Language of document : ECLI:EU:T:2006:136

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

30 maggio 2006 (*)

«Concorrenza – Procedimento amministrativo – Pubblicazione di una decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e infligge ammende – Fissazione da parte delle banche austriache dei tassi d’interesse attivi e passivi (“Club Lombard”) – Rigetto della domanda di omettere taluni passaggi»

Nella causa T-198/03,

Bank Austria Creditanstalt AG, con sede in Vienna (Austria), rappresentata dagli avv.ti C. Zschocke e J. Beninca,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dal sig. S. Rating, successivamente dal sig. A. Bouquet, in qualità di agenti, assistito dagli avv.ti D. Waelbroeck e U. Zinsmeister, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione del consigliere‑uditore della Commissione 5 maggio 2003 di pubblicare la versione non riservata della decisione della Commissione 11 giugno 2002 nel procedimento COMP/36.571/D-l – Banche austriache («Club Lombard»),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO

DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dal sig. J. Pirrung, presidente, e dai sigg. N.J. Forwood e S. Papasavvas, giudici,

cancelliere: sig.ra K. Andová, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 29 novembre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Contesto normativo

1        L’art. 3, n. 1, del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, Primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] e [82] del trattato (GU 1962, n. 13, pag. 204), dispone che, nel caso in cui la Commissione constati un’infrazione alle disposizioni dell’art. 81 CE o dell’art. 82 CE, «può obbligare, mediante decisione, le imprese ed associazioni di imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata».

2        L’art. 20 del regolamento n. 17, riguardante il segreto professionale, prevede che le informazioni raccolte in applicazione di varie disposizioni del detto regolamento «possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state richieste» (n. 1), che la Commissione nonché i suoi funzionari ed agenti «sono tenuti a non divulgare le informazioni raccolte in applicazione del presente regolamento e che, per la loro natura, sono protette dal segreto professionale» (n. 2) e, infine, che le disposizioni di questi due numeri «non ostano alla pubblicazione di informazioni di carattere generale o di studi nei quali non compaiano indicazioni su singole imprese o associazioni di imprese» (n. 3).

3        Ai sensi dell’art. 21 del regolamento n. 17, la Commissione è tenuta a pubblicare «le decisioni che prende in applicazione degli articoli 2, 3, 6, 7 e 8» (n. 1). Il n. 2 di tale articolo precisa che la detta pubblicazione «indica le parti interessate e il contenuto essenziale della decisione» e che «essa deve tener conto dell’interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari».

4        La decisione della Commissione 23 maggio 2001, 200l/462/CE, CECA, relativa al mandato dei consiglieri‑uditori per taluni procedimenti in materia di concorrenza (GU L 162, pag. 21), prevede all’art. 9:

«La progettata rivelazione di informazioni che possano costituire segreti commerciali per una determinata impresa è comunicata per iscritto all’impresa stessa con la relativa motivazione. È inoltre fissato un termine entro il quale l’impresa può presentare osservazioni scritte.

Qualora l’impresa interessata si opponga alla rivelazione delle informazioni, ma si riscontri che queste non sono riservate e possono quindi essere rivelate, deve essere adottata un’apposita decisione motivata da notificare all’impresa stessa. La decisione specifica il termine al cui scadere saranno rivelate le informazioni. Tale termine non deve essere inferiore ad una settimana dalla notifica.

Il primo ed il secondo comma si applicano altresì alla divulgazione di informazioni mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee».

 Fatti all’origine della controversia

5        Con decisione 11 giugno 2002, emanata nell’ambito della pratica COMP/36.571/D-1 – Banche austriache («Club Lombard»), la Commissione ha constatato che la ricorrente aveva partecipato dal 1° gennaio 1995 al 24 giugno 1998, ad un’intesa con diverse altre banche austriache (art. 1) per la quale era stato deciso di infliggerle (art. 3), al pari delle altre banche interessate dal procedimento, un’ammenda (in prosieguo: la «decisione che infligge ammende»).

6        Con lettera 12 agosto 2002, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente un progetto di versione non riservata della decisione che infligge ammende e le ha chiesto l’autorizzazione per la pubblicazione della detta versione.

7        Il 3 settembre 2002 la ricorrente (al pari di diverse altre banche interessate) ha presentato un ricorso di annullamento contro la decisione che infligge ammende, iscritto al ruolo come causa T-260/02. Con il detto ricorso la ricorrente non contesta i fatti constatati dalla Commissione nella decisione di cui trattasi, ma unicamente l’importo dell’ammenda irrogatale.

8        Con lettera 10 settembre 2002, la ricorrente, in risposta alla domanda di autorizzazione della pubblicazione datata 12 agosto 2002, ha chiesto alla Commissione di pubblicare la decisione che infligge ammende eliminando l’esposizione dei fatti relativi all’anno 1994 contenuta nel punto 7 del preambolo e sostituendo i punti 8-12 del preambolo di tale decisione con un testo da essa proposto.

9        Il 7 ottobre 2002 i servizi interessati della Commissione hanno organizzato una riunione con gli avvocati di tutti i destinatari della decisione che infligge ammende. In occasione di tale riunione essi tuttavia non sono pervenuti ad un accordo relativamente alla versione da pubblicare, tenuto conto delle censure sollevate dalla ricorrente nella sua lettera in data 10 settembre 2002. In riferimento a tale richiesta, il 22 ottobre 2002 il direttore competente della direzione generale della concorrenza della Commissione ha inviato una lettera alla ricorrente, ricordandole la posizione della Commissione riguardo alla pubblicazione della decisione che infligge ammende e comunicandole una versione non riservata e rivista della detta decisione.

10      Il 6 novembre 2002 la ricorrente si è rivolta al consigliere‑uditore chiedendogli di accogliere la sua domanda datata 10 settembre 2002.

11      Pur considerando infondata la detta domanda, il consigliere‑uditore, con lettera 20 febbraio 2003, ha presentato alla ricorrente una nuova versione non riservata della decisione che infligge ammende.

12      Con lettera 28 febbraio 2003, la ricorrente ha indicato che manteneva la propria opposizione alla pubblicazione della detta versione non riservata.

13      Con lettera 5 maggio 2003 il consigliere‑uditore ha deciso di respingere l’opposizione della ricorrente alla pubblicazione della detta decisione (in prosieguo: la «decisione impugnata»), producendo nel contempo una versione non riservata e rivista della decisione che infligge ammende. In conformità all’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462, il consigliere‑uditore ha dichiarato che tale versione della decisione che infligge ammende (in prosieguo: la «versione controversa») non conteneva informazioni che beneficiano della garanzia di trattamento riservato prevista dal diritto comunitario.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 giugno 2003, la ricorrente ha proposto, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, il presente ricorso.

