Language of document : ECLI:EU:C:2023:437

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 25 maggio 2023 (1)

Causa C10/22

Liberi editori e autori (LEA)

contro

Jamendo SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale ordinario di Roma (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/26/UE – Gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi – Organismi di gestione collettiva – Entità di gestione indipendenti – Accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore – Direttiva 2000/31/CE – Servizi della società dell’informazione – Articolo 3 – Libera circolazione dei servizi della società dell’informazione – Direttiva 2006/123/CE – Articolo 16 – Libera prestazione dei servizi – Articolo 17 – Deroghe – Articolo 56 TFUE»






 Introduzione

1.        La genesi della gestione collettiva dei diritti d’autore risale al XVIII secolo, con la creazione, su iniziativa di Pierre‑Augustin Caron de Beaumarchais, un autore di opere teatrali indignato dalle pratiche ritenute abusive poste in essere dalla Comédie française, di un gruppo di scrittori di testi per il teatro divenuto poi la Société des auteurs et compositeurs dramatiques. In Italia, nel 1882, figure del calibro di Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci ed Edmondo De Amicis hanno creato la Società Italiana degli Autori, divenuta la Società Italiana degli Autori ed Editori (in prosieguo: la «SIAE»), che opera ancora oggi.

2.        La ragion d’essere della gestione collettiva dei diritti d’autore non si esaurisce nella tutela, più efficace in quanto collettiva, degli interessi dei titolari dei diritti nei confronti degli utilizzatori delle opere (2). Infatti, la moltitudine di canali di diffusione delle opere e di soggetti coinvolti, accresciuta dall’internazionalizzazione della cultura e, di conseguenza, dello sfruttamento delle opere, rende spesso inefficace, se non addirittura impossibile, la gestione individuale dei diritti da parte dei rispettivi autori. Solo un organismo che rappresenta più autori, dotato di un’adeguata struttura amministrativa, è in grado di rilasciare, in modo efficace ed economicamente sostenibile, le autorizzazioni per lo sfruttamento delle opere ai diversi utilizzatori, di riscuotere e ripartire tra i titolari i corrispettivi dovuti e di controllare il rispetto, da parte degli utilizzatori, delle condizioni di sfruttamento delle opere, anche perseguendo eventuali attività di contraffazione.

3.        Tuttavia, la gestione collettiva non avvantaggia unicamente i titolari dei diritti. Anche gli utilizzatori ne beneficiano, poiché possono rivolgersi, per ottenere le autorizzazioni a sfruttare più opere, a un unico organismo, senza dover ricercare i diversi titolari dei diritti d’autore e contrattare con questi ultimi individualmente.

4.        Questo bisogno di efficienza, da parte sia dei titolari dei diritti sia degli utilizzatori, ha portato a una situazione di monopolio degli organismi di gestione collettiva nei rispettivi paesi. Un siffatto monopolio può sussistere ex lege, come accadeva ancora di recente in Italia nel caso della SIAE, o de facto, quando più organismi di gestione collettiva coesistono, ma sono tuttavia specializzati in ragione delle categorie di opere o di diritti che essi gestiscono, cosicché ciascun organismo detiene il monopolio nel proprio settore di attività. A livello internazionale, grazie a una rete di accordi di rappresentanza reciproca, ciascun organismo di gestione collettiva, pur rilasciando le autorizzazioni per lo sfruttamento delle opere per il proprio territorio in conformità del principio di territorialità del diritto d’autore, può proporre autorizzazioni per le opere rientranti nel repertorio degli organismi di altri paesi, vale a dire, in pratica, del mondo intero.

5.        Un sistema siffatto offre, ovviamente, vantaggi importanti. Sotto un primo profilo, dal punto di vista degli utilizzatori, esso consente, mediante il pagamento di una sola remunerazione, spesso forfettaria, di accedere praticamente a tutte le opere di una determinata categoria presenti sul mercato e di utilizzarle senza il timore di violare, se del caso, i diritti d’autore. Sotto un secondo profilo, questo sistema consente agli artisti meno conosciuti e alle opere destinate a un pubblico più ristretto, segnatamente per ragioni culturali e linguistiche, di coesistere sul mercato in una posizione di parità con gli artisti più popolari presso il pubblico, senza che gli utilizzatori «peschino» nei repertori unicamente le opere più note e quindi più redditizie. Sotto un terzo profilo, il sistema di autorizzazioni territoriali e di accordi di rappresentanza consente agli organismi che gestiscono repertori più «piccoli» di riscuotere una parte degli introiti provenienti dall’utilizzo, sui loro territori, di opere di fama internazionale, senza la quale la gestione del proprio repertorio potrebbe non essere remunerativa a causa degli elevati costi fissi che una siffatta gestione implica. Infine, sotto un quarto profilo, il controllo dello sfruttamento delle opere e la lotta alla contraffazione sono anch’essi organizzati secondo il principio di territorialità, il che agevola fortemente detto controllo e consente di limitarne le spese.

6.        Tuttavia, questo sistema di gestione collettiva fondato sul monopolio e sulla territorialità deve affrontare due sfide importanti, una di carattere giuridico, l’altra di ordine fattuale.

7.        Da un lato, nel diritto dell’Unione, un siffatto sistema solleva questioni sia dal punto di vista del diritto della concorrenza, sia sotto il profilo delle libertà del mercato interno. Le decisioni adottate dagli organi giurisdizionali dell’Unione in questi due settori, pur avendo consentito di stabilire un certo equilibrio (3), non hanno tuttavia permesso di dissipare tutti i dubbi quanto alla compatibilità della posizione di monopolio degli organismi di gestione collettiva con il diritto dell’Unione.

8.        D’altro lato, l’affermazione del digitale e di Internet ha radicalmente rivoluzionato il panorama della creazione artistica e della diffusione delle opere. Ormai, non è più necessario avere il supporto di una casa editrice o di uno studio per creare e diffondere opere letterarie, musicali o audiovisive. La diffusione attraverso Internet si rivela più che sufficiente per numerosi autori, il che semplifica così anche la gestione dei loro diritti e ne rende l’esercizio individuale molto più realistico. In parallelo, un numero crescente di utilizzatori individuali di opere non ha né i mezzi, né la necessità di ottenere l’accesso all’intero repertorio degli organismi di gestione collettiva. All’incontro tra questa offerta e questa domanda sono nate entità di gestione indipendenti, di carattere puramente commerciale e operanti spesso online, il cui status giuridico e i cui rapporti con gli organismi di gestione collettiva costituiscono ancora fonte di conflitto, malgrado il loro espresso riconoscimento da parte del legislatore dell’Unione.

9.        È in questo contesto che la Corte è chiamata a rispondere alla questione pregiudiziale proposta nella presente causa.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2000/31/CE

10.      L’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (4), definisce i servizi della società dell’informazione come «i servizi ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34/CE [(5)], come modificata dalla direttiva 98/48/CE».

11.      La direttiva 98/34 è stata abrogata dalla direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (6). L’articolo 1, punto 2, della direttiva 98/34 è stato sostituito dall’articolo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535, che è così formulato:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

Ai fini della presente definizione si intende per:

i)      “a distanza”: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;

ii)      “per via elettronica”: un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici;

iii)      “a richiesta individuale di un destinatario di servizi”: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale;

(...)».

12.      L’articolo 3 della direttiva 2000/31, intitolato «Mercato interno», così dispone:

«1.      Ogni Stato membro provvede affinché i servizi della società dell’informazione, forniti da un prestatore stabilito nel suo territorio, rispettino le disposizioni nazionali vigenti in detto Stato membro nell’ambito regolamentato.

2.      Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi [della] società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.

3.      I paragrafi 1 e 2 non si applicano ai settori di cui all’allegato.

4.      Gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, in presenza delle seguenti condizioni:

a)      i provvedimenti sono:

i)      necessari per una delle seguenti ragioni:

–        ordine pubblico, in particolare per l’opera di prevenzione, investigazione, individuazione e perseguimento in materie penali, quali la tutela dei minori e la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché violazioni della dignità umana della persona;

–        tutela della sanità pubblica;

–        pubblica sicurezza, compresa la salvaguardia della sicurezza, e della difesa nazionale;

–        tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori;

ii)      relativi a un determinato servizio della società dell’informazione lesivo degli obiettivi di cui al punto i) o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi;

iii)      proporzionati a tali obiettivi;

(...)».

