Language of document : ECLI:EU:T:2008:481

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

12 novembre 2008 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario figurativo Limoncello della Costiera Amalfitana shaker – Marchio nazionale denominativo anteriore LIMONCHELO – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 – Impugnazione – Rinvio da parte della Corte»

Nella causa T‑7/04,

Shaker di L. Laudato & C. Sas, con sede in Vietri sul Mare, rappresentata dall’avv. F. Sciaudone,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. O. Montalto e P. Bullock, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Limiñana y Botella, SL, con sede in Monforte del Cid (Spagna),

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 24 ottobre 2003 (procedimento R 933/2002‑2), relativa ad un procedimento di opposizione tra Limiñana y Botella, SL e Shaker di L. Laudato & C. Sas,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dalla sig.ra V. Tiili (relatore), presidente, dal sig. F. Dehousse e dalla sig.ra I. Wiszniewska‑Białecka, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 17 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 20 ottobre 1999 la ricorrente, la Shaker di L. Laudato & C. Sas, presentava una domanda di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

2        Il marchio di cui veniva chiesta la registrazione è il segno figurativo riprodotto qui di seguito che, secondo la descrizione contenuta nella domanda, è di colore blu, azzurro, giallo, rosso e bianco:

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3        I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione appartengono, in seguito ad un intervento dell’UAMI del 23 novembre 1999 e al ritiro di una classe, alle classi 29 e 33 quali definite dall’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna classe, in seguito ad una limitazione, alla descrizione seguente:

–        classe 29: «gelatine, marmellate, composte»;

–        classe 33: «liquore al limone proveniente dalla costiera amalfitana».

4        Tale domanda veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari del 17 aprile 2000, n. 30.

5        Il 1° giugno 2000 l’opponente, la Limiñana y Botella, SL, presentava opposizione, ai sensi dell’art. 42 del regolamento n. 40/94, avverso la registrazione del marchio richiesto. L’opposizione era fondata sulla registrazione spagnola n. 2 020 372, richiesta il 27 marzo 1996, del marchio denominativo LIMONCHELO, riferentesi a prodotti della classe 33 («vini, spiriti e liquori»).

6        L’opposizione era diretta contro una parte dei prodotti oggetto della domanda di marchio comunitario, precisamente contro i prodotti della classe 33. Essa si fondava su tutti i prodotti coperti dal marchio anteriore.

7        L’impedimento dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

8        Con decisione 9 settembre 2002 la divisione di opposizione accoglieva l’opposizione, ritenendo sussistere un rischio di confusione sul territorio spagnolo in ragione dell’identità dei prodotti considerati e della somiglianza visiva e fonetica fra i segni in conflitto.

9        Il 7 novembre 2002 la ricorrente proponeva ricorso all’UAMI, ai sensi degli artt. 57‑62 del regolamento n. 40/94, contro la decisione della divisione di opposizione.

10      Con decisione 24 ottobre 2003 (in prosieguo: la «decisione impugnata») la seconda commissione di ricorso respingeva il ricorso. Essa considerava che, tenuto conto della somiglianza fra i marchi in conflitto e della coincidenza dei prodotti in questione, sussisteva il rischio che i consumatori spagnoli confondessero o associassero la loro origine commerciale.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 gennaio 2004 la ricorrente proponeva un ricorso per l’annullamento della decisione impugnata deducendo, in primo luogo, la violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in secondo luogo, uno sviamento di potere e, in terzo luogo, la violazione dell’obbligo di motivazione.

12      Con sentenza 15 giugno 2005, causa T‑7/04, Shaker/UAMI – Limiñana y Botella (Limoncello della Costiera Amalfitana shaker) (Racc. pag. II‑2305; in prosieguo: la «sentenza del Tribunale»), il Tribunale accoglieva il ricorso della ricorrente e annullava la decisione impugnata.

13      Nella sua sentenza il Tribunale constatava innanzitutto l’identità dei prodotti per procedere poi al confronto fra i marchi in causa. Esso osservava che l’immagine del piatto tondo ornato di limoni era la componente dominante del marchio richiesto (punto 59). Il Tribunale riteneva che gli elementi denominativi di quest’ultimo non fossero dominanti sotto il profilo visivo e che, di conseguenza, non occorresse analizzare le loro caratteristiche fonetiche o concettuali (punti 60‑64).

14      Secondo il Tribunale, la preminenza della raffigurazione del piatto tondo ornato di limoni rispetto agli altri elementi del marchio richiesto impediva qualsiasi rischio di confusione basato sull’esistenza di somiglianze visive, fonetiche o concettuali fra i termini «limonchelo» e «limoncello» contenuti nei marchi in causa (punto 66). Esso constatava parimenti che la dominanza della componente figurativa costituita dal piatto tondo ornato di limoni nel marchio richiesto privava, nella fattispecie, la valutazione degli elementi distintivi del marchio anteriore di ogni incidenza sull’applicazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, dal momento che siffatta dominanza del piatto tondo ornato di limoni impediva qualsiasi rischio di confusione con il marchio anteriore (punto 68).

