Laikina versija
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
TAMARA ĆAPETA
presentate il 21 marzo 2024 (1)
Cause riunite C‑779/21 P e C‑799/21 P
Commissione europea
contro
Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Front Polisario),
Consiglio dell’Unione Europea (C‑779/21 P)
e
Consiglio dell’Unione europea
contro
Fronte popolare per la liberazione del Saguia-el-Hamra e del Rio de Oro (Front Polisario) (C‑799/21 P)
«Impugnazione – Accordo di associazione UE-Marocco – Decisione del Consiglio che autorizza l’estensione del trattamento tariffario preferenziale alle merci originarie del Sahara occidentale – Sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario (C‑104/16 P, EU:C:2016:973) – “Consenso” del popolo del Sahara occidentale – Principio dell’effetto relativo dei trattati – Diritto all’autodeterminazione»
I. Introduzione
1. Quando si relaziona con il resto del mondo, l’Unione europea deve rispettare il diritto internazionale, compresi i principi della Carta delle Nazioni Unite (2).
2. In detto contesto, la Corte di giustizia affronta tre serie di cause che mettono in discussione il rispetto del diritto internazionale da parte delle istituzioni dell’Unione europea nelle sue relazioni con il territorio del Sahara occidentale.
3. La presente serie di impugnazioni solleva la questione se l’Unione europea abbia rispettato il diritto all’autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati quando ha modificato l’accordo di associazione con il Regno del Marocco (3) al fine di estendere le preferenze tariffarie alle merci originarie del territorio del Sahara occidentale (4).
4. Nella sentenza impugnata (5), il Tribunale ha dichiarato che l’Unione europea non ha rispettato le suddette norme di diritto internazionale consuetudinario, come interpretate nella precedente giurisprudenza della Corte di giustizia (6). Di conseguenza, tale Tribunale ha annullato la decisione (UE) 2019/217 (7), che approvava le modifiche all’accordo di associazione (8). Il Consiglio e la Commissione presentano ora ricorso avverso tale sentenza dinanzi alla Corte di giustizia.
5. Le impugnazioni di cui trattasi sono direttamente collegate a una serie di impugnazioni parallele che contestano la validità della decisione del Consiglio che conclude l’accordo di partenariato per una pesca sostenibile tra l’Unione europea e il Regno del Marocco (9), che include le acque adiacenti al Sahara occidentale (10), e a un rinvio pregiudiziale con cui si chiedono chiarimenti in merito alla corretta indicazione del paese di origine sull’etichetta dei prodotti provenienti dal territorio del Sahara occidentale (11). In data odierna presento le mie conclusioni in tutte le suddette cause. Esse devono essere prese in considerazione congiuntamente.
6. Come dimostra l’excursus storico illustrato nelle presenti conclusioni, ma altrettanto pertinente per le conclusioni da me oggi presentate nelle altre due cause, a quasi 50 anni dall’inizio del processo di autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, detto popolo non ha visto alcun progresso compiuto nella definizione del futuro status del suo territorio.
7. Benché ciò rappresenti un chiaro fallimento del processo politico guidato dall’ONU, ciò non significa che la risoluzione della questione del Sahara occidentale possa essere affidata ai giudici dell’Unione. Non saranno tali giudici a decidere in merito al futuro del Sahara occidentale.
II. Fatti all’origine della controversia
A. Breve storia della questione del Sahara occidentale
8. Il Sahara occidentale era una colonia spagnola. Il processo di decolonizzazione del territorio è iniziato negli anni ’60 del secolo scorso, quando la Spagna gli ha riconosciuto lo status di territorio non autonomo. L’Assemblea generale dell’ONU ha successivamente aggiunto il Sahara occidentale all’elenco dei territori non autonomi (12). A tutt’oggi esso figura in tale elenco (13).
9. Nel 1960, l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato la risoluzione 1541 (XV) (14). Secondo tale risoluzione, per un territorio non autonomo vi sono tre possibili modi per raggiungere un pieno grado di autonomia: tramite 1) istituzione di uno Stato sovrano indipendente; 2) libera associazione con un altro Stato indipendente; 3) integrazione con uno Stato indipendente (15).
10. Nel 1966 l’Assemblea generale dell’ONU ha confermato il diritto del popolo del Sahara occidentale all’autodeterminazione e ha chiesto alla Spagna di garantire e definire le modalità per l’esercizio di tale diritto (16), diritto che la Spagna ha deciso di garantire attraverso l’organizzazione di un referendum.
11. Il Front Polisario (17), un movimento anticoloniale costituito nel 1973 (18), ha sostenuto l’idea di un referendum.
12. Il Regno del Marocco, tuttavia, si è opposto all’idea che la decolonizzazione dovesse concretizzarsi attraverso un referendum sull’autodeterminazione. Tale Stato ha considerato che, prima della colonizzazione del Sahara occidentale da parte della Spagna, era (ciò che attualmente è) il Regno del Marocco a detenere la sovranità su tale territorio. Pertanto, il Regno del Marocco ha assunto la posizione che, durante il processo di decolonizzazione, il Sahara occidentale dovesse essere reintegrato nel territorio del Regno del Marocco (19). Tale posizione resta, ad oggi, immutata.
13. Dai suddetti punti di vista contrastanti su chi potesse validamente rivendicare il territorio del Sahara occidentale ha avuto origine il parere consultivo sul Sahara occidentale, richiesto dall’Assemblea generale dell’ONU (20).
14. In tale parere consultivo, la Corte internazionale di giustizia (in prosieguo: la «CIG») ha riconosciuto al popolo del Sahara occidentale il diritto all’autodeterminazione (21). Essa ha inoltre constatato che «gli elementi e le informazioni portati a sua conoscenza non dimostrano l’esistenza di alcun vincolo di sovranità territoriale tra il territorio del Sahara occidentale, da un lato, e il Regno del Marocco o l’insieme mauritano, dall’altro. La Corte non ha pertanto rilevato l’esistenza di vincoli giuridici tali da modificare l’applicazione della risoluzione 1514 (XV) [dell’Assemblea generale dell’ONU] con riferimento alla decolonizzazione del Sahara occidentale e, in particolare, all’applicazione del principio di autodeterminazione mediante la libera e autentica espressione della volontà delle popolazioni del territorio» (22).
15. Nel 1975, interpretando il parere della CIG non come un’affermazione del diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, ma piuttosto come un’approvazione della sovranità storica del Regno del Marocco su quel territorio (23), il re Hassan II ha invitato i cittadini marocchini a una «Marcia Verde», durante la quale circa 350 000 persone entrarono nel territorio del Sahara occidentale a dimostrazione del diritto di sovranità del Regno del Marocco su tale territorio. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha reagito chiedendo al Regno del Marocco di porre immediatamente fine alla marcia (24).
16. All’incirca nello stesso periodo, la Spagna, il Regno del Marocco e la Repubblica islamica di Mauritania hanno firmato la Dichiarazione di principi riguardo al Sahara occidentale (nota anche come l’«accordo di Madrid») (25), con la quale il territorio del Sahara occidentale è stato ripartito tra questi ultimi due Stati. Poco dopo, nel gennaio 1976, l’esercito marocchino è entrato nel territorio del Sahara occidentale.
17. Il 26 febbraio 1976, la Spagna ha comunicato al Segretario generale delle Nazioni Unite di aver posto fine alla sua presenza nel Sahara occidentale e di aver rinunciato alla sua posizione di potenza amministratrice ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite (26).
18. Il giorno successivo al ritiro della Spagna dal Sahara occidentale, il Front Polisario ha dichiarato l’istituzione della Repubblica araba saharawi democratica (in prosieguo: la «RASD») (27). La sede del governo della RASD è in un campo profughi saharawi a Tindouf (Algeria).
19. Oggi la RASD è riconosciuta da 47 Stati membri delle Nazioni Unite (28). Né l’Unione europea né alcuno dei suoi Stati membri hanno riconosciuto la RASD.
20. A seguito dell’ingresso del Regno del Marocco nel territorio del Sahara occidentale – e fino al settembre 1991, quando è stato concordato un cessate il fuoco – il Regno del Marocco e il Front Polisario sono stati impegnati in un conflitto armato. Ciò ha avuto come conseguenza oltre 100 000 rifugiati dal Sahara occidentale, la maggior parte dei quali vive attualmente in campi profughi in Algeria (29).
21. Il cessate il fuoco del 1991 ha aperto la possibilità di rinnovare il dialogo politico sulla soluzione della questione del Sahara occidentale. Tuttavia, non essendo stata trovata una soluzione, il conflitto è ripreso nel 2020.
22. Dagli anni ’70 del secolo scorso l’ONU è impegnata a trovare una soluzione per la decolonizzazione del Sahara occidentale. In quel periodo l’Assemblea Generale dell’ONU ha avviato, e successivamente sostenuto, l’idea dell’organizzazione di un referendum attraverso il quale il popolo del Sahara occidentale avrebbe potuto esprimere i propri desideri in merito al futuro di tale territorio. L’idea di un referendum sull’autodeterminazione è stata rinnovata in un piano di accordo, che è stato «in linea di principio» approvato dal Front Polisario e dal Regno del Marocco e che ha preceduto il cessate il fuoco del 1991.
