Language of document : ECLI:EU:T:2014:849

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

2 ottobre 2014 (*)

«REACH – Tariffa dovuta per la registrazione di una sostanza – Riduzione concessa alle micro, piccole e medie imprese – Errore nella dichiarazione relativa alle dimensioni dell’impresa – Decisione che impone un onere amministrativo – Proporzionalità»

Nella causa T‑177/12,

Spraylat GmbH, con sede in Aquisgrana (Germania), rappresentata da K. Fischer, avvocato,

ricorrente,

contro

Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), rappresentata da M. Heikkilä, A. Iber e C. Schultheiss, in qualità di agenti, assistiti da M. Kuschewsky, avvocato,

convenuta,

sostenuta da

Commissione europea, rappresentata inizialmente da D. Düsterhaus e E. Manhaeve, successivamente da B. Eggers e M. Manhaeve, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della fattura n. 10030371, emessa dall’ECHA il 21 febbraio 2012, recante fissazione dell’importo dell’onere amministrativo imposto alla ricorrente e, a titolo conservativo, la domanda di annullamento della decisione SME (2012) 1445 dell’ECHA, del 15 febbraio 2012, in cui viene constatato che la ricorrente non soddisfa le condizioni per beneficiare della riduzione della tariffa prevista per le piccole imprese e che le impone un onere amministrativo,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da S. Frimodt Nielsen, presidente, F. Dehousse (relatore) e A.M. Collins, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 maggio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 29 novembre 2010, la società Spraylat Boya Sanayi ve Ticaret Sirketi (in prosieguo: la «Spraylat Boya»), con sede in Turchia, ha effettuato la registrazione di una sostanza a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE della Commissione (GU L 396, pag. 1).

2        Ai fini della registrazione della sostanza in parola, la Spraylat Boya era rappresentata dalla ricorrente, la Spraylat GmbH, in forza delle disposizioni di cui all’articolo 8 del regolamento n. 1907/2006. All’atto della procedura di registrazione, la ricorrente ha indicato che la Spraylat Boya era una «piccola» impresa, ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (GU L 124, pag. 36). Tale dichiarazione le ha permesso di beneficiare di una riduzione della tariffa dovuta per ogni domanda di registrazione, prevista all’articolo 6, paragrafo 4, del regolamento n. 1907/2006. In conformità all’articolo 74, paragrafo 1, dello stesso regolamento, tale tariffa è stata definita dal regolamento (CE) n. 340/2008 della Commissione, del 16 aprile 2008, relativo alle tariffe e agli oneri pagabili all’Agenzia europea per le sostanze chimiche a norma del regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 107, pag. 6). L’allegato I del regolamento n. 340/2008 contiene gli importi delle tariffe dovute per le domande di registrazione presentate in forza dell’articolo 6 del regolamento n. 1907/2006, nonché le riduzioni concesse alle micro, piccole e medie imprese. D’altra parte, secondo l’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008, allorché una persona fisica o giuridica, che pretenda di poter beneficiare di una riduzione o di una esenzione dalla tariffa non può dimostrare di aver diritto a tale riduzione o esenzione, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) riscuote la tariffa o la tassa integralmente unitamente a un onere amministrativo. Al riguardo, il consiglio d’amministrazione dell’ECHA ha adottato, il 12 novembre 2010, la decisione MB/D/29/2010 riguardante la classificazione dei servizi per i quali vengono riscosse tariffe. All’articolo 2 e nella tabella 1 di tale decisione è indicato che l’onere amministrativo previsto all’articolo 13, paragrafo 4, del regolamento n. 340/2008 ammonta a EUR 20 700 per una impresa di grandi dimensioni, a EUR 14 500 per un’impresa di medie dimensioni, a EUR 8 300 per un’impresa di piccole dimensioni e a EUR 2 070 per una microimpresa.

3        Il 1° dicembre 2010, la ricorrente ha pagato la fattura n. 10024214, emessa dall’ECHA per un importo di EUR 480. Tale importo corrispondeva, secondo l’allegato I del regolamento n. 340/2008, nella versione applicabile al momento dei fatti, alla tariffa dovuta da una piccola impresa nel contesto della presentazione congiunta relativa a sostanze in un quantitativo compreso tra 1 e 10 tonnellate.

