Language of document : ECLI:EU:T:2009:401

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

14 ottobre 2009 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran al fine di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Ricorso di annullamento – Sindacato giurisdizionale – Sviamento di potere – Parità di trattamento – Proporzionalità – Diritto di proprietà – Diritti della difesa – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Obbligo di motivazione – Competenza della Comunità»

Nella causa T‑390/08,

Bank Melli Iran, con sede in Teheran (Iran), rappresentata dall’avv. L. Defalque,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dal sig. M. Bishop, nonché dalle sig.re E. Finnegan e R. Liudvinaviciute-Cordeiro, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra V. Jackson, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra S. Lee, barrister,

da:

Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues, L. Butel e dalla sig.ra E. Belliard, in qualità di agenti,

e da:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. P. Aalto e dalla sig.ra E. Cujo, in qualità di agenti,

intervenienti,

avente ad oggetto l’annullamento del punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione del Consiglio 23 giugno 2008, 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 163, pag. 29), nella parte riguardante la Bank Melli Iran e le sue succursali,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente di sezione (relatore), K. Jürimäe e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 giugno 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Bank Melli Iran, ricorrente, è una banca commerciale iraniana detenuta dallo Stato iraniano.

 Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran

2        La presente causa rientra nell’ambito delle misure restrittive adottate per esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione e allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari (in prosieguo: la «proliferazione nucleare»).

3        Il regime in questione trae origine nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il 23 dicembre 2006 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1737 (2006), il cui allegato elenca una serie di persone e di entità implicate nella proliferazione nucleare, i cui capitali e le cui risorse economiche (in prosieguo: i «capitali») dovevano essere sottoposti a congelamento. L’elenco figurante nell’allegato della risoluzione 1737 (2006) è stato aggiornato con varie risoluzioni successive e, in particolare, con la risoluzione 1747 (2007) del Consiglio di sicurezza. La ricorrente però non è stata oggetto di misure di congelamento dei capitali disposte dal Consiglio di sicurezza.

4        Per quanto riguarda l’Unione europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con la posizione comune del Consiglio 27 febbraio 2007, 2007/140/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 61, pag. 49), il cui art. 5, n. 1, lett. a), prevede il congelamento di tutti i capitali appartenenti alle persone ed entità indicate nella risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di sicurezza, nonché di tutti i capitali e le risorse economiche posseduti, detenuti o controllati, direttamente o indirettamente, da tali persone o entità. L’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140 prevede, peraltro, che le stesse misure si applicano in particolare alle persone o entità che secondo il Consiglio dell’Unione europea partecipano, sono direttamente associate o danno il loro sostegno alla proliferazione nucleare. Secondo l’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, l’elenco delle persone o entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), del medesimo provvedimento è redatto e modificato dal Consiglio, che delibera all’unanimità.

5        Nei limiti delle competenze della Comunità europea, la risoluzione 1737 (2006) è stata attuata con il regolamento (CE) del Consiglio 19 aprile 2007, n. 423, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 103, pag. 1), adottato in base agli artt. 60 CE e 301 CE e il cui contenuto è sostanzialmente identico a quello della posizione comune 2007/140. Infatti, l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007 prevede il congelamento di tutti i capitali appartenenti alle persone e alle entità designate nella risoluzione 1737 (2006) del Consiglio di sicurezza, nonché di tutti i fondi e le risorse economiche che tali persone o entità possiedono, detengono o controllano. L’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento prevede le stesse misure in relazione segnatamente alle entità che, ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140, il Consiglio ha riconosciuto partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare. Le entità interessate da una misura di congelamento dei capitali ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 sono elencate nell’allegato V dello stesso.

6        In deroga all’art. 7 del regolamento n. 423/2007, gli artt. 9 e 10 del medesimo autorizzano le autorità competenti degli Stati membri, in sostanza, a sbloccare i capitali congelati per consentire in particolare alle entità menzionate nell’allegato V di adempiere gli obblighi derivanti da contratti conclusi anteriormente all’adozione della misura di congelamento dei capitali e di far fronte alle spese essenziali.

7        L’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 prevede, da un lato, che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, rediga, riesamini e modifichi l’elenco di cui all’allegato V in conformità delle decisioni adottate dal Consiglio in forza dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140 e, dall’altro, che tale elenco sia riesaminato periodicamente e almeno ogni dodici mesi.

8        Ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il Consiglio deve motivare dettagliatamente le decisioni adottate a norma dell’art. 15, n. 2, del medesimo regolamento e renderle note alle entità interessate.

9        Peraltro, ai sensi del punto 10 della risoluzione del Consiglio di sicurezza del 3 marzo 2008, 1803 (2008), quest’ultimo ha chiesto «a tutti gli Stati di vigilare sulle attività svolte dalle istituzioni finanziarie stabilite sul loro territorio con tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare la Banca Melli e la Banca Saderat, nonché con le loro succursali e agenzie all’estero, per evitare che tali attività concorrano [alla proliferazione nucleare]».

 Misure che riguardano la ricorrente

10      Il 23 giugno 2008 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2008/479/PESC, che modifica la posizione comune 2007/140 (GU L 163, pag. 43). In forza dell’allegato alla posizione comune 2008/479, la ricorrente è stata inclusa tra le entità interessate dal congelamento dei capitali ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140. Il congelamento dei capitali della ricorrente è stato mantenuto nella posizione comune del Consiglio 7 agosto 2008, 2008/652/PESC, che modifica la posizione comune 2007/140 (GU L 213, pag. 58).

11      Lo stesso giorno il Consiglio ha adottato la decisione 2008/475/CE, che attua l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 423/2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 163, pag. 29; in prosieguo: la «decisione impugnata»). Secondo il punto 4 della tabella B dell’allegato della decisione impugnata, la ricorrente è stata iscritta nell’elenco di cui all’allegato V del medesimo regolamento, con conseguente congelamento dei suoi capitali.

12      Il Consiglio ha addotto la seguente motivazione:

«Fornisce o cerca di fornire sostegno finanziario a società che procurano merci per i programmi nucleari e missilistici iraniani o sono coinvolte in tale attività (AIO, SHIG, SBIG, AEOI, Novin Energy Company, Mesbah Energy Company, Kalaye Electric Company e DIO). La Bank Melli funge da facilitatore per le attività sensibili dell’Iran. Ha mediato numerosi acquisti di materiali sensibili per i programmi nucleari e missilistici iraniani. Ha fornito una serie di servizi finanziari a nome di entità collegate alle industrie nucleari e missilistiche iraniane, ivi comprese l’apertura di lettere di credito e la tenuta dei conti. Molte delle società sopramenzionate sono indicate nelle risoluzioni 1737 e 1747 [del Consiglio di sicurezza]».

 Procedimento e conclusioni delle parti

13      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 settembre 2008, la ricorrente ha proposto il presente ricorso. Con atti separati depositati presso la cancelleria del Tribunale lo stesso giorno, la ricorrente ha proposto una domanda di procedimento accelerato, ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura del Tribunale, nonché una domanda di provvedimenti urgenti affinché fosse sospesa nei suoi confronti l’applicazione della punto 4 della tabella B dell’allegato della decisione impugnata.

14      Con decisione 14 ottobre 2008, il Tribunale (Seconda Sezione) ha accolto la domanda diretta a ottenere che la causa venisse decisa con procedimento accelerato ai sensi dell’art. 76 bis del regolamento di procedura e ha autorizzato gli Stati membri intervenienti a presentare memorie di intervento.

15      Con ordinanza del presidente del Tribunale 15 ottobre 2008, la domanda di procedimento d’urgenza presentata dalla ricorrente è stata respinta con riserva delle spese.

16      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 20 ottobre, il 13 e il 18 novembre 2008, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione delle Comunità europee hanno chiesto di intervenire nella causa a sostegno del Consiglio. Con ordinanze 12 novembre, 8 e 11 dicembre 2008, il presidente della Seconda Sezione del Tribunale ha ammesso i loro interventi.

