Edizione provvisoria
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 13 giugno 2024 (1)
Causa C‑368/23 [Fautromb] (i)
Haut conseil du commissariat aux comptes
contro
MO
[Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla formation restreinte du Haut conseil du commissariat aux comptes (Formazione ristretta dell’Alto consiglio del commissariato dei conti, Francia)]
«Rinvio pregiudiziale — Articolo 267 TFUE — Nozione di “giurisdizione nazionale” — Criteri — Libera prestazione di servizi — Direttiva 2006/43/CE — Articoli 22 e 52 — Regolamento (UE) n. 537/2014 — Articolo 5, paragrafi 1 e 2 — Direttiva 2006/123/CE — Articolo 25 — Attività multidisciplinari — Normativa nazionale che vieta ai revisori legali dei conti di esercitare attività commerciali eccetto quelle accessorie alla professione di esperto contabile — Coordinamento tra la direttiva 2006/43 e il regolamento n. 537/2014 con la direttiva 2006/123 — Articolo 3 de la direttiva 2006/123 — Conflitto con altre disposizioni del diritto dell’Unione — Articoli 49 e 56 TFUE — Motivi imperativi di interesse generale — Proporzionalità»
1. L’Haut conseil du commissariat aux comptes (Alto consiglio del commissariato dei conti, Francia; in prosieguo: l’«H3C») era, all’epoca dei fatti oggetto del presente rinvio pregiudiziale (2), l’autorità pubblica di vigilanza dei revisori legali dei conti in Francia.
2. Una formazione ristretta dell’H3C deve decidere se imporre una sanzione pecuniaria e vietare l’esercizio della professione a un revisore legale dei conti accusato di svolgere attività incompatibili, secondo il diritto nazionale, con il suo statuto.
3. Prima di adottare la sua decisione, la formazione ristretta dell’H3C ha sottoposto alla Corte di giustizia i suoi dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione della normativa francese che vieta ai revisori legali dei conti di esercitare attività commerciali, a meno che non siano accessorie alla professione di esperto contabile. A tal fine, chiede l’interpretazione della direttiva 2006/123/CE (3), della direttiva 2006/43/CE (4) e del regolamento (UE) n. 537/2014 (5).
4. La domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile se la Corte di giustizia ammette che la formazione ristretta dell’H3C esercita funzioni giurisdizionali ai sensi dell’articolo 267 TFUE, tesi che il governo francese respinge. Per quanto spiegherò in seguito, condivido il parere di tale governo secondo cui la Corte di giustizia dovrebbe considerarla irricevibile.
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione
1. Direttiva 2006/123
5. Ai sensi dell’articolo 3 («Relazione con altre disposizioni del diritto comunitario»):
«1. Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche. (…)».
6. L’articolo 25 («Attività multidisciplinari») così dispone:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.
Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:
a) le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e l’imparzialità;
(…)».
2. Direttiva 2006/43
7. L’articolo 22 («Indipendenza e obiettività») contiene le norme con cui gli Stati membri devono assicurare, in sostanza, che i revisori legali o le imprese di revisione contabile siano indipendenti dall’ente sottoposto a revisione, non abbiano interessi finanziari in tale ente o in enti ad esso collegati ed evitino conflitti di interesse reciproci.
8. Ai sensi dell’articolo 52 («Armonizzazione minima»):
«Gli Stati membri che esigono la revisione legale dei conti possono imporre obblighi più severi, se non diversamente previsto dalla presente direttiva».
3. Regolamento n. 537/2014
9. L’articolo 5 («Divieto di prestare servizi diversi dalla revisione contabile») così stabilisce:
«1. Un revisore legale o un’impresa di revisione contabile che effettua la revisione legale dei conti di un ente di interesse pubblico o qualsiasi membro della rete a cui il revisore legale o l’impresa di revisione contabile appartenga, non fornisce, direttamente o indirettamente, all’ente sottoposto a revisione, alla sua impresa madre o alle sue imprese controllate all’interno dell’Unione alcun servizio diverso dalla revisione contabile vietato durante:
a) il lasso di tempo compreso tra l’inizio del periodo oggetto di revisione e l’emissione della relazione di revisione; e
b) l’esercizio immediatamente precedente a tale periodo di cui alla lettera a) per quanto riguarda i servizi di cui alla lettera e), secondo comma.
Ai fini del presente articolo, per servizi diversi dalla revisione contabile vietati s’intende quanto segue:
(…)
2. Gli Stati membri possono vietare servizi diversi di quelli di cui al paragrafo 1 qualora ritengano che tali servizi costituiscano un rischio per l’indipendenza (…).
(…)».
B. Diritto francese
1. Code de commerce (codice del commercio)
a) Normativa dell’H3C applicabile ratione temporis
10. Il paragrafo I dell’articolo L. 821-1 prevede che l’H3C eserciti, tra l’altro, le funzioni di iscrizione dei revisori dei conti; di adozione di norme relative alla deontologia professionale dei revisori dei conti, al controllo interno della qualità e alla pratica professionale; di controllo del rispetto degli obblighi dei revisori in tale materia e di irrogazione di sanzioni.
