personale;

–       l’acquisizione agli atti, presso il servizio medico della Commissione ed il regime comune di assicurazione contro le malattie, di tutta la documentazione medica a lui relativa;

–       una perizia medico-legale al fine di valutare il suo stato patologico, il rapporto causale di questo con i fatti denunciati e le conseguenze negative per la sua integrità psicofisica ed il suo effettivo pregiudizio sul piano delle relazioni sociali;

–       idoneo accertamento atto a verificare che la natura chimico-tossicologica della polvere con la quale il ricorrente è venuto a contatto il 29 ottobre 2001 non è ancora stata accertata, tenuto conto, in particolare, che gli esami effettuati sulla stessa sono stati solo ed esclusivamente di natura microbiologica;

–       l’escussione, in qualità di testimoni, di due dipendenti della Commissione su quanto accaduto nella delegazione il 29 ottobre 2001.

25     La convenuta conclude che il Tribunale voglia:

–       respingere il ricorso come irricevibile o infondato;

–       statuire sulle spese come di diritto.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

26     In ordine alla ricevibilità delle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata e di quella di rigetto del reclamo contro tale decisione, la convenuta considera, senza sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità, che il ricorso sia irricevibile, in quanto il ricorrente non ha correttamente seguito la procedura che permette di dichiarare il preteso infortunio sul lavoro quale esposta all’art. 16 della regolamentazione a cui rinvia l’art. 73, n. 1, dello Statuto.

27     Innanzi tutto, la Commissione fa osservare che la nota del 31 ottobre 2001 non soddisfa le condizioni dell’art. 16 della regolamentazione. Infatti, in primo luogo, il ricorrente non l’avrebbe inviata per denunciare un infortunio, ma perché fossero accolte altre domande connesse al preteso infortunio. In secondo luogo, nessun certificato medico che precisasse la natura delle lesioni e le probabili conseguenze dell’infortunio sarebbe stato allegato alla nota del 31 ottobre 2001, contrariamente a quanto richiesto dall’art. 16 della regolamentazione. Per quanto riguarda la relazione medica del 25 novembre 2002, allegata alla domanda del 3 dicembre 2002, che faceva riferimento alla nota del 31 ottobre 2001, la convenuta fa osservare che una relazione redatta un anno dopo il preteso infortunio non è conforme a quanto richiesto dalla regolamentazione.

28     D’altra parte, per quanto riguarda la domanda del 3 dicembre 2002, la Commissione fa osservare che essa è stata inviata oltre un anno dopo il fatto del 29 ottobre 2001 e quindi dopo la scadenza del termine di dieci giorni lavorativi di cui all’art. 16, n. 2, della regolamentazione. Al riguardo, la convenuta rileva, in primo luogo, che risulta chiaramente dalla formulazione letterale di tale articolo che il detto termine decorre a partire dalla data dell’infortunio e non dalla data della prima diagnosi delle lesioni. In secondo luogo, la convenuta fa osservare che tale termine dev’essere considerato come un termine di decadenza. Tale conclusione discenderebbe, da un lato, dal fatto che, a parere della Commissione, la ragion d’essere della denuncia è quella di «cristallizzare», al momento dei fatti, una sintomatologia legata all’infortunio e, dall’altro, dal fatto che l’art. 16, n. 2, della regolamentazione prevede una proroga eccezionale in caso di forza maggiore o per qualsiasi altro motivo legittimo.

29     Inoltre la convenuta ritiene che il ricorrente non possa sostenere che nella fattispecie egli si trovava di fronte ad «un caso di forza maggiore» o a «un altro motivo legittimo», dato che nulla gli impediva di salvaguardare prontamente i suoi interessi al momento del fatto del 29 ottobre 2001 e che egli non ha fornito alcun elemento di prova al riguardo. La convenuta contesta in particolare l’affermazione del ricorrente secondo cui il suo stato di salute gli impediva di intraprendere qualsiasi azione connessa all’infortunio e fa osservare che tale stato di salute non ha impedito al ricorrente di redigere, qualche giorno dopo il fatto del 29 ottobre 2001, la nota del 31 ottobre 2001.

30     Il ricorrente fa valere che il suo ricorso è ricevibile. Egli contesta l’affermazione secondo la quale egli non ha seguito la procedura che permette di dichiarare un infortunio sul lavoro. Egli fa osservare, tuttavia, che anche supponendo che tale affermazione sia fondata, nessuna disposizione di natura regolamentare prevede che occorra seguire la detta procedura a pena di irricevibilità della domanda diretta a ottenere i diritti previsti dal diritto comunitario applicabile.