15      Con atto separato depositato lo stesso giorno presso la cancelleria del Tribunale la ricorrente ha presentato, in via principale, una domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata fino alla pronuncia del giudice di merito e, in subordine, una domanda diretta a vietare alla Commissione la pubblicazione della versione controversa fino a tale data. Tale domanda è stata respinta con ordinanza del presidente del Tribunale 7 novembre 2003, causa T‑198/03 R, Bank Austria Creditanstalt/Commissione (Racc. pag. II‑4879). La decisione che infligge ammende è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 24 febbraio 2004 (GU L 56, pag. 1).

16      L’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione, con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2003, è stata riunita al merito con ordinanza 30 marzo 2004della Seconda Sezione del Tribunale.

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

19      La ricorrente deduce sei motivi a sostegno del suo ricorso, attinenti, rispettivamente, alla violazione dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, alla violazione dell’art. 21, n. 2, del detto regolamento, all’illegittimità della pubblicazione delle parti della decisione che infligge ammende relative al 1994, alla violazione del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2000, n. 45/2001, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU 2001, L 8, pag. 1), alla violazione del principio di parità di trattamento e del regolamento del Consiglio 15 aprile 1958, n. 1, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, n. 17, pag. 385), a causa della pubblicazione anticipata su Internet, in tedesco, della decisione che infligge ammende, e, infine, alla violazione dell’obbligo di motivazione.

20      Da un lato, la Commissione considera che il ricorso è irricevibile. Essa sostiene, in primo luogo, che la decisione impugnata non può essere oggetto di ricorso, dal momento che essa non produce effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare gli interessi della ricorrente modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica e, in secondo luogo, che la ricorrente non ha interesse ad agire. Essa considera, in terzo luogo, che i motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno del suo ricorso sono tutti irricevibili, il che determina l’irricevibilità del ricorso nel suo insieme. Dall’altro, la Commissione è del parere che i motivi dedotti dalla ricorrente non siano comunque fondati.

21      Date tali circostanze, occorre esaminare, in una prima fase, i due primi motivi di irricevibilità sollevati dalla Commissione, e, in una seconda fase, la ricevibilità e il merito dei motivi dedotti dalla ricorrente.

 Sui motivi di irricevibilità dedotti dalla Commissione

 Sull’esistenza di un atto impugnabile

–       Argomenti delle parti

22      La Commissione desume dall’art. 9 della decisione 2001/462 (riprodotto supra al punto 4) che la decisione del consigliere‑uditore può essere considerata un provvedimento che produce effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare gli interessi della ricorrente modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica solo laddove tale decisione autorizza la pubblicazione di «segreti commerciali» o altre informazioni che godono di un’analoga protezione.

23      Essa considera che la decisione relativa alla portata della pubblicazione della versione non riservata di un atto rientra invece nel potere discrezionale della Commissione e non può pregiudicare la situazione giuridica del destinatario della decisione.

24      La Commissione sostiene che la ricorrente non ha indicato, né nella domanda rivolta al consigliere‑uditore né nel ricorso, alcun segreto commerciale o alcuna informazione che usufruisce di un’analoga protezione che sarebbe contenuto nella versione controversa. Essa afferma che il consigliere‑uditore, adottando la decisione impugnata, non ha in alcun modo negato il carattere riservato di alcun dato, e che, di conseguenza, tale decisione non può costituire un atto lesivo.

25      Secondo la ricorrente, la decisione impugnata produce effetti giuridici vincolanti nei propri confronti. A suo parere la portata della decisione impugnata va al di là della constatazione che la versione controversa non contiene segreti commerciali. Essa sostiene che il procedimento previsto all’art. 9, primo e secondo comma, della decisione 2001/462 garantisce la protezione dei segreti commerciali, mentre l’art. 9, terzo comma, di tale decisione disciplina, a prescindere dal problema dell’esistenza di segreti commerciali, la divulgazione di informazioni che devono essere pubblicate nella Gazzetta ufficiale.

–       Giudizio del Tribunale

26      Secondo una costante giurisprudenza, costituiscono atti o decisioni impugnabili con ricorso di annullamento, ai sensi dell’art. 230 CE, i provvedimenti che producono effetti giuridici vincolanti idonei ad incidere sugli interessi del ricorrente, modificando in misura rilevante la sua situazione giuridica (sentenza della Corte 11 novembre 1981, causa 60/81, IBM/Commissione, Racc. pag. 2639, punto 9; sentenza del Tribunale 18 dicembre 1992, cause riunite da T‑10/92 a T‑12/92 e T‑15/92, Cimenteries CBR e a./Commissione, Racc. pag. II‑2667, punto 28; ordinanze del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑219/01, Commerzbank/Commissione, Racc. pag. II‑2843, punto 53, e Bank Austria Creditanstalt/Commissione, cit. punto 15 supra, punto 31).

27      A tale proposito, la tesi della Commissione, secondo la quale la decisione impugnata, adottata ai sensi dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462, non produce effetti giuridici vincolanti, perché non si pronuncia in merito all’esistenza di segreti commerciali o altre informazioni che godono di un’analoga protezione, non può essere accolta.

28      L’art. 9 della decisione 2001/462 ha lo scopo di attuare, sul piano procedurale, la protezione prevista dal diritto comunitario per le informazioni di cui la Commissione è venuta a conoscenza nell’ambito delle procedure di applicazione delle regole di concorrenza. Al riguardo, l’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17 precisa che fruiscono di tale protezione, in particolare, le informazioni raccolte in applicazione del regolamento n. 17 e che, per la loro natura, sono protette dal segreto professionale.

29      Orbene, la sfera dei dati coperti dal segreto d’ufficio è più ampia di quella del segreto commerciale (conclusioni dell’avvocato generale Lenz relative alla sentenza della Corte 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione, Racc. pag. 1965, in particolare pag. 1977). Al riguardo occorre operare una distinzione tra la protezione che è necessario accordare a informazioni coperte dal segreto professionale rispetto a persone, imprese o associazioni d’imprese che godono di un diritto ad essere sentiti nell’ambito di un procedimento di applicazione delle regole di concorrenza e la protezione che va accordata a simili informazioni rispetto al pubblico in generale. Infatti, l’obbligo per i dipendenti di ruolo e per gli agenti delle istituzioni di non divulgare le informazioni in loro possesso protette dal segreto professionale, enunciato all’art. 287 CE e attuato, nel settore delle regole di concorrenza applicabili alle imprese, dall’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, è attenuato nei confronti delle persone cui l’art. 19, n. 2, del detto regolamento dà il diritto di essere sentiti. La Commissione può comunicare a tali persone talune informazioni coperte dal segreto professionale ove tale comunicazione sia necessaria per il regolare svolgimento dell’istruttoria. Tuttavia, tale facoltà non vale per i segreti commerciali, ai quali viene garantita una tutela del tutto particolare (v., in tal senso, sentenza AKZO Chemie/Commissione, cit., punti 26‑28). Informazioni protette dal segreto professionale non possono invece essere divulgate al pubblico in generale, a prescindere dal fatto che si tratti di segreti commerciali o di altre informazioni riservate.