23. Al fine di monitorare, tra gli altri aspetti, il cessate il fuoco e di contribuire all’organizzazione di tale referendum, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha istituito nell’aprile del 1991 la missione delle Nazioni Unite per l’organizzazione di un referendum nel Sahara occidentale (in prosieguo: la «missione MINURSO») (30), il cui mandato viene prorogato ogni anno e che esiste tuttora (31). Nonostante ulteriori iniziative (32) e la realizzazione da parte della missione MINURSO dell’elenco delle persone che avrebbero diritto di voto in un referendum, quest’ultimo non è ancora stato organizzato.
24. Oltre alle Nazioni Unite, anche l’Unione Africana (e il suo predecessore, l’Organizzazione dell’Unità Africana) era impegnata a trovare una soluzione alla questione del Sahara occidentale. Essa ha sostenuto il diritto del popolo saharawi all’autodeterminazione. Nel 1984 la RASD è stata ammessa in qualità di membro frll’Organizzazione dell’Unità Africana, il che ha comportato l’uscita del Regno del Marocco, per protesta, da tale organizzazione. Nel gennaio 2017 il Regno del Marocco ha presentato domanda di adesione ed è stato riammesso a far parte dell’Unione africana (33).
25. Nel 2006, il Segretario generale delle Nazioni Unite ha ritenuto che le parti dovessero trovare «un compromesso tra la legalità internazionale e la realtà politica», e che quest’ultimo potesse essere raggiunto solo attraverso negoziati diretti (34).
26. Nel 2007 sia il Front Polisario che il Regno del Marocco hanno presentato le loro proposte per risolvere la questione del Sahara occidentale. Il Front Polisario ha ribadito la sua posizione secondo cui il diritto all’autodeterminazione richiede l’indizione di un referendum. Il Regno del Marocco ha presentato una proposta che offre autonomia al Sahara occidentale sotto la sovranità marocchina (35).
27. Gli studiosi sostengono che, dal 2018, il sostegno al piano di autonomia del 2007 da parte del Regno del Marocco sembra incontrare maggior favore (36). Analogamente, la retorica delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sembra essere cambiata (37). Così, a partire dal 2018, il testo delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul Sahara occidentale sottolinea la necessità di «raggiungere una soluzione politica realistica, praticabile, duratura e reciprocamente accettabile alla questione del Sahara occidentale, basata sul compromesso» (38).
28. Allo stesso tempo, recenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU ribadiscono che qualsiasi soluzione politica deve prevedere «l’autodeterminazione della popolazione del Sahara occidentale nel contesto di accordi coerenti con i principi e gli scopi della Carta [dell’ONU]» (39).
B. Rilevanza delle sentenze Consiglio/Front Polisario e Western Sahara Campaign UK
29. L’Unione europea e i suoi Stati membri hanno istituito con il Regno del Marocco un partenariato euromediterraneo sulla base di un accordo di associazione concluso nel 1996.
30. Nell’ambito di detto accordo di associazione, l’Unione europea e il Regno del Marocco hanno stipulato una serie di accordi, tra cui l’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012(40) e l’accordo di partenariato nel settore della pesca del 2006 (41).
31. Il Front Polisario ha presentato un ricorso di annullamento contro l’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012, da cui ha avuto origine la sentenza della Corte nella causa Consiglio/Front Polisario.
32. In primo grado, il Tribunale ha ritenuto che il Front Polisario fosse legittimato ad agire e ha annullato la decisione del Consiglio che approvava la conclusione dell’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012, sulla base del fatto che il Consiglio non aveva accertato che le attività di produzione dei beni originari del Sahara occidentale esportati nell’Unione europea non fosse svolta arrecando pregiudizio alla popolazione di tale territorio (42).
33. A seguito di impugnazione, nella sentenza Consiglio/Front Polisario, la Corte di giustizia non ha affrontato né la ricevibilità del ricorso del Front Polisario né quando dichiarato nel merito dal Tribunale. Invece, interpretando l’espressione «il Regno del Marocco», che indicava il territorio a cui si applicava l’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012, la Corte di giustizia ha dichiarato che tale accordo non si applicava al territorio del Sahara occidentale (43). Per tale motivo, il ricorso del Front Polisario è stato ritenuto irricevibile (44).
34. Al punto 106 della sentenza Consiglio/Front Polisario la Corte ha considerato che «il popolo del Sahara occidentale deve essere considerato come un “terzo” ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati». Pertanto, il popolo del Sahara occidentale deve prestare il proprio «consenso» all’applicazione dell’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012 al Sahara occidentale, «senza che sia necessario determinare se una siffatta attuazione sia idonea a nuocergli o, al contrario, ad operare a suo vantaggio».
35. Nella sentenza Western Sahara Campaign UK è stato seguito un ragionamento simile. La Corte ha ritenuto che l’accordo di partenariato nel settore della pesca del 2006, anch’esso parte della struttura creata dall’accordo di associazione con il Marocco (45), non riguardi il territorio del Sahara occidentale o le acque ad esso adiacenti, poiché l’espressione «il Regno del Marocco» non ricomprende il territorio del Sahara occidentale (46). Di conseguenza, la Corte ha dichiarato che l’interpretazione di tale accordo nel senso che esso si applica al Sahara occidentale violerebbe il diritto all’autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati.
C. Accordo in esame e decisione controversa
36. Dopo la sentenza Consiglio/Front Polisario, «il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad aprire i negoziati con il Regno del Marocco al fine di istituire, in conformità della sentenza della Corte di giustizia, una base giuridica per la concessione ai prodotti originari del Sahara occidentale delle preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione» (47).
37. La decisione controversa ha quindi spiegato le ragioni della stipulazione del nuovo accordo nel modo seguente:
«(4) Dall’entrata in vigore dell’accordo di associazione, alcuni prodotti provenienti dal Sahara occidentale e certificati di origine marocchina sono stati importati nell’Unione beneficiando delle preferenze tariffarie previste dalle pertinenti disposizioni di detto accordo.
(5) Nella sentenza [Consiglio/Front Polisario], la Corte di giustizia ha tuttavia precisato che l’accordo di associazione riguardava unicamente il territorio del Regno del Marocco e non il Sahara occidentale, un territorio non-autonomo.
(6) È importante garantire che i flussi commerciali che si sono sviluppati nel corso degli anni non siano perturbati, creando nel contempo adeguate salvaguardie del diritto internazionale, compresi i diritti umani, e dello sviluppo sostenibile dei territori interessati. Il 29 maggio 2017, il Consiglio ha autorizzato la Commissione ad aprire i negoziati con il Regno del Marocco al fine di istituire, in conformità della sentenza della Corte di giustizia, una base giuridica per la concessione ai prodotti originari del Sahara occidentale delle preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione. Un accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco rappresenta la sola possibilità di garantire che l’importazione di prodotti originari del Sahara occidentale possa beneficiare di un’origine preferenziale, considerato che le autorità marocchine sono le uniche in grado di garantire il rispetto delle norme necessarie per la concessione di tali preferenze» (48).
38. L’accordo in esame è stato concluso il 25 ottobre 2018, in forma di scambio di lettere. Esso inserisce nell’accordo di associazione una dichiarazione congiunta che estende il trattamento tariffario preferenziale ai prodotti originari del territorio del Sahara occidentale.
39. La dichiarazione congiunta prevede quanto segue:
«1. I prodotti originari del Sahara occidentale che sono soggetti al controllo delle autorità doganali del Regno del Marocco beneficiano delle stesse preferenze commerciali concesse dall’Unione europea ai prodotti contemplati dall’accordo di associazione.
2. Il protocollo n. 4 si applica, mutatis mutandis, ai fini della definizione del carattere originario dei prodotti di cui al paragrafo 1, anche per quanto riguarda le prove dell’origine.
3. Le autorità doganali degli Stati membri dell’Unione europea e del Regno del Marocco sono responsabili dell’applicazione del protocollo n. 4 a tali prodotti» (49).
40. Tanto le lettere dell’Unione europea quanto quelle del Regno del Marocco, facenti parte dell’accordo in esame, affermano espressamente che tale «accordo è concluso senza pregiudizio delle rispettive posizioni dell’Unione europea sullo status del Sahara occidentale e del Regno del Marocco su tale regione».
41. Le lettere ribadiscono inoltre che «[l]e due parti riaffermano il loro sostegno al processo [dell’ONU] e appoggiano gli sforzi del segretario generale volti a pervenire a una soluzione politica definitiva, conformemente ai principi e agli obiettivi della Carta [dell’ONU] e sulla base delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza».
