Language of document : ECLI:EU:C:2021:114

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate l’11 febbraio 2021 (1)

Causa C535/19

A

in presenza di

Latvijas Republikas Veselības ministrija

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema, Lettonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Diritto di libera circolazione e di libero soggiorno nel territorio degli Stati membri – Cittadino dell’Unione economicamente inattivo che ha lasciato il proprio Stato membro d’origine per stabilirsi in uno Stato membro ospitante a fini di ricongiungimento familiare – Diniego di iscrizione al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e di presa in carico delle prestazioni di assistenza sanitaria pubblica – Direttiva 2004/38/CE – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) – Condizione della disponibilità di un’“assicurazione malattia che copra tutti i rischi” – Nozione di “onere eccessivo” – Articolo 24 – Diritto alla parità di trattamento – Regolamento (CE) n. 883/2004 – Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) – Nozione di “prestazione di malattia” – Articolo 4 e articolo 11, paragrafo 3, lettera e) – Portata – Effettivo nesso di integrazione con lo Stato membro ospitante – Conseguenze»






I.      Introduzione

1.        La presente causa verte sul diritto di un cittadino dell’Unione, economicamente inattivo, il quale ha esercitato il suo diritto alla libera circolazione trasferendosi in uno Stato membro a fini di ricongiungimento familiare, di essere iscritto alla sicurezza sociale di quest’ultimo e di beneficiare delle prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato.

2.        La causa in esame solleva ancora una volta la questione dell’interazione fra la direttiva 2004/38/CE (2) e il regolamento (CE) n. 883/2004 (3), ma in un contesto diverso. In tre cause precedenti (4), i cittadini dell’Unione interessati non soddisfacevano le condizioni fissate dalla direttiva 2004/38 per beneficiare di un diritto di soggiorno legale nello Stato membro ospitante, ossia disporre di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. Essi non disponevano di siffatte risorse e uno fra loro era entrato nel territorio dello Stato membro ospitante a fini qualificati come «turismo sociale» con il solo scopo di fruire ivi di prestazioni sociali. La Corte ne ha concluso che tali cittadini dell’Unione potevano vedersi negare l’erogazione di prestazioni sociali nello Stato membro ospitante a parità con i cittadini di quest’ultimo fintantoché non avessero soggiornato ivi legalmente per cinque anni e acquisito un diritto di soggiorno permanente.

3.        Nella presente causa, il cittadino dell’Unione soddisfa, al contrario, le due condizioni richieste e si pone la questione se ne consegua che egli ha diritto allo stesso trattamento dei cittadini dello Stato membro ospitante per quanto riguarda l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica.

4.        Ci si chiede se, in nome della preservazione dell’equilibrio finanziario del suo sistema di sicurezza sociale, lo Stato membro ospitante possa cionondimeno negargli l’affiliazione e l’erogazione di siffatte prestazioni sanitarie a parità con i propri cittadini, fondandosi sulla condizione della disponibilità di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi.

5.        È questa la questione principale sollevata dall’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema, Lettonia) nell’ambito di una controversia sorta fra un cittadino italiano e il Latvijas Republikas Veselības ministrija (Ministero della Sanità della Repubblica di Lettonia; in prosieguo: il «Ministero lettone della Sanità»). Si tratta di una questione che riveste un’importanza significativa tanto per gli Stati membri quanto per i cittadini dell’Unione.

6.        A seguito di un’analisi della direttiva 2004/38 e del regolamento n. 883/2004, alla luce della giurisprudenza della Corte, proporrò a quest’ultima di dichiarare che un cittadino dell’Unione economicamente inattivo, ma che soddisfa le condizioni enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, il quale abbia trasferito il centro di tutti i suoi interessi in uno Stato membro ospitante e presenti un effettivo nesso di integrazione con il medesimo, non può vedersi negare sistematicamente l’iscrizione alla sicurezza sociale di tale Stato membro e il beneficio di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato, alle stesse condizioni dei suoi cittadini, con la motivazione che egli non esercita ivi un’attività subordinata o autonoma.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Il regolamento n. 883/2004

7.        L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 prevede quanto segue:

«Il presente regolamento si applica ai cittadini di uno Stato membro, agli apolidi e ai rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti».

8.        L’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Ambito d’applicazione “ratione materiae”», dispone quanto segue ai suoi paragrafi 1 e 5:

«1.      Il presente regolamento si applica a tutte le legislazioni relative ai settori di sicurezza sociale riguardanti:

a)      le prestazioni di malattia;

(...).

5.      Il presente regolamento non si applica:

a)      all’assistenza sociale e medica; (…)

(...)».

9.        L’articolo 4 di detto regolamento, intitolato «Parità di trattamento», così recita:

«Salvo quanto diversamente previsto dal presente regolamento, le persone alle quali si applica il presente regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato».

10.      L’articolo 11 di questo stesso regolamento dispone quanto segue:

«1.      Le persone alle quali si applica il presente regolamento sono soggette alla legislazione di un singolo Stato membro. Tale legislazione è determinata a norma del presente titolo.

(...)

3.      Fatti salvi gli articoli da 12 a 16:

a)      una persona che esercita un’attività subordinata o autonoma in uno Stato membro è soggetta alla legislazione di tale Stato membro;

(...)

e)      qualsiasi altra persona che non rientri nelle categorie di cui alle lettere da a) a d) è soggetta alla legislazione dello Stato membro di residenza, fatte salve le altre disposizioni del presente regolamento che le garantiscono l’erogazione di prestazioni in virtù della legislazione di uno o più altri Stati membri.

(...)».

2.      La direttiva 2004/38

11.      La direttiva 2004/38 ha abrogato, segnatamente, le direttive 90/365/CEE (5), 90/366/CEE (6) e 90/364/CEE (7), le quali riguardavano rispettivamente i diritti di soggiorno dei pensionati, degli studenti e di altri soggetti inattivi.

12.      I considerando 9 e 10 di tale direttiva enunciano quanto segue:

«(9)      I cittadini dell’Unione dovrebbero aver il diritto di soggiornare nello Stato membro ospitante per un periodo non superiore a tre mesi senza altra formalità o condizione che il possesso di una carta d’identità o di un passaporto in corso di validità, fatto salvo un trattamento più favorevole applicabile ai richiedenti lavoro, come riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

(10)      Occorre tuttavia evitare che coloro che esercitano il loro diritto di soggiorno diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo iniziale di soggiorno. Pertanto il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari per un periodo superiore a tre mesi dovrebbe essere subordinato a condizioni».

13.      L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva dispone quanto segue:

«Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione:

a)      di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o

b)      di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; o

c)       – di essere iscritto presso un istituto pubblico o privato, riconosciuto o finanziato dallo Stato membro ospitante in base alla sua legislazione o prassi amministrativa, per seguirvi a titolo principale un corso di studi inclusa una formazione professionale;

 – di disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di assicurare all’autorità nazionale competente, con una dichiarazione o con altro mezzo di sua scelta equivalente, di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il suo periodo di soggiorno; o

d)      di essere un familiare che accompagna o raggiunge un cittadino dell’Unione rispondente alle condizioni di cui alle lettere a), b) o c)».

14.      L’articolo 14, paragrafi 1, 2 e 4 della stessa direttiva così recita:

«1.      I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui all’articolo 6 finché non diventano un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

2.      I cittadini dell’Unione e i loro familiari beneficiano del diritto di soggiorno di cui agli articoli 7, 12 e 13 finché soddisfano le condizioni fissate negli stessi.

(...)

4.       In deroga ai paragrafi 1 e 2 e senza pregiudizio delle disposizioni del capitolo VI, un provvedimento di allontanamento non può essere adottato nei confronti di cittadini dell’Unione o dei loro familiari qualora:

(...)

b)      i cittadini dell’Unione siano entrati nel territorio dello Stato membro ospitante per cercare un posto di lavoro. In tal caso i cittadini dell’Unione e i membri della loro famiglia non possono essere allontanati fino a quando i cittadini dell’Unione possono dimostrare di essere alla ricerca di un posto di lavoro e di avere buone possibilità di trovarlo».

15.      L’articolo 24 della direttiva 2004/38, intitolato «Parità di trattamento», dispone quanto segue:

«1.      Fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato, ogni cittadino dell’Unione che risiede, in base alla presente direttiva, nel territorio dello Stato membro ospitante gode di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato nel campo di applicazione del trattato. Il beneficio di tale diritto si estende ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente.

2.      In deroga al paragrafo 1, lo Stato membro ospitante non è tenuto ad attribuire il diritto a prestazioni d’assistenza sociale durante i primi tre mesi di soggiorno o, se del caso, durante il periodo più lungo previsto all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), né è tenuto a concedere prima dell’acquisizione del diritto di soggiorno permanente aiuti di mantenimento agli studi, compresa la formazione professionale, consistenti in borse di studio o prestiti per studenti, a persone che non siano lavoratori subordinati o autonomi, che non mantengano tale status o loro familiari».

B.      Normativa lettone

16.      L’articolo 17 dell’Ārstniecības likums (legge sulle cure mediche), nella sua versione in vigore alla data dei fatti del procedimento principale, disponeva quanto segue:

«1.      Le cure mediche finanziate dal bilancio generale dello Stato e dalle risorse del beneficiario delle cure, secondo le modalità definite in consiglio dei ministri, vengono dispensate alle seguenti persone:

1)      i cittadini lettoni;

2)      i non cittadini lettoni;

3)      i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, degli Stati dello Spazio economico europeo e della Confederazione svizzera, i quali soggiornano in Lettonia a causa di un lavoro o dell’esercizio di un’attività indipendente, nonché i membri della loro famiglia;

4)      gli stranieri autorizzati a soggiornare in via permanente in Lettonia;

(...)

3.      Le persone che sono coniugate con cittadini lettoni e con non cittadini lettoni e che sono titolari di un titolo di soggiorno temporaneo in Lettonia hanno il diritto, secondo le modalità definite in consiglio dei ministri, di beneficiare gratuitamente di cure ostetriche finanziate dal bilancio generale dello Stato e dalle risorse dei beneficiari delle cure.

(...)

5.      Le persone che non vengono menzionate ai paragrafi 1, 3 e 4 del presente articolo ricevono cure mediche dietro pagamento».

17.      L’articolo 7 del Veselības aprūpes finansēšanas likums (legge sul finanziamento delle cure mediche), nella sua versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale, così recita:

«Ogni persona ha il diritto di ricevere un’assistenza medica urgente. Il consiglio dei ministri ne stabilisce le modalità».

III. Procedimento principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

18.      Alla fine del 2015, il sig. A, un cittadino italiano, ha lasciato l’Italia per stabilirsi in Lettonia al fine di ricongiungersi con la moglie, cittadina lettone, e i due figli minori, aventi la cittadinanza lettone e italiana.

19.      Prima della sua partenza, A era iscritto in un registro dei cittadini italiani che si stabiliscono fuori dall’Italia per un periodo superiore ai dodici mesi. Le persone iscritte in tale registro vengono private della possibilità di beneficiare in Italia delle cure mediche assicurate da detto Stato.

20.      Il 22 gennaio 2016, A ha chiesto al servizio sanitario nazionale lettone l’iscrizione nel registro dei beneficiari di una copertura sanitaria pubblica che dà diritto a prestazioni sanitarie finanziate dalla Repubblica di Lettonia, in altre parole di iscriverlo al suo sistema di sicurezza sociale e di rilasciargli una tessera europea di assicurazione malattia (8).

21.      Con decisione del 17 febbraio 2016, tale servizio sanitario nazionale ha respinto siffatte domande.

22.      La decisione in parola è stata convalidata da una decisione dell’8 luglio 2016 del Ministero lettone della Sanità, con la motivazione che A non era un lavoratore né subordinato né autonomo in Lettonia, ma che soggiornava in tale paese sulla base di un attestato d’iscrizione di cittadino dell’Unione. Come è stato confermato nell’udienza dinanzi alla Corte, solo dal 4 gennaio 2018 il ricorrente ha trovato un primo impiego in Lettonia. Per questo motivo, egli non rientrerebbe nella categoria delle persone menzionate all’articolo 17, paragrafi 1, 3 o 4 della legge sulle cure mediche che possono beneficiare di una copertura sanitaria pubblica, la quale dà diritto all’assistenza sanitaria pubblica. Il giudice del rinvio precisa che i cittadini dell’Unione, come A, possono beneficiare soltanto delle cure ostetriche e dell’assistenza medica urgente pubbliche. Quanto al resto, essi possono ricevere prestazioni sanitarie rientranti nel sistema sanitario pubblico, ma devono finanziarle con i propri mezzi.