11. Il paragrafo II dell’articolo L. 821-2 prevede che l’H3C decida in formazione ristretta sulle sanzioni.
12. Ai sensi dell’articolo L. 821-3-1, l’H3C dispone di un dipartimento incaricato di svolgere le indagini prima dell’avvio dei procedimenti sanzionatori. Il suddetto dipartimento è diretto da un rapporteur général (relatore generale).
13. L’articolo L. 824-4 stabilisce che il presidente dell’H3C sottopone al relatore generale qualsiasi fatto che possa giustificare l’avvio di un procedimento sanzionatorio. Il relatore generale può anche avviare un procedimento sulla base dei reclami che gli vengono trasmessi.
b) Incompatibilità dei revisori dei conti
14. L’articolo L. 822-10, nella versione precedente alla legge n. 2019-486 del 22 maggio 2019 (6), prevedeva l’incompatibilità delle funzioni di revisore dei conti:
«1.º Con qualsiasi attività o atto che possa compromettere la sua indipendenza.
2.º Con qualsiasi impiego subordinato; tuttavia, un revisore dei conti può impartire un insegnamento connesso all’esercizio della sua professione o svolgere un impiego retribuito presso un revisore dei conti o presso un esperto contabile.
3.º Con qualsiasi attività commerciale, esercitata direttamente o per interposta persona».
15. La legge n. 2019-486 ha introdotto due eccezioni alla terza delle suddette incompatibilità. Di conseguenza, le funzioni di revisore dei conti sono, da quel momento, compatibili con:
– le attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile, che devono essere esercitate nel rispetto delle norme deontologiche e d’indipendenza dei revisori dei conti e alle condizioni previste terzo comma, del decreto legislativo n. 45-2138, del 19 settembre 1945 (7); e
– le attività commerciali accessorie esercitate dalla «società multiprofessionale di esercizio» alle condizioni previste all’articolo 31-5 della legge n. 90-1258 (8).
2. Ordonnance n. 45-2138
16. Ai sensi dell’articolo 22:
«Le funzioni di esperto contabile sono incompatibili con qualsiasi occupazione o atto tale da compromettere l’indipendenza della persona che la esercita, in particolare
(…)
3. Con qualsiasi attività commerciale o atto intermedio diverso da quelli che l’esercizio della professione comporta, salvo che sia realizzato a titolo accessorio e non sia tale da mettere a repentaglio l’esercizio della professione o l’indipendenza dei soci esperti contabili nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, delle norme inerenti al loro statuto e alla loro deontologia (…)».
II. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali
17. MO è revisore dei conti dal 1976. È inoltre iscritto all’albo degli esperti contabili dal 1967.
18. MO detiene, direttamente o indirettamente, attraverso la società per azioni Fiducial International, il 99,9% del capitale della società civile Fiducial («società Fiducial SC»), di cui è amministratore. Tale società è la società madre del gruppo multidisciplinare Fiducial, costituito nel 1970 da MO (9).
19. Il 3 gennaio 2022, la presidente dell’H3C ha portato all’attenzione del relatore generale una serie di fatti che potrebbero comportare l’esercizio, da parte di MO, di attività commerciali incompatibili con le funzioni di revisore. Lo stesso giorno, il relatore generale ha avviato un’indagine sul mancato rispetto da parte di MO degli obblighi relativi all’attività di revisione dei conti.
20. Il 13 ottobre 2022 è stato formalmente avviato un procedimento sanzionatorio nei confronti di MO.
21. La formazione ristretta dell’H3C deve stabilire se MO, dal 3 gennaio 2016, abbia violato il punto 3 dell’articolo L. 822-10 del codice del commercio. MO avrebbe commesso tale violazione esercitando, direttamente o indirettamente, attraverso le società Fiducial SC e Fiducial International, attività commerciali non accessorie alla professione di esperto contabile e, di conseguenza, incompatibili con le funzioni di revisore legale dei conti (10).
22. Nella seduta del 13 aprile 2023, il relatore generale ha chiesto la radiazione di MO dall’albo dei revisori, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di EUR 250 000 e che fosse ordinato di pubblicare la decisione in una rivista economica o finanziaria a spese dell’interessato.
23. Nella stessa seduta, il rappresentante di MO ne ha chiesto l’assoluzione sulla base del fatto che l’articolo L. 822-10, punto 3, del codice del commercio era contrario al diritto dell’Unione. Più precisamente, all’articolo 25 della direttiva 2006/123.
24. La formazione ristretta dell’H3C dubita che il divieto imposto ai revisori legali dei conti di svolgere attività commerciali sia compatibile con l’articolo 25 della direttiva 2006/123, in combinato disposto con altre disposizioni del diritto dell’Unione.
25. Per la formazione ristretta dell’H3C, in sintesi:
– tale divieto è idoneo a prevenire situazioni di conflitto di interessi e, di conseguenza, a limitare i rischi di violazione dell’indipendenza e dell’imparzialità dei revisori dei conti;
– il divieto potrebbe rientrare nella facoltà di cui dispongono gli Stati membri di imporre norme più rigorose di quelle esplicitamente previste dalla direttiva 2006/43;
– le eccezioni a tale divieto (che autorizzano i revisori dei conti a svolgere attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile o attività commerciali esercitate a titolo accessorio da una società costituita per l’esercizio in comune di talune professioni liberali) limitano la lesione della libertà dei revisori dei conti di diversificare le proprie attività. Al contempo garantiscono che tali attività autorizzate siano soggette a determinati requisiti deontologici imposti agli esperti contabili o alle altre professioni regolamentate (11).