42. L’accordo in esame è stato approvato dall’Unione Europea con la decisione controversa.
43. In risposta al punto 106 della sentenza Consiglio/Front Polisario, nei considerando da 7 a 10 della decisione controversa viene fornita la seguente spiegazione:
«7) La Commissione ha valutato le potenziali ripercussioni di tale accordo sullo sviluppo sostenibile, in particolare per quanto riguarda i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalle preferenze tariffarie concesse ai prodotti del Sahara occidentale per gli interessati, e gli effetti sullo sfruttamento delle risorse naturali dei territori interessati. Gli effetti dei vantaggi tariffari sull’occupazione, sui diritti dell’uomo e sullo sfruttamento delle risorse naturali sono difficilmente misurabili, essendo indiretti. Non è inoltre facile ottenere informazioni obiettive al riguardo.
8) Dalla valutazione emerge tuttavia che, nel complesso, per l’economia del Sahara occidentale, i benefici derivanti dalla concessione delle preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione ai prodotti originari del Sahara occidentale e, in particolare, il potente effetto di leva economica e, quindi, di sviluppo sociale che la concessione rappresenta, superano gli svantaggi menzionati nel corso delle consultazioni, tra cui l’uso estensivo delle risorse naturali, in particolare delle risorse idriche sotterranee, per porre rimedio al quale sono state adottate misure.
9) Si è valutato che l’estensione delle preferenze tariffarie ai prodotti originari del Sahara occidentale avrà un impatto complessivamente positivo per gli interessati. È probabile che tale impatto permanga o che addirittura possa aumentare in futuro. La valutazione indica che l’estensione del beneficio delle preferenze tariffarie ai prodotti del Sahara occidentale consente di promuovere le condizioni di investimento e di favorire una crescita rapida e significativa a vantaggio dell’occupazione locale. L’esistenza nel Sahara occidentale di attività economiche e produttive che avrebbero ogni interesse a beneficiare delle medesime preferenze tariffarie previste dall’accordo di associazione mostra che la mancata concessione di preferenze tariffarie comprometterebbe in maniera significativa le esportazioni dal Sahara occidentale, in particolare quelle relative ai prodotti della pesca e ai prodotti agricoli. Si valuta che la concessione delle preferenze tariffarie dovrebbe avere un impatto positivo anche sullo sviluppo dell’economia del Sahara occidentale, stimolando gli investimenti.
10) Viste le considerazioni sul consenso nella sentenza della Corte di giustizia, la Commissione, in collaborazione con il Servizio europeo per l’azione esterna [(“SEAE”)], ha adottato tutte le misure ragionevoli e possibili nel contesto attuale atte a consultare adeguatamente gli interessati al fine di acquisire il loro consenso all’accordo. Sono state svolte vaste consultazioni e la maggioranza degli operatori socioeconomici e politici che hanno partecipato alle consultazioni si è espressa a favore dell’estensione delle preferenze tariffarie dell’accordo di associazione al Sahara occidentale. Quelli che hanno respinto la proposta di estensione hanno ritenuto in sostanza che detto accordo perpetuerebbe l’attuale posizione del Marocco sul territorio del Sahara occidentale. Nessun elemento dello stesso accordo induce a ritenere che esso riconosca la sovranità del Marocco sul Sahara occidentale. L’Unione continuerà del resto, impegnandosi a tale scopo in misura ancora maggiore, a sostenere il processo di risoluzione pacifica della controversia avviato e proseguito sotto l’egida delle Nazioni Unite».
D. Sentenza impugnata
44. Il 27 aprile 2019, il Front Polisario ha proposto un ricorso volto all’annullamento della decisione controversa.
45. Il 29 settembre 2021, il Tribunale ha emesso la sentenza impugnata, con la quale ha annullato la decisione controversa (50).
46. Per quanto riguarda la ricevibilità del ricorso, il Tribunale ha respinto i due principali motivi di irricevibilità dedotti dal Consiglio relativi alla capacità di agire del Front Polisario e alla sua legittimazione ad agire con riferimento alla decisione controversa (51).
47. Per quanto riguarda il merito del ricorso, il Tribunale ha respinto il primo motivo di annullamento dedotto dal Front Polisario relativo all’asserita incompetenza del Consiglio ad adottare la decisione controversa (52). Per contro, ha accolto il terzo motivo di annullamento dedotto dal Front Polisario vertente sull’obbligo del Consiglio di conformarsi ai requisiti desunti dalla giurisprudenza dal diritto all’autodeterminazione e dal principio dell’effetto relativo dei trattati (53). Il Tribunale non ha esaminato gli altri motivi dedotti dal Front Polisario.
E. Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia
48. Con impugnazioni depositate il 14 dicembre 2021 e il 16 dicembre 2021, la Commissione e il Consiglio chiedono rispettivamente alla Corte di annullare integralmente la sentenza impugnata, di pronunciarsi sulle questioni sollevate, di respingere il ricorso in primo grado e di condannare il Front Polisario alle spese. In subordine, tali istituzioni chiedono che la Corte mantenga gli effetti della decisione controversa per un periodo di 12 mesi a partire dalla data di pronuncia della sentenza.
49. Tale linea d’azione è sostenuta dalla Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural, nonché dai governi belga, spagnolo, francese, ungherese, portoghese e slovacco.
50. Il 23 e 24 ottobre 2023 si è tenuta un’udienza nel corso della quale la Commissione, il Consiglio, il Front Polisario, la Confédération marocaine de l’agriculture et du développement rural e i governi belga, francese, spagnolo e ungherese hanno svolto le loro difese orali.
III. Analisi
A. Sull’interpretazione del diritto internazionale
51. Rispetto all’ordinamento giuridico dell’Unione o a quelli dei suoi Stati membri, il diritto internazionale è un sistema meno compatto e, per quanto riguarda l’accertamento dell’uniformità del significato delle sue norme, molto più decentrato.
52. Anche se il diritto internazionale ha un proprio sistema di fonti giuridiche (54) e alcune regole interpretative generalmente accettate (55), manca un interprete finale le cui interpretazioni vincolino tutti i partecipanti al sistema (56).
53. Al riguardo, nell’interpretazione del contenuto delle norme di diritto internazionale consuetudinario che fanno parte dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le istituzioni dell’Unione, compresi i giudici dell’Unione, non sono limitate dalle diverse interpretazioni della stessa norma da parte di altri soggetti di diritto internazionale (57).
54. Tuttavia, nell’interpretare il significato del diritto internazionale ai fini dell’ordinamento giuridico dell’Unione, la Corte dovrebbe stabilire se sia stato raggiunto un certo livello di consenso sul significato di una determinata norma a livello di diritto internazionale. Ciò deriva, a mio avviso, dall’impegno dell’Unione europea di contribuire alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, come previsto dall’articolo 3, paragrafo 5, TUE.
55. Così come le istituzioni dell’Unione non sono vincolate dalle interpretazioni del diritto internazionale da parte di altri soggetti di detto ordinamento giuridico, l’interpretazione che la Corte dà di una norma di diritto internazionale è vincolante solo all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tuttavia, nell’attribuire il significato a una norma di diritto internazionale, è importante che la Corte resti consapevole del fatto che la sua interpretazione ha effetti sul piano del diritto internazionale e contribuisce alla creazione della consuetudine e alla costruzione del suo significato (58).
56. L’interpretazione del diritto internazionale all’interno dell’ordinamento giuridico dell’Unione solleva anche la questione del rapporto tra i giudici dell’Unione e le istituzioni politiche dell’Unione nell’interpretare quali obblighi impone il diritto internazionale all’Unione europea.
57. Nella politica esterna dell’Unione europea, le istituzioni politiche dell’Unione godono di un ampio margine di discrezionalità (59). La decisione di concludere un accordo internazionale con un altro Stato, compresa la decisione di estendere potenzialmente l’applicazione di tale accordo a un territorio terzo, rientra in tale potere discrezionale. La Corte non può mettere in discussione tale scelta.
58. Tuttavia, quando viene presa una decisione politica sull’impegno con uno Stato o territorio terzo, la Corte non solo dispone della competenza a controllare se l’impegno esterno dell’Unione europea sia conforme alle esigenze costituzionali imposte dai Trattati UE e FUE, ma è persino tenuta a farlo (60).
59. Conformemente a quanto chiarito dalla Corte nella sentenza Air Transport Association of America e a., «come risulta dall’art. 3, n. 5, TUE, l’Unione contribuisce alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale. Di conseguenza, quando adotta un atto, l’Unione è tenuta a rispettare il diritto internazionale nella sua globalità, ivi compreso il diritto internazionale consuetudinario al cui rispetto sono vincolate le istituzioni dell’Unione medesima» (61).
60. Nel suo compito costituzionale di garantire lo Stato di diritto nell’Unione europea, la Corte è quindi tenuta a esaminare se, concludendo un accordo internazionale, le istituzioni dell’Unione abbiano violato i diritti che le norme di diritto internazionale consuetudinario conferiscono ai suoi soggetti.
