Language of document : ECLI:EU:C:2018:811

Causa C416/17

Commissione europea

contro

Repubblica francese

«Inadempimento di uno Stato – Articoli 49 e 63 TFUE nonché articolo 267, terzo comma, TFUE – Imposizione a catena – Differenza di trattamento in funzione dello Stato membro di residenza della controllata di secondo livello – Rimborso dell’anticipo d’imposta indebitamente prelevato – Requisiti relativi alle prove che giustificano un siffatto rimborso – Limite massimo del diritto al rimborso – Discriminazione – Organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado – Obbligo di rinvio pregiudiziale»

Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 4 ottobre 2018

1.        Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Restrizioni – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Facoltà, per una società controllante, di imputare all’anticipo d’imposta, dovuto all’atto della redistribuzione dei dividendi, il credito d’imposta connesso ai dividendi provenienti da una controllata stabilita nello Stato membro di residenza – Diniego di tale facoltà in caso di dividenti provenienti da una controllata di secondo livello stabilita in un altro Stato membro – Inammissibilità

(Artt. 49 e 63 TFUE)

2.        Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Restituzione a una società controllante delle somme atte a garantire l’applicazione di uno stesso regime tributario ai dividendi distribuiti dalle sue controllate stabilite in uno Stato membro e a quelli distribuiti dalle controllate stabilite in altri Stati membri – Restituzione subordinata alla produzione di prove da parte della società controllante, relative al tasso di imposizione e all’importo dell’imposta pagata da queste ultime controllate – Ammissibilità – Presupposti

(Artt. 49 e 63 TFUE)

3.        Libertà di stabilimento – Libera circolazione dei capitali – Restrizioni – Normativa tributaria – Imposta sulle società – Restituzione a una società controllante delle somme atte a garantire l’applicazione di uno stesso regime tributario ai dividendi distribuiti dalle sue controllate stabilite in uno Stato membro e a quelli distribuiti dalle controllate stabilite in altri Stati membri – Massimale del diritto al rimborso – Restituzione dell’anticipo d’imposta pari alla metà dell’importo dei dividendi percepiti da una controllata residente – Restituzione dell’anticipo d’imposta pari a un terzo dell’importo dei dividendi percepiti da una controllata non residente – Sistema nazionale che consente di pervenire a un trattamento tributario equivalente di detti dividendi – Ammissibilità

(Artt. 49 e 63 TFUE)

4.        Questioni pregiudiziali – Rinvio alla Corte – Questioni di interpretazione – Obbligo di rinvio – Portata – Obbligo di rinvio in caso di ragionevole dubbio – Giudice nazionale che ha concluso per l’insussistenza di un ragionevole dubbio – Interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in contrasto con l’interpretazione di tali disposizioni data dalla Corte nel contesto di un ricorso per inadempimento – Inadempimento di uno Stato

(Art. 267, 3e al., TFUE)

1.      Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli articoli 49 e 63 TFUE, lo Stato membro che rifiuta di prendere in considerazione, per il calcolo del rimborso dell’anticipo di imposta assolto da una società residente a titolo della distribuzione di dividendi versati da una società non residente tramite una controllata non residente, l’imposizione sugli utili alla base di tali dividendi subita da detta seconda società, sebbene il meccanismo nazionale di prevenzione della doppia imposizione economica consenta, nel caso di una catena di partecipazione prettamente interna, di neutralizzare l’imposizione a cui sono stati assoggettati i dividendi distribuiti da una società a ogni livello di tale catena di partecipazione.

Al riguardo, anche se il diritto dell’Unione non stabilisce criteri generali per la ripartizione delle competenze tra Stati membri per quanto riguarda l’eliminazione della doppia imposizione all’interno dell’Unione, e anche se ogni Stato membro resta libero di organizzare il proprio sistema d’imposizione sugli utili distribuiti, a condizione che il sistema in questione non comporti discriminazioni vietate dal Trattato FUE, la situazione di una società azionista che percepisce dividendi di origine estera è paragonabile a quella di una società azionista che percepisce dividendi di origine nazionale dal momento che, in entrambi i casi, gli utili realizzati possono, in linea di principio, essere oggetto di un’imposizione a catena.

Orbene, gli articoli 49 e 63 TFUE impongono ad uno Stato membro, che applichi un sistema per prevenire la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a residenti da società residenti, l’obbligo di concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a residenti da società non residenti, a meno che una differenza di trattamento sia giustificata da ragioni imperative d’interesse generale.

(v. punti 35‑37, 46, dispositivo 1)

2.      Per quanto riguarda la prova del pagamento di un’imposta da parte di una controllata non residente sui dividendi distribuiti, il fatto di non esentare una società controllante che richieda il rimborso di un anticipo d’imposta dall’obbligo di produrre documenti giustificativi, per i quali sia scaduto il termine legale di conservazione risultante dal diritto nazionale, non può costituire una violazione del principio di effettività, purché tale obbligo non copra un periodo significativamente più lungo rispetto alla durata legale di conservazione dei documenti amministrativi e contabili.