13.      In forza dell’allegato della direttiva 2000/31:

«Come previsto all’articolo 3, paragrafo 3, i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 3 non si applicano ai seguenti settori:

–        i diritti d’autore, diritti connessi (...)

(...)».

 Direttiva 2006/123/CE

14.      L’articolo 1, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (7), così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

2.      La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

3.      La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi (...)».

15.      In forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva:

«Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche. (...)».

16.      Ai sensi dell’articolo 4, punti 1, 5 e 7, di detta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “servizio”: qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 50 del trattato fornita normalmente dietro retribuzione;

(...)

5)      “stabilimento”: l’esercizio effettivo di un’attività economica di cui all’articolo 43 del trattato a tempo indeterminato da parte del prestatore, con un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi;

(...)

7)      “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri (...)».

17.      L’articolo 16, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123, dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri rispettano il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti.

Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato assicura il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio.

Gli Stati membri non possono subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino i seguenti principi:

a)      non discriminazione: i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede;

b)      necessità: i requisiti devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente;

c)      proporzionalità: i requisiti sono tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non vanno al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo.

2.      Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare, imponendo i requisiti seguenti:

(...)

d)      l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente;

(...)».

18.      Infine, in forza dell’articolo 17, punto 11, della direttiva di cui trattasi:

«L’articolo 16 non si applica:

(...)

11)      ai diritti d’autore e diritti connessi (...)».

 Direttiva 2014/26/UE

19.      Ai sensi dell’articolo 3, lettere a) e b), della direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno (8):

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “organismo di gestione collettiva”: un organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari come finalità unica o principale e che soddisfa uno o entrambi i seguenti criteri:

i)      è detenuto o controllato dai propri membri;

ii)      è organizzato senza fini di lucro;

b)      “entità di gestione indipendente”: un organismo autorizzato, per legge o in base a una cessione dei diritti, una licenza o qualsiasi altro accordo contrattuale, a gestire i diritti d’autore o i diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare dei diritti, a vantaggio collettivo di tali titolari, come finalità unica o principale, il quale:

i)      non è né detenuto né controllato, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, dai titolari dei diritti; e

ii)      è organizzato con fini di lucro».

20.      L’articolo 5, paragrafi 2, 4 e 6, di detta direttiva, così dispone:

«2.      I titolari dei diritti hanno il diritto di autorizzare un organismo di gestione collettiva di loro scelta a gestire i diritti, le categorie di diritti o i tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, per i territori di loro scelta, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva o del titolare dei diritti. A meno che non abbia ragioni oggettivamente giustificate per rifiutare la gestione, l’organismo di gestione collettiva è obbligato a gestire tali diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti, purché la gestione degli stessi rientri nel suo ambito di attività.

(...)

4.      I titolari dei diritti hanno il diritto di ritirare l’autorizzazione di gestire diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti da loro concessa a un organismo di gestione collettiva o di revocare a un organismo di gestione collettiva diritti, categorie di diritti o tipi di opere e altri materiali protetti di loro scelta, conformemente al paragrafo 2, per i territori di loro scelta (...)

(...)

6.      Un organismo di gestione collettiva non restringe l’esercizio dei diritti di cui ai paragrafi 4 e 5 esigendo, quale condizione per l’esercizio di tali diritti, che la gestione dei diritti o delle categorie di diritti o del tipo di opere e altri materiali protetti oggetto del ritiro o della revoca sia affidata ad altri organismi di gestione collettiva».

 Diritto italiano

21.      L’articolo 180 della legge del 22 aprile 1941, n. 633 – Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (9), come modificata dal decreto-legge del 16 ottobre 2017, n. 148 – «Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili», (10) (in prosieguo: la «legge sulla protezione del diritto d’autore»), così dispone:

«L’attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l’esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla [SIAE] ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al [decreto legislativo del 15 marzo 2017, n. 35 – Attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno (11) (in prosieguo: il “decreto legislativo n. 35/2017”)].

Tale attività è esercitata per effettuare:

1)      la concessione, per conto e nell’interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per l’utilizzazione economica di opere tutelate;

2)      la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni;

3)      la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto.

(...)

La suddetta esclusività di poteri non pregiudica la facoltà spettante all’autore, ai suoi successori o agli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti da questa legge.

(...)».

22.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del decreto legislativo n. 35/2017:

«I titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad una entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 180, della [legge sulla protezione del diritto d’autore], in riferimento all’attività di intermediazione di diritti d’autore».

 Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

23.      L’associazione Liberi editori e autori (in prosieguo: la «LEA») è un organismo di gestione collettiva disciplinato dal diritto italiano e autorizzato a svolgere l’attività di intermediazione di diritti d’autore in Italia (12).

24.      La Jamendo SA è una società di diritto lussemburghese. La sua attività ricomprende due ambiti. Da un lato, con la denominazione Jamendo Music, essa mette a disposizione del pubblico sul suo sito Internet opere musicali che gli artisti hanno pubblicato su detto sito con licenze dette «Creative Commons» (13). Dall’altro, con la denominazione Jamendo Licensing, essa gestisce i diritti d’autore su opere musicali che le sono state affidate a tal fine dagli artisti, rilasciando autorizzazioni unicamente per due modalità di sfruttamento, vale a dire ai fini della diffusione di musica d’ambiente negli esercizi commerciali e in altre strutture aperte al pubblico o come musica di sottofondo per opere audiovisive, in particolare quelle poi distribuite su Internet. In questo secondo ambito della sua attività, la Jamendo si presenta, quindi, come un’entità di gestione indipendente ai sensi dell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2014/26. Tale attività copre, segnatamente, il territorio italiano. È questo secondo ambito ad essere oggetto del procedimento principale e della presente causa. In base alle informazioni fornite dalla Jamendo, la sua attività di gestione, per quanto riguarda sia l’attribuzione dei diritti da parte degli artisti sia il rilascio delle autorizzazioni per lo sfruttamento, si svolge interamente online, attraverso il suo sito Internet. Inoltre, i contratti conclusi dalla Jamendo con gli artisti esigono che questi ultimi siano indipendenti, vale a dire, in particolare, che essi non siano affiliati a nessun organismo di gestione collettiva, né legati a un siffatto organismo con modalità che impediscano loro di utilizzare i servizi di gestione della Jamendo nel mondo intero.

25.      La LEA ha proposto dinanzi al Tribunale ordinario di Roma (Italia), giudice del rinvio, un’azione inibitoria nei confronti della Jamendo, chiedendo che sia ordinato a quest’ultima di cessare la sua attività di intermediazione in materia di diritti d’autore in Italia. A sostegno di detta domanda, la LEA invoca il fatto che la Jamendo esercita illecitamente l’attività di cui trattasi in Italia poiché, in primo luogo, non è iscritta nell’elenco degli organismi legittimati all’intermediazione dei diritti d’autore in Italia, in secondo luogo, non è in possesso degli specifici requisiti previsti dal decreto legislativo n. 35/2017, e, in terzo luogo, non ha informato il Ministero delle comunicazioni (Italia) prima di iniziare a esercitare la sua attività ai sensi dell’articolo 8 di detto decreto legislativo.

26.      Dinanzi al giudice del rinvio, la Jamendo eccepisce l’errata trasposizione della direttiva 2014/26 nel diritto italiano, sostenendo che il legislatore italiano ha omesso di conferire alle entità di gestione indipendenti i diritti previsti da detta direttiva. A questo proposito, la Jamendo osserva che, in forza dell’articolo 180 della legge sulla protezione del diritto d’autore, solo la SIAE e gli altri organismi di gestione collettiva ivi indicati possono esercitare attività di intermediazione in Italia, il che preclude alle entità di gestione indipendenti di operare nel settore dell’intermediazione in materia di diritti d’autore e le costringe a concludere accordi di rappresentanza con la SIAE o con altri organismi di gestione collettiva autorizzati.

