Language of document : ECLI:EU:C:2024:475

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 6 giugno 2024 (1)

Causa C314/23

Sindicato de Tripulantes Auxiliares de Vuelo de Líneas Aéreas (STAVLA),

Ministerio Fiscal

contro

Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA,

Federación de Servicios de Comisiones Obreras (CCOO),

Unión General de Trabajadores (UGT),

Unión Sindical Obrera (USO),

Comité de empresa de Air Nostrum Líneas Aéreas del Mediterráneo SA,

Dirección General de Trabajo,

Instituto de las Mujeres,

intervenienti:

Sindicato Español de Pilotos de Líneas Aéreas (SEPLA),

Sindicato Unión Profesional de Pilotos de Aerolíneas (UPPA)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna)

«Rinvio pregiudiziale – Attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego – Direttiva 2006/54/CE – Articolo 14 – Divieto di discriminazione indiretta fondata sul sesso – Contratti collettivi che stabiliscono i diversi importi di indennità giornaliere da assegnare ai piloti e ai membri dell’equipaggio di cabina a titolo di contributo per i loro pasti durante le trasferte»






I.      Introduzione

1.        Il fatto che i membri dell’equipaggio di cabina di una compagnia aerea ricevano, a copertura delle spese per i pasti sostenute durante le trasferte di lavoro, un’indennità giornaliera di importo inferiore rispetto a quello dell’indennità ricevuta dai piloti può essere oggettivamente giustificato, ai sensi della direttiva 2006/54/CE (2), quando tale differenza deriva dall’applicazione di due contratti collettivi? Tale questione è al centro della presente causa.

2.        La domanda di pronuncia pregiudiziale, introdotta dall’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna), verte sull’interpretazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54.

3.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, un sindacato che rappresenta i membri dell’equipaggio di cabina e, dall’altro, una compagnia aerea, relativamente a un ricorso di annullamento parziale del contratto collettivo applicabile ai membri dell’equipaggio di cabina di tale compagnia.

4.        La presente causa offre alla Corte un’ulteriore occasione di tornare su aspetti del divieto di discriminazione basata sul sesso in materia di occupazione e di impiego e, in particolare, sulla questione della giustificazione oggettiva di una misura che introduce una disparità di trattamento per quanto riguarda le condizioni di lavoro quando tale disparità deriva dall’applicazione di due contratti collettivi distinti negoziati tra il datore di lavoro e sindacati diversi.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 2 della direttiva 2006/54, intitolato «Definizioni», così dispone, al suo paragrafo 1:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(...)»

6.        L’articolo 14 di tale direttiva, intitolato «Divieto di discriminazione», così prevede, al suo paragrafo 1:

«È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene:

(...)

(c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione come previsto all’articolo 141 del trattato;

(...)»

B.      Diritto spagnolo

7.        Il Real Decreto Legislativo 2/2015 por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores (regio decreto legislativo n. 2/2015, recante approvazione della rifusione della legge sullo statuto dei lavoratori), del 23 ottobre 2015 (3) (in prosieguo: la «legge sullo statuto dei lavoratori»), così dispone, al suo articolo 3, intitolato «Fonti del rapporto di lavoro»:

«1.      I diritti e gli obblighi in materia di rapporto di lavoro sono disciplinati:

a)      dalle disposizioni legislative e regolamentari dello Stato;

b)      dai contratti collettivi;

(...)»

8.        L’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), di tale legge prevede quanto segue:

«Nel rapporto di lavoro, i lavoratori hanno il diritto:

(...)

c)      in materia di assunzione o, una volta assunti, di non essere soggetti a discriminazioni dirette o indirette basate sul sesso (...)».

9.        L’articolo 17, paragrafo 1, di detta legge è così formulato:

«Sono nulli e privi di effetto le disposizioni normative, le clausole dei contratti collettivi, gli accordi individuali e le decisioni unilaterali del datore di lavoro che danno luogo nell’impiego, nonché in materia di retribuzione, di orario di lavoro e di altre condizioni di lavoro, a (…) discriminazioni (…) per motivi di sesso (…)».

10.      Ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, della stessa legge:

«Non vengono considerate come retribuzione le somme percepite dal lavoratore a titolo di indennità o di rimborso per le spese sostenute in occasione della sua attività professionale, le prestazioni e le indennità della previdenza sociale nonché le indennità corrispondenti a trasferimenti, sospensioni o licenziamenti».

11.      Ai sensi dell’articolo 87 della legge sullo statuto dei lavoratori:

«1.      Sono legittimati a negoziare i contratti collettivi aziendali o di livello inferiore, in rappresentanza dei lavoratori, il comitato aziendale, eventualmente i delegati del personale, o le sezioni sindacali se insieme rappresentano la maggioranza dei membri del comitato.

Le negoziazioni sono condotte dalle sezioni sindacali se queste si sono accordate in tal senso, a condizione che rappresentino la maggioranza dei membri del comitato aziendale o tra i delegati del personale.

(...)

Nei contratti destinati ad un gruppo di lavoratori aventi un profilo professionale specifico, sono legittimate alla negoziazione le sezioni sindacali designate a maggioranza dai rispettivi rappresentati mediante voto personale, libero, diretto e segreto».

12.      Il IV Convenio colectivo de Air Nostrum (personal de tierra y TCP’S (4)) [quarto contratto collettivo di Air Nostrum (personale di terra e personale navigante cabina); registrato e pubblicato con la Resolución de la Dirección General de Trabajo (risoluzione della Direzione generale del lavoro), del 18 dicembre 2018 (5), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «contratto PNC»), sottoscritto dalla dirigenza aziendale e dai sindacati Unión general de trabajadores [Unione generale dei lavoratori (UGT)], Comisiones obreras [Commissioni operaie (CCOO)] e Unión Sindical Obrera [Unione sindacale operaia (USO)], disciplina, ai suoi articoli da 59 a 93, le condizioni di lavoro del personale navigante cabina (in prosieguo: il «PNC»].

13.      L’articolo 93, intitolato «Indennità giornaliere», del contratto PNC definisce la nozione di «indennità giornaliere» come «l’importo che indennizza il [PNC] per le spese derivanti dalle sue trasferte, che costituiscono parte integrante dell’oggetto della sua prestazione di servizi». In base a tale articolo, «[s]i conviene espressamente che tale sistema di indennità giornaliere esonera l’impresa dal sostenere le spese di soggiorno durante le trasferte».

14.      Il Convenio Colectivo de Air Nostrum (pilotos) [contratto collettivo di Air Nostrum (piloti)], registrato e pubblicato con la Resolución de la Dirección General de Trabajo (risoluzione della Direzione generale del lavoro), del 10 marzo 2020 (6), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: il «contratto PNT»), sottoscritto dalla dirigenza aziendale e dalle sezioni sindacali dei sindacati Sindicato Español de Pilotos de Líneas Aéreas [sindacato spagnolo dei piloti di linea (in prosieguo: il «SEPLA»)] e Sindicato Unión Profesional de Pilotos de Aerolíneas (UPPA), disciplina i rapporti di lavoro dei piloti (personale navigante tecnico; in prosieguo: il «PNT»).

15.      L’articolo 16.19 del contratto PNT, intitolato «Indennità giornaliere», dispone che «l’indennità giornaliera è l’importo che il pilota riceve a copertura delle spese sostenute durante le trasferte per le esigenze aziendali o durante i suoi soggiorni al di fuori della sua base. Essa non include né l’alloggio né il trasporto». Tale articolo prevede che è espressamente convenuto che tale sistema di indennità giornaliere esonera la compagnia dal pagamento di qualsiasi tipo di pasto.

III. Fatti della controversia di cui al procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

16.      I rapporti di lavoro tra Air Nostrum, Líneas Aéreas del Mediterráneo SA (in prosieguo: «Air Nostrum») e il suo PNC sono disciplinati dal contratto PNC, e i rapporti di lavoro tra Air Nostrum e il suo PNT sono disciplinati dal contratto PNT. L’articolo 93 del contratto PNC e l’articolo 16.19 del contratto PNT disciplinano le indennità giornaliere che coprono, segnatamente, le spese sostenute, rispettivamente, dal PNC e dal PNT durante le trasferte effettuate nell’ambito della loro prestazione di servizi (in prosieguo: le «indennità giornaliere»).

17.      L’8 novembre 2022, il Sindicato de Tripulantes Auxiliares de Vuelo de Líneas Aéreas (Sindacato degli assistenti di volo delle compagnie aeree; in prosieguo: lo «STAVLA»), un sindacato di rappresentanza del PNC, ha presentato dinanzi al giudice del rinvio un ricorso diretto alla tutela dei diritti fondamentali attraverso il mezzo procedurale di impugnazione del contratto collettivo («procedimiento de impugnación de convenio colectivo»), e diretto, in particolare, all’annullamento dell’articolo 93 e dell’allegato I del contratto PNC nella misura in cui tale articolo stabilisce l’importo delle indennità giornaliere. Secondo tale sindacato, poiché, come indica il giudice del rinvio, le donne rappresentano il 94% del PNC e gli uomini il 93,71% del PNT, il fatto che l’importo delle indennità giornaliere previsto dal contratto PNC sia significativamente inferiore a quello previsto dal contratto PNT per far fronte alla medesima situazione costituisce una discriminazione indiretta basata sul sesso nelle condizioni di lavoro, vietata dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54.

