Language of document : ECLI:EU:C:2024:240

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

Presentate il 14 marzo 2024 (1)

Causa C-16/23

FA.RO. di YK & C. Sas

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli,

nei confronti di:

JS

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Vendita di prodotti derivati dal tabacco – Monopoli di prestazione di servizi – Regime di autorizzazione – Requisiti applicati allo stabilimento di prestatori di servizi – Regolamentazione nazionale che limita l’autorizzazione all’esercizio di rivendita di prodotti soggetti a monopolio – Criteri di distanza e di densità di popolazione – Tutela della salute pubblica contro il tabagismo»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla compatibilità con la direttiva 2006/123/CE (2) della normativa italiana applicabile alla vendita al dettaglio di prodotti derivati dal tabacco

2.        Al fine dell’autorizzazione all’istituzione di punti vendita di tali prodotti, la normativa controversa utilizza criteri restrittivi, basati sulla distanza geografica e sulla densità di popolazione. Il giudice del rinvio dubita che i criteri di cui trattasi siano conformi alla direttiva 2006/123.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione. Direttiva 2006/123

3.        L’articolo 1 («Oggetto») così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

2.      La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

3.      La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza.

La presente direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti.

(...)».

4.        L’articolo 2 («Campo di applicazione») così stabilisce:

«(...)

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

a)      i servizi non economici d’interesse generale;

(...)».

5.        L’articolo 4 («Definizioni») enuncia quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

6)      “regime di autorizzazione”: qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a rivolgersi ad un’autorità competente allo scopo di ottenere una decisione formale o una decisione implicita relativa all’accesso ad un’attività di servizio o al suo esercizio;

7)      “requisito”: qualsiasi obbligo, divieto, condizione o limite stabilito dalle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri o derivante dalla giurisprudenza, dalle prassi amministrative, dalle regole degli organismi e ordini professionali o dalle regole collettive di associazioni o organizzazioni professionali adottate nell’esercizio della propria autonomia giuridica; le norme stabilite dai contratti collettivi negoziati dalle parti sociali non sono considerate di per sé come requisiti ai sensi della presente direttiva;

(…)».

6.        L’articolo 9 («Regimi di autorizzazione») così dispone:

«1.      Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a)      il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b)      la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia.

(...)».

7.        Ai sensi dell’articolo 10 («Condizioni di rilascio dell’autorizzazione»):

«1.      I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario.

2.      I criteri di cui al paragrafo 1 devono essere:

a)      non discriminatori;

b)      giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      commisurati all’obiettivo di interesse generale;

d)      chiari e inequivocabili;

e)      oggettivi;

f)      resi pubblici preventivamente;

g)      trasparenti e accessibili.

(...)».

8.        L’articolo 14 («Requisiti vietati») dispone quanto segue:

«Gli Stati membri non subordinano l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

(…)

5)      l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente; tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale;

(…)».

9.        L’articolo 15 («Requisiti da valutare») così recita:

«1.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico prevede i requisiti di cui al paragrafo 2 e provvedono affinché tali requisiti siano conformi alle condizioni di cui al paragrafo 3. Gli Stati membri adattano le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative per renderle conformi a tali condizioni.

2.      Gli Stati membri verificano se il loro ordinamento giuridico subordina l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al rispetto dei requisiti non discriminatori seguenti:

a)      restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori;

(…)

3.      Gli Stati membri verificano che i requisiti di cui al paragrafo 2 soddisfino le condizioni seguenti:

a)      non discriminazione: i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori in funzione della cittadinanza o, per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale;

b)      necessità: i requisiti sono giustificati da un motivo imperativo di interesse generale;

c)      proporzionalità: i requisiti devono essere tali da garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito; essi non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo; inoltre non deve essere possibile sostituire questi requisiti con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato.

(…)».

B.      Normativa italiana

1.      Legge n. 1293/1957 (3)

10.      Conformemente agli articoli 16 e seguenti, la vendita al pubblico di generi di monopolio, tra cui i tabacchi lavorati, è effettuata a mezzo di «rivendite», ordinarie e speciali, e di «patentini».

11.      Le rivendite ordinarie sono esercizi, ubicati sulla pubblica via, specificamente preposti alla vendita di tabacchi e di altri generi di monopolio. Sono affidate in concessione a privati per una durata non superiore a nove anni (4).

12.      Le rivendite speciali sono istituite per soddisfare particolari esigenze del servizio in luoghi specifici (stazioni ferroviarie e marittime, aeroporti, aree di servizio automobilistiche, centri commerciali, ecc.). Sono generalmente affidate a privati per un periodo non superiore a nove anni.

13.      L’ADM può, inoltre, autorizzare la vendita di generi di monopolio nei pubblici esercizi a mezzo di patentino. Il titolare di questi patentini si rifornisce presso la rivendita ordinaria più vicina.

14.      I patentini devono essere giustificati dalla necessità di erogazione del servizio in luoghi e tempi in cui non può essere svolto dalle rivendite ordinarie. La possibilità di rilasciare il patentino è esclusa quando presso la rivendita più vicina, collocata a distanza inferiore a limiti predeterminati, sia installato un distributore automatico di tabacchi lavorati.

2.      Decreto legge n. 98/2011 (5)

15.      Ai sensi del suo articolo 24, comma 42, il legislatore ha demandato ad un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze la previsione di regole per l’istituzione delle rivendite di generi di monopolio «al fine di contemperare, nel rispetto della tutela della concorrenza, l’esigenza di garantire all’utenza una rete di vendita capillarmente dislocata sul territorio, con l’interesse pubblico primario della tutela della salute consistente nel prevenire e controllare ogni ipotesi di offerta di tabacco al pubblico non giustificata dall’effettiva domanda di tabacchi».

16.      In particolare, l’articolo 24, comma 42, lettera b), come modificato dall’articolo 4 della legge n. 37/2019, ha stabilito che le rivendite ordinarie possono essere istituite «solo in presenza di determinati requisiti di distanza, non inferiore a 200 metri, e di popolazione, nel rispetto del rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti».

3.      Decreto n. 38/2013 (6)

17.      In seguito alle modifiche introdotte nel 2021, l’articolo 2 fissa i seguenti parametri per l’istituzione delle rivendite ordinare:

a)      distanza minima dalla rivendita più vicina già in esercizio:

–        metri 300, nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti;

–        metri 250, nei comuni con popolazione da 30 001 a 100 000 abitanti;

–        metri 200, nei comuni con popolazione superiore a 100 000 abitanti;

b)      rapporto di una rivendita ogni 1 500 abitanti residenti nel comune; è ammessa la possibilità di deroga alla suddetta proporzione solamente per i comuni con meno di 1 500 abitanti.

18.      Il parametro relativo al rapporto rivendite/popolazione residente è stato introdotto con la legge n. 37 del 2019 e con il decreto ministeriale n. 51 del 2021, in sostituzione del requisito di produttività minima previsto dai testi originari del decreto-legge n. 98/2011 e del decreto ministeriale n. 38/2013 (7).