30      La necessità di un simile trattamento differenziato è stata ricordata dalla sentenza del Tribunale 18 settembre 1996, causa T‑353/94, Postbank/Commissione (Racc. pag. II‑921, punto 87), la quale ha precisato, per quanto riguarda la nozione di segreti commerciali, che sono informazioni di cui non soltanto la divulgazione al pubblico, ma anche semplicemente la trasmissione ad un soggetto di diritto diverso da quello che ha fornito l’informazione può ledere gravemente gli interessi di quest’ultimo.

31      Quindi, i primi due commi dell’art. 9 della decisione 2001/462, che si riferiscono alla protezione dei segreti commerciali, riguardano in particolare la rivelazione di informazioni a persone, imprese o gruppi di imprese per l’esercizio del loro diritto al contraddittorio nell’ambito di un procedimento di applicazione delle regole di concorrenza. Per quanto riguarda, invece, la divulgazione di informazioni al pubblico in generale, mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, tali disposizioni si applicano solo mutatis mutandis, secondo il disposto dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462. Ciò implica, in particolare, che il consigliere‑uditore, ove adotti una decisione ai sensi di tale disposizione, è tenuto a garantire che sia rispettato il segreto professionale circa le informazioni che non necessitano di una protezione così particolare come quella accordata ai segreti commerciali, e segnatamente circa le informazioni che possono essere comunicate a terzi aventi un diritto di essere sentiti in merito, ma il cui carattere riservato osta ad una divulgazione al pubblico.

32      Inoltre, ai sensi del nono ‘considerando’ della decisione 2001/462, «[n]ella rivelazione di informazioni riguardanti persone fisiche va osservato in particolare il regolamento (…) n. 45/2001».

33      Il consigliere‑uditore è quindi altresì tenuto ad assicurare il rispetto delle disposizioni di tale regolamento quando adotta una decisione che autorizza, ai sensi dell’art. 9 della decisione 2001/462, la divulgazione di informazioni.

34      Di conseguenza, il consigliere‑uditore nell’adottare una decisione ai sensi dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462, non deve limitarsi ad esaminare se la versione di una decisione adottata ai sensi del regolamento n. 17 e destinata ad essere pubblicata contiene segreti commerciali o altre informazioni che godono di un’analoga protezione. Egli deve altresì verificare se tale versione contiene altre informazioni che non possono essere divulgate al pubblico perché protette specificamente da norme di diritto comunitario o perché appartengono a quelle informazioni che, per la loro natura, sono protette dal segreto professionale. Pertanto, la decisione del consigliere‑uditore produce effetti giuridici in quanto determina se il testo da pubblicare contiene informazioni del genere.

35      Questa interpretazione dell’art. 9, terzo comma, della decisione 2001/462 è compatibile con l’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17, ai sensi del quale «la pubblicazione (…) deve tener conto dell’interesse delle imprese a che non vengano divulgati i segreti relativi ai loro affari». Infatti, tale disposizione, che mette in rilievo la particolare protezione da riservare ai segreti commerciali, non può essere interpretata nel senso di limitare la protezione accordata da altre norme di diritto comunitario, quali l’art. 287 CE, l’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17 e il regolamento n. 45/2001, alle altre informazioni protette dal segreto professionale.

36      Da quanto precede risulta che la decisione impugnata produce effetti giuridici vincolanti nei confronti della ricorrente laddove constata che la versione controversa non contiene informazioni protette da una divulgazione al pubblico. Il motivo di irricevibilità che la Commissione desume dalla mancanza di un atto impugnabile deve essere pertanto respinto.

 Sull’interesse ad agire della ricorrente

–       Argomenti delle parti

37      La Commissione ritiene che la ricorrente non abbia interesse all’annullamento della decisione impugnata.

38      In primo luogo, essa si fonda sulle motivazioni per cui considera che la decisione del consigliere‑uditore non è un atto impugnabile.

39      In secondo luogo, essa sostiene che la decisione che infligge ammende non contiene alcuna informazione sconosciuta al pubblico, perché le versioni non riservate della comunicazione degli addebiti 10 settembre 1999 e della comunicazione di nuovi addebiti 21 novembre 2000 nella stessa causa erano state rese pubbliche da parte di un terzo. La Commissione sottolinea che, contrariamente ad altri destinatari della decisione che infligge ammende, la ricorrente non ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale contro la trasmissione di tali versioni al detto terzo.

40      In terzo luogo, la Commissione ritiene che la ricorrente abbia perduto ogni interesse all’annullamento della decisione impugnata, mediante la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, della versione controversa. Essa afferma che, secondo quanto dedotto dalla ricorrente a sostegno della sua domanda di sospendere l’esecuzione della decisione impugnata, lo scopo del presente ricorso era quello di ritardare il più a lungo possibile la pubblicazione della decisione che infligge ammende in un momento in cui il suo direttore generale era minacciato dalle conseguenze penali della partecipazione della ricorrente all’intesa «Club Lombard». Poiché le azioni penali avviate contro i membri dei consigli direttivi delle imprese partecipanti a tale intesa erano state nel frattempo abbandonate, secondo la Commissione la ricorrente ha perso qualsiasi motivo di contestare la pubblicazione della versione controversa.

41      La ricorrente contesta tali argomenti sostenendo, in primo luogo, che la decisione impugnata viola sotto vari profili disposizioni dirette a proteggere i suoi interessi individuali. Essa sostiene in particolare che la versione controversa si fonda su informazioni che la Commissione ha ottenuto in applicazione del regolamento n. 17 e che sono protette dal segreto professionale in forza dell’art. 20 del medesimo regolamento e dell’art. 287 CE.

–       Giudizio del Tribunale

42      Le disposizioni relative al segreto professionale richiamate dalla ricorrente mirano, in particolare, a proteggere le persone interessate da un procedimento di applicazione delle regole di concorrenza ai sensi del regolamento n. 17 dal danno che può derivare dalla divulgazione di informazioni che la Commissione ha ottenuto nell’ambito di tale procedimento. Pertanto, non si può negare che la ricorrente ha, in linea di principio, un interesse ad agire contro la decisione impugnata.

43      Occorre poi rilevare che la pubblicazione delle comunicazione degli addebiti, di cui al punto 39 supra, da parte di un terzo non incide sull’interesse ad agire della ricorrente. Infatti, quand’anche si ritenesse che le informazioni contenute in tali documenti siano identiche a quelle che figurano nelle parti controverse della decisione che infligge ammende, la portata di quest’ultima è completamente diversa da quella di una comunicazione degli addebiti. Quest’ultima offre alle parti interessate la possibilità di esprimere il loro punto di vista su elementi che la Commissione addebita loro provvisoriamente. La decisione che infligge ammende contiene invece una descrizione dei fatti che la Commissione considera accertati. Pertanto, la pubblicazione della comunicazione degli addebiti e dei nuovi addebiti, per quanto possa essere dannosa per le parti interessate, non può privare i destinatari della decisione che infligge ammende dell’interesse a far valere che la versione pubblicata di tale decisione contiene informazioni protette dalla divulgazione al pubblico.

