Language of document : ECLI:EU:C:2011:140

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 10 marzo 2011 (1)

Causa C‑71/10

Office of Communications

contro

The Information Commissioner

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Supreme Court of the United Kingdom)

«Direttiva 2003/4/CE – Accesso all’informazione ambientale – Eccezioni – Interesse pubblico tutelato dalla divulgazione – Interesse tutelato dal rifiuto – Ponderazione – Cumulo degli interessi»





I –    Introduzione

1.        Il giudice supremo del Regno Unito, la Supreme Court, sottopone alla Corte una questione apparentemente accademica, le cui ripercussioni non sono tuttavia prevedibili in maniera univoca.

2.        Ai sensi della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (2) (in prosieguo: la «direttiva sull’informazione ambientale»), i singoli hanno un diritto all’accesso all’informazione ambientale. Siffatto diritto può essere limitato qualora una divulgazione si ripercuota in maniera pregiudizievole su taluni interessi meritevoli di tutela. Le eccezioni non si applicano, tuttavia se, nel caso specifico, l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione prevale sull’interesse tutelato dal rifiuto.

3.        I giudici del Regno Unito controvertono sulle modalità di attuazione di siffatta ponderazione qualora vengano pregiudicati contemporaneamente più interessi meritevoli di tutela. Si chiedono se sia necessario che ciascuna eccezione sia considerata separatamente, verificando se prevalga l’interesse da essa tutelato o l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione (in tal senso i primi due gradi di giudizio e la minoranza della Supreme Court, che ha presentato il rinvio pregiudiziale) oppure se sia invece possibile cumulare gli interessi tutelati da eccezioni diverse, ponderandoli quindi insieme rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione (in tal senso il terzo grado di giudizio e la maggioranza della Supreme Court).

4.        Tale questione è pertanto diretta a stabilire se, nel decidere in merito alla divulgazione di informazioni ambientali, sia possibile cumulare singoli interessi che subiscono un pregiudizio – i quali, se considerati separatamente, arretrerebbero a fronte dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione – al fine di giustificare eventualmente, insieme, il trattamento riservato delle informazioni.

5.        Tali questioni offrono alla Corte la possibilità di esaminare per la prima volta più attentamente l’attuazione di una ponderazione fra siffatti interessi alla riservatezza e l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto internazionale

6.        L’Unione si è impegnata a livello internazionale, attraverso la Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (3) (in prosieguo: la «Convenzione di Århus»), sottoscritta dalla Comunità il 25 giugno 1998 ad Århus (Danimarca) (4), a garantire l’accesso all’informazione ambientale.

7.        Possibili limitazioni al diritto d’accesso risultano in particolare dall’art. 4, n. 4, della convenzione:

«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

(…)

b)      le relazioni internazionali, la difesa nazionale o la sicurezza pubblica;

(…)

e)      i diritti di proprietà intellettuale;

(…)

I motivi di diniego di cui sopra devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni nonché dell’eventuale attinenza delle informazioni con le emissioni nell’ambiente».

B –    Il diritto dell’Unione

8.        La direttiva sull’informazione ambientale attua la Convenzione di Århus nell’Unione e prevede a tal fine, all’art. 3, n. 1, un diritto all’accesso a informazioni ambientali.

9.        Le eccezioni sono previste in particolare all’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale:

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

(…)

b)      alle relazioni internazionali, alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;

(…)

e)      ai diritti di proprietà intellettuale;

(…)

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente».

10.      Il sedicesimo ‘considerando’ illustra al riguardo:

«Il diritto all’informazione implica che la divulgazione dell’informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle [sic]. Le ragioni del rifiuto dovrebbero essere comunicate al richiedente entro il periodo stabilito dalla presente direttiva».

C –    La normativa nazionale

11.      Nel diritto nazionale le eccezioni rilevanti nel caso presente, dal testo pressoché identico, si trovano negli Environmental Information Regulations 2004 (5) (regolamento concernente l’accesso all’informazione in materia di ambiente del 2004).

III – Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

12.      L’informazione richiesta attiene all’ubicazione specifica delle stazioni base per la telefonia mobile nel Regno Unito.

13.      L’ubicazione approssimativa di ogni stazione base all’interno di ciascun riquadro della mappa può essere ricavata da un sito web denominato Sitefinder (6), il quale, dalla fine del 2003, viene gestito dall’Office of Communications (in prosieguo: «l’Ofcom»). Il sito web è alimentato da informazioni fornite volontariamente dagli operatori di reti mobili e provenienti dalle loro banche dati. Esso consente a singoli soggetti di effettuare la ricerca di informazioni concernenti le stazioni base ubicate all’interno di un determinato riquadro della mappa, inserendo codice postale, città o indirizzo. Non si viene tuttavia a sapere né l’ubicazione precisa con l’approssimazione di un metro né se la stazione base sia stata installata a livello della strada, o occultata all’interno o sulla sommità di una struttura o di un edificio.

14.      Un responsabile delle informazioni presso lo Health Protection Scotland (una sezione del National Health Service) chiedeva all’Ofcom le coordinate esatte di ciascuna stazione base, apparentemente per fini epidemiologici. L’Ofcom respingeva sia la sua richiesta sia, a seguito di riesame, anche la sua opposizione. Il richiedente si rivolgeva allora al ricorrente, l’Information Commissioner, il quale disponeva la divulgazione. Su ricorso dell’Ofcom, l’Information Tribunal confermava l’ordine di divulgazione disposto in primo grado.

15.      L’Information Tribunal rilevava che una divulgazione delle informazioni si ripercuoterebbe negativamente sulla sicurezza pubblica e sulla tutela della proprietà intellettuale. Le informazioni potrebbero facilitare attacchi alle stazioni base. Occorrerebbe inoltre partire dal presupposto che le imprese di telecomunicazione siano titolari di diritti d’autore e di diritti relativi alle banche dati con riferimento alle informazioni. D’altro canto, risulterebbe tuttavia prevalente l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, in particolare in quanto le informazioni desiderate potrebbero essere impiegate per esami epidemiologici degli effetti della telefonia mobile. In sede di ponderazione, l’Information Tribunal verificava separatamente l’applicazione di entrambe le eccezioni e negava una ponderazione cumulativa rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

16.      L’Ofcom proponeva ricorso dinanzi all’Administrative Court, che seguiva un orientamento analogo a quello dell’Information Tribunal su quest’ultimo punto. Tuttavia, a seguito di un’ulteriore impugnazione, la Court of Appeal (Corte d’appello) giungeva alla conclusione opposta.

17.      Il ricorso presentato dinanzi alla Supreme Court dall’Information Commissioner concerne unicamente la questione, se gli effetti sfavorevoli delle due eccezioni di cui trattasi debbano essere ponderati cumulativamente o separatamente rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. La Supreme Court propende momentaneamente, con una maggioranza di 3 a 2, per l’orientamento della Court of Appeal. Essa rivolge pertanto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

Se, ai sensi della direttiva sull’informazione ambientale, ove un’autorità pubblica detenga informazioni ambientali la cui divulgazione arrecherebbe taluni pregiudizi ad interessi diversi, tutelati da più di un’eccezione [nel caso di specie gli interessi di pubblica sicurezza tutelati dall’art. 4, n. 2, lett. b), e i diritti di proprietà intellettuale tutelati dall’art. 4, n. 2, lett. e)], pregiudizio che tuttavia, nel caso di considerazione separata di ciascuna eccezione, non sarebbe assolutamente sufficiente per prevalere sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, sia necessaria un’ulteriore verifica, che preveda il cumulo dei diversi interessi tutelati dalle due eccezioni e la loro ponderazione congiunta rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

18.      L’Information Commissioner, il Regno di Svezia, il Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni per iscritto nonché all’udienza del 27 gennaio 2011.