61. Ciò richiede che la Corte interpreti il contenuto delle norme di diritto consuetudinario pertinenti. In una situazione in cui esiste un’opinio juris uniforme sull’esistenza di un obbligo giuridico (come l’obbligo di riconoscere il diritto all’autodeterminazione di un territorio non autonomo), ma non sul suo esatto contenuto, la discrezionalità delle istituzioni politiche dell’Unione nelle relazioni esterne richiede che la Corte si rimetta all’interpretazione scelta da tali istituzioni.
B. Portata delle impugnazioni di cui trattasi e struttura delle presenti conclusioni
62. La questione sottoposta alla Corte nelle impugnazioni di cui trattasi verte in sostanza sul seguente tema: se la decisione controversa abbia autorizzato la conclusione di un accordo con il Regno del Marocco che include il territorio del Sahara occidentale in violazione del diritto internazionale consuetudinario, più precisamente del diritto all’autodeterminazione e del principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretati dalla Corte nelle sentenze Consiglio/Front Polisario e Western Sahara Campaign UK (62).
63. Nel rispondere a tale questione, è importante tenere presente che la questione se l’Unione europea possa impegnarsi con il territorio del Sahara occidentale non rientra nell’ambito dell’impugnazione di cui trattasi (63); tale elemento, che il Tribunale ha respinto in primo grado, non è stato oggetto di impugnazione incidentale (64).
64. Di conseguenza, la questione sottoposta alla Corte è limitata alle conclusioni del Tribunale affrontate nell’analisi del terzo motivo dedotto dal Front Polisario. Al riguardo, il Tribunale ha ritenuto che la decisione controversa fosse contraria al diritto all’autodeterminazione e al principio degli effetti relativi dei trattati, secondo l’interpretazione data dalla Corte a tali norme nella sentenza Consiglio/Front Polisario. Altri aspetti relativi a tali norme sono stati sollevati separatamente nel ricorso originario, ma il Tribunale non li ha affrontati, considerando il ricorso fondato sulla base del terzo motivo (65).
65. Le impugnazioni di cui trattasi non consentono quindi alla Corte di dare un’interpretazione del modo in cui il diritto all’autodeterminazione disciplina le relazioni tra l’Unione europea e il Marocco per quanto riguarda il Sahara occidentale, al di là di quanto è stato oggetto della sentenza Consiglio/Front Polisario.
66. Tuttavia, poiché alcune delle questioni sollevate dalle impugnazioni di cui trattasi sono strettamente collegate a quelle tuttora pendenti davanti al Tribunale (66), discuterò brevemente anche di queste ultime.
67. La mia analisi è strutturata come segue. Inizierò spiegando perché ritengo che il Front Polisario sia legittimato ad agire nel caso di specie (sezione C). Passando al merito della causa, dimostrerò poi che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere fondato il terzo motivo di ricorso dedotto dal Front Polisario (sezione D). A tal fine, interpreterò in primo le sentenze Consiglio/Front Polisario e Western Sahara Campaign UK per chiarire con precisione quali elementi di tali sentenze sono rilevanti ai fini della serie di impugnazioni di cui trattasi (sottosezione D.1). In secondo luogo, spiegherò perché la constatazione del Tribunale sulla mancanza di consenso nel senso dell’effetto relativo dei trattati è errata e perché, quindi, tale giudice ha erroneamente considerato che la decisione controversa avesse violato il diritto internazionale come interpretato nella sentenza Consiglio/Front Polisario (sottosezione D.2). In seguito, analizzerò se la conclusione dell’accordo in esame da parte del Consiglio tratti il territorio del Sahara occidentale come un territorio separato e distinto, in linea con l’interpretazione della Corte del contenuto del diritto all’autodeterminazione nella causa Consiglio/Front Polisario per quanto riguarda tale territorio (sottosezione D.3). Infine, evidenzierò brevemente tali obblighi derivanti dal diritto all’autodeterminazione che sono rimasti senza risposta nella sentenza impugnata, ma che comunque vincolano l’Unione europea nelle sue relazioni con il territorio del Sahara occidentale (sezione E), prima di argomentare sulle conseguenze delle mie conclusioni (sezione IV).
C. Ricevibilità e possibilità di invocare il diritto internazionale consuetudinario dinanzi ai giudici dell’Unione
1. Legittimazione ad agire
68. A mio avviso, il diritto del Front Polisario di proporre il ricorso di annullamento nel caso di specie può essere desunto dallo status giuridico del popolo del Sahara occidentale in virtù di quella parte di diritto pubblico internazionale che vincola l’Unione europea. È tale popolo che può sostenere di essere direttamente e individualmente interessato dalla decisione controversa.
69. Il popolo del Sahara occidentale è titolare del diritto all’autodeterminazione, riconosciuto dalla Corte come principio di diritto internazionale consuetudinario che crea obblighi vincolanti per l’Unione europea (67).
70. Tale diritto, come ha spiegato in sostanza il Tribunale (68), esiste anche in assenza e precedentemente all’atto del suo effettivo esercizio. La sua finalità è, tra l’altro, quella di consentire a detto popolo di scegliere il proprio futuro politico.
71. Al riguardo, poiché il popolo del Sahara occidentale è titolare di diritti in forza del diritto internazionale, esso è anche titolare di una personalità giuridica (quanto meno di tipo derivato) in forza di tale corpus normativo (69).
72. Nella sentenza Venezuela/Consiglio (Incidenza su uno Stato terzo) (70), la Corte ha confermato che gli enti dotati di personalità giuridica in forza del diritto internazionale possono essere legittimati a ricorrere ai giudici dell’Unione se sono direttamente e individualmente interessati da un atto delle istituzioni dell’Unione (71).
73. Ciò mi porta ai requisiti dell’interesse diretto e individuale, quali risultano dall’articolo 263, quarto comma, TFUE.
74. Come collettività, e quindi come unità di autodeterminazione, il popolo del Sahara occidentale è direttamente interessato dalla decisione controversa (72).
75. In primo luogo, tale decisione riguarda un territorio rispetto al quale il popolo del Sahara occidentale ha diritto all’autodeterminazione. Pertanto, essa incide necessariamente sui diritti di cui detto popolo gode in relazione a quel territorio, compreso il diritto di godere delle sue risorse naturali. La decisione controversa, quindi, produce effetti sullo status giuridico del popolo del Sahara occidentale.
76. In secondo luogo, l’obbligo di concedere un trattamento preferenziale ai prodotti originari del Sahara occidentale vincola l’Unione europea senza la necessità di alcun atto discrezionale aggiuntivo alla decisione controversa. La decisione controversa, quindi, produce anche effetti direttamente sullo status giuridico del popolo del Sahara occidentale.
77. Tale popolo è altresì individualmente interessato dalla decisione controversa.
78. Tale popolo è il solo a cui sia riconosciuto il diritto all’autodeterminazione in relazione al territorio del Sahara occidentale. Pertanto, in tale posizione detto popolo si distingue da qualsiasi altro soggetto (73).
79. Tuttavia, a differenza del Venezuela o di qualsiasi altro Stato che potrebbe essere riconosciuto come legittimato ad agire dinanzi alla Corte, il popolo del Sahara occidentale non ha alcun rappresentante eletto o altrimenti riconosciuto (74).
80. In assenza di un rappresentante eletto o riconosciuto collettivamente, come può tale popolo difendere il proprio diritto collettivo all’autodeterminazione davanti ai giudici dell’Unione (75)?
81. Il Front Polisario non è riconosciuto come «il» rappresentante del popolo del Sahara occidentale dalle Nazioni Unite (76) o dall’Unione Europea (77).
82. Il Front Polisario è un movimento di liberazione autoproclamato (78), nato per lottare per un particolare tipo di futuro modello di governance del territorio del Sahara occidentale: quello dell’indipendenza di tale territorio dal Regno del Marocco e della creazione di uno Stato saharawi sovrano e autonomo (79).
83. Tuttavia, esso non è mai stato eletto dal popolo del Sahara occidentale per tale ruolo, né si può accertare con certezza che il Front Polisario abbia il sostegno della (maggioranza di tale) popolazione (80).
84. Come ho spiegato al paragrafo 9 delle presenti conclusioni, l’esercizio del diritto all’autodeterminazione comporta tre possibili esiti, dei quali l’istituzione di uno Stato indipendente ne rappresenta solo uno. Affermare che il Front Polisario è «il» rappresentante del popolo del Sahara occidentale non sarebbe quindi conforme alla posizione neutrale dell’Unione Europea rispetto all’esito del processo di autodeterminazione (81).
85. Inoltre, la Corte non può optare per tale tipo di riconoscimento, poiché sarebbe in contrasto con la decisione di politica estera dell’Unione europea e degli Stati membri di non riconoscere al Front Polisario alcuno status particolare (82).
86. Tuttavia, anche se non è un rappresentante esclusivo, non si può negare che il Front Polisario sia un interlocutore nel processo delle Nazioni Unite per l’autodeterminazione del territorio del Sahara occidentale e che possa essere percepito in tale processo come l’espressione degli interessi e dei desideri di (quanto meno) una parte del popolo del Sahara occidentale.