23.      Il ricorrente ha proposto un ricorso avverso tale decisione dinanzi all’administratīvā rajona tiesa (tribunale amministrativo distrettuale, Lettonia). Quest’ultimo lo ha respinto, ritenendo, in sostanza, che, benché A abbia soggiornato legalmente in Lettonia in conformità ai requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 e che A possa, di conseguenza, invocare il principio di non discriminazione enunciato all’articolo 24, paragrafo 1, di tale direttiva, una disparità di trattamento potesse essere giustificata, giacché essa si fondava su considerazioni oggettive e perseguiva l’obiettivo legittimo di proteggere le finanze pubbliche. Una siffatta disparità di trattamento sarebbe parimenti proporzionata nella misura in cui A avrebbe diritto ad un’assistenza medica urgente, i premi per un’assicurazione malattia privata non sarebbero elevati e, al termine di soli cinque anni, egli potrebbe ottenere un diritto di soggiorno che gli consente di beneficiare dell’assistenza sanitaria presa in carico dallo Stato.

24.      Con sentenza del 5 gennaio 2018, l’Administratīvā apgabaltiesa (Corte amministrativa regionale, Lettonia) ha respinto l’appello interposto avverso tale sentenza.

25.      L’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema), investita di un’impugnazione avverso la sentenza del 5 gennaio 2018, ritiene che sia necessaria una decisione pregiudiziale della Corte per risolvere la controversia di cui al procedimento principale.

26.      Il giudice del rinvio rileva che la legge sulle cure mediche traspone l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38. Mentre tale giudice non nutre alcun dubbio sull’applicabilità della direttiva in parola, esso si interroga, per contro, sull’applicabilità del regolamento n. 883/2004. Infatti, detto giudice reputa necessario stabilire se prestazioni sanitarie dispensate dallo Stato, come quelle fornite in Lettonia, rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004. Il giudice del rinvio si pone tale questione tenendo conto, in primo luogo, del finanziamento del sistema di sicurezza sociale lettone, il quale, nel 2016, avveniva principalmente tramite le imposte e, in secondo luogo, dell’esclusione dell’«assistenza sociale e medica» dall’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004 ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, di succitato regolamento. Tale giudice precisa che l’accesso all’assistenza sanitaria finanziata dallo Stato è accordato sulla scorta di criteri oggettivi e che il sistema lettone può essere descritto come un sistema di assicurazione pubblica obbligatoria contro le malattie.

27.      Per il caso in cui il regolamento n. 883/2004 fosse applicabile, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), di tale regolamento, secondo il quale la legge applicabile è quella dello Stato membro di residenza dell’interessato, osti a che il ricorrente si veda negare l’iscrizione al sistema sanitario finanziato dallo Stato tanto in Italia quanto in Lettonia e si trovi dunque totalmente privato dell’accesso ad una siffatta protezione.

28.      Inoltre, il giudice del rinvio esprime la sua preoccupazione quanto al fatto che il principio di non discriminazione sancito all’articolo 18 TFUE, e precisato all’articolo 24 della direttiva 2004/38, nonché all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, non sia stato rispettato. Al medesimo sembra che la normativa lettone imponga ai cittadini dell’Unione economicamente inattivi una restrizione sproporzionata all’accesso al sistema di assicurazione pubblica obbligatoria contro le malattie.

29.      Tale giudice ritiene che occorra valutare la situazione concreta del ricorrente. Esso sottolinea segnatamente che A si è trasferito in Lettonia per ricongiungersi alla sua famiglia, che è stato impiegato in Italia, che ha cercato un lavoro in Lettonia e che ha, in quest’ultimo Stato membro, due figli minori aventi la doppia cittadinanza lettone e italiana. Suddetti elementi depongono, a suo avviso, a favore dell’esistenza di legami personali stretti del ricorrente con la Repubblica di Lettonia, i quali non consentono di escluderlo automaticamente dall’iscrizione al suo regime sanitario pubblico.

30.      Ciò premesso, detto giudice riconosce che un cittadino dell’Unione può rivendicare una parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 solo se il suo soggiorno nel territorio di tale Stato membro ospitante rispetta le condizioni della direttiva in parola. Il giudice del rinvio rileva, a tal riguardo, che A soddisfa le condizioni di soggiorno enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, poiché egli dispone di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi in Lettonia, sottolineando al contempo che egli è stato escluso dal beneficio di una copertura sanitaria pubblica che dà diritto all’assistenza sanitaria finanziata dallo Stato. Pertanto, tale giudice si chiede se il fatto che un cittadino dell’Unione disponga di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi, la quale costituisce una delle condizioni di legalità del soggiorno previste alla direttiva 2004/38, possa giustificare il rifiuto di iscriverlo al sistema sanitario pubblico.

31.      In tali circostanze, l’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’assistenza sanitaria pubblica debba considerarsi compresa nelle “prestazioni di malattia” ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se sia consentito agli Stati membri, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e dell’articolo 24 della direttiva 2004/38, onde evitare richieste sproporzionate di prestazioni sociali previste per garantire l’assistenza sanitaria, rifiutare tali prestazioni – erogate ai loro cittadini e ai familiari di un cittadino dell’Unione che hanno un lavoro e che si trovano nella medesima situazione – a cittadini dell’Unione che, in un momento dato, non possiedano la qualità di lavoratori.

3)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se sia consentito agli Stati membri, ai sensi degli articoli 18 e 21 TFUE e dell’articolo 24 della direttiva 2004/38, onde evitare richieste sproporzionate di prestazioni sociali previste per garantire l’assistenza sanitaria, rifiutare tali prestazioni – erogate ai loro cittadini e ai familiari di un cittadino dell’Unione che hanno un lavoro e che si trovano nella medesima situazione – ai cittadini dell’Unione che, in un momento dato, non possiedano la qualità di lavoratori.

4)      Se sia compatibile con l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 una situazione in cui si neghi ad un cittadino dell’Unione europea, che esercita il suo diritto alla libera circolazione, il diritto all’assistenza sanitaria pubblica finanziata dallo Stato in tutti gli Stati membri interessati nel caso di specie.

5)      Se sia compatibile con l’articolo 18, l’articolo 20, paragrafo 1, e l’articolo 21 TFUE una situazione in cui si neghi ad un cittadino dell’Unione europea, che esercita il suo diritto alla libera circolazione, il diritto all’assistenza sanitaria pubblica finanziata dallo Stato in tutti gli Stati membri interessati nel caso di specie.

6)      Se la legalità del soggiorno, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, debba essere intesa non solo nel senso che conferisce ad una persona il diritto di accesso al sistema di sicurezza sociale ma anche che può costituire motivo di esclusione di detta persona dal sistema di sicurezza sociale. In particolare, nel caso in esame, ci si chiede se il fatto che il richiedente disponga di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi, che costituisce uno dei presupposti per la legalità del soggiorno ai sensi della direttiva 2004/38, possa giustificare il diniego di includerlo nel sistema di assistenza sanitaria finanziato dallo Stato».

32.      La domanda di pronuncia pregiudiziale, datata 9 luglio 2019, è pervenuta alla Corte il 12 luglio 2019.

33.      Hanno depositato osservazioni scritte i governi lettone e spagnolo, il Ministero lettone della Sanità, nonché la Commissione europea. Le stesse parti e gli stessi interessati, nonché A sono stati rappresentati all’udienza tenutasi il 28 settembre 2020.

IV.    Analisi

A.      Sulla prima questione pregiudiziale

34.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’assistenza sanitaria pubblica, come quella erogata ai sensi dell’articolo 17 della legge sulle cure mediche, rientri nella nozione di «prestazioni di malattia» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004.

35.      Il giudice del rinvio afferma di nutrire un dubbio al riguardo a causa del tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 5, del regolamento n. 883/2004, il quale esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultimo l’«assistenza sociale e medica».

36.      Al pari di tutte le parti che si sono espresse sulla prima questione, ritengo che essa debba essere risolta in senso affermativo.

37.      Il problema della distinzione fra le prestazioni di sicurezza sociale coperte dal regolamento n. 883/2004 e l’«assistenza sociale e medica» esclusa dal medesimo si è posto molto presto, a partire dal regolamento (CEE) n. 1408/71 (9), che ha preceduto il regolamento n. 883/2004 e che conteneva tale distinzione (10).

38.      Anzitutto, ricordo che tale distinzione è basata essenzialmente sugli elementi costitutivi della prestazione, in particolare le sue finalità ed i presupposti per la sua attribuzione, e non sul fatto che essa sia o meno qualificata previdenziale da una normativa nazionale (11).

39.      Inoltre, sottolineo che, secondo una giurisprudenza costante, affinché una prestazione non rientri nell’«assistenza sociale e medica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 883/2004, ma costituisca una prestazione previdenziale disciplinata da tale regolamento, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative. Da un lato, è necessario che la prestazione sia attribuita ai beneficiari, prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita e, dall’altro, che si riferisca ad uno dei rischi espressamente elencati nell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004 (12).

40.      Per quanto riguarda la prima condizione, il giudice del rinvio indica che l’assistenza sanitaria è garantita ad ogni persona residente in Lettonia che rientri in una delle categorie definite in maniera oggettiva dalla legge sulle cure mediche per essere iscritta nel registro dei destinatari dell’assistenza, senza che venga presa in considerazione nessun’altra circostanza personale.

41.      Ritengo che siffatte caratteristiche consentano di considerare soddisfatta la prima condizione.

42.      Aggiungo che le modalità di finanziamento dell’assistenza sanitaria (13) sono irrilevanti per la qualificazione di una prestazione come prestazione previdenziale ai sensi di tale regolamento (14).

43.      Quanto alla seconda condizione, essa impone di verificare che l’assistenza sanitaria, come quella prevista nella legge sulle cure mediche, si riferisca ad uno dei rischi menzionati all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, nella specie, alle «prestazioni di malattia» figuranti al punto a) di tale disposizione.

44.      Pur se le «prestazioni di malattia» non vengono definite nel regolamento n. 883/2004, la Corte si è cionondimeno pronunciata al riguardo dichiarando segnatamente che rientrano in tale nozione le prestazioni il cui obiettivo essenziale sia la guarigione del malato (15).

45.      Orbene, dalla decisione di rinvio e dal titolo stesso della legge lettone di cui al procedimento principale emerge chiaramente che le prestazioni di assistenza sanitaria di cui al procedimento principale sono cure mediche e, pertanto, cure destinate a guarire malattie.

46.      Ritengo, di conseguenza, che un’assistenza sanitaria pubblica, come quella di cui al procedimento principale, si riferisca al rischio di malattia menzionato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004 e che la seconda condizione sia parimenti soddisfatta.

47.      In tali circostanze, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione dichiarando che prestazioni di assistenza sanitaria pubblica, come quelle di cui al procedimento principale, le quali sono erogate ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita, rientrano non nella nozione di «assistenza sociale e medica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 883/2004, bensì in quella di «prestazioni di malattia» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento.

48.      Alla luce della soluzione proposta alla prima questione, ritengo che non occorra rispondere alla terza questione, la quale viene sollevata solo per il caso in cui prestazioni come quelle di cui al procedimento principale non rientrassero nell’ambito di applicazione del regolamento n. 883/2004.

49.      Propongo di esaminare la seconda questione in relazione alla quinta e alla sesta, dopo aver esaminato la quarta questione.

B.      Sulla quarta questione pregiudiziale

50.      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che escluda dal diritto di fruire di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato un cittadino dell’Unione, come A, il quale esercita il suo diritto alla libertà di circolazione lasciando il proprio Stato membro d’origine per stabilirsi in un altro Stato membro, con la motivazione che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel territorio di quest’ultimo.

51.      A tal riguardo, sottolineo anzitutto che l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 enuncia unicamente una «norma di conflitto» diretta a determinare la legislazione applicabile alle prestazioni di sicurezza sociale elencate all’articolo 3, paragrafo 1, di suddetto regolamento, nella specie prestazioni di malattia (16). Le persone economicamente inattive, come A, le quali non rientrano nella sfera di nessuna delle lettere da a) a d) di tale articolo 11, paragrafo 3, ricadono nell’ambito di applicazione della lettera e) della disposizione in parola, che costituisce una categoria residuale, e sono soggette alla legislazione dello Stato membro di residenza. In un caso come quello del procedimento principale, è pacifico che, poiché A risiede in Lettonia, la legge applicabile al medesimo sia la legge lettone.