IV – Valutazione

19.      La direttiva sull’informazione ambientale prevede, all’art. 3, n. 1, che le autorità pubbliche rendano disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse.

20.      Siffatto diritto è stato introdotto già nel 1990 dalla prima direttiva sull’informazione ambientale (7). Esso è stato elaborato ulteriormente dalla Convenzione di Århus e viene attuato dalla direttiva sull’informazione ambientale attualmente in vigore.

21.      Nel frattempo, il Trattato di Amsterdam, all’art. 1, n. 2, UE, ha concretizzato la volontà di creare un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini. A tale scopo, l’art. 15 TFUE (ex art. 255 CE) impone alle istituzioni il principio di apertura e fonda – assieme all’art. 42 della Carta sui diritti fondamentali – un diritto di accesso ai suoi documenti. Siffatto diritto viene realizzato mediante il regolamento (CE) n. 1049/2001 (8), il quale, ai sensi degli artt. 3 e seguenti del regolamento (CE) n. 1367/2006 (9), disciplina anche l’applicazione del diritto all’informazione ambientale presso le istituzioni e gli organi dell’Unione.

22.      Il diritto all’informazione ambientale non è tuttavia illimitato. Ai sensi dell’art. 4 della direttiva sull’informazione ambientale, le informazioni possono essere rifiutate qualora la divulgazione arrechi pregiudizio a determinati interessi ivi espressamente enunciati. Tuttavia, l’interesse tutelato dal rifiuto di una richiesta deve essere ponderato con l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.

23.      La domanda di pronuncia pregiudiziale verte su siffatta ponderazione degli interessi. La Supreme Court desidera sapere se siffatta ponderazione debba avere luogo in due fasi, e segnatamente

–        innanzitutto, verificando, in relazione a ciascuna singola eccezione, se ricorra un interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, il quale prevalga sugli effetti negativi della divulgazione di informazioni, e

–        successivamente, ponderando i singoli interessi ai quali viene arrecato pregiudizio con l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

24.      A prima vista, il modus operandi suggerito nella domanda di pronuncia pregiudiziale sorprende, in quanto esso sfocia in una ponderazione doppia. L’art. 4, n. 2, seconda e terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale indica tuttavia tale direzione, in quanto entrambe dette frasi fanno riferimento due volte all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni.

25.      Ai sensi della seconda frase, i motivi di rifiuto di cui all’art. 4, nn. 1 e 2, devono essere interpretati in modo restrittivo, tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. Inoltre, ai sensi della terza frase, in ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. La soluzione del rinvio pregiudiziale dipende pertanto dall’interpretazione di queste due frasi.

A –    Sull’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale

26.      Già la presa in considerazione dell’interesse pubblico, ai sensi dell’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale, esige effettivamente una prima ponderazione. Ai sensi della seconda frase del sedicesimo ‘considerando’, infatti, nell’interpretare le ragioni del rifiuto della divulgazione, occorrerebbe ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto di detta divulgazione.

27.      Questa prima ponderazione si riferisce esclusivamente all’eccezione di volta in volta interessata. Essa, infatti, deve essere effettuata nell’ambito dell’interpretazione dei motivi di rifiuto.

28.      Al riguardo, la ponderazione tocca innanzitutto la questione di cosa debba essere considerato come effetto negativo sull’interesse tutelato. Infatti, se determinati effetti legati alla divulgazione delle informazioni debbano essere considerati negativi, è questione che deve essere risolta alla luce dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione (10).

29.      Tuttavia, anche la ponderazione se, in via eccezionale, l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione di un’informazione prevalga sugli effetti negativi sull’interesse specialmente tutelato può essere ricompresa in tale prima ponderazione.

30.      In tal modo, l’unica ponderazione che l’Information Commissioner, la Svezia, l’Information Tribunal, l’Administrative Court nonché la minoranza della Supreme Court intendono ammettere si evince già dall’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale.