19.      L’articolo 3 così dispone:

–      l’ADM terrà particolarmente conto delle zone caratterizzate da nuovi sviluppi abitativi, commerciali, della particolare rilevanza assunta dai nodi stradali e dai centri di aggregazione urbana, della popolazione residente, della presenza di uffici o strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione, tali da rendere palese la sussistenza dell’interesse del servizio;

–      la rete di vendita dei tabacchi lavorati deve risultare adeguata all’interesse del servizio e organizzata in modo tale da garantire l’efficienza e l’efficacia dei controlli da parte dell’Amministrazione, a tutela dei minori, dell’ordine e della sicurezza pubblica, della salute pubblica, nonché del gettito delle imposte sui generi di monopolio.

20.      L’istituzione delle rivendite ordinarie avviene mediante apposito piano emanato semestralmente dal competente ufficio regionale dell’ADM a seguito dello svolgimento di un procedimento che prevede, tra l’altro, la previa pubblicazione di uno schema di piano provvisorio e la presentazione di osservazioni da parte degli interessati.

21.      Per l’assegnazione delle neo-istituite rivendite ordinarie la normativa contempla le seguenti modalità: nei comuni con popolazione fino a 30 000 abitanti l’Amministrazione indice un concorso riservato a particolari categorie di persone; nei comuni con popolazione superiore a 30 000 abitanti e in quelli capoluogo di provincia l’affidamento avviene mediante procedura ad evidenza pubblica, aperta a tutti gli aspiranti.

II.    Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

22.      La società FA.RO. di YK & C. s.a.s. (in prosieguo: la «FA.RO.») era da molti anni titolare di patentino per la rivendita di tabacchi presso l’esercizio commerciale «Bar Rino», in località Finale Ligure (Italia).

23.      Il 19 novembre 2021, l’ADM ha avviato il procedimento finalizzato alla soppressione del patentino, perché la rivendita di tabacchi ordinaria che rifornisce il punto vendita FA.RO., ubicata a una distanza inferiore a 300 metri, nel maggio 2021 aveva installato un distributore automatico di sigarette. Tale circostanza, ai sensi della normativa vigente (articolo 7 del decreto n. 38/2013), è ostativa al mantenimento del patentino.

24.      La FA.RO. ha segnalato all’ADM la necessità di istituire una nuova rivendita ordinaria presso il «Bar Rino», esponendo una serie di fatti indicativi di una numerosa affluenza di consumatori.

25.      L’ADM non ha accolto la richiesta della FA.RO., poiché non rispettava i requisiti di distanza e di rapporto rivendite/abitanti previsti dall’articolo 2 del decreto n. 38/2013 (8).

26.      La FA.RO. ha impugnato la decisione dell’ADM dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Italia), chiedendo l’annullamento:

–      in primo luogo, della nota n. 6401/RU del 31 marzo 2022 dell’ADM recante lo schema di piano semestrale (secondo semestre 2022) per l’istituzione di nuove rivendite ordinarie di tabacchi nel territorio ligure, nella parte in cui non prevede una di queste rivendite nel comune di Finale Ligure, in via Mazzini, n. 2, dove si trova il «Bar Rino»;

–      in secondo luogo, di ogni altro atto connesso.

27.      La FA.RO. ha sostenuto che la norma nazionale è contraria all’articolo 15 della direttiva 2006/123. Di conseguenza, si dovrebbe annullare l’articolo 2 del decreto 38/2013 o, quanto meno, dovrebbe essere esclusa la sua applicazione così come dovrebbe essere disapplicato l’articolo 24, comma 42, del decreto legge 98/2011.

28.      Secondo la FA.RO., una nuova rivendita presso il «Bar Rino» non comporterebbe un effetto di sovradimensionamento dell’offerta rispetto alla domanda, giacché si tratta di una località in cui gli utilizzatori effettivi del servizio sono molti di più rispetto alla popolazione residente, per via dell’afflusso di turisti nei fine settimana e durante la stagione turistica.

29.      L’ADM ha chiesto il rigetto del ricorso.

30.      In tale contesto, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria sottopone alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE (…) nonché gli articoli 49, 56 e 106, comma 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che fissi restrizioni all’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco in funzione di una distanza geografica minima tra prestatori e della popolazione residente;

2)      Se l’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE (…) nonché gli articoli 49, 56 e 106, comma 2, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che ostino a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che subordini l’autorizzazione di punti vendita di prodotti del tabacco al rispetto di parametri prefissati di distanza geografica minima tra prestatori e di popolazione residente, senza consentire all’Autorità pubblica competente di valutare altre circostanze di fatto oggettive che, pur in mancanza dei suddetti requisiti [,] dimostrino nel caso concreto la sussistenza di un’esigenza di servizio».

III. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

31.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 16 gennaio 2023.

32.      Hanno presentato osservazioni scritte la FA.RO., JS (9), i governi spagnolo e italiano, nonché la Commissione europea. Tutte le suddette parti hanno partecipato all’udienza tenutasi il 24 gennaio 2024.

IV.    Valutazione

A.      Sulla ricevibilità

33.      Il governo spagnolo ritiene che le due questioni pregiudiziali siano irricevibili in quanto ipotetiche. Il governo italiano, da parte sua, ritiene che la direttiva 2006/123 non sia applicabile alla controversia.

1.      Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali in relazione agli articoli 49, 56 e 106, paragrafo 2, TFUE

34.      Le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento (articolo 49) e di libera prestazione di servizi (articolo 56) non sono applicabili, in linea di principio, a una fattispecie i cui elementi si collochino tutti all’interno di un solo Stato membro (10).

35.      Dall’ordinanza di rinvio emerge che tutti gli elementi della controversia sono circoscritti all’interno della Repubblica italiana: un’impresa italiana chiede alle autorità italiane l’autorizzazione a gestire una rivendita di tabacco sul territorio italiano.

36.      Quando tutti gli elementi della situazione si collocano all’interno di un solo Stato membro, le domande di pronuncia pregiudiziale sono ammissibili solo se da esse risultano fatti o elementi che consentono di stabilire un collegamento fra l’oggetto o le circostanze della controversia e gli articoli 49 o 56 TFUE.

37.      Spetta al giudice nazionale indicare alla Corte «sotto quale profilo, malgrado il suo carattere puramente interno, la controversia dinanzi ad esso pendente presenti con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libertà fondamentali un elemento di collegamento che rende l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta necessaria alla soluzione di tale controversia» (11).

38.      Poiché nella domanda di pronuncia pregiudiziale inviata dal giudice italiano non è contenuta nessuna indicazione in tal senso, le sue questioni pregiudiziali devono essere considerate irricevibili per quanto riguarda l’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE (12).