87. Inoltre, tale soggetto occupa il 20% del territorio del Sahara occidentale e quindi esercita un controllo effettivo su tale territorio e sulle persone che vi risiedono (83). Pertanto, il Front Polisario ha interesse a difendere l’integrità territoriale del Sahara occidentale, come garantito dal diritto all’autodeterminazione del popolo di quel territorio (84).
88. A mio avviso, ne consegue che, nella misura in cui il Front Polisario cerca di adire i giudici dell’Unione per garantire che la relazione dell’Unione europea con il territorio del Sahara occidentale non interferisca con i diritti conferiti dal diritto internazionale consuetudinario al popolo del Sahara occidentale, il Front Polisario dovrebbe essere riconosciuto almeno come avente lo status di rappresentante parziale di tale popolo (85).
89. Se così non fosse, al popolo del Sahara occidentale, che allo stato attuale non è né interamente individuabile né rappresentato da un rappresentante unico o riconosciuto, verrebbe negata la possibilità di far valere, dinanzi ai giudici dell’Unione, quei diritti che gli derivano collettivamente da quella parte del diritto internazionale pubblico che fa parte anche del diritto dell’Unione europea (86).
90. Un siffatto esito non sarebbe compatibile con lo Stato di diritto, valore sancito all’articolo 2 TUE (87) e che costituisce uno dei pilastri costituzionali dell’Unione europea (88).
91. Ne consegue che propongo alla Corte di confermare la conclusione del Tribunale sulla ricevibilità del ricorso in primo grado, benché con una motivazione sostituita.
2. Invocare il diritto internazionale consuetudinario dinanzi ai giudici dell’Unione
92. Nelle loro impugnazioni, la Commissione e il Consiglio, richiamando la sentenza Air Transport Association of America e a., sostengono inoltre che il Front Polisario non può invocare il diritto internazionale consuetudinario dinanzi ai giudici dell’Unione per contestare la validità della decisione controversa.
93. Non condivido questa tesi. A mio avviso, la Corte può esercitare il suo potere di controllo giurisdizionale in relazione alla parte del diritto internazionale vincolante per l’Unione europea, al fine di valutare la compatibilità della decisione controversa di concludere l’accordo internazionale controverso. Il popolo del Sahara occidentale è direttamente e individualmente interessato da tale decisione, che può interferire con i diritti di cui esso gode ai sensi del diritto internazionale consuetudinario.
94. Con l’esame della presente causa, la Corte non si trasforma, come è stato sostenuto, in un tribunale internazionale. Al contrario, è dovere costituzionale della Corte garantire che, nell’applicazione dei Trattati, le istituzioni dell’Unione non violino il diritto. In forza dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE, tale diritto comprende il diritto internazionale consuetudinario e i principi sanciti dalla Carta dell’ONU. Inoltre, non esiste un altro organo giurisdizionale che possa esaminare una simile contestazione.
95. Nella misura in cui i principi di diritto internazionale consuetudinario coinvolti sono sufficientemente chiari da consentire alla Corte di valutare se al Consiglio fosse preclusa la conclusione dell’accordo internazionale di cui trattasi adottando la decisione controversa, il Front Polisario può invocare tali norme di diritto internazionale dinanzi alla Corte.
D. Il Tribunale è incorso in errore nel ritenere fondato il terzo motivo dedotto dal Front Polisario
1. Interpretazione della sentenza Consiglio/Front Polisario
96. Ricordo che le impugnazioni di cui trattasi riguardano esclusivamente la questione se la decisione controversa abbia violato l’interpretazione della Corte in merito al diritto all’autodeterminazione e al principio dell’effetto relativo dei trattati, adottata dalla Corte nella sentenza Consiglio/Front Polisario. È quindi necessario valutare che cosa esattamente la Corte abbia inteso stabilire in tale sentenza.
97. Per dichiarare che l’accordo in esame non si applicava al territorio del Sahara occidentale, la Corte ha svolto il seguente ragionamento.
98. Ha riconosciuto che il territorio del Sahara occidentale costituisce un territorio non autonomo ai sensi dell’articolo 73 della Carta dell’ONU (89). Ha poi osservato che un territorio non autonomo gode del diritto all ’autodeterminazione, che è «un diritto opponibile erga omnes, nonché uno dei principi essenziali del diritto internazionale» (90). La Corte ha quindi ritenuto che il diritto all’autodeterminazione faccia parte delle norme di diritto internazionale pubblico applicabili nelle relazioni tra l’Unione europea e il Regno del Marocco, di cui i giudici dell’Unione devono tenere conto (91).
99. Secondo la Carta dell ’ONU, un territorio non autonomo ha uno «status separato e distinto» (92). La Corte ha quindi concluso che l’espressione «il Regno del Marocco» non può essere interpretata in modo da includere il territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione (93).
100. La Corte di giustizia ha inoltre affermato che un accordo internazionale può vincolare uno Stato rispetto a un altro territorio, ma che tale intenzione deve ricavarsi da tale accordo o risultare per altra via (94). La Corte ha tuttavia ritenuto che non si può concludere, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, che l’accordo di associazione può essere interpretato nel senso che esso prevede tacitamente la sua applicazione al territorio del Sahara occidentale (95).
101. La Corte di giustizia si è poi soffermata sul principio dell ’effetto relativo dei trattati. Ha ritenuto che tale principio costituisse un principio generale del diritto internazionale, codificato nell’articolo 34 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati (CVDT) (96). Secondo tale principio, i trattati internazionali non devono né nuocere né operare a vantaggio di soggetti terzi senza il loro consenso (97).
102. Infine, al punto 106 della sentenza Consiglio/Front Polisario, oggetto di discussione nella presente causa, la Corte ha dichiarato che «il popolo del Sahara occidentale deve essere considerato come un “terzo” ai sensi del principio dell’effetto relativo dei trattati». Pertanto, la popolazione del Sahara occidentale deve prestare il proprio «consenso» affinché l’accordo di liberalizzazione degli scambi del 2012 si applichi al territorio del Sahara occidentale. E ciò «senza che sia necessario determinare se una siffatta attuazione sia idonea a nuocergli o, al contrario, ad operare a suo vantaggio» (98).
103. Poiché non è stato dimostrato che la popolazione del Sahara occidentale abbia prestato il proprio consenso a essere inclusa dall’accordo di associazione, la Corte ha dichiarato che interpretare tale accordo nel senso che esso è applicabile al territorio del Sahara occidentale violerebbe il diritto all’autodeterminazione e il principio dell’effetto relativo dei trattati (99).
104. Quali regole si possono estrapolare da tali conclusioni della Corte?
105. In relazione al diritto all’autodeterminazione, la Corte ha chiarito due questioni. In primo luogo, la Corte ha dichiarato che il diritto all’autodeterminazione è una norma di diritto internazionale consuetudinario applicabile erga omnes e quindi vincolante per l’Unione europea. In secondo luogo, la Corte ha considerato che il diritto all’autodeterminazione esige che il Sahara occidentale sia trattato come un territorio separato dal Regno del Marocco.
106. La Corte non ha discusso il contenuto del diritto all’autodeterminazione (100). Tuttavia, ha suggerito che la popolazione del Sahara occidentale, che gode del diritto all’autodeterminazione in relazione al territorio non autonomo del Sahara occidentale, debba prestare il proprio «consenso» a un accordo che si intende applicare a quel territorio.
107. La Corte è giunta a questa conclusione sulla base del diritto all’autodeterminazione? A mio avviso, no. Essa ha desunto il requisito del consenso dalle norme che regolano l’effetto relativo dei trattati, in particolare facendo riferimento all’articolo 34 della CVDT.
108. L’Unione europea non è parte della CVDT, le cui norme non possono vincolarla. Tuttavia, la Corte ha inteso l’articolo 34 della CVDT come espressione di una norma di diritto internazionale consuetudinario (101), che vincola l’Unione nelle sue azioni (102).
109. L’articolo 34 della CVDT prevede che un trattato non debba né nuocere né operare a vantaggio di uno Stato terzo senza il suo consenso. Benché tale disposizione faccia riferimento al consenso degli «Stati», la Corte ha ritenuto che la stessa regola si applichi in relazione ai territori non autonomi (103).
110. Sebbene si possa sostenere che tale determinazione costituisca l’interpretazione data dalla Corte del principio dell’effetto relativo dei trattati, non si può di per sé escludere, dal punto di vista del diritto internazionale, che l’articolo 34 della CVDT possa applicarsi anche a un territorio non autonomo in quanto «terzo» (104).
111. Ma ciò non risolve la questione di come, se del caso, un territorio non autonomo, come il Sahara occidentale, possa prestare il consenso ad essere vincolato da un accordo internazionale.
112. Nella sentenza Consiglio/Front Polisario, la Corte non ha avuto necessità di esaminare tale questione. Essa si è limitata a spiegare che, di fatto, il popolo del Sahara occidentale non ha prestato il proprio consenso a essere vincolato da un accordo internazionale tra l’Unione europea e il Regno del Marocco. Ciò ha consentito alla Corte di dichiarare che l’accordo di associazione non si estendeva al territorio del Sahara occidentale: le parti non l’hanno espressamente previsto e neppure il terzo (nella caso di specie il popolo del Sahara occidentale) ha acconsentito a tale estensione.