B –    Sull’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale

31.      Rimane pertanto da valutare, in siffatta interpretazione dell’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale, quale funzione spetti alla terza frase.

1.      Sull’interrogativo se l’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale costituisca un chiarimento della seconda frase

32.      Innanzitutto, nell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, si potrebbe ravvisare un chiarimento del contenuto della seconda frase. Analogamente alla seconda frase del sedicesimo ‘considerando’, verrebbe precisato che la considerazione deve essere effettuata sotto forma di una ponderazione. Inoltre, verrebbe nuovamente sottolineato che la ponderazione deve essere effettuata in ciascun caso specifico, cosicché gli Stati membri non potrebbero anticiparla nell’ambito dell’attuazione legislativa (11).

33.      La genesi dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale depone a favore della tesi del chiarimento. Tale disposizione è stata inserita solo poco prima dell’approvazione della direttiva nel comitato di conciliazione. Le ragioni esatte non sono documentate. Su questo punto, il Consiglio aveva tuttavia respinto in precedenza un obbligo di ponderazione in quanto nella Convenzione di Århus si fa unicamente riferimento alla presa in considerazione dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione (12). Al contrario, la Commissione e il Parlamento avevano proposto diverse formulazioni, al fine di chiarire che l’accesso deve essere accordato qualora l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione risulti prevalente. Di conseguenza, la terza frase potrebbe rappresentare il tentativo di tenere conto di tale esigenza.

34.      Un siffatto chiarimento sarebbe peraltro parzialmente superfluo e inoltre non riuscito.

35.      Già l’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale parla di caso specifico, cosicché non sarebbe necessaria una ripetizione nella terza frase.

36.      E sarebbe stato decisamente più chiaro sostituire l’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale con una formulazione come la seconda frase del sedicesimo ‘considerando’ (13), oppure fare riferimento alla versione, proposta dalla Commissione (14), e approvata dal Parlamento in prima lettura (15), dell’art. 4, n. 2, seconda frase (16), al fine di definire come ponderazione la prevista presa in considerazione.

37.      Un’interpretazione dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, quale disposizione meramente chiarificatrice, non è pertanto convincente.

2.      Sull’interrogativo se l’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale costituisca una ponderazione di un cumulo di interessi

38.      Occorre pertanto verificare se l’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale svolga una funzione propria, indipendente dalla seconda frase e dalla ponderazione ivi prevista. Siffatta funzione potrebbe risiedere nella ponderazione, menzionata nella domanda di pronuncia pregiudiziale, con il cumulo di interessi che depongono contro una divulgazione.

Sul testo dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale

39.      Contrariamente all’opinione della Svezia e dell’Information Commissioner, l’impiego del termine «interesse» al singolare non osta ad un cumulo di più interessi. È vero che la maggior parte delle versioni linguistiche (17) contrappone rispettivamente solo l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione all’interesse tutelato dal rifiuto, ossia la nozione di interesse viene impiegata al singolare. «L’interesse» all’uno o all’altro può tuttavia includere, in base al suo naturale significato letterale, i diversi interessi (parziali) che depongono a favore dell’uno o dell’altro risultato.

40.      Anche l’accentuazione del caso specifico nel quale occorre procedere alla ponderazione non vieta il cumulo. Come espone il Regno Unito, pare più logico interpretare la nozione di caso specifico nel senso che essa riguarda la decisione che verrà di volta in volta presa in merito alla divulgazione di informazioni (18).

41.      Inoltre, la ripartizione in diverse eccezioni degli interessi meritevoli di tutela non osta al loro cumulo. Come illustra in maniera convincente il Regno Unito, tali eccezioni non sempre possono essere chiaramente distinte le une dalle altre. Piuttosto, talvolta gli interessi tutelati si sovrappongono manifestamente. Ciò è logico, in particolare, nel caso degli interessi tutelati dall’art. 4, n. 2, lett. d)‑g), della direttiva sull’informazione ambientale: riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, proprietà intellettuale, dati personali e gli interessi o la tutela di persone che hanno volontariamente messo a disposizione le informazioni.