52.      Siffatto articolo 11, paragrafo 3, lettera e), al pari del regolamento n. 883/2004 nel suo complesso, è dunque inteso ad evitare l’applicazione simultanea di più normative nazionali e ad impedire che le persone che ricadono nel suo ambito di applicazione restino senza tutela in materia di sicurezza sociale per mancanza di una normativa che sia loro applicabile (17).

53.      Per contro, tale disposizione non armonizza le condizioni di concessione delle prestazioni in materia di sicurezza sociale, come le prestazioni di assistenza sanitaria. Esse rientrano nella responsabilità degli Stati membri, i quali restano competenti a definire la loro politica sanitaria in conformità all’articolo 168, paragrafo 7, TFUE, ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e a determinare, nelle loro legislazioni nazionali, le condizioni di concessione e, pertanto, di diniego delle prestazioni in materia di sicurezza sociale (18).

54.      Nel determinare siffatte condizioni, gli Stati membri devono, tuttavia, rispettare il diritto dell’Unione, in particolare il diritto primario e il principio della parità di trattamento sancito segnatamente all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, ma il contenuto delle stesse non è previsto dall’articolo 11, paragrafo 3, lettera e) di tale regolamento. La questione se condizioni come quelle previste dalla normativa nazionale di cui al procedimento principale siano conformi al Trattato FUE e agli atti di diritto derivato forma l’oggetto della seconda, della quinta e della sesta questione, che esamino nelle sezioni che seguono.

55.      Propongo di rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 deve essere interpretato nel senso che esso consente unicamente di determinare la legislazione applicabile a prestazioni di malattia, come quelle di cui al procedimento principale, e non verte sulle condizioni sostanziali relative al conferimento di un diritto a siffatte prestazioni. Tale disposizione non consente, di per sé sola, di valutare la conformità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale la quale esclude dal diritto di fruire di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato un cittadino dell’Unione che esercita il suo diritto alla libertà di circolazione lasciando il proprio Stato membro d’origine per stabilirsi in un altro Stato membro, con la motivazione che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel territorio di quest’ultimo.

C.      Sulla seconda, sulla quinta e sulla sesta questione pregiudiziale

56.      Sottolineo in via preliminare che, secondo la decisione di rinvio, nel momento in cui A ha lasciato il suo Stato membro d’origine per un periodo di tempo illimitato, egli non vi lavorava più e non era più iscritto al suo sistema di sicurezza sociale. Anche se egli ha cercato un posto di lavoro nello Stato membro ospitante, lo stesso non vi è entrato principalmente a tal fine, bensì allo scopo di ricongiungersi alla moglie e ai figli. Non è pertanto in qualità di lavoratore che egli ha fondato il suo diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante. Inoltre, sebbene egli sia parimenti potuto rientrare nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38, concernente i cittadini dell’Unione che restano nello Stato membro ospitante oltre i tre mesi dopo il loro ingresso in tale Stato al fine di cercare un posto di lavoro, dalla summenzionata decisione emerge che è in quanto persona economicamente inattiva che egli soggiornava nello Stato membro ospitante alla data in cui ha presentato la sua domanda di iscrizione alla sicurezza sociale e che il suo diritto di soggiorno era fondato sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e sull’articolo 14, paragrafo 2, di tale direttiva (19).

57.      Ritengo, di conseguenza, che, con la sua seconda, la sua quinta e la sua sesta questione, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 24 della direttiva 2004/38, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) e l’articolo 14, paragrafo 2, di tale direttiva, debbano essere interpretati nel senso che essi autorizzano gli Stati membri, nella loro qualità di Stati membri ospitanti, al fine di evitare un onere eccessivo per l’equilibrio del loro sistema di sicurezza sociale, a negare l’iscrizione al loro sistema di sicurezza sociale e il beneficio di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato a cittadini dell’Unione che, al momento della loro richiesta di iscrizione, siano economicamente inattivi, ma soddisfino le condizioni enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, mentre i loro cittadini, nella stessa situazione, ne hanno diritto.

58.      Al fine di rispondere a tale questione, esaminerò gli insegnamenti della recente giurisprudenza della Corte sull’interazione fra la direttiva 2004/38 e il regolamento n. 883/2004 in relazione alla condizione della disponibilità di risorse economiche sufficienti, per poi applicare detti insegnamenti alla condizione della disponibilità di un’assicurazione malattia a copertura di tutti i rischi. Nell’ambito dell’esame di questa seconda condizione, dimostrerò che un elemento essenziale dell’analisi è relativo alla questione se l’iscrizione alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante crei un onere eccessivo per l’equilibrio finanziario di quest’ultimo.

1.      Gli insegnamenti della recente giurisprudenza

59.      Come risulta dal suo testo, l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, intitolato «Parità di trattamento», dispone che, in linea di principio, le persone alle quali si applica il regolamento godono delle stesse prestazioni e sono soggette agli stessi obblighi di cui alla legislazione di ciascuno Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato. Dette prestazioni comprendono, in particolare, le prestazioni di malattia di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento in parola.

60.      Quanto all’articolo 24 della direttiva 2004/38, parimenti intitolato «Parità di trattamento», esso prevede, al suo paragrafo 1, che i cittadini dell’Unione che hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione e soggiornano in uno Stato membro ospitante godano di pari trattamento rispetto ai cittadini di tale Stato membro nel campo di applicazione del trattato. Suddetto diritto viene esercitato fatte salve le disposizioni specifiche espressamente previste dal trattato e dal diritto derivato.

61.      Le due disposizioni menzionate costituiscono l’espressione in settori specifici - quello delle prestazioni previdenziali e quello della cittadinanza - del divieto di discriminazione sancito in via generale all’articolo 18 TFUE (20).

62.      Per quanto riguarda l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, la Corte ha dichiarato che, relativamente all’accesso a prestazioni sociali, come la domanda di un reddito minimo, la quale costituisce una prestazione sociale di carattere non contributivo ai sensi dell’articolo 70 del regolamento n. 883/2004, un cittadino dell’Unione può richiedere la parità di trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante solo se il suo soggiorno sul territorio di tale Stato rispetta i requisiti di cui alla direttiva 2004/38 (21). Nel caso di un soggiorno superiore a tre mesi, ma inferiore a cinque anni, di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo, detti requisiti sono precisati all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva in parola e prevedono che il cittadino di cui trattasi debba disporre di risorse economiche sufficienti, nonché di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi (22). In conformità all’articolo 14, paragrafo 2, di detta direttiva, il diritto di soggiorno viene conservato soltanto nei limiti in cui il cittadino dell’Unione soddisfi le summenzionate condizioni (23). Siffatte condizioni sono dirette a evitare che tale cittadino dell’Unione divenga un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (24).

63.      La Corte ha quindi precisato l’esistenza di un nesso fra il diritto alla parità di trattamento ai sensi dell’articolo 24 della direttiva 2004/38, il quale può essere assoggettato al rispetto degli articoli 7 e 14 di tale direttiva, e il diritto a prestazioni sociali in forza del regolamento n. 883/2004. Il diritto a suddette prestazioni a parità con i cittadini dello Stato membro ospitante può dunque dipendere dall’esistenza di un diritto di soggiorno legale nel territorio dello Stato membro ospitante in conformità alle condizioni specificate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva e dal mantenimento del rispetto di tali condizioni per tutta la durata del soggiorno in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, di questa stessa direttiva.

64.      La Corte ne ha concluso che l’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di suddetta direttiva, non osta ad una normativa che esclude dal beneficio di talune prestazioni previste dal regolamento n. 883/2004 i cittadini di altri Stati membri che non soggiornano legalmente, in forza di detta direttiva, nello Stato membro ospitante (25). La Corte ha precisato che questa stessa conclusione s’impone quanto all’interpretazione dell’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 (26).

65.      Tali considerazioni, che trovano la loro origine nella sentenza Brey (27), sono state confermate nelle sentenze successive Alimanovic (28), García-Nieto e a. (29) e Commissione/Regno Unito (30).

66.      Nella sentenza García-Nieto, la Corte ha precisato che, al fine di stabilire se un cittadino dell’Unione possa vedersi negare prestazioni di assistenza sociale, occorre verificare, anzitutto, l’applicabilità del principio della parità di trattamento richiamato all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e, pertanto, se il soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante sia legale ai sensi di tale direttiva (31) e, successivamente, se la situazione dell’interessato rientri cionondimeno nell’ambito di applicazione della deroga di cui al secondo paragrafo di suddetto articolo 24 (32). Infatti, in forza di tale deroga, il diritto alla parità di trattamento con i cittadini può essere negato in tre casi, ossia nel corso dei primi tre mesi di soggiorno nello Stato membro ospitante, nel corso del periodo eventualmente superiore a questi tre mesi corrispondente alla ricerca di un posto di lavoro in conformità all’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva in parola, e, nel caso di una domanda di mantenimento agli studi da parte di determinati studenti, fintantoché essi non abbiano acquisito un diritto di soggiorno permanente in tale Stato membro.

67.      A seguito delle summenzionate sentenze, poteva sussistere un dubbio quanto alla questione se le considerazioni della Corte relative al nesso fra l’articolo 24 della direttiva 2004/38 e l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 riguardassero unicamente le prestazioni sociali di carattere non contributivo, come il reddito minimo, oppure se esse si applicassero alle prestazioni di sicurezza sociale di cui al regolamento in parola. La sentenza Commissione/Regno Unito precisa che tali considerazioni si applicano allo stesso modo a prestazioni di sicurezza sociale (33).

68.      Desumo dalla giurisprudenza richiamata che le condizioni precisate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38 si applicano parimenti alla totalità delle prestazioni di sicurezza sociale e segnatamente a quelle che rientrano nel primo settore di sicurezza sociale menzionato all’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 883/2004, ossia alle prestazioni di malattia.

69.      La questione che si pone nella presente causa è se, una volta soddisfatte tali condizioni, il cittadino dell’Unione benefici della parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante in materia di diritto a prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato.

70.      Sottolineo che A soddisfa le due condizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38. Emerge dalla decisione di rinvio (34) ed è pacifico fra le parti che, alla data in cui ha presentato la sua domanda di iscrizione alla sicurezza sociale lettone al fine di fruire di tali prestazioni, A disponeva di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia a copertura di tutti i rischi. Per quanto riguarda quest’ultima condizione, all’udienza dinanzi alla Corte è stato precisato che egli aveva sottoscritto quest’ultima presso una compagnia di assicurazioni privata. È inoltre pacifico che egli ha continuato a soddisfare suddette due condizioni in ogni momento, dopo la sua richiesta di iscrizione alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante. Un siffatto cittadino dell’Unione dovrebbe dunque beneficiare, in linea di principio, della parità di trattamento con i cittadini, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 poiché egli non rientra in uno dei tre casi di cui al paragrafo 2 di tale disposizione e, pertanto, poter essere iscritto alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei suoi cittadini (35). Ciò implicherebbe che egli possa non solo avere accesso alle prestazioni di assistenza sanitaria rientranti nel regime sanitario pubblico, ma anche che tali prestazioni siano prese in carico dallo Stato alle stesse condizioni applicabili ai cittadini (36).

71.      Cionondimeno, la logica illustrata al paragrafo precedente non è ovvia, come dimostrano le osservazioni dei governi lettone e spagnolo, nonché della Commissione.

72.      Il governo lettone sottolinea che la condizione consistente nel disporre di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi non è stata inclusa per caso, ma essa persegue un obiettivo determinato. Così come il requisito delle risorse economiche sufficienti mira a che una persona possa essa stessa provvedere alle proprie necessità nel caso in cui soggiorni per più di tre mesi in un altro Stato membro e a che quest’ultimo non debba erogarle prestazioni di assistenza sociale sotto forma di un minimo di sussistenza, il requisito di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi è parimenti inteso a che la persona che non svolge un’attività subordinata o autonoma copra essa stessa le sue spese sanitarie e a che lo Stato membro interessato non sia tenuto a farsi carico di siffatte spese. Secondo tale governo, non si può ammettere che una persona invochi la parità di trattamento enunciata all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 al fine di beneficiare delle prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato mentre, in conformità all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, ella deve disporre di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi per ottenere il diritto di soggiornare legalmente nello Stato membro ospitante per più di tre mesi.