17      Il controricorso è stato depositato il 5 novembre 2008. Le memorie di intervento del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e della Repubblica francese sono state depositate rispettivamente il 4 dicembre 2008 e il 5 gennaio 2009.

18      Il 4 febbraio 2009 la ricorrente ha chiesto al Tribunale l’autorizzazione a versare al fascicolo alcuni documenti supplementari relativi ai suoi rapporti con le entità designate nella decisione impugnata, motivo per cui non era stato possibile presentare tali documenti in una fase precedente della procedura. La domanda è stata accolta con decisione della Seconda Sezione del Tribunale 17 febbraio 2009.

19      Il 5 maggio 2009 la Seconda Sezione del Tribunale ha deciso di aprire la fase orale del procedimento, omettendo l’istruttoria preliminare. Essa ha altresì deciso di chiedere alla ricorrente di rispondere per iscritto a due quesiti. La ricorrente ha risposto nei termini fissati dal Tribunale.

20      Gli argomenti delle parti, nonché le loro risposte ai quesiti orali posti dal Tribunale, sono stati sentiti all’udienza del 3 giugno 2009.

21      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–      in via principale, annullare il puinto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione impugnata nella parte che la riguarda e che riguarda le sue filiali e succursali;

–       in subordine, dichiarare l’inapplicabilità alla presente controversia dell’art. 7, n. 2, e dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007;

–      in ogni caso, condannare il Consiglio alle spese.

22      Durante l’udienza, la ricorrente, da un lato, ha rinunciato al secondo capo della sua domanda, precisando che l’eccezione di illegittimità sollevata contro l’art. 7, n. 2, e l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 doveva essere considerata come una censura con cui essa chiedeva l’annullamento della decisione impugnata per carenza di fondamento normativo. Dall’altro lato, essa ha rinunciato al primo capo della sua domanda laddove era diretto all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui essa riguarda le sue filiali.

23      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

24      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Commissione concludono che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

25      La Repubblica francese chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso e condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

26      La ricorrente presenta osservazioni preliminari che riguardano la competenza del Tribunale a controllare la legittimità della decisione impugnata. Le sue censure relative al merito si possono raggruppare in cinque motivi: il primo è attinente ad una violazione delle forme sostanziali, del Trattato CE, delle norme di diritto relative alla sua applicazione e dell’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, nonché ad una carenza di fondamento normativo della decisione impugnata; il secondo è relativo ad una violazione del principio della parità di trattamento; il terzo riguarda una violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà; il quarto è relativo ad una violazione dei diritti della difesa, del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/20076; il quinto attiene ad un difetto di competenza della Comunità.

27      Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza dei motivi dedotti dalla ricorrente.

28      Secondo il Tribunale, prima di occuparsi dei motivi sollevati dalla ricorrente, occorre esaminare la rilevanza dei documenti da essa presentati il 4 febbraio 2009.

 Sulla rilevanza dei documenti presentati dalla ricorrente il 4 febbraio 2009

29      I documenti presentati il 4 febbraio 2009 consistono in tre dichiarazioni del direttore generale della ricorrente e dei rappresentanti delle sue succursali a Parigi (Francia) e Amburgo (Germania), che ricapitolavano i rapporti commerciali fra la ricorrente e le entità designate nella decisione impugnata. In risposta ad un quesito posto nel corso dell’udienza, la ricorrente ha spiegato che tali documenti erano stati presentati anzitutto per dimostrare che il provvedimento di congelamento dei capitali che la riguardava era privo di giustificazione, dal momento che essa aveva rapporti limitati con le entità designate nella decisione impugnata. Inoltre, secondo la ricorrente, le dichiarazioni di cui trattasi vanno a sostegno anche del terzo motivo poiché da esse emerge, da un lato, che il congelamento dei capitali non era necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dal Consiglio e, dall’altro lato, che lo stesso obiettivo poteva essere raggiunto con misure meno restrittive. Infine, i documenti di cui trattasi sarebbero rilevanti altresì nell’ambito del quarto motivo, poiché illustrerebbero le difficoltà incontrate dalla ricorrente per essere stata costretta a fornire una «prova negativa», non avendo avuto accesso agli elementi probatori su cui si basa il Consiglio, anche a supporre che esistano.

30      Va osservato che il ricorso non contiene motivi che mettano in discussione la constatazione del Consiglio secondo cui la ricorrente avrebbe fornito un sostegno finanziario alla proliferazione nucleare, benché tale constatazione costituisca il fondamento della decisione impugnata nella parte che riguarda la ricorrente e, di conseguenza, tale motivo poteva essere fatto valere sin dalla formazione del ricorso, eventualmente precisando che sarebbero state presentate prove supplementari non appena fossero state disponibili. Anche volendo supporre, in tale contesto, che il suddetto motivo sia stato sollevato per la prima volta in sede di udienza, esso va dichiarato irricevibile in forza dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura, non avendo la ricorrente dichiarato che esso si basava su elementi di diritto o di fatto emersi durante il procedimento. Pertanto, i documenti presentati il 4 febbraio 2009 non possono essere presi in considerazione per valutare se le relazioni della ricorrente con le entità designate nella decisione impugnata giustificassero il congelamento dei suoi capitali.

31      La stessa conclusione è applicabile per quel che riguarda la rilevanza dei documenti di cui trattasi per l’esame del terzo motivo. Difatti, nell’atto introduttivo la ricorrente si è limitata a sostenere che la decisione impugnata era sproporzionata in quanto andava oltre gli obblighi e le raccomandazioni formulate dal Consiglio di sicurezza nella risoluzione 1803 (2008). Per contro, essa non ha sollevato alcuna censura che metta in discussione la portata dei suoi rapporti commerciali con le entità designate così come viene definita nella decisione impugnata. Dal momento che la ricorrente, inoltre, non ha sostenuto in udienza che tali censure si basavano su elementi di diritto o di fatto emersi nel corso del procedimento, in base all’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura esse costituiscono un motivo nuovo che sarebbe comunque irricevibile. Pertanto, non vi è ragione di prendere in considerazione i documenti presentati il 4 febbraio 2009 neppure in sede di esame del terzo motivo.

32      Per quel che riguarda il quarto motivo, la ricorrente ha effettivamente sostenuto nell’atto introduttivo che, per ricorrere dinanzi al Tribunale, essa era tenuta a fornire una «prova negativa» del fatto che essa non forniva alcun sostegno alla proliferazione nucleare, cosa che sarebbe particolarmente difficile, se non impossibile, dimostrare. Di conseguenza, i documenti presentati il 4 febbraio 2009 possono essere presi in considerazione in tale ambito.

 Sull’intensità del sindacato giurisdizionale

 Argomenti delle parti

33      Secondo la ricorrente, la legittimità di qualsiasi normativa adottata dalle istituzioni comunitarie, compresa quella diretta ad attuare una risoluzione del Consiglio di sicurezza, è soggetta al controllo totale del giudice comunitario nell’ambito del sistema completo dei mezzi di ricorso istituito dal Trattato CE.

34      Il Consiglio non contesta la competenza del Tribunale a controllare la legittimità della decisione impugnata, ma ricorda di disporre di un ampio potere discrezionale in ordine agli elementi da prendere in considerazione ai fini dell’adozione di misure restrittive economiche o finanziarie.

 Giudizio del Tribunale

35      Per quanto riguarda l’intensità del sindacato giurisdizionale, nell’ambito del regolamento n. 423/2007 occorre distinguere due tipi di elementi. Infatti, da un lato, gli articoli di tale regolamento prevedono le norme generali che definiscono le modalità di attuazione delle misure restrittive ivi previste. Dall’altro, l’allegato V del regolamento n. 423/2007, che elenca le entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali adottate ai sensi dell’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento, contiene una serie di provvedimenti di applicazione delle suddette norme generali a specifiche entità.