42.      La Svezia non può infine validamente sostenere che la ponderazione prevista dalla direttiva sull’informazione ambientale debba essere effettuata in maniera uguale a quanto sancito dal regolamento n. 1049/2001.

43.      Da un lato, non è ancora chiaro come la questione in esame dovrebbe essere risolta secondo il regolamento n. 1049/2001. La Corte non ha ancora verificato, infatti, se nella ponderazione prevista dal regolamento, un cumulo degli interessi sia possibile o addirittura doveroso (19).

44.      Dall’altro lato, il testo del regolamento si distingue manifestamente, quanto alla ponderazione, dalla direttiva sull’informazione ambientale. Ai sensi dell’art. 4, nn. 2 e 3 del regolamento (20), è possibile rifiutare l’accesso ai documenti qualora venga arrecato pregiudizio a determinati interessi «a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione». Siffatto principio di ponderazione è formulato in termini più restrittivi rispetto all’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale.

Sulla restrizione di possibili eccezioni

45.      La Svezia sottolinea tuttavia, correttamente, che un cumulo degli interessi non può fondare eccezioni supplementari al diritto alle informazioni.

46.      Ai sensi della prima frase del sedicesimo ‘considerando’ della direttiva sull’informazione ambientale, la divulgazione di informazioni ambientali può essere rifiutata solo in casi specifici e chiaramente definiti. Tali casi sono espressamente previsti all’art. 4, n. 1, e n. 2, prima frase. Stando alla loro lettera, le eccezioni rivestono natura non esemplificativa, bensì tassativa (21). Ciò conferma il principio di un’interpretazione restrittiva di cui all’art. 4, n. 2, seconda frase.

47.      Eccezioni supplementari sarebbero inoltre contrarie alla Convenzione di Århus, la quale, all’art. 4, nn. 3 e 4, si limiterebbe parimenti a prevedere talune eccezioni espressamente enunciate (22). Siffatta convenzione, come tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, prevale sulle norme del diritto dell’Unione derivato (23). A causa di tale primato, le norme del diritto dell’Unione derivato devono essere interpretate, per quanto è possibile, in conformità con gli obblighi di diritto internazionale dell’Unione (24), il che deve valere anche nel settore delle informazioni ambientali (25).

48.      L’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale non può pertanto comportare eccezioni supplementari non previste espressamente dall’art. 4, nn. 1 e 2, prima frase.

49.      Sarebbe pertanto manifestamente da escludere l’inclusione, in una ponderazione ai sensi dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, di interessi che, pur potendo far deporre contro una divulgazione, non vengono tuttavia riconosciuti all’art. 4 quale fondamento di eccezioni al diritto all’accesso all’informazione ambientale, come ad esempio, il lavoro legato al trattamento delle domande.

50.      La Commissione sottolinea inoltre, a ragione, che, in occasione della decisione sulla divulgazione di informazioni sulle emissioni, la cerchia degli interessi meritevoli di tutela viene ristretta ulteriormente. Ai sensi dell’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale –, la cosiddetta clausola sulle emissioni – la maggior parte degli interessi menzionati all’art. 4, n. 2, non possono giustificare un rifiuto. È pertanto esclusa, ad esempio, la tutela della riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche [art. 4, n. 2, lett. a)] o delle informazioni commerciali o industriali [art. 4, n. 2, lett. d)]. Siffatti interessi non possono pertanto neanche essere contemplati in una ponderazione concernente la divulgazione di informazioni sulle emissioni.

51.      Esclusa sarebbe anche la considerazione di interessi riconosciuti che potrebbero effettivamente essere toccati, ma in relazione ai quali non può essere accertato, nell’ambito della prima ponderazione ai sensi dell’art. 4, n. 2, seconda frase, della direttiva sull’informazione ambientale, che una divulgazione delle informazioni esplicherebbe effetti pregiudizievoli. Interessi che non vengono pregiudicati non possono avere alcun peso in una ponderazione. Qualora, pertanto, siano ravvisabili ripercussioni su tali interessi, esse, per poter essere prese in considerazione in sede di ponderazione, devono essere negative.