73.      La Commissione ritiene in maniera analoga, facendo riferimento alla sentenza Dano (37), che il rifiuto dello Stato membro ospitante di consentire l’accesso al suo sistema di sicurezza sociale ad un cittadino dell’Unione, come A, a parità con i propri cittadini residenti nel suo territorio, non è che una conseguenza inevitabile della direttiva 2004/38, nella specie, della condizione del possesso di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi, in conformità al suo articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva.

74.      Il governo spagnolo sostiene la posizione del governo lettone e della Commissione.

75.      Se riassumo le loro posizioni, questi ultimi ritengono che, dal momento che le condizioni della disponibilità di risorse economiche sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi devono essere soddisfatte per beneficiare del diritto alla parità di trattamento ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, in combinato disposto con gli articoli 7 e 14 di tale direttiva, il diritto in parola può essere fatto valere solo per l’erogazione di prestazioni diverse da quelle che consentono di soddisfare suddette condizioni, salvo privare queste ultime del loro significato.

76.      In altre parole, il diritto alla parità di trattamento non può vertere, secondo tali governi e la Commissione, sulla concessione di un reddito minimo o sull’iscrizione al sistema sanitario pubblico dello Stato membro ospitante, le quali consentono appunto di soddisfare le condizioni sancite all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38.

77.      Capisco siffatto ragionamento. Ritengo, come dimostrerò, che la condizione enunciata all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) della direttiva 2004/38 di disporre di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi mira in effetti ad evitare che un cittadino dell’Unione economicamente inattivo divenga un onere eccessivo per lo Stato membro ospitante prima di avere acquisito un diritto di soggiorno permanente in conformità all’articolo 16 di tale direttiva, vale a dire al termine dei primi cinque anni di soggiorno. Sono infatti del parere che, durante suddetto periodo, lo Stato membro ospitante abbia, in linea di principio, il diritto di esigere che il cittadino dell’Unione sottoscriva, a proprie spese, un’assicurazione malattia che copra le sue spese sanitarie nello Stato membro ospitante (38). Di conseguenza, il più delle volte, detto Stato membro ha il diritto, a mio avviso, di negare a tale cittadino l’iscrizione al suo sistema di sicurezza sociale.

78.      Tuttavia, la questione che la Corte deve risolvere nella specie è se uno Stato membro possa «in ogni caso e automaticamente» (39) negare ad un cittadino dell’Unione economicamente inattivo l’iscrizione al suo sistema di sicurezza sociale alle stesse condizioni dei propri cittadini. Sottolineo che, anche per i cittadini, l’assistenza sanitaria pubblica presa in carico dallo Stato non è, in generale, «gratuita». Essi vi contribuiscono vuoi tramite contributi vuoi tramite le imposte a seconda delle modalità di funzionamento della sicurezza sociale stabilite da ciascuno Stato membro.

79.      Siffatta problematica si pone specificatamente nel caso di un cittadino dell’Unione che, pur rispondendo alle condizioni enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, abbia lasciato in maniera durevole il proprio Stato membro d’origine, nel quale, per questo motivo, egli non è più iscritto alla sicurezza sociale, e che si sia stabilito a fini di ricongiungimento familiare in un altro Stato membro nel quale egli ha trasferito il centro di tutti i suoi interessi sia familiari sia personali e professionali.

80.      Ritengo, a tal riguardo, che occorra adottare un’interpretazione più modulata di quella proposta sia dai governi lettone e spagnolo sia dalla Commissione, come mi invita a fare la sentenza Jobcenter Krefeld, relativa alla condizione della disponibilità di risorse economiche sufficienti. Un siffatto approccio si impone a fortiori, a mio avviso, con riferimento al requisito della disponibilità di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. Dimostrerò che il rifiuto sistematico di far beneficiare i cittadini degli altri Stati membri economicamente inattivi di prestazioni di assistenza sanitaria pubblica, alle stesse condizioni dei propri cittadini, prima che essi acquisiscano un diritto di soggiorno permanente, al termine di cinque anni di soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante, non è avvalorato dal testo degli articoli 7, 14 e 24 della direttiva 2004/38 e che è contrario all’obiettivo della libera circolazione del cittadino dell’Unione, nonché alla nozione stessa di «cittadinanza dell’Unione».

2.      Sulla nozione di «assicurazione malattia che copre tutti i rischi» alla luce del dettato e del contesto dellarticolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2004/38

81.      La condizione di disporre di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi figura all’articolo 7, paragrafo 1, lettere b) e c) della direttiva 2004/38.

82.      Rilevo, anzitutto, che la direttiva 2004/38, segnatamente ai suoi articoli 7, 14 e 24, non enuncia espressamente che uno Stato membro possa negare ad un cittadino dell’Unione l’iscrizione al suo sistema di sicurezza sociale e, pertanto, la concessione al medesimo di una copertura sanitaria pubblica, con la motivazione che egli è economicamente inattivo nel periodo di soggiorno fra i tre mesi e i cinque anni dal suo arrivo in tale Stato membro.

83.      In particolare, la deroga figurante all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38 non prevede un siffatto limite al diritto alla parità di trattamento. Ricordo che, in quanto deroga ad una libertà fondamentale, tale disposizione, secondo la Corte, deve essere interpretata restrittivamente. Inoltre, la Corte ha precisato la sua portata nella sua recente sentenza Jobcenter Krefeld (40) sottolineando, in primo luogo, che essa si applica soltanto alle situazioni di cui all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento n. 883/2004, e, pertanto, solo ai cittadini dell’Unione il cui diritto di soggiorno è fondato sulla direttiva stessa (41). In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione della deroga ad una persona in cerca di lavoro, la deroga riguarda le persone che godano di un diritto di soggiorno fondato unicamente sull’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38 (42).

84.      Ne consegue che un cittadino dell’Unione, come A, il quale è titolare di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), nonché sull’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, e non solo sull’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), di tale direttiva, non rientra nella deroga di cui all’articolo 24, paragrafo 2, di detta direttiva (43).

85.      Osservo poi che, contrariamente al dettato dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, che impone al cittadino dell’Unione la condizione di disporre di risorse economiche sufficienti «affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno» (44), il legislatore dell’Unione non ha instaurato un siffatto nesso fra la condizione della disponibilità di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi e l’esistenza di simile onere. Pertanto, il legislatore ha ritenuto che l’assenza di risorse sufficienti possa costituire un onere idoneo a giustificare il rifiuto di erogare prestazioni sociali a parità con i cittadini nazionali (45). Per contro, nel caso dell’assicurazione malattia che copre tutti i rischi, l’intento del legislatore consisteva nell’evitare che il cittadino dell’Unione soggiornante in uno Stato membro ospitante divenisse per quest’ultimo non semplicemente un onere, bensì un onere eccessivo (46).

86.      Esamino in dettaglio la nozione di «onere eccessivo» a partire dal paragrafo 92 delle presenti conclusioni. Mi limiterò a sottolineare in questa fase che la qualificazione come «eccessivo» costituisce una differenza significativa.

87.      Per quanto riguarda, infine, la portata della nozione di «assicurazione malattia che copre tutti i rischi», sottolineo che essa non viene definita dalla direttiva 2004/38.

88.      Secondo il linguaggio corrente, il termine «assicurazione» fa riferimento ad un «contratto con il quale un assicuratore garantisce all’assicurato, tramite un premio o un contributo, il pagamento di una somma pattuita in caso di realizzazione di un rischio determinato» (47). Nella specie, l’assicurazione malattia è intesa a coprire i rischi in materia di assistenza sanitaria. L’espressione «che copra tutti i rischi» riguarda la portata dei rischi che devono essere coperti nello Stato membro ospitante.

89.      La direttiva 2004/38 non contiene tuttavia alcuna precisazione sulla portata di tali termini. In particolare, essa non indica se l’assicurazione malattia debba essere privata o pubblica. I governi intervenuti nella presente causa e la Commissione sono partiti dalla premessa che l’assicurazione di cui trattasi sia un’assicurazione privata. Ma ciò non si evince dai termini della disposizione. Non è indicato neppure se l’assicurazione debba essere fornita da un organismo o da un’impresa dello Stato membro ospitante oppure se essa possa provenire da un altro Stato membro, segnatamente dallo Stato membro d’origine del cittadino dell’Unione.

90.      La sentenza Baumbast e R (48), nonché gli orientamenti della Commissione relativi all’applicazione della direttiva 2004/38 (49) apportano alcuni chiarimenti al riguardo. Da tale sentenza risulta che il cittadino dell’Unione interessato, il quale rivendicava un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante nel quale egli aveva esercitato la sua libertà di circolazione, nella specie il Regno Unito, disponeva di un’assicurazione malattia completa nel suo Stato d’origine, la Germania, concessa dal sistema di sicurezza sociale di quest’ultimo (50).

91.      La modalità di assicurazione non sembra dunque determinante. Ciò che rileva è la disponibilità di una copertura sanitaria (51).

92.      Il contesto della direttiva 2004/38 apporta inoltre un chiarimento supplementare. Rilevo che, secondo il considerando 10 di tale direttiva, le condizioni figuranti all’articolo 7 di detta direttiva mirano ad evitare, segnatamente, che i cittadini dell’Unione interessati diventino un «onere eccessivo» per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (52).

93.      La genesi della disposizione e gli orientamenti relativi all’applicazione della direttiva 2004/38 mettono parimenti in evidenza l’importanza per gli Stati membri di evitare che il cittadino dell’Unione economicamente inattivo divenga un siffatto onere.

94.      Tale preoccupazione di ordine economico figurava infatti già nelle tre direttive del 1990 che hanno preceduto la direttiva 2004/38 (53), in particolare la direttiva 90/364, e faceva seguito al rapporto del comitato ad hoc «Europa dei cittadini», cosiddetto «rapporto Adonnino» del 1985 (54). Quest’ultimo aveva suggerito di prevedere, oltre alla condizione di disporre di risorse adeguate, quella di disporre dell’«assicurazione malattia» al fine di facilitare l’adozione del progetto di direttiva 90/364 che prevede un diritto di soggiorno per i cittadini dell’Unione economicamente inattivi (55).

95.      Quanto agli orientamenti relativi all’applicazione della direttiva 2004/38, essi indicano che «[i]n linea di principio è ammissibile qualunque assicurazione, privata o pubblica, stipulata nello Stato membro ospitante o altrove, purché copra tutti i rischi e non crei un onere per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante» (56).

96.      Osservo peraltro che nel suo progetto di revisione del regolamento n. 883/2004, volto a prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte, la Commissione ha previsto che il cittadino dell’Unione abbia accesso al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, qualora vi risieda abitualmente, versando contributi proporzionati ad un regime di assicurazione malattia (57).

97.      Discende dalle considerazioni che precedono che l’assicurazione malattia che copre tutti i rischi può essere privata o pubblica e risultare da un’iscrizione al sistema di sicurezza sociale di uno Stato membro, segnatamente dello Stato membro d’origine del cittadino dell’Unione, come nella causa sfociata nella sentenza Baumbast, ma anche dello Stato membro ospitante (58). In assenza di precisazioni nella direttiva 2004/38 sulla nozione di «assicurazione malattia che copre tutti i rischi», ritengo che la condizione della disponibilità di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi debba essere intesa come l’obbligo di disporre di una copertura completa in materia di assistenza sanitaria, a prescindere dalla sua origine e dalle sue eventuali modalità di iscrizione. La menzione di un’«assicurazione malattia che copra tutti i rischi» quale condizione di un soggiorno legale di un cittadino dell’Unione in conformità alla direttiva 2004/38 non può, a mio avviso, di per sé sola, ostare all’esistenza di un diritto del cittadino dell’Unione economicamente inattivo ad essere iscritto al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante. Occorre inoltre che una siffatta iscrizione crei un «onere eccessivo» per l’equilibrio finanziario dello Stato membro ospitante.

98.      Orbene, come dimostrerò nel prosieguo, tale conseguenza non è automatica.

3.      Sulla nozione di «onere eccessivo»

99.      Nella sentenza Baumbast, la Corte ha sottolineato che il diritto di libera circolazione e di soggiorno è stato esteso dal Trattato FUE ad ogni cittadino dell’Unione, che egli svolga o meno un’attività economica, ricordando al contempo che tale diritto è assoggettato alle limitazioni e condizioni previste dai trattati e dalle relative disposizioni di attuazione (59). La Corte ha spiegato che limitazioni siffatte si ispirano all’idea che l’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione possa essere subordinato ai «legittimi interessi» degli Stati membri, fra i quali figura quello che i beneficiari di tale diritto non divengano un «onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante» (60).