18.      Il giudice del rinvio precisa che le somme versate a titolo di indennità giornaliere non sono considerate come retribuzioni, né dal punto di vista del diritto del lavoro spagnolo, in quanto espressamente escluse dalla nozione di «retribuzione» di cui all’articolo 26, paragrafo 2, della legge sullo statuto dei lavoratori, né dal punto di vista del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 157 TFUE e dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/54. Tale giudice sostiene che, poiché tali indennità non remunerano un lavoro specifico calcolato per unità di tempo o per unità di lavoro, il diverso valore del lavoro svolto dal PNT o dal PNC non può costituire una circostanza che giustifichi una disparità di trattamento per quanto riguarda l’importo di tali indennità. Siffatte indennità, versate per coprire le spese sostenute durante le trasferte, come i pasti giornalieri fuori dal luogo di residenza abituale, rientrerebbero pertanto nelle condizioni di lavoro.

19.      Secondo tale giudice, il risultato è che, all’interno di Air Nostrum, un gruppo di lavoratori, composto principalmente da donne, riceve, a copertura delle spese, in particolare alimentari, sostenute durante le loro trasferte, un importo significativamente inferiore rispetto a quello ricevuto, allo stesso titolo, da un altro gruppo di lavoratori, composto principalmente da uomini, per coprire le stesse spese.

20.      Secondo il giudice del rinvio esisterebbe una discriminazione indiretta fondata sul sesso se indennità giornaliere diverse fossero state stabilite dallo stesso contratto collettivo (7). Tuttavia, esso dubita dell’esistenza di una tale discriminazione nel caso di specie nella misura in cui la disparità di trattamento è dovuta al fatto che l’impresa applica due diversi contratti collettivi negoziati con rappresentanti sindacali diversi. Ci sarebbe quindi motivo di supporre che, in ciascun processo di negoziazione, ciascuna rappresentanza sindacale abbia privilegiato alcune rivendicazioni rispetto ad altre nei confronti dell’impresa.

21.      Inoltre, il giudice del rinvio sottolinea che, quando Air Nostrum ha negoziato il contratto PNT, il contratto PNC era già stato sottoscritto e che Air Nostrum era quindi a conoscenza degli importi fissati per le indennità giornaliere del PNC.

22.      È in tali circostanze che l’Audiencia Nacional (Corte centrale), con decisione del 17 marzo 2023, pervenuta alla Corte il 22 maggio 2023, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se il fatto che [Air Nostrum] rimborsi a una categoria quale [il PNC], in gran parte costituita da donne, le spese, diverse da quelle relative al trasporto e all’alloggio, che tale personale deve sostenere per le trasferte, un importo inferiore rispetto a quello rimborsato, allo stesso titolo, ad un’altra categoria di dipendenti, quali i piloti, in gran parte costituita da uomini, rappresenti una discriminazione indiretta nelle condizioni di lavoro fondata sul sesso, contraria al diritto dell’[Unione] e vietata dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54, qualora il motivo di tale trattamento differenziato risieda nel fatto che a ciascuna di tali categorie si applica un contratto collettivo diverso e ognuno di tali contratti sia stato negoziato dalla stessa società ma con rappresentanze sindacali differenti, ai sensi dell’articolo 87 dell[a legge sullo statuto dei lavoratori]».

23.      Hanno presentato osservazioni scritte il Ministerio Fiscal (pubblico ministero, Spagna), il SEPLA, i governi spagnolo, danese e svedese nonché la Commissione europea.

24.      Dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, il 21 settembre 2023, lo STAVLA ha rinunciato al suo ricorso. Mentre le altre parti nel procedimento principale non si sono opposte alla rinuncia e alla cancellazione della causa dal ruolo, il pubblico ministero ha invece ritenuto che il ricorso dovesse essere mantenuto (8).

25.      Con ordinanza del 26 ottobre 2023, il giudice del rinvio, pur prendendo atto della rinuncia dello STAVLA, ha mantenuto la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, essendo il pubblico ministero considerato come ricorrente in sostituzione dello STAVLA.

26.      All’udienza, tenutasi il 19 marzo 2024, erano rappresentati il pubblico ministero, Air Nostrum, l’UGT, il SEPLA, i governi spagnolo, danese e svedese nonché la Commissione.

IV.    Analisi

27.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi in forza della quale una compagnia aerea versa al PNC, composto prevalentemente da donne, un’indennità giornaliera, a copertura delle spese per i pasti sostenute durante le sue trasferte di lavoro, di un importo inferiore rispetto a quello dell’indennità corrisposta, allo stesso titolo, al PNT, composto prevalentemente da uomini, nel caso in cui tale disparità di trattamento derivi dall’applicazione di due distinti contratti collettivi negoziati tra il datore di lavoro e sindacati diversi.

28.      A tal proposito, le parti nel procedimento principale sono divise sulla questione dell’esistenza o meno di una discriminazione fondata sul sesso a danno del PNC. Air Nostrum e il SEPLA, nonché i governi danese e svedese non confutano l’esistenza di una discriminazione di tal tipo, ma la ritengono giustificata dall’autonomia delle parti sociali nel negoziare e concludere i contratti collettivi che si applicano ai lavoratori che esse rappresentano. Pertanto, un contratto collettivo andrebbe applicato senza tenere conto di altri contratti collettivi che lo stesso datore di lavoro potrebbe aver concluso con i rappresentanti sindacali di altri gruppi di lavoratori.

29.      Per contro, l’UGT ritiene che vi sia una discriminazione indiretta nella misura in cui la differenza di trattamento in questione non può essere oggettivamente giustificata sulla base del diritto alla contrattazione collettiva. Esso precisa che il fatto che la disparità di trattamento derivi dall’applicazione di due contratti collettivi distinti, negoziati tra il datore di lavoro e sindacati diversi, non incide in alcun modo sull’assenza di giustificazione alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/54. Il pubblico ministero sostiene che il contratto PNC comporta una discriminazione indiretta relativa alle condizioni di lavoro all’interno di una stessa impresa, che è inammissibile, a prescindere dalla fonte di tale discriminazione, in quanto l’esercizio del diritto alla contrattazione collettiva non può essere considerato un criterio di giustificazione oggettiva. Infatti, il diritto alla contrattazione collettiva rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e deve essere esercitato in conformità con esso. Il governo spagnolo e la Commissione sostengono che spetta al giudice del rinvio verificare se la discriminazione in esame sia giustificata. Ciò premesso, a tali fini, la semplice circostanza che tale discriminazione derivi da due contratti collettivi non può essere sufficiente a giustificare la disparità di trattamento in questione alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/54.

30.      In tale contesto, per poter proporre una risposta utile al giudice del rinvio, è necessario, innanzitutto, valutare se le indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale, previste dal contratto PNC, rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/54 (sezione B) e, in seguito, esaminare se il pagamento di tali indennità possa comportare una discriminazione fondata sul sesso, vietata da tale direttiva (sezione C). Prima di procedere a tale analisi, ritengo necessario esporre brevemente alcune osservazioni preliminari sul contesto del diritto primario e derivato relativo ai principi di uguaglianza, di parità di trattamento e di non discriminazione in cui si inserisce la presente controversia (sezione A).

A.      Osservazioni preliminari

31.      Rilevo, innanzitutto, che l’Unione europea si fonda su un insieme di valori contenuti nell’articolo 2 TUE. Tali valori, di cui il «rispetto dell’uguaglianza» è parte integrante insieme alla dignità umana, alla libertà, alla democrazia, allo Stato di diritto e al rispetto dei diritti umani, «costituiscono il cuore dell’identità dell’Unione» (9). Secondo tale disposizione, questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata, in particolare, dalla non discriminazione e dalla parità tra donne e uomini. L’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, TUE dispone che l’Unione, nel contesto dell’instaurazione del mercato interno, combatte le discriminazioni e promuove la parità tra donne e uomini. Inoltre, l’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») prevede il divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, nella misura in cui tale disposizione costituisce una particolare espressione del principio generale della parità di trattamento riconosciuto all’articolo 20 della Carta (10). La parità tra uomini e donne è inoltre sancita dall’articolo 23 della Carta.

32.      Per quanto riguarda la direttiva 2006/54, il suo considerando 2 enuncia che «la parità fra uomini e donne [è al contempo] “compito” e “obiettivo” [dell’Unione]». Tale considerando ricorda anche lo status di «principio fondamentale del diritto [dell’Unione]» di una tale parità ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE (11). Inoltre, tale direttiva è stata adottata sulla base dell’articolo 141, paragrafo 3, del Trattato CE (divenuto articolo 157, paragrafo 3, TFUE). Secondo il suo considerando 4, detta direttiva fornisce «una base giuridica specifica per l’adozione di provvedimenti (...) volti ad assicurare l’applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento in materia di occupazione e di impiego». Pertanto, ai sensi del suo articolo 1, lo scopo della direttiva 2006/54 è assicurare l’attuazione di tale principio in materia di occupazione e di impiego. In linea con tale obiettivo, l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54 vieta qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sul sesso per quanto attiene all’occupazione e alle condizioni di lavoro.

33.      Questo è dunque il contesto in cui si inserisce, in linea generale, la questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio.

B.      Sull’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata dalla direttiva 2006/54

34.      Il punto di partenza della mia analisi riguarda la questione se il versamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/54.

35.      Al riguardo, il giudice del rinvio indica che tali indennità giornaliere, nella misura in cui costituiscono un corrispettivo versato dalla compagnia aerea ai suoi dipendenti per coprire le spese sostenute durante le loro trasferte di lavoro, come, essenzialmente, i pasti giornalieri fuori dal luogo di residenza abituale, rientrano nell’ambito delle «condizioni di lavoro» (12).

36.      Di conseguenza, non vi sono dubbi sul fatto che le indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale rientrino nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 2006/54, in quanto essa mira, al suo articolo 1, secondo comma, lettera b), ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda le «condizioni di lavoro». Ritengo pertanto che tale direttiva sia applicabile alla presente causa.