52.      La questione centrale è tuttavia se, cumulando gli interessi alla riservatezza che sono riconosciuti e che subiscono un pregiudizio, vengano create eccezioni supplementari nella ponderazione.

53.      È incontestabile che un cumulo possa provocare una restrizione supplementare dell’accesso all’informazione ambientale, qualora più interessi insieme giustifichino un rifiuto della divulgazione mentre, se esaminati isolatamente, essi arretrerebbero di fronte all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. Peraltro, si tratterebbe sempre di una restrizione all’accesso fondata sugli interessi riconosciuti.

54.      Come il Regno Unito, ritengo che siffatta restrizione supplementare costituisca un’applicazione corretta del principio di proporzionalità.

55.      Il principio di proporzionalità fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione che l’Unione è tenuta ad osservare (26). Gli atti delle istituzioni non possono pertanto superare i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva; e, in particolare, gli inconvenienti causati devono essere proporzionati rispetto agli scopi perseguiti (27).

56.      Tuttavia, qualora gli interessi riconosciuti che depongono contro la divulgazione prevalgano manifestamente, insieme, sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, gli inconvenienti causati dalla divulgazione di informazioni ambientali non sarebbero più proporzionati agli obiettivi perseguiti.

57.      È vero che la Svezia e l’Information Commissioner fanno valere il principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni; tuttavia, neanche tale principio esige una divulgazione di informazioni ambientali, la quale comporti inconvenienti sproporzionati. Piuttosto, esso dovrebbe essere realizzato in occasione dell’interpretazione delle eccezioni, del contemperamento degli interessi e della ponderazione stessa. In particolare, non si può compensare meccanicamente due svantaggi con un vantaggio, ma è necessario, prima di procedere alla ponderazione, conferire agli interessi di cui trattasi un peso corrispondente alla loro importanza.

58.      È vero che l’Information Commissioner teme che la ponderazione di un cumulo di interessi sia di difficile attuazione nella pratica; tuttavia, la ragione di siffatte difficoltà risiede non tanto nel cumulo, quanto nella natura della ponderazione fra gli interessi tutelati dalla divulgazione e gli interessi tutelati dalla ritenzione delle informazioni. Tali interessi sono perlopiù difficili da paragonare e da ponderare gli uni con gli altri. Peraltro, siffatta ponderazione viene agevolata qualora il principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni in sede di ponderazione venga applicato nel senso che, nel dubbio, si decide a favore della trasparenza.

59.      Del resto, già la ponderazione nell’ambito di singole eccezioni può esigere un cumulo, e segnatamente – come esposto correttamente dal Regno Unito – dalla parte dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione (28). Il primo ‘considerando’ della direttiva sull’informazione ambientale menziona già tre interessi parziali, e segnatamente, in primo luogo, la sensibilizzazione alle questioni ambientali, in secondo luogo, un libero scambio di opinioni e una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia ambientale, nonché, in terzo luogo, il miglioramento dell’ambiente.

60.      Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere risolta nel senso che, qualora un’autorità pubblica detenga informazioni ambientali la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio a diversi interessi tutelati da più di un’eccezione ai sensi dell’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale, pregiudizio che tuttavia, nel caso di presa in considerazione separata di ciascuna eccezione, non sarebbe abbastanza forte da prevalere sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, è necessaria un’ulteriore verifica, che preveda il cumulo dei diversi interessi tutelati da entrambe le eccezioni e la loro ponderazione congiunta rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

C –    Sulle eccezioni ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva sull’informazione ambientale

61.      Per concludere, desidero esaminare brevemente un aspetto in relazione al quale la Commissione e il Regno Unito sono in disaccordo, e segnatamente se la ponderazione possa includere anche le eccezioni ai sensi dell’art. 4, n. 1, della direttiva sull’informazione ambientale. Siffatta questione non è oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale, in quanto quest’ultima verte unicamente su due eccezioni ai sensi del n. 2.

