Language of document : ECLI:EU:T:2013:259

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

17 maggio 2013 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato europeo dei tubi marini – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 81 CE e all’articolo 53 dell’Accordo SEE – Fissazione dei prezzi, ripartizione del mercato e scambi di informazioni commerciali sensibili – Nozione di infrazione continuata o ripetuta – Prescrizione – Certezza del diritto – Parità di trattamento – Ammende – Gravità e durata dell’infrazione»

Nelle cause riunite T‑147/09 e T‑148/09,

Trelleborg Industrie SAS, con sede in Clermont‑Ferrrand (Francia), rappresentata da J. Joshua, barrister, e E. Aliende Rodríguez, avvocato,

ricorrente nella causa T‑147/09,

Trelleborg AB, con sede in Trelleborg (Svezia), rappresentata da J. Joshua, barrister, e E. Aliende Rodríguez, avvocato,

ricorrente nella causa T‑148/09,

contro

Commissione europea, rappresentata da N. Khan, V. Bottka e S. Noë, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, in via principale, una domanda di annullamento parziale della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), nella parte in cui tale decisione riguarda le ricorrenti, e, in subordine, una domanda di annullamento o di riduzione sostanziale dell’ammenda ad esse inflitta in detta decisione,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da J. Azizi, presidente, M. Prek e S. Frimodt Nielsen (relatore), giudici,

cancelliere: J. Weychert, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

1        I tubi marini sono impiegati per caricare petrolio dolce o petrolio grezzo lavorato e altri prodotti petroliferi da impianti offshore (ad esempio, le boe – normalmente ancorate al largo, che fungono da punto di ormeggio per le petroliere – o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico – che sono sistemi di cisterne galleggianti utilizzate per estrarre il petrolio o il gas da una piattaforma limitrofa, trattarlo e stoccarlo fino al trasbordo su una petroliera) su navi‑cisterna e successivamente scaricare tali prodotti da tali navi in impianti offshore (ad esempio, boe) o sulla terraferma.

2        I tubi marini vengono utilizzati offshore – vale a dire in acqua o in prossimità dell’acqua – mentre i tubi industriali o terrestri vengono utilizzati sulla terraferma.

3        Ogni impianto di tubi marini include, a seconda delle specifiche esigenze dei clienti, un certo numero di tubi standard, di tubi speciali muniti di giunti alle due estremità e di dispositivi complementari, quali valvole, ingranaggi terminali o apparecchiature galleggianti. Nella fattispecie, l’espressione «tubi marini» include tali dispositivi complementari.

4        I tubi marini vengono utilizzati dalle compagnie petrolifere, dai produttori di boe, dai terminal portuali, dall’industria petrolifera e dai governi, e vengono acquistati sia per nuovi progetti che come pezzi di ricambio.

5        Per quanto riguarda i nuovi progetti, i terminal petroliferi o gli altri utenti finali si avvalgono generalmente di una società di ingegneria (detta anche «costruttore di materiale», «costruttore OEM» o «fornitore di componenti») per costruire o installare nuovi impianti di distribuzione petrolifera, quali i sistemi di punto unico di ormeggio o le piattaforme galleggianti di produzione, stoccaggio e scarico. Per tali progetti, il fornitore di componenti acquista un impianto completo di tubi marini presso un produttore.

6        Una volta che tali tubi marini siano stati installati, i singoli pezzi devono essere sostituiti entro un periodo compreso tra uno e sette anni. Gli acquisti di tubi marini a fini sostitutivi (noti anche come «settore dei pezzi di ricambio») sono spesso effettuati direttamente dagli utenti finali. Tuttavia, in alcuni casi, questi ultimi subappaltano e centralizzano i loro acquisti presso controllate o imprese esterne. Le vendite di pezzi di ricambio rappresentano una quota del mercato mondiale dei tubi marini superiore a quella delle vendite di nuovi prodotti.

7        La domanda di tubi marini dipende in gran parte dallo sviluppo del settore petrolifero e, in particolare, di quello dell’estrazione del petrolio in zone lontane dai luoghi di consumo. La domanda, aumentata nel corso del tempo, è ciclica e dipende in una certa misura dall’andamento del prezzo del petrolio. Essa ha iniziato ad assumere dimensioni rilevanti alla fine degli anni ‘60 ed è aumentata all’inizio degli anni ‘70, in particolare con provenienza da regioni produttrici di petrolio nel Golfo Persico, nel Mare del Nord e nell’Africa settentrionale. Negli anni ‘80 la domanda è aumentata con provenienza dalle imprese petrolifere nazionali in via di sviluppo dell’America del Sud. Alla fine degli anni ‘90 la domanda si è spostata verso l’Africa occidentale.

8        I tubi marini sono fabbricati da imprese note nel settore degli pneumatici e della gomma o da loro «spin‑off». Essi vengono prodotti su richiesta, conformemente alle esigenze dei clienti. Poiché la domanda di tubi marini è molto dispersa sul piano geografico, la maggior parte dei produttori ricorre ad un numero considerevole di agenti che, per mercati specifici, forniscono servizi generali di marketing e offrono i loro prodotti nell’ambito di gare d’appalto pubbliche.

9        I tubi marini vengono commercializzati in tutto il mondo e i principali produttori operano su scala internazionale. I requisiti normativi applicabili ai tubi marini non presentano sostanziali differenze da un paese all’altro e, sebbene i requisiti tecnici varino in funzione dell’ambiente e delle modalità di impiego, ciò non viene tuttavia percepito come un ostacolo alla vendita di tubi marini in tutto il mondo.

10      Infine, nel periodo considerato, i partecipanti al cartello hanno venduto tubi marini prodotti in Giappone, nel Regno Unito, in Italia e in Francia a utenti finali e a fornitori di componenti stabiliti in vari paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (SEE). Benché la maggior parte dei sistemi di tubi marini abbia quale destinazione finale regioni extraeuropee, alcuni dei principali fornitori mondiali di componenti hanno invece sede nei vari paesi dell’Unione e del SEE.

 Presentazione delle ricorrenti

11      In origine l’attività relativa ai tubi marini era esercitata dalla Michelin.

12      Nell’ambito del gruppo Michelin, tale attività era garantita da una società del gruppo denominata CMP. La Michelin ha poi costituito, il 28 luglio 1993, una società denominata SIRA, che non ha esercitato alcuna attività sino al 31 marzo 1995, data in cui l’attività dei tubi marini della CMP è stata trasferita alla SIRA. Il 26 aprile1995 la denominazione SIRA è stata sostituita dalla denominazione CMP. Successivamente la CMP è stata sciolta.

13      Il 28 marzo 1996 una delle ricorrenti, la Trelleborg AB, ha concluso un accordo con la Michelin in base al quale essa si impegnava ad acquisire tutte le quote di partecipazione detenute dalla Michelin nella CMP. La società è stata poi indicata con diverse denominazioni contenenti il nome Trelleborg e, a decorrere dal 2005, con la denominazione Trelleborg Industrie SAS.

14      La Trelleborg è una società di diritto svedese esistente dal 1905 il cui fatturato a livello mondiale, nel 2006, si avvicinava ai 27 miliardi di corone svedesi (SEK) (circa EUR 2,9 miliardi).

15      Il Trelleborg Group comprende quattro settori di attività: Trelleborg Engineered Systems (in cui sono inclusi i tubi marini), Trelleborg Automotive, Trelleborg Sealing Solutions e Trelleborg Wheel Systems.