37.      Per quanto riguarda l’esame dell’esistenza di una discriminazione indiretta fondata sul sesso, ricordo, innanzitutto, che spetta al giudice del rinvio verificare, tenuto conto delle circostanze di fatto del caso di specie, se il versamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale costituisca una discriminazione indiretta fondata sul sesso, vietata dalla direttiva 2006/54.

38.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, una discriminazione indiretta è definita come la situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (13). Da tale definizione risulta che una discriminazione indiretta, ai sensi della direttiva 2006/54, si verifica quando sono soddisfatte le tre condizioni ivi indicate.

39.      Di conseguenza, per valutare l’esistenza di una discriminazione indiretta vietata dalla direttiva 2006/54, occorre seguire la struttura normativa dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva e procedere a un’analisi in tre fasi. A tal fine, affronterò innanzitutto la questione se la misura di cui trattasi sia apparentemente neutra (sezione 1) (14). Successivamente, esaminerò se tale misura comporti un particolare svantaggio per le persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (sezione 2). Infine, valuterò se un tale particolare svantaggio sia giustificato da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (sezione 3).

1.      La prassi di cui trattasi nel procedimento principale è apparentemente neutra?

40.      Ricordo innanzitutto che, a differenza della discriminazione diretta, la discriminazione indiretta è caratterizzata non dall’apparenza (o dall’intenzione dell’autore) di una misura nazionale, ma dal suo eventuale effetto pregiudizievole. In termini generali, si tratta, quindi, di stabilire se una determinata misura o prassi, solo apparentemente neutra, possa avere un «effetto pregiudizievole o indesiderabile» su persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (15). In altri termini, una tale misura o prassi non si basa direttamente su un motivo di discriminazione vietato, poiché l’elemento determinante ai fini dell’analisi di una discriminazione indiretta è la disparità tra i due gruppi (16).

41.      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta chiaramente che il versamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale non costituisce una discriminazione direttamente fondata sul sesso, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/54, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi che prevedono tali indennità (o l’importo delle indennità che danno luogo a una disparità di trattamento) sono formalmente neutre. Infatti, dette indennità sono versate dalla compagnia aerea indistintamente ai lavoratori e alle lavoratrici interessati (17).

42.      Pertanto, il giudice del rinvio è incline a ritenere che il versamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale comporti una discriminazione indiretta, vietata dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54. A tal proposito, tale giudice rileva che una tale prassi apparentemente neutra crea una disparità di trattamento tra il PNC e il PNT e, di conseguenza, tra le donne e gli uomini.

2.      La prassi di cui trattasi nel procedimento principale comporta un particolare svantaggio per le persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro sesso?

43.      La specificità della presente causa risiede nel fatto che la differenza di trattamento derivante dal pagamento di indennità giornaliere da parte del datore di lavoro discende dall’applicazione delle rispettive disposizioni dei contratti PNC e PNT. Secondo il giudice del rinvio, l’importo delle spese per i pasti in caso di trasferte di lavoro corrisposto al PNC, prevalentemente femminile, è inferiore a quello corrisposto, allo stesso titolo, al PNT, prevalentemente maschile. Secondo tale giudice, una tale prassi apparentemente neutra che dà luogo a una disparità di trattamento a seguito dell’applicazione di tali contratti è idonea a determinare uno svantaggio a danno del PNC.

44.      Prima di analizzare se la prassi di cui trattasi nel procedimento principale possa comportare un tale svantaggio relativo, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, ritengo utile formulare le seguenti considerazioni.

a)      Considerazioni generali sull’esame comparativo

45.      Per quanto riguarda il principio della parità di trattamento, la Corte ha dichiarato che una discriminazione «consiste nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse» (18). Come sottolineano gli autori della dottrina, le definizioni basate sulla giurisprudenza della Corte riguardanti, in particolare, le discriminazioni dirette e indirette restano tuttora essenziali nei settori in cui il legislatore dell’Unione non ha definito tal nozioni. In tale contesto, ai fini degli obiettivi del diritto sociale dell’Unione, la nozione di «discriminazione indiretta» è legata innanzitutto al diverso trattamento di situazioni analoghe (19).

46.      Per quanto riguarda i settori in cui il legislatore dell’Unione ha proceduto ad una codificazione delle nozioni delle varie forme di discriminazione sviluppate dalla Corte nella sua giurisprudenza (20), spetta al giudice nazionale, che è l’unico competente ad accertare i fatti della controversia di cui è investito e a interpretare la legislazione nazionale applicabile, determinare in concreto, nel contesto di tali nozioni e di tale giurisprudenza, se sussista l’asserita discriminazione o, eventualmente, un’altra forma di discriminazione (21).

47.      Come ho già esposto, una discriminazione diretta o indiretta ai sensi della direttiva 2006/54 è dimostrata solo se sono soddisfatti i requisiti previsti dalle rispettive disposizioni. In particolare, per quanto riguarda la valutazione, nell’ambito della nozione di «discriminazione diretta» [articolo 2, paragrafo 1, lettera a)], del requisito relativo alla «analogia di situazioni» e, nell’ambito della discriminazione indiretta [articolo 2, paragrafo 1, lettera b)], di quello relativo al «mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso», mi sembra importante ricordare che l’esame comparativo differisce a seconda del tipo di discriminazione in questione e, di conseguenza, della struttura normativa della disposizione in cui tale requisito s’inserisce (22).

48.      A tal proposito, la definizione di «discriminazione diretta», di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/54, menziona espressamente il requisito dell’analogia delle situazioni («in una situazione analoga») (23). Di conseguenza, dalla giurisprudenza costante della Corte emerge che l’esistenza di tale discriminazione presuppone che le situazioni messe a confronto siano analoghe (24).

49.      Per contro, la definizione di «discriminazione indiretta», di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, non menziona il requisito della analogia di situazioni. Infatti, i termini «le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso», figuranti in tale seconda disposizione, si riferiscono meramente allo svantaggio particolare derivante dalla disposizione, dal criterio o dalla prassi apparentemente neutri nei confronti di un gruppo di persone rispetto a un altro gruppo di persone, piuttosto che a una qualsiasi analogia delle situazioni (25). L’esame comparativo, sebbene essenziale in entrambi i casi, non è quindi esattamente lo stesso nel caso di una discriminazione diretta e in quello di una discriminazione indiretta, come definite all’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), di tale direttiva (26).

50.      Per quanto riguarda l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, gli autori della dottrina rilevano che «la constatazione dell’esistenza di una discriminazione indiretta non richiede l’analogia delle rispettive situazioni di coloro che beneficiano di un trattamento vantaggioso e di coloro che subiscono un trattamento svantaggioso» (27). In altri termini, dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva non si evince che il confronto debba essere effettuato solo in riferimento a lavoratori che si trovano in una situazione identica o simile (ad esempio, solo i lavoratori a tempo parziale) (28). I gruppi confrontati devono, piuttosto, comprendere l’insieme dei lavoratori interessati dalla misura, ossia dalla disposizione, dal criterio o dalla prassi contestati (ad esempio, i lavoratori a tempo parziale con i lavoratori a tempo pieno) (29). Infatti, nella misura in cui le differenze relative alla situazione del gruppo particolarmente svantaggiato sono considerate come non significative alla luce del criterio comparativo applicato (il quale consente di dimostrare l’esistenza della disparità contestata), si pone unicamente la questione se, pur esistendo uno svantaggio relativo a danno di uno dei due gruppi, la distinzione tra tali gruppi sia appropriata e necessaria per conseguire una finalità legittima.

51.      Pertanto, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54, per dimostrare l’esistenza di una discriminazione indiretta è necessario individuare un particolare svantaggio, il criterio comparativo, in particolare un certo numero di gruppi confrontati, ossia gruppi di lavoratori interessati dalla misura, e un’assenza di giustificazione oggettiva. Gli autori della dottrina sottolineano in particolare che, nell’interpretare le direttive sulla parità di trattamento, la Corte, nella sua giurisprudenza in materia di discriminazione indiretta, ha spesso esaminato la questione del confronto nel contesto dell’esame della giustificazione oggettiva (30).

52.      Ciò premesso, e tenendo conto degli elementi che ho appena sviluppato, esaminerò ora l’argomento di Air Nostrum e del SEPLA relativo all’asserita assenza di pertinenza dell’individuazione del PNT come gruppo di riferimento ai fini del confronto per stabilire se il gruppo svantaggiato, ossia il PNC, sia oggetto di una discriminazione indiretta. Infatti, poiché, da un punto di vista concettuale, l’individuazione del gruppo di riferimento per il confronto precede l’analisi della giustificazione oggettiva, per chiarezza affronterò tale aspetto prima di concentrarmi sull’esame concreto del particolare svantaggio che la prassi in questione comporta per il PNC rispetto al PNT (31).

b)      Sull’asserita assenza di pertinenza dell’individuazione del PNT come gruppo di riferimento ai fini del confronto nel contesto della discriminazione indiretta lamentata

53.      Dalla decisione di rinvio risulta che, nel procedimento principale, Air Nostrum e il SEPLA hanno sostenuto, nelle loro osservazioni scritte e orali, che la situazione del PNC «non è paragonabile» a quella del PNT, in quanto le indennità giornaliere in questione dovrebbero essere considerate come una «retribuzione», e il principio della parità di retribuzione si applica unicamente quando tali due gruppi di lavoratori svolgono un lavoro identico o di pari valore, il che non avverrebbe nel caso del PNC e del PNT.