100. La Corte ha aggiunto che l’applicazione di tali limitazioni e condizioni dev’essere operata nel rispetto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione e in conformità al principio di proporzionalità (61).

101. A detto riguardo, osservo che l’articolo 14, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 prevede che il ricorso al sistema di assistenza sociale da parte di un cittadino dell’Unione non dà luogo automaticamente ad un provvedimento di allontanamento. Tale disposizione riflette la valutazione della Corte nella sentenza Grzelczyk (62), secondo la quale il mero fatto che uno studente chieda di beneficiare di un reddito minimo nello Stato membro ospitante non può comportare automaticamente la perdita del suo diritto di soggiorno e il rifiuto di erogargli la prestazione sociale richiesta (63). Ne desumo che l’erogazione di una siffatta prestazione sociale non costituisce sempre un onere eccessivo.

102. Si pone la questione di quando un onere divenga eccessivo.

103. La nozione di «onere eccessivo» è stata applicata segnatamente nelle sentenze García-Nieto, Alimanovic e Dano e precisata nella sentenza Jobcenter Krefeld [sezione a)]. Essa è stata parimenti oggetto di un esame nell’ambito di cause in cui la situazione del cittadino dell’Unione presentava un nesso di integrazione con lo Stato membro ospitante [sezione b)]. Se le cause alla base delle sentenze menzionate alla sezione a) non si prestavano ad un esame individuale della situazione dei cittadini interessati, un siffatto esame è necessario in una causa come quella di cui al procedimento principale [sezione c)].

a)      Sulla nozione di «onere eccessivo» ai sensi delle sentenze García-Nieto, Alimanovic e Dano come precisata nella sentenza Jobcenter Krefeld

104. Nella sentenza Jobcenter Krefeld, la Corte ha avuto cura di spiegare che una persona, come il ricorrente nella causa decisa con tale sentenza, non costituiva un onere eccessivo per il sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante distinguendo la sua situazione da quella della sig.ra García-Nieto, del sig. Alimanovic e della sig.ra Dano, ossia i cittadini dell’Unione rispettivamente interessati nelle sentenze omonime.

105. A differenza della sig.ra García-Nieto, il cittadino dell’Unione interessato nella causa alla base della sentenza Jobcenter Krefeld, padre di famiglia ed ex lavoratore dipendente nello Stato membro ospitante, non rivendicava una prestazione sociale per i suoi primi tre mesi di soggiorno nel territorio di tale Stato.

106. A differenza del sig. Alimanovic, tale cittadino dell’Unione non esigeva neanche una siffatta prestazione a titolo di un diritto di soggiorno per un periodo superiore a questi primi tre mesi, fondata unicamente sulla sua ricerca di lavoro nello Stato membro ospitante, poiché egli era titolare di un diritto di soggiorno autonomo fondato sull’articolo 10 del regolamento n. 492/2011.

107. Infine, a differenza della sig.ra Dano, detto cittadino dell’Unione non era entrato nel territorio dello Stato membro ospitante senza lavoro né risorse sufficienti unicamente al fine di fruire ivi delle prestazioni di assistenza sociale erogate da quest’ultimo ai propri cittadini.

108. Di conseguenza, e sebbene egli chiedesse una prestazione di sussistenza, il cittadino dell’Unione di cui trattasi non doveva essere considerato un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro ospitante (64).

109. Tali considerazioni sono pertinenti per un cittadino dell’Unione come A, poiché anche la sua situazione si distingue nettamente da quelle della sig.ra García-Nieto, del sig. Alimanovic e della sig.ra Dano.

110. La sua domanda, infatti, non verte sui tre primi mesi dal suo ingresso nello Stato membro ospitante, bensì su un periodo successivo ad essi. Il suo diritto di soggiorno non è fondato unicamente sulla ricerca di un posto di lavoro nello Stato membro ospitante ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38, poiché è pacifico che egli risiede legalmente nello Stato membro ospitante sulla base dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva. Infine, diversamente dalla sig.ra Dano, A non è entrato nel territorio dello Stato membro ospitante al fine di ottenere prestazioni di assistenza sociale di tale Stato membro o un’assistenza sanitaria gratuita. Mentre la sig.ra Dano non aveva mai lavorato e non cercava di ottenere un posto di lavoro nello Stato membro ospitante, A ha già lavorato in Italia e ha cercato un posto di lavoro in Lettonia (65).

111. Siffatte constatazioni consentono, mi sembra, di escludere il rischio che un cittadino dell’Unione, come A, costituisca un onere eccessivo nel senso dei tre casi analizzati in precedenza dalla Corte.

112. Inoltre, lungi dal comportarsi come «turista sociale», espressione utilizzata per qualificare il comportamento della sig.ra Dano, A ha creato legami particolari con lo Stato membro ospitante, i quali, in conformità alla giurisprudenza della Corte, comportano conseguenze sulla nozione di «onere eccessivo». Esamino queste ultime nella prossima sezione.

b)      Sulla nozione di «onere eccessivo» esaminata alla luce del nesso di integrazione con lo Stato membro ospitante

113. La Corte è stata chiamata ad esaminare l’incidenza che poteva avere il nesso di integrazione con uno Stato membro ospitante di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo sul diritto di tale cittadino a prestazioni di assistenza sociale allo stesso titolo dei cittadini nazionali. La giurisprudenza della Corte si è sviluppata segnatamente nell’ambito di cause concernenti studenti economicamente inattivi che proseguono i loro studi nello Stato membro ospitante (66).

114. La Corte ha in tal senso esaminato nella sentenza Bidar (67) se la concessione di aiuti finanziari a studenti sotto forma di borse di mantenimento destinate ad aiutarli nelle loro spese di vita quotidiana fosse idonea a costituire un onere eccessivo che poteva produrre conseguenze sul livello globale dell’aiuto che può essere concesso da detto Stato.

115. La Corte ha dichiarato in tale sentenza che, al fine di evitare un simile effetto, è legittimo che uno Stato membro conceda un siffatto aiuto solo agli studenti che abbiano dato prova di un certo grado di integrazione nella società di tale Stato (68). Essa ha considerato rilevante il fatto che il cittadino dell’Unione abbia stabilito un legame effettivo con la società di tale Stato soggiornandovi legalmente e svolgendovi parte importante dei suoi studi secondari. La Corte ha dichiarato che una legislazione nazionale che impedisce ad un tale cittadino di proseguire i suoi studi universitari nello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei suoi cittadini in materia di aiuti finanziari, senza tenere conto del grado effettivo d’integrazione di tale cittadino nella società di tale Stato, non è giustificata dal legittimo obiettivo che tale legislazione vuole garantire (69).

116. Nella sentenza Förster (70), posteriore alla sentenza Bidar, la Corte ha tuttavia dichiarato, fondandosi sui termini della direttiva 2004/38, che uno Stato membro può considerare legittimo il fatto di non concedere un siffatto aiuto al mantenimento a studenti provenienti da altri Stati membri che soggiornano nel proprio territorio a fini di studio, finché non abbiano soggiornato nel suo territorio per un periodo di cinque anni. Sottolineo tuttavia che la direttiva 2004/38 contiene una disposizione espressa in tal senso al suo articolo 24, paragrafo 2.

117. Di conseguenza, in assenza di una disposizione espressa che consenta di derogare al diritto alla parità di trattamento nel caso di una domanda di iscrizione alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, ritengo che la giurisprudenza della Corte in materia di effettivo nesso di integrazione con la società dello Stato membro ospitante e di nozione di «onere eccessivo» sia rilevante nell’ambito della presente causa (71).

118. Tale effettivo nesso di integrazione nello Stato membro ospitante, il quale deve essere dimostrato, può fondarsi su un coacervo di indizi come il contesto familiare e il radicamento della famiglia in tale Stato membro (72), l’esistenza di collegamenti di ordine sociale o economico (73) oppure legami personali come il matrimonio con un cittadino di detto Stato membro e il fatto di risiedere abitualmente nel territorio di quest’ultimo (74) o, ancora, l’impiego nel territorio in parola di membri della famiglia da cui dipende il cittadino dell’Unione (75).

119. Ricordo che il nesso di integrazione effettivo non dev’essere fissato in modo uniforme, bensì deve essere stabilito in funzione degli elementi costitutivi della prestazione de qua, in particolare la sua natura e le sue finalità (76). Relativamente all’iscrizione alla sicurezza sociale, gli Stati membri, a mio avviso, possono ritenere che il nesso di integrazione caratterizzato segnatamente dalla residenza abituale dell’interessato nello Stato membro ospitante sia dimostrato solo dopo una durata ragionevole di soggiorno in tale Stato membro, purché essa non ecceda quanto necessario ad assicurare che l’interessato abbia trasferito il centro dei propri interessi verso quest’ultimo (77).

120. Orbene, nel caso di un cittadino dell’Unione come A, ricordo che è pacifico che egli ha lasciato il proprio Stato membro d’origine, l’Italia, per stabilirsi per un periodo di tempo illimitato presso la moglie e i figli minori in Lettonia, e che, stando ai termini stessi impiegati dal giudice del rinvio, ha trasferito il «centro dei suoi interessi» in tale Stato membro, con il quale A ha allacciato «stretti legami personali». Appare pertanto, salvo verifica da parte del giudice del rinvio, che egli presenta un effettivo nesso di integrazione con la società di detto Stato membro.

121. Ciò premesso, le conseguenze da trarre dalla sussistenza di un siffatto nesso di integrazione devono inoltre essere valutate tenendo conto del fatto che il settore sanitario pubblico presenta peculiarità che sono riconosciute dal Trattato FUE e riflesse nella giurisprudenza della Corte. Quest’ultima ha dichiarato in maniera costante che la tutela della sanità pubblica figura tra le ragioni imperative di interesse generale che, ai sensi dell’articolo 52 TFUE, possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento (78) e alla libera prestazione dei servizi (79). Lo stesso vale per quanto riguarda la libertà di circolazione e di soggiorno di un cittadino dell’Unione, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2004/38. Tale deroga copre più precisamente due obiettivi, quello di mantenere un servizio medico-ospedaliero di qualità, equilibrato e accessibile a tutti e quello di prevenire un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale (80).

122. Alla luce di tali considerazioni, ritengo che in quanto un cittadino dell’Unione economicamente inattivo, che presenta un effettivo nesso di integrazione nello Stato membro ospitante e che dispone di risorse economiche sufficienti, contribuisce finanziariamente al sistema di sicurezza sociale di tale Stato membro a parità con i suoi cittadini vuoi tramite contributi, se il sistema di basa su un meccanismo di assicurazione, vuoi tramite le imposte, nel caso di un sistema sanitario nazionale come quello in vigore in Lettonia nel 2016 (81), la sua iscrizione a tale sistema alle stesse condizioni dei cittadini nazionali non dovrebbe creare, in linea di principio, un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario di quest’ultimo, o addirittura costituire un onere eccessivo. Spetta, tuttavia, a ciascuno Stato membro verificarlo.

123. Infatti, non può escludersi che un cittadino dell’Unione economicamente inattivo, il quale si trovi nella stessa situazione di un cittadino dello Stato membro ospitante, non sia costretto al versamento né di imposta né dei contributi previdenziali, oppure vi sia costretto solo simbolicamente. Ritengo che, in tal caso, se risulta che l’iscrizione del cittadino dell’Unione alle stesse condizioni dei cittadini nazionali sia idonea a creare un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario dello Stato membro ospitante, quest’ultimo non sia tenuto ad accordare un trattamento identico a tale cittadino. L’esistenza di un siffatto rischio dovrebbe tuttavia essere verificata sulla base di dati obiettivi, circostanziati e quantificati (82).

124. In siffatte circostanze, ritengo che nulla osti all’istituzione di un sistema di contributi integrativi da parte dello Stato membro ospitante oppure, in alternativa, nel caso di un sistema sanitario nazionale finanziato con le imposte, a che tale Stato membro chieda al cittadino dell’Unione di mantenere la sua assicurazione malattia a copertura di tutti rischi privata in cambio della sua iscrizione (83).

