Language of document : ECLI:EU:T:2016:496

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

15 settembre 2016 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina – Congelamento dei capitali – Elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applica il congelamento dei capitali e delle risorse economiche – Inserimento del nome del ricorrente – Diritti della difesa – Obbligo di motivazione – Base giuridica – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva – Inosservanza dei criteri d’inserimento nell’elenco – Errore manifesto di valutazione – Diritto di proprietà – Diritto alla reputazione»

Nella causa T‑340/14,

Andriy Klyuyev, residente a Donetsk (Ucraina), rappresentato da B. Kennelly, J. Pobjoy, barristers, R. Gherson e T. Garner, solicitors,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da Á. de Elera‑San Miguel Hurtado e J.‑P. Hix, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata da D. Gauci e T. Scharf, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e volta all’annullamento, da un lato, della decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26), e del regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1), e, dall’altro, della decisione (PESC) 2015/364 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/357 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1), nella parte in cui il nome del ricorrente è stato inserito o mantenuto nell’elenco delle persone, entità e organismi ai quali si applicano dette misure restrittive, e, in subordine, una domanda diretta a ottenere una dichiarazione di inapplicabilità al ricorrente dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificata dalla decisione (PESC) 2015/143 del Consiglio, del 29 gennaio 2015 (GU 2015, L 24, pag. 16), nonché dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento (UE) 2015/138 del Consiglio, del 29 gennaio 2015 (GU 2015, L 24, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da G. Berardis (relatore), presidente, O. Czúcz, I. Pelikánová, A. Popescu e E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: G. Predonzani, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il ricorrente, sig. Andrii Klyuyev, è l’ex capo dell’amministrazione presidenziale ucraina.

2        La presente causa si inserisce nell’ambito delle misure restrittive adottate in considerazione della situazione in Ucraina in seguito alla repressione delle manifestazioni di Piazza dell’Indipendenza a Kiev (Ucraina) nel febbraio 2014.

3        Il 5 marzo 2014 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2014/119/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 26). Nella stessa data il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, il regolamento (UE) n. 208/2014 concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina (GU 2014, L 66, pag. 1).

4        Il punto 2 della decisione 2014/119 precisa:

«Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

5        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della decisione 2014/119 dispone quanto segue:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a essi associate, elencati nell’allegato.

2.      Nessun fondo o risorsa economica è messo a disposizione, direttamente o indirettamente, o a beneficio delle persone fisiche o giuridiche, delle entità o degli organismi elencati nell’allegato».

6        Le modalità di tale congelamento di capitali sono definite nei paragrafi successivi del medesimo articolo.

7        Conformemente alla decisione 2014/119, il regolamento n. 208/2014 impone l’adozione di misure di congelamento di capitali e definisce le modalità di tale congelamento in termini identici, sostanzialmente, a quelli di detta decisione.

8        I nomi delle persone interessate dalla decisione 2014/119 e dal regolamento n. 208/2014 (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di marzo 2014») figurano nell’elenco, identico, di cui all’allegato della decisione 2014/119 e all’allegato I del regolamento n. 208/2014 (in prosieguo: l’«elenco») con, in particolare, la motivazione del loro inserimento.

9        Il nome del ricorrente è stato inserito nell’elenco con le informazioni identificative «ex Capo dell’amministrazione presidenziale dell’Ucraina» e la seguente motivazione:

«Persona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

10      Il 6 marzo 2014 il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone soggette alle misure restrittive previste dagli atti di marzo 2014 (GU 2014, C 66, pag. 1). In base a tale avviso, «[l]e persone interessate possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta ad ottenere il riesame della decisione che le include nell’elenco (...)».

11      Con scambi di lettere nel corso del 2014, il ricorrente ha contestato la fondatezza dell’inserimento del suo nome nell’elenco e ha chiesto al Consiglio di procedere a un riesame. Egli ha altresì richiesto di aver accesso alle informazioni e alle prove alla base di detto inserimento.

12      Il Consiglio ha risposto alla domanda di riesame del ricorrente. Esso ha sostenuto che, a suo avviso, le misure restrittive riguardanti il ricorrente erano ancora giustificate dalle ragioni esposte nella motivazione degli atti di marzo 2014. Per quanto riguarda la domanda di accesso al fascicolo del ricorrente, il Consiglio gli ha trasmesso vari documenti contenuti nel suo fascicolo, tra cui documenti delle autorità ucraine del 3 marzo 2014 (in prosieguo: la «lettera del 3 marzo 2014»), dell’8 luglio 2014 e del 10 ottobre 2014 (in prosieguo: la «lettera del 10 ottobre 2014»).

13      Il 29 gennaio 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/143, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 24, pag. 16), e il regolamento (UE) 2015/138, che modifica il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 24, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di gennaio 2015»).

14      La decisione 2015/143 ha precisato, con decorrenza dal 31 gennaio 2015, i criteri di designazione delle persone interessate dal congelamento di capitali. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è stato sostituito dal seguente testo:

«1.      Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)      per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione, o

b)      per abuso d’ufficio in qualità di titolari di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesse o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio ai fondi o beni pubblici ucraini, o per essersi rese complici di tale abuso».

15      Il regolamento 2015/138 ha modificato il regolamento n. 208/2014 conformemente alla decisione 2015/143.

16      Con lettera del 2 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti e gli ha trasmesso un documento delle autorità ucraine del 30 dicembre 2014 (in prosieguo: la «lettera del 30 dicembre 2014»), informandolo della possibilità di presentare osservazioni. Con lettera del 17 febbraio 2015, il ricorrente ha invitato il Consiglio a riconsiderare la sua posizione e a fornirgli gli eventuali ulteriori elementi che giustificherebbero la posizione del Consiglio.

17      Il 5 marzo 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/364, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2015, L 62, pag. 25), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/357, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2015, L 62, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti di marzo 2015»).

18      La decisione 2015/364 ha modificato l’articolo 5 della decisione 2014/119, prorogando le misure restrittive, per quanto riguarda il ricorrente, fino al 6 marzo 2016. Di conseguenza, la decisione 2015/364 e il regolamento di esecuzione 2015/357 hanno sostituito l’elenco.

19      A seguito di tali modifiche, il nome del ricorrente è stato mantenuto nell’elenco con le informazioni identificative «ex Capo dell’amministrazione presidenziale dell’Ucraina» e la seguente nuova motivazione:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e in relazione ad abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesso o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio al bilancio o ai beni statali ucraini».

20      La decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 sono stati modificati, da ultimo, rispettivamente, dalla decisione (PESC) 2016/318 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che modifica la decisione 2014/119 (GU 2016, L 60, pag. 76), e dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/311 del Consiglio, del 4 marzo 2016, che attua il regolamento n. 208/2014 (GU 2016, L 60, pag. 1).

21      La decisione 2016/318 ha modificato l’articolo 5 della decisione 2014/119, prorogando le misure restrittive, per quanto riguarda il ricorrente, fino al 6 marzo 2017.

 Procedimento e conclusioni delle parti

22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2014, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

23      Il 12 agosto 2014 il Consiglio ha depositato il controricorso. Lo stesso giorno esso ha depositato una domanda di trattamento riservato volta a far sì che il contenuto di un allegato non fosse citato nei documenti relativi a tale causa accessibili al pubblico.

24      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2014, la Commissione europea ha chiesto di intervenire a sostegno del Consiglio nel presente procedimento. Con ordinanza del 6 novembre 2014, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha consentito tale intervento. Con atto depositato il 17 dicembre 2014, la Commissione ha rinunciato al deposito della sua memoria di intervento.