31     Da una parte, il ricorrente fa valere di aver denunciato l’incidente all’amministrazione, conformemente all’art. 16 della regolamentazione, con la nota del 31 ottobre 2001 che conteneva tutte le informazioni richieste dall’amministrazione. Anche se tale nota non comportava certificati medici che descrivessero la natura delle lesioni e le conseguenze probabili del fatto del 29 ottobre 2001, la regolamentazione sarebbe stata rispettata nella sua finalità dato che l’amministrazione è stata informata di tale fatto e doveva essere cosciente dei suoi eventuali effetti negativi sull’integrità psicofisica del ricorrente. Inoltre, la relazione medica del 25 novembre 2002 sarebbe stata allegata alla domanda del 3 dicembre 2002 e tale domanda avrebbe specificamente fatto riferimento alla nota del 31 ottobre 2001, precisando che essa costituiva «integrazione, in particolare, del detto suo atto datato 31 ottobre 2001».

32     D’altra parte, il ricorrente contesta l’argomento della Commissione secondo il quale la domanda del 3 dicembre 2002 è stata inviata dopo la scadenza del termine previsto all’art. 16, n. 2, della regolamentazione. Al riguardo egli fa valere, in primo luogo, che la «data dell’infortunio», a cui fa riferimento tale articolo, può essere nella fattispecie solo la data in cui egli è venuto a conoscenza degli effetti negativi sulla sua integrità psicofisica del fatto del 29 ottobre 2001 e quindi, nel caso di specie, il 25 novembre 2002, quando tali effetti sono stati diagnosticati per la prima volta da un medico. Il ricorrente ritiene che tale interpretazione sia la sola conforme al «principio di ragionevolezza», comune agli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. In secondo luogo, il ricorrente sostiene che il termine di dieci giorni lavorativi, previsto all’art. 16 della regolamentazione, non è un termine perentorio. Tale conclusione risulterebbe, da una parte, dal riferimento alla forza maggiore ovvero a qualsiasi altro legittimo motivo esimente dal rispetto del termine. D’altra parte, tale conclusione si imporrebbe alla luce della ratio legis di tale disposizione, e cioè, che, a parere del ricorrente, risiede nell’esigenza che l’istituzione comunitaria in questione sia tempestivamente informata di quanto accaduto ad un suo dipendente e delle possibili conseguenze sulla sua integrità psicofisica appena questi ne viene a conoscenza. Orbene, tale esigenza sarebbe stata rispettata nel caso di specie.

33     Inoltre, il ricorrente afferma che, anche supponendo che il termine non fosse stato rispettato, il suo stato di salute gli impediva di impegnarsi in qualsiasi attività connessa con il fatto del 29 ottobre 2001, come egli ha precisato nella sua domanda del 3 dicembre 2001 e come risulterebbe dalle relazioni mediche che l’accompagnavano. La malattia del ricorrente costituirebbe quindi un «caso di forza maggiore o qualsiasi altro motivo legittimo» che giustifica, ai sensi dell’art. 16, n. 2, della regolamentazione, un’eccezione al termine fissato. Il ricorrente rileva, al riguardo, che secondo la giurisprudenza (sentenza della Corte 30 maggio 1984, causa 224/83, Ferriera Vittoria/Commissione, Racc. pag. 2349, punto 13), la nozione di forza maggiore non richiede un’impossibilità assoluta ma impone che si tratti di difficoltà anormali, indipendenti dalla volontà della persona interessata.

 Giudizio del Tribunale

34     Si deve ricordare, in via preliminare, che la ricevibilità del ricorso in esame dev’essere esaminata alla luce delle disposizioni degli artt. 90 e 91 dello Statuto. Dalla lettura degli stessi, nonché da una giurisprudenza costante, risulta che può essere sottoposta al giudice comunitario ogni controversia tra la Comunità e una delle persone indicate nello Statuto vertente sulla legittimità di un atto che arrechi pregiudizio a detta persona (sentenze del Tribunale 3 aprile 1990, causa T‑135/89, Pfloeschner/Commissione, Racc. pag. II‑153, punto 11, e 29 giugno 2004, causa T‑188/03, Hivonnet/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 16). Inoltre, gli artt. 90 e 91 dello Statuto subordinano la ricevibilità di un siffatto ricorso alla condizione di uno svolgimento regolare del procedimento precontenzioso (ordinanze del Tribunale 7 dicembre 1999, causa T‑108/99, Reggimenti/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑243 e II‑1205, punto 19, e 14 febbraio 2005, causa T‑406/03, Ravailhe/Comitato delle regioni, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 40).