113. In tale sentenza, non è stato quindi necessario valutare in che modo un accordo concluso con il Regno del Marocco potesse legalmente applicarsi al territorio del Sahara occidentale, sulla base del semplice rilievo che la Corte ha dichiarato che esso non si applicava in alcuna maniera al Sahara occidentale. Di conseguenza, il Tribunale ha giustamente dichiarato che «nel[le sentenze Front Polisario/Consiglio e Western Sahara Campaign UK] i giudici dell’Unione non si sono pronunciati su controversie relative ad accordi fra l’Unione e il Regno del Marocco contenenti una pattuizione esplicita che includeva il Sahara occidentale nell’ambito di applicazione territoriale di tale accordo», il che corrisponde alla situazione del caso di specie.
114. Visto in tale ottica, il requisito del consenso, come espresso al punto 106 della sentenza Consiglio/Front Polisario, non deve essere inteso come indicazione sulla questione se o in che modo un accordo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco possa includere il territorio del Sahara occidentale. Invece, tale affermazione deve essere intesa solo come uno degli argomenti in base ai quali l’ambito di applicazione dell’accordo in esame in quel caso non poteva includere il territorio del Sahara occidentale.
115. È in tale ottica che valuterò se il Tribunale abbia interpretato correttamente il requisito del consenso come risulta dalla sentenza Consiglio/Front Polisario.
2. Effetto relativo dei trattati e requisito del consenso
a) Giudizio del Tribunale
116. Nel caso di specie è pacifico che l’intenzione dell’Unione europea e del Regno del Marocco fosse quella di concludere un accordo bilaterale che si applicasse al territorio del Sahara occidentale (105).
117. Il Tribunale ha iniziato la sua analisi di merito del terzo motivo di ricorso dedotto dal Front Polisario valutando se il Consiglio avesse rispettato il requisito del consenso, come richiesto dal punto 106 della sentenza Consiglio/Front Polisario.
118. Esso ha spiegato che nella sentenza Consiglio/Front Polisario, la Corte non ha indicato il modo in cui tale consenso poteva essere espresso (106). Di conseguenza, il Tribunale si è rivolto alla CVDT per verificare i possibili modi di espressione del consenso.
119. Per quanto riguarda gli Stati, la CVDT tratta tale questione agli articoli 35 e 36. Secondo dette disposizioni, il consenso all’applicazione di trattati che prevedono degli obblighi per uno Stato terzo richiede che detto Stato terzo accetti esplicitamente per iscritto tale obbligo. Il consenso è invece implicito nel caso di trattati che prevedono esclusivamente diritti per lo Stato terzo.
120. Alla luce di tali disposizioni della CVDT, il Tribunale ha dedotto che, poiché l’accordo in esame non conferiva diritti, bensì prevedeva obblighi per il popolo del Sahara occidentale (107), il consenso doveva essere espresso esplicitamente (108).
121. Il Tribunale ha quindi valutato se fosse stato ottenuto il consenso esplicito da parte del popolo del Sahara occidentale, concludendo che non si poteva ritenere che le consultazioni condotte dalla Commissione e dal SEAE avessero ottenuto il consenso da parte di tale popolo (109).
122. Concordo con tale conclusione del Tribunale.
123. Esiste una differenza tra la nozione di «popolazione» di un territorio non autonomo e quella di «popolo» di tale territorio: quest’ultima implica un’unità politica, con diritto all’autodeterminazione, mentre la prima implica gli abitanti di un territorio (110).
124. La Commissione e il SEAE hanno effettuato consultazioni con le «popolazioni interessate», che, come ha giustamente osservato dal Tribunale, includevano «essenzialmente le popolazioni che si trovano attualmente nel territorio del Sahara occidentale, indipendentemente dalla loro appartenenza o meno al popolo di tale territorio» (111). Tali consultazioni non possono, quindi, equivalere a ottenere il consenso del «popolo» del territorio non autonomo del Sahara occidentale.
125. Le parti e gli intervenienti nell’ambito delle impugnazioni di cui trattasi hanno discusso a lungo se gli articoli 35 e 36 della CVDT siano applicabili a un territorio non autonomo e se siano vincolanti per l’Unione europea. Vi sono ragioni per concludere che tali disposizioni non codificano norme di diritto internazionale consuetudinario (112), almeno non quando il principio dell’effetto relativo dei trattati viene interpretato nel senso che esso è applicabile ai territori non autonomi. Se tale è effettivamente lo stato attuale del diritto internazionale, dette disposizioni della CVDT non possono essere vincolanti per l’Unione europea.
126. Tuttavia, a mio avviso, la questione se gli articoli 35 e 36 della CVDT prescrivano effettivamente le modalità di espressione del consenso con riferimento ai territori non autonomi è irrilevante.
127. Come spiegherò, la mia opinione è che il popolo del Sahara occidentale, in quanto «soggetto terzo» ai sensi dell’articolo 34 della CVDT, non sia in grado, nel suo attuale stato di organizzazione, di esprimere da solo il consenso necessario. Ciò, tuttavia, non significa che il consenso non possa essere espresso per suo conto.
b) Il popolo del Sahara occidentale non è in grado di esprimere il proprio «consenso» a essere vincolato dall’accordo in esame
128. È chiaro il modo in cui uno Stato esprime il consenso a essere vincolato da un accordo internazionale. Tuttavia, non è affatto chiaro come possa esprimere tale consenso un territorio non autonomo (113).
129. Quando uno Stato è un soggetto terzo a cui altri due Stati vogliono estendere l’applicazione del loro accordo, si presume che tale Stato terzo sia in grado, secondo il diritto internazionale, di concludere esso stesso l’accordo internazionale. Proprio per questo motivo, esso deve esprimere il suo consenso se non ha concluso direttamente esso stesso l’accordo, ma accetta di essere vincolato da un accordo di altri Stati.
130. La posizione di «un popolo», in quanto custode del diritto all’autodeterminazione di un territorio non autonomo, è diversa. Tale popolo non può concludere un accordo internazionale prima di aver esercitato il proprio diritto all’autodeterminazione, cioè prima di aver raggiunto una certa misura di autogoverno.
131. Nel caso specifico del popolo del Sahara occidentale, non esiste un rappresentante scelto o accettato che possa prestare consenso in suo nome. Anche se il Front Polisario partecipa ai negoziati politici per la risoluzione della questione del Sahara occidentale, tale ruolo non è lo stesso di un rappresentante eletto o riconosciuto del popolo saharawi per esprimerne la volontà collettiva. Quest’ultimo ruolo può essere attribuito solo attraverso l’esercizio del diritto all’autodeterminazione da parte del popolo saharawi, che la comunità internazionale continua a non essere in grado di organizzare (114).
132. Il popolo saharawi non può esprimere la propria posizione in mancanza di un rappresentante eletto o riconosciuto collettivamente. Anche se si stabilisse chiaramente quali individui appartengono al popolo saharawi, sarebbe impossibile ottenere il consenso collettivo di tale popolo attraverso consultazioni con ogni singolo membro di tale gruppo.
133. Una volta che il popolo saharawi avrà esercitato il proprio diritto all’autodeterminazione, esso acquisirà la capacità di esprimere il proprio consenso a un accordo internazionale vincolante per il suo territorio o, addirittura, di concludere esso stesso un siffatto accordo.
134. Fino a quel momento, il popolo saharawi non è in grado di esprimere il consenso a essere vincolato da un accordo internazionale.
135. Come hanno spiegato il Consiglio e la Commissione, la nozione stessa di assenza di autonomia implica che il popolo che non ha ancora esercitato il proprio diritto all’autodeterminazione non ha un mezzo o una struttura per esprimere i suoi desideri o decisioni.
136. Ciò significa che qualcun altro ha il diritto di esprimere il consenso di tale popolo a essere vincolato da un accordo internazionale per suo conto, oppure che tale consenso non può essere espresso in alcun modo.
c) Il Regno del Marocco può acconsentire all’accordo in esame in nome del popolo del Sahara occidentale?
137. Se, come ho suggerito, il popolo del Sahara occidentale non è in grado di esprimere il «consenso», nel senso attribuito a tale nozione dalla Corte nella sentenza Consiglio/Front Polisario, né attraverso consultazioni della popolazione che risiede nel territorio del Sahara occidentale, né attraverso il Front Polisario, chi può approvare la conclusione di un accordo internazionale con il territorio del Sahara occidentale in nome di tale popolo?
138. Il quadro di riferimento adeguato all’interno del quale rispondere a tale domanda è la legge sulla decolonizzazione.
139. Tale quadro è contenuto principalmente nel capitolo XI della Carta delle Nazioni Unite, intitolato «Dichiarazione concernente i territori non autonomi», in particolare l’articolo 73 (115).
140. È all’interno di tale quadro che la Corte ha interpretato il significato del diritto all’autodeterminazione nella sentenza Consiglio/Front Polisario (116).