25      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2014, l’Ucraina ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio nel presente procedimento. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 dicembre 2014, l’Ucraina ha informato il Tribunale di rinunciare al proprio intervento. Con ordinanza dell’11 marzo 2015, il presidente della Nona Sezione del Tribunale ha dichiarato la cancellazione dell’Ucraina quale interveniente.

26      La replica e la controreplica sono state depositate, rispettivamente, il 31 ottobre 2014 dal ricorrente e il 18 dicembre 2014 dal Consiglio. Lo stesso giorno il Consiglio ha depositato una domanda di trattamento riservato volta a ottenere che il contenuto di un allegato non sia citato nei documenti relativi a tale causa accessibili al pubblico.

27      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 maggio 2015, il ricorrente ha adattato le sue conclusioni di modo che queste ultime sono altresì dirette all’annullamento della decisione 2015/364 e del regolamento di esecuzione 2015/357, nella parte in cui tali atti lo riguardano. Il Consiglio ha presentato le sue osservazioni entro il termine impartito. Il 14 settembre 2015 esso ha altresì depositato una domanda di trattamento riservato diretta a ottenere che il contenuto di determinati allegati non fosse citato nei documenti relativi a tale causa accessibili al pubblico.

28      Su proposta della Nona Sezione, il Tribunale ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del regolamento di procedura del Tribunale, di rimettere la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

29      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

30      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale all’udienza del 27 aprile 2016.

31      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare, in primo luogo, la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014 e, in secondo luogo, la decisione 2015/364 e il regolamento di esecuzione n. 2015/357, nella parte in cui essi lo riguardano;

–        in subordine, dichiarare inapplicabile, nei suoi confronti, l’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificato dalla decisione 2015/143, nonché l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento 2015/138;

–        condannare il Consiglio alle spese.

32      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        in subordine, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2014, disporre che gli effetti della decisione 2014/119 nei confronti del ricorrente siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014 e, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2015, disporre che gli effetti della decisione 2014/119, come modificata, nei confronti del ricorrente siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2015/357;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria, nella parte in cui riguardano il ricorrente

33      A sostegno del suo ricorso volto all’annullamento degli atti di marzo 2014 nella loro versione originaria, il ricorrente deduce sei motivi. Il primo verte sull’assenza di base giuridica. Il secondo è relativo alla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Il terzo verte su un difetto di motivazione. Il quarto verte sulla violazione del diritto di proprietà e del diritto alla reputazione. Il quinto è relativo a un errore di fatto e a un errore manifesto di valutazione. Il sesto verte sulla mancanza di elementi di prova.

34      Con il suo quinto e sesto motivo, che occorre esaminare per primi, il ricorrente asserisce, in sostanza, che la decisione di imporgli misure restrittive non è stata adottata su un fondamento di fatto sufficientemente solido e che il Consiglio è dunque incorso in un errore manifesto nella sua valutazione.

35      Il Consiglio afferma che la lettera del 3 marzo 2014 indicava che era in corso un’indagine vertente sulla partecipazione del ricorrente all’appropriazione indebita di considerevoli fondi pubblici e al loro successivo trasferimento illegale al di fuori del territorio ucraino, il che corrispondeva alla motivazione contenuta negli atti di marzo 2014. Inoltre, il documento dell’8 luglio 2014 (v. punto 12 supra) confermerebbe che era stata aperta un’indagine preliminare in Ucraina a carico del ricorrente, che era sospettato, segnatamente, di appropriazione indebita di fondi pubblici per importi considerevoli.

36      Occorre ricordare che, se è vero che il Consiglio dispone di un ampio margine di discrezionalità circa i criteri generali da prendere in considerazione ai fini dell’adozione di misure restrittive, l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea esige che, nell’ambito del controllo della legittimità delle motivazioni su cui si fonda la decisione di iscrivere o di mantenere il nome di una determinata persona in un elenco di persone sottoposte a misure restrittive, il giudice dell’Unione europea si assicuri che detta decisione, la quale riveste portata individuale per tale persona, si fondi su una base fattuale sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limiti alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consista invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, abbiano un fondamento sufficientemente preciso e concreto (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2015, Anbouba/Consiglio, C‑605/13 P, EU:C:2015:248, punti 41 e 45 e giurisprudenza ivi citata).

37      Nella fattispecie, il criterio di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 prevede che sono adottate misure restrittive nei confronti di persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi pubblici. Inoltre, dal punto 2 di detta decisione risulta che il Consiglio ha adottato tali misure «con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto (...) in Ucraina».

38      Il nome del ricorrente è stato inserito nell’elenco con la motivazione che era una «[p]ersona sottoposta a procedimento penale in Ucraina allo scopo di indagare su reati connessi alla distrazione di fondi dello Stato ucraino e al loro trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

39      A sostegno del motivo dell’inserimento del ricorrente nell’elenco, il Consiglio invoca la lettera del 3 marzo 2014. La prima parte di tale lettera precisa che le «autorità di contrasto ucraine» hanno avviato un certo numero di procedimenti penali per svolgere indagini su delitti commessi da ex alti funzionari, tra cui figura il ricorrente. La lettera precisa poi, in modo generico, che l’indagine di cui trattasi «ha consentito di dimostrare l’appropriazione indebita di fondi pubblici per importi considerevoli e il successivo trasferimento illegale al di fuori dell’Ucraina».

40      È pacifico che è solamente su tale base che il ricorrente è stato identificato «come responsabil[e] dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119. Infatti, la lettera del 3 marzo 2014 è, tra gli elementi di prova depositati dal Consiglio nel corso del presente procedimento, l’unico a essere anteriore agli atti di marzo 2014 e, pertanto, la legittimità degli atti summenzionati deve essere valutata con riferimento soltanto a tale elemento di prova.

41      Occorre considerare che, pur provenendo da un’alta autorità giudiziaria di un paese terzo, detta lettera contiene solo un’affermazione generale e vaga che associa il nome del ricorrente, tra quelli di altri ex alti funzionari, a un’indagine che, sostanzialmente, avrebbe accertato atti di appropriazione indebita di fondi pubblici. La lettera non fornisce alcuna precisazione sull’accertamento dei fatti che l’inchiesta condotta dalle autorità ucraine stava verificando e, ancor meno, sulla responsabilità individuale, anche solo presunta, del ricorrente a tale riguardo (v., in tal senso, sentenza del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑332/14, non pubblicata, EU:T:2016:48, punto 46; v. altresì, per analogia, sentenza del 26 ottobre 2015, Portnov/Consiglio, T‑290/14, EU:T:2015:806, punti 43 e 44).

42      Occorre ancora rilevare che, contrariamente alla causa che ha dato origine alla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93, punti da 57 a 61), confermata in sede di impugnazione dalla sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio (C‑220/14 P, EU:C:2015:147), richiamate dal Consiglio, nella fattispecie, da un lato, quest’ultimo non disponeva di informazioni sui fatti o i comportamenti specificamente contestati al ricorrente dalle autorità ucraine e, dall’altro, la lettera del 3 marzo 2014, anche se esaminata nel contesto in cui essa si inserisce, non può costituire una base fattuale sufficientemente solida ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 36 per includere il nome del ricorrente nell’elenco con la motivazione che quest’ultimo era identificato «come responsabile» di appropriazione indebita di fondi pubblici (v., in tal senso, sentenza del 26 ottobre 2015, Portnov/Consiglio, T‑290/14, EU:T:2015:806, punti da 46 a 48).