35     Qualora il dipendente cerchi di ottenere che l’APN adotti nei suoi confronti una decisione o un provvedimento, il procedimento amministrativo deve iniziare con la domanda dell’interessato che invita detta autorità ad adottare la decisione o il provvedimento richiesto, a norma dell’art. 90, n. 1. Solo contro la decisione di rigetto di questa domanda, decisione che, in caso di mancata risposta dell’amministrazione, si dà per acquisita alla scadenza del termine di quattro mesi, l’interessato può presentare all’APN, entro un nuovo termine di tre mesi, un reclamo ai sensi del n. 2 di detto articolo (ordinanza della Corte 4 giugno 1987, causa 16/86, GP/CES, Racc. p. 2409, punto 6; ordinanze del Tribunale 1° ottobre 1991, causa T‑38/91, Coussios/Commissione, Racc. pag. II‑763, punto 23, e Reggimenti/Parlamento, cit., punto 19).

36     Nella fattispecie, nella domanda del 3 dicembre 2002, il ricorrente ha chiesto all’APN il riconoscimento dell’infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto nonché i benefici previsti dalla normativa applicabile. Orbene, il riconoscimento di un infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto rientra, in forza della regolamentazione, nella competenza dell’APN. Pertanto, ove il ricorrente abbia invitato l’autorità competente a prendere una decisione nei suoi confronti e abbia precisato l’oggetto della sua domanda in maniera sufficientemente chiara perché tale autorità potesse statuire con cognizione di causa, la domanda del 3 dicembre 2002 costituisce effettivamente una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto (v., in questo senso, sentenze della Corte 12 marzo 1975, causa 23/74, Küster/Parlamento, Racc. pag. 353, punto 11, e 17 dicembre 1981, causa 178/80, Bellardi-Ricci e a./Commissione, Racc. pag. 3187, punto 9; sentenze del Tribunale 27 giugno 1991, causa T‑156/89, Valverde Mordt/Corte di giustizia, Racc. pag. II‑407, punto 28, e 11 giugno 1996, causa T‑111/94, Ouzounoff Popoff/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑277 e II‑819, punto 28).

37     Di conseguenza, il rifiuto dell’APN di accogliere la pretesa del ricorrente, rifiuto che, in forza dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, è venuto in essere implicitamente alla scadenza di un termine di quattro mesi, costituisce un atto che gli arreca pregiudizio impugnabile con ricorso di annullamento, a condizione che il ricorrente abbia precedentemente e validamente presentato un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto (v., in questo senso, sentenza Pfloeschner/Commissione, cit., punto 17, e ordinanza Ravailhe/Comitato delle regioni, cit., punto 50). Orbene, è giocoforza constatare che la domanda di annullamento in esame è stata effettivamente preceduta da un procedimento precontenzioso conforme all’art. 90 dello Statuto.

38     Tenuto conto di quanto precede, non occorre verificare, quanto alla ricevibilità del ricorso, se la procedura prescritta all’art. 16 della regolamentazione sia stata effettivamente rispettata dal ricorrente. Infatti, anche nell’ipotesi in cui il ricorrente non abbia denunciato l’infortunio conformemente a detta regolamentazione, tale circostanza non può comportare l’irricevibilità del ricorso che, come è stato sopra rilevato, è stato proposto in conformità delle disposizioni degli artt. 90 e 91 dello Statuto (v., per analogia, sentenza della Corte 10 dicembre 1980, causa 23/80, Grasselli/Commissione, Racc. pag. 3709, punto 26).

39     Ad abundantiam, si deve rilevare che non si può obiettare, nel caso di specie, che il ricorrente non aveva il diritto di presentare una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, dato che non aveva depositato una denuncia di infortunio quale prevista dall’art. 16 della regolamentazione. Infatti, l’art. 90, n. 1, dello Statuto dispone, senza restrizioni, che qualsiasi persona cui si applica lo Statuto possa presentare all’APN una domanda che l’inviti a prendere una decisione nei suoi confronti. Di conseguenza, la circostanza che un dipendente non abbia rispettato la specifica procedura che disciplina le denunce di infortunio, anche se può, eventualmente, essere presa in considerazione dall’APN per statuire sull’oggetto della domanda, non può ostacolare l’esercizio stesso del diritto di depositare una domanda, diritto di cui dispone ogni dipendente ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto.