36      Per quanto riguarda le norme generali che definiscono le modalità di attuazione delle misure restrittive, il Consiglio dispone di un ampio potere discrezionale in merito agli elementi da prendere in considerazione per adottare misure aventi ad oggetto sanzioni economiche e finanziarie sulla base degli artt. 60 CE e 301 CE, conformemente ad una posizione comune adottata in base alla politica estera e di sicurezza comune (PESC). Poiché il giudice comunitario non può, in particolare, sostituire la sua valutazione delle prove, dei fatti e delle circostanze che giustificano l’adozione di tali misure a quella svolta dal Consiglio, il controllo esercitato dal Tribunale dev’essere limitato alla verifica del rispetto delle regole del procedimento e della motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti, nonché dell’assenza di un manifesto errore di valutazione dei fatti e di sviamento di potere. Tale controllo ristretto si applica, in particolare, alla valutazione delle considerazioni di opportunità sulle quali sono fondate decisioni siffatte [v., per analogia, sentenza del Tribunale 12 dicembre 2006, causa T‑228/02, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, Racc. pag. II‑4665 (in prosieguo: la «sentenza OMPI»), punto 159].

37      Quanto al controllo di legittimità della decisione con cui un’entità viene iscritta nell’elenco dell’allegato V del regolamento n. 423/2007 ai sensi dell’art. 7, n. 2, di quest’ultimo, spetta al Tribunale verificare, tenuto conto dei motivi di annullamento dedotti dall’entità interessata o rilevati d’ufficio, in particolare, che il caso di specie corrisponda a una delle quattro ipotesi previste all’art. 7, n. 2, lett. a)‑d), del regolamento n. 423/2007. Ciò comporta che il controllo giurisdizionale sulla legittimità della decisione di cui trattasi si estende alla valutazione dei fatti e delle circostanze addotti per giustificarla, nonché alla verifica degli elementi di prova e di informazione su cui è fondata tale valutazione. Il Tribunale deve anche accertarsi del rispetto dei diritti della difesa e del requisito della motivazione al riguardo, nonché, eventualmente, della fondatezza delle ragioni imperative eccezionalmente fatte valere dal Consiglio per sottrarvisi (v., per analogia, sentenza OMPI, cit. supra alla nota 36, punto 154).

38      Nella presente causa, la censura relativa ad una carenza di fondamento normativo della decisione impugnata equivale a contestare la legittimità di talune norme generali del regolamento n. 423/2007. Pertanto, nell’esaminarla occorre applicare il controllo ristretto descritto al punto 36 supra. Per il resto, poiché i motivi mettono in discussione la legittimità della decisione con cui la ricorrente è stata iscritta nell’elenco dell’allegato V del regolamento n. 423/2007, ad essi si applicano le considerazioni esposte al punto 37 supra.

 Sul primo motivo, attinente ad una violazione delle forme sostanziali, del Trattato CE, delle norme di diritto relative alla sua applicazione e dell’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, ad uno sviamento di potere nonché ad una carenza di fondamento normativo della decisione impugnata

 Argomenti delle parti

39      La ricorrente sostiene che il regolamento n. 423/2007, sui cui la decisione impugnata si basa, ha tre fondamenti giuridici, ossia gli artt. 60 CE e 301 CE, nonché la posizione comune 2007/140. Essa prosegue mettendo in rilievo che, ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007, l’elenco delle entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali in forza dell’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento è stabilito dal Consiglio a maggioranza qualificata. Per contro, l’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140 imporrebbe che l’elenco delle persone o delle entità interessate dalle misure di congelamento dei capitali in forza dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140, che in effetti è identico a quello previsto dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, sia stabilito dal Consiglio all’unanimità.

40      In tale contesto, la ricorrente sostiene che, nel caso di un atto dotato di più fondamenti normativi che prevedono condizioni di voto diverse, va seguita la procedura più rigida. Pertanto, secondo la ricorrente, non avendo rispettato la regola dell’unanimità prevista dall’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140 nell’adottare la decisione impugnata, il Consiglio è incorso in una violazione delle forme sostanziali, del Trattato CE e delle norme di diritto relative alla sua applicazione. La ricorrente sostiene inoltre che il Consiglio è altresì incorso in uno sviamento di potere, poiché avrebbe violato la procedura specificamente prevista dal Trattato UE nell’ambito della PESC per l’adozione di una decisione avente effetto diretto, strumento giuridico che non esisterebbe in questo ambito.

41      La ricorrente aggiunge che, poiché l’art. 15, n. 2, del regolamento n. 423/2007 prevede il voto a maggioranza qualificata nell’attuare la PESC, senza dunque rispettare le condizioni procedurali stabilite dalla posizione comune 2007/140, esso non può costituire un fondamento normativo valido della decisione impugnata. Parimenti, l’art. 15, n. 2, e l’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento non possono costituire un fondamento normativo valido della decisione impugnata in quanto hanno consentito l’adozione della misura di congelamenti dei capitali nei confronti della ricorrente, mentre quest’ultima non era stata designata nella risoluzione 1737 (2006), citata al sesto ‘considerando’ del regolamento n. 423/2007, ma era stata unicamente menzionata nella risoluzione 1803 (2008).

42      Da ultimo, la ricorrente sostiene che la sentenza della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑6351; in prosieguo: la «sentenza Kadi»), non è pertinente nell’ambito del presente motivo, dal momento che la decisione discussa nella causa in cui tale sentenza è stata pronunciata si basava sul triplice fondamento normativo costituito dagli artt. 60 CE, 301 CE e 308 CE e, di conseguenza, era stata adottata all’unanimità.

43      Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza degli argomenti dedotti dalla ricorrente e sostiene che è stata applicata la regola di voto appropriata, come stabilita dagli artt. 60 CE e 301 CE, che costituiscono il fondamento normativo della decisione impugnata.

 Giudizio del Tribunale

44      In via preliminare va ricordato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza Kadi, citata supra al punto 42, è del tutto pertinente nel caso di specie, dato che la Corte in essa si è pronunciata, in particolare, riguardo all’ambito di applicazione degli artt. 60 CE e 301 CE. Secondo la Corte, tali disposizioni hanno infatti ad oggetto l’adozione di misure nei confronti di paesi terzi, laddove quest’ultima nozione può includere i dirigenti di un tale paese e le persone ed entità associate a tali dirigenti o da essi direttamente o indirettamente controllate (sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punto 166).

45      Gli artt. 60 CE e 301 CE hanno la peculiarità di costituire un collegamento tra le azioni della Comunità che comportano misure economiche e gli obiettivi del Trattato UE in materia di relazioni esterne, tra cui la PESC (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punto 197). Infatti, gli artt. 60 CE e 301 CE sono disposizioni che espressamente prevedono che un’azione della Comunità possa risultare necessaria al fine di realizzare uno degli obiettivi specificamente assegnati all’Unione dall’art. 2 UE, ossia l’attuazione di una politica estera e di sicurezza comune.

46      Tale circostanza, tuttavia, non pregiudica la coesistenza dell’Unione e della Comunità come ordinamenti giuridici integrati ma distinti, nonché l’architettura costituzionale dei pilastri, volute dagli autori dei trattati attualmente in vigore (v., in tal senso, sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punto 202). Di conseguenza, benché l’azione della Comunità nell’ambito degli artt. 60 CE e 301 CE metta in atto uno degli obiettivi dell’Unione, essa è nondimeno adottata sulla base del pilastro comunitario. Pertanto, la legittimità degli atti adottati in tale settore, come il regolamento n. 423/2007 e degli atti che vi danno attuazione, dev’essere valutata con riferimento alle condizioni stabilite dalle regole di questo stesso pilastro, anche per quel che riguarda la regola di voto appropriata.

47      Da quanto precede deriva che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la posizione comune 2007/140, che fa parte del secondo pilastro dell’Unione, non costituisce un fondamento normativo del regolamento n. 423/2007 e degli atti che vi danno attuazione, il che implica che la regola di voto applicabile all’adozione della suddetta posizione comune e alla sua modifica è priva di rilievo. Infatti, l’esistenza di una posizione comune o di un’azione comune adottata in precedenza nell’ambito della PESC è solo una condizione posta dall’art. 301 CE, il quale definisce anche la regola di voto applicabile all’adozione degli atti presi in attuazione dello stesso.