43      Indipendentemente dallo stadio in cui si trovava il procedimento al quale il ricorrente era asseritamente sottoposto, il Consiglio non poteva adottare misure restrittive nei suoi confronti senza conoscere i fatti di appropriazione indebita di fondi statali che le autorità ucraine gli avevano specificamente contestato. Infatti, è solo avendo conoscenza di tali fatti che il Consiglio sarebbe stato in grado di dimostrare che essi potevano, da un lato, essere qualificati come appropriazione indebita di fondi pubblici e, dall’altro, rimettere in discussione lo Stato di diritto in Ucraina, il cui consolidamento e il cui sostegno costituiscono, come ricordato al precedente punto 37, l’obiettivo perseguito dall’adozione delle misure restrittive di cui trattasi (sentenze del 28 gennaio 2016, Klyuyev/Consiglio, T‑341/14, EU:T:2016:47, punto 50, e del 28 gennaio 2016, Azarov/Consiglio, T‑331/14, EU:T:2016:49, punto 55).

44      Del resto, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 120 e 121, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punti 65 e 66).

45      Alla luce di tutti i suesposti rilievi, occorre concludere che l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco non si fonda su una base fattuale sufficiente a garantire il rispetto dei criteri di designazione delle persone interessate dalle misure restrittive di cui trattasi fissati dalla decisione 2014/119.

46      Inoltre, è necessario constatare che tale situazione di illegittimità è perdurata sino all’entrata in vigore degli atti di marzo 2015, che hanno sostituito l’elenco e modificato la motivazione dell’inserimento del ricorrente.

47      Alla luce di tale conclusione, non occorre pronunciarsi sull’argomento del ricorrente che mira a far dichiarare l’illegittimità dell’inserimento del suo nome ad opera degli atti di marzo 2014 per il periodo compreso tra il 31 gennaio e il 6 marzo 2015, vale a dire a partire dall’entrata in vigore degli atti di gennaio 2015 e sino all’entrata in vigore di quelli di marzo 2015. Infatti, tenuto conto dell’annullamento degli atti di marzo 2014, nella parte in cui riguardano il ricorrente, si presume che quest’ultimo non sia stato sottoposto alle misure restrittive durante tale periodo.

48      Pertanto, occorre accogliere il quinto e il sesto motivo, considerati congiuntamente, e annullare la decisione 2014/119 nella sua versione originaria, nella parte in cui essa riguarda il ricorrente, senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi.

49      In conseguenza dell’annullamento della decisione 2014/119, è parimenti necessario annullare, nella parte in cui riguarda il ricorrente, il regolamento n. 208/2014, nella sua versione originaria, che, ai sensi dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE, presuppone una decisione adottata conformemente al capo 2 del titolo V del Trattato UE.

 Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente

50      Con la sua memoria di adattamento delle conclusioni, il ricorrente ha chiesto di estendere la portata del suo ricorso al fine di ricomprendervi l’annullamento degli atti di marzo 2015, nella parte in cui lo riguardano.

51      A sostegno della sua domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, il ricorrente deduce sette motivi. Il primo verte sull’assenza di base giuridica. Il secondo riguarda la violazione dei criteri d’inserimento. Il terzo concerne la violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. Il quarto verte su un difetto di motivazione. Il quinto attiene alla violazione del diritto di proprietà e del diritto alla reputazione. Il sesto verte su un errore manifesto di valutazione e il settimo è relativo all’illegittimità dei criteri d’inserimento.

52      Occorre esaminare, in primo luogo, il terzo motivo, in secondo luogo, il quarto motivo, in terzo luogo, il primo e il settimo motivo, considerati congiuntamente, in quarto luogo, il secondo e il sesto motivo, considerati congiuntamente, e, da ultimo, il quinto motivo.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

53      Con il suo terzo motivo, il ricorrente fa valere che i suoi diritti della difesa e il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva sono stati violati, in quanto il Consiglio, da un lato, non ha fornito elementi di prova e informazioni a sostegno della sua designazione e, dall’altro, non ha esaminato, con diligenza e imparzialità, le asserzioni relative alla sua designazione alla luce delle osservazioni formulate dal ricorrente nella sua lettera del 17 febbraio 2015.

54      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

55      In via preliminare, occorre rammentare che il rispetto dei diritti della difesa, sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, a cui il Trattato UE riconosce lo stesso valore giuridico dei trattati, include il diritto di essere ascoltato e il diritto di accedere agli atti di causa, mentre il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, sancito all’articolo 47 di detta Carta, impone che l’interessato possa conoscere i motivi su cui si fonda una decisione adottata nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti da 98 a 100).

56      Ne risulta che, nell’ambito dell’adozione di una decisione che mantiene il nome di una persona, di un’entità o di un organismo in un elenco di persone, di entità o di organismi sottoposti a misure restrittive, il Consiglio deve rispettare il diritto di tale persona, entità o organismo a essere previamente ascoltato qualora, nella decisione che comporta il mantenimento dell’inserimento nell’elenco, prenda in considerazione nei suoi confronti nuovi elementi, ossia elementi che non erano contenuti nella decisione iniziale di inserimento in tale elenco (sentenza del 4 giugno 2014, Sina Bank/Consiglio, T‑67/12, non pubblicata, EU:T:2014:348, punto 68 e giurisprudenza ivi citata; v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 62).

57      Nel caso di specie, occorre rilevare che il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco a seguito degli atti di marzo 2015 si basa sulla lettera del 30 dicembre 2014.

58      A tale riguardo, è altresì necessario rammentare che, prima di adottare la decisione di mantenere il nome del ricorrente nell’elenco, il Consiglio ha trasmesso al ricorrente la lettera del 30 dicembre 2014 (v. punto 16 supra). Inoltre, con lettera del 2 febbraio 2015, il Consiglio ha informato il ricorrente della sua intenzione di mantenere le misure restrittive nei suoi confronti, informandolo della possibilità di presentare osservazioni (v. punto 16 supra).

59      Ne consegue che il ricorrente ha avuto accesso alle informazioni e agli elementi di prova che hanno fornito motivazioni al Consiglio per mantenere le misure restrittive nei suoi confronti e ha potuto formulare osservazioni in tempo utile (v. punto 16 supra).

60      Inoltre, il ricorrente non ha dimostrato che le asserite difficoltà riguardanti le informazioni ricevute e il termine per rispondere alle accuse del Consiglio gli hanno impedito di adattare le sue conclusioni in tempo utile o di sviluppare argomenti a sua difesa.

61      Da quanto precede emerge che la comunicazione degli elementi di prova nel corso del procedimento è stata sufficiente a garantire l’esercizio dei diritti della difesa e del diritto a un tutela giurisdizionale effettiva del ricorrente.

62      Il terzo motivo deve, pertanto, essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

63      Con il suo quarto motivo, il ricorrente deduce, in primo luogo, che la motivazione del mantenimento del suo nome nell’elenco non precisa la natura o l’oggetto di tale procedimento penale, né come esso riguardi un’appropriazione indebita di fondi o beni statali o un abuso di potere in qualità di titolare di una carica pubblica; in secondo luogo, che con detta motivazione il Consiglio si limiterebbe a riprendere la formulazione dei criteri di designazione enunciati nella decisione e nel regolamento; in terzo luogo, che né la lettera del Consiglio del 2 febbraio 2015, né la lettera del 30 dicembre 2014, né quella del Consiglio del 6 marzo 2015 sarebbero idonee a correggere tale difetto e, in quarto luogo, che il difetto di motivazione è particolarmente grave in considerazione delle censure sollevate dal ricorrente nel corso del procedimento, del termine considerevole di cui disponeva il Consiglio dopo l’inserimento iniziale del nome del ricorrente per formulare motivazioni e della totale assenza di urgenza o di rischio di dilapidazione dei beni, in quanto i beni del ricorrenti sono già congelati.