16      La Trelleborg partecipa alla produzione e alla commercializzazione di tubi marini attraverso la sua controllata, la Trelleborg Industrie, l’altra ricorrente, che è una società di diritto francese.

 Procedimento amministrativo

17      Mentre veniva avviata un’indagine da parte del Ministero della giustizia degli Stati Uniti e delle Autorità garanti della concorrenza del Giappone e del Regno Unito per fatti analoghi, [riservato] (1), invocando il programma di clemenza previsto dalla Comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17), ha presentato alla Commissione delle Comunità europee, il 20 dicembre 2006, una richiesta di immunità denunciando l’esistenza di un cartello nel mercato dei tubi marini.

18      La Commissione ha quindi avviato un’indagine per violazione dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE e il 2 maggio 2007 ha effettuato una serie di accertamenti presso la Parker ITR, le ricorrenti ed altri produttori interessati, nonché presso [riservato] e il sig. W.

19      La Manuli Rubber Industries SpA (MRI), la Parker ITR e la Bridgestone hanno rispettivamente inviato una domanda di trattamento favorevole alla Commissione il 4 maggio, il 17 luglio e il 7 dicembre 2007.

20      Il 28 aprile 2008 la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti, che ha notificato alle società tra il 29 aprile e il 1° maggio 2008.

21      Tutte le società hanno risposto alla comunicazione degli addebiti entro i termini impartiti e, ad eccezione della [riservato]/DOM, della ContiTech AG e della Continental AG, hanno chiesto di essere sentite nel corso di un’audizione tenutasi il 23 luglio 2008.

 Decisione impugnata

22      Il 28 gennaio 2009 la Commissione ha adottato la decisione C (2009) 428 def., relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini) (in prosieguo: la «decisione impugnata»). Dalla decisione impugnata risulta sostanzialmente che:

–        la medesima è stata adottata nei confronti di undici società, tra cui le ricorrenti;

–        le società cui la stessa fa riferimento hanno partecipato, con modalità talvolta diverse, ad un’infrazione unica e complessa che ha avuto ad oggetto l’aggiudicazione di appalti, la fissazione dei prezzi, la determinazione di quote, la previsione delle condizioni di vendita, la ripartizione di mercati geografici e lo scambio di informazioni sensibili sui prezzi, sui volumi delle vendite e sulle gare d’appalto;

–        il cartello ha avuto inizio almeno il 1° aprile 1986 (benché risalga verosimilmente all’inizio degli anni ‘70) e si è concluso il 2 maggio 2007;

–        dal 13 maggio 1997 al 21 giugno 1999 (in prosieguo: il «periodo intermedio»), il cartello è stato poco attivo e si sono verificati contrasti tra i suoi membri; tuttavia, ciò non avrebbe comportato un’effettiva interruzione dell’infrazione; infatti, la struttura realizzata dal cartello è stata completamente ristabilita a partire dal giugno 1999 con le stesse modalità e con gli stessi partecipanti (ad eccezione di un’impresa, che ha riaderito pienamente al cartello l’anno successivo); si dovrebbe pertanto ritenere che i produttori abbiano commesso un’infrazione unica e continuata protrattasi dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007, o quanto meno, se si dovesse comunque considerare che vi sia stata un’interruzione, un’infrazione unica e ripetuta; il periodo intermedio non è preso tuttavia in considerazione ai fini del calcolo dell’ammenda, tenuto conto del numero limitato di prove dell’infrazione per tale periodo;

–        le ricorrenti sono state dichiarate responsabili per i seguenti periodi:

–        Trelleborg Industrie: dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007;

–        Trelleborg: dal 28 marzo 1996 al 2 maggio 2007;

–        in conformità ai criteri previsti dagli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»), l’importo base dell’ammenda da irrogare a ciascuna società è stato determinato come segue:

–        la Commissione si è basata sulla media delle vendite annue a livello mondiale di ciascuna società nel corso del periodo 2004‑2006 e ha considerato le vendite fatturate agli acquirenti stabiliti nel SEE;

–        essa ha determinato le vendite pertinenti di ciascuna di esse applicando la loro quota di mercato mondiale alle vendite aggregate realizzate all’interno del SEE, conformemente al punto 18 degli orientamenti;

–        ha preso in considerazione il 25% di quest’ultimo valore (anziché il massimo del 30% previsto dagli orientamenti) a titolo della gravità dell’infrazione;

–        ha moltiplicato il valore così ottenuto per il numero di anni in cui ciascuna società ha partecipato all’infrazione;

–        conformemente al punto 25 degli orientamenti, ha infine applicato una somma aggiuntiva pari al 25% delle vendite pertinenti a fini dissuasivi;

–        la Commissione ha poi riconosciuto talune circostanze aggravanti a carico di due società e ha escluso l’applicazione di circostanze attenuanti per gli altri partecipanti al cartello;

–        ha applicato infine la sua Comunicazione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (v. supra, punto 17) a due società.

23      Per quanto riguarda la Trelleborg e la Trelleborg Industrie, la Commissione ha ritenuto che il valore delle vendite ammontasse a EUR 4 909 332 in base a una quota del mercato mondiale del 15%, che la Trelleborg Industrie avesse partecipato al cartello per 18 anni, 11 mesi e 23 giorni, il che determina un moltiplicatore 19, e la Trelleborg per 8 anni, 11 mesi e 28 giorni, il che determina un moltiplicatore 9, e, in applicazione dei fattori precisati al punto precedente, ha fissato l’importo base dell’ammenda in EUR 24 500 000 per la Trelleborg Industrie del cui pagamento la Trelleborg è solidalmente responsabile per un importo di EUR 12 200 000.

24      Poiché non è stata riconosciuta alcuna circostanza aggravante o attenuante nei loro confronti, tali importi costituiscono l’ammenda definitiva inflitta a ciascuna delle due società.

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale il 9 aprile 2009, le ricorrenti hanno proposto i presenti ricorsi.

26      Dato l’impedimento di un membro della Prima Sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale ha designato un altro giudice per completare la sezione, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale.

27      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura, ha invitato le parti a depositare taluni documenti e ha loro sottoposto per iscritto alcuni quesiti. Le parti hanno ottemperato a tale richiesta.

28      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale del 29 febbraio 2012, le cause T‑147/09 e T‑148/09 sono state riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’articolo 50 del regolamento di procedura.

29      Con lettera del 13 aprile 2012, la ricorrente nella causa T‑147/09 ha comunicato al Tribunale la propria intenzione di rinunciare al terzo motivo dedotto in subordine.

30      Con lettera del 24 aprile 2012, le ricorrenti hanno chiesto che l’udienza fosse tenuta a porte chiuse.

31      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza del 26 aprile 2012.