27.      Il Tribunale ordinario di Roma condivide, sostanzialmente, l’interpretazione del diritto italiano dedotta dalle parti nel procedimento principale. È in tale contesto che esso ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva [2014/26] debba essere interpretata nel senso che essa osti ad una legge nazionale che riservi l’accesso al mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore, o comunque la concessione di licenze agli utilizzatori, solo ai soggetti qualificabili, secondo la definizione della medesima direttiva, come organismi di gestione collettiva, escludendo quelli qualificabili come entità di gestione indipendenti, costituiti sia nel medesimo Stato sia in altri Stati membri».

28.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta alla Corte il 5 gennaio 2022. Hanno depositato osservazioni scritte le parti nel procedimento principale, la Commissione europea e il governo austriaco. Le medesime parti e il governo italiano hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 9 febbraio 2023.

 Analisi

29.      L’analisi nel merito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere preceduta da alcuni chiarimenti relativi alla sua ricevibilità. Mi sembra, inoltre, necessario precisare le disposizioni del diritto dell’Unione applicabili e la portata della questione pregiudiziale.

 Sulla ricevibilità

30.      Dinanzi alla Corte, le parti del procedimento principale sostengono posizioni convergenti volte, sostanzialmente, a far riconoscere l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della riserva a favore dei soli organismi di gestione collettiva, escludendo le entità di gestione indipendenti, dell’intermediazione nel settore dei diritti d’autore, sancita nel diritto italiano. Vi è quindi motivo di interrogarsi sulla realtà effettiva del procedimento principale e sulla necessità dell’interpretazione del diritto dell’Unione chiesta dal giudice del rinvio. Tale questione è stata peraltro espressamente sollevata in udienza dal governo italiano, che ha eccepito il carattere fittizio e artificiale della controversia di cui trattasi per rimettere in discussione la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Tuttavia, ritengo che un chiarimento della situazione specifica della LEA e del suo ruolo sul mercato italiano consentirà di dissipare tali dubbi.

31.      Infatti, una controversia analoga aveva già contrapposto la SIAE alla Soundreef Ltd, un’entità di gestione indipendente con sede nel Regno Unito che cercava di operare in Italia. Nell’ambito di detta controversia, il medesimo giudice nazionale della presente causa aveva presentato alla Corte una questione pregiudiziale simile, salvo tuttavia ritirare la propria domanda di pronuncia pregiudiziale a seguito del raggiungimento di un accordo tra le parti (14). In forza di detto accordo, un organismo di gestione collettiva di diritto italiano, vale a dire la LEA, era stato incaricato di rappresentare la Soundreef sul territorio italiano.

32.      Nelle sue osservazioni scritte, la LEA spiega che, quale organismo di gestione collettiva senza scopo di lucro, essa non è in grado di garantire a sufficienza il proprio sviluppo economico e di far fronte alla concorrenza di entità quali la Jamendo, concorrenza che ha, allo stato, nel diritto italiano, carattere sleale. Essa ha, pertanto, un legittimo interesse a ottenere che l’attività della Jamendo sia vietata. In parallelo, quale rappresentante della Soundreef, la LEA ha anche interesse a che l’interpretazione del diritto dell’Unione fornita dalla Corte porti a una liberalizzazione del contesto normativo italiano. Essa condivide, quindi, su questo punto gli interessi della Jamendo.

33.      Il fatto che le parti del procedimento principale concordino sull’interpretazione del diritto dell’Unione non incide, a mio avviso, sulla realtà effettiva del procedimento principale e, di conseguenza, sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi (15).

 Sulle disposizioni del diritto dellUnione applicabili e sulla portata della questione pregiudiziale

34.      Il giudice del rinvio pone la sua questione pregiudiziale dal punto di vista della direttiva 2014/26. Tuttavia, come dimostrerò nel prosieguo, tale direttiva non mi sembra consentire, di per sé sola, di risolvere il problema che tale giudice è chiamato ad affrontare. È pertanto indispensabile, a mio avviso, analizzare altre disposizioni del diritto dell’Unione al fine di fornire al suddetto giudice una risposta utile alla soluzione della controversia principale (16).

 Direttiva 2014/26

35.      La lettura dei considerando della direttiva 2014/26 può dare l’impressione che tale atto comporti una liberalizzazione generalizzata della gestione collettiva dei diritti d’autore nell’Unione, anche a beneficio delle entità di gestione indipendenti. Si tratta, in particolare, dei considerando 4 (17), 8 (18) e 15 (19). Tuttavia, alla luce della parte normativa della suddetta direttiva, risulta che tale ambizione è stata realizzata solo in parte, o addirittura non è stata realizzata affatto per quanto attiene alle entità di gestione indipendenti.

36.      Infatti, è vero che l’articolo 5 della direttiva 2014/26 riconosce ai titolari un’ampia facoltà di scelta per quanto riguarda l’organismo di gestione collettiva cui essi intendono affidare la gestione dei propri diritti, senza imporre limiti con riferimento al luogo di domicilio o di stabilimento del titolare e dell’organismo di cui trattasi. Gli organismi di gestione collettiva non possono, senza un valido motivo, rifiutarsi di gestire i diritti, compresi quelli dei titolari domiciliati o stabiliti nel territorio di altri Stati membri.

37.      Per contro, la direttiva 2014/26 non contiene alcuna norma né riguardo all’accesso degli organismi di gestione collettiva alla loro attività, né in relazione ai territori per i quali detti organismi possono rilasciare autorizzazioni di sfruttamento. La direttiva di cui trattasi non osta pertanto alle norme nazionali degli Stati membri che limitino sia l’accesso di detti organismi all’attività di gestione, sia la portata territoriale delle autorizzazioni di sfruttamento che detti organismi possono rilasciare (20). La scelta di cui dispongono i titolari ai sensi dell’articolo 5 della suddetta direttiva deve, quindi, limitarsi agli organismi di gestione collettiva autorizzati a operare nei diversi Stati membri in forza del loro diritto nazionale.

38.      Inoltre, per quanto attiene alle entità di gestione indipendenti, la direttiva 2014/26 ne riconosce l’esistenza, fornendone una definizione, e le assoggetta a taluni obblighi nei confronti dei titolari e degli utilizzatori e a misure di controllo da parte degli Stati membri (21). Per contro, nessuna disposizione di tale direttiva menziona la libertà di dette entità per quanto riguarda l’accesso al mercato della gestione dei diritti d’autore. La suddetta direttiva sancisce, al proprio articolo 5, unicamente la libertà di scelta dei titolari tra gli organismi di gestione collettiva, senza menzionare le entità di gestione indipendenti, rendendo così lettera morta la prima fase del considerando 15. Solo l’articolo 5, paragrafo 6, della medesima direttiva, che vieta agli organismi di gestione collettiva di limitare il diritto di revoca dei titolari esigendo che essi affidino i propri diritti ad altri organismi di gestione collettiva, suggerisce che detti titolari possono ricorrere ad altre modalità di gestione dei loro diritti, come la gestione individuale o la gestione mediante entità di gestione indipendenti. Pertanto, per quanto riguarda tali entità, la libertà di accedere all’attività non è minimamente garantita.

39.      La risposta alla questione pregiudiziale come formulata dal giudice del rinvio non può, quindi, che essere negativa, posto che la direttiva 2014/26 in sé non osta alle normative degli Stati membri che limitano l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore (22). Una risposta utile alla soluzione della controversia di cui al procedimento principale deve pertanto essere ricercata in altre disposizioni del diritto dell’Unione.