48      Orbene, nel caso di specie, non si contesta che il regolamento n. 423/2007 e la decisione impugnata siano stati adottati a maggioranza qualificata, conformemente alla regola posta dall’art. 301 CE. Né si contesta che l’adozione del medesimo regolamento sia stata preceduta dall’adozione all’unanimità della posizione comune 2007/140 e che l’adozione della decisione impugnata sia stata preceduta dall’adozione all’unanimità della posizione comune 2008/479, con cui la ricorrente è stata iscritta nell’elenco delle entità interessate dalla misura di congelamento dei capitali in forza dell’art. 5, n. 1, lett. b), della posizione comune 2007/140. Si deve pertanto concludere che le condizioni poste dall’art. 301 CE sono state rispettate.

49      Di conseguenza, la censura della ricorrente relativa al mancato rispetto della regola di voto applicabile dev’essere respinta.

50      Per quanto riguarda le altre censure della ricorrente, va ricordato che un atto è viziato da sviamento di potere solo se, in base ad indizi oggettivi, pertinenti e concordanti, risulta adottato allo scopo esclusivo, o quanto meno determinante, di raggiungere fini diversi da quelli dichiarati o di eludere una procedura appositamente prevista dal Trattato CE per far fronte alle circostanze del caso di specie (v. sentenza della Corte 14 dicembre 2004, causa C‑210/03, Swedish Match, Racc. pag. I‑11893, punto 75, e sentenza del Tribunale 13 gennaio 2004, causa T‑158/99, Thermenhotel Stoiser Franz e a./Commissione, Racc. pag. II‑1, punto 164 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie la ricorrente non ha fornito elementi dai quali risulti che, adottando la decisione impugnata, il Consiglio perseguisse uno scopo diverso da quello di impedire la proliferazione nucleare congelando i capitali delle entità che riteneva avessero partecipato, fossero direttamente associate o avessero dato sostegno alle attività interessate, conformemente alla procedura prevista a tal fine dal Trattato CE e dal regolamento n. 423/2007.

51      Infine, laddove la ricorrente sostiene che l’art. 15, n. 2, e l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 non possono costituire un fondamento normativo valido della decisione impugnata in quanto permettono al Consiglio di adottare misure di congelamento dei capitali che vanno oltre le misure decise dal Consiglio di sicurezza, va rilevato che nulla negli artt. 60 CE e 301 CE permette di considerare che la competenza conferita alla Comunità da tali disposizioni sia limitata all’attuazione delle misure decise dal Consiglio di sicurezza. Pertanto, il Consiglio è competente ad adottare non solo l’art. 7, n. 1, del regolamento n. 423/2007, che attua la risoluzione 1737 (2006) ordinando il congelamento dei capitali delle entità in essa designate, ma anche l’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento, che permette l’adozione delle misure di congelamento dei capitali di altre entità che, secondo il Consiglio, partecipano, sono direttamente associate o danno sostegno alla proliferazione nucleare.

52      Di conseguenza, è certamente vero che il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 423/2007 impone al Consiglio di esercitare il potere ad esso conferito dall’art. 7, n. 2, del medesimo regolamento «tenuto conto degli obiettivi [della risoluzione] 1737(2006)». Tuttavia, l’obbligo di perseguire gli obiettivi della risoluzione 1737(2006) non implica affatto che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 possa essere applicato soltanto nei confronti delle entità interessate da misure restrittive adottate dal Consiglio di sicurezza in forza della stessa risoluzione. La mancanza di misure adottate dal Consiglio di sicurezza o una presa di posizione specifica da parte di quest’ultimo possono, tutt’al più, essere prese in considerazione, assieme ad altri elementi rilevanti, nel quadro della valutazione volta a stabilire se le condizioni poste dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 siano o meno soddisfatte.

53      Alla luce di quanto precede, occorre respingere il primo motivo.

 Sul secondo motivo, attinente ad una violazione del principio di parità di trattamento

 Argomenti delle parti

54      La ricorrente lamenta di essere stata oggetto di una «discriminazione arbitraria e ingiustificata» in quanto, mentre la risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza invita gli Stati membri a vigilare su tutte le banche domiciliate in Iran, in particolare sulla ricorrente stessa e sulla Banca Saderat, essa è stata la sola banca i cui capitali sono stati congelati. Orbene, questa disparità di trattamento tra banche che versano in condizioni del tutto identiche le avrebbe causato un considerevole danno materiale e morale.

55      Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente ricordando che l’adozione della misura di congelamento dei capitali di cui trattasi nel caso di specie deriva dal fatto che, in esito ad una valutazione indipendente operata nell’ambito del potere conferitogli dall’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007, esso ha ritenuto che la ricorrente fornisse un sostegno alla proliferazione nucleare.

 Giudizio del Tribunale

56      Secondo la giurisprudenza, il principio della parità di trattamento, che costituisce un principio giuridico fondamentale, vieta che situazioni analoghe siano trattate in maniera differente o che situazioni diverse siano trattate in maniera uguale, a meno che tale disparità di trattamento non sia oggettivamente giustificata (sentenza del Tribunale 2 ottobre 2001, cause riunite T‑222/99, T‑327/99 e T‑329/99, Martinez e a./Parlamento, Racc. pag. II‑2823, punto 150).

57      Come dichiarato dal Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, il criterio determinante per l’attuazione dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007, e quindi il criterio di paragone applicabile per stabilire l’eventuale esistenza di una violazione del principio di parità di trattamento, è quello di accertare se l’entità in questione partecipi, sia direttamente associata o fornisca un sostegno alla proliferazione nucleare.

58      Nel caso di specie, la decisione impugnata ha riconosciuto la ricorrente come un’entità che ha fornito un sostegno alla proliferazione nucleare e, come concluso supra al punto 30, essa non ha dedotto alcun motivo ricevibile che metta in discussione la fondatezza di tale accertamento.

59      Di conseguenza, anche volendo supporre che il Consiglio abbia effettivamente omesso di adottare misure di congelamento dei capitali nei confronti di alcune banche iraniane che avevano partecipato, erano direttamente associate o fornivano un sostegno alla proliferazione nucleare, tale circostanza non può essere validamente invocata dalla ricorrente, dal momento che il principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il principio di legalità secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri (sentenze del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑327/94, SCA Holding/Commissione, Racc. pag. II‑1373, punto 160; causa T‑347/94, Mayr-Melnhof/Commissione, Racc. pag. II‑1751, punto 334, e 20 marzo 2002, causa T‑23/99, LR AF 1998/Commissione, Racc. pag. II‑1705, punto 367).

60      Ne consegue che il secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà

 Argomenti delle parti

61      La ricorrente ritiene la decisione impugnata sproporzionata perché impone il congelamento dei capitali mentre la risoluzione 1803 (2008) del Consiglio di sicurezza, cui la decisione impugnata dà attuazione, si limita ad imporre agli Stati di dar prova di vigilanza sulle sue attività. In effetti, tale risoluzione non richiederebbe né raccomanderebbe il congelamento dei capitali della ricorrente, né richiederebbe per quest’ultima un trattamento diverso rispetto ad altre banche domiciliate in Iran. Pertanto, la ricorrente considera la decisione impugnata «abusiva», poiché le causa un danno materiale e morale considerevole, limitando in particolare, in modo ingiustificato e sproporzionato, il suo diritto di proprietà.

62      Nel corso dell’udienza la ricorrente ha sostenuto che il congelamento dei suoi capitali non era necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito dal Consiglio e che lo stesso obiettivo poteva essere raggiunto tramite misure meno restrittive, come controlli ex post sulle transazioni effettuate o la loro verifica da parte di un terzo indipendente.