32      In tale occasione le ricorrenti hanno rinunciato alla loro richiesta di udienza a porte chiuse.

33      La Trelleborg Industrie chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare in parte l’articolo 1 della decisione impugnata per la parte ad essa relativa e, in ogni caso, almeno per la parte in cui esso constata la commissione di un’infrazione prima del 21 giugno 1999;

–        ridurre l’ammenda ad essa inflitta all’articolo 2 in modo da sanare gli errori manifesti contenuti nella decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

34      La Trelleborg chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare l’articolo 1 della decisione impugnata per la parte ad essa relativa e, in ogni caso, almeno per la parte in cui esso constata la commissione di un’infrazione prima del 21 giugno 1999;

–        ridurre l’ammenda ad essa inflitta all’articolo 2 in modo da sanare gli errori manifesti contenuti nella decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

35      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

 Sulle conclusioni di annullamento

36      Le ricorrenti deducono due motivi comuni a sostegno dei loro ricorsi.

37      Il primo motivo verte, da un lato, su un errore manifesto nella valutazione dei fatti che ha indotto la Commissione a ritenere che la Trelleborg Industrie avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 e che la Trelleborg avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 28 marzo 1996 e il 2 maggio 2007 e, dall’altro, sulla violazione dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

38      Il secondo motivo verte sulla mancanza di interesse legittimo da parte della Commissione ad adottare una decisione che dichiari l’esistenza di un’infrazione prima del 1999.

 Sul primo motivo vertente, da un lato, su un errore manifesto nella valutazione dei fatti che ha indotto la Commissione a ritenere che la Trelleborg Industrie avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 e che la Trelleborg avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 28 marzo 1996 e il 2 maggio 2007 e, dall’altro, sulla violazione dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003

 Decisione impugnata

39      Dai considerando da 148 a 187 della decisione impugnata emerge, in sostanza, che fra il 13 maggio 1997 e l’11 giugno 1999, per talune società, e il 21 giugno 1999, per altre società tra cui le ricorrenti, il cartello ha conosciuto un periodo di rallentamento della sua attività a causa di divergenze tra i suoi membri. Numerosi elementi di prova dimostrano tuttavia, secondo la Commissione, che, durante questo periodo, i principali protagonisti del cartello – il sig. P., il sig. W., il sig. F. e il sig. C., in particolare – sono stati regolarmente in contatto allo scopo, segnatamente, di scambiare informazioni commerciali e di tentare il rilancio del cartello, il che ha infine avuto luogo nel giugno 1999.

40      I considerando da 289 a 307 della decisione impugnata espongono i motivi per i quali la Commissione ha ritenuto che l’infrazione fosse continuata, o, in subordine, ripetuta, malgrado essa ritenesse che il cartello avesse svolto un’attività limitata durante il periodo intermedio e non si dovesse irrogare alcuna ammenda per tale periodo.

41      Risulta peraltro dall’articolo 1, lettere g) e h), della decisione impugnata che la Commissione ha considerato che tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 era stata commessa un’infrazione continuata alla quale la Trelleborg Industrie ha partecipato dal 1° aprile 1986 al 2 maggio 2007 e la Trelleborg dal 28 marzo 1996 al 2 maggio 2007, e dai considerando 187, da 201 a 208 e da 466 a 448 della decisione impugnata che il periodo intermedio è considerato, per quanto riguarda le ricorrenti, come un periodo di attività limitata del cartello che non giustifica l’irrogazione di un’ammenda.

 Argomenti delle parti

42      Le ricorrenti affermano, in sostanza, da un lato, che la Commissione, alla quale incombe l’onere di dimostrare la durata dell’infrazione, non dimostra che quest’ultima si è protratta per il periodo intermedio, in quanto gli elementi di prova considerati a tal fine dalla Commissione sono stati erroneamente interpretati e, dall’altro, che, in ogni caso, essa non dispone di alcuna prova che dimostri la partecipazione della Trelleborg Industrie o della Trelleborg alla suddetta infrazione durante tale periodo. Esse contestano, in particolare, a tal proposito, l’analisi della Commissione secondo cui gli appalti aggiudicati prima del verificarsi del periodo intermedio hanno continuato a produrre effetti sino alla fine del 1997, il che consentirebbe quanto meno, secondo quest’ultima, di includere nel periodo di infrazione il periodo intercorrente tra il settembre e il dicembre 1997.

43      Le ricorrenti considerano peraltro, in sostanza, che in tal modo la Commissione ha erroneamente qualificato l’infrazione come continuata e respinto il loro argomento relativo alla prescrizione dell’infrazione per il periodo precedente all’interruzione del cartello, in violazione dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1).

44      Esse contestano, a tal proposito, la possibilità di accogliere la nozione di infrazione continuata, come sostenuto dalla Commissione, qualora si presenti un’interruzione del cartello di quasi due anni, nonché la possibilità di accogliere, in subordine, la nozione di infrazione ripetuta, la quale, secondo le ricorrenti, includerebbe anch’essa un’idea di continuità che osta alla sua applicazione in caso di interruzione accertata dell’infrazione. Ammettere la qualificazione di infrazione ripetuta in un caso siffatto sarebbe inoltre contrario al principio della certezza del diritto, poiché il termine di prescrizione potrebbe essere così prorogato indefinitamente dalla Commissione. Esse rilevano infine che la qualificazione di infrazione ripetuta non compare in ogni caso nel dispositivo della decisione impugnata.

45      Le ricorrenti fanno valere infine che la Commissione non ha osservato la sua prassi decisionale precedente e che esse sono state oggetto di un trattamento discriminatorio rispetto alla MRI, per la quale la Commissione ha considerato che un’interruzione di quattro anni, tra l’agosto 1992 e il settembre 1996, consentisse di non infliggere più ammende per i fatti commessi da tale società, precedenti al 1° agosto 1992.

46      La Commissione contesta tali affermazioni e considera che la decisione impugnata dimostra sufficientemente che l’infrazione si è protratta per tutto il periodo intermedio, sebbene il cartello fosse entrato in una fase di attività limitata. Essa riconosce tuttavia, nelle sue memorie e quando viene interrogata a tal proposito in udienza, di non disporre di alcuna prova circa il coinvolgimento delle ricorrenti nei contatti tra membri del cartello durante il periodo intermedio.

47      Essa ritiene per contro che si debba tener conto, da un lato, degli appalti orchestrati prima di tale periodo e i cui effetti si sono protratti sino al novembre o al dicembre 1997 e, dall’altro, del fatto che le ricorrenti, all’epoca, non hanno preso le distanze dal cartello, il che giustifica, alla luce della giurisprudenza, la qualificazione della loro partecipazione all’infrazione tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 come continuata.

48      La Commissione aggiunge, in sostanza, che, in ogni caso, qualora il Tribunale dovesse considerare che l’infrazione non è continuata, incomberebbe allo stesso riqualificarla come infrazione ripetuta, qualificazione che essa aveva del resto menzionato in subordine al considerando 307 della decisione impugnata. Ne consegue, a suo avviso, che il suo potere di infliggere ammende per il periodo di infrazione, protrattosi dal 1986 al 1997, non era prescritto al momento dell’adozione della decisione impugnata. Essa ritiene inoltre che sia quindi irrilevante il fatto che il dispositivo della decisione impugnata menzioni soltanto l’esistenza di un’infrazione continuata.

49      Va precisato che, quando sono state interrogate in udienza dal Tribunale, le ricorrenti hanno riconosciuto di non contestare la loro partecipazione all’infrazione né per il periodo precedente al 13 maggio 1997 né per il periodo successivo al 21 giugno 1999. Esse ritengono tuttavia che si tratti di infrazioni distinte.