 Altre disposizioni applicabili del diritto dell’Unione

40.      In base alle informazioni contenute nelle sue osservazioni, la Jamendo esercita la sua attività principalmente, se non esclusivamente, online, attraverso il proprio sito Internet. Si avvalgono di tale modalità non solo i titolari per affidare alla Jamendo la gestione dei propri diritti, ma anche quest’ultima per rilasciare le autorizzazioni allo sfruttamento delle opere. Sembra pertanto trattarsi di un servizio erogato a distanza, per via elettronica e a richiesta di un destinatario, vale a dire di un servizio della società dell’informazione ai sensi della direttiva 2000/31. È, quindi, alla luce di detta direttiva che occorre analizzare la questione sollevata nell’ambito della domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi. Tuttavia, il giudice del rinvio, non avendo affrontato la questione dell’applicazione di detta direttiva nel procedimento principale, non indica se, a suo avviso, i servizi della Jamendo possano essere qualificati come «servizio della società dell’informazione», a norma della medesima direttiva. Competerà, quindi, a lui compiere tale valutazione.

41.      Se, a seguito della valutazione in punto di fatto che ho appena illustrato, il giudice del rinvio dovesse ritenere che l’attività della Jamendo non ricada nell’ambito di applicazione della direttiva 2000/31, si porrà allora la questione dell’applicabilità a detta attività della direttiva 2006/123 (23). La Corte ha, in effetti, escluso l’applicabilità delle disposizioni della direttiva 2006/123 in materia di libera prestazione dei servizi all’attività degli organismi di gestione collettiva (24). Analizzerò di seguito la questione relativa a se detta esclusione operi per le entità di gestione indipendenti. Tuttavia, osservo fin d’ora che, se la direttiva 2014/26 nulla dice in merito alla libertà degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendenti di accedere al mercato, è probabilmente perché gli autori di detta direttiva consideravano evidente l’applicazione della direttiva 2006/123 a tale attività, come testimonia la proposta iniziale della direttiva 2014/26 (25).

42.      Infine, se né la direttiva 2000/31 né la direttiva 2006/123 dovessero essere considerate applicabili all’attività delle entità di gestione indipendenti, la problematica sollevata dalla domanda di pronuncia pregiudiziale di cui trattasi dovrebbe essere analizzata alla luce delle pertinenti disposizioni del Trattato.

 Sulla formulazione della questione pregiudiziale

43.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la questione pregiudiziale sollevata nella presente causa debba essere intesa come vertente non soltanto sull’interpretazione della direttiva 2014/26, ma più nel complesso sull’interpretazione di tutte le disposizioni del diritto dell’Unione pertinenti tenuto conto del contesto fattuale di cui al procedimento principale. D’altronde, tale contesto fattuale deve riflettersi nella risposta della Corte, in quanto essa può stabilire sia le disposizioni del diritto dell’Unione applicabili, sia il margine di discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono rispetto ad esse.

44.      Nella sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio si riferisce per di più all’esclusione dall’attività di gestione dei diritti d’autore delle entità di gestione indipendenti «costituit[e] sia nel medesimo Stato [membro (26)], sia in altri Stati membri». Tuttavia, nel fascicolo nulla conferma che il procedimento principale riguardi una qualche entità di gestione indipendente stabilita in Italia, posto che l’unica entità interessata è la Jamendo il cui luogo di stabilimento si trova in Lussemburgo. Orbene, nella misura in cui le regole applicabili in queste due situazioni, riguardanti, rispettivamente, la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi, potrebbero essere differenti, la risposta riguardante l’accesso all’attività da parte di un’entità di gestione indipendente stabilita nello Stato membro considerato avrebbe carattere ipotetico. Propongo, pertanto, di limitare l’analisi della questione pregiudiziale al caso di un’entità di gestione indipendente stabilita in un altro Stato membro.

45.      Con la questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, quindi, sostanzialmente, se le disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione debbano essere interpretate nel senso che ostano a una legge di uno Stato membro che riservi l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore ai soli organismi di gestione collettiva (27), escludendo le entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri.

 Sulla questione pregiudiziale

46.      Come ho già osservato (28), benché la direttiva 2014/26 non consenta, da sola, di risolvere il problema che il giudice del rinvio è chiamato ad affrontare, altre disposizioni del diritto dell’Unione possono, tuttavia, trovare applicazione nel procedimento principale. Analizzerò, pertanto, le conseguenze della loro applicazione alla presente controversia e la risposta che, a mio avviso, deve essere data alla questione pregiudiziale come sopra riformulata.

 Direttiva 2000/31

47.      In base alle informazioni disponibili e fatta salva una verifica da parte del giudice nazionale, i servizi erogati dalla Jamendo dovrebbero probabilmente essere qualificati come servizi della società dell’informazione rientranti nella direttiva 2000/31 (29). A mio avviso, è pertanto soprattutto in detta direttiva che va ricercata la risposta alla questione pregiudiziale.

48.      Anzitutto, la direttiva 2000/31 introduce, al suo articolo 2, lettera h), la nozione di «ambito regolamentato», che comprende le prescrizioni previste dal diritto interno degli Stati membri e applicabili ai prestatori di servizi della società dell’informazione e a tali servizi indipendentemente dal fatto che le prescrizioni di cui trattasi siano specificamente destinate a detta categoria di servizi o siano di carattere generale. L’ambito regolamentato riguarda, segnatamente, le prescrizioni concernenti l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione, in particolare in materia di autorizzazione o di notifica.

49.      L’articolo 3 della direttiva 2000/31 distingue poi tra le regole applicabili ai prestatori stabiliti nello Stato membro di cui trattasi e quelle applicabili ai prestatori stabiliti in altri Stati membri. Nel primo caso, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, gli Stati membri sono tenuti a garantire che i prestatori stabiliti nel loro territorio rispettino le disposizioni loro applicabili in forza del diritto nazionale. Per contro, per quanto attiene ai prestatori stabiliti in altri Stati membri, l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva di cui trattasi vieta agli Stati membri di limitare la libera circolazione dei servizi provenienti da altri Stati membri. Queste due disposizioni introducono, quindi, il principio dello Stato membro di origine e il reciproco riconoscimento tra Stati membri delle condizioni di accesso all’attività dei servizi della società dell’informazione (e del suo esercizio).

50.      Posto che la Jamendo ha la propria sede in Lussemburgo, essa si trova, in Italia, nella situazione di un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Orbene, la restrizione alla sua attività risultante dalla riserva, prevista dal diritto italiano, della fornitura di servizi di intermediazione nel settore dei diritti d’autore ai soli organismi di gestione collettiva, rientra, a mio avviso, chiaramente nell’ambito regolamentato quale prescrizione relativa all’accesso all’attività di servizio. Tale restrizione ricade, pertanto, nel divieto di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31 ed è contraria a detta disposizione.

51.      È vero che, in forza dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31, gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga a detto divieto per quanto concerne determinati servizi e a condizione che siano soddisfatte le condizioni enunciate alla lettera a) di detta disposizione. Tuttavia, la restrizione controversa non rappresenta un provvedimento adottato con riferimento a un determinato servizio, ma riveste carattere generale (30). Essa non risponde, inoltre, a nessuna delle ragioni elencate all’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), i), di detta direttiva, vale a dire l’ordine pubblico, la tutela della sanità pubblica, la pubblica sicurezza o la tutela dei consumatori.

52.      La restrizione controversa viene, infatti, giustificata alla luce dell’obiettivo di garantire il corretto funzionamento del sistema di gestione dei diritti d’autore, nell’interesse sia dei titolari che degli utilizzatori, compresa la promozione degli autori e delle opere meno noti. Orbene, né i titolari che affidano la gestione dei loro diritti d’autore a un organismo di gestione collettiva o a un’entità di gestione indipendente, né gli utilizzatori che cercano di ottenere un’autorizzazione per lo sfruttamento pubblico delle opere possono essere qualificati come consumatori, poiché essi compiono detti atti nell’ambito di un’attività professionale e a fine di lucro. Inoltre, il corretto funzionamento del sistema di gestione dei diritti d’autore, che include la promozione di taluni autori o di talune opere, garantisce la realizzazione di interessi privati e non rientra di certo nell’ordine pubblico.