63      Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente e sostiene che il congelamento dei suoi capitali è appropriato e necessario per impedire la proliferazione nucleare, considerato il sostegno che la ricorrente ha fornito alle imprese che vi partecipavano. Parimenti, siffatta misura di congelamento dei capitali sarebbe giustificata e proporzionata considerata l’importanza del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, dal momento che nessun’altra misura può garantire il raggiungimento dell’obiettivo.

 Giudizio del Tribunale

64      In via preliminare, dai punti 51 e 52 della presente sentenza emerge che l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 conferisce al Consiglio un potere autonomo, la cui attuazione è indipendente dall’adozione, da parte del Consiglio di sicurezza, di misure restrittive nei confronti delle entità interessate. Infatti, l’oggetto dell’art. 7, n. 2, del suddetto regolamento e della decisione impugnata, adottata in forza dello stesso, non è quello di dare attuazione a risoluzioni del Consiglio di sicurezza, adottate in materia di proliferazione nucleare, ma soltanto di assicurare che gli obiettivi perseguiti da una delle risoluzioni di cui trattasi, ossia la risoluzione 1737 (2006), siano raggiunti adottando misure restrittive autonome.

65      Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, né l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 né la decisione impugnata danno attuazione alla risoluzione 1803 (2008), il che implica che il contenuto e gli obiettivi di quest’ultima risoluzione non costituiscono un criterio alla luce del quale va valutata la compatibilità della decisione impugnata con il principio di proporzionalità.

66      Secondo la giurisprudenza, in forza del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, la legittimità del divieto di un’attività economica è subordinata alla condizione che il provvedimento sia idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 13 novembre 1990, causa C‑331/88, Fedesa e a., Racc. pag. I‑4023, punto 13). Gli altri argomenti della ricorrente devono quindi essere esaminati alla luce di tali criteri.

67      Al riguardo, in primo luogo si deve rilevare che il regolamento n. 423/2007 mira ad impedire la proliferazione nucleare e il suo finanziamento, nonché ad esercitare pressioni sulla Repubblica islamica dell’Iran affinché ponga fine alle attività in questione. Un siffatto obiettivo, che corrisponde a quelli perseguiti dalla risoluzione 1737 (2006) e che è riconducibile all’ambito più generale degli sforzi finalizzati al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, è legittimo.

68      In secondo luogo, il congelamento dei capitali delle entità che sono state riconosciute partecipare, essere direttamente associate o dare il loro sostegno alla proliferazione nucleare costituisce una misura adeguata e necessaria alla realizzazione del suddetto obiettivo. Infatti, si tratta di una misura idonea a garantire che i capitali delle entità interessate non saranno più impiegati per promuovere la proliferazione nucleare. Inoltre, come si è concluso supra ai punti 30 e 31, gli argomenti della ricorrente secondo i quali, da un lato, essa non forniva alcun sostegno alla proliferazione nucleare e, dall’altro lato, la misura di congelamento dei capitali non era comunque necessaria nel suo caso specifico sono stati presentati tardivamente e sono pertanto irricevibili.

69      In terzo luogo, sempre dal punto 31 supra emerge che la ricorrente non ha dedotto argomenti ricevibili riguardo all’esistenza di misure meno restrittive che permettano di impedire che i suoi capitali siano utilizzati per promuovere la proliferazione nucleare.

70      In quarto luogo, per quanto riguarda gli inconvenienti causati alla ricorrente e la restrizione dei suoi diritti fondamentali, tra i quali il diritto di proprietà e il diritto di esercitare un’attività economica, va osservato che, secondo una giurisprudenza consolidata, tali diritti sono parte integrante dei principi generali di diritto di cui il giudice comunitario garantisce il rispetto. Infatti, il rispetto dei diritti fondamentali rappresenta una condizione di legittimità degli atti comunitari (v. sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punto 284 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia, dalla giurisprudenza emerge altresì che i diritti fondamentali non sono prerogative assolute e il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dalla Comunità. Infatti, qualsiasi misura restrittiva economica o finanziaria comporta, per definizione, conseguenze negative sui diritti di proprietà e sul libero esercizio delle attività professionali, causando quindi danni, in particolare per le entità che esercitano le attività che le misure restrittive di cui trattasi mirano ad impedire. L’importanza degli obiettivi perseguiti dalla normativa controversa è tale da giustificare eventuali conseguenze negative, anche di un certo peso, per taluni operatori (v., in tal senso, sentenze della Corte 30 luglio 1996, causa C‑84/95, Bosphorus, Racc. pag. I‑3953, punti 21‑23, e Kadi, citata supra al punto 42, punti 355 e 361).

71      Nel caso di specie, la libertà di esercitare un’attività economica e il diritto di proprietà della ricorrente risultano notevolmente limitati a causa dell’adozione della decisione impugnata, dal momento che essa non può, in particolare, disporre dei propri capitali situati sul territorio della Comunità o in possesso di cittadini comunitari, se non in virtù di specifiche autorizzazioni, e le sue succursali, domiciliate sul detto territorio, non possono concludere nuove operazioni con i propri clienti. Tuttavia, data l’importanza fondamentale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, gli inconvenienti provocati non sono sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti, tanto più che, da un lato, tali restrizioni riguardano solo una parte degli attivi della ricorrente e, dall’altro lato, gli artt. 9 e 10 del regolamento n. 423/2007 prevedono talune deroghe per consentire alle entità interessate da misure di congelamento dei capitali di far fronte alle spese essenziali.

72      Alla luce di quanto precede, il terzo motivo va respinto.

 Sul quarto motivo, attinente ad una violazione dei diritti della difesa, del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007

 Argomenti delle parti

73      La ricorrente sostiene che, in violazione delle regole derivanti dalla giurisprudenza della Corte, il Consiglio non l’ha mai informata riguardo agli elementi ritenuti a suo carico che avrebbero giustificato il congelamento dei suoi capitali, poiché non le ha notificato la decisione impugnata. Il Consiglio inoltre non avrebbe precisato quale tipo di sostegno finanziario fosse stato fornito dalla ricorrente o quale fosse il suo ruolo, quali prodotti fossero interessati dalle operazioni di cui trattasi e quali entità, a parte le otto designate, vi fossero implicate. Pertanto, il Consiglio non avrebbe permesso alla ricorrente di conoscere le ragioni per cui i suoi capitali sono stati congelati, mentre il Consiglio di sicurezza non aveva imposto agli Stati altro che una «semplice vigilanza».

74      La ricorrente aggiunge di non aver avuto accesso alle prove contenute nel fascicolo del Consiglio e di non aver potuto usufruire di un’audizione. Essa precisa di non aver preso contatti con il Consiglio al fine di poter esercitare i suoi diritti. In tale contesto, in primo luogo essa sostiene che le misure regolamentari applicabili non prevedono che venga accordato l’accesso al fascicolo e che sia organizzata un’audizione, circostanza questa che, a suo dire, è contraria di per sé al principio del rispetto dei diritti della difesa e costituisce, conseguentemente, una violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. In secondo luogo, la ricorrente rileva che gli sforzi intrapresi in tal senso dalla sua filiale situata nel Regno Unito, la Melli Bank plc, presso il Consiglio e taluni Stati membri prima dell’adozione della decisione impugnata, sono stati infruttuosi, cosa che l’ha indotta a privilegiare la via giurisdizionale. In terzo luogo, essa sostiene che, malgrado l’onere della prova incombente sul Consiglio, quest’ultimo non ha presentato al Tribunale alcun elemento di prova a sostegno della motivazione accolta nella decisione impugnata, costringendola a fornire una «prova negativa» che sarebbe difficile se non impossibile produrre. In quarto luogo, la ricorrente sostiene che non poteva far valere il suo punto di vista dinanzi al Consiglio prima di verificare una per una le relazioni con le entità designate nella decisione impugnata. Orbene, non sarebbe stato possibile completare tali verifiche entro i termini del ricorso.