54.      Non condivido tale argomento. Esso tende a confondere, da un lato, la «analogia delle situazioni» propria dell’esame della discriminazione diretta con l’individuazione del gruppo di riferimento che si applica ai fini del confronto per determinare il particolare svantaggio nel contesto della discriminazione indiretta, ai sensi della direttiva 2006/54 (32), e, dall’altro, la questione della disparità di trattamento in materia di retribuzione con quella della disparità di trattamento in materia di condizioni di lavoro, ai sensi di tale direttiva. In altri termini, tali parti cercano nei fatti di ridefinire la finalità perseguita dal confronto, che riguarda le indennità giornaliere rientranti nelle condizioni di lavoro, per farne una questione di parità di retribuzione (33).

55.      Per quanto riguarda, in primo luogo, la disparità di trattamento in materia di «condizioni di lavoro», il giudice del rinvio spiega che le somme versate a titolo di indennità giornaliere non possono essere considerate come «retribuzioni», in quanto sono espressamente escluse dalla nozione di «retribuzione» all’articolo 26, paragrafo 2, della legge sullo statuto dei lavoratori. Infatti, secondo tale giudice, tali indennità non variano in funzione del valore del lavoro dei lavoratori interessati ma, come ho già esposto (34), rientrano nelle «condizioni di lavoro», ai sensi della direttiva 2006/54, nella misura in cui sono versate esclusivamente per coprire le spese sostenute durante le trasferte di lavoro, quali, essenzialmente, i pasti giornalieri fuori dal luogo di residenza abituale.

56.      Il governo spagnolo, il pubblico ministero e la Commissione condividono tale punto di vista nelle loro osservazioni scritte e orali, sostenendo che le indennità giornaliere in questione non hanno natura retributiva. Infatti, a loro avviso, tali indennità non remunerano un lavoro specifico calcolato in unità di tempo o di lavoro, ma rientrano nella nozione di «extra-salariale» e, quindi, nelle condizioni di lavoro del PNC e del PNT durante le loro trasferte professionali. All’udienza, l’UGT ha difeso lo stesso punto di vista. Come sottolinea la Commissione, dette indennità non dipendono dall’esperienza di un pilota o di un membro del PNC (35). Sembra quindi che, su un volo operato dalla compagnia aerea interessata, da un lato, un comandante riceva la stessa indennità giornaliera di un copilota e, dall’altro, che un responsabile di cabina riceva la stessa indennità giornaliera di un membro del PNC, anche se molto probabilmente essi non percepiscono la stessa retribuzione.

57.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’individuazione del criterio comparativo, ossia il gruppo di riferimento ai fini del confronto, ai sensi della direttiva 2006/54, ho già esposto che, nell’ambito della discriminazione diretta, occorre comparare situazioni analoghe, mentre, nell’ambito della discriminazione indiretta, occorre individuare lo svantaggio relativo di uno dei due gruppi di persone interessate dalla misura (36). Infatti, la discriminazione indiretta basata sul sesso riguarda essenzialmente l’impatto di una misura su diversi gruppi di persone. Si tratta quindi di stabilire se tale misura possa svantaggiare o favorire il gruppo appartenente a un sesso rispetto all’altro e di dimostrare in tal modo uno svantaggio relativo per uno di essi (37).

58.      Nel caso di specie, al fine di accertare l’esistenza di un trattamento diverso nella causa di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio fa riferimento al versamento di indennità giornaliere da parte del datore di lavoro, designando così come criterio comparativo pertinente (il tertium comparationis) i gruppi di persone che beneficiano del pagamento di indennità che danno origine alla differenza da giustificare. Tale giudice pone quindi in evidenza il gruppo di lavoratori svantaggiati (il PNC) che, in una situazione di trasferta di lavoro, è soggetto a un trattamento diverso rispetto a un altro gruppo (il PNT) in materia di condizioni di lavoro, ai sensi della direttiva 2006/54 (38).

59.      Ne consegue, a mio avviso, che l’importo delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale, considerato dal giudice del rinvio, è il valido elemento di comparazione che evidenzia il particolare svantaggio del PNC rispetto al PNT in una situazione di trasferta di lavoro. Inoltre, rilevo che lo svantaggio relativo deve essere identificato non in astratto, ma unicamente in relazione alla disposizione, al criterio o alla prassi in questione da cui deriva un tale svantaggio particolare (39). In altri termini, occorre tenere conto dell’obiettivo generale della misura in questione.

60.      Nel caso di specie, al fine di determinare lo svantaggio relativo del PNC rispetto al PNT, è necessario esaminare quale sia l’obiettivo del pagamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale. A tal proposito, dalla decisione di rinvio risulta che tale obiettivo è il medesimo per i due gruppi di lavoratori interessati, vale a dire la copertura da parte del datore di lavoro delle spese per i pasti che tali lavoratori devono sostenere nell’ambito delle loro trasferte di lavoro, diverse da quelle relative al trasporto e all’alloggio. Ciò è stato confermato in udienza dal pubblico ministero e dalla Commissione.

61.      Pertanto, dal punto di vista del suo obiettivo, il versamento delle indennità giornaliere consente di individuare l’esistenza di un particolare svantaggio di un gruppo di persone prevalentemente femminile (il PNC) rispetto a un altro gruppo di persone prevalentemente maschile (il PNT), in quanto valido criterio comparativo.

c)      Sull’esistenza di un particolare svantaggio per le persone di un sesso rispetto a quelle dell’altro sesso

62.      Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’esistenza di un particolare svantaggio potrebbe essere dimostrata, segnatamente, se fosse provato che una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri colpiscono negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso. Spetta al giudice nazionale verificare se ciò avvenga nel procedimento principale (40).

63.      A tale proposito, la Corte ha da tempo riconosciuto l’utilità delle statistiche nell’ambito dell’analisi dell’esistenza o meno di una discriminazione indiretta (41). In tale contesto, i dati statistici svolgono un ruolo fondamentale nella constatazione dell’esistenza di uno svantaggio di fatto per le persone di un sesso rispetto alle persone dell’altro sesso. Tuttavia, spetta al giudice nazionale valutare l’affidabilità di tali dati e se essi possano essere presi in considerazione (42). Se quest’ultimo ritenesse che il versamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale riguardi una percentuale più elevata di donne che di uomini, tale versamento costituirebbe una disparità di trattamento vietata dall’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54.

64.      Per valutare tali dati, ricordo che la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale, da un lato, prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla normativa nazionale da cui ha origine la disparità di trattamento (43) e, dall’altro, comparare le proporzioni rispettive dei lavoratori che sono e che non sono colpiti dall’asserita disparità di trattamento nell’ambito della mano d’opera maschile rientrante nel campo di applicazione di tale normativa e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile ivi rientrante(44).

65.      Nel caso di specie, come ho indicato, secondo i dati statistici a disposizione del giudice del rinvio, le donne rappresentano il 94% del PNC (il 6% essendo uomini) e gli uomini il 93,71% del PNT (il 6,29% essendo donne). Orbene, l’importo delle indennità giornaliere previsto dal contratto PNC è significativamente inferiore a quello previsto dal contratto PNT nella stessa situazione di trasferta professionale (45). Da tali dati risulterebbe pertanto che la proporzione di lavoratori subordinati di sesso femminile colpiti dalla disparità di trattamento derivante dal pagamento delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale è significativamente superiore a quella dei lavoratori di sesso maschile.

66.      Di conseguenza, ritengo che qualora, sulla base dei dati statistici che ho appena esaminato e, se del caso, di altri elementi pertinenti, il giudice del rinvio giungesse alla conclusione che la prassi di cui trattasi nel procedimento principale metta in una situazione di particolare svantaggio il PNC, composto in maggioranza da persone di sesso femminile, tale prassi andrebbe considerata contraria all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54, a meno che non sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (46).

3.      In che misura la prassi asseritamente discriminatoria è oggettivamente giustificata?

67.      Ricordo innanzitutto che la direttiva 2006/54 opera una distinzione tra le discriminazioni direttamente e indirettamente fondate sul sesso nel senso che le prime non possono essere giustificate da una finalità legittima (47). Per contro, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, le disposizioni, i criteri o le prassi atte a costituire discriminazioni indirette possono sfuggire alla qualificazione di «discriminazione» a condizione che siano «oggettivamente giustificat[e] da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari».

a)      Sulla legittimità dell’obiettivo invocato per giustificare la prassi di cui trattasi nel procedimento principale

68.      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che, sebbene spetti in ultima analisi al giudice nazionale, che è il solo competente a valutare i fatti e ad interpretare il diritto nazionale, stabilire se ed entro quali limiti la prassi in questione sia giustificata da fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, la Corte, chiamata a fornire ad esso risposte utili nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, è competente per dare indicazioni tratte dagli atti del procedimento principale nonché dalle osservazioni scritte e orali sottopostele, idonee a consentire al giudice nazionale di pronunciarsi (48).

69.      Dalla giurisprudenza emerge inoltre che, nell’ambito di una discriminazione indiretta basata sul sesso in materia di condizioni di lavoro, il datore di lavoro deve dimostrare che non vi è stata violazione del principio di non discriminazione, fornendo una giustificazione oggettiva relativamente alla differenza di trattamento a sfavore del gruppo di lavoratori svantaggiati (49).

70.      Nelle loro osservazioni scritte e orali, Air Nostrum, il SEPLA nonché i governi danese e svedese hanno sostenuto che la disparità di trattamento nei confronti del PNC è oggettivamente giustificata dall’autonomia delle parti sociali per quanto riguarda la negoziazione e la conclusione dei contratti collettivi che si applicano ai lavoratori da esse rappresentati. L’UGT, il pubblico ministero, il governo spagnolo e la Commissione non condividono tale approccio (50).

71.      In tale contesto, si pone la questione se l’autonomia delle parti sociali possa, di per sé, costituire un motivo sufficiente per giustificare oggettivamente una differenza di trattamento, quale quella esaminata nella causa di cui al procedimento principale (titolo 1) o se, al contrario, le differenze nell’importo delle indennità giornaliere dei due gruppi di lavoratori debbano essere giustificate da altri fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (titolo 2).