 Giudizio del Tribunale

–       Considerazioni preliminari

50      Occorre anzitutto ricordare che dalla giurisprudenza risulta che incombe alla Commissione provare non soltanto l’esistenza del cartello, ma anche la sua durata (v. sentenza del Tribunale 15 marzo 2000, Cimenteries CBR e a./Commissione, T‑25/95, T‑26/95, da T‑30/95 a T‑32/95, da T‑34/95 a T‑39/95, da T‑42/95 a T‑46/95, T‑48/95, da T‑50/95 a T‑65/95, da T‑68/95 a T‑71/95, T‑87/95, T‑88/95, T‑103/95 e T‑104/95, Racc. pag. II‑491, punto 2802, e la giurisprudenza ivi citata). Più in particolare, sotto il profilo dell’onere della prova relativa a una infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, CE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare sufficientemente l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione (v., in tal senso, sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58, e dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, Racc. pag. I‑4125, punto 86). Il fatto che il giudice nutra un dubbio deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione che constata l’infrazione. Il giudice non può quindi concludere che la Commissione ha adeguatamente dimostrato l’esistenza dell’infrazione in questione qualora egli nutra ancora dubbi in merito a tale questione, in particolare nel contesto di un ricorso diretto all’annullamento e/o alla riforma di una decisione che infligge un’ammenda. Infatti, in quest’ultima situazione, occorre tener conto del principio della presunzione d’innocenza, che fa parte dei diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione ed è stato sancito dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1). Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica in particolare alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nella pronuncia di multe o ammende (v., in tal senso, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punti 149 e 150, e del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punti 215 e 216). Pertanto, è necessario che la Commissione produca prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’asserita infrazione sia stata commessa (v. sentenza Groupe Danone/Commissione cit., e la giurisprudenza ivi citata).

51      Tuttavia, dalla giurisprudenza costante emerge altresì che non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (v. sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 180, e la giurisprudenza ivi citata).

52      Peraltro, in genere le attività connesse ad accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, come i resoconti di riunioni, essi saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, pertanto, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza (sentenze della Corte del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punti da 55 a 57, e del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, C‑403/04 P e C‑405/04 P, Racc. pag. I‑729, punto 51).

53      Inoltre, la giurisprudenza esige che, in mancanza di elementi di prova atti a dimostrare direttamente la durata di un’infrazione, la Commissione si fondi quantomeno su elementi di prova che si riferiscano a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (v. sentenze del Tribunale del 7 luglio 1994, Dunlop Slazenger/Commissione, T‑43/92, Racc. pag. II‑441, punto 79, e del 16 novembre 2006, Peróxidos Orgánicos/Commissione, T‑120/04, Racc. pag. II‑4441, punto 51, e la giurisprudenza ivi citata).

54      Orbene, è pacifico, nel caso di specie, che la Commissione non dispone di alcun elemento di prova che dimostri la partecipazione delle ricorrenti ai contatti tra membri del cartello e all’attività limitata di quest’ultimo, nel periodo intermedio da essa descritto ai considerando da 148 a 187 della decisione impugnata.

55      La Commissione si limita infatti a considerare che la partecipazione delle ricorrenti può essere dedotta dal fatto che esse non hanno preso le distanze dal cartello nel corso del periodo intermedio e che, quantomeno, tale partecipazione è dimostrata sino al novembre o al dicembre 1997, a causa del protrarsi degli effetti degli appalti aggiudicati tra membri del cartello prima del 13 maggio 1997 (v., in particolare, i considerando 150, 162 e 187 della decisione impugnata).

56      Si deve quindi valutare se, sul fondamento di tali constatazioni, la Commissione potesse correttamente qualificare come continuata l’infrazione commessa dalla Trelleborg Industrie tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 e dalla Trelleborg tra il 28 marzo 1996 e il 2 maggio 2007 e, di conseguenza, ritenere che il termine di prescrizione, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, iniziasse a decorrere solo a partire da quest’ultima data.

–       Sull’esistenza di un’infrazione continuata

57      Va ricordato che, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza. Siffatti indizi e coincidenze consentono, considerati nel loro insieme, di rivelare non soltanto l’esistenza di comportamenti o di accordi anticoncorrenziali, ma anche la durata di un comportamento anticoncorrenziale continuato e il periodo di applicazione di un accordo concluso in violazione delle regole di concorrenza (v., in tal senso, sentenze della Corte Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 52 supra, punto 57, e del 21 settembre 2006, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, C‑105/04 P, Racc. pag. I‑8725, punti da 94 a 96, e la giurisprudenza ivi citata).

58      Inoltre, siffatta violazione può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere rimessa in discussione sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero altresì costituire di per sé e presi isolatamente una violazione delle regole di concorrenza. Qualora le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (sentenze Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 52 supra, punto 258, e Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit. al punto 57 supra, punto 110).

59      Con riferimento alla mancanza di prove quanto all’esistenza di un accordo nel corso di alcuni periodi determinati o quanto meno riguardo alla sua esecuzione da parte di un’impresa nel corso di un dato periodo, si deve ricordare che il fatto che la prova dell’infrazione non sia stata fornita per alcuni periodi determinati non impedisce di ritenere che l’infrazione abbia abbracciato un periodo complessivo più esteso, qualora una constatazione siffatta si basi su indizi oggettivi e concordanti. Nell’ambito di un’infrazione estesa su più anni, il fatto che le manifestazioni dell’intesa si verifichino in periodi differenti, eventualmente separati da intervalli di tempo più o meno lunghi, resta ininfluente ai fini dell’esistenza dell’intesa stessa, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e si inscrivano nel contesto di un’infrazione a carattere unitario e continuato (sentenza Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, cit. al punto 57 supra, punti 97 e 98); v. altresì, in tal senso, sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, cit. al punto 52 supra, punto 260.

60      Al riguardo, la giurisprudenza ha individuato più criteri rilevanti ai fini della valutazione dell’unitarietà di un’infrazione, ossia l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione (sentenza del Tribunale del 20 marzo 2002, Dansk Rørindustri/Commissione, T‑21/99, Racc. pag. II‑1681, punto 67; v. anche, in tal senso, sentenze della Corte del 21 settembre 2006, Technische Unie/Commissione, C‑113/04 P, Racc. pag. I‑8831, punti 170 e 171, e del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T-43/02, Racc. pag. II‑3435, punto 312), l’identità dei prodotti e dei servizi considerati (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Tokai Carbon e a./Commissione, T‑71/03, T‑74/03, T‑87/03 e T‑91/03, non pubblicata nella Raccolta, punti 118, 119 e 124, e Jungbunzlauer/Commissione, cit., punto 312), l’identità delle imprese che vi hanno preso parte (sentenza Jungbunzlauer/Commissione, cit., punto 312) e l’identità delle modalità di attuazione dell’infrazione (sentenza Dansk Rørindustri/Commissione, cit., punto 68). Inoltre, ai fini di tale esame possono essere altresì prese in considerazione l’identità delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografico delle pratiche in questione.

61      La giurisprudenza consente pertanto alla Commissione di presumere che l’infrazione – o la partecipazione di un’impresa all’infrazione – non si sia interrotta, sebbene la Commissione non possieda prove dell’infrazione per taluni periodi determinati, a condizione che le diverse azioni che compongono tale infrazione perseguano una medesima finalità e possano inserirsi nell’ambito di un’infrazione a carattere unico e continuato, constatazione che deve basarsi su indizi oggettivi e concordanti che dimostrino l’esistenza di un piano d’insieme.