39.      Lo stesso vale con riguardo all’articolo 106, paragrafo 2, TFUE. Il giudice del rinvio non ha illustrato i motivi che lo hanno indotto, nello specifico, a interrogarsi sull’interpretazione di tale disposizione né sul collegamento che, a suo avviso, si possa stabilire tra detta disposizione e le norme nazionali. Ne consegue che la Corte di giustizia non può fornirgli un’interpretazione dell’articolo in parola che sia utile per risolvere la controversia (13).

40.      Le due questioni pregiudiziali sono pertanto irricevibili per quanto riguarda l’interpretazione degli articoli 49, 56 e 106, paragrafo 2, TFUE.

41.      La constatazione che la situazione in discussione nella controversia sia puramente interna non pregiudica tuttavia l’applicabilità delle disposizioni della direttiva 2006/123 sulla libertà di stabilimento dei prestatori. La Corte di giustizia ha già dichiarato che tali disposizioni si applicano a una situazione i cui elementi si collocano all’interno di un solo Stato membro (14).

2.      Sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali in relazione allinterpretazione della direttiva 2006/123

42.      Secondo il governo spagnolo, le questioni pregiudiziali dovrebbero essere dichiarate irricevibili anche per quanto riguarda l’interpretazione della direttiva 2006/123, in virtù del suo articolo 1, paragrafo 3.

43.      L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 precisa che quest’ultima «non riguarda (…) l’abolizione di monopoli che forniscono servizi».

44.      Una siffatta esclusione, letta alla luce del considerando 8 della direttiva, consente di concludere che la direttiva 2006/123 non si applica quando la prestazione di servizi di distribuzione commerciale è soggetta a un regime di monopolio di commercializzazione (15) che esclude totalmente la concorrenza e affida tali vendite a un unico fornitore (16).

45.      Orbene, il sistema italiano di vendita dei tabacchi lavorati non pare essere strutturato come un monopolio di commercializzazione di merci né come un monopolio di prestazione di servizi (17). I prodotti derivati dal tabacco sono venduti da un elevato numero di rivendite, ordinarie e speciali, e da altre imprese titolari di patentini.

46.      Dalle informazioni disponibili nel fascicolo risulta che sia le rivendite sia gli esercizi con patentini sono gestiti da privati indipendenti, che forniscono al pubblico il servizio di vendita di tabacchi lavorati (18). Non vi è pertanto alcun monopolio di commercializzazione né di prestazione di servizi.

47.      La concessione di rivendite e di patentini comporta l’esercizio del potere pubblico da parte dell’amministrazione italiana, che autorizza i punti vendita. Ciò non significa, tuttavia, che sia lo Stato a prestare tale servizio o che l’ADM possa interferire nelle decisioni strettamente commerciali dei titolari dei punti vendita, una volta che questi sono stati assegnati. Le rivendite di Stato che rientravano nel precedente monopolio di vendita del tabacco sono state abolite nel 1983 (19).

48.      È vero, come rileva il giudice del rinvio (20), che la vendita al dettaglio di tabacchi lavorati è un’attività commerciale che non è del tutto equiparabile ad altre attività economiche, poiché i canali di distribuzione sono limitati e hanno ad oggetto un prodotto nocivo per la salute collettiva. È altrettanto vero che alcuni aspetti di tale attività, come la pubblicità o il prezzo del tabacco, sono rigorosamente regolamentati. Tuttavia, siffatte circostanze, lo ribadisco, in Italia non trasformano la suddetta vendita al dettaglio in un monopolio di Stato e non eliminano la (limitata) concorrenza tra i prestatori di questo tipo di servizio.

49.      In definitiva, l’obiezione del governo spagnolo deve essere respinta.

50.      Il governo italiano invoca l’articolo 2 e il considerando 8 della direttiva 2006/123 per sostenere l’inapplicabilità di tale direttiva. Afferma che le rivendite di tabacco svolgono un’attività economica di interesse generale la quale è funzionale al regime del «monopolio fiscale» sulla vendita del tabacco (21).

51.      La Corte di giustizia ha affermato che, «risulta espressamente dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123, letto in combinato disposto con i suoi considerando 17, 70 e 72, che le norme poste da detta direttiva si applicano, in linea di principio, ai servizi di interesse economico generale, essendo esclusi dal loro ambito di applicazione soltanto i servizi di interesse generale non economici» (22).

52.      Data questa premessa, la tesi del governo italiano non può essere accolta: la vendita al dettaglio di tabacchi lavorati in Italia, se dovesse essere classificata come servizio di interesse generale, lo sarebbe nella forma di servizio di interesse economico generale, soggetto ai requisiti della direttiva 2006/123.

53.      Le questioni pregiudiziali sono dunque ammissibili per quanto riguarda l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2006/123 applicabili alla normativa nazionale controversa. Ritengo peraltro opportuno trattarle congiuntamente.

B.      Nel merito: compatibilità con la direttiva 2006/123 di una normativa nazionale restrittiva della vendita di tabacchi lavorati

54.      Il giudice del rinvio chiede l’interpretazione dell’articolo 15 della direttiva 2006/123. Dopo aver dichiarato di «non mette[re] in discussione la legittimità del regime di autorizzazione ex articolo 9 della direttiva 2006/123 per la vendita al pubblico dei generi di monopolio e, segnatamente, dei prodotti e accessori del tabacco», ritiene che tale regime sia giustificato da motivi imperativi di interesse generale (23).

55.      Lo stesso giudice dubita tuttavia che i criteri geografici e demografici contenuti nella norma italiana [e a quelli cui allude l’articolo 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123] siano conformi ai principi di necessità e di proporzionalità, poiché:

–      sotto il profilo della necessità, le vigenti restrizioni non sarebbero infatti idonee a disincentivare il consumo di prodotti del tabacco, il che richiederebbe che la distanza tra i punti vendita fosse calcolata in termini di chilometri e non di metri. Né la (ammessa) diffusione dei distributori automatici scoraggia tale consumo;

–      sotto il profilo della proporzionalità, le stesse restrizioni, anche se fossero necessarie, potrebbero rivelarsi eccessive rispetto a quanto indispensabile per raggiungere l’obiettivo di tutela della salute attraverso l’equilibrato rapporto tra domanda e offerta, per via della loro rigidità (distanza minima) e della connessione a dati meramente anagrafici (popolazione residente);

–      per conformarsi al principio di proporzionalità, l’ADM dovrebbe poter prendere in considerazione altre circostanze oggettive, pur non essendo rispettati i limiti di distanza e di popolazione, se dimostrano che l’istituzione di una nuova rivendita ordinaria soddisfa un’esigenza di servizio e, dunque, non porterebbe ad un sovradimensionamento dell’offerta. È quanto avverrebbe nel caso in esame, poiché gli utenti del servizio sarebbero in realtà molti di più di quanto risulta dal dato anagrafico, trattandosi di un comune altamente turistico.