1)      Sull’autonomia delle parti sociali quale motivo sufficiente ai fini di una giustificazione oggettiva

72.      Esaminerò la giustificazione oggettiva relativa all’autonomia delle parti sociali nel contesto di un’unica contrattazione collettiva, prima di esaminare la giustificazione relativa a contrattazioni collettive distinte.

i)      Sulla giustificazione oggettiva relativa all’autonomia delle parti sociali nel contesto di un’unica contrattazione collettiva

73.      Rilevo innanzitutto che l’autonomia della contrattazione collettiva gode di un particolare riconoscimento nelle tradizioni giuridiche e nelle prassi nazionali degli Stati membri, costituendo infatti la nozione chiave per comprendere l’evoluzione del diritto europeo del lavoro, attorno al quale si costruiscono le regole dei sistemi democratici di rappresentanza e si fissano i limiti della legge a fronte della libertà sindacale (51).

74.      Nel contesto del diritto dell’Unione, la tutela dell’autonomia della contrattazione collettiva è prevista dall’articolo 28 della Carta, che sancisce il diritto fondamentale alla contrattazione collettiva, cui fa riferimento l’articolo 6 TUE attraverso il riconoscimento generale dei diritti, delle libertà e dei principi sanciti dalla Carta (52). Dalla giurisprudenza della Corte si evince che le misure adottate attraverso la contrattazione collettiva hanno natura diversa da quelle adottate unilateralmente per via legislativa o regolamentare dagli Stati membri, in quanto le parti sociali, esercitando il loro diritto fondamentale, hanno avuto cura di definire un equilibrio tra i loro rispettivi interessi (53). L’importanza della funzione della contrattazione collettiva, ora garantita dalla Carta, è quindi innegabile (54).

75.      Da questa stessa giurisprudenza risulta che, siccome il diritto alla negoziazione collettiva sancito all’articolo 28 della Carta rientra nelle disposizioni del diritto dell’Unione, lo si deve esercitare, nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, conformemente a quest’ultimo (55). Pertanto, quando adottano misure soggette all’applicazione della direttiva 2006/54 (la quale, come ho già indicato nelle mie osservazioni preliminari, dà attuazione, in materia di occupazione e di impiego, al principio di non discriminazione in base al sesso), le parti sociali devono agire nel rispetto di tale direttiva (56). Infatti, a partire dalla sentenza Defrenne (57), risulta da un’ampia giurisprudenza che il divieto di discriminazione tra lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile vale per tutti i contratti, che disciplinano in modo collettivo il lavoro subordinato (58).

76.      Più precisamente, dall’articolo 21, paragrafo 2, della direttiva 2006/54 risulta chiaramente che i contratti conclusi dalle parti sociali devono rispettare «le disposizioni [di tale] direttiva e le relative misure nazionali di attuazione». Parimenti, ai sensi dell’articolo 23, primo comma, lettera b), di detta direttiva, gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per assicurare che «le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti (…) collettivi (…) siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate». A tal proposito, la Corte ha dichiarato a più riprese che, non diversamente dalle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative, anche i contratti collettivi devono rispettare il principio della parità di trattamento (59).

77.      Ne consegue, a mio avviso, che, nel contesto della direttiva 2006/54, l’autonomia delle parti sociali non è, di per sé sola, sufficiente a giustificare oggettivamente una disparità di trattamento quale quella di cui trattasi nel caso di specie.

78.      Inoltre, la Corte ha già dichiarato che il fatto che il diritto dell’Unione osti a una misura compresa in un contratto collettivo non pregiudica il diritto di negoziare e di concludere contratti collettivi riconosciuto dall’articolo 28 della Carta (60), poiché le parti interessate sono libere di procedere alla revisione delle disposizioni pertinenti di tali contratti. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Air Nostrum e dal SEPLA, una tale revisione implicherebbe la rinegoziazione non dell’intero contratto collettivo in questione, ma solo delle disposizioni pertinenti relative alle indennità giornaliere, consentendo di mantenere l’equilibrio negoziato tra le parti.

79.      Ciò detto, e nella misura in cui la giurisprudenza che ho appena esaminato riguarda discriminazioni che hanno origine, direttamente o indirettamente, in un unico contratto collettivo, esaminerò ora la particolarità della presente causa, ossia la giustificazione oggettiva relativa all’autonomia delle parti sociali nel contesto delle contrattazioni collettive separate e distinte.

ii)    Sulla giustificazione oggettiva relativa all’autonomia delle parti sociali nel contesto di contrattazioni collettive distinte

80.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la circostanza che, nella controversia di cui al procedimento principale, la disparità di trattamento riscontrata derivi dall’applicazione di due distinti contratti collettivi negoziati da sindacati diversi sia sufficiente, di per sé, a giustificare in maniera oggettiva l’asserita discriminazione indiretta alla luce della direttiva 2006/54.

81.      In primo luogo, nel contesto della parità di retribuzione, occorre fare riferimento alla causa che ha dato origine alla sentenza Enderby, che riguardava una discriminazione indiretta fondata sul sesso alla luce dell’articolo 157 TFUE (ex articolo 119 CEE e articolo 141 CE). In tale causa, i gruppi interessati esercitavano le funzioni di logopedisti e di farmacisti, il primo composto quasi esclusivamente da donne e il secondo principalmente da uomini, e vi era una differenza di retribuzione a svantaggio dei logopedisti. La Corte ha innanzitutto dichiarato che la «circostanza che i livelli retributivi di cui trattasi siano stati determinati tramite contrattazioni collettive che sono state condotte separatamente per ciascuno dei due gruppi professionali interessati e che non hanno avuto effetti discriminatori nell’ambito di ciascuno di questi due gruppi non osta alla constatazione del fatto che, a prima vista, ci si trova di fronte a una discriminazione, qualora tali contrattazioni abbiano portato a risultati implicanti una disparità di trattamento fra due gruppi che dipendono dallo stesso datore di lavoro e che sono rappresentati dallo stesso sindacato» (61). La Corte ha poi stabilito che «il datore di lavoro potrebbe facilmente eludere attraverso separate contrattazioni il principio della parità delle retribuzioni, se, per giustificare la disparità salariale, potesse limitarsi a far valere l’assenza di discriminazioni nell’ambito di ciascuna contrattazione considerata separatamente» (62). Infine, essa ha dichiarato che non è sufficiente, per giustificare obiettivamente una tale differenza di retribuzione far valere che i rispettivi livelli retributivi di tali due funzioni sono stati determinati «tramite processi di contrattazione collettiva che, benché condotti dalle stesse parti, sono distinti e, considerati separatamente, non implicano alcun effetto discriminatorio» (63).

82.      È senz’altro vero che, nella causa che ha dato origine alla sentenza Enderby, la disparità di trattamento derivava da processi di contrattazioni collettive distinti che erano stati condotti tra le medesime parti, ossia il datore di lavoro e il sindacato che rappresentava le due professioni interessate. Tuttavia, da tale sentenza emerge chiaramente che l’elemento centrale nell’esame della giustificazione effettuato dalla Corte fosse la circostanza che la contrattazione collettiva relativa ai logopedisti era stata condotta «separatamente e indipendentemente» dalla contrattazione collettiva relativa ai farmacisti.

83.      Analogamente, poiché nel caso di specie la disparità di trattamento rilevata deriva dal fatto che i due contratti collettivi sono stati negoziati con sindacati diversi, è decisiva la circostanza, come nella causa che ha dato origine alla sentenza Enderby, che contratti collettivi distinti siano stati negoziati separatamente e autonomamente. Ne consegue che, nella misura in cui, nelle due cause, i contratti collettivi sono stati negoziati separatamente e autonomamente e riguardano quindi contrattazioni collettive diverse, il fatto che, nella presente causa, i contratti collettivi siano stati negoziati con sindacati diversi non è sufficiente, a mio avviso, ad escludere la trasposizione al caso di specie degli insegnamenti tratti dalla sentenza Enderby (64).

84.      In secondo luogo, come indicato dal governo spagnolo in risposta a un quesito posto dalla Corte, ai sensi dell’articolo 89 della legge sullo statuto dei lavoratori, la facoltà di richiedere trattative e la scelta degli interlocutori per condurre tali trattative spettano tanto al datore di lavoro quanto ai rappresentanti dei lavoratori (65). Secondo tale governo, entrambe le parti possono rifiutarsi, alle condizioni stabilite dalla legislazione nazionale, di entrare in trattative richieste dall’altra parte. In tale contesto, il margine di manovra del datore di lavoro riguarderebbe la possibilità di selezionare gli interlocutori legittimi nel rispetto di determinate regole (66).

85.      Quando le trattative sono state richieste dai dipendenti e questi sono legittimati a tale fine, il datore di lavoro ha l’obbligo di negoziare. All’udienza il pubblico ministero ha precisato che il datore di lavoro può avviare trattative con rappresentanti dei lavoratori «decidendo liberamente se accettare o meno di raggiungere un accordo su questioni concrete».

86.      Invero, se, come supposto dal giudice del rinvio, nell’ambito di ciascun processo di contrattazione, ciascuna rappresentanza sindacale aveva privilegiato talune rivendicazioni rispetto ad altre nei confronti di Air Nostrum, detto giudice rileva, cionondimeno, che, quando tale impresa ha negoziato il contratto PNT, il contratto PNC era già stato sottoscritto e Air Nostrum era quindi a conoscenza degli importi fissati per le indennità giornaliere del PNC. Di conseguenza, si può facilmente ritenere che tale impresa fosse a conoscenza del fatto che la disparità di trattamento nelle condizioni di lavoro, derivante dal pagamento delle indennità giornaliere in questione, creava uno svantaggio relativo a danno del PNC, in contrasto con la legislazione nazionale di recepimento della direttiva 2006/54 e, quindi, con tale direttiva stessa.