40     Ne consegue che la domanda di annullamento è ricevibile nella parte in cui riguarda la decisione impugnata.

41     Per contro, il capo della domanda diretto all’annullamento della decisione implicita di rigetto del reclamo dell’11 giugno 2002 dev’essere dichiarato irricevibile. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, una decisione di rigetto di un reclamo, sia essa implicita o esplicita, si limita, se è pura e semplice, a confermare l’atto o l’omesso atto lamentato dall’autore del reclamo e non costituisce, in quanto tale, un atto impugnabile (v. sentenza del Tribunale 3 marzo 2000, causa T‑197/98, Rudolph/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑55 e II‑241, punto 49, e giurisprudenza citata).

42     D’altro canto, gli altri capi della domanda, ad eccezione di quello diretto alla condanna della convenuta alle spese, devono anch’essi essere dichiarati irricevibili. Basti constatare, al riguardo, che nell’ambito del controllo di legittimità basato sull’art. 91 dello Statuto, il giudice comunitario non è competente a rendere dichiarazioni di principio né a rivolgere ingiunzioni all’amministrazione (sentenze del Tribunale 11 giugno 1996, causa T‑147/95, Pavan/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑291 e II‑861, punto 24; 5 novembre 1996, cause riunite T‑21/95 e T‑186/95, Mazzocchi-Alemanni/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑501 e II‑1377, punto 44).

 Sul merito

43     A sostegno del suo ricorso, il ricorrente deduce due motivi di annullamento. Il primo motivo è relativo alla carenza di motivazione della decisione impugnata e, quindi, alla violazione dell’art. 25 dello Statuto. Il secondo motivo è relativo alla violazione dell’art. 2 della regolamentazione.

 Argomenti delle parti

44     Per quanto riguarda il primo motivo, il ricorrente sostiene che la decisione impugnata è viziata da una carenza totale di motivazione. D’altro canto, il ricorrente rileva di non disporre di alcuna informazione sui motivi che hanno indotto la convenuta a respingere implicitamente la detta domanda.

45     Al riguardo, il ricorrente ritiene che il fatto di essere stato informato dei risultati dell’esame della polvere in questione effettuato dall’ARC‑OVI è privo di pertinenza. Da una parte, tali risultati non avrebbero escluso la presenza di microrganismi diversi dai batteri né, a fortiori, che la polvere in questione fosse comunque tossica. D’altra parte, i pregiudizi all’integrità psicofisica del ricorrente a seguito del fatto del 29 ottobre 2001 sarebbero, almeno in parte, indipendenti dalla natura della polvere. A sostegno di tale tesi, egli cita un estratto della relazione medica del 25 novembre 2002, in cui si afferma, in mancanza di informazioni sulla natura della polvere in questione, che indubbiamente il fatto del 29 ottobre 2001 ha esercitato e tuttora esercita un’influenza notevole sul decorso, sia in termini di durata sia di intensità dei sintomi presentati, della sindrome ansioso-depressiva del ricorrente. Sarebbero quindi la paura derivante dal contatto con la polvere in questione e l’incertezza che perdurerebbe sulla natura della polvere stessa ad aver recato pregiudizio all’integrità psicofisica del ricorrente.

46     La convenuta fa osservare che, alla luce della giurisprudenza, un atto dell’APN è considerato sufficientemente motivato quando interviene in un contesto noto al dipendente interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento che lo riguarda (sentenza del Tribunale 22 gennaio 1998, causa T‑98/96, Costacurta/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑21 e II‑49, punti 86-90).

47     Ora, nella fattispecie, il ricorrente sarebbe stato debitamente informato dalle autorità competenti dei risultati dell’analisi della polvere in questione, analisi effettuata rapidamente e i cui risultati sarebbero stati negativi senza alcun margine di dubbio. Di conseguenza, la Commissione ritiene che, in questo contesto ben noto al ricorrente, quest’ultimo disponesse di tutti i mezzi necessari per comprendere la portata del silenzio dell’APN.

48     In risposta all’argomento del ricorrente secondo il quale il pregiudizio al suo stato di salute causato dal fatto del 29 ottobre 2001 sarebbe, almeno in parte, indipendente dalla natura della polvere in questione, la convenuta rileva che nel caso di specie si potrebbe parlare di un infortunio sul lavoro, alla luce della definizione di cui all’art. 2 della regolamentazione, solo se il ricorrente fosse stato in contatto con polvere contenente antrace.

 Giudizio del Tribunale

49     In ordine alla violazione dell’art. 25, secondo comma, dello Statuto, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivazione prescritto da tale disposizione, che si limita a riprodurre l’obbligo generale sancito all’art. 253 CE, ha lo scopo, da una parte, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per valutare la fondatezza dell’atto che gli arreca pregiudizio e l’opportunità di proporre ricorso dinanzi al Tribunale e, dall’altra, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo sulla legittimità dell’atto. Ne consegue che l’obbligo di motivazione così sancito costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario al quale si può derogare solo in forza di ragioni imperative (sentenza della Corte 26 novembre 1981, causa 195/80, Michel/Parlamento, Racc. pag. 2861, punto 22; sentenze del Tribunale Pérez-Minguez Casariego/Commissione, cit., punto 73, e 6 luglio 2004, causa T‑281/01, Huygens/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 105).