1.      «Regime di autorizzazione» o «requisito» ai sensi della direttiva 2006/123

56.      L’articolo 4 della direttiva 2006/123 delimita, ai punti 6 e 7, le nozioni di «regime di autorizzazione» e di «requisito» (24). Gli articoli da 9 a 13 della direttiva 2006/123 si applicano ai regimi di autorizzazione. I requisiti vietati o soggetti a valutazione sono disciplinati dagli articoli 14 e 15 della direttiva in parola.

57.      Un «regime di autorizzazione» si distingue da un «requisito» in quanto il primo implica una pratica da parte del prestatore di servizi, seguita da un atto formale dell’autorità che autorizza l’attività di tale prestatore (25). Per contro, un requisito è una regola generale e impersonale che si applica a tutti i prestatori di servizi, indipendentemente da qualsiasi azione o procedura per ottenere l’autorizzazione dell’attività prevista (26).

58.      Nella sentenza X e Visser è stato considerato come un requisito, ai sensi della direttiva 2006/123, il divieto, contenuto in un piano regolatore di un comune, di sviluppare un’attività di vendita al dettaglio di prodotti in una determinata zona della città (27). Qualsiasi altra regola o limitazione generale, applicabile per legge a un certo tipo di attività di servizi, ha la stessa natura.

59.      La disciplina della vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati prevista dalla normativa italiana rientra, a mio avviso, nella nozione di regime di autorizzazione. Un prestatore di servizi che voglia essere titolare di una rivendita ordinaria o speciale o di un patentino deve presentare una richiesta all’ADM, che deciderà se accoglierla o rigettarla.

60.      A tal fine, l’ADM dovrà prima elaborare un piano semestrale di istituzione dei punti vendita e indire una gara d’appalto pubblica per la presentazione delle candidature da parte degli interessati. In conformità a detto piano, l’ADM assegna le rivendite e i patentini agli operatori interessati, autorizzandoli ad esercitare l’attività di cui trattasi.

61.      Per l’elaborazione del piano semestrale e il rilascio delle autorizzazioni, l’ADM applica certamente i requisiti legali (geografico e demografico), ma lo fa al termine di un procedimento amministrativo su richiesta del prestatore e con successiva decisione favorevole dell’amministrazione.

62.      In altre parole, la norma italiana impone ai soggetti che intendono vendere al dettaglio tabacchi lavorati «di sottoporsi ad una procedura che ha l’effetto di obbligarli a espletare una pratica presso un’autorità competente al fine di ottenere da quest’ultima un atto formale che consenta loro di accedere a tale attività di servizio e di esercitarla» (28).

63.      Si tratta quindi di un «regime di autorizzazione» ai sensi dell’articolo 4, punto 6, e non di un mero «requisito» ai sensi dell’articolo 4, punto 7, della direttiva 2006/123.

64.      Un siffatto regime di autorizzazione deve essere soggetto alle prescrizioni di cui alla sezione 1 («Autorizzazioni») del capo III («Libertà di stabilimento dei prestatori») della direttiva 2006/123. Inoltre, non dovrà contenere requisiti vietati dall’articolo 14 della stessa direttiva (29).

2.      Accesso subordinato a una verifica di natura economica o meno

65.      Occorre verificare se il regime di autorizzazione istituito dall’Italia per la vendita al dettaglio di tabacchi lavorati rientri nel divieto di cui all’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123. Sebbene il giudice del rinvio non includa questo articolo fra quelli contenuti nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la sua analisi è necessaria.

66.      Secondo tale disposizione, è vietato «subordina[re] il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività o alla valutazione dell’adeguatezza dell’attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti dall’autorità competente» (30).

67.      Il divieto della verifica di natura economica (31) riflette la giurisprudenza della Corte di giustizia sull’impossibilità che motivi di natura economica costituiscano motivi imperativi di interesse generale che giustifichino limitazioni alla libertà di stabilimento (32).

68.      La Repubblica italiana aveva a suo tempo introdotto un requisito di natura economica (la produttività minima) per la concessione di rivendite. La Commissione l’ha ritenuto (33) incompatibile con l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, il che ha condotto all’adozione del decreto n. 51/2021. In quest’ultimo è stato abolito il requisito ed è stato invece introdotto il criterio del rapporto tra i punti vendita dei tabacchi lavorati e la popolazione residente.

69.      Il criterio demografico implica una verifica di natura economica incompatibile con l’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123? Secondo la Commissione (34), dalla normativa e dalla giurisprudenza italiana si potrebbe dedurre che la concessione delle rivendite dipende ancora, in una certa misura, da fattori che incidono sulla realtà economica del settore.

70.      In udienza, la Commissione ha dichiarato che il procedimento amministrativo di infrazione nei confronti dell’Italia si era chiuso per ragioni di opportunità politica, non perché fossero venuti meno i dubbi sull’esistenza di una verifica di natura economica. A suo avviso, l’articolo 3, comma 2, lettera b), del decreto n. 38/2013 potrebbe contenere un test economico dissimulato, giacché i piani semestrali per l’istituzione delle rivendite sono elaborati tenendo conto dell’interesse del servizio e, tra gli altri obiettivi, al fine di preservare il gettito (35).

71.      Spetta al giudice del rinvio interpretare il proprio diritto nazionale. Fatta salva la sua decisione, ritengo che il rapporto tra popolazione e rivendite di tabacco possa essere considerato finalizzato a garantire che l’attività di queste ultime sia distribuita in modo equilibrato («capillarmente») sul complesso del territorio nazionale, al fine di assicurare l’offerta legale di questo prodotto, tenendo conto delle caratteristiche orografiche e della distribuzione della popolazione in Italia.

72.      Così inteso, il regime di autorizzazione amministrativa basato sul rapporto di popolazione:

–      disciplinerebbe la vendita al dettaglio del tabacco, in quanto prodotto nocivo per la salute, a condizioni che ne riducono l’offerta a quanto strettamente necessario per soddisfare la domanda dei fumatori, evitando che questi ultimi lo acquistino di contrabbando a un prezzo inferiore, circostanza che incoraggerebbe il consumo e diminuirebbe la riscossione fiscale;

–      contribuirebbe a salvaguardare (almeno tendenzialmente) la tutela della salute pubblica, all’interno di un contesto che ha escluso, in quanto impraticabile, il divieto generalizzato del tabacco.

73.      Il criterio demografico non sarebbe dunque di natura puramente economica ai sensi dell’articolo 14, punto 5, della direttiva 2006/123, poiché il suo obiettivo principale non sarebbe quello di garantire entrate sufficienti ai venditori di tabacchi lavorati né di massimizzare la riscossione dell’imposta che grava sul loro consumo. Si tratterebbe piuttosto di una misura ispirata da motivi imperativi di interesse generale, in particolare di tutela della salute pubblica.

3.      Condizioni per il rilascio dellautorizzazione

74.      La conformità di un regime nazionale di autorizzazione alla direttiva 2006/123 deve essere valutata alla luce dell’articolo 9, paragrafo 1, di quest’ultima. Gli Stati membri possono istituirlo solo se non è discriminatorio, è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale ed è commisurato al suo obiettivo.