53.      È altresì vero che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2000/31, letto alla luce dell’allegato di detta direttiva, esclude l’applicazione combinata dell’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della medesima, segnatamente, «nel caso dei diritti d’autore e dei diritti connessi». Tale esclusione deve, a mio avviso, essere interpretata nel senso che il diritto d’autore e i diritti connessi sono sottratti al principio di reciproco riconoscimento, vale a dire che le norme nazionali continuano ad applicarsi, anche rispetto ai prestatori di servizi stabiliti in altri Stati membri (31).

54.      Si tratta, tuttavia, del diritto sostanziale che disciplina i diritti d’autore e i diritti connessi, conformemente al principio di territorialità di detti diritti. Pertanto, quando un servizio della società dell’informazione consiste nello sfruttamento delle opere protette da diritti d’autore o da diritti connessi (ad esempio, la diffusione di opere online) o richiede un siffatto sfruttamento, le disposizioni della direttiva 2000/31 non liberano il prestatore dall’obbligo di ottenere l’autorizzazione allo sfruttamento per i territori di tutti gli Stati membri in cui il suo servizio è erogato, e non soltanto per il suo Stato membro di stabilimento.

55.      Per contro, non vedo alcuna ragione connessa alla formulazione di detta disposizione dell’allegato della direttiva 2000/31 o al suo obiettivo per interpretarla nel senso che esclude dall’ambito di applicazione dell’articolo 3 della direttiva 2000/31 i servizi di gestione dei diritti d’autore o dei diritti connessi. La riserva dell’accesso a tali servizi a favore degli organismi di gestione collettiva contenuta nel diritto italiano non rientra in detta deroga al principio di reciproco riconoscimento.

56.      Interrogata in udienza riguardo all’applicabilità della direttiva 2000/31 a servizi come quelli erogati dalla Jamendo, la Commissione ha formulato una riserva, osservando che il prestatore di tali servizi che rilascia, in particolare, autorizzazioni per lo sfruttamento delle opere in esercizi commerciali «fisici» dovrebbe anche controllare l’utilizzo di tali opere in detti esercizi, controllo che non è ipotizzabile online. Tuttavia, in primo luogo, nulla indica che la Jamendo fornisca effettivamente un siffatto servizio di controllo. In secondo luogo, se un siffatto servizio accessorio «fisico» fosse escluso dall’applicazione del principio del reciproco riconoscimento previsto da tale direttiva in forza del suo articolo 2, lettera h), ii), terzo trattino, ciò non precluderebbe l’applicazione delle disposizioni dalla suddetta direttiva alle prestazioni che costituiscono il fulcro della sua attività e che sono fornite per via elettronica.

57.      Alla luce di quanto precede, ritengo che, laddove il giudice del rinvio dovesse constatare che l’attività della Jamendo rientra nella direttiva 2000/31, l’articolo 3, paragrafo 2, della medesima dovrebbe essere interpretato nel senso che esso osta a una legge di uno Stato membro che riservi l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore ai soli organismi di gestione collettiva, escludendo le entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri.

 Direttiva 2006/123/CE

58.      Qualora il giudice del rinvio dovesse ritenere che l’attività della Jamendo non rientri nella direttiva 2000/31, detta attività dovrebbe essere trattata come una prestazione di servizi «fisica». Orbene, tali servizi sono, in linea di principio, disciplinati dalle disposizioni della direttiva 2006/123. Occorre, pertanto, analizzare, in primo luogo, l’applicabilità di detta direttiva alle attività come quelle della Jamendo, e poi, in secondo luogo, le conseguenze della sua applicazione nella presente causa.

–       Sull’applicabilità della direttiva 2006/123

59.      La direttiva 2006/123 prevede norme dettagliate concernenti l’esercizio di due libertà fondamentali del mercato interno, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi. Determinare quale di queste libertà si applichi a un’attività come quella della Jamendo non è così evidente come può sembrare.

60.      Così, nelle sue osservazioni scritte, la Commissione lo ritiene impossibile in mancanza di informazioni sufficienti da parte del giudice del rinvio. Tuttavia, essa propone di basarsi sui criteri di distinzione stabiliti dalla Corte nella sua sentenza di principio Gebhard (32). Secondo detti criteri, la libertà di stabilimento consente a tutti i cittadini di uno Stato membro di esercitare in un altro Stato membro un’attività economica mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata. Per contro, la libera prestazione di servizi copre tutte le prestazioni che non sono offerte in modo stabile e continuativo, da un domicilio professionale nello Stato membro di destinazione (33). Si deve constatare che questi criteri di distinzione si limitano a riprendere la formulazione stessa del Trattato. Infatti, in forza dell’articolo 49 TFUE, la libertà di stabilimento riguarda la creazione di ogni forma di impresa e l’esercizio della sua attività, mentre, ai sensi dell’articolo 57, terzo comma, TFUE, la libera prestazione dei servizi consiste nell’esercitare a titolo temporaneo l’attività del prestatore nello Stato membro di destinazione.

61.      Tuttavia, come in molti altri settori, Internet ha radicalmente rivoluzionato queste categorie, applicabili nel mondo «reale» (34). Infatti, se è vero che il Trattato e, in seguito, i criteri stabiliti nella sentenza Gebhard (35) associano, da un lato, l’esercizio stabile dell’attività in uno Stato membro a una stabile organizzazione in questo stesso Stato membro e, dall’altro, l’esercizio temporaneo di un’attività all’assenza di una siffatta organizzazione, Internet consente lo stabile esercizio di un’attività senza una stabile organizzazione nello Stato membro in cui essa è esercitata. Posto che un servizio erogato tramite Internet è, in ogni caso, fornito a distanza, è irrilevante che il prestatore e il destinatario si trovino fisicamente nel medesimo Stato membro o in due Stati membri distinti.

62.      Ne consegue che, per quanto attiene ai servizi forniti via Internet, i criteri stabiliti nella sentenza Gebhard (36) appaiono superati e occorre operare una distinzione su basi diverse.

63.      A mio avviso, malgrado il carattere potenzialmente stabile di un’attività esercitata tramite Internet in uno Stato membro a partire da un altro Stato membro, una siffatta attività deve essere analizzata dal punto di vista della libera prestazione dei servizi. Infatti, la soluzione inversa condurrebbe al risultato assurdo che un prestatore non stabilito nello Stato membro di destinazione dei suoi servizi sarebbe comunque considerato come ivi stabilito e dovrebbe adeguarsi alla normativa di detto Stato membro, non soltanto con riferimento alla sua attività propriamente detta, ma anche con riferimento alla costituzione e al funzionamento della sua impresa. Tale risultato appare ancor più assurdo se si considera che le attività esercitate su Internet sono spesso destinate a numerosi, se non addirittura a tutti gli Stati membri.

64.      Questa conclusione trova una conferma indiretta nella direttiva 2000/31. Benché detta direttiva non prenda apertamente posizione sulla distinzione tra libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, raccogliendo le disposizioni pertinenti sotto il titolo «mercato interno» (37), essa prevede, nondimeno, una netta distinzione tra gli Stati membri in cui un prestatore è stabilito (38), i cui obblighi sono definiti al suo articolo 3, paragrafo 1, e gli Stati membri in cui un servizio è fornito a partire da un altro Stato membro, che devono conformarsi alle regole definite al suo articolo 3, paragrafi 2 e seguenti. Tale distinzione riflette, pertanto, quella operata tra l’esercizio della libertà di stabilimento e l’esercizio della libera prestazione di servizi (39).

65.      Di conseguenza, e alla luce delle informazioni relative all’attività della Jamendo contenute nell’ordinanza di rinvio e integrate nelle osservazioni di detta società, ritengo che, nella presente causa, occorra applicare le disposizioni sulla libera prestazione dei servizi.

66.      Nella direttiva 2006/123, le disposizioni relative alla libera prestazione di servizi sono contenute nell’articolo 16 della medesima. Tuttavia, in forza dell’articolo 17, punto 11, di detta direttiva, l’articolo 16 non si applica, segnatamente, «ai diritti d’autore e diritti connessi».