15      Il Tribunale considerava quindi che, nonostante l’identità dei prodotti, il grado di somiglianza tra i marchi in questione non era sufficientemente elevato da creare un rischio di confusione (punto 69). Esso accoglieva pertanto il primo motivo, dichiarava che non occorreva più esaminare gli altri motivi ed annullava la decisione impugnata.

16      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 9 settembre 2005 l’UAMI proponeva impugnazione chiedendo alla Corte di annullare la sentenza del Tribunale. A sostegno del suo ricorso l’UAMI deduceva due motivi, rinunciando tuttavia al secondo nel corso del procedimento dinanzi alla Corte a seguito di una rettifica disposta dal Tribunale con ordinanza 12 gennaio 2006. Con il motivo di impugnazione conservato l’UAMI lamentava un’interpretazione ed un’applicazione errate dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

17      Con sentenza 12 giugno 2007, causa C‑334/05 P, UAMI/Shaker (Racc. pag. I‑4529; in prosieguo: la «sentenza della Corte» o la «sentenza UAMI/Shaker»), la Corte annullava la sentenza del Tribunale, rinviava la causa dinanzi a quest’ultimo e riservava le spese.

18      Nella sua sentenza la Corte rilevava in particolare quanto segue:

«37.      Nella fattispecie il Tribunale ha richiamato, al punto 49 della sentenza impugnata, la giurisprudenza (…) secondo la quale la valutazione complessiva del rischio di confusione deve fondarsi sull’impressione complessiva prodotta dai segni in conflitto.

38.       Esso ha tuttavia precisato, al punto 54 della sentenza impugnata, che, se il marchio richiesto è un marchio complesso a carattere visivo, la valutazione dell’impressione complessiva di questo marchio nonché la determinazione di un eventuale elemento dominante dello stesso devono avvenire sulla base di un’analisi visiva. Ha aggiunto che, in una tale ipotesi, solo in quanto un eventuale elemento dominante comportasse aspetti semantici non visivi occorrerebbe, eventualmente, procedere al confronto tra questo elemento, da un lato, ed il marchio anteriore, dall’altro, prendendo in considerazione anche questi altri aspetti semantici, come aspetti fonetici o concetti astratti pertinenti.

39.       Muovendo da tali considerazioni il Tribunale ha innanzi tutto affermato, nell’ambito dell’esame dei segni in conflitto, che il marchio richiesto comprendeva un elemento dominante costituito dalla rappresentazione di un piatto tondo ornato di limoni. Da ciò ha dedotto quindi, ai punti 62-64 della sentenza impugnata, che non era necessario esaminare le caratteristiche fonetiche o concettuali degli altri elementi di tale marchio. Ha quindi concluso, al punto 66 della medesima sentenza, che la dominanza della rappresentazione figurativa di un piatto tondo ornato di limoni rispetto agli altri elementi del marchio impediva qualsiasi rischio di confusione basato sull’esistenza di somiglianze visive, fonetiche o concettuali dei termini “limonchelo” e “limoncello” contenuti nei marchi in causa.

40.       Così facendo, il Tribunale non ha compiuto una valutazione globale del rischio di confusione dei marchi in conflitto.

41.       Si deve infatti sottolineare che, secondo la giurisprudenza della Corte, nel verificare l’esistenza di un rischio di confusione, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (…).

42.       (…) è solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante.

43.       Ne consegue che il Tribunale ha applicato erroneamente l’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

44.       L’UAMI sostiene dunque con ragione che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto».

 Procedimento e conclusioni delle parti a seguito del rinvio

19      Con lettera 19 giugno 2007 il cancelliere del Tribunale ha invitato le parti a presentare, nel termine di due mesi dalla notifica della sentenza della Corte, le loro osservazioni scritte, conformemente all’art. 119, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, quanto al seguito da dare a detta sentenza nel presente procedimento.

20      La ricorrente e l’UAMI hanno depositato presso la cancelleria del Tribunale le loro osservazioni entro il termine assegnato, vale dire, rispettivamente, il 3 e il 31 luglio 2007. L’opponente non ha depositato osservazioni entro il termine assegnato.

21      Nella sua memoria la ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata e, in riforma della stessa, respingere l’opposizione;

–        condannare l’UAMI al pagamento di tutte le spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

22      Nella sua memoria l’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, respingere il ricorso e condannare la ricorrente a tutte le spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte;

–        in via subordinata, qualora l’UAMI dovesse soccombere nel merito e tenuto conto del fatto che la Corte ha accolto la sua impugnazione, compensare le spese o statuire che ciascuna parte si faccia carico delle proprie.

 In diritto

23      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce tre motivi. Il primo verte sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, il secondo su uno sviamento di potere ed il terzo sulla violazione dell’obbligo di motivazione.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94

24      La ricorrente fa valere che non sussiste rischio di confusione fra i marchi in conflitto, poiché le somiglianze fra loro non sono sufficienti. Inoltre, il marchio anteriore avrebbe solamente un debole carattere distintivo, essendo la mera traduzione in spagnolo del termine «limoncello», che descrive in modo generico il liquore preparato con bucce di limone ed alcool. La commissione di ricorso non avrebbe operato una valutazione globale dei marchi in conflitto, ritenendo a torto che il termine «limoncello» fosse l’elemento dominante del marchio richiesto.

