Language of document : ECLI:EU:T:2018:723

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

25 ottobre 2018 (*)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Agenti temporanei – Trasferimento della sede della CEPOL da Bramshill (Regno Unito) a Budapest (Ungheria) – Riassegnazione del personale – Atto non impugnabile – Irricevibilità del ricorso dinanzi al Tribunale della funzione pubblica»

Nella causa T‑334/16 P,

avente ad oggetto un’impugnazione diretta all’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Terza Sezione) dell’11 aprile 2016, FN e a./CEPOL (F‑41/15 DISS II, EU:F:2016:70),

FN, agente temporaneo dell’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto,

FP, agente temporaneo dell’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto,

FQ, agente temporaneo dell’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto,

rappresentati da L. Levi e A. Blot, avvocati,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL), rappresentata inizialmente da F. Bánfi e R. Woldhuis, successivamente da R. Woldhuis e D. Schroeder, in qualità di agenti, assistiti da B. Wägenbaur, avvocato,

convenuta in primo grado,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni),

composto da M. Jaeger, presidente, M. van der Woude (relatore), S. Frimodt Nielsen, H. Kanninen e D. Gratsias, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, i ricorrenti, FN, FP e FQ, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Terza Sezione), dell’11 aprile 2016, FN e a./CEPOL (causa F‑41/15 DISS II, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:F:2016:70), con cui quest’ultimo ha respinto il loro ricorso volto, in primis, all’annullamento della decisione n. 17/2014/DIR del direttore dell’Accademia europea di polizia (CEPOL) [divenuta Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto, (CEPOL)] del 23 maggio 2014, relativa al trasferimento della CEPOL a Budapest (Ungheria) (in prosieguo: la «decisione impugnata») e, per quanto necessario, delle decisioni della CEPOL del 28 novembre 2014 recanti rigetto dei loro reclami contro la decisione impugnata (in prosieguo: le «decisioni di rigetto dei reclami»), nonché, in secundis, alla condanna della CEPOL al risarcimento dei danni asseritamente subiti.

 Fatti

2        I fatti all’origine della controversia sono esposti negli scritti delle parti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e ai punti da 7 a 38 della sentenza impugnata. Ai fini della presente sentenza, possono essere riassunti come segue.

3        Il 22 dicembre 2000, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la decisione 2000/820/GAI recante istituzione della CEPOL (GU 2000, L 336, pag. 1).

4        Con decisione 2004/97/CE, Euratom adottata di comune accordo dai rappresentanti degli Stati membri, riuniti a livello di capi di Stato o di governo, del 13 dicembre 2003, relativa alla fissazione delle sedi di taluni uffici ed agenzie dell’Unione Europea (GU 2004, L 29, pag. 15), la sede della CEPOL è stata stabilita a Bramshill (Regno Unito).

5        Il 20 settembre 2005, il Consiglio ha adottato la decisione 2005/681/GAI, che istituisce la CEPOL e che abroga la decisione 2000/820 (GU 2005, L 256, pag. 63). L’articolo 4 della decisione 2005/681 prevede che «[l]a CEPOL ha sede a Bramshill (Regno Unito)».

6        Tra il 2009 e il 2012, la CEPOL ha assunto i ricorrenti in qualità di agenti temporanei ai sensi dell’articolo 2 del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA»). L’articolo 2, secondo comma, dei rispettivi contratti d’assunzione recitava che «la sede di servizio [era] la sede ufficiale della CEPOL a Bramshill, nel Regno Unito».

7        Il 12 dicembre 2012, il ministro dell’Interno del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord ha informato il direttore della CEPOL della decisione del suo ministero di chiudere il centro nazionale di addestramento della polizia ubicato nel sito di Bramshill, che ospitava anche i locali della CEPOL. Il ministro dell’Interno indicava che detto sito sarebbe stato venduto entro il 2014 e che era al corrente dell’intenzione della Commissione europea di proporre, all’inizio del 2013, l’adozione di un nuovo regolamento per disciplinare il funzionamento della CEPOL o prevedere, se del caso, la fusione di quest’ultima con l’Ufficio europeo di polizia (Europol). Esso precisava che l’adozione di detto nuovo regolamento avrebbe rappresentato l’opportunità, per gli Stati membri, di accordarsi in merito a una nuova sede per la CEPOL, laddove quest’ultima fosse rimasta un’agenzia dell’Unione europea a pieno titolo.

8        In data 8 ottobre 2013, a margine di una sessione del Consiglio nella formazione «Giustizia e affari interni», gli Stati membri hanno deciso di comune accordo che la CEPOL avrebbe continuato ad essere un’agenzia dell’Unione a pieno titolo e che sarebbe stata ospitata a Budapest dopo aver lasciato il sito di Bramshill.

9        Il 15 maggio 2014, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato il regolamento (UE) n. 543/2014, che modifica la decisione 2005/681 (GU 2014, L 163, pag. 5). In forza dell’articolo 1 di detto regolamento, l’articolo 4 della decisione 2005/681 è stato modificato come segue: «[l]a CEPOL ha sede a Budapest, Ungheria».

10      Il 23 maggio 2014, il direttore della CEPOL, nella sua qualità di autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione (in prosieguo: l’«AACC»), ha adottato la decisione impugnata. L’articolo 1 di tale decisione, rubricato «Data di trasferimento» prevede che «[t]utto il personale deve (…) prendere servizio nel nuovo quartiere generale della CEPOL (…) a Budapest in data 1o ottobre 2014 o in una data stabilita di comune accordo tra il [d]irettore e il membro del personale [interessato e che i]l mancato rispetto di tale istruzione sarà considerato come un atto di dimissioni con effetto al 30 settembre 2014».

11      L’articolo 2 della decisione impugnata, rubricato «Informazione della CEPOL per il personale», è così formulato: «Ogni membro del personale è invitato a indicare al [d]irettore per iscritto, entro il 30 giugno 2014, la propria intenzione di raggiungere la CEPOL nella sua nuova [sede];

Qualora il membro del personale [interessato] informi il [d]irettore, entro detto termine, che egli [o] ella non intende trasferirsi a Budapest, il [d]irettore può utilizzare tale informazione per avviare una procedura volta ad istituire un elenco di riserva riguardante il posto di tale membro del personale.

Si ricorda ai membri del personale il termine di preavviso in caso di dimissioni previsto nel loro contratto. [Una] modifica delle condizioni di preavviso può essere pattuita con il [d]irettore su base individuale».

12      Il 30 giugno 2014, i ricorrenti hanno informato il direttore della CEPOL della loro intenzione di proseguire i rispettivi rapporti contrattuali d’impiego nella nuova sede della CEPOL a Budapest, ma che la loro risposta non li vincolava e non implicava ammissioni circa la legittimità del procedimento.

13      Rispettivamente, il 13, il 18 e il 19 agosto 2014, i ricorrenti hanno presentato un reclamo avverso la decisione impugnata, ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»). FP faceva valere, in sostanza, che la decisione impugnata violava, da un lato, il suo contratto d’assunzione, modificando unilateralmente la sede di servizio e, dall’altro, le sue legittime aspettative di stipendio, che dipendevano dall’applicazione del coefficiente correttore previsto per il Regno Unito.