64      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

65      In via preliminare, occorre rammentare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali deve essere adeguata alla natura dell’atto impugnato e al contesto nel quale esso è stato adottato. Essa deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire all’interessato di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

66      La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento della sussistenza, in capo alla motivazione di un atto, dei requisiti di cui all’articolo 296 TFUE e all’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali va effettuato alla luce non solo del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione. Così, da un lato, un atto lesivo è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. Dall’altro lato, il grado di precisione della motivazione di un atto deve essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o di tempo disponibile nelle quali questo deve essere adottato (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

67      In particolare, la motivazione di una misura di congelamento di beni non può, in linea di principio, consistere soltanto in una formulazione generica e stereotipata. Con le riserve di cui al precedente punto 66, una misura di tale genere deve, al contrario, indicare le ragioni specifiche e concrete per le quali il Consiglio considera applicabile all’interessato la normativa pertinente (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 96 e giurisprudenza ivi citata).

68      Nel caso di specie, da un lato, occorre rilevare che, in linea con la motivazione d’inserimento iniziale, la motivazione, come modificata dagli atti di marzo 2015 (v. punto 19 supra), enuncia gli elementi che costituiscono il fondamento dell’inserimento del nome del ricorrente, vale a dire, in sostanza, la circostanza che egli è sottoposto a un procedimento penale avviato dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali.

69      Inoltre, il mantenimento delle misure nei confronti del ricorrente è avvenuto in un contesto noto a quest’ultimo, il quale aveva avuto conoscenza, al momento degli scambi intercorsi durante il presente procedimento, della lettera del 30 dicembre 2014, su cui il Consiglio ha basato il mantenimento delle misure restrittive nei suoi confronti, con la quale il Consiglio forniva precisazioni in merito all’inserimento del suo nome nell’elenco (v., in tale senso, sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punti 53 e 54 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 6 settembre 2013, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑35/10 e T‑7/11, EU:T:2013:397, punto 88), e in particolare alla descrizione circostanziata dei fatti che gli erano addebitati.

70      Dall’altro lato, per quanto riguarda il carattere asseritamente stereotipato della motivazione dell’inserimento, occorre osservare che, se è vero che le considerazioni di cui a tale motivazione sono le stesse di quelle in base a cui le altre persone fisiche menzionate nell’elenco sono state sottoposte a misure restrittive, esse sono tuttavia volte a descrivere la situazione concreta del ricorrente che, secondo il Consiglio, è stato sottoposto, al pari di altre persone, a procedimenti giudiziari che presentano un nesso con indagini vertenti su appropriazioni indebite di fondi pubblici in Ucraina (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 115).

71      Alla luce di tutti i suesposti rilievi, occorre concludere che gli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, enunciano in modo giuridicamente sufficiente gli elementi di diritto e di fatto che ne costituiscono, secondo il loro autore, il fondamento.

72      Pertanto, occorre respingere il quarto motivo.

 Sul primo e sul settimo motivo, vertenti sulla mancanza di una base giuridica e su un’eccezione di illegittimità del criterio d’inserimento

73      Con il suo primo motivo, il ricorrente afferma che l’articolo 29 TUE non costituiva una base giuridica appropriata per adottare la decisione, poiché il Consiglio non ha provato che esso aveva arrecato pregiudizio allo Stato di diritto o ai diritti dell’uomo in Ucraina. Al contrario, il ricorrente avrebbe favorito il processo di pace tra le parti in conflitto durante gli eventi di febbraio 2014 a Kiev e avrebbe assunto la responsabilità delle negoziazioni sull’accordo di associazione tra l’Ucraina e l’Unione.

74      Inoltre, i recenti sviluppi in Ucraina, riguardanti l’assenza della garanzia di un equo processo per il ricorrente e più in generale il mancato rispetto dei diritti fondamentali, confermerebbero che il nuovo regime in Ucraina compromette esso stesso la democrazia e lo Stato di diritto, e lede in modo flagrante e sistematico i diritti dell’uomo.

75      Infine, dall’illegittimità della decisione 2014/119 deriverebbe che non esiste alcun fondamento che consente di emanare un regolamento ai sensi dell’articolo 215 TFUE.

76      Con il suo settimo motivo, sostanzialmente dedotto a sostegno del suo secondo capo di conclusioni, il ricorrente solleva un’eccezione di illegittimità e asserisce che, se il criterio d’inserimento doveva essere interpretato in senso lato, così da tenere conto di ogni indagine delle autorità ucraine, indipendentemente dalla questione di stabilire se essa sia stata sostenuta, controllata o delimitata da una decisione o un procedimento giudiziale, o di ogni abuso di potere in qualità di titolare di una carica pubblica per procurarsi un vantaggio ingiustificato, a prescindere dalla questione se esista un’accusa di appropriazione indebita di fondi pubblici, un simile criterio sarebbe arbitrario e privo di una base giuridica appropriata o sproporzionato rispetto agli obiettivi degli atti di marzo 2014.

77      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

78      Occorre dunque esaminare la conformità del criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificato dalla decisione 2015/143, agli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune (PESC) e, più in particolare, la proporzionalità di detto criterio rispetto agli obiettivi sopra considerati.

79      Anzitutto, è necessario ricordare che gli obiettivi del Trattato UE relativi alla PESC sono enunciati, segnatamente, all’articolo 21, paragrafo 2, lettera b), TUE, che dispone quanto segue:

«L’Unione definisce e attua politiche comuni e azioni e opera per assicurare un elevato livello di cooperazione in tutti i settori delle relazioni internazionali al fine di: (...) consolidare e sostenere la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti dell’uomo e i principi del diritto internazionale».

80      Si deve, poi, rammentare che il punto 2 della decisione 2014/119 così prevede:

«Il 3 marzo 2014 il Consiglio ha convenuto di concentrare le misure restrittive sul congelamento e sul recupero dei beni delle persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e delle persone responsabili di violazioni di diritti umani, con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo [S]tato di diritto e il rispetto dei diritti umani in Ucraina».

81      Su tale base, il criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2014/119, come modificata dalla decisione 2015/143, è il seguente:

«Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati da persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini e dalle persone responsabili di violazioni di diritti umani in Ucraina, e da persone fisiche o giuridiche, entità od organismi a esse associati, elencati nell’allegato.

Ai fini della presente decisione, le persone identificate come responsabili dell’appropriazione indebita di fondi statali ucraini comprendono persone sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine:

a)      per appropriazione indebita di fondi o beni pubblici ucraini o per essersi rese complici di tale appropriazione (...)».

82      Infine, occorre rammentare che la motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, a seguito degli atti di marzo 2015, è la seguente:

«Persona sottoposta a procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e in relazione ad abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesso o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio al bilancio o ai beni statali ucraini».

83      In via preliminare, è giocoforza constatare che, come riconosciuto dal Consiglio nei suoi atti, le misure restrittive nei confronti del ricorrente sono state adottate con il solo scopo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina. Pertanto, gli argomenti del ricorrente secondo i quali il criterio d’inserimento di cui alla decisione 2014/119 non realizza altri obiettivi della PESC sono inconferenti.