25      L’UAMI sostiene che la commissione di ricorso ha constatato a buon diritto un rischio di confusione.

26      In limine occorre ricordare che la validità di un marchio nazionale, nella fattispecie quello dell’opponente, non può essere messa in discussione nell’ambito di un procedimento di registrazione di un marchio comunitario, ma solamente nell’ambito di un procedimento di nullità avviato nello Stato membro interessato [sentenze del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T‑6/01, Matratzen Concord/UAMI − Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II‑4335, punto 55, e 13 dicembre 2007, causa T‑134/06, Xentral/UAMI – Pages jaunes (PAGESJAUNES.COM), Racc. pag. II‑5213, punto 36]. Così, il marchio LIMONCHELO deve essere considerato valido in Spagna ai fini della presente causa.

27      A termini dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore. Peraltro, ai sensi dell’art. 8, n. 2, lett. a), sub ii), del medesimo regolamento, si intendono per «marchi anteriori» i marchi registrati in uno Stato membro la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio comunitario.

28      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate tra loro.

29      Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o dei servizi in causa e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza fra la somiglianza dei segni e la somiglianza dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II‑2821, punti 30‑33 e giurisprudenza ivi citata].

30      Ai fini di questa valutazione globale si ritiene che il consumatore medio sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Tuttavia occorre tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare in funzione della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi e che il consumatore solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei vari marchi, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria [sentenze della Corte 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 26, e del Tribunale 30 giugno 2004, causa T‑186/02, BMI Bertollo/UAMI – Diesel (DIESELIT), Racc. pag. II‑1887, punto 38].

31      Nella fattispecie, il marchio sul quale era fondata l’opposizione è un marchio nazionale registrato in Spagna. Il territorio rilevante per l’analisi del rischio di confusione è dunque quello spagnolo.

32      Dato che i prodotti in questione sono di largo consumo, il pubblico di riferimento è costituito dai consumatori medi spagnoli normalmente informati e ragionevolmente attenti e avveduti.

33      È pacifico che i prodotti, appartenenti alla classe 33, contraddistinti dai marchi in conflitto sono identici. La divisione di opposizione e la commissione di ricorso hanno ritenuto, infatti, che i liquori designati dal marchio anteriore comprendessero i liquori al limone provenienti dalla costiera amalfitana. Così, non occorre soffermarsi ancora sulla somiglianza dei prodotti in questione.

 Sul raffronto tra i segni in conflitto

34      È giurisprudenza costante che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [v. sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T‑292/01, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II‑4335, punto 47 e giurisprudenza ivi citata].

35      La ricorrente ritiene che i segni in conflitto non siano simili, mentre l’UAMI conclude per la loro somiglianza.

36      I segni in conflitto sono i seguenti:

Marchio anteriore

Marchio richiesto

LIMONCHELO

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37      Il marchio anteriore è costituito da un unico elemento, l’elemento denominativo LIMONCHELO. Trattandosi dell’unico elemento di detto marchio, è irrilevante ai fini del raffronto tra i segni in causa l’argomento della ricorrente secondo cui tale termine sarebbe divenuto comune nella lingua spagnola.

38      Il marchio richiesto, che è un marchio figurativo, è composto dal termine «limoncello», scritto in lettere bianche, dalla locuzione «della Costiera Amalfitana», scritta in lettere gialle, dal termine «shaker», scritto in caratteri blu in un riquadro a fondo bianco e la cui lettera «k» rappresenta un bicchiere, nonché dalla raffigurazione di un grande piatto tondo il cui centro è bianco e il cui bordo è ornato, da un lato, da disegni che rappresentano limoni gialli su un fondo scuro e, dall’altro, da una fascia discontinua turchese e bianca. L’insieme di queste componenti del marchio richiesto è posto su un fondo blu scuro.

39      La commissione di ricorso ha ritenuto che il termine «limoncello» fosse l’elemento dominante del marchio richiesto e che, pertanto, i segni in conflitto fossero visivamente e foneticamente quasi identici; la ricorrente, invece, fa in sostanza valere che, siccome non possiede alcun carattere distintivo, designando semplicemente liquori a base di limone, il termine «limoncello» non può costituire l’elemento dominante di detto marchio ai fini del raffronto dei segni in conflitto.

40      Si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando ciascun marchio nel suo complesso, anche se ciò non esclude che l’impressione globale prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante. Per esempio quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva in memoria, di guisa che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenze della Corte UAMI/Shaker, cit., punti 41 e 42, e 20 settembre 2007, causa C‑193/06 P, Nestlé/UAMI, non pubblicata nella Raccolta, punti 42 e 43).