14      FQ e FN sostenevano entrambi che la modifica della loro sede di servizio costituiva un evento anormale e imprevedibile e non poteva essere loro imposta senza il loro accordo e senza una compensazione finanziaria adeguata. FQ si doleva altresì del fatto che il coefficiente correttore previsto per l’Ungheria fosse ormai applicato al suo trattamento economico in luogo di quello, molto più elevato, applicabile per il Regno Unito e sul quale ella faceva affidamento per tutta la durata della sua assunzione. In tale contesto, FQ riteneva che le dovesse essere riconosciuta una compensazione finanziaria adeguata.

15      FN deduceva inoltre una violazione del principio di tutela del legittimo affidamento alla luce delle chiare e specifiche garanzie che gli erano state fornite circa il fatto che avrebbe lavorato a Bramshill per tutta la durata del suo contratto. Inoltre, egli censurava, da un lato, la brevità del termine che gli era stato accordato per comunicare alla CEPOL la sua intenzione di raggiungere o meno la nuova sede della CEPOL a Budapest, e, dall’altro, il fatto che la decisione impugnata gli offrisse, come unica alternativa a una riassegnazione, le dimissioni senza compensazione finanziaria.

16      In data 1o ottobre 2014, i ricorrenti hanno preso servizio nella nuova sede della CEPOL a Budapest.

17      Il 28 novembre 2014, il direttore della CEPOL, nella sua qualità di AACC, ha respinto i reclami dei ricorrenti. A tal fine, il direttore della CEPOL ha in particolare sottolineato, in primo luogo, che la decisione di trasferire la sede della CEPOL era stata adottata dal legislatore dell’Unione, il quale dispone di un ampio potere discrezionale in materia, in secondo luogo, che nessuna garanzia precisa era stata fornita ai ricorrenti in merito al godimento del coefficiente correttore applicabile nel Regno Unito per tutta la durata della loro assunzione, in terzo luogo che, conformemente alla giurisprudenza, la AACC poteva decidere, nell’interesse del servizio, di riassegnare i suoi agenti ad altri luoghi di lavoro, in quarto luogo, che non era nell’interesse del servizio della CEPOL mantenere il personale a Bramshill quando le attività e gli impieghi della CEPOL erano ormai localizzati a Budapest, in quinto luogo, nelle decisioni di rigetto dei reclami di FN e FQ, che il personale della CEPOL era stato informato da lunga data circa il cambiamento di sede della CEPOL, ancorché il calendario preciso fosse stato annunciato solo nel maggio 2014 e il breve termine di risposta stabilito nella decisione impugnata fosse giustificato dalla necessità di organizzare rapidamente il trasloco della CEPOL a fronte della domanda del ministro dell’Interno del Regno Unito di liberare il sito di Bramshill entro il 30 settembre 2014, e, in sesto luogo, riguardo alla domanda di compensazione finanziaria di FQ, che quest’ultima aveva diritto, secondo le condizioni statutarie, al rimborso delle sue spese di trasloco nonché al beneficio delle indennità giornaliere e di prima sistemazione.

 Il procedimento di primo grado e la sentenza impugnata

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del
Tribunale della funzione pubblica il 9 marzo 2015 e iscritto a ruolo con il numero F‑41/15, FK, FL, FM e FO nonché i ricorrenti hanno chiesto, in particolare, l’annullamento della decisione impugnata e, ove necessario, delle decisioni di rigetto dei reclami, ed inoltre la condanna della CEPOL al risarcimento dei danni asseritamente subiti.

19      Con ordinanza del 16 settembre 2015, FK e a./CEPOL (F‑41/15, non pubblicata, EU:F:2015:104), il presidente della Terza sezione del Tribunale della funzione pubblica, alla quale era stato assegnato il ricorso, ha deciso, in applicazione dell’articolo 44, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, di separare dalla posizione di FK quelle, rispettivamente, di FL, di FM e di FO, da un lato, e dei ricorrenti, dall’altro. Il ricorso F‑41/15, nella parte in cui era stato presentato dai ricorrenti, è stato quindi iscritto al ruolo con il numero F‑41/15 DISS II.

20      Con lettera del cancelliere del Tribunale della funzione pubblica del 27 ottobre 2015, i ricorrenti sono stati informati che il Tribunale della funzione pubblica aveva deciso, in applicazione dell’articolo 55, paragrafo 1, del suo regolamento di procedura, che era necessario un secondo scambio di memorie. In tale contesto, i ricorrenti sono stati sostanzialmente invitati a prendere posizione, nella loro replica, in merito alla ricevibilità delle loro richieste di annullamento e di risarcimento.

21      In data 11 aprile 2016, il Tribunale ha pronunciato la sentenza impugnata, con la quale ha respinto il ricorso dei ricorrenti e li ha condannati a sostenere tutte le spese.

22      In primo luogo, ai punti da 47 a 49 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto, per i motivi di seguito indicati, le eccezioni di irricevibilità della CEPOL, vertenti, rispettivamente, sul carattere confermativo della decisione impugnata e sul fatto che quest’ultima sarebbe stata la mera esecuzione, in forza di una competenza vincolata, della decisione del legislatore dell’Unione di trasferire la sede della CEPOL a Budapest, avverso la quale i ricorrenti non avevano esperito ricorso e della quale non avevano eccepito l’illegittimità:

«47      Preliminarmente, si deve ricordare che, sebbene sia pacifico che i ricorrenti hanno individualmente acconsentito ad assumere le loro funzioni a Budapest, tale consenso non è circostanza idonea a far perdere alla decisione impugnata il suo carattere lesivo (sentenza dell’11 luglio 1996, Ortega Urretavizcaya/Commissione, T‑587/93, EU:T:1996:100, punto 28).

48      Il Tribunale osserva poi che, nel caso di specie, mediante la decisione impugnata l’AACC della CEPOL ha comunicato a tutto il personale dell’agenzia il fatto che, in attuazione della decisione 2005/681/GAI, come modificata dal regolamento n. 543/2014, essa aveva deciso il luogo e la data della nuova assegnazione del personale dell’agenzia. Infatti, dalla decisione impugnata risulta che essa stabilisce, in via di principio, l’assunzione delle proprie funzioni a Budapest da parte del personale dell’agenzia il 1o ottobre 2014.

49      Orbene, una simile comunicazione, benché dia esecuzione a un atto di portata generale del Consiglio e del Parlamento, deve essere considerata come una decisione che arreca pregiudizio ai ricorrenti in quanto modifica la loro sede di servizio in condizioni asseritamente illegittime. Pertanto, deve riconoscersi alla decisione impugnata il carattere di atto impugnabile (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 1981, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, 161/80 e 162/80, EU:C:1981:51, punto 14), con la conseguenza che l’eccezione di irricevibilità a tal riguardo sollevata dalla CEPOL deve essere respinta».

23      In secondo luogo, ai punti 50 e 51 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha osservato che occorreva statuire in merito alla legittimità sia della decisione impugnata, sia delle decisioni di rigetto dei reclami, nella parte in cui queste ultime contenevano nuove prese di posizione dell’AACC della CEPOL in risposta alle domande e agli argomenti formulati dai ricorrenti nel loro reclami.

24      In terzo luogo, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto i tre motivi fatti valere dai ricorrenti a sostegno delle loro richieste di annullamento e vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 47 del RAA, il secondo, sulla violazione degli accordi contrattuali tra i ricorrenti e la CEPOL nonché dei loro diritti acquisiti, e, il terzo, su una violazione del dovere di sollecitudine e dei principî di tutela del legittimo affidamento e di buona amministrazione.