84      Occorre dunque verificare se il criterio d’inserimento previsto dalla decisione 2014/119 e come modificato dalla decisione 2015/143, riguardante persone identificate come responsabili di appropriazione indebita di fondi appartenenti allo Stato ucraino, corrisponde all’obiettivo, invocato dalla stessa decisione, di consolidamento e di sostegno dello Stato di diritto in Ucraina.

85      A tale riguardo, è necessario rammentare che la giurisprudenza elaborata in materia di misure restrittive relative alla situazione in Tunisia e in Egitto ha stabilito che obiettivi quali quelli menzionati all’articolo 21, paragrafo 2, lettere b) e d), TUE, potevano essere raggiunti mediante il congelamento di beni il cui ambito di applicazione era, come nella fattispecie, circoscritto alle persone identificate come responsabili di appropriazione di fondi pubblici e alle persone, entità o organismi che sono loro connessi, vale a dire a persone le cui azioni sono atte ad aver ostacolato il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche e degli organismi loro collegati (v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 2013, Trabelsi e a./Consiglio, T‑187/11, EU:T:2013:273, punto 92; del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 44, e del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punto 68).

86      Nel caso di specie, è necessario constatare, da un lato, che il criterio d’inserimento si basa, per quanto riguarda il ricorrente, su reati di «appropriazione indebita di fondi statali» e, dall’altro, che detto criterio rientra in un contesto giuridico chiaramente delimitato dalla decisione 2014/119 e dal perseguimento dell’obiettivo pertinente del Trattato UE da questa invocato, enunciato al suo punto 2, vale a dire quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

87      A tale proposito, occorre rammentare che il rispetto dello Stato di diritto è uno dei principali valori su cui si fonda l’Unione, come emerge dall’articolo 2 TUE, nonché dai preamboli del Trattato UE e da quelli della Carta dei diritti fondamentali. Il rispetto dello Stato di diritto costituisce, inoltre, una condizione preliminare per l’adesione all’Unione, ai sensi dell’articolo 49 TUE. La nozione di Stato di diritto è parimenti sancita, con la formulazione alternativa di «preminenza del diritto», nel preambolo della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

88      La giurisprudenza della Corte e della Corte europea dei diritti dell’Uomo nonché i lavori del Consiglio d’Europa, mediante la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto, forniscono un elenco non esaustivo dei principi e delle norme che possono ricomprendersi nella nozione di Stato di diritto. Tra questi figurano i principi di legalità, di certezza del diritto e di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; dell’indipendenza e imparzialità del giudice; un controllo giurisdizionale effettivo, anche per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali e l’uguaglianza davanti alla legge [v., a tale riguardo, l’elenco dei criteri dello Stato di diritto adottato dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto in occasione della sua centoseiesima sessione plenaria (Venezia, 11-12 marzo 2016)]. Inoltre, nell’ambito dell’azione esterna dell’Unione, taluni strumenti giuridici menzionano segnatamente la lotta contro la corruzione quale principio iscritto nella nozione di Stato di diritto [v., ad esempio, il regolamento (CE) n. 1638/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato (GU 2006, L 310, pag. 1)].

89      Orbene, benché non possa escludersi che determinati comportamenti concernenti fatti di appropriazione indebita di fondi pubblici siano in grado di pregiudicare lo Stato di diritto, non si può ammettere che ogni fatto di appropriazione indebita di fondi pubblici, commesso in un paese terzo, giustifichi un intervento dell’Unione al fine di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in tale paese, nell’ambito delle sue competenze in materia di PESC. Affinché possa accertarsi che un’appropriazione indebita di fondi pubblici sia idonea a giustificare un’azione dell’Unione nell’ambito della PESC, fondata sull’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto, è quantomeno necessario che i fatti contestati siano atti a pregiudicare i fondamenti istituzionali e giuridici del paese in questione.

90      In tale contesto, il criterio d’inserimento può essere considerato conforme all’ordinamento giuridico dell’Unione solo nei limiti in cui sia possibile attribuirgli un senso compatibile con i requisiti posti dalle norme di rango superiore alla cui osservanza esso è soggetto, e più precisamente con l’obiettivo di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina. Peraltro, tale interpretazione consente di rispettare l’ampio margine discrezionale di cui gode il Consiglio nel definire i criteri generali d’inserimento, garantendo al contempo un controllo, in linea di massima completo, della legittimità degli atti dell’Unione rispetto ai diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2014, National Iranian Oil Company/Consiglio, T‑578/12, non pubblicata, EU:T:2014:678, punto 108 e giurisprudenza ivi citata, confermata in sede di impugnazione dalla sentenza del 1° marzo 2016, National Iranian Oil Company/Consiglio, C‑440/14 P, EU:C:2016:128).

91      Pertanto, detto criterio deve essere interpretato nel senso che esso non riguarda, in modo astratto, qualsiasi atto di appropriazione indebita di fondi pubblici, bensì piuttosto fatti di appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici che, in considerazione dell’importo o del tipo di fondi o di beni oggetto di appropriazione indebita o del contesto in cui essi si sono verificati, sono quantomeno idonei a pregiudicare i fondamenti istituzionali e giuridici dell’Ucraina, in particolare i principi di legalità, di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, del controllo giurisdizionale effettivo e di uguaglianza davanti alla legge, e, in ultima analisi, a pregiudicare il rispetto dello Stato di diritto in tale paese (v. punto 89 supra). Così interpretato, il criterio d’inserimento è conforme e proporzionato agli obiettivi pertinenti del Trattato UE.

92      Tale conclusione non è rimessa in discussione dall’argomento del ricorrente relativo ai recenti sviluppi in Ucraina, riguardanti l’assenza della garanzia di un equo processo per il ricorrente e il mancato rispetto dei suoi diritti fondamentali.

93      A tale riguardo, occorre ricordare che l’Ucraina è uno Stato membro del Consiglio d’Europa dal 1995 e ha ratificato la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e che il nuovo regime ucraino è stato riconosciuto come legittimo dall’Unione nonché dalla comunità internazionale. Il Consiglio non è dunque incorso in un errore laddove si è basato su elementi di prova che gli erano stati forniti da una suprema autorità giudiziaria di tale paese riguardanti l’esistenza di un procedimento penale relativo alle accuse di appropriazione indebita di fondi o beni statali nei confronti del ricorrente, senza mettere in discussione la legalità e la legittimità del regime e del sistema giudiziario ucraini.

94      Certamente, non si può escludere che, laddove il ricorrente adduce elementi atti a dimostrare che i fatti che gli sono contestati sono manifestamente falsi o travisati, spetta al Consiglio verificare le informazioni che gli sono state presentate e, se del caso, richiedere informazioni o elementi di prova supplementari.

95      Tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente evoca l’assenza di un vero procedimento giudiziario e, più in generale, avanza dubbi sulla legittimità del nuovo regime ucraino e sull’imparzialità del sistema giudiziario ucraino.

96      Orbene, tali elementi non potevano né mettere in discussione la verosimiglianza delle accuse contro il ricorrente, il che costituisce l’oggetto dell’esame di seguito svolto nell’ambito del secondo e del sesto motivo, né essere sufficienti a dimostrare che la particolare situazione del ricorrente era stata influenzata dai problemi da lui invocati concernenti il sistema giudiziario ucraino, nel corso dei procedimenti che lo riguardavano e su cui si è fondata l’adozione di misure restrittive nei suoi confronti. Pertanto, nelle circostanze del caso di specie, il Consiglio non era tenuto a procedere a una verifica ulteriore degli elementi di prova che gli erano stati forniti dalle autorità ucraine.