141. Il capitolo XI della Carta dell’ONU è espressione dell’impegno della comunità internazionale a favore del diritto all’autodeterminazione nel processo di decolonizzazione (117).
142. L’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite disciplina le norme che regolano la situazione dei territori non autonomi prima che essi possano esercitare il loro diritto all’autodeterminazione.
143. Detta disposizione implica innanzitutto che i territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia siano amministrati da uno Stato diverso da quello di tale popolazione. La disposizione si rivolge agli Stati «membri [dell’ONU], i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione» dei territori non autonomi. Mi riferirò a tali Stati come «potenze amministratrici».
144. Prima che il popolo di un territorio non autonomo eserciti il proprio diritto all’autodeterminazione, che è il fine ultimo dell’articolo 73 della Carta dell’ONU, è la potenza amministratrice che conclude accordi internazionali che concernono tali territori.
145. Ne consegue che è la potenza amministratrice che ha anche il diritto di esprimere il «consenso» all’applicazione al territorio che essa amministra di un accordo concluso tra due altri Stati.
146. Il Sahara occidentale è, sotto questo aspetto, un caso unico. L’elenco dell’ONU di tutti i territori non autonomi residui indica la potenza amministratrice di ciascun territorio, tranne nel caso del Sahara occidentale (118).
147. L’articolo 73 della Carta dell’ONU definisce le potenze amministratrici come «[i] [m]embri delle Nazioni Unite, i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia» (119).
148. L’uso delle parole «abbiano (...) responsabilità» sembra riferirsi agli Stati che controllavano un territorio non autonomo al momento dell’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite.
149. Nel caso del Sahara occidentale, lo Stato coloniale responsabile era il Regno di Spagna. Tuttavia, la Spagna ha rinunciato unilateralmente a tale responsabilità (120).
150. L’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite fa riferimento anche agli Stati che «[assumono] la responsabilità» di un territorio non autonomo.
151. Nella sua impugnazione nella presente causa, il Consiglio ha sostenuto che l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite si applica al Regno del Marocco in quanto potenza amministratrice, dato che tale Stato ha assunto la responsabilità sul territorio del Sahara occidentale. Tanto il Consiglio che la Commissione hanno confermato tale posizione in udienza. Secondo le spiegazioni di tali istituzioni, la qualifica del Regno del Marocco come potenza amministratrice «presunta» deriva dal fatto che il Regno del Marocco detiene il controllo effettivo della maggior parte del territorio del Sahara occidentale.
152. Qualora il Regno del Marocco potesse essere legalmente qualificato come potenza amministratrice del Sahara occidentale, esso sarebbe legittimato, in base al diritto internazionale, a concludere un accordo internazionale per conto del territorio del Sahara occidentale per vincolare tale territorio. Esso sarebbe anche autorizzato ad acconsentire all’applicazione al territorio del Sahara occidentale di un accordo concluso tra Stati terzi, purché tale accordo soddisfi le condizioni risultanti dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite (v. paragrafi da 180 a 190 delle presenti conclusioni).
153. Alcuni studiosi escludono tale possibilità, sostenendo che lo status di potenza amministratrice è uno status giuridico conferito dall’ONU che, in assenza di tale tipo di riconoscimento, non può essere assunto unilateralmente (121).
154. Tuttavia, l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite non collega lo status di potenza amministratrice ad alcun tipo di procedura formale o riconoscimento. La sua formulazione suggerisce piuttosto che esso faccia riferimento a un certo tipo di situazione di fatto.
155. Secondo il diritto internazionale, uno Stato che controlla de facto un territorio può essere qualificato in tre diversi modi dal punto di vista giuridico: sovrano, amministratore o occupante (122).
156. Con riferimento al Sahara occidentale, le istituzioni politiche dell’Unione non trattano il Regno del Marocco come potenza occupante (123) o sovrana (124), ma piuttosto come potenza amministratrice. Ciò significa che esse accettano la sovranità del popolo saharawi sul territorio del Sahara occidentale, anche se il Regno del Marocco ne detiene attualmente il controllo.
157. Tale posizione non è in contraddizione con la presunta neutralità dell’Unione Europea in merito all’esito del processo guidato dalle Nazioni Unite sul Sahara occidentale, poiché la qualificazione come potenza amministratrice non preclude alcun possibile esito dell’esercizio del diritto all’autodeterminazione (125).
158. Tale interpretazione non sembra nemmeno in contrasto con l’obiettivo del diritto all’autodeterminazione, che trova espressione nell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui non precluda al popolo di un territorio non autonomo di esercitare tale diritto in futuro.
159. Pertanto, non è contrario al diritto internazionale considerare il Regno del Marocco come la potenza amministratrice del Sahara occidentale e, di conseguenza, nel senso che esso è in grado di «acconsentire», a nome del popolo del Sahara occidentale quale «soggetto terzo» secondo l’interpretazione della Corte sull’effetto relativo dei trattati, a un accordo che produce effetti sul territorio del Sahara occidentale.
160. Qual è l’effetto di tale conclusione ai fini dell’interpretazione data dalla Corte della nozione di «potenza amministratrice»?
161. Nell’esercizio delle relazioni esterne dell’Unione europea, le istituzioni politiche dell’Unione dispongono di un’ampia discrezionalità (126).
162. Ciò si estende all’interpretazione delle norme applicabili in una situazione, come quella di cui trattasi, in cui non esiste una posizione chiara nel diritto internazionale in merito alla possibilità di considerare uno Stato come se avesse assunto la responsabilità su un territorio non autonomo, ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, attraverso un controllo giurisdizionale effettivo di tale territorio.
163. Data l’assenza di norme chiare nel diritto dell’Unione o nel diritto internazionale che ostino a una simile posizione, la decisione delle istituzioni politiche dell’Unione di considerare il Regno del Marocco come potenza amministratrice («de facto»), ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, non può essere contestata dinanzi alla Corte (127).
164. In tal senso, la Corte deve accettare la posizione del Consiglio e della Commissione come una possibile interpretazione del diritto internazionale.
165. È vero che il Regno del Marocco non ha accettato lo status di potenza amministratrice in relazione al territorio del Sahara occidentale (128). La sua posizione è che esso gode della sovranità su tale territorio (129).
166. Tuttavia, ciò non impedisce all’Unione europea di trattare unilateralmente il Regno del Marocco come potenza amministratrice («de facto») del territorio del Sahara occidentale nelle sue interazioni economiche con quest’ultimo territorio.
167. La Commissione ha spiegato nel corso dell’udienza che l’Unione europea si limiterà a farlo attraverso l’uso di clausole «di non pregiudizio», il ricorso alle quali è un metodo accettato (e pratico) per impegnarsi con Stati o territori terzi (130).
168. Tuttavia, il fatto che l’Unione europea e il Regno del Marocco abbiano accettato di dissentire sullo status del Regno del Marocco in relazione al territorio del Sahara occidentale al momento della conclusione dell’accordo in esame potrebbe, come discuterò nella sezione E delle presenti conclusioni, imporre alle istituzioni dell’Unione ulteriori requisiti necessari per adempiere gli obblighi derivanti dal diritto internazionale.
169. La discussione che precede porta a concludere che, adottando la decisione controversa, il Consiglio non ha violato il principio dell’effetto relativo dei trattati, come interpretato nella sentenza Consiglio/Front Polisario. Detta istituzione ha ottenuto il consenso del popolo del Sahara occidentale quale soggetto terzo dell ’accordo in esame attraverso il Regno del Marocco, che agisce in qualità di potenza amministratrice di tale territorio.
3. Trattare il Marocco e il Sahara occidentale come territori separati
170. L’unico obbligo che la Corte ha ritenuto vincolante per l’Unione europea sulla base del diritto all’autodeterminazione nella sentenza Consiglio/Front Polisario è stato quello di trattare il territorio del Sahara occidentale come distinto dal territorio del Regno del Marocco (131).
171. Tale obbligo non viene meno se si considera il Regno del Marocco come una potenza amministratrice nell’accezione dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Al contrario, l’attribuzione unilaterale al Regno del Marocco dello status di potenza amministratrice, con tutti i relativi obblighi derivanti da tale status, nega a tale Stato la sovranità sul territorio del Sahara occidentale (132).
172. In altre parole, il Regno del Marocco ha concluso separatamente con l’Unione europea un accordo internazionale relativo al proprio territorio e ha poi acconsentito alla sua applicazione al territorio separato del Sahara occidentale, che attualmente amministra.
173. Come ho spiegato nelle conclusioni da me presentate nella causa Confédération paysanne (Meloni e pomodori provenienti dal Sahara occidentale), parimenti lette in data odierna, trattare separatamente il territorio del Sahara occidentale da quello del Regno del Marocco impone che le dichiarazioni doganali e le etichette recanti il Paese d’origine dei prodotti provenienti dal territorio del Sahara occidentale debbano indicare il Sahara occidentale come luogo d’origine, escludendo qualsiasi indicazione di origine nel Regno del Marocco (133). Ciò riguarda, tra l’altro, i prodotti originari del Sahara occidentale che, sulla base dell’accordo in esame, godono di un trattamento preferenziale al momento dell’importazione nel territorio doganale dell’Unione europea.