75      Non essendosi vista comunicare gli elementi ritenuti a suo carico e non avendo potuto ottenere l’accesso agli elementi di prova contenuti nel fascicolo del Consiglio né beneficiare di un’audizione, la ricorrente ritiene di non essere stata in grado di far conoscere utilmente il suo punto di vista, cosa che, a suo avviso, implica una violazione dei suoi diritti della difesa e, in particolare, del diritto al contraddittorio. Per lo stesso motivo essa afferma di non potere, allo stato attuale, esercitare il suo diritto di ricorso dinanzi al Tribunale in condizioni soddisfacenti e, quindi, lamenta anche una violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. Essa sottolinea ancora, in questo contesto, che il Consiglio non può giustificare le suddette violazioni in base alla necessità di ottenere un effetto sorpresa, dato che il Primo ministro del Regno Unito aveva annunciato sin dal 16 giugno 2008 il congelamento dei suoi capitali.

76      Da ultimo, la ricorrente sostiene che il fatto che il Consiglio non abbia fornito ragioni individuali e specifiche a giustificazione del congelamento dei suoi capitali, rispetto al semplice obbligo di vigilanza imposto dal Consiglio di sicurezza e rispetto al trattamento delle altre banche domiciliate in Iran, e che non gliele abbia rese note, equivale altresì ad una violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007.

77      Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza degli argomenti della ricorrente. Al riguardo esso sostiene, da un lato, di aver adempiuto all’obbligo di motivazione previsto dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007 con la pubblicazione della decisione impugnata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, che è disponibile tra l’altro su Internet il giorno stesso della sua comparsa. In effetti, secondo il Consiglio, il regolamento non esige una notifica individuale, dal momento che in taluni casi non si conosce alcun indirizzo che permetta una notifica individuale e che, comunque, si presuppone che nessuno ignori la legge. Inoltre, i motivi accolti nell’ambito della lotta contro la proliferazione nucleare sarebbero meno pregiudizievoli rispetto a quelli discussi al momento dell’adozione di misure analoghe, nell’ambito della lotta contro il terrorismo, che sono oggetto di una notifica individuale.

78      Dall’altro lato, secondo il Consiglio, la pubblicazione della motivazione della decisione impugnata nella Gazzetta ufficiale ha consentito alla ricorrente di avere notizia dei motivi accolti a suo carico, e di conseguenza i suoi diritti della difesa e il suo diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva sono stati rispettati. In tale contesto, il Consiglio insiste sul fatto che la ricorrente non ha chiesto un riesame della misura di congelamento dei suoi capitali, mentre tale possibilità è stata prevista dalla comunicazione all’attenzione delle persone, entità e organismi che sono stati inclusi dal Consiglio nell’elenco delle persone, entità e organismi cui si applica l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 (allegato V) (GU 2008, C 159, pag. 1).

 Giudizio del Tribunale

79      In primo luogo, occorre esaminare la censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007. Infatti, a causa dell’interdipendenza tra i diversi diritti processuali di cui si discute nel caso di specie, l’esistenza di una motivazione sufficiente portata a conoscenza della ricorrente in tempo utile è rilevante riguardo a tutte le censure sollevate nell’ambito del presente motivo.

80      L’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto dall’art. 253 CE e, più in particolare, nel caso di specie, dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice comunitario e, dall’altro lato, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo sindacato di legittimità su tale atto. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, al quale si può derogare solo a seguito di ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice comunitario. Inoltre, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante nel caso di una decisione iniziale di congelamento dei capitali di un’entità, in quanto costituisce l’unica garanzia che consenta all’interessato di avvalersi utilmente dei ricorsi a sua disposizione per contestare la legittimità della detta decisione, dal momento che egli non dispone di un diritto di audizione prima dell’adozione di siffatta decisione (v., in tal senso e per analogia, sentenza OMPI, citata supra al punto 36, punti 138-140 e giurisprudenza ivi citata).

81      Pertanto, salvo che ragioni imperative riguardanti la sicurezza della Comunità e dei suoi Stati membri o la condotta delle loro relazioni internazionali non ostino alla comunicazione di taluni elementi (v., per analogia, sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punto 342), il Consiglio è tenuto, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, a portare a conoscenza dell’entità interessata le ragioni specifiche e concrete per le quali è stata adottata una decisione di congelamento dei capitali, quale la decisione impugnata. Esso deve quindi menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica della decisione e le considerazioni che l’hanno indotto ad adottarla. In tutta la misura del possibile, detta motivazione dev’essere comunicata contemporaneamente all’adozione della misura di cui trattasi o, appena possibile, successivamente alla stessa (v., in tal senso e per analogia, sentenza OMPI, citata supra al punto 36, punti 143 e 148 nonché giurisprudenza ivi citata).

82      Tuttavia, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenza OMPI, citata supra al punto 42, punto 141 e giurisprudenza ivi citata).

83      Come rilevato supra al punto 57, l’attuazione dell’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007 postula che l’entità interessata partecipi, sia direttamente associata o fornisca un sostegno alla proliferazione nucleare. Di conseguenza, oltre all’indicazione del fondamento normativo della misura adottata, l’obbligo di motivazione cui il Consiglio è tenuto verte proprio su tale circostanza. Al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, invece, il Consiglio non era tenuto a motivare né la sua scelta di spingersi oltre le misure decise con la risoluzione 1803 (2008), alla quale la decisione impugnata non dava attuazione, come accertato al punto 65 supra, né la scelta di trattare la ricorrente in modo diverso rispetto ad altre banche iraniane.

84      Nel caso di specie, sia nel titolo della decisione impugnata sia al secondo ‘considerando’ della stessa, il Consiglio ha indicato che le misure adottate erano fondate sull’art. 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007. Inoltre, al punto 4 della tabella B dell’allegato alla decisione impugnata esso ha precisato le ragioni individuali e specifiche che lo hanno portato a ritenere che la ricorrente fornisse un sostegno alla proliferazione nucleare. Difatti, il Consiglio ha menzionato, in primo luogo, il tipo di sostegno fornito dalla ricorrente, ossia la prestazione di servizi finanziari tra cui l’apertura di lettere di credito e la gestione di conti, in secondo luogo, le attività legate alla proliferazione nucleare interessate da tali servizi, ossia l’acquisto di materie sensibili, e, in terzo luogo, i beneficiari del sostegno fornito dalla ricorrente, vale a dire le otto entità nominativamente designate.

85      Di conseguenza, tenuto conto della giurisprudenza citata supra ai punti 80-82, nonché del dettato dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, il Tribunale ritiene che la motivazione della decisione impugnata per quanto riguarda la ricorrente sia sufficiente.

86      Per contro, non si può accogliere l’affermazione del Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, secondo cui l’obbligo di portare i motivi a conoscenza della ricorrente era stato soddisfatto con la pubblicazione della decisione impugnata nella Gazzetta ufficiale. Infatti, una decisione come quella impugnata, che adotta una versione modificata dell’allegato V del regolamento n. 423/2007, dispiega effetti erga omnes, poiché si rivolge ad un insieme di destinatari determinato in modo generale e astratto, che sono tenuti a congelare i capitali delle entità incluse nell’elenco del suddetto allegato. Tuttavia, tale decisione non ha una natura esclusivamente generale, dal momento che il congelamento dei capitali riguarda entità nominativamente designate, che sono interessate direttamente e individualmente dalle misure restrittive individuali decise nei loro confronti (v., in tal senso e per analogia, sentenze Kadi, citata supra al punto 42, punti 241-244, e OMPI, citata supra al punto 36, punto 98). Per di più, il congelamento dei capitali ha notevoli conseguenze per le entità interessate, essendo idoneo a limitare l’esercizio dei loro diritti fondamentali. Di conseguenza, considerata la necessità, ricordata al punto 70 supra, di assicurare il rispetto di tali diritti, tanto sostanziali quanto processuali, si deve considerare che il Consiglio è tenuto, in tutta la misura del possibile, a portare le misure di congelamento dei capitali a conoscenza delle entità interessate mediante una notifica individuale.