25      In primis, ai punti 56 e 57 del della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto in quanto inconferente il primo motivo, mediante il quale i ricorrenti addebitavano, in sostanza, alla CEPOL di avere violato l’articolo 47 del RAA quando aveva previsto, all’articolo 1 della decisione impugnata, che un loro rifiuto di prendere servizio nella nuova sede della CEPOL sarebbe stato considerato equivalente a dimissioni. A tal fine, il Tribunale della funzione pubblica ha constatato che l’AACC della CEPOL non aveva dato attuazione a tale avvertimento nel caso dei ricorrenti, poiché essi avevano accettato di proseguire i loro rispettivi contratti con la CEPOL e di entrare in servizio nella nuova sede di quest’ultima il 1o ottobre 2014.

26      Ai punti da 58 a 62 nella sentenza impugnata, il tribunale della funzione pubblica ha aggiunto che il primo motivo era comunque infondato. Dopo aver sottolineato che il fatto che un agente non si presenti sul suo luogo di lavoro poteva, secondo la giurisprudenza, essere considerato equivalente a dimissioni ai sensi dell’articolo 47 del RAA, esso ha rilevato che l’AACC della CEPOL non disponeva di alcun margine di discrezionalità nell’attuazione dell’articolo 4 della decisione 2005/681, come modificata dal regolamento n. 543/2014, dalla quale risultava che il legislatore dell’Unione aveva implicitamente ma necessariamente deciso di riassegnare il personale della CEPOL a Budapest.

27      Orbene, secondo il Tribunale della funzione pubblica, ogni funzionario o agente dell’Unione è obbligato, da un lato, ad accettare ogni assegnazione corrispondente al gruppo di funzioni e al grado del suo impiego, conformemente alle esigenze del servizio, in tutta l’Unione, in ogni luogo di lavoro dell’istituzione o agenzia presso la quale egli sia entrato in servizio, e, dall’altro, a risiedere nel luogo della sua sede di servizio o a distanza tale da quest’ultima da non essere intralciato nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’articolo 20 dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti temporanei e contrattuali in forza degli articoli 11 e 81 del RAA.

28      Ciò posto, il Tribunale della funzione pubblica ha concluso che l’AACC della CEPOL non poteva essere censurata per aver chiesto al personale della CEPOL di assumere le proprie funzioni presso la nuova sede di quest’ultima a Budapest. Di conseguenza, tenuto altresì conto dell’ampio potere discrezionale della CEPOL nell’organizzazione e nella strutturazione dei suoi servizi, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che l’AACC della CEPOL poteva comunque, date le peculiari circostanze del caso di specie, decidere, nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale, che il rifiuto di uno dei suoi agenti di prendere servizio presso la nuova sede della CEPOL a Budapest equivalesse a un atto di dimissioni.

29      In secundis, ai punti da 68 a 74 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto l’argomento dedotto dai ricorrenti a sostegno del loro secondo motivo ed in base al quale l’AACC della CEPOL, nel riassegnarli senza il loro consenso, aveva violato i loro rispettivi contratti d’assunzione e i loro diritti acquisiti.

30      In tertiis, ai punti da 81 a 99 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto il terzo motivo, nel quale i ricorrenti deducevano, anzitutto, una violazione del legittimo affidamento che essi ritenevano di poter nutrire nell’immutabilità della loro sede di servizio, di seguito, una violazione del principio di buona amministrazione a causa del termine di riflessione troppo breve che era stato loro concesso per decidere se proseguire a Budapest o meno i rispettivi rapporti di lavoro con la CEPOL e della mancata previsione, da parte della CEPOL, di un regime transitorio, e, infine, una violazione del dovere di sollecitudine. Nell’ambito dell’esame di tale motivo, il Tribunale ha respinto anche l’argomento dedotto dai ricorrenti a sostegno del loro secondo motivo e secondo il quale l’AACC della CEPOL avrebbe potuto, anziché cambiare la loro sede di servizio, decidere di proporre loro di telelavorare dal loro domicilio nel Regno Unito, conservando al contempo il beneficio del coefficiente correttore applicabile per tale Stato membro o, ancora, di offrire loro una compensazione finanziaria accompagnata o meno da una cessazione delle loro funzioni.

31      In quarto luogo, il Tribunale della funzione pubblica ha esaminato le richieste di risarcimento dei ricorrenti. Ai punti da 106 a 113 della sentenza impugnata, le ha respinte con la seguente motivazione:

«106      Il procedimento precontenzioso in materia di ricorso per risarcimento differisce a seconda che il danno di cui si chiede la riparazione sia stato causato da un atto arrecante pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto oppure da un comportamento dell’amministrazione privo di carattere decisionale. Nel primo caso, spetta all’interessato presentare all’autorità che ha il potere di nomina o l’AACC, entro i termini prescritti, un reclamo diretto contro l’atto controverso. Nel secondo caso, invece, il procedimento amministrativo deve avere inizio con la presentazione di una domanda ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, diretta ad ottenere un risarcimento e proseguire, eventualmente, con un reclamo nei confronti della decisione di rigetto della domanda (ordinanza del 25 febbraio 1992, Marcato/Commissione, T‑64/91, EU:T:1992:22, punti 32 e 33; sentenza del 6 novembre 1997, Liao/Consiglio, T‑15/96, EU:T:1997:169, punto 57, e ordinanza del 20 marzo 2014, Michel/Commissione, F‑44/13, EU:F:2014:40, punto 43).

107      A tal riguardo, secondo una costante giurisprudenza, la qualificazione giuridica di una lettera del funzionario come «domanda», ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, o come «reclamo», ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, è rimessa all’esclusiva valutazione del giudice e non dipende dalla volontà delle parti (sentenze del 30 aprile 1998, Cordiale/Parlamento, T‑205/95, EU:T:1998:76, punto 34; del 15 febbraio 2011, AH/Commissione, F‑76/09, EU:F:2011:12, punto 38, e ordinanza del 16 dicembre 2015, Bärwinkel/Consiglio, F‑118/14, EU:F:2015:154, punto 61).

108      Nel caso di specie, è pacifico che, nella decisione impugnata, l’AACC non ha preso posizione in merito alle conseguenze pecuniarie previste dallo Statuto riguardo a ciascuno dei ricorrenti considerato individualmente. In particolare, detta decisione non menziona in alcun modo l’applicazione del coefficiente correttore previsto per l’Ungheria in luogo di quello previsto per il Regno Unito.

109      In tal senso, dal fascicolo di causa risulta che, come sostiene la CEPOL, è solo nei loro rispettivi reclami che i ricorrenti, che a quell’epoca avevano già accettato di assumere le loro funzioni a Budapest, hanno formalmente richiesto all’AACC che la loro assunzione di funzioni fosse accompagnata da misure destinate a compensare in modo equo la riduzione del loro reddito netto, derivante, in particolare, nel caso di specie, dall’applicazione del coefficiente correttore previsto per l’Ungheria. Di seguito, il Tribunale osserva che tale pretesa dei ricorrenti di beneficiare di una compensazione finanziaria equa in connessione con le loro rispettive assunzioni di funzioni a Budapest costituisse una domanda ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, domanda che l’AACC ha respinto nell’ambito delle sue decisioni di rigetto dei reclami.