44      Quanto alla pubblicazione della decisione che infligge ammende intervenuta dopo che è stato proposto il ricorso, occorre rammentare che l’interesse del destinatario di una decisione ad impugnarla non può essere contestato argomentando che tale decisione è stata già eseguita, posto che l’annullamento di una siffatta decisione può produrre di per sé conseguenze giuridiche, soprattutto laddove venga ingiunto alla Commissione di disporre tutti i provvedimenti connessi con l’esecuzione della sentenza del Tribunale e di astenersi dal reiterare tale condotta (sentenze della Corte AKZO Chemie/Commissione, cit. punto 29 supra, punto 21, e 26 aprile 1988, causa 207/86, Apesco/Commissione, Racc. pag. 2151, punto 16; sentenza del Tribunale 9 novembre 1994, causa T‑46/92, Scottish Football/Commissione, Racc. pag. II‑1039, punto 14; ordinanza del Tribunale 1° febbraio 1999, causa T‑256/97, BEUC/Commissione, Racc. pag. II‑169, punto 18).

45      Infine, l’argomento della Commissione secondo cui la ricorrente, proponendo il presente ricorso di annullamento, ha il solo scopo di ritardare la pubblicazione della decisione che infligge ammende per evitare che le informazioni contenute in tale decisione possano essere utilizzate nell’ambito di azioni penali riguardanti il suo direttore generale, cosicché essa avrebbe perso qualunque interesse ad agire dopo che le autorità giudiziarie austriache hanno rinunciato a tali azioni, non è confortata dagli elementi del fascicolo. A questo proposito, risulta in particolare dall’ordinanza Bank Austria Creditanstalt/Commissione, punto 15 supra (punti 44‑47), che il riferimento ai detti procedimenti penali rappresenta solamente uno degli elementi invocati dalla ricorrente per dimostrare che ricorreva il presupposto dell’urgenza della sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. Orbene, da un lato, la ricorrente ha affermato, nella sua domanda di provvedimenti urgenti, che la decisione impugnata le avrebbe causato danni anche sotto altri profili. Dall’altro, il fatto che non sussistano più le condizioni che hanno indotto un ricorrente a chiedere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata non comporta il venir meno dell’interesse al suo annullamento.

46      Anche il motivo di irricevibilità che la Commissione desume dalla mancanza di interesse ad agire deve pertanto essere respinto.

 Sui motivi dedotti dalla ricorrente

47      Occorre esaminare, innanzitutto, i primi due motivi della ricorrente, attinenti alla violazione dell’art. 2, nn. 1 e 2, del regolamento n. 17, poi, il terzo ed il sesto motivo, attinenti alla illegittimità della pubblicazione della descrizione dei fatti relativi al 1994, in seguito il quarto motivo, attinente alla violazione del regolamento n. 45/2001, e, infine, il quinto motivo, attinente alla illegittimità della pubblicazione anticipata, su Internet, del testo tedesco della decisione che infligge ammende.

 Sul primo motivo attinente alla violazione dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17

–       Argomenti delle parti

48      La ricorrente sostiene che la decisione che infligge ammende non fa parte delle decisioni la cui pubblicazione è obbligatoria ai sensi dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17. Essa afferma che, ai termini di tale disposizione, devono essere pubblicate solamente le decisioni prese in applicazione degli artt. 2, 3, 6, 7 e 8 di tale regolamento, e che l’art. 20 del regolamento n. 17, sulla protezione del segreto professionale, vieta la pubblicazione di ogni altra decisione adottata in base a tale regolamento. A suo parere, le disposizioni del regolamento n. 17 relative alla protezione del segreto commerciale da parte della Commissione (art. 20, n. 2, del regolamento n. 17) costituiscono la regola e quelle relative alla pubblicazione di decisioni (art. 21 del regolamento n. 17) l’eccezione.

49      La ricorrente sottolinea che l’art. 3 del regolamento n. 17 riguarda le decisioni mediante le quali la Commissione obbliga le imprese interessate a porre fine all’infrazione constatata. Essa fa valere che la decisione che infligge ammende non può essere assimilata a decisioni del genere, dal momento che l’infrazione era terminata ben prima della sua adozione. L’ingiunzione di porre fine all’infrazione di cui all’art. 2 del dispositivo della decisione che infligge ammende è dunque, secondo la ricorrente, privo di oggetto, ovvero inesistente. Quest’ultima ne deduce che la pubblicazione della decisione che infligge ammende è vietata, integralmente, dall’art. 20 del regolamento n. 17.

50      La Commissione contesta la ricevibilità del motivo in esame sostenendo, in primo luogo, che la pubblicazione della decisione che infligge ammende non risulta dalla decisione impugnata, ma dall’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17. In secondo luogo, la Commissione osserva che la ricorrente non può più far valere, con il presente ricorso, che l’ingiunzione di porre fine all’infrazione contenuta nell’art. 2 della decisione che infligge ammende è illegittima, in quanto tale censura, che non riguarda la decisione impugnata, ma la decisione che infligge ammende, è stata sollevata tardivamente. In terzo luogo, la Commissione afferma che il motivo in esame, esposto nel ricorso, non integra i requisiti dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale.

51      La Commissione sostiene che, comunque, l’esposizione effettuata dalla ricorrente è infondata in quanto, da un lato, quest’ultima afferma che un’ingiunzione idonea a porre fine all’infrazione è la conditio sine qua non per la pubblicazione della decisione che infligge ammende, ma non lamenta che questa contiene una simile ingiunzione e, dall’altro, essa afferma che l’art. 21 del regolamento n. 17 prevede una deroga al principio della protezione del segreto professionale, ma non dice che la protezione del segreto professionale è stata violata.

–       Giudizio del Tribunale

52      Per quanto riguarda la ricevibilità del motivo, deriva, in primo luogo, da quanto esposto ai precedenti punti 27‑36, che gli argomenti della Commissione, secondo cui la pubblicazione della versione controversa non risulta dalla decisione impugnata e che la ricorrente non ha alcun interesse a contestare il contenuto di tale versione, sono infondati. Infatti, opponendo tali argomenti, la Commissione non tiene conto del ragionamento della ricorrente diretto proprio a far valere che la versione controversa contiene informazioni le quali, essendo protette del segreto professionale ai sensi dell’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, non possono essere pubblicate. Orbene, la pubblicazione dei passaggi di cui trattasi, alla divulgazione dei quali la ricorrente si è opposta perché conterrebbero informazioni protette del segreto professionale, risulta dall’adozione della decisione impugnata.