62      Quando tali condizioni sono soddisfatte la nozione di infrazione continuata consente quindi alla Commissione di infliggere un’ammenda per tutto il periodo d’infrazione preso in considerazione e determina la data dalla quale comincia a decorrere il termine di prescrizione, vale a dire la data in cui l’infrazione continuata ha avuto termine.

63      Tuttavia, le imprese accusate di collusione possono tentare di invertire tale presunzione facendo valere indizi o elementi di prova i quali dimostrino che, al contrario, l’infrazione – o la loro partecipazione a quest’ultima – non si è protratta in questi stessi periodi.

64      Nella specie, si deve certamente constatare che le ricorrenti non hanno contestato, in udienza, l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti considerati, delle imprese che hanno preso parte alla collusione, delle principali modalità di attuazione della stessa, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografico di dette pratiche prima del maggio 1997 e dopo il giugno 1999.

65      Sebbene siffatte constatazioni consentano di sostenere la tesi di un piano d’insieme individuabile prima e dopo il periodo intermedio, tuttavia occorre altresì constatare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha considerato, da un lato, che il cartello aveva attraversato un periodo di crisi, nel corso del quale il suo funzionamento era significativamente alterato e i rapporti tra i suoi membri si erano nettamente allentati, cosicché la sua attività aveva subito un forte rallentamento durante il periodo intermedio e, dall’altro, che, nel corso di tale periodo, taluni protagonisti – il sig. P., il sig. F., il sig. C. e il sig. W., in particolare – avevano essenzialmente beneficiato dei loro contatti per tentare di rilanciare la cooperazione tra le imprese interessate (v. i considerando da 148 a 187 della decisione impugnata), ragion per cui la Commissione è stata indotta a non infliggere ammende ad alcuno dei membri del cartello per tale periodo intermedio.

66      Orbene, è giocoforza constatare che la Commissione non dispone di alcuna prova del coinvolgimento delle ricorrenti in tali contatti multilaterali durante detto periodo intermedio, durato più di due anni, o del fatto che esse avrebbero partecipato alle riunioni tenutesi al fine di rilanciare il cartello e neppure del fatto che esse ne abbiano avuto conoscenza.

67      In tali circostanze, la tesi sostenuta dalle ricorrenti secondo la quale esse hanno effettivamente interrotto la loro partecipazione risulta sufficientemente dimostrata e plausibile per invertire la presunzione, richiamata al punto 61 supra, secondo cui la loro partecipazione, sia pure passiva, all’infrazione si sarebbe protratta anche in assenza di prove in tal senso. Infatti, tenuto conto della circostanza che, durante il periodo intermedio, l’attività del cartello era ridotta, se non addirittura inesistente, e in mancanza di indizi oggettivi e concordanti quanto a un’eventuale volontà persistente delle ricorrenti di rilanciare tale cartello o di accettare i suoi obiettivi, la Commissione non era legittimata a presumere una partecipazione continuata, sia pure passiva, da parte loro.

68      La Commissione fa valere tuttavia, nelle sue memorie, la giurisprudenza (sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, cit. al punto 50 supra, punti 83 e 84) secondo cui, al fine di far cessare la sua responsabilità, l’impresa deve prendere apertamente e inequivocabilmente le distanze dal cartello, in modo tale che gli altri partecipanti siano consapevoli del fatto che essa non sostiene più gli obiettivi generali del cartello. Essa ne deduce che, astenendosi dal prendere le distanze durante il periodo intermedio, la partecipazione delle ricorrenti a tale periodo di infrazione di minore intensità può essere nondimeno considerata a carico delle stesse, senza che ciò sfoci tuttavia nell’imposizione di un’ammenda per tale periodo. Infatti, secondo la giurisprudenza in parola, l’approvazione tacita di un’iniziativa, senza che vengano prese pubblicamente le distanze dal suo contenuto o senza denunciarla alle autorità amministrative, ha come effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e compromette la sua scoperta, il che costituisce un modo passivo di partecipare all’infrazione idoneo a far sorgere la responsabilità dell’impresa interessata. Orbene, dal momento che, in primo luogo, dalla decisione impugnata risulta che il normale funzionamento del cartello è stato interrotto durante il periodo intermedio, il quale è durato più di due anni, che, in secondo luogo, non è dimostrato che le ricorrenti abbiano preso parte ai contatti avvenuti nel corso del periodo intermedio allo scopo di rilanciare il cartello o che esse ne avessero conoscenza, e che, in terzo luogo, anche a voler condividere la tesi della Commissione per quanto riguarda il protrarsi degli effetti degli appalti aggiudicati prima del maggio 1997, tali effetti si sono protratti tutt’al più sino al novembre o al dicembre 1997, il che esclude in ogni caso un periodo di 18 mesi prima della ripresa del cartello durante il quale non esiste alcun indizio oggettivo e concordante che consenta di individuare il coinvolgimento delle ricorrenti nei contatti avvenuti nel periodo di crisi del cartello, la Commissione non può basare i suoi argomenti sul fatto che le ricorrenti non abbiano preso le distanze, durante il periodo intermedio, dalle iniziative intraprese da alcuni membri del cartello per riportarlo in essere.

69      Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, si deve constatare che il fatto che le ricorrenti non abbiano preso pubblicamente le distanze dagli altri membri del cartello non poteva suscitare in questi ultimi l’impressione di una complicità quantomeno passiva delle ricorrenti, cosicché il loro comportamento non poteva essere assimilato a un’approvazione tacita di un’iniziativa anticoncorrenziale. In assenza di indizi che consentano di concludere che le ricorrenti siano state a conoscenza dei contatti tra gli altri membri dell’intesa, durante il periodo intermedio, per rilanciare il cartello, il cui normale funzionamento era stato interrotto, la Commissione non era dunque legittimata a dedurre la loro responsabilità congiunta per il fatto che esse non avrebbero preso pubblicamente le distanze dal contenuto del cartello. Infatti, questo motivo, di per sé solo, non può essere sufficiente a colmare la totale assenza di indizi oggettivi e concordanti che avrebbero potuto dimostrare, sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo, l’evidenza della loro partecipazione e della loro complicità continuata a un’infrazione unica durante il periodo in parola.

70      Di conseguenza, va rilevato che la Commissione non poteva legittimamente constatare che l’infrazione commessa dalle ricorrenti era un’infrazione unica e continuata. Tale errore, tuttavia, non comporta necessariamente la violazione da parte della Commissione dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

71      Infatti, tenuto conto della circostanza che l’infrazione, nella specie, non può essere qualificata come continuata, resta da verificare, al fine di stabilire se opera la prescrizione ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, se l’infrazione debba essere qualificata come ripetuta, il che viene contestato dalle ricorrenti.