41      Si deve osservare innanzi tutto che l’elemento figurativo del marchio richiesto, consistente nell’immagine del piatto tondo ornato di limoni, riveste visivamente un ruolo altrettanto importante nel marchio che il termine «limoncello». I termini «della», «costiera» e «amalfitana», invece, sono scritti sotto il termine «limoncello» e in caratteri molto più piccoli di colore giallo, per cui si pongono rispetto a «limoncello» in una posizione chiaramente secondaria. Quanto al termine «shaker», esso risulta appena nell’insieme del marchio, giacché è posto in basso ed è scritto in piccoli caratteri blu in un riquadro a fondo bianco. L’immagine del bicchiere nella lettera «k» quasi non è percepita. L’elemento «shaker» è dunque trascurabile nell’impressione complessiva prodotta dal marchio richiesto.

42      Occorre ricordare, inoltre, che i consumatori dei prodotti di cui trattasi sono abituati a designarli e a riconoscerli in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarli [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 13 luglio 2005, causa T‑40/03, Murúa Entrena/UAMI – Bodegas Murúa (Julián Murúa Entrena), Racc. pag. II‑2831, punto 56, e 12 marzo 2008, causa T‑332/04, Sebirán/UAMI – El Coto de Rioja (Coto d’Arcis), non pubblicata nella Raccolta, punto 38]. Siccome consiste semplicemente in un piatto tondo ornato di limoni, l’elemento figurativo del marchio richiesto non attira l’attenzione dei consumatori medi dei prodotti in questione, che sono regolarmente confrontati con immagini di limoni applicate sui liquori a base di limone. Al contrario, il pubblico di riferimento terrà a mente il termine «limoncello», tenuto conto del suo posto preminente e della sua posizione rispetto agli altri elementi, dei suoi caratteri grandi, bianchi e su fondo blu, che ben lo fanno risaltare, e delle sue dimensioni in rapporto a tutti gli altri elementi denominativi di questo marchio complesso. Così, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui il piatto tondo ornato di limoni, pur essendo un elemento decorativo, sarebbe molto più adatto dell’elemento denominativo a distinguere i prodotti designati e a richiamare l’attenzione del consumatore interessato.

43      Alla luce di quanto precede si deve considerare che il termine «limoncello» è idoneo a dominare l’impressione complessiva prodotta nella mente del pubblico di riferimento dal marchio richiesto.

44      Non può inficiare questa conclusione l’argomento della ricorrente secondo cui il termine «limoncello» non ha carattere distintivo perché è descrittivo. Sorvolando invero sulla questione se il termine «limoncello» sia o meno descrittivo per il pubblico di riferimento, occorre ricordare che, in ogni caso, un elemento di tenue carattere distintivo di un marchio complesso non è detto che non possa risultare dominante ove, segnatamente per la sua posizione nel segno o per le sue dimensioni, sia suscettibile di imporsi alla percezione del consumatore e di essere memorizzato [sentenze del Tribunale 13 giugno 2006, causa T‑153/03, Inex/UAMI – Wiseman (Rappresentazione di una pelle di mucca), Racc. pag. II‑1677, punto 32, e PAGESJAUNES.COM, cit., punto 54; v. anche, nel medesimo senso, sentenza del Tribunale 13 luglio 2004, causa T‑115/02, AVEX/UAMI – Ahlers (a), Racc. pag. II‑2907, punto 20].

45      Non occorre pertanto pronunciarsi, in questa fase della valutazione, sull’eventuale debolezza del carattere distintivo del termine «limoncello», poiché è evidente, alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti 41‑43, che è proprio questo termine l’elemento in grado di imporsi alla percezione del pubblico di riferimento e di essere memorizzato (v., in tal senso, sentenza PAGESJAUNES.COM, cit., punto 55).

46      Così, per quanto riguarda la comparazione visiva dei segni in conflitto, considerati ciascuno nel suo complesso, dobbiamo osservare che tra loro sussiste una certa somiglianza. I termini «limoncello» e «limonchelo» sono, infatti, visivamente quasi identici, talché si deve concludere che il marchio anteriore è incluso in quello richiesto. Da parte loro, le differenze costituite dall’aggiunta di un piatto tondo ornato di limoni e dagli altri elementi denominativi o figurativi, che sono trascurabili o tutt’al più secondari, com’è già stato constatato al punto 41, non sono sufficientemente significative da escludere la somiglianza creata dal termine «limoncello», il quale costituisce la prima parola del marchio richiesto e attira per ciò stesso maggiormente l’attenzione del consumatore.

47      Riguardo alla comparazione fonetica si deve rilevare che i termini «limoncello» e «limonchelo» sono foneticamente simili. Le due prime sillabe, «li» e «mon», si pronunciano in maniera identica e le due sillabe «cello» e «chelo», pur se scritte diversamente, in Spagna si pronunciano in maniera simile. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, infatti, il pubblico spagnolo sembra pronunciare il termine «limoncello» all’italiana, vale a dire lo pronuncia come il termine «limonchelo» in spagnolo. Anche se differiscono per numero di parole, i marchi in conflitto sono foneticamente simili, perché il marchio anteriore è compreso completamente in quello richiesto.