110      Pertanto, dato che prima dell’introduzione del presente ricorso, i ricorrenti non hanno presentato alcun reclamo ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, avverso il diniego dell’AACC, quale concretizzato nelle decisioni di rigetto dei reclami, di concedere loro una compensazione finanziaria equa, le richieste risarcitorie dei ricorrenti connesse al loro asserito pregiudizio materiale devono essere respinte in quanto irricevibili a causa del mancato rispetto delle condizioni riguardanti il procedimento precontenzioso.

111      In ogni caso, anche volendo assumere che le richieste risarcitorie riguardanti il danno materiale possono essere considerate strettamente connesse alle richieste di annullamento della decisione impugnata e delle decisioni di rigetto dei reclami, la sorte delle prime dovrebbe seguire quella delle richieste da ultimo menzionate e, pertanto, le si dovrebbe comunque respingere (sentenza del 15 dicembre 2015, Bonazzi/Commissione, F‑88/15, EU:F:2015:150, punto 105 e giurisprudenza ivi citata).

112      Analogamente, com’è stato ricordato al punto 84 della presente sentenza, nell’ambito della riassegnazione dei funzionari ed agenti interessati a un’altra sede di servizio dell’istituzione o dell’agenzia presso la quale essi prestano servizio, i vincoli di carattere personale e familiare che l’esecuzione del servizio può comportare in tali condizioni sono compensati dalle prestazioni pecuniarie previste dallo Statuto, in particolare dall’indennità di espatrio, dall’indennità di prima sistemazione, dalle indennità giornaliere nonché dal rimborso delle spese di trasloco verso il luogo della nuova sede di servizio e delle spese per il viaggio verso il luogo di origine.

113      Quanto alle pretese dei ricorrenti di continuare a beneficiare del coefficiente correttore applicabile nel Regno Unito dopo le loro rispettive assunzioni di funzioni a Budapest, esse devono essere respinte, come è stato dichiarato ai punti da 95 a 98 della presente sentenza».

32      Ai punti 117 e 118 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha considerato che le richieste volte ad ottenere il risarcimento del danno morale patito dai ricorrenti presentavano uno stretto collegamento con le conclusioni di annullamento e, di conseguenza, occorreva respingerle per effetto del rigetto di queste ultime.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e conclusioni delle parti

33      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 20 giugno 2016, i ricorrenti hanno proposto la presente impugnazione. Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale in pari data, i ricorrenti hanno presentato una domanda diretta ad ottenere l’anonimato, accolta dal Tribunale con decisione del 15 luglio 2016.

34      Il 21 settembre 2016 la CEPOL ha depositato il suo controricorso.

35      In data 1o dicembre 2016, su domanda motivata dei ricorrenti, il Tribunale ha autorizzato un secondo scambio di memorie, ai sensi dell’articolo 201, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale. Le parti hanno depositato tali memorie nei termini impartiti.

36      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale l’11 aprile 2017, i ricorrenti hanno formulato una domanda motivata, ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, del regolamento di procedura, per essere sentiti nell’ambito della fase orale del procedimento. Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Sezione delle impugnazioni) ha accolto tale domanda e, di conseguenza, ha aperto la fase orale del procedimento.

37      Con decisione del 20 settembre 2017, in applicazione dell’articolo 28, paragrafi da 1 a 3, del regolamento di procedura e su proposta della Sezione delle impugnazioni, il Tribunale ha rimesso la presente causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

38      Con lettere del cancelliere del Tribunale del 9 novembre 2017, il Tribunale ha invitato le parti, a titolo di misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 89 del regolamento di procedura, a rispondere per iscritto a due quesiti riguardanti la ricevibilità delle richieste di annullamento presentate in primo grado. In particolare, con il primo di tali quesiti, il Tribunale ha chiesto alle parti in quale misura l’articolo 1 della decisione impugnata arrecasse pregiudizio ai ricorrenti, nella parte in cui prevedeva, da un lato, che «[t]utto il personale [doveva] (…) prendere servizio nel nuovo quartiere generale della CEPOL (…) a Budapest in data 1o ottobre 2014 o in una data stabilita di comune accordo tra il [d]irettore e il membro del personale [interessato]» e, dall’altro, che «[i]l mancato rispetto di tale istruzione [sarebbe stato] considerato come un atto di dimissioni con effetto al 30 settembre 2014». A quest’ultimo proposito, il Tribunale ha invitato le parti a precisare se l’articolo 1 della decisione impugnata dovesse essere interpretato nel senso che un membro del personale che non avesse assunto le sue funzioni il 1o ottobre 2014 sarebbe stato automaticamente considerato dimissionario, senza esame caso per caso.

39      Le parti hanno ottemperato a tale domanda nei termini impartiti.

40      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento citate al punto 38 supra, il Tribunale ha altresì invitato le parti a rispondere oralmente, durante l’udienza, a tre quesiti riguardanti il merito della controversia e a un quesito relativo all’esame, da parte del Tribunale della funzione pubblica, della ricevibilità delle loro richieste conclusive volte ad ottenere il risarcimento del danno materiale asseritamente patito. In particolare, mediante il quesito da ultimo menzionato, il Tribunale ha chiesto alle parti se il Tribunale della funzione pubblica si fosse pronunciato sull’esistenza di un nesso diretto tra tali richieste e quelle volte all’annullamento della decisione impugnata e delle decisioni di rigetto dei reclami e avesse, all’occorrenza, sufficientemente motivato le sue conclusioni al riguardo.

41      Le difese orali delle parti e le loro risposte ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 16 gennaio 2018.

42      I ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        per l’effetto:

–        annullare la decisione impugnata e, per quanto necessario, le decisioni di rigetto dei loro reclami;

–        condannare la CEPOL al risarcimento dei danni materiali e morali subiti;

–        condannare la CEPOL alle spese dei due gradi di giudizio.

43      La CEPOL chiede il Tribunale voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        confermare la sentenza impugnata;

–        condannare i ricorrenti alle spese dei due gradi di giudizio.

 Sull’impugnazione

44      A sostegno della loro impugnazione, i ricorrenti deducono tre motivi. Con i primi due motivi - vertenti, il primo, su un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 47 del RAA e, il secondo, su errori di diritto nell’interpretazione dei diritti acquisiti dai ricorrenti e degli accordi contrattuali tra questi ultimi e la CEPOL nonché nell’applicazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine, e, ancora, su violazioni del principio di parità di trattamento e dell’obbligo di motivazione e su un travisamento dei fatti - i ricorrenti censurano il rigetto delle loro richieste di annullamento. Con il terzo motivo, riguardante, in particolare, la violazione dell’articolo 90 dello Statuto, essi criticano il rigetto delle loro richieste volte al risarcimento del danno materiale asseritamente subito.

45      Per contro, i ricorrenti non contestano espressamente il rigetto, da parte del Tribunale della funzione pubblica, delle loro richieste di risarcimento dei danni morali asseritamente subiti. Nella loro impugnazione, i ricorrenti si limitano ad affermare che tale danno è direttamente collegato alle loro richieste di annullamento. Orbene, come risulta dal punto 32 supra, il Tribunale della funzione pubblica ha constatato, ai punti 117 e 118 della sentenza impugnata, che le richieste di risarcimento dei danni morali asseritamente subiti erano strettamente collegate con le domande di annullamento e dovevano pertanto essere respinte in conseguenza del rigetto di queste ultime.

46      In tali circostanze, occorre esaminare, in primo luogo, il rigetto, nella sentenza impugnata, delle richieste di annullamento formulate dai ricorrenti, e, in secondo luogo, il rigetto, da parte della medesima sentenza, delle loro richieste di risarcimento del danno materiale asseritamente subito.