4        Il 27 settembre 2011, la ricorrente è stata selezionata dall’ECHA per far parte di un campione di imprese, allo scopo di verificare le loro dichiarazioni come piccole o medie imprese. In tal contesto, la ricorrente è stata invitata a fornire un certo numero di documenti.

5        Dopo uno scambio di documenti e di messaggi di posta elettronica tra l’ECHA e la ricorrente, quest’ultima ha ammesso che la sua dichiarazione iniziale in quanto piccola impresa era errata e che essa avrebbe dovuto dichiarare che la Spraylat Boya costituiva un’impresa di grandi dimensioni, tenuto conto dei criteri pertinenti da applicare e a seguito di verifiche da parte sua. La ricorrente ha del pari indicato di essere pronta a pagare la tariffa applicabile a un’impresa di grandi dimensioni.

6        Il 15 febbraio 2012, l’ECHA ha adottato nei confronti della ricorrente la decisione SME (2012) 1445 (in prosieguo: la «decisione impugnata»). In tale decisione, l’ECHA informava la ricorrente che la Spraylat Boya doveva essere considerata come un’impresa di grandi dimensioni e che essa le avrebbe inviato una fattura atta a includere la differenza tra la tariffa inizialmente corrisposta e la tariffa da ultimo dovuta, nonché una fattura per il pagamento dell’onere amministrativo corrispondente.

7        Il 21 febbraio 2012, l’ECHA ha emesso la fattura n. 10030371, per un importo di EUR 20 700, per il pagamento dell’onere amministrativo (in prosieguo: la «fattura contestata»).

8        Il 7 marzo 2012, l’ECHA ha emesso la fattura n. 10030369, per un importo di EUR 720, a saldo della differenza tra la tariffa inizialmente corrisposta dalla ricorrente e la tariffa da ultimo dovuta, cioè EUR 1 200.

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 aprile 2012, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame.

10      Con decisione del presidente del Tribunale del 15 maggio 2012, la presente causa è stata attribuita alla Quinta Sezione.

11      Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione del Tribunale del 4 settembre 2012, sentite le parti, la Commissione è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni dell’ECHA.

12      Con decisione del presidente del Tribunale del 25 gennaio 2013, la presente causa è stata riassegnata alla Seconda Sezione e a un nuovo giudice relatore.

13      A seguito della modifica delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Sesta Sezione alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

14      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

15      Il 2 aprile 2014, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, l’ECHA è stata invitata a rispondere a taluni argomenti esposti dalla ricorrente nella replica. L’ECHA ha ottemperato a tale richiesta entro i termini impartiti.

16      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 14 maggio 2014.

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la fattura contestata;

–        a titolo conservativo, annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’ECHA alle spese.

18      L’ECHA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso e confermare la decisione impugnata;

–        condannare la ricorrente alle spese.

19      La Commissione chiede che il Tribunale voglia respingere il ricorso.

 In diritto

20      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del suo ricorso. Il primo motivo concerne la violazione dei regolamenti nn. 1907/2006 e 340/2008. Il secondo motivo attiene ad una violazione del principio di proporzionalità. Con il suo terzo motivo, la ricorrente fa valere una violazione del principio della parità di trattamento. Con il suo quarto motivo, la ricorrente invoca una violazione dei principi di certezza del diritto e di buona amministrazione. Il quinto motivo attiene ad una illegittima delega di competenze a vantaggio dell’ECHA.

21      Va osservato preliminarmente che, con le sue conclusioni, la ricorrente chiede l’annullamento della decisione impugnata e della fattura contestata. Dal momento che la decisione impugnata non conteneva tutti gli elementi essenziali degli obblighi della ricorrente, cioè in particolare l’importo dell’onere amministrativo, la fattura contestata costituisce, nella fattispecie, il documento mediante il quale l’ECHA ha accertato nel dettaglio l’importo dei crediti nei confronti della ricorrente. Pertanto, la fattura contestata è un atto che lede la ricorrente e può pertanto costituire oggetto di ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale (v., in tal senso, ordinanza dell’8 marzo 2012, Octapharma Pharmazeutika/EMA, T‑573/10, EU:T:2012:114, punto 45).