125. Ritengo pertanto, alla luce dell’analisi che precede, che il cittadino dell’Unione economicamente inattivo, il quale disponga di risorse economiche sufficienti e presenti un effettivo nesso di integrazione nello Stato membro ospitante possa, se del caso, fruire dell’iscrizione alla sicurezza sociale di tale Stato membro, ancor prima di avere ritrovato un lavoro subordinato o autonomo in tale Stato membro o di avere ivi acquisito un diritto di soggiorno permanente in conformità all’articolo 16 della direttiva 2004/38 (84).

126. Ne risulta che il diniego automatico e in ogni circostanza di iscrivere un cittadino dell’Unione, come A, al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante e di consentirgli di fruire delle prestazioni dell’assistenza sanitaria pubblica alle stesse condizioni dei cittadini nazionali non è conforme, a mio avviso, all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 14, paragrafo 2, di tale direttiva.

127. Tale considerazione non viene rimessa in discussione dalla circostanza che la situazione di un siffatto cittadino dell’Unione esige un esame individuale al fine di verificare se egli sia ben integrato nello Stato membro ospitante.

c)      Sulla necessità di un esame individuale della situazione del cittadino dellUnione per stabilire se egli costituisca un onere eccessivo

128. Ricordo che l’esame caso per caso della situazione del cittadino dell’Unione, al fine di stabilire se egli possa avere diritto ad una prestazione sociale a parità con i cittadini nazionali, deve essere effettuato in numerose situazioni affinché non venga pregiudicato il diritto alla sua libertà di circolazione e di soggiorno. Una simile ipotesi ricorre, segnatamente, nel caso di uno studente, come il sig. Grzelczyk, il quale chiede un minimo per vivere e in relazione al quale occorre verificare se il suo bisogno sia temporaneo (85). Siffatta ipotesi ricorre, parimenti, nel caso di un cittadino dell’Unione, come il sig. Baumbast, l’esame della cui situazione impone la verifica di diversi parametri, fra i quali l’accertare se egli fosse stato in precedenza a carico dello Stato membro ospitante.

129. Nelle sentenze Alimanovic e García-Nieto, la Corte ha effettivamente dichiarato che il tipo di cause alla base di tali sentenze e della sentenza Dano non si presta ad un esame individuale della situazione degli interessati al fine di valutare se essi costituiscano un onere eccessivo (86). La Corte ha sottolineato che l’assistenza accordata a un solo richiedente difficilmente può essere qualificata come «onere eccessivo» per uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, e che occorreva necessariamente tenere conto di tutte le domande individuali che gli sarebbero state sottoposte (87).

130. Da simili considerazioni risulta implicitamente che si deve ritenere che, considerate nel loro insieme, le situazioni alla base di tale tipo di cause costituiscano un onere eccessivo, e che gli Stati membri interessati non siano tenuti ad erogare le prestazioni sociali richieste.

131. Pertanto, il fatto che la situazione di ciascuna di tali persone, considerata individualmente, non costituisca un onere eccessivo, non è determinante. Se la loro situazione corrisponde ad uno dei casi contemplati espressamente dal legislatore, segnatamente all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, come nelle cause alla base delle sentenze García-Nieto e Alimanovic, oppure riguarda una persona che, al pari della sig.ra Dano, abbia esercitato la sua libertà di circolazione al solo scopo di fruire delle prestazioni sociali dello Stato membro ospitante, siffatte domande devono essere considerate idonee a generare un onere eccessivo per l’equilibrio finanziario dello Stato membro ospitante e quest’ultimo non è tenuto ad accoglierle.

132. Per contro, nel caso della situazione di una persona come A, che non rientra in casi del genere, si impone, a mio avviso, l’approccio inverso. Un esame della situazione individuale dell’interessato deve essere effettuata per accertarsi che egli è ben integrato nello Stato membro ospitante, in particolare, che egli vi «risiede abitualmente» ai sensi del regolamento n. 883/2004 e, pertanto, che può essere iscritto al suo sistema di sicurezza sociale alle stesse condizioni dei suoi cittadini, salvo che egli non rientri nella situazione menzionata ai paragrafi 123 e 124 delle presenti conclusioni. Gli elementi rilevanti includono, segnatamente, quelli elencati all’articolo 11 del regolamento (CE) n. 987/2009 (88), come la sua situazione familiare, il carattere permanente del suo alloggio, lo Stato membro nel quale si considera che egli abbia il domicilio fiscale o, ancora, le ragioni che hanno indotto tale cittadino a trasferirsi.

133. L’analisi che precede, vertente sulla nozione di «onere eccessivo», è applicabile in maniera identica nell’ambito dell’interpretazione del regolamento n. 883/2004.

4.      Sulle conseguenze da trarre dalla nozione di «onere eccessivo» con riferimento allinterpretazione del regolamento n. 883/2004

134. Come risulta dalla decisione di rinvio, i giudici lettoni hanno ritenuto che la legge dello Stato membro di residenza, nella specie la legge lettone, fosse applicabile, in forza dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004.

135. Tale legge può definire la portata delle prestazioni di malattia coperte dallo Stato membro e le condizioni da soddisfare per avere diritto a dette prestazioni. Come ho indicato al paragrafo 53 delle presenti conclusioni, gli Stati membri sono competenti ad impostare il loro sistema di previdenza sociale e, pertanto, a determinare la portata delle prestazioni offerte, nonché le condizioni per concedere i diritti alle prestazioni in parola. Ne risulta che il trasferimento del cittadino dell’Unione può, a seconda dei casi, essere più o meno favorevole o sfavorevole per il medesimo, stante la combinazione delle normative nazionali applicabili ai sensi del regolamento n. 883/2004 (89).

136. Tuttavia, il problema nella presente causa non è sapere se il cittadino dell’Unione che ha esercitato la sua libertà di circolazione possa vedersi accordare prestazioni meno ampie di quelle di cui avrebbe potuto fruire nel suo Stato membro d’origine, bensì se gli possa essere negato il beneficio di ogni prestazione di assistenza sanitaria presa in carico dallo Stato ad eccezione dell’assistenza urgente e alle cure ostetriche.

137. Come ho ricordato al paragrafo 52 delle presenti conclusioni, l’obiettivo perseguito dal regolamento n. 883/2004, in particolare al suo articolo 11, paragrafo 3, lettera e), consiste, segnatamente, nell’evitare che persone ricomprese nella sfera d’applicazione del regolamento siano private di protezione in materia di previdenza sociale, con la motivazione che non sussisterebbe una normativa loro applicabile, (90).

138. In un caso come quello di A, il cittadino dell’Unione non è più affiliato nel proprio Stato membro di origine, giacché ha cessato la sua attività lavorativa in tale Stato membro e ha trasferito la propria residenza in un altro Stato membro (91). La designazione della legge dello Stato membro di residenza mira ad evitare, in linea di principio, che egli venga privato di qualsivoglia affiliazione (92).

139. La Corte ha in tal senso dichiarato che, in una fattispecie disciplinata dall’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004 e, di conseguenza, dalla legge dello Stato membro di residenza dell’interessato, l’applicazione di detta legge non può essere rimessa in discussione dalla circostanza secondo cui taluni Stati membri subordinerebbero l’affiliazione dell’interessato al sistema previdenziale nazionale alla condizione che questi svolga un’attività di lavoro dipendente sul loro territorio nazionale, ragion per cui, se l’interessato non soddisfa una simile condizione, egli potrebbe non venire affiliato al sistema previdenziale e risultare privo di protezione (93).

140. La Corte ha precisato che, se è pur vero che spetta alla normativa dei singoli Stati membri stabilire i requisiti relativi alla sussistenza del diritto d’affiliazione ai regimi di previdenza sociale, gli Stati membri sono tuttavia tenuti, nella fissazione di tali requisiti, a rispettare le disposizioni del diritto dell’Unione. In conformità ad una giurisprudenza costante, i requisiti relativi alla sussistenza del diritto d’affiliazione ad un regime di previdenza sociale non possono produrre l’effetto di escludere dalla sfera d’applicazione della normativa de qua le persone alle quali, per effetto del regolamento n. 883/2004, tale normativa si applica (94).

141. A tal riguardo, al fine di determinare se i requisiti previsti da una normativa nazionale, come la legge sulle cure mediche, siano conformi al regolamento n. 883/2004, occorre tenere conto, alla luce del nesso fra l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 24 della direttiva 2004/38, dell’interpretazione dell’articolo 24 di tale direttiva e, segnatamente, del risultato al quale pervengo ai paragrafi 125 e 126 delle presenti conclusioni.

142. Ne discende che il requisito dell’esercizio di un’attività subordinata o autonoma nel territorio dello Stato membro ospitante, come quello previsto dalla legge sulle cure mediche, imposto unicamente ai cittadini degli altri Stati membri, e ciò in qualsiasi circostanza, fintantoché essi non abbiano acquisito un diritto di soggiorno permanente nello Stato membro ospitante, non è neanche conforme al diritto alla parità di trattamento previsto all’articolo 4 del regolamento n. 883/2004.

143. Inoltre, constato che tale disparità di trattamento non corrisponde all’obiettivo del regolamento n. 883/2004 di agevolare la libera circolazione di tutti i cittadini dell’Unione. Infatti, diversamente dal precedente regolamento n. 1408/71, il quale riguardava unicamente i lavoratori dipendenti e autonomi, nonché i loro familiari, il regolamento n. 883/2004 si applica ormai a tutti i cittadini dell’Unione, comprese le persone economicamente inattive e dunque senza lavoro (95).

144. Dall’analisi che precede risulta che la legge dello Stato membro ospitante non può automaticamente e in qualsiasi circostanza negare ad un cittadino dell’Unione, il quale ha trasferito il centro dei suoi interessi nel territorio di tale Stato membro e presenta un effettivo nesso di integrazione con il medesimo, ogni diritto all’affiliazione per il solo fatto che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel suo territorio.

145. Per quanto riguarda in particolare un cittadino dell’Unione come A, il quale si trasferisce in un altro Stato membro a fini di ricongiungimento familiare, ritenere che egli perderebbe tutti i suoi diritti alla sicurezza sociale in materia sanitaria fintantoché non vi abbia vissuto cinque anni o non abbia ritrovato ivi un lavoro subordinato o autonomo non è conforme, a mio avviso, al diritto alla libertà di circolazione del cittadino dell’Unione garantito all’articolo 21 TFUE e concretizzato dalla direttiva 2004/38 e dal regolamento n. 883/2004 né alla nozione stessa di «cittadinanza dell’Unione».

5.      Sullobiettivo della libera circolazione del cittadino dellUnione

146. Il diritto alla libertà di circolazione si traduce nella facoltà del cittadino dell’Unione di recarsi temporaneamente in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine per lavoro, studio o svago. Tale diritto comprende tuttavia anche quello di stabilirsi in un altro Stato membro a lungo termine e di costruire ivi la propria vita. Quest’ultima scelta, inerente alla libertà di circolazione, implica la facoltà di integrarsi pienamente nella società dello Stato membro ospitante venendovi trattato come i propri cittadini.

147. Se il cittadino dell’Unione, come A, dimostra, in modo soddisfacente per le autorità dello Stato membro ospitante, di avere trasferito il centro dei suoi interessi in quest’ultimo, cosicché egli presenta un effettivo nesso di integrazione con il territorio di tale Stato, la sua libertà di circolazione verrebbe pregiudicata, come sottolineato dal giudice del rinvio, qualora lo stesso non potesse essere iscritto alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante alle stesse condizioni dei cittadini del medesimo (96).

148. Ricordo che il diritto alla sicurezza sociale è un principio fondamentale sancito all’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, al pari del diritto alla protezione della salute, sancito all’articolo 35 della stessa.

149. L’impossibilità di essere così affiliato, sebbene il cittadino dell’Unione non rientri più nel sistema di sicurezza sociale del suo Stato membro d’origine, a causa appunto della sua scelta di vita di lasciare quest’ultimo stabilendosi a lungo termine in un altro Stato membro, è tale da privare l’interessato di una protezione fondamentale.

150. Nella sua decisione di rinvio, l’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema) sottolinea che «sarebbe inammissibile che una persona sia in tal modo esclusa dal sistema di sicurezza sociale di tutti gli Stati membri dell’Unione interessati» per il solo fatto che ella ha esercitato il suo diritto alla libertà di circolazione. Condivido detto punto di vista e ritengo che una simile esclusione costituisca una violazione del nucleo essenziale dello status di cittadino dell’Unione, il quale è divenuto lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri (97).

151. Al pari del giudice del rinvio, ritengo che una siffatta esclusione dal sistema di sicurezza sociale non sia conforme all’obiettivo dell’Unione di assicurare la libera circolazione delle persone nel territorio dell’Unione e di consolidare l’integrazione europea (98) attraverso una maggiore solidarietà fra Stati membri (99).

