Language of document : ECLI:EU:T:2011:365

Causa T‑151/07

Kone Oyj e altri

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE — Manipolazione delle gare d’appalto — Ripartizione dei mercati — Fissazione dei prezzi»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Ammende — Orientamenti per il calcolo delle ammende — Natura giuridica

(Comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

2.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Coerenza tra gli importi posti a carico di più imprese

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

3.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Obbligo di prendere in considerazione l’impatto concreto sul mercato — Insussistenza — Ruolo fondamentale del criterio vertente sulla natura dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

4.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Applicazione della comunicazione sulla cooperazione — Potere discrezionale della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

5.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri di accertamento della Commissione — Decisione che dispone un accertamento — Obbligo di motivazione — Portata

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 20, n. 4)

6.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende in contropartita della cooperazione delle imprese incriminate — Vincolatività nei confronti della Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Violazione del principio di parità di trattamento — Presupposti — Comparabilità delle situazioni

(Regolamento n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Accesso al fascicolo — Portata — Diniego di comunicazione di un documento — Conseguenze — Necessità di distinguere, a livello di onere della prova incombente sull’impresa interessata, tra i documenti a carico e quelli a favore

9.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Comportamento dell’impresa durante il procedimento amministrativo

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, artt. 18, n. 1, e 20, n. 3)

10.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Applicazione della comunicazione sulla cooperazione — Riduzione a motivo della mancata contestazione al di fuori della suddetta comunicazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazioni della Commissione 96/C 207/04 e 2002/C 45/03)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata — Riduzione per non aver contestato i fatti — Presupposti

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 96/C 207/04, parte D, punto 2)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Comportamento dell’impresa durante il procedimento amministrativo — Illegittimità delle riduzioni di ammenda concesse alle imprese che non hanno espressamente ammesso i fatti allegati dalla Commissione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23)

1.      Anche se gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA non possono essere qualificati come norme giuridiche alla cui osservanza l’amministrazione è comunque tenuta, essi enunciano tuttavia una norma di comportamento indicativa della prassi da seguire, dalla quale l’amministrazione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento. Adottando siffatte norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento. Inoltre, detti orientamenti stabiliscono, in modo generale e astratto, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della determinazione dell’ammontare delle ammende e garantiscono, di conseguenza, la certezza del diritto nei confronti delle imprese.

(v. punti 34-36)

2.      Anche ammesso che la Commissione, quando constata più infrazioni molto gravi in un’unica decisione, debba garantire una certa coerenza tra gli importi di partenza generali delle ammende e le dimensioni dei vari mercati di cui trattasi, nulla indica che un simile importo fissato per l’intesa in uno Stato membro sia sproporzionato rispetto agli importi di partenza generali stabiliti per le intese in altri Stati membri, allorché la Commissione fissa gli importi di partenza per le infrazioni negli Stati membri interessati in modo ragionevole e coerente, pur senza ricorrere ad una formula matematica precisa, cosa che peraltro non è tenuta a fare.

(v. punti 54-55)

3.      La gravità delle infrazioni al diritto della concorrenza dell’Unione deve essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali, segnatamente, le particolari circostanze del procedimento, il suo contesto e la portata dissuasiva delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione. A tale riguardo, le dimensioni del mercato rilevante non costituiscono, in linea di principio, un fattore indispensabile, ma solo uno fra più fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione, e la Commissione non è peraltro obbligata a procedere ad una delimitazione del mercato rilevante o ad una valutazione delle sue dimensioni, dal momento che l’infrazione in questione ha un oggetto anticoncorrenziale.

Infatti, orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA non prevedono che l’importo delle ammende sia calcolato in funzione del fatturato complessivo o del fatturato realizzato dalle imprese sul mercato in questione. Tuttavia, essi non ostano nemmeno a che tali fatturati siano presi in considerazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda affinché siano rispettati i principi generali del diritto dell’Unione e qualora le circostanze lo richiedano.

In tale contesto, dato che la Commissione non ha determinato l’importo di partenza generale di un’ammenda per un’infrazione relativa ad uno Stato membro fondandosi sulle dimensioni del mercato interessato, ma ha fondato la propria decisione sulla natura di detta infrazione e sulla sua estensione geografica, la considerazione secondo cui l’importo di partenza generale dell’ammenda fissata per l’intesa in tale Stato membro dovrebbe rispecchiare le presunte dimensioni ridotte del mercato rilevante è fondato su una premessa errata e la decisione della Commissione non viola il principio di proporzionalità.

Lo stesso vale per quanto riguarda la mancata presa in considerazione dell’impatto dell’infrazione sul mercato. Infatti, conformemente al punto 1 A, primo comma, dei suddetti orientamenti, nel valutare la gravità dell’infrazione la Commissione deve procedere ad un esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente quando risulti che tale impatto è misurabile. Per valutare detto impatto, è compito della Commissione riferirsi al gioco della concorrenza che di regola sarebbe esistito in mancanza d’infrazione. Tuttavia, quando la Commissione ritiene fosse impossibile misurare gli effetti precisi di un’infrazione sul mercato, senza che le imprese interessate dimostrino il contrario, nella sua decisione essa può fondarsi sulla natura grave dell’infrazione nonché sulla sua estensione geografica.