 Sul rigetto delle richieste di annullamento presentate in primo grado

47      In via preliminare, occorre ricordare che, ai punti da 53 a 99 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le richieste di annullamento dei ricorrenti in quanto infondate. Innanzitutto, ai punti da 47 a 49 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che la decisione impugnata arrecava pregiudizio ai ricorrenti. Al punto 51 di tale sentenza, ha dichiarato che le decisioni di rigetto dei reclami contenevano, rispetto alla decisione impugnata, nuove prese di posizione dell’AACC della CEPOL in risposta alle domande e agli argomenti dedotti dai ricorrenti nei rispettivi reclami e che, di conseguenza, occorreva statuire sulla legittimità sia della decisione impugnata che delle decisioni di rigetto dei reclami.

48      La CEPOL non ha presentato alcuna impugnazione incidentale ai sensi dell’articolo 202, paragrafo 1, del regolamento di procedura, diretta ad ottenere l’annullamento delle decisioni del Tribunale della funzione pubblica riguardanti la ricevibilità delle domande di annullamento dei ricorrenti.

49      Si deve tuttavia osservare che, quando è investito di un’impugnazione ai sensi dell’articolo 9 dell’allegato I dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, il Tribunale può, ai sensi dell’articolo 129 del regolamento di procedura, in qualsiasi momento, esaminare d’ufficio i motivi di irricevibilità di ordine pubblico. Poiché le condizioni di ricevibilità di un ricorso ai sensi degli articoli 90 e 91 dello Statuto hanno carattere di ordine pubblico, spetta al Tribunale, ove occorra, esaminarle d’ufficio, salvo prima aver invitato le parti a presentare le proprie osservazioni. L’esistenza di un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 2, e dell’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto costituisce un presupposto indispensabile per la ricevibilità di ogni ricorso proposto dai funzionari o dagli agenti dell’Unione contro le istituzioni e le agenzie cui appartengono (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2011, Commissione/Q, T‑80/09 P, EU:T:2011:347, punti da 129 a 131 e giurisprudenza ivi citata).

50      Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che occorra esaminare d’ufficio se il Tribunale della funzione pubblica potesse a giusto titolo considerare, ai punti da 47 a 49 della sentenza impugnata, che la decisione impugnata arrecava pregiudizio ai ricorrenti. A tal riguardo, si deve sottolineare che arrecano pregiudizio solo i provvedimenti emanati dall’autorità competente e contenenti una posizione definitiva dell’amministrazione che produce effetti giuridici vincolanti tali da incidere direttamente e immediatamente sugli interessi del ricorrente, modificando in maniera sensibile la situazione giuridica di quest’ultimo (ordinanza del 13 dicembre 2011, Marcuccio/Commissione, T‑311/09 P, EU:T:2011:734, punto 74).

51      In risposta alle misure di organizzazione del procedimento del Tribunale di cui al precedente punto 38, la CEPOL ha sostenuto che la decisione impugnata non arrecava pregiudizio ai ricorrenti, poiché prevedeva, al suo articolo 1, che essi dovevano prendere servizio nella nuova sede della CEPOL a Budapest in data 1o ottobre 2014 o in una data concordata con il direttore della CEPOL. Infatti, secondo la CEPOL, l’articolo 1 della decisione impugnata è, sotto tale profilo, meramente confermativo della decisione del legislatore dell’Unione di trasferire la sede della CEPOL da Bramshill a Budapest. Nella parte in cui tale disposizione riguarda la data di assunzione delle funzioni del personale della CEPOL a Budapest, essa si limiterebbe a ricordare loro gli obblighi previsti dall’articolo 20 dello Statuto, ai sensi del quale il funzionario deve risiedere nel luogo dove ha sede l’ufficio cui è destinato o a una distanza tale da non ostacolarlo nell’esercizio delle sue funzioni.

52      La CEPOL ha inoltre fatto valere che l’indicazione di cui all’articolo 1 della decisione impugnata, a termini della quale «il mancato rispetto di tale istruzione [secondo cui tutto il personale deve prendere servizio nel nuovo quartiere generale della CEPOL a Budapest in data 1o ottobre 2014 o in una data stabilita di comune accordo con il direttore] sarà considerato come un atto di dimissioni con effetto al 30 settembre 2014», non implica alcun elemento decisionale.

53      Infatti, da un lato, tale indicazione si limiterebbe ad informare tutto il personale della CEPOL delle conseguenze contrattuali derivanti dal rifiuto di un membro del personale di assumere le proprie funzioni a Budapest. Un tale rifiuto, per definizione, non sarebbe un’azione intrapresa dal direttore della CEPOL, ma sarebbe affine a un’omissione da parte del membro del personale interessato, della quale le dimissioni costituirebbero la conseguenza giuridica. Il riferimento all’«istruzione» del direttore della CEPOL non modificherebbe affatto tale conclusione, poiché questo termine si riferisce semplicemente, in un linguaggio non tecnico, alla prima frase dell’articolo 1 della decisione impugnata.

54      Dall’altro lato, un membro del personale della CEPOL che non si fosse conformato a siffatta «istruzione» non sarebbe stato automaticamente considerato dimissionario senza l’avvio di un esame individuale del suo caso particolare. La data di assunzione delle funzioni indicata all’articolo 1 della decisione impugnata non avrebbe avuto carattere inderogabile, dato che i membri del personale della CEPOL avevano la possibilità di concordare una data successiva di assunzione delle funzioni con il direttore della CEPOL. Ciò si evincerebbe non solo dal tenore letterale dell’articolo 1 della decisione impugnata, ma sarebbe insito anche nella nuova situazione applicabile a tutti i membri del personale della CEPOL, che sfocerebbe necessariamente in una moltitudine di casi individuali. Così, un membro del personale della CEPOL è stato autorizzato al telelavoro dal suo domicilio nel Regno Unito dal mese di ottobre 2014 al termine del suo contratto, in data 31 dicembre dello stesso anno.

55      I ricorrenti sostengono che la decisione impugnata arrechi loro pregiudizio in quanto stabilisce la loro riassegnazione da Bramshill a Budapest. In particolare, i ricorrenti sostengono che tale decisione abbia effetti pecuniari nei loro confronti, concernenti il forte calo della retribuzione al quale hanno dovuto acconsentire a causa della differenza tra i coefficienti correttori previsti, rispettivamente, per il Regno Unito e l’Ungheria. Anche la vita privata dei ricorrenti avrebbe subito pregiudizi. FN sarebbe costretto a continuare a mantenere la moglie e i figliastri rimasti nel Regno Unito, mentre FQ sarebbe stata costretta a prendere due mesi di congedo non retribuito nonché un mese di ferie annuali per vendere il più rapidamente possibile una casa di sua proprietà in Francia della quale non sarebbe più stata in grado di pagare le spese di manutenzione né le rate mensili. A sostegno dei loro argomenti, i ricorrenti invocano la sentenza dell’11 luglio 1996, Aubineau/Commissione (T‑102/95, EU:T:1996:104), che riguardava la riassegnazione di un agente temporaneo, ma non avrebbe sollevato alcuna questione di ricevibilità.

56      Inoltre, i ricorrenti sostengono, in merito al loro interesse ad agire, che la decisione impugnata era l’unica che potessero impugnare al fine di opporsi alla loro riassegnazione a Budapest.