75.      Le condizioni per ottenere l’autorizzazione devono essere conformi all’articolo 10 della direttiva 2006/123. Ai sensi di quest’ultimo, i regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti e soddisfino i criteri enunciati al suo paragrafo 2.

76.      Sia l’articolo 9, paragrafo 1, relativo alla giustificazione, sia l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2006/123 sui criteri di rilascio delle autorizzazioni contengono obblighi chiari, precisi e incondizionati che conferiscono loro un effetto diretto (36).

77.      Il regime di autorizzazione amministrativa deve pertanto adeguarsi ai due articoli summenzionati. Tale adeguamento richiede che si valuti se la restrizione al diritto di stabilimento «anzitutto, non sia discriminatoria in base alla cittadinanza, che sia poi giustificata da un motivo imperativo di interesse generale e che, infine, sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito, non vada al di là di quanto è necessario per raggiungerlo e non possa essere sostituita con altre misure meno restrittive che permettono di conseguire lo stesso risultato» (37).

a)      Discriminazione

78.      Dagli elementi del fascicolo non si può dedurre che il regime di autorizzazione sia discriminatorio, poiché si applica allo stesso modo agli operatori economici stabiliti in Italia e ai cittadini di altri Stati membri, o ivi residenti, che intendano svolgere tale attività economica autonoma nel territorio italiano.

b)      Giustificazione per motivi imperativi di interesse generale

79.      Il governo italiano sostiene che il regime di autorizzazione, anche se comporta una restrizione del diritto di stabilimento, è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale, vale a dire, la tutela della salute pubblica (38). Concretamente, mira a garantire un’offerta limitata e conforme alla domanda di tabacchi lavorati, al fine di ridurne il consumo e di lottare in tal modo contro il tabagismo.

80.      Non credo che vi siano dubbi fondati sull’impatto negativo del consumo di tabacco sulla salute pubblica, come riconosciuto dagli organismi internazionali (39) e dalla stessa Corte di giustizia (40). Senza giungere a vietarne la vendita, il diritto dell’Unione contiene norme dirette a ridurre il consumo di tabacco (41).

81.      La tutela della salute pubblica è, quindi, un motivo imperativo di interesse generale che uno Stato membro può invocare per giustificare un regime di autorizzazione della vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati. Il giudice del rinvio, come ho già esposto, non nega che le restrizioni in discussione siano motivate da tale intento.

c)      Adeguatezza della restrizione al suo obiettivo

82.      Sebbene spetti al giudice del rinvio stabilire se il regime italiano sia adeguato per raggiungere l’obiettivo di tutela della salute pubblica che lo ispira, la Corte di giustizia può fornirgli indicazioni utili per il suo giudizio.

83.      Nell’effettuare la sua analisi, il giudice del rinvio deve tenere conto del fatto che gli Stati membri godono di un margine di discrezionalità, nei limiti fissati dal diritto dell’Unione, per stabilire il livello di tutela della salute pubblica nel loro territorio (42).

84.      Si tratta di valutare, nella fattispecie, se un regime di autorizzazione che consenta una vendita al dettaglio ordinata e controllata dei tabacchi lavorati sulla base di criteri geografici e demografici, sia adeguato per tutelare tale obiettivo.

85.      Certamente, il modo più idoneo per lottare contro il tabagismo e tutelare la salute pubblica sarebbe il divieto della vendita dei tabacchi lavorati. Tuttavia questa opzione massimalista non è stata seguita a livello internazionale, né è stata accolta dal legislatore dell’Unione. Quest’ultimo riconosce agli Stati membri la facoltà di stabilire quali forme di vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati accettare sul proprio territorio.

86.      Se si esclude l’opzione massimalista, un regime di autorizzazione amministrativa soggetto a criteri geografici e demografici può risultare più adeguato per la lotta al tabagismo rispetto alla sua alternativa, vale a dire, quella di consentire la libera vendita dei tabacchi lavorati.

87.      Il governo italiano afferma che, poiché il consumo di tabacco è legale in Italia, questo regime di autorizzazione tutela la salute pubblica perché garantisce ai fumatori la fornitura indispensabile di tale sostanza per non essere esposti alle conseguenze negative di un’improvvisa astinenza.

88.      L’obiettivo, aggiunge il governo italiano, è che la domanda abituale e l’offerta disponibile dei tabacchi lavorati siano in equilibrio, ad un livello il più basso possibile. In tal modo, non si incentiva un consumo superiore a quello abituale e, allo stesso tempo, si garantisce che i consumatori dipendenti dal tabacco possano reperirlo agevolmente, senza dover compiere grandi sforzi o ricorrere a prodotti di contrabbando, venduti al di fuori del controllo dello Stato e a prezzi inferiori, stimolandone così il consumo.

89.      La direttiva 2006/123 non osta a che gli ordinamenti giuridici degli Stati membri subordinino l’accesso a un’attività di servizi o il suo esercizio al requisito di rispettare «restrizioni quantitative o territoriali sotto forma, in particolare, di restrizioni fissate in funzione della popolazione o di una distanza geografica minima tra prestatori» [articolo 15, paragrafo 2, lettera a)]. Il suddetto requisito è proprio uno di quelli che devono essere valutati in un regime di autorizzazione.

90.      La combinazione del criterio geografico con quello demografico può garantire contemporaneamente l’approvvigionamento su tutto il territorio e impedire che l’offerta aumenti in modo incontrollato e favorisca un aumento del consumo di tabacco. La Corte di giustizia ha in effetti giudicato compatibili con il diritto dell’Unione regimi di autorizzazione che utilizzavano, in altre attività connesse alla salute pubblica (43), criteri demografici e geografici analoghi a quelli applicati dall’Italia alla vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati.

91.      Da tale giurisprudenza si possono trarre insegnamenti trasponibili, fatte salve le differenze, nella presente causa:

–      «[p]er quanto riguarda (…) la norma che impone una distanza minima tra due esercizi di ottica, (…) tale requisito aumenta la certezza dei pazienti di poter aver accesso ad un prestatore di cure sanitarie nelle loro vicinanze e contribuisce così, anch’essa, ad una migliore tutela della salute nel territorio di cui trattasi» (44);

–      «(…) la regola secondo cui in funzione di un certo numero di abitanti può stabilirsi un solo esercizio di ottica è atta a favorire una ripartizione equilibrata di tali esercizi nell’ambito del territorio considerato e a garantire così a tutta la popolazione di avere adeguato accesso alle prestazioni proposte dagli ottici» (45).

92.      È vero che, nei due casi in parola, le restrizioni erano volte a facilitare l’accesso (ordinato) degli utenti, mentre il regime di autorizzazione italiano mira, in parte, a limitare tale accesso per combattere il tabagismo e, in parte, a garantire un’offerta che soddisfi le esigenze dei fumatori. Si tratta indubbiamente di un equilibrio difficile da raggiungere, ma non ritengo tuttavia che questa differenza sia sufficiente per escludere l’applicazione della giurisprudenza sopra citata alla presente controversia.