87.      In terzo luogo, è senz’altro vero che, a prima vista, si potrebbe ritenere che il fatto di non accogliere la giustificazione addotta da Air Nostrum possa avere come conseguenza l’applicazione, seppur indiretta, di un contratto collettivo a lavoratori i cui rappresentanti sindacali non hanno né negoziato né, a fortiori, concluso tale contratto.

88.      Tuttavia, se si accettasse l’autonomia delle parti sociali come unico motivo oggettivo di giustificazione di una discriminazione quale quella del caso di specie, ciò equivarrebbe, a mio avviso, ad accettare l’assenza di qualsiasi discriminazione indiretta in tutti i casi in cui si sia in presenza di contratti collettivi distinti riguardanti, in particolare, le condizioni di lavoro. Infatti, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il datore di lavoro potrebbe facilmente eludere attraverso separate contrattazioni il principio fondamentale della parità di trattamento, se, per giustificare la disparità di condizioni di lavoro, potesse limitarsi a far valere l’assenza di qualsiasi forma di discriminazione nell’ambito di ciascuna contrattazione considerata separatamente (67).

89.      In quarto luogo, come ha sottolineato la Commissione nelle sue osservazioni scritte, in assenza di precisazioni concrete sull’andamento delle trattative, ammettere il ricorso, in linea generale, all’autonomia delle parti sociali e alla possibilità per le parti di adottare strategie negoziali distinte potrebbe, quanto meno, oscurare il fatto che, sebbene i sindacati si sforzino di migliorare le condizioni di lavoro di tutti i lavoratori, tanto i datori di lavoro quanto i sindacati possono avere pregiudizi inconsci che li portano a sottovalutare i bisogni delle lavoratrici rispetto a quelli dei lavoratori, e quindi ad accettare condizioni diverse per gruppi composti prevalentemente da donne (68).

90.      In ogni caso, anche se si considerasse, prima facie, la possibilità di ammettere l’esistenza di due contratti collettivi distinti come giustificazione oggettiva della disparità di trattamento in questione, occorre ricordare che, nella misura in cui il contratto PNC riguarda prevalentemente donne e il contratto PNT riguarda prevalentemente uomini, non è possibile individuare, nell’ambito di una discriminazione indiretta, il fatto specifico che causa lo svantaggio relativo, in quanto la giustificazione deve essere collegata a un obiettivo diverso ed estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (69).

91.      Da tutto quanto precede risulta che, a pena di svuotare del suo effetto utile l’articolo 23, primo comma, lettera b), della direttiva 2006/54, l’autonomia delle parti sociali nell’ambito di contrattazioni collettive separate e distinte non costituisce, di per sé sola, un motivo oggettivo ed estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso e, di conseguenza, non è, di per sé, un motivo sufficiente di giustificazione oggettiva di una disparità di trattamento, quale quella del caso di specie.

2)      Sull’esistenza di altri fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso che giustifichino la disparità di trattamento di cui trattasi

92.      Mi pare importante distinguere, da un lato, il fatto di ritenere che la circostanza della disparità di trattamento derivi dall’applicazione di due contratti collettivi distinti possa costituire di per sé un fondamento sufficiente per giustificare una disparità di trattamento fondata sul sesso e, dall’altro, il fatto di ritenere che tale giustificazione possa, congiuntamente ad altri criteri, concorrere alla formazione di un motivo di giustificazione oggettivo ed estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, alla luce della direttiva 2004/54.

93.      Per quanto riguarda quest’ultima circostanza, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il giudice del rinvio può prendere in considerazione l’esistenza dei due contratti collettivi al fine di accertare se esistano disparità tra le indennità giornaliere dei due gruppi interessati e se tali disparità siano dovute ad altri fattori oggettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (70).

94.      Tuttavia, occorre rilevare che fattori del genere non emergono né dalla decisione di rinvio né dalle osservazioni di Air Nostrum. Al riguardo rilevo che, anche supponendo che l’asserita giustificazione miri a far valere una finalità legittima, dalla giurisprudenza della Corte emerge che una mera affermazione generica si rivela insufficiente a far risultare che l’obiettivo perseguito dalla misura di cui trattasi è estraneo a qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (71).

95.      Per contro, se il datore di lavoro fornisse prove precise e convincenti del fatto che la disparità di trattamento si basa effettivamente su una finalità legittima e non sulla differenza di sesso, spetterà al giudice del rinvio verificare se ciò sia effettivamente vero. Come ha giustamente sottolineato la Commissione, tali prove possono riguardare in particolare l’esistenza delle rispettive priorità dei sindacati che rappresentano i lavoratori.

96.      In tale contesto, e come emerge dai paragrafi precedenti, non è sufficiente che il datore di lavoro faccia riferimento al fatto che vi siano state due contrattazioni collettive distinte; ad esso spetta dimostrare in concreto che le priorità di ciascun gruppo erano diverse, che esse sono state realmente e autonomamente negoziate e che le parti hanno effettivamente negoziato in funzione delle loro rispettive priorità, insistendo su taluni aspetti e mostrandosi flessibili su altri, al fine di raggiungere un accordo che tenga conto degli interessi di entrambe le parti. Al riguardo, mi sembra importante che il giudice del rinvio verifichi che il gruppo a priori svantaggiato abbia, in piena conoscenza delle differenze negli importi delle indennità giornaliere in questione, accettato tali differenze privilegiando, in contropartita, altri elementi relativi, in particolare, alle condizioni di lavoro, come la qualità degli alberghi o il numero di giorni di ferie annuali.

b)      Sull’idoneità e sulla necessità della prassi in questione a conseguire l’obiettivo invocato

97.      Alla luce della mia analisi, non occorre esaminare la questione dell’idoneità della prassi in esame a raggiungere l’obiettivo perseguito. Desidero tuttavia sottolineare che, qualora venissero fornite le prove dell’esistenza di una finalità legittima, il giudice del rinvio dovrà verificare se i mezzi impiegati per il perseguimento di tale finalità legittima siano appropriati e necessari, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2006/54.

98.      Nell’ambito di tale esame, mi sembra rilevante che il giudice del rinvio prenda in considerazione elementi quali la plausibilità delle indicazioni relative alle indennità giornaliere di cui trattasi fornite dal datore di lavoro, in particolare se tali indennità soddisfino o meno il loro scopo di coprire le spese per i pasti sostenute durante le trasferte di lavoro.

V.      Conclusione

99.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione sollevata dall’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna):

L’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego

deve essere interpretato nel senso che:

esso osta a una prassi in base alla quale una compagnia aerea versa al personale navigante cabina, prevalentemente composto da donne, un’indennità giornaliera, a copertura delle spese per i pasti sostenute durante le loro trasferte di lavoro, di un importo inferiore a quello dell’indennità versata, allo stesso titolo, al personale navigante tecnico, prevalentemente composto da uomini, qualora tale disparità di trattamento derivi dall’applicazione di due contratti collettivi distinti negoziati tra il datore di lavoro e sindacati diversi.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23).


3      BOE n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100224.


4      «Tripulantes di cabina de pasajeros».


5      BOE n. 12, del 14 gennaio 2019, pag. 2519, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.boe.es/eli/es/res/2018/12/18/(14).


6      BOE n. 134, del 13 maggio 2020, pag. 32752, disponibile al seguente indirizzo Internet: https://www.boe.es/eli/es/res/2020/03/10/(12).


7      Come risulterebbe anche dalla sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai, C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560.


8      Per quanto riguarda la posizione del pubblico ministero, v. paragrafo 29 delle presenti conclusioni. Il pubblico ministero e il governo spagnolo hanno spiegato in udienza i motivi del mantenimento del procedimento dinanzi al giudice del rinvio.


9      V. Lenaerts, K. e Gutièrrez-Fons, J.A., «Epilogue. High Hopes: Autonomy and the Identity of the EU», European Papers, 2023, vol. 8, n. 3, pagg. da 1495 a 1511.


10      V., in particolare, sentenza del 5 luglio 2017, Fries (C‑190/16, EU:C:2017:513, punto 29).


11      Ricordo che la direttiva 2006/54 integra alcuni elementi della giurisprudenza della Corte e riunisce le disposizioni esistenti di varie direttive relative alla parità tra donne e uomini, ossia la direttiva 75/117/CEE del Consiglio, del 10 febbraio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative all’applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (GU 1975, L 45, pag. 19), la direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU 1976, L 39, pag. 19), la direttiva 76/207/CEE del Consiglio, del 9 febbraio 1976, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU 1976, L 39, pag. 40), la direttiva 86/378/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne nel settore dei regimi professionali di sicurezza sociale (GU 1986, L 225, pag. 40), e la direttiva 97/80/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, riguardante l’onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso (GU 1997, L 14, pag. 6).


12      V. paragrafo 18 delle presenti conclusioni.


13      V. sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 37 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 24). Tali sentenze segnano un’evoluzione della definizione della nozione di «discriminazione indiretta» rispetto alla giurisprudenza precedente, secondo la quale «vi è discriminazione indiretta quando l’applicazione di un provvedimento nazionale, pur formulato in termini neutri, sfavorisca di fatto un numero molto più alto di donne che di uomini ». Corsivo mio. V., in particolare, sentenze del 14 aprile 2015, Cachaldora Fernández (C‑527/13, EU:C:2015:215, punto 28), e del 9 novembre 2017, Espadas Recio (C‑98/15, EU:C:2017:833, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


14      La misura in questione riguarda la prassi del datore di lavoro consistente nel versare al PNC e al PNT indennità giornaliere di importo diverso, previste da due contratti collettivi distinti.