53      In secondo luogo, affermando che una decisione che contiene un’ingiunzione di porre fine all’infrazione, quando quest’ultima è già terminata, non fa parte di quelle la cui pubblicazione è obbligatoria ex art. 21 del regolamento n. 17, la ricorrente non contesta solamente la legittimità dell’ingiunzione di cui all’art. 2 della decisione che infligge ammende, ma anche l’interpretazione dell’art. 21 del regolamento n. 17 su cui si fonda la decisione impugnata. Intesa in tal senso, la sua censura non può essere respinta perché è stata sollevata tardivamente. Peraltro, non sarebbe auspicabile, per motivi di economia processuale, subordinare la ricevibilità del motivo in esame alla previa condizione che il destinatario della decisione che infligge ammende che vuole contestare la sua pubblicazione abbia proposto un ricorso contro l’ingiunzione in essa contenuta.

54      In terzo luogo, l’esposizione del primo motivo contenuta nel ricorso è sufficientemente chiara e coerente; infatti, ha permesso alla Commissione di preparare un ragionamento circostanziato per difendersi e il Tribunale ritiene di potersi pronunciare su tali motivi. L’esposizione di questo motivo soddisfa pertanto i requisiti dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura.

55      Il primo motivo dedotto dalla ricorrente è quindi ricevibile.

56      Per quanto riguarda la fondatezza di tale motivo, l’interpretazione dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, suggerita dalla ricorrente, secondo la quale quest’ultimo riguarda soltanto la pubblicazione di decisioni che contengono un’ingiunzione di porre termine all’infrazione, non può tuttavia essere accolta. Infatti, lo scopo del regolamento n. 17, come risulta dai suoi ‘considerando’ nonché dall’art. 83, n. 2, lett. a), CE, è quello di garantire il rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese e di abilitare, a tal fine, la Commissione ad obbligare le imprese a porre fine all’infrazione constatata e ad infliggere ammende e penalità di mora in caso di infrazione. Il potere di adottare decisioni a tal fine comporta necessariamente quello di constatare l’infrazione di cui si tratta (sentenza della Corte 2 marzo 1983, causa 7/82, GVL/Commissione, Racc. pag. 483, punto 23). La Commissione può dunque adottare, ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 17, una decisione che si limita a constatare un’infrazione che è già cessata, purché abbia un legittimo interesse a farlo (sentenza GVL/Commissione, cit., punti 24‑28). Del pari, secondo una costante giurisprudenza, essa, può infliggere ammende a motivo di un comportamento che costituisce infrazione, che è già cessato (sentenza della Corte 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, Racc. pag. 661, punto 175, e sentenza del Tribunale, 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 37, 38 e 131). Orbene, una decisione che infligge ammende adottata ai sensi dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 comporta necessariamente una constatazione dell’infrazione ex art. 3 del medesimo regolamento (v., in tal senso, sentenza GVL/Commissione, cit., punto 23, e sentenza Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, cit., punto 36).

57      Occorre aggiungere che il compito di sorveglianza assegnato alla Commissione dagli artt. 81, n. 1, CE e 86 CE comprende non solo quello di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 170). Orbene, per l’adempimento di tale compito è indispensabile che gli operatori economici siano informati, mediante la pubblicazione delle decisioni che constatano infrazioni e infliggono ammende, sui comportamenti che hanno dato luogo a interventi repressivi da parte della Commissione.

58      Ne consegue che l’obbligo della Commissione di pubblicare, ai sensi dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, le decisioni che essa adotta in applicazione dell’art. 3 di tale regolamento si applica a tutte le decisioni che constatano un’infrazione o infliggono un’ammenda, senza che occorra sapere se esse contengono anche un’ingiunzione di porre fine all’infrazione o se una simile ingiunzione è giustificata, tenuto conto delle circostanze della fattispecie.

59      Il primo motivo è quindi infondato.

 Sul secondo motivo, attinente alla violazione dell’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17

–       Argomenti delle parti

60      La ricorrente invoca il principio di legalità dell’azione amministrativa, da cui, a suo parere, discende che la Commissione può adottare decisioni individuali solo in base e conformemente ad una norma che costituisce il fondamento normativo della sua azione. Essa afferma che, secondo l’art. 21 del regolamento n. 17, che è il fondamento normativo della pubblicazione delle decisioni di applicazione delle regole di concorrenza, soltanto il «contenuto essenziale della decisione» può essere pubblicato. Essa desume dal rapporto tra l’art. 20 del regolamento n. 17, che costituisce la regola, e l’art. 21 del medesimo regolamento, che è l’eccezione (v. precedente punto 48), che la protezione del segreto professionale tutela l’intera decisione che infligge ammende e che quest’ultima non deve essere pubblicata. Essa ritiene dunque che l’art. 21 del regolamento n. 17 non possa giustificare la pubblicazione del testo integrale della decisione che infligge ammende.

61      Al riguardo essa rileva che, nella fattispecie, la versione controversa si distingue dall’originale solo nella parte in cui sono stati eliminati i nomi dei dipendenti delle banche interessate e che ciò non costituisce una riproduzione del «contenuto essenziale» della decisione che infligge ammende. Essa ricorda, inoltre, che la Commissione ha potuto accedere a gran parte delle informazioni che figurano nella versione controversa grazie alla collaborazione spontanea della ricorrente.

62      La ricorrente addebita alla Commissione di aver respinto, immotivatamente, la sua proposta di pubblicazione del «contenuto essenziale» della decisione che infligge ammende, e di avere assimilato, ciò facendo, in maniera giuridicamente errata la decisione integrale ed il suo contenuto essenziale.

63      La ricorrente contesta l’argomento secondo il quale la pubblicazione della versione controversa era necessaria al fine di esporre, innanzitutto, la natura, l’ampiezza, la portata e l’istituzionalizzazione dell’intesa, poi, illustrare la gravità e la durata di quest’ultima nonché il preteso dolo delle parti interessate e, infine la pretesa capacità dell’intesa di pregiudicare il commercio intracomunitario. Essa contesta che la Commissione sia competente a perseguire i detti obiettivi pubblicando illegittimamente la decisione che infligge ammende, dal momento che l’art. 21 del regolamento n. 17 prevede espressamente solo la pubblicazione del contenuto essenziale di tale decisione. In subordine, essa afferma che i detti obiettivi avrebbero potuto essere raggiunti anche esponendo il «contenuto essenziale» della detta decisione.