152. La circostanza che, pur apportando il suo contributo finanziario al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, il cittadino dell’Unione economicamente inattivo beneficerebbe di un sistema creato da tale Stato membro principalmente per i propri cittadini e fondato su un meccanismo di solidarietà previsto da questi ultimi non può inficiare suddetta analisi.

153. Sottolineo che il diritto dell’Unione si basa su valori di solidarietà che sono stati ulteriormente rafforzati a partire dalla creazione di una cittadinanza dell’Unione e che sono in particolare destinati ad essere applicati in un caso come quello di cui al procedimento principale.

154. Ritengo pertanto che il fatto di negare sistematicamente ad una persona come A la possibilità di essere iscritta alla sicurezza dello Stato membro ospitante con la motivazione che, «al momento della sua richiesta di iscrizione», ella si trova senza lavoro, non è suffragato né dal testo della direttiva 2004/38 né da quello del regolamento n. 883/2004 e non risponde all’obiettivo della libera circolazione garantito da questi due testi di diritto derivato né a quello degli autori dei Trattati sancito segnatamente all’articolo 21 TFUE.

155. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di dichiarare che l’articolo 21 TFUE, l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004 e l’articolo 24 della direttiva 2004/38, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva in parola, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale che, nel caso di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo che soddisfi le condizioni enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva e che, avendo trasferito il centro di tutti i suoi interessi in uno Stato membro ospitante, dimostri un effettivo nesso di integrazione con quest’ultimo, consenta a tale Stato di negargli automaticamente e in qualsiasi circostanza l’iscrizione al suo sistema di sicurezza sociale e il beneficio di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato, alle stesse condizioni dei suoi cittadini, con la motivazione che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel suo territorio.

V.      Conclusione

156. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dall’Augstākā tiesa (Senāts) (Corte suprema, Lettonia):

1)      Prestazioni di assistenza sanitaria pubblica, come quelle di cui al procedimento principale, le quali sono erogate ai beneficiari prescindendo da ogni valutazione individuale e discrezionale delle loro esigenze personali, in base ad una situazione legalmente definita, rientrano non nella nozione di «assistenza sociale e medica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, lettera a), del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE) n. 1372/2013 della Commissione, del 19 dicembre 2013, bensì in quella di «prestazioni di malattia» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento.

2)      L’articolo 11, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 883/2004, come modificato dal regolamento n. 1372/2013, consente unicamente di determinare la legislazione applicabile a prestazioni di malattia come quelle di cui al procedimento principale e non verte sulle condizioni sostanziali relative al conferimento di un diritto a siffatte prestazioni. Tale disposizione non consente, di per sé sola, di valutare la conformità al diritto dell’Unione di una normativa nazionale che esclude dal diritto di fruire di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dello Stato un cittadino dell’Unione che esercita il suo diritto alla libertà di circolazione lasciando il proprio Stato membro d’origine per stabilirsi in un altro Stato membro, con la motivazione che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel territorio di quest’ultimo.

3)      L’articolo 21 TFUE, l’articolo 4 del regolamento n. 883/2004, come modificato dal regolamento n. 1372/2013, nonché l’articolo 24 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 14, paragrafo 2, di tale direttiva, devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una normativa nazionale la quale, nel caso di un cittadino dell’Unione economicamente inattivo che soddisfi le condizioni enunciate all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva e che, avendo trasferito il centro di tutti i suoi interessi in uno Stato membro ospitante, dimostri un effettivo nesso di integrazione con quest’ultimo, consenta allo Stato in parola di negargli automaticamente e in qualsiasi circostanza l’iscrizione al suo sistema di sicurezza sociale e il beneficio di prestazioni di assistenza sanitaria prese in carico dallo Stato, alle stesse condizioni dei suoi cittadini, con la motivazione che egli non esercita un’attività subordinata o autonoma nel suo territorio.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77, e rettifica in GU 2004, L 229, pag. 35).


3      Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU 2004, L 166, pag. 1, e rettifica in GU 2004, L 200, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 1372/2013 della Commissione, del 19 dicembre 2013 (GU L 346, pag. 27) (in prosieguo: il «regolamento n. 883/2004»).


4      V. sentenze dell’11 novembre 2014, Dano (C‑333/13; in prosieguo: la «sentenza Dano», EU:C:2014:2358); del 15 settembre 2015, Alimanovic (C‑67/14; in prosieguo: la «sentenza Alimanovic», EU:C:2015:597), nonché del 25 febbraio 2016, García-Nieto e a. (C‑299/14; in prosieguo: la «sentenza García-Nieto», EU:C:2016:114).


5      Direttiva del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU 1990, L 180, pag. 28).


6      Direttiva del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU 1990, L 180, pag. 30).


7      Direttiva del Consiglio del 28 giugno 1990 relativa al diritto di soggiorno (GU 1990, L 180, pag. 26).


8      Tale tessera consente al suo titolare di beneficiare dell’assistenza sanitaria pubblica in caso di soggiorno temporaneo in uno dei ventisette Stati membri dell’Unione, in Islanda, nel Liechtenstein, in Norvegia o in Svizzera, alle stesse condizioni e alla stessa tariffa delle persone assicurate in suddetti paesi.


9      Regolamento del Consiglio del 14 giugno 1971 relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU 1971, L 149, pag. 2).


10      V. sentenza del 27 marzo 1985, Hoeckx (249/83, EU:C:1985:139, punto 10).


11      V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 1992, Hughes (C‑78/91, EU:C:1992:331, punto 14).


12      V., segnatamente, sentenze del 27 novembre 1997, Meints (C‑57/96, EU:C:1997:564, punto 24), nonché del 25 luglio 2018, A (Aiuto per una persona con disabilità) (C‑679/16, EU:C:2018:601, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).


13      Il giudice del rinvio spiega che, a partire dal 2018, tali prestazioni sono finanziate tanto tramite contributi obbligatori quanto tramite imposte.


14      V. sentenza del 16 luglio 1992, Hughes (C‑78/91, EU:C:1992:33, punto 21).


15      V., nell’ambito del regolamento n. 1408/71, sentenza del 16 novembre 1972, Heinze (14/72, EU:C:1972:98, punto 8).


16      V. sentenza del 14 giugno 2016, Commissione/Regno Unito (C‑308/14; in prosieguo: la «sentenza Commissione/Regno Unito», EU:C:2016:436, punto 63) e considerando 3 e 4 del regolamento n. 883/2004.


17      V. sentenza del 19 settembre 2013, Brey (C‑140/12, EU:C:2013:565, punto 40), e punto 64 della sentenza Commissione/Regno Unito, nonché considerando 15 del regolamento n. 883/2004.


18      V., segnatamente, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 29 e la giurisprudenza ivi citata), e del 16 luglio 2009, von Chamier-Glisczinski (C‑208/07, EU:C:2009:455, punto 63).


19      Sulla differenza fra l’articolo 14, paragrafo 4, lettera b) e l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva 2004/38, v. nota 43 delle presenti conclusioni.


20      V., in tal senso, sentenza Dano, punto 61 e sentenza del 6 ottobre 2020, Jobcenter Krefeld (C‑181/19; in prosieguo: la «sentenza Jobcenter Krefeld», EU:C:2020:794, punto 60).


21      V. sentenza Dano, punto 69.


22      V., segnatamente, punti 71 e 73 della sentenza Dano; sentenze del 30 giugno 2016, NA (C‑115/15, EU:C:2016:487, punto 76), e del 2 ottobre 2019, Bajratari (C‑93/18, EU:C:2019:809, punto 29).


23      V. sentenza Dano, punto 71.


24      V. sentenza Dano, punto 71.


25      V. sentenza Dano, punto 82.


26      V. sentenza Dano, punto 83.


27      Sentenza del 19 settembre 2013 (C‑140/12, EU:C:2013:565). V., in particolare, punti 44 e 47 di tale sentenza, in cui la Corte stabilisce un collegamento fra il diritto a prestazioni sociali ai sensi del regolamento n. 883/2004 e la legalità del soggiorno nello Stato membro ospitante, il quale può essere subordinato al soddisfacimento delle condizioni previste all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38.


28      Sentenza Alimanovic, punto 69.


29      Sentenza García-Nieto, punto 38.


30      Sentenza Commissione/Regno Unito, punto 68.


31      V., in tal senso, sentenza García-Nieto, punto 40. Sottolineo che, per quanto riguarda una persona come la sig.ra Dano, ella risiedeva legalmente nello Stato membro ospitante, secondo la legislazione di quest’ultimo. Ella aveva peraltro ivi ottenuto una carta di soggiorno di validità illimitata (v. punto 36 della sentenza Dano). Per contro, poiché la stessa non disponeva di risorse economiche sufficienti ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, ella non vi risedeva legalmente ai sensi di tale direttiva.


32      V., in tal senso, punto 43 della sentenza García-Nieto.


33      Nella causa decisa con tale sentenza, la Commissione aveva sostenuto che la direttiva 2004/38 non si applicava alle prestazioni di sicurezza sociale (v. punti 44 e 46 della sentenza). Dopo aver precisato che le prestazioni di cui trattasi, ossia assegni familiari, erano effettivamente prestazioni di sicurezza sociale (punto 61 della sentenza), la Corte ha applicato la direttiva a queste ultime (v. punti 66 e 68 della sentenza) e ha respinto il ricorso volto a far dichiarare che il Regno Unito era venuto meno ai suoi obblighi subordinando l’erogazione di tali prestazioni alla condizione del soggiorno legale nel proprio territorio.


34      V. punti 3.7 e 20, secondo comma, della decisione di rinvio.


35      V., parimenti, paragrafo 84 delle presenti conclusioni.


36      V., a titolo di paragone, paragrafo 22 delle presenti conclusioni.


37      Punto 77 di tale sentenza.


38      Ricordo che la libera circolazione dei cittadini dell’Unione economicamente inattivi può essere limitata dal diritto derivato in conformità all’articolo 21 TFUE, che prevede che «[o]gni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».


39      V. sentenza Jobcenter Krefeld, punto 79, dalla quale è tratta tale espressione.


40      V. punto 60 e seguenti di tale sentenza. Essa riguarda un cittadino dell’Unione economicamente inattivo al momento del deposito di una domanda intesa ad ottenere prestazioni di sussistenza per se stesso e per i suoi figli nello Stato membro ospitante in cui egli aveva lavorato in precedenza. Avendo perso la sua qualifica di lavoratore, ma essendo alla ricerca di un nuovo posto di lavoro in tale Stato membro, egli rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38. Egli traeva inoltre un diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante fondato sull’articolo 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU 2011, L 141, pag. 1), dal fatto che i suoi figli frequentavano la scuola in tale Stato e, pertanto, dal diritto ad un trattamento in materia di assistenza sociale pari ai cittadini di quest’ultimo.


41      V. sentenza Jobcenter Krefeld, punto 65.


42      V. sentenza Jobcenter Krefeld, punti 69 e 70.


43      Sottolineo che, mentre l’articolo 14, paragrafo 4, lettera b), della direttiva 2004/38 riguarda le persone che soggiornano nello Stato membro ospitante oltre i primi tre mesi dal loro arrivo al fine di cercarvi un lavoro e non hanno diritto alle prestazioni di assistenza sociale di tale Stato membro a causa dell’applicazione della deroga figurante all’articolo 24, paragrafo 2, di tale direttiva, l’articolo 14, paragrafo 2, della direttiva in parola riguarda altre persone che sono titolari di un diritto di soggiorno fondato sull’articolo 7 di detta direttiva e continuano a soddisfare le condizioni di quest’ultima disposizione e che, pertanto, hanno diritto, in linea di principio, allo stesso trattamento dei cittadini nazionali, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della stessa direttiva.


44      Il corsivo è mio.


45      V., in tal senso, sentenza Dano, punto 77.


46      V., in tal senso, sentenza Dano, punto 71.


47      Definizione tratta dal dizionario Le Robert [e liberamente tradotta].


48      Sentenza del 17 settembre 2002 (C‑413/99; in prosieguo: la «sentenza Baumbast», EU:C:2002:493) relativa alla direttiva 90/364, la quale ha preceduto la direttiva 2004/38, e che conteneva un obbligo di assicurazione malattia simile.


49      Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38 [COM(2009) 313 definitivo] (in prosieguo: gli «orientamenti relativi all’applicazione della direttiva 2004/38»).