26. In tale contesto, la formazione ristretta dell’H3C sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 25 della direttiva [2006/123] debba essere interpretato, tenuto conto in particolare delle disposizioni della direttiva [2006/43] nonché del regolamento [n. 537/2014], nel senso che esso osta a una normativa nazionale che vieta ai revisori legali dei conti e alle imprese di revisione contabile di esercitare qualsiasi attività commerciale, sia direttamente che per interposta persona.
2) In caso affermativo, se lo stesso valga qualora detta normativa escluda dall’ambito di applicazione di tale divieto, in via di eccezione, da un lato, le attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile, esercitate nel rispetto delle norme di deontologia e di indipendenza dei revisori dei conti e alle condizioni previste al terzo comma dell’articolo 22 del decreto legislativo n. 45-2138 del 19 settembre 1945 e, dall’altro, le attività commerciali accessorie esercitate da una società multiprofessionale di esercizio alle condizioni previste dall’articolo 31-5 della legge n. 90-1258 del 31 dicembre 1990».
III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
27. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla cancelleria della Corte il 12 giugno 2023.
28. Hanno presentato osservazioni scritte MO, i governi belga e francese nonché la Commissione europea. Tutti, ad eccezione del governo belga, sono comparsi all’udienza del 9 aprile 2024.
IV. Valutazione
A. Sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale
29. Il governo francese ritiene che il rinvio pregiudiziale sia irricevibile, in quanto la formazione ristretta dell’H3C non è un organo giurisdizionale abilitato a sottoporre alla Corte di giustizia questioni pregiudiziali conformemente all’articolo 267 TFUE.
30. La sua obiezione si basa sulla sentenza CityRail (12) ed è formulata, in sostanza, nei seguenti termini:
– l’H3C è un’autorità amministrativa indipendente, caratteristica che, come sottolinea la sentenza CityRail (punto 45), riveste un’importanza particolare quando si deve stabilire se le sue decisioni abbiano carattere giurisdizionale, al di là dei criteri tradizionali (13) cui fa riferimento il giudice del rinvio. Come nella causa CityRail, anche nella presente causa, tale organismo «ha quindi omesso di esaminare se (…) esercitasse, nell’ambito del procedimento che ha dato luogo a tale domanda [di pronuncia pregiudiziale], funzioni di natura giurisdizionale» (14);
– nel sistema di controllo pubblico della revisione dei conti, l’H3C si conforma alla direttiva 2006/43, il cui articolo 30 quinquies richiede che le sue decisioni siano soggette al diritto di impugnazione. In Francia, spetta al Conseil d’État (Consiglio di Stato) esaminare, in prima e ultima istanza, i ricorsi di piena giurisdizione contro le decisioni dell’H3C. Questo elemento costituisce un indizio della natura amministrativa di tali decisioni (sentenza CityRail, punto 62);
– le sanzioni inflitte dall’H3C sono sanzioni amministrative che, per definizione, non sono imposte da organi giudiziari. La formazione ristretta dell’H3C non controlla la legittimità di una decisione precedentemente adottata, ma prende posizione, per la prima volta, nell’ambito di un procedimento sanzionatorio amministrativo;
– le modalità di organizzazione interna dell’H3C derivano da esigenze costituzionali, in quanto separano le funzioni investigative e istruttorie, da un lato, da quelle di irrogazione della sanzione, dall’altro. Esse rispondono all’obiettivo di garantire il diritto di difesa e il carattere contraddittorio del procedimento sanzionatorio. La decisione adottata dalla formazione ristretta dell’H3C al termine di tale procedimento è imputata all’H3C stesso «in quanto istituzione».
31. A mio avviso, l’obiezione del governo francese deve essere accolta. Devo fare inevitabilmente riferimento, a sostegno della mia posizione, sia alle considerazioni che ho esposto nelle conclusioni nella causa CityRail (15), sia alla sentenza ivi pronunciata.
1. Rinvii pregiudiziali e autorità indipendenti di vigilanza
32. La verifica dei criteri Vaassen-Göbbels corrisponde alla metodologia solitamente seguita per discernere quando una domanda di pronuncia pregiudiziale proviene da una giurisdizione ai sensi dell’articolo 267 TFUE.
33. Tuttavia, quando si applicano le categorie dell’articolo 267 TFUE alle autorità indipendenti di regolamentazione e vigilanza, i criteri Vaassen-Göbbels (in particolare quello dell’indipendenza dell’organismo) passano in secondo piano. Non è sufficiente che essi siano soddisfatti affinché tali autorità abbiano la qualità di giurisdizione (16).
34. A tali fini, ciò che rileva è se queste autorità indipendenti, data la natura specifica delle loro funzioni in un determinato contesto, adottano la propria decisione nell’ambito di un procedimento che si conclude con una pronuncia di carattere giurisdizionale (17).