93.      In particolare, è discutibile se il regime specifico delle distanze minime (da 300 a 200 metri, a seconda della località) tra due punti vendita sia, in misura maggiore o minore, adeguato agli obiettivi summenzionati. Il giudice del rinvio ha l’ultima parola sulla sua ragionevolezza, che dovrà valutare senza trascurare il fatto che spetta, in linea di principio, al legislatore nazionale conciliare il criterio numerico con tali obiettivi (46).

d)      Proporzionalità e coerenza della restrizione

94.      Il passo successivo consiste nel chiarire se il regime di autorizzazione italiano:

–      sia proporzionato rispetto al requisito imperativo di tutela della salute pubblica, nel senso che non va oltre quanto è necessario per il conseguimento di tale scopo e non esiste un’alternativa meno restrittiva per raggiungerlo (47);

–      sia dotato della necessaria coerenza e sistematicità, al fine di conseguire l’obiettivo ad esso sotteso (48).

95.      Spetta a ciascuno Stato membro dimostrare che dette condizioni cumulative sono rispettate (49). È il giudice del rinvio a dover procedere all’esame della proporzionalità della misura nazionale, con l’aiuto della Corte di giustizia, che gli fornisce gli elementi per effettuarlo.

96.      Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice a quo dubita che la normativa italiana sia conforme al principio di proporzionalità, in particolare a causa della proliferazione dei distributori automatici, che favoriscono l’accesso dei consumatori al tabacco senza (o con minori) restrizioni di orario.

97.      Concordo con il giudice del rinvio sul fatto che, se l’obiettivo del regime di autorizzazione per i punti vendita è quello di limitare l’offerta a quanto necessario per soddisfare la domanda dei fumatori, la proliferazione dei distributori automatici dei tabacchi lavorati sembra andare nella direzione opposta.

98.      In seguito ai chiarimenti forniti dal governo italiano in udienza, risulta che l’uso di distributori automatici di tabacco è limitato alle rivendite e ai patentini. Ciò sarebbe previsto dalla legge n. 556/1977 (50) all’articolo 20 (51) e dalla circolare dell’ADM n. 509/2007 (52).

99.      In virtù di tali disposizioni, i distributori automatici possono essere collocati all’interno o all’esterno delle rivendite, entro dieci metri dalla linea di mezzeria dell’ingresso. I pubblici esercizi che hanno la possibilità di ottenere i patentini potrebbero optare per l’installazione di un distributore automatico di tabacco, previa autorizzazione amministrativa e in alternativa a tale patentino.

100. In considerazione di siffatti chiarimenti, il giudice del rinvio deve valutare se il regime applicato ai distributori automatici di tabacco sia conforme al requisito di proporzionalità o se, al contrario, comporti un aumento eccessivo dell’offerta di tabacco, che rende incoerente l’applicazione dei criteri della distanza geografica e della densità di popolazione.

101. Quanto agli argomenti del giudice del rinvio che mettono in dubbio la proporzionalità del requisito geografico, sicuramente si produrrebbe un effetto deterrente se le distanze minime tra i punti vendita fossero fissate in chilometri anziché in metri. In ogni caso si tratta di una decisione che, per i suoi notevoli effetti sul consumo legale, spetta al legislatore ponderare: il tentativo di trovare un punto di equilibrio tra domanda e offerta, tenuto conto della distribuzione territoriale, può portare a un regime di distanze più o meno ampie, senza che, a mio avviso, la Corte di giustizia possa indicare al giudice del rinvio la distanza più appropriata (53).

102. Infine, per quanto riguarda la presunta rigidità dei criteri geografici e demografici (quest’ultimo collegato alle risultanze dell’anagrafe della popolazione residente), il giudice del rinvio afferma che l’ADM dovrebbe essere autorizzata a prendere in considerazione altre circostanze, al di fuori dei rigidi limiti di distanza e popolazione.

103. Una scelta normativa dotata di una certa rigidità mi sembra legittima, in quanto tende a garantire la certezza del diritto attraverso criteri oggettivi predeterminati. Inoltre, l’applicazione dei fattori geografici e demografici è mitigata dall’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto n. 38/2013, che contiene alcuni criteri integrativi per l’autorizzazione delle rivendite e dei patentini. Il loro impiego potrebbe conferire flessibilità al sistema, come sostenuto dal governo italiano (54).

104. Ad esempio, si potrebbe tener conto di circostanze specifiche (anche di carattere stagionale, come l’aumento della popolazione effettiva, e non solo registrata all’anagrafe, durante alcuni mesi dell’anno a causa del turismo). L’istituzione di nuovi punti vendita in casi del genere non comporterebbe necessariamente un sovradimensionamento dell’offerta per servire gli utenti non residenti.

105. Fatta salva la valutazione del giudice del rinvio, che logicamente conosce meglio la propria normativa, l’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto n. 38/2013 consentirebbe all’ADM di prendere in considerazione le aree di nuova espansione residenziale e commerciale, nonché la specifica importanza degli snodi stradali e dei principali luoghi di aggregazione urbana, la presenza di uffici o strutture produttive di particolari rilevanza e frequentazione, che rivelano l’esistenza di un interesse del servizio.

106. Nulla parrebbe quindi impedire al giudice del rinvio di chiarire se, con tali elementi di flessibilità, l’ADM possa valutare, in funzione delle sue caratteristiche, il costante afflusso turistico a Finale Ligure ai fini dell’assegnazione di una nuova rivendita.

107. Per quanto riguarda l’impatto della Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo, il giudice del rinvio sottolinea che essa non prevede, tra le misure raccomandate per ridurre la domanda e l’offerta di tabacco, l’imposizione di restrizioni ai venditori (55). Orbene, lo Stato italiano ha un proprio margine di discrezionalità nella scelta degli strumenti che ritiene più adeguati per proteggere la salute pubblica dagli effetti del fumo. Un regime di autorizzazione amministrativa soggetto a criteri restrittivi è, in linea di principio, idoneo a raggiungere questo obiettivo.

108. In definitiva, la combinazione dei fattori geografici e demografici, integrata, eventualmente, da altri elementi di flessibilità, potrebbe superare l’esame della proporzionalità e soddisfare i requisiti dell’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123. Quanto all’installazione di distributori automatici, essa non deve comportare un aumento ingiustificato dell’offerta dei tabacchi lavorati, circostanza che spetta al giudice del rinvio determinare.