62.      Laddove la Corte dovesse pronunciarsi comunque sull’inclusione dell’art. 4, n. 1, della direttiva sull’informazione ambientale, è chiaro che la lett. a) non può essere soggetta a ponderazione: qualora un’autorità non detenga le informazioni desiderate, essa non può divulgarle. Se ciò valga anche per richieste formulate in termini troppo generici ai sensi della lett. c) dipende dall’interpretazione di siffatta eccezione. Qualora quest’ultima comprenda unicamente richieste il cui oggetto non è identificabile, una ponderazione non sarebbe parimenti possibile.

63.      Nel caso di richieste manifestamente infondate [art. 4, n. 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale], aventi ad oggetto materiale incompleto [lett. d)] e comunicazioni interne [lett. e)], vengono invece tutelati interessi che possono essere soggetti a ponderazione e che devono pertanto anche essere presi in considerazione nel caso di un pregiudizio. Lo stesso varrebbe per richieste formulate in termini troppo generici [lett. c)], qualora tale nozione potesse comprendere anche richieste il cui trattamento, a causa della sua genericità, impone un lavoro eccessivo.

V –    Conclusione

64.      Suggerisco pertanto alla Corte di statuire come segue in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

Ai sensi della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale, qualora un’autorità pubblica detenga informazioni ambientali la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio a diversi interessi tutelati da più di un’eccezione ai sensi dell’art. 4, n. 2, pregiudizio che tuttavia, nel caso di presa in considerazione separata di ciascuna eccezione, non sarebbe abbastanza forte da prevalere sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, è necessaria un’ulteriore verifica, che preveda il cumulo dei diversi interessi tutelati da entrambe le eccezioni e la loro ponderazione congiunta rispetto all’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Titolo integrale: direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41, pag. 26).


3 – GU 2005, L 124, pag. 4.


4 – Adottata con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE (GU L 124, pag. 1).


5 – S.I. 2004, n. 3391.


6 – http://www.sitefinder.ofcom.org.uk/.


7 – Direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (GU L 158, pag. 56).


8 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43).


9 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della Convenzione di Århus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264, pag. 13).


10 – In tal modo, il controllo dei processi decisionali da parte del pubblico non può, secondo le mie conclusioni presentate il 3 marzo 2011 nella causa C‑506/08 P, Svezia/Commissione (non ancora pubblicate nella Raccolta, segnatamente paragrafi 47 e segg.), essere considerato quale pregiudizio di tali processi.


11 – In tal senso, nel frattempo, la sentenza 16 dicembre 2010, causa C‑266/09, Stichting Natuur en Milieu (Racc. pag. I‑13119, punto 56).


12 – V. parte VI, punti 5 e 6, rispettivamente ultimo trattino, della posizione comune (CE) n. 24/2002 definita dal Consiglio il 28 gennaio 2002, in vista dell’adozione della direttiva 2002/.../CE del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU C 113 E, pag. 1, 12).


13 – «Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l’interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle [sic]».


14 – Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [COM(2000) 402 def.].


15 – Documento del Parlamento A5-0074/2001 (GU 2001, C 343, pag. 165).


16 – «In ciascun caso si pondera l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto della richiesta». Mediante l’integrazione di una frase in prima lettura è questo l’art. 4, n. 2, terza frase, della proposta modificata dal Parlamento.


      V. anche la proposta, modificata dalla Commissione dopo la prima lettura, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [GU 2001, C 240 E, pag. 289 (292)]: «I suddetti motivi per rifiutare la divulgazione di informazioni vanno interpretati in modo restrittivo. (…) In tutti i casi menzionati all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e paragrafo 2 lettere da a) a g) si pondera l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto della richiesta. L’accesso all’informazione richiesta è concesso se l’interesse pubblico supera quest’ultimo interesse».