–       Sull’esistenza di un’infrazione ripetuta

72      Poiché l’interpretazione della nozione di infrazione ripetuta è oggetto di discussione tra le parti, occorre anzitutto precisare il significato di tale nozione rispetto alla nozione di infrazione continuata ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

73      Nell’ambito dell’interpretazione letterale di una disposizione del diritto dell’Unione, si deve tener conto del fatto che i testi di diritto dell’Unione sono redatti in diverse lingue e che le diverse versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura; l’interpretazione di siffatta disposizione comporta quindi un raffronto di tali versioni (sentenza della Corte del 6 ottobre 1982, CILFIT, 283/81, Racc. pag. 3415, punto 18). Data la necessità che le disposizioni del diritto dell’Unione vengano applicate, e quindi interpretate, in modo uniforme, in caso di dubbio il testo di una disposizione non può essere considerato isolatamente, in una delle sue versioni, ma deve essere interpretato e applicato alla luce dei testi redatti nelle altre lingue ufficiali (v. sentenza della Corte del 19 aprile 2007, Profisa, C‑63/06, Racc. pag. I‑3239, punto 13, e la giurisprudenza ivi citata). Inoltre, in caso di disparità tra le diverse versioni linguistiche di un testo dell’Unione, la disposizione di cui trattasi dev’essere intesa in funzione del sistema e della finalità della normativa di cui essa fa parte (v. sentenza Profisa, cit., punto 14, e la giurisprudenza ivi citata).

74      In termini più generali, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza della Corte del 17 novembre 1983, Merck, 292/82, Racc. pag. 3781, punto 12), nonché dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione (sentenza CILFIT, cit. al punto 73 supra, punto 20).

75      In primo luogo, va precisato che, nel regolamento (CEE) n. 2988/74 del Consiglio, del 26 novembre 1974, relativo alla prescrizione in materia di azioni e di esecuzione nel settore del diritto dei trasporti e della concorrenza della Comunità economica europea (GU L 319, pag. 1), che è all’origine delle disposizioni in materia di prescrizione contenute nel regolamento n. 1/2003, l’articolo 1, paragrafo 2, faceva riferimento alle «infractions continues ou continuées» [nella versione italiana: «infrazioni permanenti o continuate»].

76      Occorre ricordare, al riguardo, che, per quanto attiene all’infrazione continuata prevista all’articolo 1 del regolamento n. 2988/74, la Corte ha dichiarato che, sebbene la nozione di infrazione continuata abbia un contenuto leggermente diverso negli ordinamenti giuridici dei vari Stati membri, essa include in ogni caso una pluralità di comportamenti illeciti unificati da un elemento soggettivo comune (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punto 195).

77      Tale nozione è stata sostituita, nella versione in lingua francese dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, dalla nozione di infrazione «continue ou répétée» [nella versione italiana: infrazione «continuata o ripetuta»].

78      Tale modifica non è tuttavia avvenuta in tutte le versioni linguistiche di tale disposizione.

79      Infatti, le parole «continuing or repeated infringements» erano già utilizzate all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 2988/74 nella versione in lingua inglese di tale regolamento e questa terminologia è stata mantenuta nella versione in lingua inglese dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

80      Inoltre, al momento dell’adozione del regolamento n. 1/2003, il legislatore ha mantenuto, nella maggior parte delle versioni linguistiche, la terminologia contenuta in precedenza nel regolamento n. 2988/74 (si tratta, nella specie, delle versioni in lingua spagnola, danese, tedesca greca, neerlandese, finlandese e svedese), mentre le altre versioni linguistiche venivano anch’esse modificate al fine di accogliere la nozione di «infraction répétée» in luogo della nozione di «infraction continuée» (si tratta delle versioni in lingua italiana e portoghese).

81      Il considerando 31 del regolamento n. 1/2003 precisa peraltro quanto segue:

«Le norme relative alla prescrizione in materia di imposizione di ammende e penalità di mora sono stabilite dal regolamento (…) n. 2988/74 del Consiglio, che contempla anche le sanzioni applicabili nel settore dei trasporti. (…) Per chiarire il quadro giuridico sarebbe quindi opportuno modificare il regolamento (…) n. 2988/74 per escluderne l’applicazione al settore disciplinato dal presente regolamento, e occorrerebbe includere nel presente regolamento disposizioni relative alla prescrizione».

82      Occorre quindi considerare che non era intenzione del legislatore modificare il significato della disposizione precedente al momento della rifusione del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, Primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), nonostante la modifica terminologica avvenuta in talune versioni linguistiche, ma piuttosto, eliminare l’eventuale confusione suscitata dall’uso della nozione di «infraction continuée».

83      In secondo luogo, la nozione di infrazione ripetuta è una nozione distinta da quella di infrazione continuata (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 19 maggio 2010, IMI e a./Commissione, T‑18/05, Racc. pag. II‑1769, punti 96 e 97), distinzione del resto confermata dall’uso della congiunzione «o» all’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

84      L’argomento delle ricorrenti secondo cui si dovrebbe distinguere l’infrazione «classica» dall’infrazione «continuata e ripetuta» dev’essere pertanto respinta.

85      In terzo luogo, la nozione di infrazione unica riguarda una situazione in cui più imprese abbiano preso parte ad un’infrazione costituita da un comportamento continuato avente un unico obiettivo economico volto a falsare la concorrenza oppure da infrazioni singole collegate l’una all’altra da un’identità di oggetto e di soggetti (v., in tal senso, sentenze del Tribunale dell’8 luglio 2008, BPB/Commissione, T‑53/03, Racc. pag. II‑1333, punto 257, e del 28 aprile 2010, Amann & Söhne e Cousin Filterie/Commissione, T‑446/05, Racc. pag. II‑1255, punto 89).

86      In altri termini, le modalità secondo le quali l’infrazione è stata commessa consentono di qualificare l’infrazione unica come continuata oppure come ripetuta.

87      Va ricordato peraltro, per quanto riguarda l’infrazione continuata, che la nozione di piano d’insieme consente alla Commissione di presumere che la condotta illecita integrante l’infrazione non è stata interrotta anche se, per un certo periodo, essa non dispone di prove che dimostrino la partecipazione dell’impresa interessata a tale infrazione, a condizione che la medesima abbia partecipato all’infrazione prima e dopo tale periodo e sempreché non sussistano prove o indizi che lascino ritenere, per quanto la riguarda, che l’infrazione si fosse interrotta. In tal caso, la Commissione potrà infliggere un’ammenda per tutto il periodo di infrazione, compreso il periodo per il quale essa non dispone di prove che dimostrino la partecipazione dell’impresa interessata (v. punti da 60 a 62 supra).

88      Per contro, qualora sia possibile ritenere che la partecipazione di un’impresa all’infrazione si sia interrotta e che l’impresa abbia partecipato all’infrazione prima e dopo tale interruzione, l’infrazione in parola può essere qualificata come ripetuta se – proprio come nel caso dell’infrazione continuata (v. punto 60 supra) – esiste un unico obiettivo perseguito dalla stessa prima e dopo l’interruzione, il che può essere dedotto dall’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti considerati, delle imprese che hanno partecipato alla collusione, delle principali modalità di attuazione di quest’ultima, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografica di dette pratiche. L’infrazione è pertanto unica e ripetuta e, sebbene la Commissione possa infliggere un’ammenda per tutto il periodo di infrazione, essa non può infliggerla, per contro, per il periodo durante il quale l’infrazione è stata interrotta.

89      Pertanto, episodi illeciti distinti ai quali partecipi la medesima impresa, ma per i quali non sia possibile dimostrare l’esistenza di un obiettivo comune, non potrebbero essere qualificati come infrazione unica – continuata o ripetuta – e costituirebbero infrazioni distinte.

90      Nella specie, si deve constatare che la Commissione ammette di non avere prove del coinvolgimento delle ricorrenti durante il periodo intermedio, il quale ha avuto una durata superiore a due anni. Tale periodo non ha dato luogo, inoltre, all’irrogazione di alcuna ammenda.