35. Ciò è quanto la Corte di giustizia ha dichiarato: «Tale accertamento riveste un’importanza particolare in presenza di autorità amministrative la cui indipendenza è conseguenza diretta dei requisiti derivanti dal diritto dell’Unione, che conferisce loro competenze di controllo settoriale e di vigilanza dei mercati. Sebbene tali autorità siano tali da soddisfare i requisiti (…) Vaassen-Göbbels (…), l’attività di controllo settoriale e di sorveglianza dei mercati è essenzialmente di natura amministrativa (…), in quanto comporta l’esercizio di competenze che sono estranee a quelle attribuite ai giudici» (18).
36. L’articolo L. 821-1 del codice del commercio definisce l’H3C come un’autorità pubblica indipendente. Il governo francese, dopo aver rilevato che tale indipendenza è una conseguenza diretta dei requisiti del diritto dell’Unione europea (19), sottolinea la natura amministrativa, e non giudiziaria, delle competenze dell’H3C.
2. Funzioni sanzionatorie delle autorità indipendenti
37. L’articolo 32, paragrafo 4, della direttiva 2006/43 fa riferimento a un’ampia gamma di funzioni degli organismi di regolamentazione nazionali in materia di revisione dei conti. Si tratta di una serie di compiti tipicamente amministrativi, che costituiscono il contesto specifico in cui essi esercitano le loro funzioni (20).
38. Tra tali funzioni figura, per quanto qui interessa, quella loro assegnata dalla direttiva 2006/43 al capo VII («Indagini e sanzioni»). Il suo articolo 30 bis conferisce poteri sanzionatori alle autorità nazionali, sottolineando che si tratta di «sanzioni amministrative», come ribadito dall’articolo 30 quater.
39. L’H3C ha poteri sanzionatori di carattere amministrativo nell’ambito della revisione contabile. Questa caratteristica, innanzitutto, «costituisce un indizio del [suo] carattere amministrativo e non giurisdizionale» (21).
40. Nel corso dell’udienza si è discusso se la giurisprudenza CityRail debba essere intesa come applicabile solo alle funzioni di regolamentazione delle autorità indipendenti o se debba estendersi anche alle loro funzioni sanzionatorie (22). A mio avviso, non c’è motivo di limitare la portata di tale sentenza, tanto più che l’attribuzione di poteri sanzionatori alle autorità indipendenti è, in molti casi, uno strumento fondamentale per l’assolvimento delle loro funzioni.
3. Procedimento sanzionatorio
41. Costituiscono, inoltre, indizi del fatto che l’organismo esercita funzioni non giurisdizionali, bensì amministrative «il potere di avviare procedimenti d’ufficio (…), nonché quello di infliggere, parimenti d’ufficio, sanzioni nelle materie di sua competenza» (23).
42. Orbene, l’H3C, in casi come quello di specie, agisce d’ufficio, senza previo reclamo (24), dopo aver ordinato alla sua presidente l’apertura del fascicolo. È vero che nella fase finale del procedimento sanzionatorio interviene una formazione ristretta, ma tale formazione resta pur sempre uno degli organi di cui si compone lo stesso H3C. A quest’ultimo viene attribuita, come sottolinea il governo francese, la responsabilità delle decisioni dei suoi organi interni. L’HC3 non è pertanto un’autorità avente la qualità di terzo rispetto alla sua formazione ristretta, né viceversa.
43. È vero che il relatore generale ha la responsabilità di avviare il procedimento. Tuttavia, anche se il responsabile della decisione finale non è chi istruisce il procedimento, è l’H3C che in definitiva sussume tutte le funzioni, anche se in modo separato o frazionato tra le diverse unità della sua struttura organizzativa.
44. La struttura del procedimento amministrativo seguito nel caso di specie rivela che, in termini propri, non si tratta di un contenzioso tra le parti, bensì di un’istruttoria rivolta con modalità inquisitorie nei confronti di MO. La formazione ristretta dell’H3C non esercita una funzione di controllo di una decisione precedente, ma prende posizione e decide per la prima volta nell’esercizio del potere sanzionatorio (25).
45. Per quanto riguarda la separazione delle funzioni istruttorie da quelle decisionali in materia di sanzioni, è logico che l’organo che deve decidere sia distinto dall’organo competente a indagare sui fatti e a formulare l’accusa. Il governo francese sottolinea, come ho già affermato, che questa separazione risponde a requisiti costituzionali (26).
46. Di conseguenza, la separazione delle attività istruttorie e decisionali, nell’ambito del procedimento principale, non è un elemento indicativo dell’esercizio di funzioni giurisdizionali.
47. La decisione che la formazione ristretta dell’H3C adotta al termine del procedimento non ha in ogni caso autorità di cosa giudicata a differenza delle decisioni giurisdizionali.
48. All’udienza, il governo francese ha sottolineato che, in deroga alla regola generale, l’organo sanzionatorio può revocare successivamente la misura adottata, facoltà che è estranea alla natura delle decisioni giurisdizionali (27). La difesa di MO si è tuttavia opposta a tale possibilità.