48      Non solo: l’elemento comune ai due marchi in causa costituisce il primo termine del marchio richiesto ed è quindi il primo ad essere pronunciato. L’aggiunta dell’espressione «della costiera amalfitana» o del termine «shaker» non rimette in discussione tale somiglianza, perché può benissimo accadere che, negli ordinativi a voce, il consumatore interessato pronunci unicamente questa prima parola. È notorio che il liquore a base di limone è ordinato spesso a voce, consumandolo come digestivo alla fine di un pasto. Sotto questo profilo non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui, al ristorante, il cliente ordina il prodotto in maniera generica («un limoncello»), senza potersi riferire ad una marca in particolare, tale che l’acquisto determinante sia quello effettuato in precedenza dal ristoratore, che ha avuto – lui sì – la possibilità di selezionare il prodotto in base al marchio. In realtà, i ristoranti possono avere in vendita più marche, pertanto anche il consumatore finale può scegliere allorché ordina. Il termine «limoncello» costituisce dunque l’elemento dominante del marchio richiesto a livello fonetico. Ne discende che sussiste una somiglianza fonetica importante fra i segni in conflitto.

49      Veniamo alla comparazione concettuale dei segni in conflitto. Non è escluso che i termini «limoncello» o «limonchelo» possano fare allusione a un liquore a base di limone. L’espressione «della costiera amalfitana», da parte sua, è verosimilmente ritenuta designare la provenienza del prodotto di cui trattasi da una particolare zona costiera. Ne consegue che, per il pubblico spagnolo, il significato concettuale del marchio richiesto è «liquore a base di limone, proveniente da una determinata zona costiera». L’unica differenza concettuale rispetto al marchio anteriore consiste, così, nella precisazione che il liquore proviene da una certa zona costiera. Ora, nulla esclude che i prodotti contraddistinti dal marchio anteriore provengano dalla medesima zona costiera, per quanto il termine costitutivo di tale marchio sia scritto secondo le regole di ortografia spagnola. Va peraltro rammentato che può sussistere un rischio di confusione anche qualora le bevande di cui trattasi abbiano luoghi di produzione diversi (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C‑39/97, Canon, Racc. pag. I‑5507, punti 29 e 30, e ordinanza della Corte 24 aprile 2007, causa C‑131/06 P, Castellblanch/UAMI, non pubblicata nella Raccolta, punto 46). Ne discende che fra i segni in conflitto sussiste altresì una somiglianza concettuale.

50      Tutto ciò considerato, si deve concludere che sussiste una certa somiglianza fra i marchi in causa. La commissione di ricorso non aveva dunque ragione di constatare, al punto 21 della decisione impugnata, che i marchi sono quasi identici sotto i profili visivo e fonetico. Nondimeno questo solo errore non è sufficiente a far annullare la decisione impugnata, se la commissione di ricorso ha concluso a buon diritto che sussisteva un rischio di confusione.

51      A questo punto occorre verificare complessivamente se tra i segni in conflitto sussista un rischio di confusione.

 Sul rischio di confusione

52      Si deve ricordare che la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può, infatti, essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (sentenza Canon, cit., punto 17).

53      La posizione della commissione di ricorso quanto all’esistenza di un rischio di confusione è esposta, al punto 22 della decisione impugnata, nei seguenti termini:

«Tenuto conto della somiglianza tra i marchi e della coincidenza tra i prodotti ch’essi designano, compresi nella classe 33, c’è il rischio che i consumatori spagnoli confondano o associno la loro origine commerciale».

54      La ricorrente ritiene che le differenze esistenti tra i segni dal punto visivo, fonetico e concettuale compensino l’identità tra i prodotti considerati e che, pertanto, non sussista alcun rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Tale conclusione sarebbe rafforzata dallo scarso carattere distintivo del marchio anteriore LIMONCHELO, il quale beneficerebbe perciò solo di una tutela limitata.

55      Ebbene, la commissione di ricorso non ha affatto esaminato il carattere distintivo del marchio anteriore LIMONCHELO o del termine italiano «limoncello». Eppure, quand’anche avesse sbagliato a non riconoscere a tali parole un carattere distintivo tenue, essa non avrebbe commesso un errore tale da rendere necessario l’annullamento della decisione impugnata.

56      Occorre ricordare, infatti, che il riconoscimento di un tenue carattere distintivo del marchio anteriore non impedisce di constatare all’occorrenza un rischio di confusione. Se è vero che il carattere distintivo del marchio anteriore va preso in considerazione per valutare il rischio di confusione (v., per analogia, sentenza Canon, cit., punto 24), esso è in fondo uno soltanto degli elementi che intervengono in tale valutazione. Così, anche in presenza di un marchio anteriore dal debole carattere distintivo può esistere un rischio di confusione a causa, in particolare, di una somiglianza tra i segni e tra i prodotti o i servizi considerati [sentenza PAGESJAUNES.COM, cit., punto 70; v., nel medesimo senso, sentenza del Tribunale 16 marzo 2005, causa T‑112/03, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), Racc. pag. II‑949, punto 61].