50      V., in tal senso, sentenza Baumbast, punto 89, nonché conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Baumbast (C‑413/99, EU:C:2001:385, paragrafo 116). Tale considerazione è peraltro avvalorata dagli orientamenti menzionati alla nota precedente, secondo i quali l’assicurazione malattia può risultare dall’iscrizione al sistema di sicurezza sociale dello Stato membro d’origine del cittadino dell’Unione. La Commissione fa l’esempio di pensionati che avrebbero diritto all’assistenza sanitaria per conto dello Stato membro che paga la loro pensione. Detta istituzione menziona parimenti il caso in cui la legislazione dello Stato membro d’origine copra le prestazioni di assistenza sanitaria di uno studente che si rechi in un altro Stato membro per studio senza tuttavia trasferire ivi la propria residenza ai sensi del regolamento n. 1408/71, divenuto il regolamento n. 883/2004.


51      L’obbligo di essere coperto da un’assicurazione malattia figura in altre due disposizioni della direttiva 2004/38, al suo articolo 12, paragrafo 2, e al suo articolo 13, paragrafo 2, secondo comma. L’obbligo è formulato in maniera un po’ più rigorosa nel senso che esso impone agli interessati di disporre di un’assicurazione malattia «che copra tutti i rischi» nello Stato membro ospitante [la differenza, nel testo francese, fra l’espressione «entièrement couverts» («interamente coperti») impiegata in queste due disposizioni e l’espressione «assurance maladie complète» («assicurazione malattia completa») di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b) della stessa direttiva, si perde nel testo italiano, che impiega in tutti casi l’espressione «assicurazione malattia che copra tutti i rischi», N.d.T.], ma, al pari dell’articolo 7, paragrafo 1), lettere b) e c) di tale direttiva, il testo è neutrale quanto alla modalità di copertura.


52      Tale considerando riflette il considerando 4 della direttiva 90/364. V., parimenti, sentenza del 21 dicembre 2011, Ziolkowski e Szeja (C‑424/10 e C‑425/10, EU:C:2011:866, punto 40).


53      V. paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


54      Rapporto Adonnino presentato al Consiglio europeo di Bruxelles del 29-30 marzo 1985 (Bollettino delle Comunità europee, supplemento n. 7/85, pagg. 9 e 10). Tale rapporto ha redatto una serie di proposte, su richiesta dei capi di Stato e di governo, al fine di aumentare i diritti dei cittadini dell’Unione, segnatamente il diritto di soggiorno. V. parimenti, in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale La Pergola nella causa Kaba (C‑356/98, EU:C:1999:470, nota 123) che fanno riferimento a detto rapporto.


55      V. proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto di soggiorno [COM(89) 275 def.] (GU 1989, C 191, pag. 5). Rilevo che la prima proposta sul diritto di soggiorno generalizzato risale alla fine degli anni ‘70. Essa non menzionava la condizione del possesso di un’assicurazione malattia. V. proposta di direttiva del Consiglio relativa al diritto di soggiorno dei cittadini degli Stati membri sul territorio di un altro Stato membro, presentata dalla Commissione al Consiglio il 31 luglio 1979 (GU 1979, C 207, pag. 14).


56      Il corsivo è mio (v. punto 2.3.2 di tali orientamenti). Aggiungo che questi ultimi non sono giuridicamente vincolanti, ma possono costituire una fonte di interpretazione.


57      V. proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2016, che modifica il regolamento n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 [COM (2016) 815 final], in particolare articolo 1, paragrafo 3, di tale proposta.


58      Osservo che, all’udienza della causa in esame, in risposta ad una domanda della Corte vertente sulla possibilità di un’iscrizione volontaria alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante, la Commissione ha indicato che, se lo Stato membro ospitante prevede la possibilità di accedere al suo sistema sanitario pubblico dietro il versamento di un contributo, più che simbolico, tale strada deve essere seguita affinché il cittadino dell’Unione inattivo, il quale abbia esercitato il suo diritto alla libertà di circolazione, non sia obbligato a sottoscrivere un’assicurazione privata.


59      V., in tal senso, sentenza Baumbast, punti da 81 a 85. V., parimenti, nota 38 delle presenti conclusioni.


60      V. sentenza Baumbast, punto 90.


61      V. sentenza Baumbast, punto 91.


62      Sentenza del 20 settembre 2001 (C‑184/99; in prosieguo: la «sentenza Grzelczyk», EU:C:2001:458).


63      V., in tal senso, sentenza Grzelczyk, punti 44 e 45.


64      Ricordo tuttavia, come esposto alla nota 40 delle presenti conclusioni, che tale persona traeva il suo diritto di soggiorno nello Stato membro ospitante dal regolamento n. 492/2011, poiché egli vi aveva lavorato in precedenza e i suoi figli vi avevano frequentato la scuola.


65      Come ho indicato al paragrafo 22 delle presenti conclusioni, egli ha trovato nuovamente un posto di lavoro in Lettonia nel 2018. Indicherò che tale circostanza non incide sul suo interesse ad agire e, pertanto, sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali, la quale non è peraltro stata messa in discussione. Lo stesso giudice del rinvio sottolinea, da un lato, che la decisione di diniego di iscrizione ha potuto essere viziata da illegittimità, conferendo il diritto di agire. Dall’altro, se il rapporto giuridico di lavoro cessasse, una constatazione dell’illegittimità eviterebbe che l’autore di tale decisione adotti una nuova decisione simile nei suoi confronti (v., per analogia, sentenza del 28 maggio 2013, Abdulrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punti 61, 63 e 64).


66      V., segnatamente, sentenze dell’11 luglio 2002, D’Hoop (C‑224/98, EU:C:2002:432); del 15 marzo 2005, Bidar (C‑209/03; in prosieguo: la «sentenza Bidar», EU:C:2005:169); del 23 ottobre 2007, Morgan e Bucher (C‑11/06 e C‑12/06, EU:C:2007:626); del 18 novembre 2008, Förster (C‑158/07, EU:C:2008:630); del 25 ottobre 2012, Prete (C‑367/11, EU:C:2012:668); del 18 luglio 2013, Prinz e Seeberger (C‑523/11 e C‑585/11, EU:C:2013:524); del 24 ottobre 2013, Thiele Meneses (C‑220/12, EU:C:2013:683); del 26 febbraio 2015, Martens (C‑359/13, EU:C:2015:118), nonché del 25 luglio 2018, A (Aiuto per una persona con disabilità) (C‑679/16, EU:C:2018:601).


67      Punto 56 di tale sentenza.


68      V. sentenza Bidar, punto 57.


69      V. sentenza Bidar, punti 61 e 63.


70      Sentenza del 18 novembre 2008 (C‑158/07, EU:C:2008:630).


71      Sottolineo che, nella sentenza del 25 luglio 2018, A (Aiuto per una persona con disabilità) (C‑679/16, EU:C:2018:601, punti da 69 a 71), la Corte ha dichiarato che l’esistenza di un collegamento reale e sufficiente con lo Stato membro interessato mira a garantire l’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale, consentendo a quest’ultimo di assicurarsi che l’onere economico associato all’erogazione di tale prestazione non divenga irragionevole.


72      V. sentenza del 21 luglio 2011, Stewart (C‑503/09, EU:C:2011:500, punto 100).


73      V., in tal senso, sentenza del 24 ottobre 2013, Thiele Meneses (C‑220/12, EU:C:2013:683, punto 38).


74      V. sentenza del 25 ottobre 2012, Prete (C‑367/11, EU:C:2012:668), punto 50).


75      V. sentenza del 26 febbraio 2015, Martens (C‑359/13, EU:C:2015:118, punto 41).


76      V. sentenza del 4 ottobre 2012, Commissione/Austria (C‑75/11, EU:C:2012:605, punto 63).


77      V., in tal senso, per analogia, sentenza del 23 marzo 2004, Collins (C‑138/02, EU:C:2004:172, punti 70 e 73).


78      V., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 46).


79      V., in tal senso, sentenza del 28 aprile 1998, Kohll (C‑158/96, EU:C:1998:171, punto 45).


80      V. sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer (C‑169/07, EU:C:2009:141, punto 47) e del 16 maggio 2006, Watts (C‑372/04, EU:C:2006:325, punti 103 e 104 e la giurisprudenza ivi citata).


81      V., per quanto riguarda le diverse modalità di finanziamento dei sistemi di sicurezza sociale degli Stati membri, Mantu, S., e Minderhoud, P., «Exploring the Links between Residence and Social Rights for Economically Inactive EU Citizens», European Journal of Migration and Law, 2019, vol. 21, n. 3, pagg. da 313 a 337, in particolare punto 2.3.


82      V., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 aprile 2010, Bressol e a. (C‑73/08, EU:C:2010:181, punto 71).


83      In un caso del genere, nulla impedisce agli Stati membri di prevedere nelle loro legislazioni una disposizione che obblighi le compagnie di assicurazione ad includere nei loro contratti una clausola volta a rimborsare direttamente lo Stato delle spese sanitarie sostenute a favore del cittadino dell’Unione, al fine di evitare che il cittadino dell’Unione divenga un onere eccessivo. Inoltre, quando stabiliscono il livello dei contributi integrativi o l’obbligo di mantenere un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi privata, gli Stati membri dovrebbero tuttavia far sì, in conformità al principio di proporzionalità, che detto cittadino possa soddisfare tali requisiti e, pertanto, affinché gli importi richiesti non rendano impossibile o eccessivamente difficile il soddisfacimento di questi ultimi.


84      Ne discende che non può escludersi che un siffatto cittadino dell’Unione, il quale abbia inizialmente sottoscritto un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi privata, al fine di soddisfare le condizioni di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2004/38, possa, fatta salva la situazione descritta al paragrafo 124 delle presenti conclusioni, porre fine all’assicurazione di cui trattasi, fermo restando che, in tal caso, l’iscrizione alla sicurezza sociale dello Stato membro ospitante si sostituisce a quest’ultima.


85      V., in tal senso, sentenza Grzelczyk, punto 44.


86      V., in tal senso, sentenze García-Nieto, punto 46 e Alimanovic, punto 62.


87      V. sentenza García-Nieto, punto 50. La Corte ha rilevato, in tal senso, che la direttiva 2004/38, istituendo un sistema graduale di mantenimento dello status di lavoratore che miri a tutelare il diritto di soggiorno e l’accesso alle prestazioni sociali, prende essa stessa in considerazione diversi fattori che caratterizzano la situazione individuale di ogni richiedente una prestazione sociale (v. sentenze García-Nieto, punto 47 e Alimanovic, punto 60).


88      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 (GU 2009, L 284, pag. 1). V., parimenti, paragrafo 118 delle presenti conclusioni.


89      V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2009, von Chamier-Glisczinski (C‑208/07, EU:C:2009:455, punto 85). È persino possibile che suddetto trasferimento si risolva nella perdita totale, per un periodo, di taluni diritti, segnatamente in materia di pensioni. Osservo che, in un caso del genere, la Corte ha cionondimeno sottolineato nella sentenza del 19 settembre 2019, van den Berg e a. (C‑95/18 e C‑96/18, EU:C:2019:767, punto 65) che era particolarmente appropriato, al fine di evitare una siffatta perdita, che gli Stati membri facessero ricorso alla possibilità offerta loro dall’articolo n. 883/2004 di prevedere di comune accordo eccezioni al principio di unicità della legislazione applicabile.


90      V. sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst (C‑631/17, EU:C:2019:381, punti 38 e 39).


91      V. sentenza del 5 marzo 2020, Pensionsversicherungsanstalt (prestazione per la riabilitazione) (C‑135/19, EU:C:2020:177, punto 52).


92      V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst (C‑631/17, EU:C:2019:381, punti 38, 39 e 42).


93      V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst (C‑631/17, EU:C:2019:381, punti 42 e 43).


94      V. sentenza dell’8 maggio 2019, Inspecteur van de Belastingdienst (C‑631/17, EU:C:2019:381, punti 45 e 46, nonché la giurisprudenza ivi citata).


95      V., in tal senso, considerando 42 del regolamento n. 883/2004.


96      Fatta salva la situazione menzionata ai paragrafi 123 e 124 delle presenti conclusioni.


97      V. sentenza Grzelczyk, punto 31.


98      V. sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 61), nella quale la Corte ha sottolineato lo scopo dei Trattati di creare «un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa».


99      V. considerando 6 del Trattato UE.