Infatti, il rispetto del principio di effettività comporta che i documenti giustificativi richiesti possano consentire alle autorità tributarie dello Stato membro di imposizione di verificare, in modo chiaro e preciso, se siano soddisfatti i presupposti per la concessione di un’agevolazione fiscale.

Inoltre, la produzione degli elementi relativi, per ciascun dividendo, all’aliquota d’imposta effettivamente applicata e all’importo dell’imposta effettivamente versato in ragione degli utili realizzati dalle controllate stabilite negli altri Stati membri può essere richiesta solo a condizione che non sia praticamente impossibile, o eccessivamente difficile, fornire la prova del pagamento dell’imposta da parte delle controllate stabilite in altri Stati membri, tenuto conto in particolare delle disposizioni della normativa di detti Stati membri sulla prevenzione della doppia imposizione e sulla registrazione dell’imposta sulle società che deve essere assolta, nonché sulla conservazione dei documenti amministrativi.

A tal riguardo, la richiesta di produzione dei suddetti elementi deve giungere durante il periodo in cui i documenti amministrativi o contabili devono essere conservati per legge, secondo quanto previsto dal diritto dello Stato membro di stabilimento della controllata, senza peraltro che la scadenza del termine legale di conservazione dei documenti comporti l’esenzione di una società che ha presentato un reclamo dall’obbligo di disporre di tutti gli elementi atti a giustificare la fondatezza della sua domanda.

(v. punti 73‑76, 78, 80)

3.      Un sistema di prevenzione della doppia imposizione economica in forza del quale il credito d’imposta concesso a una società che distribuisce dividendi percepiti da una controllata residente è sempre pari alla metà dell’importo di detti dividendi, mentre il limite massimo, in caso di distribuzione di dividendi provenienti da una controllata non residente, di rimborso dell’anticipo di imposta versato è fissato nella misura di un terzo dell’importo di tali dividendi, non costituisce una discriminazione.

Infatti, se è vero che dalla giurisprudenza discende che il diritto dell’Unione impone a uno Stato membro, che applichi un sistema per prevenire la doppia imposizione economica nel caso di dividendi versati a residenti da parte di società residenti, di concedere un trattamento equivalente ai dividendi versati a residenti da parte di società non residenti, tuttavia il diritto in parola non impone agli Stati membri di avvantaggiare i contribuenti che abbiano investito in società estere rispetto a quelli che abbiano investito in società nazionali, e non può obbligare tale Stato membro a concedere un credito d’imposta – a titolo dell’imposizione che hanno subito, in un altro Stato membro, gli utili distribuiti – che superi l’importo d’imposta che risulterebbe dall’applicazione della propria normativa tributaria.

Quindi, dato che il limite massimo di rimborso dell’anticipo d’imposta alla società controllante, fissato a un terzo dell’importo dei dividendi distribuiti, consente, in definitiva, di evitare la doppia imposizione economica degli utili distribuiti, come il rimborso sempre pari alla metà dei dividendi percepiti da una controllata residente, lo stesso limite massimo consente di rimediare alla differenza di trattamento tra tali dividendi e quelli derivanti da una controllata residente.

(v. punti 89, 91, 95, 96)

4.      Viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, uno Stato membro del quale un organo giurisdizionale avverso le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno abbia omesso di adire la Corte, ai sensi del procedimento di cui all’articolo 267, terzo comma, TFUE, al fine di stabilire se occorresse rifiutare di prendere in considerazione, per il calcolo del rimborso dell’anticipo d’imposta assolto da una società residente a titolo della distribuzione di dividendi versati da una società non residente tramite una controllata non residente, l’imposizione subita da tale seconda società sugli utili alla base di detti dividendi, sebbene l’interpretazione da esso accolta delle disposizioni del diritto dell’Unione nella sua giurisprudenza, non s’imponesse con un’evidenza tale da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio.

Al riguardo, la configurabilità di una simile eventualità dev’essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali all’interno dell’Unione. La soluzione scelta da un giudice nazionale, basata su un’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in contrasto con l’interpretazione di tali disposizioni nel contesto di un ricorso per inadempimento, implica che l’esistenza di un dubbio ragionevole in merito a tale interpretazione non poteva essere esclusa nel momento in cui il giudice nazionale ha statuito. Qualora tale valutazione consenta di constatare la presenza di un dubbio siffatto, spetta al giudice nazionale avverso le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno interrogare la Corte sul rischio di una errata interpretazione del diritto dell’Unione.

(v. punti 110, 112‑114, dispositivo 2)