57      I ricorrenti fanno altresì valere che, a meno di aver pattuito un’altra data con il direttore della CEPOL, un membro del personale della CEPOL che non avesse assunto le proprie funzioni a Budapest il 1o ottobre 2014 sarebbe stato automaticamente considerato dimissionario. A tale riguardo, da un lato, i ricorrenti sottolineano che non è stato avviato alcun esame caso per caso. Nessuna decisione individuale sarebbe stata del resto adottata nei confronti dei membri del personale della CEPOL che non hanno assunto le loro funzioni a Budapest in tempo utile. Dall’altro, i ricorrenti fanno valere che il Tribunale della funzione pubblica ha commesso un errore manifesto nel ritenere, al punto 57 della sentenza impugnata, che il rifiuto di uno degli agenti della CEPOL di prendere servizio a Budapest il 1o ottobre 2014, «poteva essere considerato, nel caso di specie, come equivalente a dimissioni». In tal modo, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe lasciato intendere che un simile rifiuto poteva non essere considerato come equivalente a dimissioni. Orbene, secondo i ricorrenti, dalla formulazione dell’articolo 1 della decisione impugnata risulta che un rifiuto di questo genere «sarà considerato come un atto di dimissioni».

58      A tal riguardo, si deve constatare che la decisione impugnata e le decisioni di rigetto dei reclami sono composte, in sostanza, da due parti. La prima parte riguarda lo spostamento della sede della CEPOL da Bramshill a Budapest e le conseguenze pecuniarie che detto spostamento era idoneo a produrre per tutto il personale della CEPOL. La seconda riguarda la situazione dei membri del personale che non intendevano prendere servizio nella nuova sede della CEPOL a Budapest nei tempi richiesti.

 Sulla prima parte

59      Al punto 48 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha rilevato che, mediante la decisione impugnata, l’AACC della CEPOL ha stabilito sia il luogo che la data della nuova assegnazione del personale CEPOL. Al punto 49 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica si è basato sulla sentenza del 24 febbraio 1981, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione (161/80 e 162/80, EU:C:1981:51) per concludere che la decisione impugnata, quand’anche avesse applicato un atto di portata generale del Consiglio o del Parlamento, doveva essere considerata come un atto arrecante pregiudizio ai ricorrenti in quanto modificava la loro sede di servizio in condizioni asseritamente illegittime.

60      Tuttavia, è necessario osservare che la decisione impugnata non ha affatto modificato la sede di servizio dei ricorrenti. A tale riguardo, va rilevato che il trasferimento della sede della CEPOL deriva da un accordo degli Stati membri e, come risulta dal terzo considerando della decisione impugnata e dalle decisioni di rigetto dei reclami, da un atto del legislatore dell’Unione. In tal senso, da un lato, in data 8 ottobre 2013 gli Stati membri hanno deciso di comune accordo che, una volta lasciato il sito di Bramshill, la CEPOL sarebbe stata ospitata a Budapest. Dall’altro, il legislatore dell’Unione, con l’articolo 1 del regolamento n. 543/2014, ha modificato l’articolo 4 della decisione 2005/681 nel senso che la sede della CEPOL è stabilita non più a Bramshill, bensì a Budapest. Modificando così l’ubicazione della sede della CEPOL, gli Stati membri e, come rilevato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 59 della sentenza impugnata, il legislatore hanno necessariamente deciso che il personale della CEPOL dovesse essere riassegnato da Bramshill a Budapest. Infatti, nella misura in cui, da un lato, l’articolo 20 dello Statuto obbliga il personale a risiedere nel luogo dove ha sede l’ufficio cui è destinato o in prossimità di questo, e, dall’altro, la sede della CEPOL costituisce il suo unico luogo di lavoro, il personale di questa agenzia è, in linea di principio, assegnato alla sua sede.

61      Di conseguenza, all’articolo 1 della decisione impugnata, l’AACC della CEPOL si è limitata a ricordare il principio della riassegnazione del suo personale quale deciso dal comune accordo degli Stati membri dell’8 ottobre 2013 e dall’articolo 4 della decisione 2005/681, come modificata dal regolamento n. 543/2014. Agendo in tal modo, l’AACC della CEPOL non ha modificato in modo significativo la situazione giuridica dei ricorrenti, che risultava a tal riguardo dal comune accordo degli Stati membri dell’8 ottobre 2013 e dall’articolo 4 della decisione 2005/681, come modificata dal regolamento n. 543/2014. Pertanto, l’articolo 1 della decisione impugnata non arrecava pregiudizio ai ricorrenti sotto tale profilo.

62      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione né dalla sentenza del 24 febbraio 1981 Carbognani e Coda Zabetta/Commissione (161/80 e 162/80, EU:C:1981:51), cui fa riferimento il Tribunale della funzione pubblica al punto 49 della sentenza impugnata, né quella dell’11 luglio 1996 Aubineau/Commissione (T‑102/95, EU:T:1996:104), invocata dai ricorrenti. Infatti, queste due sentenze si riferiscono, ciascuna, a una fattispecie diversa da quella oggetto della presente causa. In nessuno dei suddetti casi si discuteva, come in quello di specie, di una riassegnazione decisa dagli Stati membri o dal legislatore e che l’istituzione interessata si era limitata, mediante l’atto impugnato, ad attuare materialmente in termini generali. Al contrario, tali due cause avevano ad oggetto singoli atti, la cui adozione presupponeva l’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione. In particolare, la causa che ha dato luogo alla sentenza del 24 febbraio 1981, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione (161/80 e 162/80, EU:C:1981:51) aveva ad oggetto atti individuali che potevano essere oggettivamente considerati come equivalenti a riassegnazione di due funzionari da un ufficio esterno ubicato a Roma (Italia) alla sede della Commissione delle Comunità europee a Bruxelles (Belgio), in attuazione di una decisione di portata generale istitutiva di un sistema di avvicendamento, che lasciava all’amministrazione un margine discrezionale e le permetteva, in particolare, di tenere conto di problemi particolari di servizio o di problemi di tipo personale inerenti gli interessati (sentenza del 24 febbraio 1981, Carbognani e Coda Zabetta/Commissione, 161/80 e 162/80, EU:C:1981:51, punti da 4 a 9 e da 12 a 15).

63      Allo stesso modo, nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’11 luglio 1996, Aubineau/Commissione (T‑102/95, EU:T:1996:104) veniva contestata una decisione individuale mediante la quale un agente temporaneo era stato riassegnato da Bruxelles a Ispra (Italia) senza il suo consenso, non già in conseguenza di un atto del legislatore, bensì per il motivo che non sussistevano impieghi corrispondenti alle sue qualifiche all’interno della direzione generale della Commissione presso la quale era assunto (sentenza dell’11 luglio 1996, Aubineau/Commissione, T‑102/95, EU:T:1996:104, punti da 1 a 4).