15      Sull’influenza della dottrina americana sull’«impatto disparato» nel contesto delle discriminazioni indirette nel diritto sociale dell’Unione, v., in particolare, Tobler, C., Indirect Discrimination. A Case Study into the Development of the Legal Concept of Indirect Discrimination under EC Law, Intersentia, Anversa-Oxford, 2005, pagg. da 91 a 96 e 235, nonché Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment. Theoretical analysis and reflections on the CJEU case law and national application of the concept of indirect sex discrimination, Direzione generale della Giustizia e dei consumatori (CE), 2021, pag. 44. V., al riguardo, sentenza del 31 marzo 1981, Jenkins (96/80, EU:C:1981:80, pag. 925, punto 13). V., inoltre, conclusioni dell’avvocato generale Warner nella causa Jenkins (96/80, EU:C:1981:21, pagg. 936 e 937), e conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Coleman (C‑303/06, EU:C:2008:61, paragrafo 19).


16      Come sottolineato dagli autori della dottrina, si tratta di esaminare da un punto di vista più qualitativo quali siano i possibili effetti sfavorevoli di una misura su persone che rispondono a un determinato criterio rispetto ad altre persone. La definizione di «discriminazione indiretta» consente di esaminare le differenze di trattamento legate a criteri per i quali mancherebbero dati quantitativi. V. Miné, M., «Les concepts de discrimination directe et indirecte», ERA Forum, vol. 4, 2003, pagg. da 30 a 44, in particolare pagg. 38 e 39, e Tridimas, T., The General Principles of EU Law, Oxford University Press, Oxford, 2005, 2ª ed., pagg. da 67 a 72. V. anche nota 42 delle presenti conclusioni.


17      Dalla decisione di rinvio emerge che l’articolo 93 e l’allegato I del contratto PNC e l’articolo 16.19 del contratto PNT sono apparentemente neutri, poiché tali disposizioni si applicano, rispettivamente, tanto al PNC e al PNT maschile quanto al PNC e al PNT femminile.


18      V., in particolare, sentenze del 27 ottobre 1998, Boyle e a. (C‑411/96, EU:C:1998:506, punto 39); del 21 ottobre 1999, Lewen (C‑333/97, EU:C:1999:512, punto 36); del 30 marzo 2004, Alabaster (C‑147/02, EU:C:2004:192, punto 45), e del 16 luglio 2009, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (C‑537/07, EU:C:2009:462, punto 56).


19      V., in particolare, Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, op. cit., pagg. 24 e 26. Per quanto riguarda il principio generale della parità di trattamento, v., in particolare, sentenza del 4 maggio 2023, Glavna direktsia «Pozharna bezopasnost i zashtita na naselenieto» (Lavoro notturno) (da C‑529/21 a C‑536/21 e da C‑732/21 a C‑738/21, EU:C:2023:374, punto 52).


20      La nozione di «discriminazione indiretta» è stata sancita per la prima volta nella sentenza del 13 maggio 1986, Bilka-Kaufhaus (170/84, EU:C:1986:204), relativamente all’accesso a un regime pensionistico aziendale. V., al riguardo, Prechal, S., «Combating Indirect Discrimination in Community Law Context», Legal Issues of European Integration, vol. 19, n. 1, 1993, pagg. da 81 a 97, in particolare pag. 84.


21      Sull’evoluzione della definizione della nozione di «discriminazione indiretta nel diritto dell’Unione», v. Ellis, E., e Watson, P., EU Anti-Discrimination Law, 2ª ed., Oxford European Union Law Library, Oxford, 2012, pagg. da 148 a 155.


22      V. paragrafi 38 e 39 delle presenti conclusioni.


23      L’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2006/54 definisce la «discriminazione diretta» come la «situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto un’altra persona sia, sia stata o sarebbe trattata in una situazione analoga».


24      Per quanto riguarda il requisito della comparabilità delle situazioni nel contesto della discriminazione diretta, la Corte ha precisato, da un lato, che non è necessario che le situazioni siano identiche, ma soltanto che siano comparabili e, dall’altro, che l’esame di tale comparabilità deve essere condotto non in maniera globale e astratta, bensì in modo specifico e concreto in riferimento alla prestazione di cui trattasi. V., in particolare, sentenze del 12 dicembre 2013, Hay (C‑267/12, EU:C:2013:823, punto 33), nonché del 19 luglio 2017, Abercrombie & Fitch Italia (C‑143/16, EU:C:2017:566, punto 25).


25      V. nota 16 delle presenti conclusioni. Corsivo mio.


26      V., in tal senso, in particolare, Tobler, C., Indirect Discrimination Under Directives 2000/43 and 2000/78, Università di Leida, Leida, pag. 100, nonché Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, op. cit., pag. 54.


27      V., in tal senso, in particolare, Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment, op. cit., pagg. 50 e 51, e Tobler, C., Indirect Discrimination Under Directives 2000/43 and 2000/78, op. cit., pagg. 23, 99 e 100. Occorre rilevare che gli elementi da esaminare nell’ambito della comparazione non sono uguali a quelli da prendere in considerazione per stabilire la legittimità del motivo di giustificazione invocata. Così, l’esistenza di uno o di più contratti collettivi è un elemento che può essere preso in considerazione al fine di accertare se talune disparità tra le indennità giornaliere in questione siano dovute a fattori obiettivi ed estranei a qualsiasi discriminazione basata sul sesso. V., in tal senso, sentenza del 31 maggio 1995, Royal Copenhagen (C‑400/93, EU:C:1995:155, punto 46). V. paragrafi 92 e seguenti delle presenti conclusioni.


28      V., in tal senso, in particolare, Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment, op. cit., pag. 12. Invece, per quanto riguarda il principio della parità di retribuzione, che non è oggetto della presente causa, i gruppi di lavoratori da confrontare devono svolgere un lavoro di pari valore.


29      V. Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment, op. cit., pagg. 12 e 50.


30      V., in tal senso, Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, op. cit., in particolare nota 127.


31      Sull’importanza di individuare il gruppo di riferimento nel contesto della discriminazione indiretta, v., in particolare, Ellis, E., e Watson, P., EU Anti-Discrimination Law, op. cit., pag. 152.


32      V., in particolare, sentenza del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2022:120, punti 49 e 50 e giurisprudenza ivi citata), in cui la Corte ha dichiarato che «[l]’asserita incomparabilità della situazione dei collaboratori domestici con quella degli altri lavoratori subordinati (…) per sostenere l’insussistenza di una siffatta discriminazione indiretta, è priva di pertinenza al riguardo. Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 47 delle sue conclusioni, a differenza della causa che ha dato luogo alla sentenza del 26 giugno 2018, MB (Cambiamento di sesso e pensione di fine lavoro) (C‑451/16, EU:C:2018:492), (…) la disposizione nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso che possa essere messa in discussione dall’asserita incomparabilità della situazione dei collaboratori domestici con quella degli altri lavoratori subordinati». V. al riguardo, mie conclusioni nella causa TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2021:777, paragrafo 47).


33      Nell’ambito di tale questione, i gruppi di lavoratori messi a confronto devono svolgere un lavoro di pari valore. V. nota 28 delle presenti conclusioni.


34      V., al riguardo, paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


35      La Commissione ha precisato all’udienza che, nei due contratti collettivi in questione, le indennità giornaliere non sono considerate come una retribuzione.


36      Tengo a ricordare che il metodo di individuazione del gruppo di riferimento ai fini del confronto nel contesto della discriminazione indiretta non è esattamente lo stesso che nel caso della discriminazione diretta. V., al riguardo, paragrafi 48 e 49 delle presenti conclusioni.


37      V., in tal senso, in particolare, Mulder, J., Indirect sex discrimination in employment, op. cit., pag. 12.


38      In altri termini, le persone da confrontare (i gruppi comparati) sono, da un lato, il PNC, composto prevalentemente da donne, e, dall’altro, il PNT, composto prevalentemente da uomini. Tale confronto (la tertium comparationis) verte sull’importo delle indennità giornaliere di cui trattasi nel procedimento principale.


39      Nel caso di specie, una tale identificazione riguarda solo le disposizioni relative alle indennità giornaliere di ciascun contratto collettivo e non altre disposizioni di tali contratti.


40      V., in particolare, sentenza del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2022:120, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). Sull’onere della prova, v. articolo 19 della direttiva 2006/54. Come ha dichiarato la Corte, incombe a colui che si ritenga leso dal mancato rispetto del principio di parità di trattamento dimostrare, in un primo momento, i fatti che consentano di presumere l’esistenza di una discriminazione diretta o indiretta. Solamente nel caso in cui questi abbia provato tali fatti, spetterà poi al convenuto, in un secondo momento, dimostrare che non vi sia stata violazione del principio di non discriminazione. V. sentenza del 19 aprile 2012, Meister (C‑415/10, EU:C:2012:217, punto 36). V., al riguardo, Burri, S., e Prechal, S., L’égalité des genres dans le droit de l’Union européenne, Commissione europea, Lussemburgo, 2008, pag. 17.


41      V. al riguardo, sentenza del 31 marzo 1981, Jenkins (96/80, EU:C:1981:80, pag. 925, punto 13), nonché conclusioni dell’avvocato generale Warner nella causa Jenkins (96/80, EU:C:1981:21, pagg. 936 e 937).