67.      Nella sentenza OSA, la Corte ha dichiarato che, in ragione di detta esclusione, l’articolo 16 della direttiva 2006/123 non si applica alle attività degli organismi di gestione collettiva dei diritti d’autore (40). Seguendo, su questo punto, l’avvocato generale Sharpston (41), la Corte ha infatti statuito che, dato che solo i servizi possono essere esclusi dall’ambito di applicazione di detto articolo 16, l’esclusione contenuta all’articolo 17, punto 11, di tale direttiva deve necessariamente riguardare i servizi nel settore dei diritti d’autore e diritti connessi, come i servizi forniti dagli organismi di gestione collettiva (42).

68.      Tuttavia, questa osservazione mi sembra poco convincente alla luce delle considerazioni che seguono. Orbene, trattandosi di una questione di importanza essenziale ai fini dell’interpretazione della direttiva 2006/123, suggerisco alla Corte di riesaminare il senso e la portata delle esclusioni dall’ambito di applicazione di detta direttiva.

69.      La direttiva 2006/123 prevede numerose esclusioni dal suo ambito di applicazione, di carattere generale o specifiche per il suo articolo 16. Quando un’esclusione riguarda una categoria di servizi, la direttiva di cui trattasi lo indica espressamente. È il caso, in particolare, delle esclusioni elencate all’articolo 2, paragrafo 2, della medesima, che utilizza i termini «i servizi» per indicare ciascuna attività interessata. È altresì il caso di talune esclusioni elencate all’articolo 17 della suddetta direttiva, segnatamente al punto 1, che concerne i «servizi di interesse economico generale», e al punto 5, vertente sulle «attività di recupero giudiziario dei crediti».

70.      Per contro, talune altre esclusioni non riguardano evidentemente categorie di servizi. È il caso, in particolare, dell’articolo 2, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, in forza del quale la direttiva di cui trattasi non si applica al settore fiscale. Orbene, la Corte ha già dichiarato che detta esclusione riguardava non i servizi, ma le regole in materia fiscale degli Stati membri (43). Lo stesso vale, necessariamente, per le esclusioni previste all’articolo 17 di detta direttiva, ai punti 6 (che concerne espressamente i «requisiti negli Stati membri dove il servizio è prestato»), 8 («formalità amministrative relative alla libera circolazione delle persone ed alla loro residenza»), 9 («possibilità per gli Stati membri di imporre l’obbligo di un visto o di un permesso di soggiorno»), 12 (gli «atti per i quali la legge richiede l’intervento di un notaio»), 14 («l’immatricolazione dei veicoli») e 15 (le «disposizioni riguardanti obblighi contrattuali e non contrattuali»), che riguardano evidentemente non categorie di servizi, ma provvedimenti in vigore negli Stati membri. Infine, le esclusioni previste all’articolo 17, punti 2, 3, 4, 10 e 13, della medesima direttiva, che concernono «materie» disciplinate da diversi atti di diritto dell’Unione, sembrano riferirsi non a categorie di servizi, ma alla normativa nei settori già armonizzati a livello di diritto dell’Unione.

71.      Il postulato secondo cui le esclusioni dall’ambito di applicazione dell’articolo 16 della direttiva 2006/123 previste all’articolo 17 della medesima possono riguardare soltanto servizi non trova, pertanto, conferma e non può fungere da fondamento per l’interpretazione dell’esclusione prevista al punto 11 di detto articolo e che riguarda, lo ripeto, segnatamente, «il diritto d’autore e i diritti connessi».

72.      Come osservato supra, la maggior parte delle esclusioni previste all’articolo 17 della direttiva 2006/123 riguarda provvedimenti vigenti negli Stati membri. Queste esclusioni devono essere intese nel senso che la libertà di fornire servizi in via transfrontaliera, come precisata all’articolo 16 della suddetta direttiva, non osta all’applicazione di tali provvedimenti e che i prestatori non possono avvalersi di tale libertà per sottrarsi agli obblighi che detti provvedimenti prevedono a loro carico.

73.      L’esclusione di cui all’articolo 17, punto 11, della direttiva 2006/123 deve, a mio avviso, essere interpretata nello stesso senso. Da detta disposizione si evince unicamente che l’articolo 16 della direttiva di cui trattasi non osta all’applicazione della normativa sostanziale in materia di diritto d’autore dello Stato membro di destinazione del servizio e degli obblighi per il prestatore, segnatamente per quanto riguarda l’autorizzazione necessaria per lo sfruttamento delle opere. Questa sarebbe, pertanto, un’interpretazione simile a quella dell’analoga esclusione prevista dalla direttiva 2000/31 (44). Per contro, se il legislatore dell’Unione avesse inteso escludere dall’ambito di applicazione dell’articolo 16 della direttiva 2006/123 i servizi di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, esso l’avrebbe previsto espressamente.

74.      Ritengo pertanto che l’articolo 16 della direttiva 2006/123 sia pienamente applicabile alle entità di gestione indipendenti come definite nella direttiva 2014/26.

–       Sugli effetti della direttiva 2006/123

75.      Al pari dell’articolo 3 della direttiva 2000/31, l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 consente agli Stati membri di limitare la libera prestazione di servizi da parte di prestatori stabiliti in altri Stati membri solo mediante misure giustificate da una delle quattro ragioni elencate nel terzo comma di detto paragrafo 1, vale a dire l’ordine pubblico, la pubblica sicurezza, la sanità pubblica e la tutela dell’ambiente. Orbene, la restrizione controversa non può essere giustificata alla luce di nessuna di dette ragioni (45).

76.      L’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 elenca, inoltre, i requisiti volti a limitare la libera prestazione dei servizi che sono vietati in termini assoluti. L’articolo 16, paragrafo 2, lettera d), di detta direttiva riguarda «l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente». Orbene, in forza dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2014/26, un organismo di gestione collettiva deve soddisfare quantomeno una delle seguenti condizioni, vale a dire essere detenuto o controllato dai propri membri o essere organizzato senza fini di lucro. Riservando l’attività d’intermediazione in materia di diritti d’autore agli organismi di gestione collettiva, il diritto italiano impone così ai prestatori o di adottare un regime contrattuale particolare con i titolari dei diritti che sono destinatari dei loro servizi, o di esercitare la propria attività senza fini di lucro. In entrambi i casi, ciò limita la prestazione di servizi a titolo indipendente, rendendo il prestatore dipendente dai destinatari o impedendogli di svolgere la sua attività in maniera economicamente redditizia. Ritengo che un siffatto requisito sia chiaramente contrario all’articolo 16, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2006/123.

77.      In forza del suo articolo 1, paragrafo 2, la direttiva 2006/123 non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale. Orbene, in udienza il governo italiano ha dedotto un siffatto carattere dei servizi forniti dagli organismi di gestione collettiva. Tuttavia, la disposizione di cui trattasi non sottrae i servizi d’interesse economico generale all’ambito di applicazione di detta direttiva (46). D’altro canto, la restrizione controversa consiste non nell’affidare un compito di interesse generale a un organismo specifico (47), ma nel riservare una determinata attività economica, vale a dire l’intermediazione nel settore dei diritti d’autore, a una categoria di operatori economici, vale a dire gli organismi di gestione collettiva.

78.      Benché, in base alle disposizioni del diritto italiano e alla direttiva 2014/26, tali organismi siano certamente soggetti a determinati obblighi nei confronti dei titolari dei diritti, si tratta di obblighi imposti non nell’interesse generale, ma nell’interesse di detti titolari, che costituiscono un gruppo professionale specifico e non si confondono con l’insieme della popolazione. Tali obblighi possono essere comparati, ad esempio, a quelli di una società nei confronti dei suoi azionisti. Tuttavia, essi non costituiscono un compito di interesse generale (48). Diversamente dal governo italiano, ravviso quindi qui una netta differenza tra il ruolo degli organismi di gestione collettiva dei diritti d’autore e i servizi di interesse generale esclusi dall’applicazione dell’articolo 16 della direttiva 2006/123 in forza dell’articolo 17, punto 1, della stessa, come i servizi postali, la distribuzione dell’energia elettrica, del gas e dell’acqua o il trattamento dei rifiuti (49).