V.      Conclusione

109. In considerazione di quanto precede, propongo di rispondere al Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Italia) come segue:

«Gli articoli 9, paragrafo 1, 10, paragrafi 1 e 2, 14, punto 5, e 15, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno,

devono essere interpretati nel senso che:

–      non ostano, in linea di principio, ad una normativa nazionale che subordina il rilascio di autorizzazioni per l’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio di prodotti del tabacco al rispetto di taluni parametri fissati in funzione della popolazione residente e di una distanza geografica minima tra prestatori;

–      spetta al giudice del rinvio stabilire se la combinazione dei criteri geografici e demografici specifici contenuti nella normativa nazionale, integrati, eventualmente, da altri elementi di flessibilità, possa rispettare il principio di proporzionalità e soddisfare i requisiti di cui all’articolo 10, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123. Spetta inoltre allo stesso giudice stabilire se l’installazione di distributori automatici comporti un aumento ingiustificato dell’offerta dei tabacchi lavorati, in contrasto con l’obiettivo di tutela della salute che è alla base della normativa nazionale».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).


3      Legge del 22 dicembre 1957, n. 1293 – Organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, (GURI n. 9 del 13 gennaio 1958) (in prosieguo: la «legge n. 1293/1957»).


4      La decisione di istituire una rivendita ordinaria spetta all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (in prosieguo: l’«ADM») che, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, della legge n. 1293/1957, deve esercitare tale potere nell’«interesse del servizio».


5      Decreto legge del 6 luglio 2011, n. 98 – Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria (GURI n. 155, del 6 luglio 2011), convertito, con modificazioni, dalla legge del 15 luglio 2011, n. 111 (GURI n. 164, del 16 luglio 2011), come modificata dalla legge del 3 maggio 2019, n. 37, (GURI n. 109, dell’11 maggio 2019) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 98/2011»).


6      Decreto ministeriale del 21 febbraio 2013, n. 38 – Regolamento recante disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo (GURI n. 89 del 16 aprile 2013), come modificato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 12 febbraio 2021, n. 51 (in prosieguo: il «decreto n. 38/2013»).


7      Il requisito previgente era stato criticato dalla Commissione europea nel caso EU-Pilot 8002/15/GROW, perché in contrasto con l’articolo 14, primo comma, punto 5, della direttiva 2006/123.


8      Secondo l’ADM: a) il locale proposto si trovava a 176 metri dal punto vendita n. 6 e a 220 metri dal punto vendita n. 7; e b) a Finale Ligure erano già attivi tredici punti vendita, ordinari e speciali, per una popolazione di 11 358 abitanti.


9      JS è titolare di uno dei punti vendita vicini all’esercizio della FA.RO. e si oppone alla domanda di quest’ultima.


10      Sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, (C‑268/15, EU:C:2016:874), punto 47; e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33), punto 50.


11      Sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874), punti 54 e 55; e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33), punti 52 e 53.


12      Sentenze del 20 settembre 2018, Fremoluc (C‑343/17, EU:C:2018:754), punto 33; del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia (C‑342/17, EU:C:2018:906), punto 21; del 24 ottobre 2019, Belgische Staat (C‑469/18 e C‑470/18, EU:C:2019:895), punto 26; e del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33), punto 54.


13      Sentenze del 19 aprile 2018, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C‑152/17, EU:C:2018:264), punto 22; e del 2 settembre 2021, Irish Ferries (C‑570/19, EU:C:2021:664), punto 133.


14      Per quanto riguarda le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori, v. sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44; in prosieguo: la «sentenza X e Visser», punti da 99 a 110); del 22 settembre 2020, Cali Apartments (C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:743; in prosieguo: la «sentenza Cali Apartments», punto 56); e del 20 aprile 2023, Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Comune di Ginosa) (C‑348/22, EU:C:2023:301, punto 40).


15      Sul regime dei monopoli commerciali nell’Unione, v. Berrod, F. e Picod, F.: «Monopoles publics», Jurisclasseur Europe, fascicolo 1510, 1° novembre 2020.


16      La Corte di giustizia ha dichiarato, ad esempio, che una normativa italiana che vietava alle imprese private di fornire un servizio di conservazione di urne cinerarie produceva l’effetto di conferire ai servizi comunali un monopolio. In un’ipotesi del genere, l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2006/123 escludeva l’applicazione di tale direttiva alla normativa nazionale, la cui legittimità doveva essere esaminata solo alla luce dell’articolo 49 TFUE [sentenza del 14 novembre 2018, Memoria e Dall’Antonia, C‑342/17, EU:C:2018:906), punti 41 e 42].


17      Il monopolio della coltivazione, dell’importazione e della vendita dei tabacchi greggi, di cui alla legge del 17 luglio 1942, n. 907, è stato abolito dall’articolo 1 del decreto-legge del 30 novembre 1970, n. 870, Attuazione del Regolamento C.E.E. sulla politica agricola comune del tabacco greggio e integrazione delle disposizioni di cui alla legge 13 maggio 1966, n. 303 (GURI n. 303, del 30 novembre 1970), convertito con modificazioni dalla legge del 27 gennaio 1971, n. 3/1971 (GURI n. 24, del 29 gennaio 1971).


18      La vendita al dettaglio di prodotti derivati dal tabacco è un servizio ai sensi dell’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123, secondo la sentenza X e Visser, punto 91.


19      L’articolo 2 della legge del 13 maggio 1983, n. 198, Adeguamento alla normativa comunitaria della disciplina concernente i monopoli del tabacco lavorato e dei fiammiferi (GURI n. 138, del 21 maggio 1983) ha soppresso la lettera a) dell’articolo 19, comma 1, della legge n. 1293/1957, che consentiva la vendita al dettaglio diretta da parte dello Stato di tabacchi lavorati. V. sentenza del 14 dicembre 1995, Banchero (C‑387/93, EU:C:1995:439), punti 30, 42 e 49.


20      Ordinanza di rinvio, punto 13.


21      Osservazioni del governo italiano, punto 10. All’udienza, il governo italiano ha insistito sull’esistenza di un «monopolio fiscale», ma tale presunto monopolio si traduce nel fatto che i punti vendita autorizzati contribuiscono alla riscossione dell’accisa che grava sul consumo di tabacco, impedendo la vendita illegale (non tassata) derivante dal contrabbando.


22      Sentenze del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843), punti 43 e 44; e dell’11 aprile 2019, Repsol Butano e DISA Gas (C‑473/17 e C‑546/17, EU:C:2019:308), punto 43.


23      A sostegno di questa affermazione cita la sentenza del 14 dicembre 1995, Banchero (C‑387/93, EU:C:1995:439), in cui la Corte di giustizia ha dichiarato che le norme del Trattato CEE non ostavano a una normativa nazionale, come quella italiana, che riservi la vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati a rivenditori autorizzati dalla pubblica amministrazione.


24      V. le rispettive definizioni al paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


25      Sentenze X e Visser, punto 115; e Cali Apartments, punto 49.


26      Conclusioni dell’avvocato generale Bobek del 2 aprile 2020, Cali Apartments (C‑724/18 e C‑727/18, EU:C:2020:251), paragrafo 69.


27      Sentenza X e Visser, punti 119 e 120.


28      Sentenza Cali Apartments, punto 51.


29      L’applicazione delle norme della direttiva 2006/123 ai regimi di autorizzazione non esclude quella delle disposizioni sui requisiti contenute nei suoi articoli 14 e 15, come chiarisce la sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843), punti da 48 a 54.