42      V. sentenza del 21 gennaio 2021, INSS (C‑43/19, EU:C:2021:55, punto 27 e giurisprudenza ivi citata). Occorre rilevare che la discriminazione indiretta può essere dimostrata con qualsiasi mezzo, e non solo sulla base di dati statistici. V., in particolare, sentenze dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 46), e del 3 ottobre 2019, Schuch-Ghannadan (C‑274/18, EU:C:2019:828, punto 54). Al riguardo, occorre sottolineare che la direttiva 2006/54 non fa riferimento «a elementi quantitativi nell’esame della discriminazione indiretta. Infatti, detta definizione prende in considerazione un approccio qualitativo: occorre, cioè, verificare se la misura nazionale di cui trattasi sia atta, per sua stessa natura, a “mettere in una posizione di particolare svantaggio” le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso». V. conclusioni dell’avvocato generale Rantos nelle cause riunite IK e CM (C‑184/22 e C‑185/22 EU:C:2023:879, paragrafo 36).


43      Nel caso di specie, le disposizioni dei contratti collettivi interessati.


44      V., in particolare, in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente) (C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 52 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 gennaio 2021, INSS (C‑843/19, EU:C:2021:55, punto 26). V., inoltre, in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punti 39 e 45).


45      Più precisamente, dalla decisione di rinvio risulta che l’importo delle indennità giornaliere del PNC varia tra EUR 37,06 ed EUR 59,06 a seconda che si tratti di una trasferta nazionale o internazionale. Al riguardo, il governo spagnolo rileva, nelle sue osservazioni scritte, che il PNC riceve un’indennità completa se supera la quarta ora intera di attività. In caso di servizio pari o inferiore alle quattro ore o meno, il PNC riceve metà indennità giornaliera. Per contro, per gli stessi tipi di trasferte, le indennità giornaliere del PNT ammontano a un importo compreso, rispettivamente, tra EUR 65 ed EUR 100. Relativamente a tale fattispecie, il governo spagnolo indica nelle sue osservazioni scritte che le indennità giornaliere del PNT sono versate con la possibilità di applicare, in presenza di determinate condizioni di trasferta, coefficienti aggiuntivi che moltiplicano tali indennità per moltiplicatori compresi tra 1,2 e 2.


46      V., in tal senso, sentenza dell’8 maggio 2019, Villar Láiz (C‑161/18, EU:C:2019:382, punto 47).


47      Pertanto, nel caso in cui le situazioni esaminate non siano analoghe, la disparità di trattamento non costituisce una discriminazione diretta. Inoltre, la discriminazione diretta può essere giustificata solo sulla base dei motivi specifici espressamente previsti dalla legge. V., al riguardo, giurisprudenza citata alla nota 32 delle presenti conclusioni. V., inoltre, mie conclusioni nella causa TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2021:777, paragrafo 47 e nota 21).


48      V., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2020, YS (Pensioni aziendali del personale dirigente) (C‑223/19, EU:C:2020:753, punto 58), e del 24 febbraio 2022, TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2022:120, punto 51 e giurisprudenza ivi citata).


49      V., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Kenny e a. (C‑427/11, EU:C:2013:122, punto 41).


50      V. paragrafo 29 delle presenti conclusioni.


51      V. Sciarra, S., «The evolution of collective bargaining: observations on comparison in the countries of the European Union», Comparative Labor Law & Policy Journal, vol. 29, n. 1, pagg. da 1 a 28, in particolare pag. 7. Sull’importanza della contrattazione collettiva, v., in particolare, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nelle cause Brentjens’ Handelsonderneming (C‑67/96, C‑115/97 e C‑219/97, EU:C:1999:28, paragrafo 181), e conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Prigge e a. (C‑447/09, EU:C:2011:321, paragrafi da 41 a 46).


52      V. Rodière, P., «Droit à la négociation et d’actions collectives», Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne, Picod, F., e Van Drooghenbroeck, S., (a cura di), 2ª ed., Bruyland, Parigi, 2018, pagg. da 621 a 646.


53      Sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 66 e giurisprudenza ivi citata). In particolare, per quanto riguarda la direttiva 2006/54, l’importanza della funzione dei contratti collettivi, in quanto parti integranti dell’ordinamento giuridico degli Stati membri, per «l’effettiva attuazione del principio della parità di trattamento» risulta dall’articolo 33 di tale direttiva. Infatti, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, di detta direttiva, «gli Stati membri (…) prendono le misure adeguate per incoraggiare il dialogo tra le parti sociali al fine di promuovere la parità di trattamento».


54      A livello europeo, il dialogo tra parti sociali è riconosciuto dall’articolo 155 TFUE.


55      Sentenze dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 67); dell’11 dicembre 2007, International Transport Workers’ Federation e Finnish Seamen’s Union (C‑438/05, EU:C:2007:772, punto 44), nonché del 18 dicembre 2007, Laval un Partneri (C‑341/05, EU:C:2007:809), punto 91).


56      V., in tal senso, sentenze dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 68), nonché del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92; in prosieguo: la «sentenza Enderby», EU:C:1993:859, punto 22).


57      Sentenza dell’8 aprile 1976 (43/75, EU:C:1976:56, punto 39).


58      V., in particolare, sentenze del 27 giugno 1990, Kowalska (C‑33/89, EU:C:1990:265, punto 12); del 18 novembre 2004, Sass (C‑284/02, EU:C:2004:722, punto 25); del 9 dicembre 2004, Hlozek (C‑19/02, EU:C:2004:779, punto 43); del 18 novembre 2020, Syndicat CFTC (C‑463/19, EU:C:2020:932, punto 48), e del 3 giugno 2021, Tesco Stores (C‑624/19, EU:C:2021:429, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).


59      Per quanto riguarda l’articolo 16, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16), che corrisponde all’articolo 23, primo comma, lettera b), della direttiva 2006/54, v. sentenze dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 63); del 13 settembre 2011, Prigge e a. (C‑447/09, EU:C:2011:573, punto 49), nonché del 28 febbraio 2013, Kenny e a. (C‑427/11, EU:C:2013:122, punto 47).


60      Sentenza dell’8 settembre 2011, Hennigs e Mai (C‑297/10 e C‑298/10, EU:C:2011:560, punto 78).


61      Sentenza del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 22). Corsivo mio. Sull’effetto pregiudizievole, v. paragrafo 40 delle presenti conclusioni.


62      Sentenza del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 22).


63      Sentenza del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 23). Corsivo mio.


64      Così, per giustificare la differenza di trattamento fondata sul sesso, «non è sufficiente che il comune datore di lavoro faccia riferimento all’esistenza di diversi contratti collettivi, neppure qualora ciascuno di questi, considerato separatamente, non implichi discriminazioni basate sul sesso»; v. conclusioni dell’avvocato generale Lenz nella causa Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:313, paragrafo 50).


65      A tal proposito, il governo spagnolo ha spiegato che l’articolo 89, paragrafo 1, della legge sullo statuto dei lavoratori prevede la possibilità per i «rappresentanti dei lavoratori o dei datori di lavoro» (che, ai sensi dell’articolo 87 di tale statuto, devono essere legittimati a negoziare un contratto collettivo) di richiedere trattative, comunicandolo per iscritto all’altra parte. La parte destinataria della comunicazione può rifiutarsi di avviare trattative solo per motivi legali o contrattuali o nel caso in cui non si tratti di rivedere un contratto già scaduto.


66      Ai sensi dell’articolo 89, paragrafo 2, della legge sullo statuto dei lavoratori, il comitato di negoziazione viene istituito entro un termine massimo di un mese dal ricevimento della comunicazione. La parte destinataria della comunicazione deve quindi rispondere alla proposta di trattativa e le due parti devono redigere il calendario o il programma di contrattazione.


67      V., in tal senso, sentenza del 27 ottobre 1993, Enderby (C‑127/92, EU:C:1993:859, punto 22).


68      Come hanno sottolineato gli autori della dottrina, «il rifiuto della differenziazione tra processi di contrattazione collettiva come giustificazione oggettiva della discriminazione indiretta fondata sul sesso è a sostegno delle pari opportunità, poiché non è sufficiente chiedersi se il conseguimento di due diversi livelli di condizioni di lavoro sia dovuto all’attuazione di due processi diversi. È necessario esaminare ciò che è alla base di tali processi e chiedersi perché un contratto collettivo possa aver portato a un risultato più favorevole dell’altro» relativamente alla stessa misura. V. Hervey, T.K., «EC Law on Justifications for sex Discrimination in Working Life», Collective bargaining, discrimination, social security and European integration, Bulletin of comparative labour relations, 48, 2003, pagg. da 103 a 152, in particolare pag. 133. V., inoltre, Vogel-Polsky, E., «Genre et droit: les enjeux de la parité», Cahiers du GEDISST (Groupe d’étude sur la division sociale et sexuelle du travail), n. 17, 1996, «Principes et enjeux de la parité», pagg. da 11 a 31: «La segregazione professionale (...) delle donne nell’economia e nel mondo del lavoro ha origine nella totalità dei rapporti sociali di genere [o] nell’impregnazione degli stereotipi veicolati dalla cultura, dall’educazione, dal sistema scolastico, dalla famiglia, dai media (...)» (traduzione libera). V. mie conclusioni nella causa TGSS (Disoccupazione di collaboratori domestici) (C‑389/20, EU:C:2021:777, paragrafo 78).


69      Per quanto riguarda un gruppo di lavoratori a tempo parziale svantaggiato e composto essenzialmente da donne, v. sentenza del 10 marzo 2005, Nikoloudi (C‑196/02, EU:C:2005:141, punto 51). V., in tal senso, Tobler, C., Limites et potentiel du concept de discrimination indirecte, op. cit., pag. 37.


70      V., in particolare, sentenze Royal Copenhagen (C‑400/93, EU:C:1995:155, punto 46), nonché del 28 febbraio 2013, Kenny e a. (C‑427/11, EU:C:2013:122, punto 49).


71      V., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2005, Nikoloudi (C‑196/02, EU:C:2005:141, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).