57      La tesi sostenuta dalla ricorrente a tale proposito avrebbe altresì la conseguenza di vanificare il fattore somiglianza dei marchi in favore di quello costituito dal carattere distintivo del marchio nazionale anteriore, al quale sarebbe riconosciuta troppa importanza. Ne conseguirebbe che, in caso di marchio nazionale anteriore dotato solamente di un ridotto carattere distintivo, un rischio di confusione sussisterebbe solo se esso fosse riprodotto integralmente nel marchio per il quale si richiede la registrazione, qualunque sia il grado di somiglianza tra i segni di cui trattasi (ordinanza della Corte 27 aprile 2006, causa C‑235/05 P, L’Oréal/UAMI, non pubblicata nella Raccolta, punto 45). Un tale risultato non sarebbe tuttavia conforme alla natura stessa della valutazione globale che le autorità competenti sono tenute ad intraprendere ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 (sentenza della Corte 15 marzo 2007, causa C‑171/06 P, T.I.M.E. ART/Devinlec e UAMI, non pubblicata nella Raccolta, punto 41, e sentenza PAGESJAUNES.COM, cit., punto 71).

58      Risulta da quanto precede, in particolare dal fatto che il pubblico di riferimento memorizza solo un’immagine imperfetta dei marchi in causa, ragion per cui il loro elemento comune, il termine «limoncello» o «limonchelo», li rende in certa misura simili, nonché dall’interdipendenza dei diversi fattori da prendere in considerazione, essendo i prodotti di cui trattasi identici, che nella fattispecie sussiste un rischio di confusione.

59      Ciò considerato, occorre constatare che la commissione di ricorso ha concluso a buon diritto per l’esistenza di un rischio di confusione. Il primo motivo deve perciò essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente su uno sviamento di potere

60      La ricorrente ritiene che, dato l’errore manifesto di valutazione che vizia la decisione impugnata, l’UAMI sia incorso in uno sviamento di potere.

61      Secondo la ricorrente, il carattere manifesto dell’errore di valutazione dell’UAMI discende dall’aver considerato del marchio richiesto, ai fini della valutazione del rischio di confusione con il marchio anteriore, soltanto il termine «limoncello», il che è incompatibile con un apprezzamento globale dei vari elementi idonei a generare un rischio di confusione.

62      La ricorrente riscontra un errore manifesto di valutazione altresì nelle posizioni assunte dall’UAMI nel corso del procedimento in quanto sarebbero totalmente contraddittorie. A tal proposito essa mette a confronto la lettera dell’UAMI del 23 novembre 1999 con la decisione impugnata.

63      L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

64      Occorre ricordare che la nozione di sviamento di potere ha una portata ben precisa nel diritto comunitario e che essa riguarda la situazione in cui un’autorità amministrativa esercita i suoi poteri per uno scopo diverso da quello per cui le sono stati conferiti. A tal riguardo, secondo una giurisprudenza costante, una decisione è viziata da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottata per raggiungere scopi diversi da quelli dichiarati [sentenze del Tribunale 24 aprile 1996, cause riunite T‑551/93 e da T‑231/94 a T‑234/94, Industrias Pesqueras Campos e a./Commissione, Racc. pag. II‑247, punto 168; 12 gennaio 2000, causa T‑19/99, DKV/UAMI (COMPANYLINE), Racc. pag. II‑1, punto 33; 19 settembre 2001, causa T‑337/99, Henkel/UAMI (Pasticca rotonda rossa e bianca), Racc. pag. II‑2597, punto 66, e 12 dicembre 2002, causa T‑247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II‑5301, punto 22].

65      Ebbene, la ricorrente non fornisce alcun elemento da cui poter dedurre che l’adozione della decisione impugnata avesse uno scopo diverso che verificare se la richiesta di registrazione del marchio andasse o meno respinta ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

66      Per quanto riguarda la pretesa considerazione del solo termine «limoncello», è sufficiente ricordare quanto constatato sopra, vale a dire che la commissione di ricorso ha concluso a buon diritto che nella fattispecie sussisteva un rischio di confusione tra i marchi in conflitto. Gli eventuali errori che essa avrebbe commesso nel pervenire a questa conclusione non sono sufficienti a comportare l’annullamento della decisione impugnata.

67      Veniamo alla posizione assertivamente contraddittoria assunta dall’UAMI. La ricorrente è del parere che l’UAMI, sostenendo nella lettera del 23 novembre 1999 la necessità di limitare la domanda di registrazione alla sola classe di prodotti costituita dai liquori al limone della costiera amalfitana, vista la specificità dell’origine del limoncello nella determinazione della scelta del consumatore, abbia inteso scongiurare rischi di confusione quanto alla provenienza del liquore. L’UAMI avrebbe così affermato la capacità intrinseca del marchio richiesto ad identificare il liquore al limone prodotto nella zona della costiera amalfitana. Per contro, secondo la ricorrente, nella decisione impugnata la commissione di ricorso avrebbe contraddittoriamente ritenuto che la medesima espressione potesse generare un rischio di confusione nel consumatore medio spagnolo.