30      Tale divieto, prosegue la disposizione, «non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d’interesse generale».


31      Conformemente al considerando 66 della direttiva 2006/123, «l’accesso a, o l’esercizio di, un’attività di servizi sul territorio di uno Stato membro non dovrebbe essere soggetto ad una prova economica. Il divieto di richiedere una dimostrazione della capacità economica come condizione per la concessione di un’autorizzazione riguarda le prove economiche in quanto tali e non gli altri requisiti giustificati obiettivamente da motivi imperativi di interesse generale, come la tutela dell’ambiente urbano, la politica sociale e gli obiettivi in materia di sanità pubblica. (…)». Il corsivo è mio.


32      Sentenze dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), punto 55; e del 16 giugno 2015, Rina Services e a. (C‑593/13, EU:C:2015:399), punti da 35 a 40.


33      Caso EU-Pilot 8002/15/GROW.


34      Punto 36 delle sue osservazioni scritte. Secondo la Commissione, nonostante la modifica apportata dal decreto ministeriale n. 51 del 2021, la norma italiana potrebbe comunque essere classificata, prima facie, come un requisito relativo all’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali rispetto agli obiettivi di programmazione economica.


35      Occorre intendere per gettito, oltre alle entrate percepite dai venditori di tabacchi lavorati, quelle dello Stato provenienti dall’imposta che grava sul consumo di tali prodotti e che genera ingenti fondi per l’erario.


36      Sentenza Cali Apartments, punto 58.


37      Sentenza del 23 dicembre 2015, Hiebler (C‑293/14, EU:C:2015:843), punto 55.


38      Come ho già osservato, il governo italiano sostiene che concorra inoltre il requisito imperativo di tutelare il gettito fiscale proveniente dalla vendita di tabacchi lavorati. Tuttavia, non sviluppa tale giustificazione e si concentra su quella della tutela della salute pubblica.


39      Nel preambolo della Convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per la lotta al tabagismo sottoscritta a Ginevra il 21 maggio 2003, cui aderiscono l’Unione europea e i suoi Stati membri, si riconosce che, da un lato, «i dati scientifici hanno stabilito in maniera irrefutabile che il consumo di tabacco e l’esposizione al fumo del tabacco sono causa di decesso, malattia ed inabilità» e, dall’altro, «che le sigarette ed altri prodotti contenenti tabacco sono prodotti molto sofisticati, che mirano a creare e a mantenere la dipendenza, che molti degli elementi che contengono e il fumo che producono sono farmacologicamente attivi, tossici, mutageni e cancerogeni, e che la dipendenza nei confronti del tabacco è oggetto di una classificazione distinta, altrimenti confusa nelle grandi classificazioni internazionali delle malattie».


40      Secondo la sentenza del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a. (C‑547/14, EU:C:2016:325), punto 152, «(…) è pacifico che il consumo del tabacco e l’esposizione al fumo del tabacco sono cause di decesso, malattia e inabilità (…)».


41      Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU 2014, L 127, pag. 1).


42      La sentenza del 1° giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300), punto 44, afferma quanto segue: «(…) spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale intendono garantire la tutela della sanità pubblica e il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato membro all’altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine discrezionale».


43      V. sentenze del 1º giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300), relativa all’apertura di farmacie in Spagna; e del 26 settembre 2013, Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591), relativa all’apertura di esercizi di ottica in Italia.


44      Sentenza del 26 settembre 2013, Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591), punto 42.


45      Ibid., punto 41.


46      V., in proposito, il paragrafo 101 delle presenti conclusioni.


47      Sentenze del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108), punto 166; e del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792), punto 178.


48      Sentenza del 17 dicembre 2020, Onofrei (C‑218/19, EU:C:2020:1034), punto 32.


49      Sentenze del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza delle associazioni) (C‑78/18, EU:C:2020:476), punto 77; e del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Insegnamento superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792), punto 179.


50      Legge 8 agosto 1977, n. 556, semplificazione delle procedure dei concorsi di accesso alle carriere e categorie del personale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, modificazione dei ruoli organici del personale operaio dell’Amministrazione stessa e modifiche alla legge 14 novembre 1967, n. 1095 (GURI n. 228 del 23 agosto 1977).


51      Ai sensi di tale disposizione, i distributori automatici possono essere installati dai titolari di rivendite autorizzate: a) all’esterno e nelle loro immediate adiacenze; b) all’interno di pubblici esercizi siti nella zona di influenza commerciale della rivendita, in alternativa al rilascio di un patentino nei casi in cui sussistano le condizioni previste dalla legge e dalle norme amministrative per tale autorizzazione.


52      Circolare dell’11 gennaio 2007, n. 509 – Distributori automatici di sigarette. Aggiornamento disposizioni operative. Disponibile all’indirizzo https://www.indicenormativa.it/sites/default/files/aggiornamento_disposizioni_operative.pdf. V., analogamente, la circolare n. 28/2021 – Modifiche introdotte dal d.m. 51/2021 in tema di distribuzione dei generi di monopolio alla luce delle ulteriori prescrizioni di cui alla determina direttoriale Prot. n. 231333/RU del 2 luglio 2021 in materia di rivendite speciali presso impianti di distribuzione di carburanti e di trasferimenti fuori zona. Disponibile all’indirizzo https://www.adm.gov.it/portale/documents/20182/6822722/Circolare+dm+51 + 2021.pdf/77aad5ed-9c8b-94e1-d197-7a6f803ffbc5?t= 1627895644180.


53      In udienza, la Commissione ha sostenuto che le distanze non sembravano essere state fissate a seguito di studi realizzati al riguardo, ma derivavano dall’inerzia storica del regime applicato alla vendita al dettaglio dei tabacchi lavorati.


54      Punto 47 delle sue osservazioni scritte. Secondo tale governo, il giudice del rinvio «non ha preso in considerazione che nella normativa italiana già c’è quella dose di flessibilità da lui invocata». Aggiunge, tuttavia, che il legislatore nazionale, nell’esercizio ragionevole della sua discrezionalità, non ha ritenuto che l’afflusso turistico fosse un criterio idoneo per ampliare l’offerta di tabacco, a causa della stagionalità, aleatorietà e variabilità, caratteristiche che ostano alla stabilità di una rivendita ordinaria.


55      La Convenzione indica invece altri strumenti come utili ed efficaci a frenare il consumo di tabacchi, tra i quali, per diminuire la domanda, ad esempio: misure fiscali, divieto di fumare in un’ampia tipologia di luoghi, comunicazione al pubblico delle informazioni sui componenti tossici dei prodotti del tabacco; mentre, per ridurre l’offerta, ad esempio: misure per contrastare il commercio illecito, divieto di vendita ai minori, divieto di vendita di sigarette sfuse o in piccoli pacchetti, ecc.