91      Per contro, le ricorrenti hanno riconosciuto di aver partecipato a un’infrazione prima e dopo il periodo intermedio e hanno ammesso di non contestare, in udienza, l’identità degli obiettivi delle pratiche in questione, dei prodotti considerati, delle imprese che hanno partecipato alla collusione, delle principali modalità di attuazione di quest’ultima, delle persone fisiche coinvolte per conto delle imprese e, infine, dell’ambito di applicazione geografica di dette pratiche prima del maggio 1997 e dopo il giugno 1999.

92      Il Tribunale deve pertanto constatare che la Trelleborg Industrie ha commesso un’infrazione unica e ripetuta dall’aprile 1986 al 13 maggio 1997 e dal 21 giugno 1999 al maggio 2007 e che la Trelleborg ha commesso un’infrazione unica e ripetuta dal 28 marzo 1996 al 13 maggio 1997 e dal 21 giugno 1999 al maggio 2007. L’errata qualificazione dell’infrazione, da parte della Commissione, come infrazione continuata non impedisce infatti al Tribunale di riqualificarla come ripetuta, tenuto conto degli elementi di fatto contenuti nel fascicolo amministrativo e sui quali si fonda la decisione impugnata (v., per analogia, sentenza IMI e a./Commissione, cit. al punto 83 supra, punti 96 e 97; v. anche, per analogia, sentenza del Tribunale del 30 novembre 2009, France e France Télécom/Commissione, T‑427/04 e T‑17/05, Racc. pag. II‑4315, punti da 322 a 325, confermata in sede di impugnazione con sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, France Télécom/Commissione, C‑81/10 P, Racc. pag. I-12899, punti 80 e segg.).

93      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento delle ricorrenti secondo cui, fondandosi sulla teoria dell’infrazione ripetuta, fatta valere in subordine dalla Commissione nella decisione impugnata (v. punti 22 e 40 supra), essa potrebbe prorogare indefinitamente il termine di prescrizione e, così facendo, vanificarlo, il che sarebbe contrario al principio della certezza del diritto.

94      Tale argomento dev’essere respinto, poiché, da un lato, qualora le condizioni che consentono di concludere per l’esistenza di un’infrazione ripetuta siano soddisfatte, risulta dall’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 che il termine di prescrizione è prorogato. Dall’altro, l’eventuale carattere abusivo del ricorso alla teoria dell’infrazione ripetuta non può essere valutato in astratto e dipende essenzialmente dalle circostanze proprie del caso di specie e, in particolare, dalla capacità della Commissione di dimostrare che si tratta di un’infrazione unica protrattasi nel corso dei vari periodi considerati.

–       Sulle conseguenze dell’esistenza di un’infrazione ripetuta sulla prescrizione

95      Dato che la Trelleborg Industrie ha commesso un’infrazione unica e ripetuta dall’aprile 1986 al maggio 1997 e dal giugno 1999 al maggio 2007, e che la Trelleborg ha commesso un’infrazione unica e ripetuta dal marzo 1996 al maggio 1997 e dal giugno 1999 al maggio 2007, occorre constatare che il periodo di infrazione precedente al 13 maggio 1997 non è prescritto.

–       Sulle altre censure

96      Peraltro, per quanto riguarda la censura vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto, occorre ricordare che tale principio costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che esige, segnatamente, che la normativa sia chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza. Tuttavia, quando a una norma giuridica sia inerente un determinato grado di incertezza quanto al suo senso e alla sua portata, occorre esaminare se la norma giuridica di cui trattasi sia viziata da un’ambiguità tale da costituire un ostacolo a che i singoli possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi circa la portata o il significato di tale norma (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 aprile 2005, Belgio/Commissione, C‑110/03, Racc. pag. I‑2801, punti 30 e 31).

97      Dal momento che i criteri che consentono di concludere per l’esistenza di un’infrazione ripetuta sono chiari e precisi e non presentano alcuna ambiguità che costituisca un ostacolo a che i singoli possano eliminare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi che essi potrebbero nutrire circa la portata o il senso di tale norma, occorre considerare che la prevedibilità delle situazioni giuridiche è garantita e la censura vertente sulla violazione del principio della certezza del diritto dev’essere respinta.

98      Quanto alla censura vertente sulla parità di trattamento, occorre ricordare che il principio della parità di trattamento o di non discriminazione esige che situazioni identiche non siano trattate in maniera diversa e che situazioni simili non siano trattate in maniera uguale, a meno che un tale trattamento non sia oggettivamente giustificato (sentenza della Corte del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, Racc. pag. I‑3009, punto 70).

99      Nella specie, la Commissione fa valere di aver certamente considerato che la MRI aveva commesso un’infrazione dal 1° aprile 1986 al 1° agosto 1992 e dal 3 settembre 1996 al 2 maggio 2007, ma di non averle tuttavia applicato la teoria dell’infrazione ripetuta e, peraltro, di non averle inflitto alcuna ammenda per il periodo di infrazione precedente al 1° agosto 1992, alla luce del suo potere discrezionale che le consente di non applicare sanzioni per il periodo precedente all’interruzione della partecipazione della MRI al cartello, e ciò anche quando avrebbe potuto constatare che l’infrazione era ripetuta.

100    Da un lato, si deve considerare che la Commissione ha giustamente sostenuto che, conformemente al disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, essa dispone di un potere discrezionale quanto alla decisione di infliggere un’ammenda all’autore di un’infrazione all’articolo 81 CE. Tale potere dev’essere tuttavia esercitato nel rispetto del principio della parità di trattamento.

101    Dall’altro, si deve constatare che le situazioni della MRI e delle ricorrenti non sono paragonabili.

102    Infatti, la MRI non è stata sanzionata per la sua partecipazione al cartello per il periodo precedente al 1° agosto 1992, in quanto l’interruzione considerata a tal fine dalla Commissione si protraeva da questa stessa data al 3 settembre 1996, mentre l’interruzione fatta valere dalle ricorrenti riguarda solo il periodo intermedio.

103    Ne consegue che dev’essere respinta la censura relativa alla violazione del principio della parità di trattamento.

104    Inoltre, ad abundantiam, anche supponendo che la Commissione abbia applicato erroneamente, nei confronti della MRI, i criteri che disciplinano la prescrizione, si dovrebbe ritenere che siffatta illegittimità, di cui il Tribunale non è investito nell’ambito del presente ricorso, non può comunque comportare la fondatezza del ricorso di annullamento delle ricorrenti. A questo proposito occorre ricordare che l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità, secondo cui nessuno può far valere a proprio vantaggio un illecito commesso a favore di altri. Infatti, un eventuale illecito commesso in relazione a un’altra impresa che non è parte del presente procedimento, non può condurre il Tribunale a constatare una discriminazione e, quindi, un illecito nei confronti delle ricorrenti. Siffatto approccio equivarrebbe a sancire il principio della «parità di trattamento nell’illecito», per la sola ragione che un’altra impresa che si trova eventualmente in una situazione analoga è illegittimamente sfuggita a una sanzione (v. sentenza Peróxidos Orgánicos/Commissione, cit. al punto 53 supra, punto 77, e la giurisprudenza ivi citata).

105    In conclusione, si deve annullare la decisione impugnata nella parte in cui constata che la Trelleborg Industrie ha commesso un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007, e che la Trelleborg ha commesso un’infrazione continuata tra il 28 marzo 1996 e il 2 maggio 2007, ma si deve respingere per il resto il motivo vertente sulla prescrizione.