64      Inoltre, per quanto riguarda i diritti pecuniari statutari dei ricorrenti, si deve ricordare il dettato dell’articolo 64, primo comma, dello Statuto, applicabile per analogia agli agenti temporanei e agli agenti contrattuali in forza dell’articolo 20, paragrafo 1, e dell’articolo 92 del RAA: «[a]lla retribuzione del funzionario espressa in euro, è attribuito, previa deduzione delle ritenute obbligatorie previste dal[lo] (…) statuto o dai regolamenti adottati per la sua applicazione, un coefficiente correttore superiore, inferiore o pari al 100% in rapporto alle condizioni di vita nelle varie sedi di servizio». Ne consegue che la determinazione del coefficiente correttore applicabile al personale di un’agenzia quale la CEPOL non è lasciata alla discrezionalità dell’AACC, ma è la conseguenza delle condizioni di vita nella sede di servizio. Orbene, come risulta dai punti 60 e 61 supra, il cambiamento della sede di servizio dei ricorrenti risultava dal comune accordo degli Stati membri dell’8 ottobre 2013 e dall’articolo 1 del regolamento n. 543/2014. Si deve pertanto concludere che l’applicazione ai ricorrenti del coefficiente correttore previsto per l’Ungheria in luogo di quello previsto per il Regno Unito è soltanto una conseguenza automatica del comune accordo degli Stati membri dell’8 ottobre 2013 e dell’articolo 1 del regolamento n. 543/2014, da un lato, e dell’articolo 64, primo comma, dello Statuto, dall’altro, ai quali la decisione impugnata e le decisioni di rigetto dei reclami non hanno aggiunto né tolto nulla.

65      Di conseguenza, poiché la prima parte della decisione impugnata e delle decisioni di rigetto dei reclami non ha modificato la situazione giuridica dei ricorrenti, essa non ha arrecato loro alcun pregiudizio.

 Sulla seconda parte

66      Si deve ricordare che, secondo l’indicazione che figura all’articolo 1 della decisione impugnata, tutto il personale della CEPOL doveva prendere servizio nella nuova sede della CEPOL a Budapest il 1oottobre 2014 oppure in una data concordata tra il direttore della CEPOL e il membro del personale interessato e che il mancato rispetto di tale istruzione sarebbe stato considerato come un atto di dimissioni con effetto al 30 settembre 2014. Siffatta indicazione lasciava due opzioni ai membri del personale della CEPOL. Essi potevano assumere le loro funzioni nella nuova sede della CEPOL a Budapest nei tempi richiesti oppure non assumere ivi le loro funzioni nei tempi richiesti. Nel caso di specie, i ricorrenti hanno scelto la prima opzione. Come osservato dal Tribunale della funzione pubblica al punto 57 della sentenza impugnata, l’AACC della CEPOL non ha poi applicato nei loro confronti l’indicazione che figura all’articolo 1 della decisione impugnata.

67      Per modificare la situazione giuridica dei ricorrenti ai sensi della giurisprudenza citata al punto 50 supra, tale indicazione doveva manifestare non già la mera intenzione dell’AACC della CEPOL di seguire una linea di condotta generale sulla base della quale essa intendeva adottare decisioni individuali in futuro, bensì stabilire da subito e in modo definitivo norme di applicazione generale – alle quali l’AACC della CEPOL non poteva, in linea di principio, derogare – ai fini della valutazione delle situazioni individuali dei membri del personale della CEPOL che non si fossero presentati alla nuova sede della CEPOL a una determinata data (v., in tal senso, sentenze del 20 novembre 2008, Italia/Commissione, T‑185/05, EU:T:2008:519, punti 41 e 47, e del 13 dicembre 2016, IPSO/BCE, T‑713/14, EU:T:2016:727, punti da 19 a 22).

68      Nel caso di specie, si deve constatare che la decisione impugnata non stabilisce in modo definitivo alcuna norma di questo tipo. Come giustamente sottolineato dalla CEPOL, il fatto che un membro del personale della CEPOL non prendesse servizio presso la nuova sede di quest’ultima a Budapest alla data del 1o ottobre 2014 non avrebbe avuto come conseguenza automatica le sue dimissioni a partire dal 30 settembre precedente senza che sul suo caso particolare fosse avviato un esame individuale. Infatti, dato che diverse ragioni possono spiegare un’assenza nella sede di servizio, la mera circostanza che un membro del personale della CEPOL non si fosse presentato presso la nuova sede di Budapest nei tempi indicati non poteva essere interpretata come un atto di dimissioni.

69      A tale riguardo, in primo luogo, si deve sottolineare che la decisione impugnata conferisce un margine di negoziazione al direttore della CEPOL e ai membri del personale. Da un lato, come è stato osservato al punto 29 della sentenza impugnata, l’articolo 2, terzo comma, di tale decisione prevede la possibilità di negoziati individuali in merito al preavviso di dimissioni tra il direttore della CEPOL e i membri del personale che non desiderano raggiungere la nuova sede della CEPOL a Budapest.

70      Dall’altro lato, in forza dell’articolo 1 della decisione impugnata, i membri del personale della CEPOL che intendessero raggiungere la nuova sede di quest’ultima a Budapest potevano concordare con il direttore della CEPOL una data di assunzione delle funzioni successiva al 1o ottobre 2014.

71      In secondo luogo, dai documenti del fascicolo di primo grado risulta che i membri del personale della CEPOL che non hanno assunto le loro funzioni nella nuova sede della CEPOL a Budapest nei tempi richiesti hanno ricevuto una decisione individuale con la quale l’AACC della CEPOL ha «deciso di accettare le [loro] dimissioni», dopo aver accertato che non sussisteva alcuna ragione di ordine medico all’origine della loro mancanza.

72      Da quanto precede risulta che, quando ha adottato la decisione impugnata, l’AACC della CEPOL ha definito un orientamento generale sulla base del quale essa intendeva, in applicazione delle disposizioni pertinenti, adottare successivamente decisioni individuali che constatassero, se del caso, le dimissioni di quegli agenti della CEPOL che non avevano preso servizio presso la nuova sede della CEPOL a Budapest, tenendo in considerazione la particolare situazione di ciascuno.

73      Occorre pertanto concludere che neppure la seconda parte della decisione impugnata arrecava pregiudizio ai ricorrenti.

74      Di conseguenza, sentite le parti, si deve dichiarare d’ufficio che il Tribunale della funzione pubblica è incorso in un errore di diritto quando non ha dichiarato irricevibili le richieste di annullamento presentate in primo grado.

75      Ciò posto, e senza che occorra esaminare i primi due motivi d’impugnazione, con i quali i ricorrenti contestano il rigetto nel merito delle loro richieste di annullamento presentate in primo grado, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui non ha dichiarato irricevibili tali richieste.

 Sul rigetto delle richieste di risarcimento presentate in primo grado

76      Con il terzo motivo, i ricorrenti addebitano al Tribunale della funzione pubblica di aver commesso un errore di diritto nella valutazione delle loro richieste volte ad ottenere il risarcimento del danno materiale subito. I ricorrenti formulano due censure a sostegno della loro argomentazione.

77      Con la prima censura, i ricorrenti sostengono, in sostanza, che a torto il Tribunale della funzione pubblica ha respinto, ai punti da 106 a 110 della sentenza impugnata, le loro richieste volte ad ottenere il risarcimento del danno materiale subito in quanto irricevibili per mancato rispetto dei requisiti relativi al procedimento precontenzioso di cui all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto. A sostegno di tale censura, i ricorrenti fanno riferimento a numerose pronunce del giudice dell’Unione, dalle quali risulterebbe che una richiesta di risarcimento danni direttamente connessa a una richiesta di annullamento è ricevibile se ed in quanto accessoria a quest’ultima, senza dover necessariamente essere preceduta da una domanda volta a ottenere il risarcimento e, se del caso, da un reclamo diretto contro il rigetto di tale domanda. Orbene, da un lato, in risposta al quesito scritto del Tribunale citato al punto 40 supra, i ricorrenti hanno sostenuto che il Tribunale della funzione pubblica non ha in concreto esaminato l’esistenza di un nesso diretto tra le richieste di annullamento e quelle di risarcimento. Dall’altro lato, i ricorrenti fanno valere che le loro richieste di risarcimento presentate in primo grado avevano per oggetto specificamente l’ottenimento di una riparazione per un danno direttamente connesso alla decisione impugnata. In tali circostanze, la suddetta richiesta non doveva, a loro avviso, essere preceduta da un reclamo.