97      Del resto, nei limiti in cui l’analisi degli argomenti del ricorrente comporterebbe che il Tribunale si pronunci sulla regolarità della transizione del regime ucraino ed esamini la fondatezza delle valutazioni formulate da diverse autorità internazionali a tale proposito, ivi comprese le valutazioni politiche del Consiglio, è necessario constatare che un esame siffatto non rientra nell’ambito del controllo esercitato dal Tribunale sugli atti che costituiscono l’oggetto della presente causa (v., in tal senso, sentenza del 25 aprile 2013, Gbagbo/Consiglio, T‑119/11, EU:T:2013:216, punto 75).

98      La conclusione di cui al precedente punto 91 non può neppure essere rimessa in discussione dall’argomento, sollevato quale eccezione di illegittimità, secondo cui il criterio d’inserimento non può essere interpretato in modo tale da tenere conto delle indagini che non sono svolte nell’ambito di un procedimento giudiziario.

99      A tale riguardo, occorre rammentare che, se è vero che il giudice dell’Unione ha dichiarato che l’identificazione di una persona come responsabile di un reato non implicava necessariamente una condanna per tale reato (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punti 71 e 72), ciò non toglie che, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che spetta dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima che spetta produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punti 120 e 121, e del 28 novembre 2013, Consiglio/Fulmen e Mahmoudian, C‑280/12 P, EU:C:2013:775, punti 65 e 66).

100    Nella fattispecie, il criterio d’inserimento di cui agli atti di marzo 2014, come modificato dagli atti di gennaio 2015, permette semplicemente al Consiglio, conformemente alla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93), di prendere in considerazione un’indagine per atti di appropriazione indebita di fondi pubblici come elemento che può, eventualmente, giustificare l’adozione di misure restrittive, fermo restando che, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 99 e dell’interpretazione del criterio d’inserimento ai precedenti punti da 78 a 91, il mero fatto di essere sottoposto a un’indagine vertente su reati di appropriazione indebita di fondi non può, in quanto tale, giustificare l’azione del Consiglio ai sensi degli articoli 21 e 29 TUE.

101    Alla luce di tutti i suesposti rilievi, si deve concludere che il criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 è conforme agli obiettivi della PESC, come enunciati all’articolo 21 TUE, nei limiti in cui esso riguarda le persone identificate come responsabili di appropriazione indebita di fondi pubblici ucraini idonea a pregiudicare lo Stato di diritto in Ucraina.

102    La stessa conclusione si impone con riguardo alle domande dirette all’annullamento del regolamento n. 208/2014. Quest’ultimo dispone una misura di congelamento di fondi previsto da una decisione adottata ai sensi del capo 2 del titolo V del Trattato UE ed è dunque conforme all’articolo 215 TFUE, nei limiti in cui esiste una decisione valida ai sensi di detto articolo.

103    Il primo e il settimo motivo devono pertanto essere respinti.

 Sul secondo e sul sesto motivo, considerati congiuntamente, vertenti rispettivamente sul mancato rispetto del criterio d’inserimento nell’elenco e su un errore manifesto di valutazione

104    Con il suo secondo e il suo sesto motivo, il ricorrente deduce, in sostanza, due argomenti.

105    Con il suo primo argomento, vertente sul fatto che l’inserimento del suo nome nell’elenco non soddisfaceva i criteri d’inserimento, il ricorrente asserisce che, conformemente alla sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio (T‑256/11, EU:T:2014:93), egli non poteva essere «identificato come responsabile» dei reati contestatigli, poiché non era sottoposto a un procedimento giudiziario o a un’indagine connessa a un procedimento giudiziario di tal genere.

106    Con il suo secondo argomento, relativo al fatto che l’inserimento del suo nome nell’elenco non è stato compiuto su un fondamento fattuale sufficientemente solido, il ricorrente fa valere che l’unico elemento di prova invocato dal Consiglio a sostegno degli atti di marzo 2014, come modificati, ossia la lettera del 30 dicembre 2014, non costituisce una base fattuale sufficientemente solida ai sensi della giurisprudenza pertinente.

107    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

108    In via preliminare, occorre rilevare che, a decorrere dal 7 marzo 2015, il ricorrente è stato sottoposto a nuove misure restrittive introdotte con gli atti di marzo 2015 sulla base del criterio d’inserimento di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119 e come «precisato» dagli atti di gennaio 2015. Infatti, la decisione 2015/364 non è un mero atto confermativo, ma costituisce una decisione autonoma, adottata dal Consiglio al termine di un riesame periodico previsto all’articolo 5, terzo comma, della decisione 2014/119.

109    Occorre dunque esaminare la legittimità dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, ad opera degli atti di marzo 2015, tenuto conto, anzitutto, del criterio d’inserimento, come precisato dagli atti di gennaio 2015, poi, della motivazione d’inserimento e, in ultimo, degli elementi di prova su cui si fonda detto inserimento.

110    Per quanto riguarda, anzitutto, il criterio d’inserimento, è necessario rammentare che tale criterio, come modificato dagli atti di gennaio 2015, dispone che le misure restrittive in questione si applichino, segnatamente, alle persone «identificate come responsabili» di appropriazione indebita di fondi statali ucraini, il che include le persone «sottoposte a indagine da parte delle autorità ucraine» per appropriazione di fondi o beni statali ucraini (v. punto 14 supra). Inoltre, come precisato nell’ambito del primo motivo, detto criterio deve essere interpretato nel senso che esso non riguarda genericamente qualsiasi atto di appropriazione indebita di fondi pubblici, ma piuttosto un’appropriazione indebita di fondi o beni statali idonea a pregiudicare il rispetto dello Stato di diritto in Ucraina (v. punto 91 supra).

111    Quanto, poi, alla motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, occorre rammentare che, dal 7 marzo 2015, il ricorrente è inserito nell’elenco con la motivazione che egli è sottoposto a un «procedimento penale dalle autorità ucraine per appropriazione indebita di fondi o beni statali e in relazione ad abuso d’ufficio in qualità di titolare di un ufficio o di una carica pubblica per procurare a se stesso o a una parte terza un vantaggio ingiustificato, arrecando in tal modo pregiudizio al bilancio o ai beni statali ucraini» (v. punto 19 supra).

112    Per quanto riguarda, da ultimo, gli elementi di prova su cui si fonda l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, si deve osservare, come riconosciuto dal Consiglio, che la legittimità della motivazione dell’inserimento del nome del ricorrente, come modificata, deve essere valutata principalmente con riguardo alla lettera del 30 dicembre 2014 (v. punto 16 supra), che attesta gli sviluppi intervenuti nel corso delle diverse indagini concernenti il ricorrente.

113    Tale lettera attesta, segnatamente, un’indagine preliminare nell’ambito di un procedimento penale avviato a carico del ricorrente e riguardante atti di appropriazione indebita di fondi pubblici. Tale indagine riguardava, più precisamente, un’appropriazione indebita di azioni di una società pubblica e di fondi pubblici.

114    In tali circostanze, in primo luogo, occorre osservare che tale lettera, che costituisce l’elemento di prova su cui il Consiglio si è basato per adottare gli atti di marzo 2015, fornisce una prova sufficiente del fatto che, alla data di adozione degli atti di marzo 2015, il ricorrente era sottoposto a procedimenti penali vertenti su un’appropriazione indebita di fondi o di beni pubblici.