 Sul secondo motivo, vertente sulla mancanza di interesse legittimo da parte della Commissione ad adottare una decisione che dichiari l’esistenza di un’infrazione prima del 1999

 Argomenti delle parti

106    Le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione è, in via di principio, legittimata a constatare che è stata commessa un’infrazione benché questa sia prescritta. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza, essa avrebbe dovuto dimostrare, in tal caso, il suo interesse legittimo a siffatta constatazione, ossia spiegare come le circostanze avessero reso necessaria l’adozione di una decisione che constatava infrazioni cessate almeno dodici anni prima dell’adozione della decisione impugnata.

107    La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio del Tribunale

108    Dato che, nell’ambito del primo motivo, si conclude che l’infrazione commessa dalle ricorrenti dev’essere qualificata come unica e ripetuta (v. punto 92 supra) e che il periodo di infrazione precedente al 13 maggio 1997 non è prescritto (v. punto 95 supra), il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sulle conclusioni di riforma

109    Le ricorrenti concludono chiedendo la riforma della decisione impugnata e la riduzione dell’ammenda.

110    Si deve rammentare che, conformemente all’articolo 261 TFUE, i regolamenti adottati congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea, in virtù delle disposizioni del Trattato FUE, possono attribuire alla Corte una competenza estesa al merito per quanto riguarda le sanzioni previste in tali regolamenti. Siffatta competenza è stata attribuita al giudice dell’Unione dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003. Esso ha quindi il potere, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, di sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, di sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta. Ne discende che il giudice dell’Unione può esercitare la sua competenza estesa al merito quando la questione riguardante l’importo dell’ammenda è sottoposta alla sua valutazione e che tale competenza può essere esercitata tanto per ridurre quanto per aumentare detto importo (v. sentenza della Corte dell’8 febbraio 2007, Groupe Danone/Commissione, C‑3/06 P, Racc. pag. I‑1331, punti da 60 a 62, e la giurisprudenza ivi citata).

111    Peraltro, a termini dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata.

112    La Corte ha dichiarato che, per determinare l’importo delle ammende, si doveva tenere conto della durata delle infrazioni e di tutti gli elementi idonei a rientrare nella valutazione della loro gravità, quali il comportamento di ciascuna delle imprese, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella determinazione delle pratiche concordate, il profitto che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di questo tipo rappresentano per l’Unione (v. sentenza della Corte dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, Racc. pag. I-13085, punto 56, e la giurisprudenza ivi citata).

113    La Corte ha altresì indicato che dovevano essere presi in considerazione elementi obiettivi come il contenuto e la durata dei comportamenti anticoncorrenziali, il loro numero e la loro intensità, l’estensione del mercato interessato e il deterioramento subito dall’ordine pubblico economico. L’analisi deve considerare altresì l’importanza relativa e la quota di mercato delle imprese responsabili, nonché un’eventuale recidiva (sentenza Chalkor/Commissione, cit. al punto 112 supra, punto 57).

114    A tal proposito, occorre ricordare che, per sua natura, la fissazione di un’ammenda ad opera del Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, non corrisponde a un calcolo aritmetico preciso. D’altronde, il Tribunale non è tenuto ad attenersi ai calcoli della Commissione, ma deve effettuare la propria valutazione tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie (sentenza del Tribunale del 14 settembre 2004, Aristrain/Commissione, T‑156/94, non pubblicata nella Raccolta, punto 43).

115    Nella specie, va ricordato che, sebbene l’infrazione commessa dalle ricorrenti non possa essere qualificata come continuata (v. punto 71 supra), si tratta nondimeno di un’infrazione ripetuta (v. punto 95 supra). Si deve peraltro constatare che la Commissione non ha inflitto alcuna ammenda alle ricorrenti per il periodo intermedio. L’errore in cui è incorsa la Commissione riguardo al carattere continuativo dell’infrazione individuata a carico delle ricorrenti non ha quindi avuto alcuna incidenza sulla durata dell’infrazione di cui la stessa ha tenuto conto per calcolare l’importo dell’ammenda.

116    Nel caso di specie, si deve rilevare che la gravità del cartello è certa, tenuto conto del fatto che i comportamenti illeciti, cui le ricorrenti hanno pienamente partecipato, sono consistiti nell’aggiudicazione di appalti, nella fissazione dei prezzi, nella determinazione di quote, nella previsione delle condizioni di vendita, nella ripartizione di mercati geografici, nonché nello scambio di informazioni sensibili sui prezzi, sui volumi delle vendite e sulle gare d’appalto. Si tratta inoltre di un cartello di dimensione mondiale.

117    Inoltre, l’infrazione è stata commessa dalla Trelleborg Industrie per un periodo particolarmente lungo, di diciotto anni e undici mesi, mentre la Trelleborg è, dal canto suo, solidalmente responsabile del comportamento della sua controllata per un periodo di otto anni e undici mesi.

118    Il Tribunale considera che l’ammenda inflitta alle ricorrenti non dev’essere di conseguenza ridotta.

119    Pertanto, le conclusioni di riforma presentate dalle ricorrenti devono essere respinte.

120    La decisione impugnata dev’essere quindi parzialmente annullata e i ricorsi devono essere respinti per il resto.

 Sulle spese

121    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

122    Nella specie, si deve constatare che le ricorrenti hanno fatto giustamente valere che la Commissione aveva erroneamente ritenuto, quanto ad esse, l’esistenza di un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007. Tale illegittimità rimane tuttavia priva di conseguenze per quanto attiene al calcolo dell’ammenda. Entro questi limiti, il Tribunale ritiene che sia effettuata un’equa valutazione delle circostanze della causa decidendo che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’articolo 1, lettere g) e h), della decisione C (2009) 428 def. della Commissione, del 28 gennaio 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE (Caso COMP/39406 – Tubi marini), è annullato per la parte in cui fa riferimento al periodo compreso fra il 13 maggio 1997 e il 21 giugno 1999.

2)      I ricorsi devono essere respinti quanto al resto.

3)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Azizi

Prek

Frimodt Nielsen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 maggio 2013.

Firme

Indice


Fatti

Settore dei tubi marini destinati al petrolio e al gas

Presentazione delle ricorrenti

Procedimento amministrativo

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulle conclusioni di annullamento

Sul primo motivo vertente, da un lato, su un errore manifesto nella valutazione dei fatti che ha indotto la Commissione a ritenere che la Trelleborg Industrie avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 1° aprile 1986 e il 2 maggio 2007 e che la Trelleborg avesse partecipato a un’infrazione continuata tra il 28 marzo 1996 e il 2 maggio 2007 e, dall’altro, sulla violazione dell’articolo 25, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003

Decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– Considerazioni preliminari

– Sull’esistenza di un’infrazione continuata

– Sull’esistenza di un’infrazione ripetuta

– Sulle conseguenze dell’esistenza di un’infrazione ripetuta sulla prescrizione

– Sulle altre censure

Sul secondo motivo, vertente sulla mancanza di interesse legittimo da parte della Commissione ad adottare una decisione che dichiari l’esistenza di un’infrazione prima del 1999

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle conclusioni di riforma

Sulle spese


* Lingua processuale: l’inglese.


1 – Dati riservati omessi.