64      Secondo la ricorrente, gli artt. 20 e 21 del regolamento n. 17 privavano la Commissione di ogni potere discrezionale per quanto riguarda la facoltà di pubblicare il testo integrale di una decisione o di riprodurne il contenuto essenziale. La ricorrente riconosce che la Commissione può avere la discrezionalità di determinare ciò che costituisce il «contenuto essenziale» di una decisione, ma sottolinea che nel caso di specie non è stata adottata nessuna decisione su questo aspetto.

65      Infine, la ricorrente afferma che un’eventuale pratica decisionale della convenuta consistente nel pubblicare integralmente le decisioni che infliggono ammende è illegittima e non può motivare la decisione impugnata.

66      La Commissione considera irricevibile il motivo in esame. Quanto al merito, essa sostiene che la tesi secondo cui l’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17 vieta la pubblicazione di versioni non riservate e integrali di decisioni, fondata esclusivamente sulla conclusione a contrario non motivata secondo la quale ogni pubblicazione cui la Commissione non è espressamente tenuta sarebbe illegittima, è sbagliata. A suo parere, l’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17 non costituisce una disposizione destinata a proteggere le persone interessate da una decisione da pubblicare, ma discende dal principio di pubblicità degli atti giuridici proprio di uno Stato di diritto. Essa afferma, inoltre, che la decisione impugnata indica, in forma motivata, che la pubblicazione della versione controversa è «necessaria» e legittima, perché la detta versione non contiene né segreti commerciali né eventuali altre informazioni riservate degne di protezione.

–       Giudizio del Tribunale

67      Il motivo in esame si fonda sull’erronea premessa secondo cui qualsiasi pubblicazione di una decisione adottata in applicazione del regolamento n. 17 che non è obbligatoria ex art. 21 del regolamento è illegittima.

68      A tal riguardo occorre rilevare che il principio di legalità invocato dalla ricorrente a sostegno della sua tesi è riconosciuto, in diritto comunitario, nel senso che esso impone che una sanzione, anche di carattere non penale, può essere inflitta solo qualora abbia un fondamento giuridico chiaro ed inequivocabile (sentenza della Corte 25 settembre 1984, causa 117/83, Könecke, Racc. pag. 3291, punto 11).

69      Tuttavia, dal principio di legalità non si può dedurre il divieto di pubblicare gli atti adottati dalle istituzioni qualora tale pubblicazione non sia esplicitamente prevista dai Trattati o da un altro atto di portata generale. Allo stato attuale del diritto comunitario, un divieto del genere sarebbe incompatibile con l’art. 1 UE, ai termini del quale, in seno all’Unione europea, «le decisioni [sono] prese nel modo più trasparente possibile». Tale principio si riflette all’art. 255 CE, il quale garantisce, a determinate condizioni, un diritto di accesso dei cittadini ai documenti delle istituzioni. Esso è inoltre sancito dall’art. 254 CE che subordina l’entrata in vigore di taluni atti delle istituzioni alla loro pubblicazione, e da molte altre disposizioni del diritto comunitario che, alla stregua dell’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17, obbligano le istituzioni a render conto al pubblico delle loro attività. Conformemente a tale principio, in mancanza di disposizioni che prescrivono o vietano esplicitamente una pubblicazione, la facoltà delle istituzioni di rendere pubblici gli atti che esse adottano è la regola, alla quale sussistono eccezioni nella misura in cui il diritto comunitario, in particolare tramite disposizioni che garantiscono il rispetto del segreto professionale, osta ad una divulgazione di tali atti o di talune informazioni in essi contenute.

70      In tale contesto, occorre precisare che né l’art. 287 CE né il regolamento n. 17 indicano esplicitamente quali informazioni, oltre ai segreti commerciali, sono protette dal segreto professionale. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non si può dedurre dall’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, che questo sia il caso di tutte le informazioni raccolte in applicazione del detto regolamento, salvo quelle la cui pubblicazione è obbligatoria ex art. 21. Infatti, alla stregua dell’art. 287 CE, l’art. 20, n. 2, del regolamento n. 17, che attua tale disposizione del Trattato in fatto di regole sulla concorrenza applicabili alle imprese, osta unicamente alla divulgazione delle informazioni «che, per la loro natura, sono protette dal segreto professionale».

71      Affinché delle informazioni ricadano, per la loro natura, nell’ambito del segreto professionale, è necessario, innanzitutto, che siano conosciute soltanto da un numero ristretto di persone. Deve poi trattarsi di informazioni la cui divulgazione può causare un danno grave alla persona che le ha fornite o a terzi. Infine, è necessario che gli interessi che possono essere lesi dalla divulgazione dell’informazione siano oggettivamente degni di protezione. La valutazione della riservatezza di un’informazione necessita quindi di una ponderazione tra gli interessi legittimi che ostano alla sua divulgazione e l’interesse generale che impone che le attività delle istituzioni comunitarie si svolgano nel modo più trasparente possibile.

72      Una ponderazione dell’interesse generale alla trasparenza dell’azione comunitaria con gli interessi che possono opporvisi è stata effettuata dal legislatore comunitario in vari atti di diritto derivato, in particolare con il regolamento n. 45/2001 e con il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43). Sebbene la nozione di «segreto professionale» appartenga al diritto primario in quanto figura all’art. 287 CE e il diritto derivato non possa in nessun caso modificare le disposizioni del Trattato, l’interpretazione data dal legislatore comunitario al Trattato in merito ad una questione che non è stata espressamente disciplinata costituisce nondimeno un indizio importante del modo in cui la disposizione deve essere intesa (conclusioni del giudice Kirschner facente funzione di avvocato generale, relative alla sentenza del Tribunale 10 luglio 1990, causa T‑51/89, Tetra Pak/Commissione, Racc. pag. II‑309, in particolare pag. II‑312, paragrafo 34).

73      Occorre aggiungere che, sebbene il nono ‘considerando’ della decisione 2001/462 si riferisca al regolamento n. 45/2001 (v. precedenti punti 32 e 33), il decimo ‘considerando’ prevede che «[l]a presente decisione lascia impregiudicate le disposizioni generali vigenti in materia di accesso ai documenti della Commissione». Adottando questa decisione, la Commissione non intendeva quindi né restringere né ampliare i requisiti in base ai quali il pubblico può accedere ai documenti che si riferiscono all’applicazione delle regole di concorrenza e alle informazioni che essi contengono, rispetto a ciò che è previsto da tali regolamenti.

74      Ne consegue che, nei limiti in cui simili disposizioni di diritto derivato vietano la divulgazione di informazioni al pubblico o escludono l’accesso del pubblico a documenti che le contengono, tali informazioni devono essere considerate protette dal segreto professionale. Invece, nei limiti in cui il pubblico ha un diritto di accesso a documenti che contengono determinate informazioni, tali informazioni non possono essere considerate come protette, per la loro natura, dal segreto professionale.