68      Questo argomento non può essere accolto. Nel chiedere la limitazione del novero di prodotti per i quali il marchio richiesto poteva essere registrato, l’UAMI è infatti andato ad accertare se tale marchio incorresse in uno degli impedimenti assoluti alla registrazione, segnatamente in quello illustrato all’art. 7, n. 1, lett. g), del regolamento n. 40/94, vale a dire ha verificato se potesse sussistere il rischio, senza detta limitazione, che il consumatore s’ingannasse circa la provenienza geografica del prodotto contrassegnato dal marchio. L’UAMI non ha dunque affatto affermato che l’indicazione geografica escluderebbe qualunque rischio di confusione nell’eventualità di un’opposizione ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del medesimo regolamento.

69      Di conseguenza, il secondo motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sull’obbligo di motivazione

70      La ricorrente fa valere che la decisione impugnata è viziata da un difetto di motivazione in quanto non fa apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dalla commissione di ricorso. La motivazione della decisione impugnata si caratterizzerebbe per la presenza di molteplici omissioni da parte della commissione di ricorso al momento di comparare i segni e di valutare il rischio di confusione.

71      L’UAMI contesta gli argomenti della ricorrente.

72      Nella misura in cui attengono ad un preteso errore manifesto di valutazione, gli argomenti della ricorrente sono già stati esaminati nell’ambito del primo motivo.

73      Riguardo alla motivazione della decisione impugnata in quanto tale, va rammentato innanzi tutto che, ai sensi dell’art. 73, prima frase, del regolamento n. 40/94, le decisioni dell’UAMI devono essere motivate. A sua volta la regola 50, n. 2, lett. h), del regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 1995, n. 2868, recante modalità di esecuzione del regolamento [n. 40/94] (GU L 303, pag. 1), dispone che le decisioni delle commissioni di ricorso contengano la loro propria motivazione. Tale obbligo ha portata identica a quello sancito dall’art. 253 CE. È giurisprudenza costante che la motivazione richiesta dall’art. 253 CE deve far apparire in maniera chiara e inequivocabile il ragionamento sviluppato dall’autore dell’atto. Tale obbligo risponde al duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di prendere conoscenza delle ragioni del provvedimento adottato per tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice comunitario di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione. La corrispondenza della motivazione di una decisione a tali requisiti non va valutata solo con riferimento alla sua formulazione, ma anche al suo contesto e all’insieme delle norme che disciplinano la materia di cui trattasi [sentenze del Tribunale 28 aprile 2004, cause riunite T‑124/02 e T‑156/02, Sunrider/UAMI – Vitakraft-Werke Wührmann e Friesland Brands (VITATASTE e METABALANCE 44), Racc. pag. II‑1149, punti 72 e 73, e 21 novembre 2007, causa T‑111/06, Wesergold Getränkeindustrie/UAMI – Lidl Stiftung (VITAL FIT), non pubblicata nella Raccolta, punto 62].

74      La ricorrente rimprovera alla commissione di ricorso di aver affermato che i due marchi sono molto vicini sotto il profilo visivo e fonetico senza effettuare alcuna analisi.

75      Al riguardo occorre ricordare che, al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha indicato, previo riferimento al contenuto e all’interpretazione offerta dalla giurisprudenza dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, di convenire con la divisione di opposizione sul fatto che i marchi in conflitto, tenuto conto dei prodotti da loro contraddistinti, rientranti nella classe 33, erano simili al punto di creare confusione nel senso dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.

76      Essa ha precisato che il liquore al limone proveniente dalla costiera amalfitana, per il quale era richiesto il nuovo marchio, rientrava chiaramente nella categoria «liquori», coperta dal marchio anteriore, e che l’elemento dominante del marchio richiesto era il termine «limoncello», perché era questo, e non l’etichetta ornata e colorata sulla quale esso appariva, a risultare il principale elemento distintivo per il consumatore interessato. Ha poi aggiunto che, tenuto conto delle maggiori dimensioni tipografiche delle lettere del termine «limoncello» e della sua posizione preminente, era probabile che gli altri termini, scritti con corpo minore e più in basso, passassero per larga parte inosservati agli occhi dei consumatori.

77      La commissione di ricorso ha indicato che il marchio anteriore era costituito dal segno LIMONCHELO, che i marchi in conflitto erano molto simili l’uno all’altro visivamente e foneticamente e che era inutile, data questa loro complessiva e immediatamente percepibile somiglianza, scomporli lettera per lettera, sillaba per sillaba, allo scopo di dimostrare tale affinità. La commissione di ricorso ha ritenuto che i marchi fossero quasi identici sotto il profilo visivo e sotto quello fonetico.

78      Ha così concluso che, tenuto conto della somiglianza tra i marchi in conflitto e della coincidenza tra i prodotti ch’essi designavano, esisteva un rischio che i consumatori spagnoli confondessero o associassero la loro origine commerciale.