22      Del pari in via preliminare, si deve osservare che, alla luce degli argomenti sviluppati nel contesto dei motivi dal primo al quarto, la ricorrente solleva in realtà un’eccezione di illegittimità nei confronti della decisione MB/D/29/2010, come ha confermato in udienza. L’ECHA e la Commissione hanno per di più indicato all’udienza di aver compreso gli argomenti della ricorrente in tal senso e di ciò si è preso atto. Le memorie dell’ECHA evidenziano, del resto, che essa ha preso posizione sugli argomenti sollevati dalla ricorrente al riguardo.

23      Occorre ricordare che, a norma dell’articolo 277 TFUE, «nell’eventualità di una controversia che metta in causa un atto di portata generale adottato da un’istituzione, organo o organismo dell’Unione, ciascuna parte può (…) valersi dei motivi previsti all’articolo 263, secondo comma, per invocare dinanzi [al giudice dell’Unione] l’inapplicabilità dell’atto stesso».

24      Secondo giurisprudenza costante, l’articolo 277 TFUE è espressione di un principio generale che garantisce a qualsiasi parte il diritto di contestare, per ottenere l’annullamento di un atto che la riguarda direttamente e individualmente, la validità degli atti istituzionali anteriori, che costituiscono il fondamento giuridico dell’atto impugnato, qualora tale parte non fosse legittimata a proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro tali atti, dei quali essa subisce così le conseguenze senza essere stata in grado di chiederne l’annullamento (v. sentenza dell’11 dicembre 2012, Sina Bank/Consiglio, T‑15/11, Racc., EU:T:2012:661, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

25      L’eccezione d’illegittimità prevista dall’articolo 277 TFUE deve ricevere interpretazione estensiva nel senso che essa ricomprende tutti gli atti di carattere generale (sentenza del 26 ottobre 1993, Reinarz/Commissione, T‑6/92 e T‑52/92, Racc., EU:T:1993:89, punto 56). Essa deve essere parimenti estesa agli atti che, pur non costituendo formalmente il fondamento giuridico dell’atto impugnato, presentano un collegamento giuridico diretto con esso (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2006, FNCBV e a./Commissione, T‑217/03 e T‑245/03, Racc., EU:T:2006:391, punto 250 e giurisprudenza ivi citata).

26      Nella fattispecie, la decisione MB/D/29/2010 è un atto di portata generale, in quanto si applica a situazioni obiettivamente determinate e comporta effetti giuridici nei confronti di categorie di persone prese in considerazione in modo generale e astratto (v., in tal senso, ordinanza del 4 giugno 2012, Eurofer/Commissione, T‑381/11, Racc., EU:T:2012:273, punto 29), e su ciò le parti hanno convenuto all’udienza.

27      Peraltro, la decisione MB/D/29/2010 presenta un collegamento giuridico diretto con la decisione impugnata e con la fattura contestata in quanto fissa, nel suo allegato 1, il livello degli oneri amministrativi applicabili in funzione delle dimensioni delle imprese.

28      Infine, nulla consente di ritenere che la ricorrente fosse legittimata a proporre, in forza dell’articolo 263 TFUE, un ricorso diretto contro la decisione MB/D/29/2010, il che del resto non è stato sostenuto dalle parti.

29      Ne deriva che la ricorrente può contestare incidentalmente la legittimità della decisione MB/D/29/2010 nell’ambito della presente controversia.

30      Il Tribunale considera opportuno esaminare anzitutto il secondo motivo, attinente ad una violazione del principio di proporzionalità, in quanto solleva un’eccezione di illegittimità contro la decisione MB/D/29/2010.

31      La ricorrente considera che l’onere amministrativo di EUR 20 700 non corrisponde al servizio reso dall’ECHA. La fissazione di tale onere violerebbe dunque il principio di proporzionalità. All’udienza, la ricorrente ha del pari rilevato che la valutazione della violazione del principio di proporzionalità doveva essere svolta rispetto alla propria situazione e che sussisteva un’enorme differenza tra un importo tariffario di EUR 1 000 o 2 000 e un importo di oltre EUR 20 000 corrispondente all’onere amministrativo. Peraltro, la ricorrente ha sostanzialmente indicato che essa non aveva alcun interesse a trasmettere false informazioni all’ECHA per ottenere un guadagno potenziale di qualche centinaia di euro sull’importo della tariffa.