17 – In danese («interesser») e in estone («huvidega») sembra essere stato impiegato «interessi» al plurale; in lettone si parla di vantaggi: «ieguvumu» e «ieguvumam».


18 – Su tale interpretazione si fonda anche la sentenza Stichting Natuur en Milieu, cit. alla nota 11 (punti 55 e segg.).


19 – Nella sentenza 21 settembre 2010, cause riunite C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, Svezia/API e Commissione (Racc. pag. I‑8533, punto 158), la Corte rileva, effettivamente, che determinate considerazioni generiche non sarebbero idonee a dimostrare che il principio di trasparenza presenta una qualsivoglia rilevanza particolare, che avrebbe potuto prevalere sulle ragioni (al plurale) che giustificavano il diniego di divulgazione dei documenti in questione. Resta tuttavia incerto se tali ragioni debbano essere prese in considerazione isolatamente o cumulativamente.


20 – Nel caso delle eccezioni di cui all’art. 4, n. 1, del regolamento n. 1049/2001, non è prevista alcuna ponderazione.


21 – V., in relazione al regolamento n. 1049/2001, la sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑64/05 P, Svezia/Commissione (Racc. pag. I‑11389, punti 66 e segg., segnatamente punto 76).


22 – Per questi motivi, il governo finlandese, in una dichiarazione messa a verbale, ha rigettato l’art. 4, n. 2, terza frase, già in occasione dell’approvazione della direttiva sull’informazione ambientale; v. documento del Consiglio 14917/02 ADD 1 REV 1 del 13 dicembre 2002, pag. 1.


23 – Sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52); 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli (Racc. pag. I‑3465, punto 33), nonché 10 gennaio 2006, causa C‑344/04, IATA e ELFAA (Racc. pag. I‑403, punto 35).


24 – Sentenze Commissione/Germania, cit. alla nota 23 (punto 52); 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 20); Bellio F.lli, cit. alla nota 23 (punto 33); 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, punto 35), nonché 14 maggio 2009, causa C‑161/08, Internationaal Verhuis- en Transportbedrijf Jan de Lely (Racc. pag. I‑4075, punto 38).


25 – V. già le mie conclusioni presentate il 23 settembre 2010 nella causa C‑266/09, Stichting Natuur en Milieu (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafo 41), nonché il 14 ottobre 2010 nella causa C‑524/09, Ville de Lyon (non ancora pubblicate nella Raccolta, paragrafi 64 e segg.). La sentenza della IV Sezione 22 dicembre 2010, causa C‑524/09, Ville de Lyon (Racc. pag. I‑14115, punti 35 e segg.), non può essere interpretata come una presa di distanza da siffatta giurisprudenza consolidata.


26 – Sentenze 17 dicembre 1970, causa 25/70, Köster, Berodt & Co. (Racc. pag. 1161, punti 21 e seg.); 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a. (Racc. pag. 4587, punto 15), nonché 17 gennaio 2008, cause riunite C‑37/06 e C‑58/06, Viamex Agrar Handel (Racc. pag. I-69, punto 33).


27 – V., in tal senso, le sentenze Köster, Berodt & Co., cit. alla nota 26 (punti 28 e 32); 11 luglio 1989, causa 265/87, Schräder HS Kraftfutter (Racc. pag. 2237, punto 21); 12 luglio 2001, causa C‑189/01, Jippes e a. (Racc. pag. I‑5689, punto 81); Viamex Agrar Handel, cit. alla nota 26 (punto 35), nonché 9 marzo 2010, cause riunite C‑379/08 e C‑380/08, ERG e a. (Racc. pag. I‑2007, punto 86).


28 – A titolo di esempio, in relazione al regolamento n. 1049/2001, la sentenza 1° luglio 2008, cause riunite C‑39/05 P e C‑52/05 P, Svezia e Turco/Consiglio (Racc. pag. I‑4723, punti 45‑47 e 67).