174. Ne consegue che, adottando la decisione controversa, il Consiglio non ha violato il requisito di trattare il territorio del Regno del Marocco e il territorio del Sahara occidentale come due territori distinti, requisito derivante dal diritto all’autodeterminazione secondo l’interpretazione della Corte nella sentenza Consiglio/Front Polisario.
4. Conclusione provvisoria
175. La decisione controversa non viola né il principio dell’effetto relativo dei trattati né l’aspetto del diritto all’autodeterminazione che era in esame nella sentenza Consiglio/Front Polisario.
176. Di conseguenza, propongo alla Corte di annullare la sentenza impugnata nella parte in cui accoglie il terzo motivo di ricorso dedotto dal Front Polisario.
E. Altri obblighi che vincolano l’Unione europea sulla base del diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi
177. Dalla constatazione che il diritto all’autodeterminazione non è stato violato nella misura in cui la Corte ha avuto la possibilità di interpretarlo nella sentenza Consiglio/Front Polisario non discende necessariamente che le istituzioni dell’Unione, nel concludere l’accordo in esame con il Regno del Marocco, abbiano rispettato tutti gli obblighi derivanti dal diritto all’autodeterminazione.
178. La Corte non ha ancora avuto l’opportunità di chiarire quali altri obblighi incombono sull’Unione europea in conseguenza del diritto all’autodeterminazione del popolo saharawi. Tuttavia, poiché tale questione non è stata decisa dal Tribunale, essa non rientra nell’ambito delle impugnazioni di cui trattasi, cosicché la Corte non può chiarire autonomamente detta questione nell’ambito della presente causa.
179. Ciò detto, ritengo necessario accennare brevemente a due questioni che derivano dal diritto all’autodeterminazione e che sono pertinenti in uno scenario in cui il Regno del Marocco è trattato dalle istituzioni dell’Unione come la potenza amministratrice («de facto») del territorio del Sahara occidentale.
180. In primo luogo, l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite impone alle potenze amministratrici un obbligo spesso definito come «obbligo di sacra missione». Tale disposizione stabilisce che «gli interessi degli abitanti di [un territorio non autonomo] sono preminenti» e che le potenze amministratrici «accettano come sacra missione l’obbligo di promuovere al massimo, nell’ambito del sistema di pace e di sicurezza internazionale istituito dal presente Statuto, il benessere degli abitanti di tali territori».
181. Prima che il popolo saharawi eserciti il suo diritto all’autodeterminazione, il Regno del Marocco, in quanto amministratore («de facto») del suo territorio, deve agire esclusivamente a beneficio degli «abitanti del territorio» del Sahara occidentale. Anche il consenso del Regno del Marocco a nome del popolo saharawi, nel senso dell’effetto relativo dei trattati, deve rispettare tale obbligo.
182. L’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, in linea di principio, attribuisce l’obbligo di «sacra missione» a carico della potenza amministratrice. È chiaro, tuttavia, che la Corte non è competente a giudicare l’osservanza, da parte di uno Stato straniero, del diritto internazionale pubblico, inclusi i principi della Carta delle Nazioni Unite.
183. Ciononostante, il diritto all’autodeterminazione sancito dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite potrebbe imporre obblighi anche agli Stati (o alle organizzazioni internazionali) che abbiano relazioni con una potenza amministratrice con riferimento al territorio non autonomo da essa amministrato.
184. Nel contesto della presente causa, il Consiglio e la Commissione hanno ritenuto che l’obbligo della «sacra missione» vincoli anche l’Unione europea nelle sue relazioni con la potenza amministratrice («de facto») del territorio non autonomo del Sahara occidentale. Anche se l’Unione europea non è parte della Carta delle Nazioni Unite, è da essa vincolata nelle sue relazioni esterne sulla base dell’articolo 21 TUE.
185. Si può quindi concludere che le istituzioni dell’Unione europea possono stipulare accordi relativi al Sahara occidentale con il Regno del Marocco, in quanto potenza amministratrice, solo se tali accordi vanno a beneficio degli «abitanti di tale territorio».
186. Tale obbligo ha, a mio avviso, un’importanza ulteriore derivante dal fatto che il Regno del Marocco si considera come lo Stato sovrano e non come l’amministratore con riferimento al territorio del Sahara occidentale. Di conseguenza, esso non si considera soggetto all’obbligo di «sacra missione» normalmente assunto dalle potenze amministratrici ai sensi dell’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite. Le istituzioni dell’Unione devono pertanto assicurarsi che gli accordi stipulati vadano a beneficio degli «abitanti del territorio» del Sahara occidentale, come richiesto dall’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite.
187. Tale conclusione apre necessariamente questioni che non sono state discusse dinanzi al Tribunale: cosa si intenda con l’espressione «abitanti del territorio» di cui all’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite; e se le consultazioni condotte dalla Commissione e dal SEAE soddisfino il requisito secondo cui le istituzioni dell’Unione devono verificare che l’accordo in esame sia vantaggioso per gli «abitanti del territorio».
188. In secondo luogo, rimane da determinare quali obblighi gravino sulle istituzioni dell’Unione al fine di rispettare il diritto del popolo saharawi al godimento delle risorse naturali del territorio non autonomo del Sahara occidentale.
189. Si può discutere se il diritto al godimento delle risorse naturali sia un diritto autonomo che promana dal principio di sovranità dello Stato o se rappresenti una componente del diritto all’autodeterminazione (134). In entrambi i casi, tuttavia, tale diritto sembra far parte del diritto internazionale consuetudinario (135) ed è quindi vincolante per l’Unione europea.
190. Per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali dei territori non autonomi, sembra esistere un certo consenso, costruito intorno alla lettera di Hans Corell del 2002 (136), secondo cui la potenza amministratrice può sfruttare le risorse naturali, quando le attività di sfruttamento delle risorse sono condotte a beneficio della popolazione dei territori non autonomi, o previa consultazione con i suoi rappresentanti (137).
191. L’accordo in esame non autorizza di per sé l’utilizzo delle risorse naturali del territorio del Sahara occidentale. Tuttavia, esso produce effetti indiretti su tale diritto. Quali sono gli obblighi delle istituzioni europee in tale contesto?
192. Le istituzioni dell’Unione potrebbero concludere che il loro obbligo di non violare il diritto del popolo saharawi al godimento delle proprie risorse naturali è stato soddisfatto dall’esito delle consultazioni con la popolazione locale, in relazione alle quali la maggioranza di coloro che hanno partecipato alle consultazioni ha valutato come vantaggiosa l’estensione delle tariffe preferenziali ai prodotti originari del territorio del Sahara occidentale?
193. Anche se il Tribunale ha esaminato l’adeguatezza delle consultazioni nella sua sentenza, lo ha fatto nel contesto di stabilire se esse potessero equivalere al «consenso» espresso dal popolo del Sahara occidentale all’accordo in esame, nel senso dell’effetto relativo dei trattati (138). Rispondere alla stessa domanda nel contesto del diritto al godimento delle risorse naturali richiede una nuova e diversa valutazione.
194. Le questioni sollevate nella presente sezione non sono state esaminate nel procedimento dinanzi al Tribunale. Detto giudice, a mio avviso, ha erroneamente dichiarato che le istituzioni dell’Unione non hanno rispettato il requisito del consenso derivante dalla sentenza Consiglio/Front Polisario. Tali questioni, tuttavia, sembrano essere coperte dai restanti motivi dedotti dal Front Polisario nel suo ricorso di annullamento. Per tale ragione ritengo necessario rinviare la causa al Tribunale.
IV. Conseguenze
195. Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte può, qualora lo stato del procedimento lo consenta, pronunciare essa stessa una sentenza definitiva sulla questione.
196. Nel caso di specie tali condizioni non ricorrono.
197. Sebbene io concluda che il terzo motivo di ricorso dedotto dal Front Polisario in primo grado dovrebbe essere respinto in quanto infondato per le ragioni sopra esposte, per quanto riguarda gli altri motivi non ancora valutati dal Tribunale lo stato del procedimento non consente alla Corte di giustizia di pronunciarsi definitivamente sulla questione.
198. Ritengo pertanto che la causa debba essere rinviata al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo (139).
V. Conclusione
199. Alla luce delle precedenti considerazioni, propongo alla Corte di:
– respingere parzialmente le impugnazioni in quanto infondate e dichiarare come ammissibile l’impugnazione proposta dal Front populaire pour la libération de la Saguia-el-Hamra et du Rio de Oro (Front Polisario);
– accogliere parzialmente le impugnazioni, annullare la sentenza impugnata nella parte in cui accoglie il terzo motivo di ricorso dedotto dal Front Polisario e respingere tale motivo;
– rinviare la causa al Tribunale dell’Unione europea affinché statuisca sui motivi su cui non si è pronunciato; e
– riservare le spese.