4. Rimedi giurisdizionali avverso le decisioni dell’autorità indipendente
49. La Corte di giustizia qualifica come «amministrativa» l’attività degli organismi di regolamentazione che hanno come compito non quello di controllare la legittimità di una decisione, bensì di prendere posizione, per la prima volta, sul reclamo di un amministrato e le cui decisioni possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale (28)
50. Inoltre, sottolinea:
– il fatto che gli Stati membri debbano provvedere «affinché le decisioni dell’organismo di regolamentazione possano essere oggetto di sindacato giurisdizionale (…) costituisce un indizio della natura amministrativa di tali decisioni» (29);
– «una partecipazione del genere dell’Organismo a una procedura di ricorso, che mette in discussione la sua decisione, costituisce un indizio del fatto che, nell’adottare la decisione stessa, l’Organismo non ha la qualità di terzo rispetto agli interessi in gioco» (30).
51. Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio trascura l’importanza del regime dei rimedi giurisdizionali contro le sue decisioni. Le osservazioni del governo francese dimostrano, al contrario, che, conformemente all’articolo 30 quinquies della direttiva 2006/43 (31), la decisione della formazione ristretta dell’H3C è impugnabile dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato).
52. Nel pronunciarsi su questo ricorso, che è di piena giurisdizione, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) esercita un controllo completo di fatto e di diritto sulla decisione adottata dalla formazione ristretta dell’H3C, che il governo francese qualifica come «istanza amministrativa» (32).
53. Tale assoggettamento al sindacato giurisdizionale implica che alla decisione sanzionatoria dell’H3C «non si possono riconoscere le caratteristiche di una decisione giurisdizionale, segnatamente l’autorità di cosa giudicata» (33). Al contrario, essa può sfociare in un procedimento giudiziario in cui l’H3C è la parte resistente (34). Anche in questo caso, detto elemento «costituisce un indizio del fatto che, nell’adottare la decisione stessa, l’Organismo non ha la qualità di terzo rispetto agli interessi in gioco» (35).
54. È nel corso dell’intervento successivo di un vero e proprio giudice [il Conseil d’État (Consiglio di Stato)] che quest’ultimo, ove lo ritenga necessario, può adire la Corte di giustizia per esporre i propri dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione (36).
55. Non sussiste dunque alcun rischio di lacuna per quanto riguarda tale interpretazione. Sotto il profilo dell’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, «la presenza dei suddetti mezzi di ricorso giurisdizionale consente di garantire l’efficacia del meccanismo di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE» (37).
5. Conclusione intermedia
56. La somma dei fattori sopra esposti rivela che la formazione ristretta dell’H3C non esercita funzioni giurisdizionali quando impone una sanzione amministrativa al revisore. Nella stessa misura, tale organismo non è autorizzato ad avvalersi del meccanismo di cui all’articolo 267 TFUE. La sua domanda di pronuncia pregiudiziale è pertanto irricevibile.
57. Qualora la Corte di giustizia fosse di contrario avviso, analizzerò in ogni caso il merito di tale domanda.
B. Nel merito
1. Osservazioni preliminari
58. La prima questione pregiudiziale riguarda la normativa nazionale che vieta ai revisori legali dei conti e alle imprese di revisione contabile di esercitare qualsiasi attività commerciale. Il giudice del rinvio desidera sapere se tale normativa sia contraria all’articolo 25 della direttiva 2006/123 «tenuto conto in particolare delle disposizioni della direttiva 2006/43 e del regolamento n. 537/2014», che non specifica.
59. La seconda questione pregiudiziale viene sollevata in caso di risposta affermativa alla prima questione. In tale ipotesi, il giudice del rinvio chiede se la risposta cambierebbe nel caso in cui la normativa nazionale ammettesse alcune eccezioni all’incompatibilità (attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile o esercitate da una società multiprofessionale).
60. Occorre innanzitutto chiarire la sequenza temporale delle norme interne, considerato che i fatti contestati a MO sono avvenuti tra il 3 gennaio 2016 e il giorno in cui è stata avviata l’indagine, il 3 gennaio 2022. In tale periodo si sono succeduti due regimi giuridici diversi per quanto riguarda il punto 3 dell’articolo L. 822-10 del codice del commercio:
– dal 3 gennaio 2016 fino all’entrata in vigore della legge n. 2019-486, ai revisori dei conti è stato fatto divieto assoluto di svolgere qualsiasi attività commerciale, sia direttamente che per interposta persona;
– dall’entrata in vigore della legge n. 2019-486, questo divieto viene attenuato, consentendo le due eccezioni che ho già trascritto (38).
61. Ogni domanda corrisponde ai rispettivi riferimenti normativi applicabili a tali sottoperiodi.
62. Da un altro punto di vista, e per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, non è chiaro il motivo per cui debba essere introdotta nel dibattito l’eccezione relativa alle «attività commerciali accessorie esercitate da una società multiprofessionale di esercizio alle condizioni previste dall’articolo 31-5 della legge n. 90-1258 del 31 dicembre 1990». Sono del parere, come il governo francese (39) che, alla luce dei fatti addebitati a MO, questo punto potrebbe non essere pertinente per il caso in questione.