115    In secondo luogo, è dunque necessario verificare se il mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco a seguito degli atti di marzo 2015 in ragione del fatto che quest’ultimo era sottoposto a un procedimento penale per tali reati soddisfi il criterio d’inserimento, come precisato dagli atti di gennaio 2015 e come interpretato nell’ambito del primo motivo (v. punto 110 supra).

116    In considerazione dei reati contestati al ricorrente, attestati nella lettera del 30 dicembre 2014, da un lato, occorre ricordare che il perseguimento di delitti contro il patrimonio, quali l’appropriazione indebita di fondi pubblici, è un importante mezzo di lotta contro la corruzione e che la lotta contro la corruzione costituisce, nel contesto dell’azione esterna dell’Unione, un principio ricompreso nella nozione di Stato di diritto (v. punto 88 supra).

117    Dall’altro lato, è necessario rilevare che i reati contestati al ricorrente si inseriscono in un contesto più ampio in cui una parte considerevole dell’ex classe dirigente ucraina è sospettata di avere commesso gravi reati nella gestione delle risorse pubbliche, minacciando così in modo serio i fondamenti istituzionali e giuridici del paese e pregiudicando in particolare i principi di legalità, di divieto di arbitrarietà del potere esecutivo, del controllo giurisdizionale effettivo e di uguaglianza davanti alla legge (v. punti da 89 a 91 supra). Ciò è ancor più evidente nel caso di specie, in quanto si tratta di fatti asseritamente commessi dall’ex capo dell’amministrazione presidenziale ucraina.

118    Ne consegue che, nel loro complesso e tenuto conto delle funzioni esercitate dal ricorrente in seno alla ex classe dirigente ucraina, le misure restrittive in questione contribuiscono in modo efficace a facilitare il perseguimento di delitti di appropriazione indebita di fondi pubblici commessi a danno delle istituzioni ucraine e fanno sì che sia più agevole, per le autorità ucraine, ottenere da parte di queste ultime la restituzione del prodotto di tali appropriazioni indebite. Ciò consente di agevolare, nell’ipotesi in cui i procedimenti giudiziari si riveleranno fondati, la repressione con mezzi giudiziari degli asseriti atti di corruzione commessi da membri dell’ex regime, contribuendo così al sostegno dello Stato di diritto in tale paese (v., in tal senso, la giurisprudenza richiamata al precedente punto 85).

119    Inoltre, spettava al Consiglio dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, fondandosi su una base fattuale sufficiente, ai sensi della giurisprudenza menzionata al precedente punto 36, indipendentemente dallo stadio del procedimento, secondo il codice di procedura penale ucraino, e dall’eventuale adozione di misure cautelari da parte delle autorità ucraine.

120    Certamente, l’avvio di un procedimento giudiziario ai sensi del codice di procedura penale ucraino e l’eventuale adozione di misure cautelari sul piano nazionale possono costituire indizi significativi per determinare l’esistenza di fatti che giustificano l’adozione di misure restrittive a livello dell’Unione e per valutare la necessità di adottare siffatte misure al fine di garantire gli effetti delle azioni condotte dalle autorità nazionali. Ciò non toglie però che l’adozione di misure restrittive rientra nella competenza del Consiglio, il quale decide in modo autonomo sulla necessità e sull’opportunità di adottare simili misure, alla luce degli obiettivi della PESC, a prescindere da una richiesta in tal senso da parte delle autorità del paese terzo in questione e di qualsiasi altra disposizione da loro adottata a livello nazionale, purché si fondi su una base fattuale solida ai sensi della giurisprudenza pertinente (v. punto 36, supra).

121    Inoltre, gli argomenti sollevati dal ricorrente non mettono in discussione l’esistenza dell’indagine condotta dalle autorità ucraine, né la verosimiglianza dei fatti che ne costituiscono l’oggetto e che hanno condotto il Consiglio ad adottare le misure restrittive in questione. Tali argomenti sono piuttosto diretti a criticare aspetti procedurali, ossia il fatto che detta indagine non sia svolta nell’ambito di un vero «procedimento giudiziario», o a confutare accuse formulate da dette autorità nei confronti del ricorrente ai sensi del diritto penale ucraino, invocando in particolare l’assenza del carattere fraudolento o improprio dell’attività oggetto delle accuse, questioni che attengono alla fondatezza di tali allegazioni.

122    A tale riguardo, è giocoforza constatare che non competeva al Consiglio verificare la fondatezza delle indagini alle quali il ricorrente era sottoposto, bensì unicamente esaminare la fondatezza della decisione di congelamento dei fondi alla luce degli elementi di prova che gli sono stati sottoposti (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Ezz e a./Consiglio, C‑220/14 P, EU:C:2015:147, punto 77).

123    Infine, con riferimento più precisamente all’argomento del ricorrente vertente su incoerenze tra la lettera del 30 dicembre 2014 e la «comunicazione dei sospetti», indirizzata dalle autorità ucraine al ricorrente il 23 dicembre 2014, è necessario rilevare che la lettera del 30 dicembre 2014 descrive puntualmente i fatti oggetto delle diverse indagini avviate a carico del ricorrente. Occorre osservare che le differenze tra i due documenti segnalate dal ricorrente riguardano principalmente la valutazione giuridica dei fatti esposti, come in particolare l’utilizzo di fondi indebitamente sottratti a fini personali, circostanza che non rimette in discussione la verosimiglianza degli atti di appropriazione indebita di fondi pubblici. La conoscenza di tali fatti, la cui esistenza non è stata seriamente rimessa in discussione, ha potuto fornire al Consiglio una base sufficiente per mantenere il nome del ricorrente nell’elenco.

124    Si deve pertanto concludere che l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco, ad opera degli atti di marzo 2015, in base agli elementi di prova di cui alla lettera del 30 dicembre 2014, è conforme al criterio d’inserimento, come modificato dagli atti di gennaio 2015 e interpretato alla luce dell’obiettivo su cui esso si fonda, vale a dire quello di consolidare e sostenere lo Stato di diritto in Ucraina.

125    Il secondo e il sesto motivo devono pertanto essere respinti.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà e del diritto alla reputazione

126    Con il suo quinto motivo, il ricorrente, da un lato, sostiene che il suo nome è stato inserito nell’elenco senza rispettare le garanzie adeguate che gli avrebbero consentito di difendersi dinanzi al Consiglio e, dall’altro, invoca una mancanza di proporzionalità delle misure restrittive. A tale proposito, egli sottolinea che la motivazione dell’inserimento non prevede più il reato di trasferimento illegale di fondi al di fuori dell’Ucraina e che il Consiglio non avrebbe dimostrato che il congelamento totale dei beni, a differenza di un congelamento parziale, era proporzionato nel caso di specie, in quanto il congelamento di fondi non sarebbe giustificato al di là del valore dei beni asseritamente oggetto di appropriazione indebita.

127    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta gli argomenti del ricorrente.

128    Occorre rilevare, in via preliminare, che l’argomento del ricorrente riguardante i suoi diritti della difesa è stato disatteso nell’ambito del terzo motivo (v. punti da 53 a 62 supra).

129    Si deve altresì respingere l’argomento del ricorrente vertente sul fatto che la motivazione d’inserimento non prevede più il reato di trasferimento illegale di fondi pubblici ucraini al di fuori dell’Ucraina. Infatti, benché il trasferimento illegale di fondi pubblici al di fuori dell’Ucraina non figuri più nella motivazione d’inserimento, come modificata dagli atti di marzo 2015, ciò non toglie che il riferimento all’appropriazione indebita di fondi pubblici, ove fondato, è di per sé sufficiente a giustificare le misure restrittive nei confronti del ricorrente.