75      Per quanto riguarda la pubblicazione delle decisioni della Commissione adottate in applicazione del regolamento n. 17, risulta da quanto precede che l’art. 20 del regolamento n. 17 vieta, oltre alla divulgazione di segreti commerciali, la pubblicazione in particolare di informazioni che rientrano tra le deroghe al diritto di accesso ai documenti previste all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001 o che sono protette in forza di altre norme di diritto derivato, quali il regolamento n. 45/2001. Per contro, esso non osta alla pubblicazione di informazioni che il pubblico ha il diritto di conoscere attraverso il diritto d’accesso ai documenti.

76      Occorre poi ricordare che l’art. 21, n. 1, del regolamento n. 17 obbliga la Commissione a pubblicare le sue decisioni adottate in applicazione degli artt. 2, 3, 6, 7 e 8 di tale regolamento. Tenuto conto delle considerazioni che precedono, occorre interpretare l’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17 nel senso che esso limita tale obbligo all’indicazione delle parti interessate e del «contenuto essenziale» di tali decisioni per facilitare il compito della Commissione di informare il pubblico in merito a queste ultime, considerati in particolare i vincoli linguistici connessi a una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Tale disposizione non limita invece la facoltà della Commissione, qualora essa lo ritenga opportuno e qualora le sue risorse lo consentano, di pubblicare il testo integrale delle sue decisioni, fatto salvo il rispetto del segreto professionale come sopra definito.

77      Sebbene la Commissione sia dunque soggetta ad un obbligo generale di pubblicare soltanto versioni non riservate delle sue decisioni, non è necessario, per rispettarlo, interpretare l’art. 21, n. 2, nel senso che esso accordi un diritto specifico ai destinatari delle decisioni adottate ai sensi degli artt. 2, 3, 6, 7 e 8 del regolamento n. 17, consentendo loro di opporsi alla pubblicazione da parte della Commissione nella Gazzetta ufficiale (e, eventualmente, anche sul sito Internet della detta istituzione) delle informazioni che, benché non riservate, non sono «essenziali» per la comprensione del dispositivo di tali decisioni.

78      Peraltro, l’interesse di un’impresa cui la Commissione ha inflitto un’ammenda per violazione del diritto della concorrenza a che i dettagli del suo comportamento che costituisce infrazione rimproveratole non siano divulgati al pubblico non merita alcuna particolare protezione, tenuto conto dell’interesse del pubblico di conoscere in modo più trasparente possibile i motivi di ogni azione della Commissione, dell’interesse degli operatori economici di sapere quali sono i comportamenti che possono esporli a sanzioni e dell’interesse delle persone lese dall’infrazione di conoscerne i dettagli per poter far eventualmente valere i loro diritti nei confronti delle imprese sanzionate e vista la possibilità che ha tale impresa di sottoporre una siffatta decisione a un controllo giurisdizionale.

79      Pertanto, l’art. 21, n. 2, del regolamento n. 17 non ha lo scopo di limitare la libertà della Commissione di pubblicare spontaneamente una versione della sua decisione più completa rispetto al minimo necessario e di includervi anche informazioni la cui pubblicazione non è richiesta, nei limiti in cui la loro divulgazione non sia incompatibile con la protezione del segreto professionale.

80      Il motivo in esame deve quindi essere respinto senza che il Tribunale debba pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

 Sul terzo motivo, attinente all’illegittimità della pubblicazione delle parti della decisione che infligge ammende relative al 1994, e sul sesto motivo, attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione

–       Argomenti delle parti

81      Con il suo terzo motivo, la ricorrente sostiene che la pubblicazione delle parti della decisione che infligge ammende relative all’anno 1994 è illegittima perché, da un lato, la Commissione non era competente a rilevare l’infrazione commessa in Austria da parte della ricorrente nel 1994 e, dall’altro, il dispositivo della decisione che infligge ammende non si pronuncia sulle pratiche constatate nel corso del 1994. Essa ritiene di avere un interesse ad agire in merito a questo motivo, perché tali elementi contengono informazioni che la riguardano e che sono protette dal segreto professionale.

82      La ricorrente dichiara che, nel 1994, in Austria non si applicava l’art. 81 CE, ma l’art. 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE»). Orbene, l’art. 56 SEE attribuirebbe la competenza all’Autorità di vigilanza AELS (EFTA), e non alla Commissione, per controllare il rispetto dell’art. 53 SEE, nei casi in cui le imprese interessate realizzino oltre il 33% del loro fatturato all’interno dell’AELS (EFTA), come era il caso della ricorrente. Essa ne deduce che la Commissione non poteva applicare il regolamento n. 17 a infrazioni all’art. 53 SEE commesse nel 1994 perché, da un lato, non era competente relativamente a tale periodo e, dall’altro, i punti dell’esposizione dei fatti della decisione che infligge ammende che si riferiscono al 1994 non sono pertinenti rispetto al dispositivo della medesima decisione.

83      La ricorrente precisa che la Commissione non era legittimata a pubblicare gli accertamenti di fatto relativi al 1994, perché aveva ottenuto le informazioni ivi attinenti in base agli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17 ed era tenuta, in forza dell’art. 287 CE e dell’art. 20 del regolamento n. 17, a mantenere il segreto professionale. Essa sostiene che la versione controversa contiene informazioni riservate perché cita molti documenti interni della ricorrente che la Commissione ha ottenuto in applicazione del regolamento n. 17.

84      Con il suo sesto motivo, la ricorrente sostiene che la decisione impugnata viola l’art. 253 CE, perché non indica le ragioni che giustificano la pubblicazione dei passaggi della decisione che infligge ammende che riguardano il 1994. Essa sottolinea che, mentre la sua richiesta di celare tali passaggi è citata due volte nella decisione impugnata, quest’ultima non prende posizione in merito a tale richiesta particolare né all’argomentazione che ne è alla base e si limita a rispondere all’argomento secondo il quale può essere pubblicato solo il «contenuto essenziale» della decisione che infligge ammende. La ricorrente sottolinea che occorre distinguere quest’ultimo argomento da quello che riguarda gli elementi relativi al 1994.

85      La Commissione contesta la ricevibilità del terzo motivo sostenendo, innanzitutto, che le censure relative all’inapplicabilità del regolamento n. 17 e all’incompetenza della Commissione, riguardanti la legittimità della decisione che infligge ammende, sono state sollevate tardivamente. Per quanto riguarda, poi, la censura relativa al fatto che elementi relativi al 1994 non sono pertinenti, essa ritiene che la ricorrente non abbia alcun interesse ad agire. La Commissione è del parere che la ricorrente non abbia interesse ad agire neppure per quanto riguarda il sesto motivo.

86      La Commissione afferma che i due motivi sono comunque infondati.

–       Giudizio del Tribunale

87      Come il secondo motivo, il terzo motivo si fonda sull’erronea premessa secondo la quale possono essere pubblicate soltanto le informazioni la cui pubblicazione è richiesta dall’art. 21 del regolamento n. 17, mentre non possono esserlo tutte le altre informazioni raccolte in conformità al regolamento n. 17.