79.      Infine, per quanto attiene all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123, secondo cui la direttiva di cui trattasi non riguarda l’abolizione di monopoli che forniscono servizi, dubito, alla luce del suo carattere enigmatico e astratto, che detta disposizione abbia un qualche valore normativo autonomo. Tuttavia, in ogni caso, non mi sembra che nella presente fattispecie si possa parlare di un monopolio.

80.      Da un lato, la direttiva 2014/26, conferendo ai titolari un’ampia facoltà di scelta per quanto concerne le modalità con cui intendono gestire i propri diritti, che comprende sia la scelta di un organismo di gestione collettiva di un altro Stato membro che il ricorso alla gestione individuale, ha fortemente intaccato la posizione di monopolio degli organismi di gestione collettiva in questa parte della loro attività.

81.      D’altro lato, il diritto italiano, accettando la creazione di organismi di gestione collettiva concorrenti rispetto alla SIAE, come la LEA, e ammettendo l’esercizio diretto dell’attività d’intermediazione sul mercato italiano da parte di organismi di gestione collettiva di altri Stati membri, ha esso stesso posto fine all’esclusività della SIAE, che non è più in una posizione di monopolio, né de iure, né de facto.

82.      L’articolo 1, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2006/123 non osta quindi, a mio avviso, all’applicazione delle disposizioni di detta direttiva, comprese quelle del suo articolo 16, all’attività di gestione dei diritti d’autore da parte di entità di gestione indipendenti.

83.      Ritengo pertanto che, laddove il giudice del rinvio dovesse constatare che la direttiva 2000/31 non si applica all’attività della Jamendo, l’articolo 16, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2006/123 dovrebbe essere interpretato nel senso che osta a una legge di uno Stato membro che riservi l’attività di gestione dei diritti d’autore agli organismi di gestione collettiva, escludendo le entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri.

 Sull’articolo 56 TFUE

84.      L’interpretazione delle direttive 2000/31 e 2006/123 dovrebbe essere sufficiente ai fini della soluzione, alla luce del diritto dell’Unione, della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio. Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, qualsiasi misura nazionale in un settore che è stato oggetto di un’armonizzazione esaustiva a livello dell’Unione deve essere valutata alla luce non delle disposizioni del diritto primario, ma di quelle di tale misura di armonizzazione (50). Tuttavia, nell’eventualità che la Corte non condivida la mia analisi dell’applicabilità della direttiva 2006/123, analizzerò brevemente, in via subordinata, la situazione oggetto della presente causa dal punto di vista dell’articolo 56 TFUE (51).

85.      La Corte si è già trovata ad affrontare una situazione simile a quella oggetto del procedimento principale nella causa sfociata nella sentenza OSA. In detta sentenza, essa è anzitutto giunta alla conclusione che il divieto di fornitura transfrontaliera di servizi di gestione dei diritti d’autore in ragione del monopolio in detto settore di un organismo di gestione collettiva nazionale costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi che deve essere giustificata da una delle ragioni imperative di interesse pubblico, tra cui figura la tutela dei diritti di proprietà intellettuale (52).

86.      La Corte ha poi dichiarato che il monopolio sulla gestione dei diritti relativi a una categoria di beni protetti attribuito a un organismo di gestione collettiva, collegato a un sistema di accordi di rappresentanza reciproca con organismi analoghi stranieri, si inserisce nel contesto della protezione territorializzata dei diritti d’autore ed è idoneo e proporzionato rispetto all’obiettivo perseguito (53).

87.      Essa ha constatato, segnatamente, che non esiste un altro metodo che consenta di proteggere in modo altrettanto efficace i diritti d’autore e che permettere agli utilizzatori di ottenere l’autorizzazione per lo sfruttamento delle opere presso qualsiasi organismo di gestione collettiva per qualsiasi territorio creerebbe rilevanti problemi di controllo dell’utilizzo dei diritti e della ripartizione delle remunerazioni (54). Consapevole dell’imminente modifica del quadro normativo della gestione dei diritti d’autore (55), la Corte ha avuto cura di menzionare che la sua analisi si riferiva allo «stato attuale del diritto dell’Unione» (56).

88.      Tuttavia, gli insegnamenti della sentenza OSA su questo punto mi sembrano poco utili alla definizione della presente causa. Infatti, nella specie, non si discute del diritto di un utilizzatore di rivolgersi a un organismo di gestione collettiva di un altro Stato membro per ottenere l’autorizzazione per lo sfruttamento di opere i cui diritti sono gestiti da un organismo nazionale, come nel caso della causa sfociata nella sentenza OSA, bensì del diritto di un’entità di gestione indipendente di gestire diritti la cui gestione non è affidata a nessun altro organismo di gestione collettiva, stabilito sul territorio nazionale o altrove.

89.      Orbene, come ho già osservato nella parte delle presenti conclusioni dedicata alla direttiva 2006/123, a motivo sia della direttiva 2014/26 sia della liberalizzazione del diritto italiano, nel settore in esame non esiste più, in Italia, un monopolio analogo a quello analizzato dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza OSA, poiché l’attività di intermediazione nel settore dei diritti d’autore può essere esercitata da diversi organismi di gestione collettiva, nazionali o stabiliti in altri Stati membri. Solo le entità di gestione indipendenti sono escluse dall’accesso a tale attività. Date le circostanze, una siffatta differenza di trattamento non può essere giustificata sulla base degli argomenti accolti dalla Corte nella sentenza OSA.

90.      Il governo italiano invoca, a titolo di giustificazione, il carattere specifico degli organismi di gestione collettiva che sono controllati dai loro membri e non perseguono fini di lucro, gli obblighi gravanti a loro carico nei confronti dei titolari dei diritti e i benefici di una gestione centralizzata dei diritti d’autore per i repertori meno popolari presso il pubblico e, quindi, per lo sviluppo della cultura.

91.      Tuttavia, va osservato anzitutto che, in forza dell’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva 2014/26, un buon numero degli obblighi che gravano sugli organismi di gestione collettiva riguardano anche le entità di gestione indipendenti. Così, per quanto attiene alle garanzie per i titolari dei diritti, dette entità si trovano in una situazione comparabile a quella degli organismi di gestione collettiva.

92.      È poi certamente vero che l’appartenenza a un importante organismo di gestione collettiva, con la sua rete di accordi di rappresentanza reciproca, può andare a vantaggio di numerosi artisti e favorire un’ampia diffusione delle loro opere. Tuttavia, ciò non è sempre vero per tutti (57) e, nelle condizioni attuali del mercato, qualcuno può accontentarsi, almeno temporaneamente, dei servizi di gestione limitati come quelli offerti dalla Jamendo. Mi sembra che i titolari dei diritti d’autore siano sufficientemente informati per scegliere in autonomia il modo più efficace per tutelare i propri interessi. La protezione di tali diritti, quale ragione imperativa di interesse generale, non può giustificare ostacoli alla realizzazione di detta protezione secondo le modalità che gli interessati stessi reputano essere le più appropriate.

93.      Ritengo, pertanto, che l’esclusione delle entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione nel settore dei diritti d’autore, come quella prevista nel diritto italiano, non sia giustificata alla luce dell’articolo 56 TFUE.

 Conclusione

94.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale ordinario di Roma (Italia):

L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, e l’articolo 16, paragrafo 1 e paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,

devono essere interpretati nel senso che:

ostano a una legge di uno Stato membro che riservi l’attività di gestione dei diritti d’autore agli organismi di gestione collettiva, escludendo le entità di gestione indipendenti stabilite in altri Stati membri.


1      Lingua originale: il francese.


2      Per «utilizzatori» intendo qui le persone e le entità che sfruttano le opere per consentire al pubblico di avervi accesso. Occorre, quindi, distinguere questi utilizzatori dai membri del pubblico, che possono essere qualificati come «utilizzatori finali».


3      V., segnatamente, sentenze del 12 aprile 2013, CISAC/Commissione (T‑442/08, EU:T:2013:188), e del 27 febbraio 2014, OSA (C‑351/12; in prosieguo: la «sentenza OSA», EU:C:2014:110).