130    Quanto alla censura riguardante una mancanza di proporzionalità delle misure restrittive, occorre rammentare che il principio di proporzionalità, quale principio generale del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non eccedano quanto è adeguato e necessario al conseguimento degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi. Così, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati devono essere proporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 205 e giurisprudenza ivi citata).

131    Nella fattispecie, è vero che il diritto di proprietà del ricorrente è limitato, poiché egli non può, segnatamente, disporre dei suoi fondi situati nel territorio dell’Unione, se non in virtù di particolari autorizzazioni, e poiché nessun fondo e nessuna risorsa economica può essere messa, direttamente o indirettamente, a sua disposizione.

132    Tuttavia, è necessario anzitutto rammentare, come dichiarato nell’ambito del primo, secondo, sesto e settimo motivo, che, da un lato, il criterio d’inserimento, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2014/119, come modificato dalla decisione 2015/143, è conforme agli obiettivi della PESC e che, dall’altro, l’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco è conforme al criterio d’inserimento (v. punti da 79 a 103 e da 109 a 124 supra).

133    Poi, per quanto concerne l’argomento del ricorrente secondo cui un congelamento di fondi non sarebbe giustificato al di là del valore dei beni asseritamente oggetto di appropriazione indebita, così come risulta dalle informazioni di cui disponeva il Consiglio, occorre altresì rilevare che, da un lato, gli importi menzionati nella lettera del 30 dicembre 2014 forniscono solamente un’indicazione del valore dei beni che sarebbero stati oggetto di appropriazione indebita e, dall’altro, ogni tentativo diretto a determinare l’importo dei fondi congelati sarebbe estremamente difficile, se non impossibile, da attuare nella pratica.

134    Inoltre, gli inconvenienti causati dalle misure restrittive non sono sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, tenuto conto, da un lato, del fatto che tali misure presentano, per loro natura, un carattere temporaneo e reversibile e non violano dunque il «contenuto essenziale» del diritto di proprietà, e, dall’altro, è possibile derogarvi allo scopo di coprire le esigenze di base, le spese di giustizia o ancora le spese straordinarie delle persone interessate (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Ezz e a./Consiglio, T‑256/11, EU:T:2014:93, punto 209).

135    Infine, con riguardo più specificamente agli argomenti vertenti sulla violazione del diritto alla reputazione, è necessario aggiungere che l’adozione, da parte del Consiglio, di misure restrittive nei confronti del ricorrente non implica alcuna valutazione sulla colpevolezza di quest’ultimo quanto ai fatti che gli sono contestati. In ogni caso, nei limiti in cui l’adozione di tali misure è idonea a suscitare la riprovazione e la diffidenza nei confronti del ricorrente e, pertanto, a pregiudicare la sua reputazione, è giocoforza constatare che simili effetti non appaiono sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti, come emerge dal precedente punto 118.

136    Occorre dunque respingere il quinto motivo e, conseguentemente, rigettare integralmente il ricorso, nella parte in cui riguarda l’annullamento del mantenimento del nome del ricorrente nell’elenco ad opera degli atti di marzo 2015.

 Sul mantenimento degli effetti della decisione 2014/119

137    In via subordinata, il Consiglio chiede che, in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2014, per ragioni di certezza del diritto, il Tribunale dichiari che gli effetti della decisione 2014/119 siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014. Egli chiede, altresì, che in caso di annullamento parziale degli atti di marzo 2015, gli effetti della decisione 2014/119, come modificata, siano mantenuti sino al momento in cui diverrà efficace l’annullamento parziale del regolamento n. 208/2014, come modificato dal regolamento di esecuzione 2015/357.

138    Il ricorrente si oppone alla domanda del Consiglio.

139    Occorre rammentare che il Tribunale, da un lato, ha annullato la decisione 2014/119 e il regolamento n. 208/2014, nelle loro versioni originarie, nella parte in cui riguardano il ricorrente, e, dall’altro, ha respinto il ricorso in quanto diretto contro gli atti di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente.

140    A tale riguardo, è necessario rilevare che, come ricordato al precedente punto 108, la decisione 2015/364 non è un mero atto confermativo, ma costituisce una decisione autonoma, adottata dal Consiglio al termine di un riesame periodico previsto all’articolo 5, terzo comma, della decisione 2014/119. In tali circostanze, se è vero che l’annullamento degli atti di marzo 2014, nella parte in cui riguardano il ricorrente, comporta l’annullamento dell’inserimento del nome del ricorrente nell’elenco per il periodo precedente l’entrata in vigore degli atti di marzo 2015, esso non è invece idoneo a rimettere in discussione la legittimità di tale medesimo inserimento per il periodo successivo a detta entrata in vigore.

141    Pertanto, non occorre pronunciarsi sulla domanda del Consiglio volta al mantenimento degli effetti della decisione 2014/119.

 Sulle spese

142    A norma dell’articolo 134, paragrafo 2, del regolamento di procedura, qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

143    Nella specie, il Consiglio, essendo rimasto soccombente riguardo alla domanda di annullamento formulata nel ricorso, deve essere condannato alle spese relative a tale domanda, conformemente alle conclusioni del ricorrente. Il ricorrente, essendo rimasto soccombente riguardo alla domanda di annullamento formulata nella memoria di adattamento delle conclusioni, deve essere condannato alle spese relative a tale domanda, conformemente alle conclusioni del Consiglio.

144    Inoltre, in forza dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa si faranno carico delle proprie spese. Pertanto, la Commissione si farà carico delle proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione 2014/119/PESC del Consiglio, del 5 marzo 2014, relativa a misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, e il regolamento (UE) n. 208/2014 del Consiglio, del 5 marzo 2014, concernente misure restrittive nei confronti di talune persone, entità e organismi in considerazione della situazione in Ucraina, nella loro versione originaria, sono annullati nella parte in cui il nome del sig. Andriy Klyuyev è stato inserito nell’elenco delle persone, entità e organismi a cui si applicano dette misure restrittive, e ciò sino all’entrata in vigore della decisione (PESC) 2015/364 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che modifica la decisione 2014/119, e del regolamento di esecuzione (UE) 2015/357 del Consiglio, del 5 marzo 2015, che attua il regolamento n. 208/2014.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal sig. Klyuyev per quanto riguarda la domanda di annullamento formulata nel ricorso.

4)      Il sig. Klyuyev è condannato a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Consiglio per quanto riguarda la domanda di annullamento formulata nella memoria di adattamento delle conclusioni.

5)      La Commissione europea si farà carico delle proprie spese.

Berardis

Czúcz

Pelikánová

Popescu

 

       Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Indice


Fatti

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, nella loro versione originaria, nella parte in cui riguardano il ricorrente

Sulla domanda di annullamento degli atti di marzo 2014, come modificati dagli atti di gennaio e di marzo 2015, nella parte in cui riguardano il ricorrente

Sul terzo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva

Sul quarto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

Sul primo e sul settimo motivo, vertenti sulla mancanza di una base giuridica e su un’eccezione di illegittimità del criterio d’inserimento

Sul secondo e sul sesto motivo, considerati congiuntamente, vertenti rispettivamente sul mancato rispetto del criterio d’inserimento nell’elenco e su un errore manifesto di valutazione

Sul quinto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà e del diritto alla reputazione

Sul mantenimento degli effetti della decisione 2014/119

Sulle spese



* Lingua processuale: l’inglese.