88      La Commissione, al contrario, è libera di pubblicare il testo integrale della sua decisione nei limiti in cui questo non contenga informazioni che rientrano nella protezione del segreto professionale come sopra definito nell’ambito dell’esame del secondo motivo.

89      A tale proposito, l’inclusione, in una decisione che infligge ammende, di constatazioni di fatti che si riferiscono ad un’intesa non può dipendere dal presupposto che la Commissione sia competente a constatare un’infrazione ad essa relativa o che essa abbia effettivamente accertato una simile infrazione. In effetti, è legittimo che la Commissione descriva, in una decisione che constata un’infrazione e infligge una sanzione, il contesto storico e dei fatti in cui si inserisce il comportamento contestato. Lo stesso dicasi per la pubblicazione di tale descrizione, dato che essa può essere utile a consentire al pubblico interessato di capire appieno i motivi di una simile decisione. Al riguardo, spetta alla Commissione valutare l’opportunità di includere elementi del genere.

90      Nel caso di specie, non si può comunque negare che la descrizione degli antefatti storici dell’intesa, compresa quella dei comportamenti occorsi nel 1994, consente di illustrare la natura e il funzionamento dell’intesa e contribuisce quindi utilmente alla comprensione della decisione che infligge ammende.

91      Quanto al sesto motivo, risulta dalle considerazioni che precedono che la decisione di includere gli elementi che riguardano il 1994 nella versione controversa non necessitava di alcuna particolare motivazione.

92      Ne consegue che il terzo ed il sesto motivo sono infondati. Tali motivi devono quindi essere respinti senza che occorra pronunciarsi sulla loro ricevibilità.

 Sul quarto motivo, attinente alla violazione del regolamento n. 45/2001

–       Argomenti delle parti

93      La ricorrente sostiene che, in molti passaggi, la versione controversa consente di identificare le persone fisiche che hanno partecipato, in suo nome, ad incontri che avevano lo scopo di limitare la concorrenza. A suo avviso, la pubblicazione di tali informazioni contravviene a talune disposizioni del regolamento n. 45/2001. La ricorrente afferma di avere il diritto di far valere tale violazione del regolamento n. 45/2001 a suo nome, in quanto può vedersi opporre domande di risarcimento danni da parte delle persone interessate e di essere tenuta, in forza del diritto del lavoro, a fornire assistenza ai membri del suo personale.

94      La Commissione ritiene che la ricorrente non abbia interesse ad agire per quanto riguarda il motivo in esame, mancando la violazione, per quanto asserita, dei suoi diritti.

–       Giudizio del Tribunale

95      Il regolamento n. 45/2001 mira a tutelare le persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali. La ricorrente, che è una persona giuridica, non fa parte della cerchia delle persone alle quali questo regolamento assicura la protezione. Essa non può dunque avvalersi di una pretesa violazione delle norme da esso stabilite (v., per analogia, sentenze della Corte 30 giugno 1983, causa 85/82, Schloh/Consiglio, Racc. pag. 2105, punto 14, e 7 maggio 1991, causa C‑69/89, Nakajima/Consiglio, Racc. pag. I‑2069, punti 49 e 50, nonché conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven relative alla sentenza della Corte 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a., Racc. pag. I‑2555, in particolare pag. I‑2559, paragrafi 55 e 56).

96      Gli argomenti che la ricorrente desume dai suoi asseriti obblighi nei riguardi dei dirigenti e dei dipendenti in base al diritto austriaco non possono invalidare tale conclusione, dato che si tratta di semplici affermazioni non dimostrate. Tali argomenti non bastano quindi a dimostrare l’esistenza di un interesse personale della ricorrente a far valere la violazione del regolamento n. 45/2001.

97      Il motivo in esame va quindi respinto.

 Sul quinto motivo, attinente alla illegittimità dell’anticipata pubblicazione in tedesco della decisione che infligge ammende sul sito Internet della Commissione

–       Argomenti delle parti

98      La ricorrente sostiene che la Commissione ha annunciato, nella decisione impugnata, l’intenzione di far comparire su Internet la versione controversa in lingua tedesca. A suo parere, una simile pubblicazione anticipata in una sola lingua è contraria al principio di uguaglianza e viola il regime linguistico delle Comunità. A suo avviso ciò lede i suoi interessi legittimi, poiché il fatto di pubblicare prima solamente in tedesco la versione controversa pregiudica in anticipo e più gravemente i suoi interessi.

99      La Commissione ritiene che la ricorrente non abbia sufficientemente dimostrato questo motivo e che non abbia spiegato in che modo sarebbe danneggiata dalle violazioni del diritto comunitario invocate.

–       Giudizio del Tribunale

100    Con il presente motivo, la ricorrente contesta un aspetto della decisione impugnata diverso dalla determinazione del contenuto della versione controversa, ovvero la diffusione di tale versione in lingua tedesca su Internet prima della sua pubblicazione, in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, nella Gazzetta ufficiale.

101    La diffusione anticipata della decisione che infligge ammende in lingua tedesca sul sito Internet della Commissione non può tuttavia modificare la situazione giuridica della ricorrente. Pertanto, l’aspetto della decisione impugnata contestato mediante il motivo in esame non costituisce un atto impugnabile. Il ricorso è quindi irricevibile per quanto lo riguarda.

102    Peraltro, tale motivo è comunque infondato. Al di fuori degli obblighi di pubblicità impostile in particolare dal regolamento n. 17, la Commissione dispone di grande discrezionalità nel valutare, caso per caso, la pubblicità da dare ai suoi atti. Al riguardo, essa non è in alcun modo tenuta a trattare atti della stessa natura in modo identico. In particolare, il principio di uguaglianza non vieta alla Commissione di diffondere anticipatamente testi di cui è prevista la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, ma di cui essa non dispone ancora della versione in tutte le lingue ufficiali, sul suo sito Internet nelle lingue disponibili o in quella(e) maggiormente conosciuta(e) dal pubblico interessato. A tale proposito, il fatto di disporre unicamente di determinate versioni linguistiche costituisce una differenza sufficiente a giustificare tale trattamento differenziato.

103    L’obbligo di pubblicare la Gazzetta ufficiale in tutte le lingue ufficiali, sancito all’art. 5 del regolamento n. 1, come da ultimo modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 13 giugno 2005, n. 920 (GU L 156, pag. 3), non può essere violato da una diffusione che non è avvenuta tramite la Gazzetta ufficiale.

104    Non dovendosi accogliere l’insieme dei motivi della ricorrente, occorre respingere il ricorso.

 Sulle spese

105    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni della convenuta.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La ricorrente è condannata alle spese.

Pirrung

Forwood

Papasavvas

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 maggio 2006.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      J. Pirrung


* Lingua processuale: il tedesco.