32      L’ECHA, dopo aver ricordato che la ricorrente considera l’onere amministrativo fissato all’articolo 2 e nella tabella 1 della decisione MB/D/29/2010 come una violazione del principio di proporzionalità, sostiene che tale onere amministrativo è idoneo a raggiungere, ma non ad eccedere, l’obiettivo di reintegrare i costi generati dal controllo delle dichiarazioni delle piccole e medie imprese. Peraltro, all’udienza, l’ECHA ha indicato che l’importo della tariffa ammontava mediamente a EUR 20 000. La differenza con l’importo dell’onere amministrativo non sarebbe quindi così significativa. L’ECHA ha anche precisato che l’onere amministrativo doveva incentivare le imprese che registrano una sostanza a fornire informazioni esatte. Le imprese non dovrebbero essere indotte, in funzione dell’importo dell’onere amministrativo, a fornire false informazioni.

33      Deriva da costante giurisprudenza che il principio di proporzionalità è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione europea ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non vadano oltre quanto necessario per raggiungerli (sentenza dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, Racc., EU:C:2010:321, punto 51). Peraltro, qualora l’autore dell’atto impugnato disponga di un ampio potere discrezionale, solo il carattere manifestamente inidoneo di un provvedimento emanato, rispetto all’obiettivo perseguito, può inficiare la legittimità di un siffatto provvedimento (v. sentenza del 9 settembre 2010, Usha Martin/Consiglio e Commissione, T‑119/06, Racc., EU:T:2010:369, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

34      Nella fattispecie, il considerando 11 del regolamento n. 340/2008 precisa che «la presentazione di informazioni false va contrastata mediante l’imposizione di un onere amministrativo da parte dell’[ECHA] e, se del caso, di una pena pecuniaria dissuasiva da parte degli Stati membri». Da tale considerando risulta che l’imposizione di un onere amministrativo rientra nell’obiettivo di disincentivare la trasmissione di false informazioni da parte delle imprese. Per contro, da tale considerando risulta anche che l’onere amministrativo non può assomigliare a una pena pecuniaria.

35      Tale lettura degli obiettivi del regolamento n. 340/2008 è confermata dai lavori preparatori all’adozione della decisione MB/D/29/2010. Così, i motivi del progetto di decisione trasmesso al consiglio d’amministrazione dell’ECHA per la sua riunione del 22 e 23 giugno 2010 indicano che l’onere amministrativo «non ha carattere di pena pecuniaria». Quest’ultima rientra nella competenza degli Stati membri e può essere «considerevolmente più elevata del vantaggio finanziario ottenuto mediante la trasmissione di un’informazione falsa».

36      Tenuto conto di tali elementi, e senza che sia necessario nell’ambito della presente controversia stabilire se l’ECHA potesse trasferire l’integralità dei costi di verifica sulle uniche imprese che l’hanno male informata delle loro dimensioni oppure se l’ECHA fosse dotata di un potere discrezionale nel contesto della fissazione dell’onere amministrativo, va constatato che l’importo dell’onere amministrativo imposto alla ricorrente, nella fattispecie, è manifestamente sproporzionato rispetto all’obiettivo perseguito dalla normativa.

37      Infatti, risulta dagli elementi al fascicolo che, tenuto conto della fattura complementare n. 10030369, inviata alla ricorrente il 7 marzo 2012, la tariffa da ultimo da essa dovuta ammontava a EUR 1 200. Da tale fattura complementare risulta del pari che l’errata dichiarazione delle sue dimensioni da parte della ricorrente le avrebbe permesso di evitare il pagamento di EUR 720 a titolo di tariffa dovuta all’ECHA.

38      L’importo di EUR 20 700, corrispondente all’onere amministrativo imposto alla ricorrente, era pertanto, nella fattispecie, più di 17 volte superiore all’importo della tariffa che essa avrebbe dovuto pagare per registrare la sostanza di cui trattasi. Esso era del pari più di 28 volte superiore all’importo della summenzionata fattura complementare, e quindi all’importo della tariffa che avrebbe potuto essere evitato grazie all’errata dichiarazione presentata dalla ricorrente. L’importo dell’onere amministrativo era quindi, nella fattispecie, secondo i criteri specifici esposti dall’ECHA nel contesto dei lavori preparatori all’adozione della decisione MB/D/29/2010 (v. il precedente punto 35), «considerevolmente più elevato» del vantaggio finanziario che la ricorrente avrebbe potuto ottenere avvalendosi della sua falsa dichiarazione.