87      Gli argomenti sollevati dal Consiglio non possono modificare tale conclusione. Infatti, in primo luogo, il fatto che in alcuni casi la notifica individuale risulti impossibile non fa venir meno l’interesse delle entità a tale notifica e non è quindi rilevante nel caso in cui l’indirizzo dell’entità interessata sia conosciuto. In secondo luogo, la regola per cui l’ignoranza della legge non scusa non può essere fatta valere per la ricorrente, dal momento che la decisione impugnata ha, nei suoi confronti, natura di atto individuale. In terzo luogo, la distinzione invocata dal Consiglio rispetto alle misure di congelamento dei capitali adottate nell’ambito della lotta contro il terrorismo è ininfluente, dato che il carattere diffamatorio o meno dei motivi accolti può aver rilievo, eventualmente, solo per valutare l’opportunità di pubblicare la motivazione nella Gazzetta ufficiale. Per contro, l’esigenza di una notifica individuale delle misure di congelamento dei capitali deriva dal fatto che queste stesse misure pregiudicano individualmente e in maniera considerevole i diritti delle entità interessate. Orbene, poiché gli effetti delle misure di congelamento dei capitali adottate in forza del regolamento n. 423/2007 e di quelle adottate nell’ambito della lotta contro il terrorismo sono paragonabili, è necessario portare le misure adottate a conoscenza delle entità interessate nella stessa maniera in entrambi i casi.

88      Alla luce di quanto precede, si deve considerare che il Consiglio non ha rispettato l’obbligo, derivante dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007, di portare i motivi della decisione impugnata a conoscenza della ricorrente, poiché non ha proceduto ad una notifica individuale, mentre dal contenuto della stessa decisione emerge che esso conosceva l’indirizzo della sede della ricorrente.

89      Tuttavia, dagli allegati alla domanda di provvedimenti urgenti presentata dalla ricorrente nella causa T‑390/08 R emerge che, con lettera datata 24 giugno 2008, la Commissione bancaria francese ha informato la succursale della ricorrente a Parigi riguardo all’adozione della decisione impugnata e alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, avvenuta lo stesso giorno. La ricorrente, quindi, è stata informata in tempo utile e da fonte ufficiale circa l’adozione della decisione impugnata e circa la possibilità di consultarne la motivazione nella Gazzetta ufficiale. Per di più, risulta che essa abbia davvero consultato il contenuto di tale decisione, di cui ha allegato copia al ricorso.

90      In queste circostanze eccezionali, si deve concludere che il fatto che il Consiglio non abbia portato i motivi della decisione impugnata a conoscenza della ricorrente tramite una notifica individuale non ha avuto come conseguenza di privare quest’ultima della possibilità di conoscere, in tempo utile, la motivazione della decisione impugnata e di valutare la fondatezza della misura di congelamento dei capitali adottata nei suoi confronti. Pertanto, l’omissione del Consiglio non giustifica l’annullamento della decisione impugnata.

91      In secondo luogo, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa e in particolare del diritto al contraddittorio, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di un’entità e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza OMPI, citata supra al punto 36, punto 91 e giurisprudenza ivi citata).

92      Il principio del rispetto dei diritti della difesa esige, in particolare, che gli elementi ritenuti a carico per fondare l’atto che reca pregiudizio all’entità interessata vengano comunicati a questa, per quanto possibile, o contemporaneamente all’adozione o al più presto dopo l’adozione di una decisione iniziale di congelamento dei suoi capitali. Tuttavia, talune considerazioni imperative riguardanti la sicurezza o la conduzione delle relazioni internazionali della Comunità e dei suoi Stati membri possono ostare alla comunicazione agli interessati di taluni elementi (v., in tal senso e per analogia, sentenze Kadi, citata supra al punto 42, punto 342, e OMPI, citata supra al punto 36, punti 93 e 137).

93      Inoltre, dato che la decisione iniziale di congelamento dei capitali di un’entità, come la decisione impugnata, deve poter beneficiare di un effetto sorpresa, non è richiesto che prima dell’adozione della decisione di cui trattasi gli elementi a carico siano comunicati all’entità interessata e che questa sia ascoltata (v., in tal senso e per analogia, sentenze Kadi, citata supra al punto 42, punto 338-341, e OMPI, citata supra al punto 36, punti 128 e 137).

94      Pertanto, occorre respingere di primo acchito l’affermazione secondo cui la necessità di ottenere un effetto sorpresa non può essere invocata a causa delle affermazioni asseritamente compiute dal Primo ministro del Regno Unito il 16 maggio 2008. Infatti, la realtà di tali affermazioni non è stata dimostrata dalla ricorrente, che del resto non afferma neppure che esse siano state compiute a nome del Consiglio o della Comunità.

95       Nell’ambito dell’adozione di una decisione in forza dell’art. 7, n. 2, lett. a) o b), del regolamento n. 423/2007, la comunicazione degli elementi a carico deve riguardare le informazioni precise o gli elementi del fascicolo dai quali risulti che, nel caso dell’entità interessata, le condizioni per l’attuazione di tale disposizione sono soddisfatte (v., in tal senso e per analogia, sentenza OMPI, citata supra al punto 36, punto 126).

96      Orbene, dalle constatazioni svolte supra ai punti 84-90 emerge che nel caso di specie tale condizione è stata rispettata. Considerato infatti, in primo luogo, che la decisione impugnata è stata sufficientemente motivata, in secondo luogo, che la Commissione bancaria francese ha attirato in tempo utile l’attenzione della ricorrente sul fatto che la decisione impugnata era stata adottata e pubblicata, assieme alla sua motivazione, nella Gazzetta ufficiale e, in terzo luogo, che la ricorrente ha effettivamente consultato la suddetta decisione, si deve considerare che essa ha disposto di informazioni sufficientemente precise riguardo agli elementi che hanno portato il Consiglio a considerare che l’art. 7, n. 2, lett. a) e b), del regolamento n. 423/2007 fosse applicabile al caso di specie.

97      A questo proposito, occorre respingere l’affermazione della ricorrente secondo cui il Consiglio era tenuto a fornirle d’ufficio un accesso agli elementi del suo fascicolo. Infatti, quando informazioni sufficientemente precise, che permettano all’entità interessata di far conoscere utilmente il suo punto di vista sugli elementi ritenuti a suo carico da parte del Consiglio, sono state comunicate, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica per quest’ultimo l’obbligo di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. Soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v., in tal senso e per analogia, sentenza del Tribunale 11 luglio 2002, causa T‑205/99, Hyper/Commissione, Racc. pag. II‑3141, punti 63-65 e giurisprudenza ivi citata). La comunicazione spontanea degli elementi del fascicolo costituirebbe infatti una condizione eccessiva, dato che, al momento dell’adozione di una misura di congelamento dei capitali, non è certo che l’entità interessata voglia verificare, tramite l’accesso al fascicolo, gli elementi di fatto sottesi alle affermazioni formulate a suo carico dal Consiglio.

98      Quanto al diritto all’audizione, l’entità interessata da una decisione iniziale di congelamento dei capitali ha il diritto di essere ascoltata dal Consiglio dopo l’adozione della decisione di cui trattasi. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, quest’ultimo non è tenuto a procedere a un’audizione d’ufficio, tenuto conto della possibilità che hanno anche le entità interessate di introdurre immediatamente ricorso dinanzi al Tribunale (v., in tal senso e per analogia, sentenza OMPI, citata supra al punto 36, punti 130 e 137). Inoltre, va sottolineato che il Consiglio ha adottato e pubblicato nella Gazzetta ufficiale, il giorno in cui è stata pubblicata la decisione impugnata, la comunicazione all’attenzione delle persone, entità e organismi che sono stati inclusi dal Consiglio nell’elenco delle persone, entità e organismi cui si applica l’articolo 7, n. 2, del regolamento n. 423/2007 (allegato V). Tale comunicazione prevede che le entità interessate possano chiedere un riesame della loro iscrizione nell’elenco dell’allegato V al suddetto regolamento e quindi consente loro di esercitare in modo effettivo il diritto all’audizione.