63. Infatti, in questa sede non si tratta di stabilire se una impresa di revisione contabile possa integrare al suo interno altri professionisti e svolgere contemporaneamente attività diverse da quelle della revisione contabile (40). La questione sollevata nella presente controversia è solo quella di stabilire se un revisore dei conti che è una persona fisica possa, attraverso società di cui detiene il capitale o in cui ha una partecipazione, svolgere altre attività commerciali.
64. Mi concentrerò quindi, per quanto riguarda la seconda questione, sull’eccezione relativa alle «attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile, esercitate nel rispetto delle norme di deontologia e di indipendenza dei revisori dei conti e alle condizioni previste al terzo comma dell’articolo 22 del decreto legislativo n. 45-2138 del 19 settembre 1945».
2. Disposizioni del diritto dell’Unione applicabili
65. I dubbi del giudice del rinvio riguardano l’interpretazione dell’articolo 25 della direttiva 2006/123, alla luce della direttiva 2006/43 (che disciplina l’attività dei revisori legali dei conti nell’Unione) e del regolamento n. 537/2014 (che si applica solo alle revisioni dei conti di enti di interesse pubblico) (41).
66. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 (42), in caso di «conflitto» tra la stessa e la direttiva 2006/43 o il regolamento 537/2014, prevarrebbe l’applicazione di questi ultimi, vale a dire la lex specialis si applicherebbe con preferenza rispetto alla lex generalis.
67. L’articolo 25 della Direttiva 2006/123, relativo alle attività multidisciplinari, contiene un principio generale attenuato da una serie di eccezioni:
– il principio generale (paragrafo 1, primo comma) è che «i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica» o a requisiti «che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse»;
– l’eccezione (paragrafo 1, secondo comma) che qui rileva è quella che riguarda le professioni regolamentate, tra cui quella dei revisori legali dei conti. Il loro regime può non rispettare il principio generale, vale a dire la libertà di esercitare attività multidisciplinari: a) se è giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia inerenti alla specificità di ciascuna professione; e b) è necessario per assicurare l’indipendenza e l’imparzialità di coloro che esercitano tale professione (43).
68. Per quanto riguarda la direttiva 2006/43 (in particolare dopo la modifica apportata dalla direttiva 2014/56) e il regolamento n. 537/2014, entrambi gli strumenti mirano a garantire che i revisori legali dei conti rispettino principi etici rigorosi, per quanto riguarda la loro integrità, indipendenza e obiettività (44). La direttiva 2014/56 mirava a «rafforzare, mediante un’armonizzazione più approfondita, in particolare, l’indipendenza dei revisori legali dei conti nello svolgimento del loro incarico» (45).
69. Ai sensi dell’articolo 52 della direttiva 2006/43, «[g]li Stati membri che esigono la revisione legale dei conti possono imporre obblighi più severi, se non diversamente previsto dalla presente direttiva». Nella stessa ottica, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento 537/2014, gli Stati membri possono vietare ai revisori dei conti di enti di interesse pubblico servizi diversi dalla revisione contabile (forniti all’ente sottoposto a revisione) qualora questi possano costituire un rischio per l’indipendenza.
70. L’articolo 25 della direttiva 2006/123 trova un punto di intersezione con l’articolo 22 («Indipendenza e obiettività») della direttiva 2006/43 e con l’articolo 5 («Divieto di prestare servizi diversi dalla revisione contabile») del regolamento n. 537/2014 nella garanzia dell’indipendenza del revisore dei conti, per la cui tutela sono stabilite le incompatibilità e i divieti.
71. Orbene, al pari della Commissione (46), non ritengo che nel caso di specie sussista, in senso stretto, un conflitto tra l’applicazione dell’una o dell’altra disposizione del diritto dell’Unione, che sostituisce la direttiva 2006/123 in forza del principio di specialità enunciato al suo articolo 3, paragrafo 1. Esiste piuttosto un rapporto di complementarità.
72. Si tratta quindi di stabilire se la normativa francese, nella misura in cui vieta ai revisori dei conti di esercitare attività commerciali, sia conforme all’eccezione di cui all’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, nonché alle disposizioni introdotte dalla direttiva 2006/43 e dal regolamento n. 537/2014 al fine di garantire l’indipendenza e l’imparzialità di tali professionisti.
3. Risposta congiunta alle due questioni pregiudiziali
73. L’articolo 52 della direttiva 2006/43 e l’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 537/2014 autorizzano gli Stati membri a superare i limiti dell’articolo 22 della direttiva 2006/43 e dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 537/2014.
74. Gli Stati membri possono dunque imporre ai revisori legali restrizioni più rigorose. Ciò si verifica nel diritto francese.
75. Tuttavia, questa facoltà non è incondizionata. Gli Stati membri sono tenuti a rispettare le disposizioni del Trattato FUE relative sia alla libertà di stabilimento sia alla libera prestazione di servizi, previste rispettivamente agli articoli 49 e 56 TFUE (47).