39      Alla luce di tali elementi, si deve considerare che gli obiettivi della normativa non consentono di giustificare le conseguenze economiche negative sulla ricorrente nelle proporzioni precedentemente indicate. La decisione MB/D/29/2010, come applicata alla ricorrente e in tale misura, eccede così manifestamente quanto necessario per raggiungere l’obiettivo dell’onere amministrativo perseguito dalla normativa applicabile, che consiste nello scoraggiare la trasmissione di false informazioni senza tuttavia rivestire il carattere di pena pecuniaria.

40      Gli altri argomenti dedotti dall’ECHA non sono tali da rimettere in discussione tale conclusione.

41      È in particolare inoperante, al fine di valutare la situazione specifica della ricorrente, il fatto che, in determinati casi, la falsa dichiarazione da parte di un’impresa con riferimento alle sue dimensioni possa consentirle di sottrarsi al pagamento di una tariffa di importo molto più elevato di quello del caso di specie.

42      Peraltro, riguardo all’argomento svolto dall’ECHA nelle sue memorie scritte e all’udienza, secondo cui, in sostanza, essa sarebbe tenuta a trasferire integralmente i costi di verifica in parola, esso non può giustificare l’importo manifestamente sproporzionato dell’onere amministrativo imposto alla ricorrente. Infatti, in primo luogo, l’importo dell’onere amministrativo imposto alla ricorrente nella fattispecie risulta dal metodo specifico scelto dall’ECHA per calcolare detto onere. In particolare, l’ECHA ha deciso di far sopportare alle sole imprese che hanno effettuato una dichiarazione falsa, in funzione delle loro effettive dimensioni, la totalità dei costi sostenuti per verificare le dichiarazioni di un campione più ampio di imprese. Orbene, nulla permette di considerare che non esistesse, nella fattispecie, una soluzione rispettosa del principio di proporzionalità nei confronti della ricorrente e che consentisse di raggiungere gli obiettivi della normativa. In secondo luogo, l’argomento dell’ECHA contrasta con i lavori preparatori all’adozione della decisione MB/D/29/2010 (v. il precedente punto 35), nell’ambito dei quali si è precisato che, qualora l’ECHA non avesse individuato alcuna falsa dichiarazione, avrebbe sopportato «tutti i costi» di verifica sostenuti. In terzo luogo, per di più, occorre rilevare che l’articolo 96, paragrafo 1, del regolamento n. 1907/2006 prevede che gli introiti dell’ECHA provengano non soltanto dalle tariffe versate dalle imprese, ma anche da una sovvenzione dell’Unione iscritta nel budget generale dell’Unione (Sezione Commissione) e da tutti i contributi volontari degli Stati membri.

43      Tenuto conto dell’insieme di questi elementi, si deve accogliere il secondo motivo dedotto dalla ricorrente, nei limiti in cui solleva un’eccezione di illegittimità contro la decisione MB/D/29/2010. Occorre, quindi, dichiarare inapplicabile la decisione MB/D/29/2010 e, di conseguenza, accogliere le conclusioni della ricorrente e annullare, pertanto, la decisione impugnata e la fattura contestata senza che sia necessario pronunciarsi sugli altri motivi del ricorso.

 Sulle spese

44      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente ne ha fatto domanda, l’ECHA, rimasta soccombente, va condannata alle spese.

45      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 4, primo comma, del regolamento di procedura, le istituzioni intervenute nella causa sopportano le proprie spese. Di conseguenza, la Commissione, intervenuta a sostegno delle conclusioni dell’ECHA, sopporta le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione SME (2012) 1445 dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), del 15 febbraio 2012, e la fattura n. 10030371, emessa dall’ECHA il 21 febbraio 2012, sono annullate.

2)      L’ECHA è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Spraylat GmbH.

3)      La Commissione europea sopporta le proprie spese.

Frimodt Nielsen

Dehousse

Collins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 ottobre 2014.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.