99      Da quanto precede deriva che, nel caso di specie, l’esercizio del diritto di accesso al fascicolo e del diritto all’audizione era subordinato al fatto che la ricorrente ne avesse fatto richiesta al Consiglio. Orbene, rispondendo ad un quesito posto dal Tribunale, la ricorrente ha ammesso di non aver formulato una tale richiesta.

100    Gli argomenti invocati dalla ricorrente per giustificare tale omissione non possono essere accolti. Infatti, l’affermazione secondo cui i testi normativi applicabili non prevedono procedure di accesso al fascicolo o di audizione è erronea per quanto riguarda il diritto all’audizione, come emerge dal punto 98 supra. Del resto, se è vero che non è stata prevista alcuna procedura esplicita di accesso al fascicolo, al punto 91 supra si è ricordato che tale circostanza non pregiudica l’obbligo del Consiglio di garantire il rispetto dei diritti della difesa. Pertanto, anche a supporre che l’argomento della ricorrente debba essere interpretato come un’eccezione di illegittimità, esso va respinto, dato che l’assenza di disposizioni esplicite non pregiudica l’obbligo di rispettare i diritti della difesa e, in particolare, il diritto alla comunicazione degli elementi a carico, che mira anche a permettere all’entità interessata di beneficiare del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (v. infra, punto 105).

101    Le iniziative adottate dalla filiale della ricorrente nel Regno Unito sono altresì prive di rilievo, poiché tale filiale possiede una personalità giuridica indipendente, cosa che implica che essa si è rivolta alle istituzioni e agli Stati membri a proprio nome e non a nome dell’entità madre. Inoltre, come ammesso dalla ricorrente, tali iniziative sono anteriori all’adozione della decisione impugnata. Orbene, al punto 93 supra si è rilevato che, prima dell’adozione della decisione impugnata, la ricorrente non beneficiava in alcun caso di un diritto alla comunicazione degli elementi ritenuti a suo carico né di un diritto all’audizione.

102    Quanto al fatto che il Consiglio non ha presentato spontaneamente gli elementi di prova a sostegno della motivazione della decisione impugnata, dal punto 97 supra e dal punto 107 infra emerge che esso non vi era tenuto, né prima né dopo l’introduzione del presente ricorso.

103    Parimenti, la ricorrente non spiega perché la necessità di verificare singolarmente le sue relazioni con le entità designate nella decisione impugnata le avrebbe impedito di chiedere l’accesso al fascicolo del Consiglio o di domandare un’audizione. Al contrario, queste iniziative avrebbero potuto agevolare le ricerche da effettuare, grazie ai documenti consultati o alle precisazioni ottenute.

104    Alla luce di quanto precede si deve concludere che, non avendo la ricorrente presentato una domanda in tal senso al Consiglio, quest’ultimo non era tenuto ad accordarle un accesso al fascicolo o a procedere a un’audizione, il che implica che la censura relativa alla violazione dei diritti della difesa dev’essere respinta.

105    In terzo luogo, secondo una giurisprudenza costante, il principio della tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che è stato peraltro ribadito anche dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1). L’efficacia del controllo giurisdizionale implica che l’autorità comunitaria in questione sia tenuta a comunicare i motivi del congelamento dei capitali all’entità interessata, per quanto possibile, al momento in cui tale inclusione è stata decisa o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso. L’osservanza di tale obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice comunitario, sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto comunitario di cui trattasi, cui è tenuto ai sensi del Trattato CE (v., in tal senso e per analogia, sentenza Kadi, citata supra al punto 42, punti 335-337 e giurisprudenza ivi citata).

106    Orbene, dai punti 84-90 e 96 supra emerge che la ricorrente ha avuto a disposizione, in tempo utile, informazioni sufficientemente precise riguardo ai motivi del congelamento dei suoi capitali. Inoltre, non avendo chiesto l’accesso al fascicolo del Consiglio, essa non può lamentare che tale accesso non le è stato accordato. Di conseguenza, si deve concludere che il diritto della ricorrente a una tutela giurisdizionale effettiva non è stato violato dal Consiglio.

107    Dato che la ricorrente fa ancora valere, nel presente contesto, che il Consiglio non ha presentato, durante la procedura dinanzi al Tribunale, alcun elemento probatorio a sostegno dei motivi indicati nella decisione impugnata, si deve rilevare che la presentazione di tali elementi sarebbe necessaria solamente se la ricorrente facesse valere un motivo ricevibile che rimetta in discussione la fondatezza della constatazione secondo cui essa forniva sostegno alla proliferazione nucleare. Infatti, in circostanze siffatte, senza che la ricorrente debba fornire alcuna prova negativa, il Consiglio è tenuto, conformemente a quanto esposto al punto 37 supra, a presentare gli elementi di prova e di informazione su cui si è basata la sua valutazione al fine della loro verifica da parte del giudice comunitario. Tuttavia, come emerge dal punto 30 supra, tale motivo non è stato dedotto nel caso di specie. Di conseguenza, la mancanza di presentazione di elementi probatori da parte del Consiglio non è idonea a rivelare una violazione del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e la relativa censura deve pertanto essere respinta, senza che occorra esaminare se i documenti presentati il 4 febbraio 2009 comprovino l’affermazione secondo cui la ricorrente era tenuta a dare una prova negativa nel caso di specie.

108    Alla luce di quanto precede, occorre respingere il quarto motivo.

 Sul quinto motivo, attinente a un difetto di competenza

 Argomenti delle parti

109    La ricorrente sostiene che il Consiglio non ha competenza per imporre «sanzioni penali» come il congelamento dei capitali nell’ambito del Trattato CE. Di conseguenza, nel congelare i capitali della ricorrente con la decisione impugnata e con il regolamento n. 423/2007, adottati nell’ambito delle competenze attribuite dal Trattato CE, il Consiglio avrebbe ecceduto la sua competenza, sarebbe incorso in uno sviamento di potere e avrebbe violato le forme sostanziali nonché le norme del Trattato stesso.

110    Il Consiglio, sostenuto dalle parti intervenienti, contesta la fondatezza dell’argomentazione della ricorrente, sottolineando che il congelamento dei capitali non costituisce una sanzione penale.

 Giudizio del Tribunale

111    Occorre osservare che, dato che i capitali delle entità interessate dalle misure restrittive previste dal regolamento n. 423/2007 non sono confiscati come prodotti del crimine, ma congelati a titolo conservativo, tali misure non costituiscono una sanzione penale. Né esse implicano alcuna accusa di tale natura (v., per analogia, sentenza del Tribunale 11 luglio 2007, causa T‑47/03, Sison/Consiglio, non pubblicata nella Raccolta, punto 101).

112    Di conseguenza, l’argomento della ricorrente secondo cui il congelamento dei suoi capitali costituisce una sanzione penale è infondato. Questa circostanza implica che il presente motivo deve essere respinto, e con esso il ricorso nella sua integralità.

 Sulle spese

113    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dal Consiglio, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, conformemente alla domanda in tal senso di quest’ultimo.

114    Ai termini dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura, gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese. Pertanto, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione sopporteranno le proprie spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Bank Melli Iran sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, la Repubblica francese e la Commissione delle Comunità europee sopporteranno le proprie spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Pelikánová

Jürimäe

Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 ottobre 2009.

Firme

Indice


Fatti

Misure restrittive adottate nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran

Misure che riguardano la ricorrente

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sulla rilevanza dei documenti presentati dalla ricorrente il 4 febbraio 2009

Sull’intensità del sindacato giurisdizionale

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul primo motivo, attinente ad una violazione delle forme sostanziali, del Trattato CE, delle norme di diritto relative alla sua applicazione e dell’art. 7, n. 2, della posizione comune 2007/140, ad uno sviamento di potere nonché ad una carenza di fondamento normativo della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul secondo motivo, attinente ad una violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul terzo motivo, attinente ad una violazione del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quarto motivo, attinente ad una violazione dei diritti della difesa, del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva e dell’obbligo di motivazione previsto dall’art. 15, n. 3, del regolamento n. 423/2007

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sul quinto motivo, attinente a un difetto di competenza

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulle spese


* Lingua processuale: il francese.