76. Ai sensi dei considerando 2 e 5, lo scopo della direttiva 2016/123 è proprio quello di eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. Nella misura in cui questi obiettivi, da cui deriva il regime introdotto dalla direttiva 2016/123, corrispondono a quelli degli articoli 49 e 56 TFUE, non è necessario ricorrere al diritto primario e le disposizioni di tale direttiva sono sufficienti.
77. Sebbene nella presente causa non vi siano elementi transfrontalieri, i requisiti imposti dalla normativa controversa potrebbero disincentivare lo stabilimento o la prestazione di servizi in Francia da parte di revisori dei conti di altri Stati membri (48). Una norma di uno Stato membro che vieta ai revisori dei conti di esercitare qualsiasi altra attività commerciale è, di per sé, in grado di incidere negativamente sulla libertà di trasferimento dei revisori di altri Stati membri (49).
78. Le restrizioni alle libertà fondamentali possono essere considerate giustificate se sono sostenute da motivi imperativi di interesse generale e, in caso affermativo, se non eccedono quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti (50).
79. È a questa giustificazione e necessità che fa riferimento l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123, quando autorizza gli Stati membri a imporre, per le professioni regolamentate, requisiti che limitino l’esercizio di attività multidisciplinari. Pur non contenendo la stessa formulazione, essa va intesa implicitamente come sottesa all’articolo 52 della direttiva 2006/43 e all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 537/2014.
a) Contenuto della restrizione
80. Occorre anzitutto stabilire la portata della restrizione. L’interpretazione del diritto nazionale non è di competenza della Corte di giustizia, ma dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni delle parti si evince che il divieto di esercitare qualsiasi attività commerciale ha carattere quasi assoluto.
81. È vero che, a seguito dell’adozione della legge n. 2019-486, i revisori dei conti possono svolgere attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile (51) (ammissibili a determinate condizioni) (52) e attività commerciali accessorie esercitate da una «società multiprofessionale di esercizio», alle condizioni previste dall’articolo 31-5 della legge 90-1258. Tali eccezioni hanno tuttavia un carattere molto limitato, che non riesce a nascondere la portata quasi onnicomprensiva del divieto stesso.
b) Giustificazione della restrizione
82. Secondo il governo francese, l’indipendenza obbligatoria dei revisori legali dei conti, cui è affidato un compito di interesse generale, ha come corollario l’incompatibilità con il loro accesso all’esercizio di attività commerciali. La restrizione all’esercizio di tali attività sarebbe giustificata da questi motivi:
– la normativa nazionale intenderebbe impedire che il revisore dei conti diventi un operatore ordinario del mondo economico. L’interconnessione fra i diversi settori (bancario, economico o finanziario) crea potenziali interferenze che possono far sorgere sospetti. Il divieto di cumulare le attività garantisce a un terzo obiettivo, ragionevole e informato che il revisore dei conti non sarà un operatore economico ordinario, in grado di interagire direttamente o indirettamente con le entità controllate;
– l’incompatibilità si spiegherebbe altresì con il particolare obbligo di competenza professionale cui è soggetto il revisore dei conti. L’esercizio di un’attività commerciale diversa dalla revisione dei conti potrebbe ridurre il suo coinvolgimento e pregiudicare la sua competenza professionale;
– il diritto dell’Unione e quello nazionale riconoscono alla professione il monopolio della revisione legale dei conti, un’attività regolamentata e di interesse generale. Sembra legittimo attendersi che i revisori si dedichino effettivamente a questa particolare funzione.
83. Il governo francese pone quindi l’accento sul monopolio della revisione legale, che si collega alla dimensione esterna della sua indipendenza: il pubblico deve percepire il revisore dei conti come un professionista di fiducia, lontano dalla vita economica ordinaria.
84. A mio avviso, i motivi di interesse generale addotti dal governo francese spiegherebbero la ragione per la quale i revisori sono soggetti a determinate restrizioni nell’esercizio di attività commerciali, diverse dalla revisione stessa. Orbene, ciò che potrebbe compromettere l’indipendenza dei revisori legali dei conti (o delle imprese di revisione contabile o dei membri della loro rete) è la prestazione di taluni servizi diversi dalla revisione legale dei conti agli enti sottoposti a revisione (53).
85. Se si ammette, il che è altamente improbabile, che questo stesso pericolo per l’indipendenza possa derivare dalla prestazione al pubblico, in generale, di servizi diversi dalla revisione legale dei conti da parte dei revisori dei conti (54), il problema non sarebbe tanto la giustificazione, in astratto, di un regime restrittivo, quanto il contenuto concreto dei divieti imposti, che potrebbero eccedere quanto necessario per raggiungere il loro obiettivo.
c) Proporzionalità
86. Il governo francese ritiene che la normativa controversa sia proporzionata: il revisore dei conti non è obbligato ad esercitare esclusivamente questa specifica attività, in quanto può svolgere anche quella di esperto contabile, cui fanno riferimento le due eccezioni previste dalla legge n. 2019-486/96 (55).
87. Il governo francese completa il suo ragionamento escludendo che altre misure meno restrittive possano raggiungere lo stesso scopo. È quanto avverrebbe con l’istituzione di un regime di autorizzazione preventiva; con l’elaborazione di un elenco di attività vietate; o con un meccanismo obbligatorio di pubblicazione delle loro relazioni di revisione. Nessuna di tali misure risponderebbe alla necessità che i terzi percepiscano l’indipendenza del revisore dei conti.