78      Con la seconda censura, i ricorrenti sostengono, in sostanza, che, essendo il rigetto delle richieste di annullamento presentate in primo grado viziato da errore, occorre altresì censurare il Tribunale della funzione pubblica per aver dichiarato, al punto 111 della sentenza impugnata, che le richieste di risarcimento del danno materiale da essi subito, anche volendole ritenere strettamente collegate alle suddette richieste di annullamento, dovevano essere respinte in conseguenza del rigetto di queste ultime.

79      La CEPOL contesta l’argomentazione dei ricorrenti.

80      Nella sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha indicato due ragioni per le quali respingere le richieste volte al risarcimento del danno materiale avanzate dai ricorrenti.

81      Da un lato, al punto 110 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha respinto in quanto irricevibili le richieste volte al risarcimento del danno materiale avanzate dai ricorrenti, con la motivazione che non erano stati rispettati i requisiti relativi al procedimento precontenzioso. Per giungere a tale conclusione, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato, al punto 108 della sentenza impugnata, che l’AACC della CEPOL non aveva, nella decisione impugnata, preso posizione sulle conseguenze pecuniarie statuarie per ciascuno dei ricorrenti individualmente considerato. Al punto 109 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha constatato che soltanto nei loro rispettivi reclami i ricorrenti avevano formalmente chiesto all’AACC della CEPOL che la loro assunzione di funzioni fosse accompagnata da misure intese a fornire un equo compenso per la riduzione del loro reddito netto, derivante, in particolare, nel caso di specie, dall’applicazione del coefficiente correttore previsto per l’Ungheria. Il Tribunale della funzione pubblica ne ha tratto la conclusione che siffatta pretesa costituisse una domanda ai sensi dell’articolo 90, paragrafo 1, dello Statuto, il cui rigetto nell’ambito delle decisioni di rigetto dei reclami avrebbe dovuto costituire l’oggetto di un ulteriore reclamo. Tuttavia, secondo il Tribunale della funzione pubblica, i ricorrenti non avevano presentato alcun reclamo avverso tale rigetto prima della proposizione del ricorso in primo grado.

82      Dall’altro lato, al punto 111 della sentenza impugnata, il Tribunale della funzione pubblica ha dichiarato che, in ogni caso, anche volendole presumere strettamente connesse con le richieste di annullamento, le richieste di risarcimento del danno materiale dovevano essere respinte in conseguenza del rigetto delle prime.

83      Così giudicando, il Tribunale della funzione pubblica non ha commesso alcun errore di diritto.

84      Come risulta dai punti da 51 a 74 supra, il Tribunale della funzione pubblica era tenuto a respingere le richieste di annullamento presentate in primo grado in quanto irricevibili perché dirette contro atti che non arrecavano alcun pregiudizio. Pertanto, il Tribunale della funzione pubblica, al punto 111 della sentenza impugnata, poteva considerare che le richieste dei ricorrenti volte al risarcimento del danno materiale da essi subito dovevano, anche volendole presumere strettamente connesse alle loro richieste di annullamento, essere respinte in conseguenza del rigetto di queste ultime. Ciò posto, anche volendo ammettere che i ricorrenti abbiano a giusto titolo sostenuto, nell’ambito della loro prima censura, che il Tribunale della funzione pubblica ha errato nel non riconoscere l’esistenza di un nesso diretto tra dette richieste e le richieste volte al risarcimento del danno materiale da essi subito, non è possibile censurare il Tribunale della funzione pubblica per avere respinto queste ultime richieste.

85      Di conseguenza, il terzo motivo d’impugnazione dev’essere respinto.

 Sul ricorso in primo grado

86      Ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (UE, Euratom) 2016/1192 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, relativo al trasferimento al Tribunale della competenza a decidere, in primo grado, sulle controversie tra l’Unione europea e i suoi agenti (GU 2016, L 200, pag. 137), qualora il Tribunale annulli una decisione del Tribunale della funzione pubblica giudicando nel contempo che lo stato degli atti consente una decisione sulla controversia, la sezione che statuisce sull’impugnazione si pronuncia essa stessa su tale controversia. Ciò si verifica nel presente caso.

87      In via preliminare, si deve ricordare che la sentenza impugnata è annullata solo nella parte in cui il Tribunale della funzione pubblica non ha dichiarato irricevibili le richieste di annullamento presentate in primo grado. Per contro, come è stato rilevato ai punti da 76 a 85 supra, la sentenza impugnata resta fondata nella parte in cui ha respinto le richieste volte al risarcimento del danno materiale asseritamente subito. In merito al rigetto, da parte del Tribunale della funzione pubblica, delle richieste dei ricorrenti volte al risarcimento dell’asserito danno morale, esso non è stato in alcun modo contestato nell’ambito della presente impugnazione. (v. punto 45 supra).

88      Di conseguenza, spetta al Tribunale statuire in via definitiva unicamente sulle richieste di annullamento presentate in primo grado. Per i motivi esposti ai punti da 49 a 75 supra, occorre affermare che tali richieste devono essere dichiarate irricevibili.

 Sulle spese

89      Conformemente all’articolo 211, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione non è fondata e la controversia viene decisa dal Tribunale, lo stesso statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 211, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

90      Tuttavia, ai sensi dell’articolo 211, paragrafo 4, del regolamento di procedura, nelle impugnazioni proposte dai funzionari o da altri agenti di un’istituzione il Tribunale può decidere, in deroga all’articolo 134, paragrafo 1, del medesimo regolamento, che le spese vengano ripartite fra le parti, nella misura richiesta dall’equità.

91      Nel caso di specie, i ricorrenti sono rimasti soccombenti sia nel procedimento d’impugnazione che in quello di primo grado e la CEPOL ne ha chiesto la condanna alle spese. Tuttavia, per ragioni di equità, il Tribunale ritiene, alla luce di tutte le circostanze del caso di specie, di compiere una giusta valutazione della causa condannando ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese relative ad entrambi i procedimenti.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sezione delle impugnazioni)

dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (Terza Sezione) dell’11 aprile 2016, FN e a./CEPOL (F41/15 DISS II), è annullata nella parte in cui non ha dichiarato irricevibili le richieste di annullamento presentate da FN, FP e FQ.

2)      Le richieste di annullamento presentate da FN, FP e FQ dinanzi al Tribunale della funzione pubblica nella causa F41/15 DISS II sono respinte.

3)      L’impugnazione è respinta per il resto.

4)      FN, FP e FQ, da un lato, e l’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL), dall’altro, sopportano ciascuna le proprie spese relative al procedimento d’impugnazione e al procedimento di primo grado.

Jaeger

Van der Woude

Frimodt Nielsen

Kanninen

 

      Gratsias

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 ottobre 2018.

Firme



*      Lingua processuale: l’inglese.