50     Nella fattispecie è pacifico che l’APN non ha risposto né alla domanda del ricorrente del 3 dicembre 2002 né al reclamo presentato dal ricorrente contro il rigetto implicito di tale domanda.

51     La Commissione fa valere, tuttavia, che la notifica dei risultati dell’analisi della polvere in questione effettuata dall’ARC-OVI ha posto il ricorrente in condizione di comprendere la portata della decisione impugnata.

52     Tale argomento non può essere accolto. Infatti, da una parte, risulta dagli argomenti addotti dalla convenuta, nel corso della fase scritta del procedimento e all’udienza, circa la ricevibilità del ricorso che la domanda del 3 dicembre 2002 è stata respinta in quanto l’APN aveva considerato che il ricorrente non aveva presentato una denuncia di infortunio che soddisfacesse quanto richiesto dall’art. 16 della regolamentazione e che per questo motivo l’APN non ha avviato il procedimento previsto dall’art. 19 della detta regolamentazione per il riconoscimento dell’origine da infortunio di un evento. Ora, tale motivo di rigetto della domanda del 3 dicembre 2002 non si deduce in alcun modo dalla notifica dei risultati dell’analisi della polvere in questione.

53     D’altra parte, anche supponendo che la decisione impugnata sia stata motivata dalla considerazione che solo nell’ipotesi in cui la polvere in questione avesse contenuto antrace il fatto del 29 ottobre 2001 avrebbe potuto costituire un infortunio, ai sensi dell’art. 2 della regolamentazione, è giocoforza constatare che il ricorrente non poteva dedurre tale motivazione dal semplice fatto che i risultati dell’analisi della detta polvere gli erano stati notificati.

54     Alla luce di quanto precede, si deve constatare che la decisione impugnata è viziata da totale carenza di motivazione. Tale constatazione è corroborata dal fatto che solo nella replica il ricorrente ha preso posizione, per la prima volta, sul rispetto della procedura prevista all’art. 16 della regolamentazione. Di conseguenza, occorre osservare che la sola motivazione fornita dall’APN al ricorrente è consistita in spiegazioni fornite nell’ambito del controricorso e della controreplica.

55     Ora, secondo la giurisprudenza costante, una carenza totale di motivazione prima della proposizione di un ricorso non può essere sanata da spiegazioni fornite dall’APN nel corso del giudizio (v. sentenza Huygens/Commissione, cit., punto 112, e la giurisprudenza citata). In tale fase, siffatte spiegazioni non assolvono più la loro funzione. La proposizione di un ricorso fa quindi venir meno la possibilità per l’APN di regolarizzare la sua decisione con una risposta recante rigetto del reclamo (sentenza della Corte 9 dicembre 1993, causa C‑115/92 P, Parlamento/Volger, Racc. pag. I‑6549, punto 23, e sentenza Huygens/Commissione, cit., punto 108).

56     Alla luce di quanto precede si deve accogliere il motivo in esame e annullare la decisione impugnata senza che sia necessario esaminare il secondo motivo fatto valere dal ricorrente.

57     Per quanto riguarda i provvedimenti istruttori richiesti dal ricorrente (v. supra, punto 24), risulta, da una parte, dagli elementi degli atti e, dall’altra, da tutto quanto precede che tali provvedimenti non presentano alcuna utilità per la soluzione della controversia. Di conseguenza, debbono essere respinte le conclusioni dirette ad ottenere che il Tribunale ordini i provvedimenti istruttori.

 Sulle spese

58     Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente ha chiesto la condanna della convenuta alle spese, quest’ultima, rimasta sostanzialmente soccombente, va condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione di rigetto della domanda proposta dal ricorrente il 3 dicembre 2002 al fine di ottenere il riconoscimento di un infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto del personale delle Comunità europee è annullata.

2)      Le conclusioni dirette ad ottenere che il Tribunale ordini provvedimenti istruttori sono respinte.

3)      Per il resto, il ricorso è irricevibile.

4)      La Commissione è condannata alle spese.



Cooke

Labucka

Trstenjak





Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 luglio 2005.

Il cancelliere

 

Il presidente



H. Jung

 

J. D. Cooke


* Lingua processuale: l’italiano.