79      Quand’anche questa motivazione della decisione impugnata sia succinta e non esponga adeguatamente i motivi in base ai quali la commissione di ricorso è giunta a tale conclusione, occorre fare riferimento alla motivazione, più dettagliata, contenuta al riguardo nella decisione della divisione di opposizione. La commissione di ricorso ha indicato, infatti, al punto 18 della decisione impugnata, di convenire con la divisione di opposizione sul fatto che i marchi, considerati i prodotti da loro contraddistinti, rientranti nella classe 33, erano confusamente simili nel senso dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. Tenuto conto della continuità funzionale tra divisioni di opposizione e commissioni di ricorso, attestata dall’art. 62, n. 1, del regolamento n. 40/94 [sentenza della Corte 13 marzo 2007, causa C‑29/05 P, UAMI/Kaul, Racc. pag. I‑2213, punto 30; sentenza del Tribunale 10 luglio 2006, causa T‑323/03, La Baronia de Turis/UAMI – Baron Philippe de Rothschild (LA BARONNIE), Racc. pag. II‑2085, punti 57 e 58], la decisione della divisione d’opposizione e la sua motivazione fanno parte del contesto in cui la decisione impugnata è stata adottata, contesto che è noto alla ricorrente e che permette al giudice di esercitare il suo pieno controllo di legittimità quanto alla fondatezza della valutazione del rischio di confusione. Si deve rilevare che la divisione di opposizione ha precisato nella sua decisione in cosa i marchi in conflitto fossero visivamente e foneticamente simili e le ragioni per le quali sarebbe sussistito un rischio di confusione nella fattispecie.

80      La ricorrente lamenta, infine, che la decisione impugnata non spieghi perché i motivi e gli elementi di prova da lei prodotti non permetterebbero di concludere per l’assenza di confusione fra i marchi in conflitto nella mente dei consumatori di riferimento.

81      Al riguardo è sufficiente ricordare che le istituzioni non sono obbligate a pronunciarsi, nella motivazione delle decisioni che sono indotte ad emanare, su tutti gli argomenti che gli interessati fanno valere dinanzi a loro. È sufficiente che esse espongano i fatti e le considerazioni giuridiche che rivestono un ruolo essenziale nell’economia della decisione [ordinanza del Tribunale 18 febbraio 2008, causa T‑327/06, Altana Pharma/UAMI – Avensa (PNEUMO UPDATE), non pubblicata nella Raccolta, punto 18; v., nel medesimo senso, sentenza del Tribunale 27 settembre 2006, causa T‑204/03, Haladjian Frères/Commissione, Racc. pag. II‑3779, punto 199].

82      Si deve osservare che, nella fattispecie, la commissione di ricorso ha, nella decisione impugnata, esposto i fatti e le considerazioni giuridiche che l’hanno indotta a prendere tale decisione, come risulta dall’illustrazione della decisione impugnata svolta ai punti 75-78 della presente sentenza. Così, non le si può rimproverare di non aver risposto all’argomento della ricorrente secondo cui il termine «limoncello» ha natura assolutamente descrittiva ed è divenuto di uso comune nelle descrizioni generiche di un tipo di liquore, o a quello ai termini del quale l’UAMI medesimo avrebbe proposto di limitare i prodotti registrabili con il marchio richiesto al liquore al limone proveniente dalla costiera amalfitana giacché il marchio sarebbe ingannevole qualora il liquore in questione avesse un’origine diversa.

83      Di conseguenza, il terzo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, deve essere respinto.

84      Risulta da quanto precede che il ricorso dev’essere respinto integralmente.

 Sulle spese

85      La ricorrente chiede che l’UAMI sia condannato all’insieme delle spese relative ai procedimenti instaurati dinanzi al Tribunale, da un lato, e al procedimento d’impugnazione dinanzi alla Corte, dall’altro. Per quanto riguarda il secondo motivo d’impugnazione sollevato dall’UAMI dinanzi alla Corte, con il quale quest’ultimo ha denunciato la manifesta contraddittorietà ed illogicità della sentenza annullata, l’UAMI dovrebbe essere comunque condannato alle relative spese, indipendentemente dall’accoglimento da parte del Tribunale delle conclusioni sul rischio di confusione. La ricorrente ricorda che l’UAMI ha rinunciato a detto motivo a seguito della già citata ordinanza del Tribunale 12 gennaio 2006, che ha accolto i suoi argomenti al riguardo.

86      L’UAMI chiede che la ricorrente sia condannata alla totalità delle spese relative ai procedimenti dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

87      Nella sentenza del Tribunale l’UAMI è stato condannato alle spese. Nella sentenza della Corte le spese sono state riservate. Spetta dunque al Tribunale statuire, nella presente sentenza, su tutte le spese dei diversi procedimenti, conformemente all’art. 121 del regolamento di procedura.

88      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è risultata soccombente per tutti i capi di conclusione, non c’è motivo di ripartire le spese in assenza di motivi eccezionali che giustifichino una diversa soluzione nella fattispecie. Conformemente alle conclusioni dell’UAMI, la ricorrente andrà perciò condannata alle spese sostenute da quest’ultimo dinanzi al Tribunale come dinanzi alla Corte.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Shaker di L. Laudato & C. Sas è condannata alla totalità delle spese sostenute dinanzi al Tribunale e dinanzi alla Corte.

Tiili

Dehousse

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 novembre 2008.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.