88. Per contro, la Commissione ritiene che il divieto sia sproporzionato rispetto al suo obiettivo. Altre disposizioni del diritto francese, a cui il giudice del rinvio fa riferimento, servono già a questo obiettivo (56) senza che si chiarisca bene perché dovrebbero essere integrate da tale divieto. In particolare, l’articolo L. 822-10, punto 1, del codice del commercio vieta qualsiasi attività che possa compromettere l’indipendenza del revisore legale dei conti.
89. Spetterà al giudice del rinvio (qualora sia autorizzato a sollevare domande di pronuncia pregiudiziale) valutare la proporzionalità delle norme controverse. La Corte di giustizia può tuttavia fornirgli alcune indicazioni, come quelle che propongo di seguito.
90. Innanzitutto, non condivido la tesi del governo francese sull’interpretazione dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 per quanto riguarda l’avverbio esclusivamente. A mio avviso, al pari di quello della Commissione, l’obbligo di «esercitare esclusivamente una determinata attività specifica» sussiste quando una normativa nazionale consente di aggiungere a tale attività un’attività accessoria di minore importanza, vietando l’esercizio simultaneo di tutte le altre di natura commerciale, come nel caso di specie. Se si segue la tesi del governo francese, uno Stato membro potrebbe, mediante concessioni minime, aggirare facilmente gli obiettivi perseguiti dalla norma.
91. In secondo luogo, e nella stessa prospettiva, il divieto quasi assoluto per i revisori dei conti di esercitare attività commerciali (ho già indicato che le due eccezioni ammissibili hanno una portata molto limitata) è il risultato di un’«inversione del ragionamento prescritto dall’articolo 25 della direttiva 2006/123» (57). Se, conformemente a tale disposizione, il libero esercizio di attività multidisciplinari deve essere la regola per i prestatori di servizi, la normativa francese adotta esattamente il principio opposto per quanto riguarda i revisori legali dei conti.
92. In terzo luogo, come sottolinea la Commissione, l’indipendenza del revisore legale dei conti è già garantita da altre disposizioni del diritto francese, per non parlare del fatto che anche il codice deontologico di questa professione contiene disposizioni per evitare i conflitti di interesse.
93. In quarto luogo, le due eccezioni autorizzate, relative ad alcune attività commerciali accessorie, non sono sufficienti a dimostrare la proporzionalità del divieto generale. Ricordo che «l’articolo 25, paragrafo 1, secondo comma, lettera a), della direttiva 2006/123 non prevede la possibilità di subordinare l’esercizio congiunto di una professione regolamentata con un’altra attività alla condizione che quest’ultima sia accessoria» (58).
94. In quinto luogo, il legislatore francese potrebbe individuare, mediante un catalogo o un elenco simile a quello dell’articolo 5 del regolamento n. 537/2014, i servizi diversi dalla revisione contabile che, in particolare, sono vietati ai revisori legali dei conti al fine di preservare la loro indipendenza o l’immagine che il pubblico ha di tale indipendenza. Contrariamente a quanto sostiene il governo francese, questa tecnica produce un risultato meno oneroso rispetto al divieto (quasi) generalizzato imposto dalla legge controversa, perseguendo al contempo l’obiettivo di preservare l’indipendenza del revisore.
95. Nell’adottare detta soluzione, il legislatore dovrebbe giustificare: a) per quale motivo un elenco applicabile, ai sensi del regolamento n. 537/2014, solo alla revisione legale dei conti di un ente di interesse pubblico viene esteso alla revisione di enti privi di tale natura; e b) per quale motivo un elenco applicabile solo a determinati servizi (diversi dalla revisione contabile) forniti all’ente sottoposto a revisione contabile viene esteso ad altre attività commerciali che il revisore può offrire a persone o enti che non revisiona.
96. Il divieto generale di svolgere attività commerciali diverse dalla revisione contabile appare pertanto, prima facie, eccessivamente rigoroso e va oltre l’obiettivo di preservare l’indipendenza e l’obiettività dei revisori legali dei conti. Allo stesso modo, non è conforme all’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, all’articolo 52 della direttiva 2006/43 e all’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento n. 537/2014.
V. Conclusioni
97. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di giustizia di dichiarare irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale.
In subordine, propongo di rispondere a tale domanda nei seguenti termini:
«L’articolo 25 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, in combinato disposto con gli articoli 22 e 52 della direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, e con l’articolo 5, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE) n. 537/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui requisiti specifici relativi alla revisione legale dei conti di enti di interesse pubblico,
deve essere interpretato nel senso che:
osta, in linea di principio, a una normativa nazionale che vieti ai revisori legali dei conti di esercitare qualsiasi attività commerciale, direttamente o per interposta persona, ad eccezione delle attività commerciali accessorie alla professione di esperto contabile. Spetta all’organo del rinvio stabilire se tale normativa sia fondata su motivi di interesse generale che giustificano il divieto e se quest’ultimo sia indispensabile per preservare l’indipendenza e l’obiettività dei revisori legali dei conti».