4      GU 2000, L 178, pag. 1.


5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche (GU 1998, L 204, pag. 37).


6      GU 2015, L 241, pag. 1.


7      GU 2006, L 376, pag. 36.


8      GU 2014, L 84, pag. 72.


9      GURI n. 166, del 16 luglio 1941.


10      GURI n. 242, del 16 ottobre 2017.


11      GURI n. 72, del 27 marzo 2017.


12      Sul ruolo specifico di questo organismo, v. paragrafo 31 delle presenti conclusioni.


13      Si tratta, quindi, di una gestione individuale dei diritti da parte degli autori e il ruolo della Jamendo nel caso di specie è quello di un utilizzatore che diffonde le opere.


14      Ordinanza del presidente della Corte del 16 luglio 2019, S.I.A.E. (C‑781/18, non pubblicata, EU:C:2019:656).


15      V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2005, Mangold (C‑144/04, EU:C:2005:709, punto 38). La soluzione accolta dalla Corte nella sua sentenza dell’11 marzo 1980, Foglia (104/79, EU:C:1980:73, punti da 10 a 13), invocata dal governo italiano in udienza, non è pertanto qui applicabile.


16      In linea con una giurisprudenza consolidata (v., da ultimo, sentenza del 9 marzo 2023, Registrų centras, C‑354/21, EU:C:2023:184, punto 35).


17      Detto considerando enuncia che «[è] opportuno che gli organismi di gestione collettiva stabiliti nell’Unione possano beneficiare delle libertà sancite dai trattati nel rappresentare titolari dei diritti residenti o stabiliti in altri Stati membri o nel concedere licenze a utilizzatori residenti o stabiliti in altri Stati membri».


18      Il considerando di cui trattasi enuncia, segnatamente, che «[l]a presente direttiva mira a coordinare le normative nazionali sull’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi».


19      Ai sensi della prima frase di questo considerando, «[i] titolari dei diritti dovrebbero essere liberi di poter affidare la gestione dei propri diritti a entità di gestione indipendenti».


20      Le disposizioni del titolo III della direttiva 2014/26 organizzano un sistema di licenze multiterritoriali per la diffusione della musica online. Tale aspetto non rientra, tuttavia, nell’ambito della presente causa.


21      Come indicato all’articolo 2, paragrafo 4, della direttiva di cui trattasi.


22      Per un’interpretazione in tal senso della direttiva 2014/26, v. Spina Ali, G., «Collective monopolies: SIAE v. Soundreef and the implementation of Directive 2014/26 in Italy», European Intellectual Property Review, 2018, n. 40, pagg. da 113 a 128.


23      Ricordo che, in forza dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123, gli atti del diritto dell’Unione che disciplinano le attività di servizi in settori specifici prevalgono sulle sue disposizioni. Ciò riguarda necessariamente i servizi della società dell’informazione, disciplinati dalla direttiva 2000/31.


24      Sentenza OSA, punti da 64 a 66.


25      COM(2012) 372 final. Il considerando 3 di detta proposta di direttiva enunciava che «[è] necessario che le società di gestione collettiva stabilite nell’Unione, in quanto prestatori di servizi, si conformino agli obblighi nazionali previsti dalla direttiva [2006/123], che mira a creare un quadro giuridico per assicurare la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri. Ciò significa che è opportuno che le società di gestione siano libere di prestare servizi a livello transfrontaliero, di rappresentare titolari dei diritti residenti o stabiliti in altri Stati membri e di concedere licenze a utilizzatori residenti o stabiliti in altri Stati membri». Detto considerando menzionava unicamente gli organismi di gestione collettiva, poiché la proposta di direttiva non ricomprendeva nel proprio ambito di applicazione le entità di gestione indipendenti, che sono state aggiunte nel corso dell’iter legislativo. Un rimando alla direttiva 2006/123 figurava anche nel considerando 8 di tale proposta di direttiva. Benché i riferimenti a detta direttiva siano stati espunti nel corso dei lavori legislativi, la sua applicabilità alle diverse attività di servizi deriva dalle sue stesse disposizioni e non dai considerando di un altro atto di diritto dell’Unione.


26      Il medesimo che ha introdotto le disposizioni controverse.


27      In base alla risposta data in udienza dal governo italiano a un quesito della Corte, gli organismi di gestione collettiva stabiliti in altri Stati membri sono ammessi a esercitare direttamente l’attività di gestione dei diritti d’autore sul territorio italiano.


28      V. paragrafo 39 delle presenti conclusioni.


29      V. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.


30      Questo aspetto non è, nella specie, dirimente e non lo analizzerò, pertanto, in dettaglio. Esso è, per contro, centrale nella causa C‑376/22, Google Ireland e a., in cui presenterò le mie conclusioni l’8 giugno 2023.


31      V., in tal senso, De Miguel Asensio, P., Conflict of Laws and the Internet, Edward Elgar Publishing, Cheltenham, 2020, pag. 73.


32      Sentenza del 30 novembre 1995 (C‑55/94, EU:C:1995:411, punti da 25 a 27).


33      V., da ultimo, sentenza del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108, punti 148 e 150).


34      In opposizione al mondo «virtuale» costituito da Internet.


35      Sentenza del 30 novembre 1995 (C‑55/94, EU:C:1995:411).


36      Sentenza del 30 novembre 1995 (C‑55/94, EU:C:1995:411).


37      Si veda il titolo dell’articolo 3 di detta direttiva.


38      La nozione di «prestatore stabilito» è definita all’articolo 2, lettera c), della direttiva 2000/31.


39      Inoltre, la definizione della nozione di «stabilimento», contenuta nell’articolo 4, punto 5, della direttiva 2006/123, richiede l’esistenza di un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi. Pertanto, a contrario, in mancanza di una siffatta infrastruttura stabile, una prestazione di servizi è considerata come transfrontaliera, benché presenti un carattere duraturo.


40      Sentenza OSA, punto 65.


41      V. le sue conclusioni nella causa OSA (C‑351/12, EU:C:2013:749, paragrafo 64).


42      Sentenza OSA, punto 65.


43      V. sentenza del 22 dicembre 2022, Airbnb Ireland e Airbnb Payments UK (C‑83/21, EU:C:2022:1018, punto 38).


44      V. paragrafi da 53 a 55 delle presenti conclusioni.


45      Per quanto attiene alle ragioni che sottendono la restrizione controversa, v. paragrafo 52 delle presenti conclusioni.


46      Sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843, punti 43 e 44).


47      Come sembra esigere il considerando 70 della direttiva 2006/123 ai fini dell’interpretazione della nozione di «servizi di interesse economico generale».


48      Non escludo che gli organismi di gestione collettiva possano essere investiti di compiti di interesse generale, come contribuire, a livello finanziario o in altro modo, allo sviluppo della cultura. Si tratta, tuttavia, di un’attività diversa dalla gestione dei diritti d’autore propriamente detta.


49      Nella sua sentenza del 2 marzo 1983, GVL/Commissione (7/82, EU:C:1983:52, punti da 29 a 32), la Corte aveva peraltro già negato a un organismo di gestione collettiva dei diritti d’autore lo status di servizio di interesse economico generale.


50      V., da ultimo, sentenza dell’11 giugno 2020, KOB (C‑206/19, EU:C:2020:463, punto 30 e giurisprudenza citata). Per quanto attiene, in particolare, alla direttiva 2006/123, v., in tal senso, sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a. (C‑593/13, EU:C:2015:399, punti 23 e segg.).


51      Sulla libertà del mercato interno applicabile, v. paragrafi da 59 a 65 delle presenti conclusioni.


52      Sentenza OSA, punti da 69 a 71.


53      Sentenza OSA, punti da 72 a 78.


54      Sentenza OSA, punti 76 e 77.


55      La sentenza OSA è stata emanata il giorno successivo all’adozione della direttiva 2014/26.


56      Idem.


57      In base a uno studio risalente al 2009, più della metà dei membri della SIAE riceveva remunerazioni che non coprivano nemmeno i costi di adesione a detto organismo (Spina Ali, G., op. cit.).