L’effetto di una pratica anticoncorrenziale, infatti, non è un criterio decisivo ai fini della valutazione della gravità di un’infrazione. Determinati elementi attinenti all’intenzionalità della condotta possono assumere un rilievo maggiore di quello rappresentato dai detti effetti, soprattutto quando si tratti di violazioni intrinsecamente gravi, quali la ripartizione dei mercati. Pertanto, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente, in particolare, al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi». Dalla descrizione delle infrazioni molto gravi fornita da detti orientamenti emerge che gli accordi o le pratiche concordate dirette in particolare alla ripartizione dei mercati possono comportare, solo per la loro stessa natura, la qualifica di «molto gravi», senza che occorra valutare tali comportamenti in funzione di un’incidenza o di un’estensione geografica particolare. Tale conclusione è avvalorata dal fatto che, se nella descrizione delle infrazioni gravi si menzionano espressamente l’incidenza sul mercato e gli effetti su zone estese del mercato comune, in quella delle infrazioni molto gravi, invece, non è menzionata alcuna condizione relativa all’impatto concreto sul mercato o alla produzione di effetti su una determinata zona geografica.

In tali condizioni, per loro stessa natura, le infrazioni alle norme dell’Unione in materia di concorrenza accertate in una decisione della Commissione figurano tra le violazioni più gravi dell’art. 81 CE, dal momento che consistono in un accordo collusivo segreto tra concorrenti per ripartirsi i mercati o congelare le quote di mercato attribuendosi i progetti relativi alla vendita e all’installazione di ascensori e/o di scale mobili nuovi, e per non farsi concorrenza nel settore della manutenzione e dell’ammodernamento di ascensori e scale mobili. Oltre alla grave alterazione del gioco della concorrenza che esse comportano, queste intese, in quanto obbligano le parti a rispettare mercati distinti, spesso delimitati dalle frontiere nazionali, provocano l’isolamento di questi mercati, ostacolando così l’obiettivo principale del Trattato di integrazione del mercato comune. Pertanto infrazioni di questo tipo, in particolare quando si tratta di intese orizzontali, sono qualificate dalla giurisprudenza come «particolarmente gravi» o come «infrazioni patenti».

(v. punti 32, 46-47, 56, 61-62, 64, 67-69)

4.      La comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese configura uno strumento destinato a precisare, nel rispetto delle norme di rango superiore, i criteri che la Commissione intende applicare nell’esercizio del suo potere discrezionale nella fissazione delle ammende inflitte per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza. Ne risulta un’autolimitazione di detto potere che non è tuttavia incompatibile con il mantenimento da parte della Commissione di un margine di valutazione sostanziale.

Pertanto, la Commissione dispone di un ampio margine di valutazione allorché è chiamata a valutare se gli elementi di prova forniti da un’impresa che abbia espresso la propria intenzione di beneficiare della comunicazione sulla cooperazione costituiscano un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 di detta comunicazione.

Analogamente, la Commissione, dopo avere constatato che taluni elementi di prova costituiscono un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione, dispone di un margine di valutazione discrezionale quando è chiamata a stabilire il livello esatto della riduzione dell’importo dell’ammenda da concedere all’impresa interessata. Infatti, il punto 23, lett. b), primo comma, della comunicazione sulla cooperazione prevede forcelle per la riduzione dell’importo dell’ammenda per le diverse categorie di imprese considerate. Tenuto conto del summenzionato margine di valutazione, solo il manifesto superamento di tale margine può essere censurato dal giudice dell’Unione.

Per ottenere l’immunità dalle ammende in forza del punto 8, lett. b), della comunicazione sulla cooperazione, è necessario che l’impresa sia la prima a fornire elementi di prova che, secondo la Commissione, possono consentirle di constatare un’infrazione all’art. 81 CE.

Inoltre, la qualità della cooperazione di un’impresa determina se essa possa beneficiare di una simile immunità in forza di tale disposizione. Infatti, non basta che detta impresa abbia fornito informazioni ed elementi che consentono di reprimere effettivamente l’infrazione. Benché sia vero che non occorre che gli elementi di prova comunicati siano sufficienti per dimostrare l’infrazione nel suo complesso o nei minimi dettagli, tuttavia tali elementi devono essere di natura, precisione e forza probatoria sufficienti per consentire alla Commissione di dimostrare un’infrazione all’art. 81 CE.

Al riguardo, le dichiarazioni basate su ricordi e rese dai dirigenti dell’impresa interessata, per le quali non si può escludere che contengano inesattezze, e dichiarazioni unilaterali non possono essere sufficienti per constatare un’infrazione se non sono suffragate da prove documentali precise e concordanti. Infatti, la Commissione deve riferirsi nella sua decisione a prove precise e concordanti atte a fondare il fermo convincimento che l’infrazione è stata commessa.

In tali condizioni, la Commissione non supera manifestamente il proprio margine di discrezionalità qualora neghi l’immunità dalle ammende ad un’impresa che abbia fornito elementi di prova di valore probatorio limitato, non contemporanei all’infrazione e di cui una parte è priva di data. La circostanza che tale impresa abbia ottenuto una simile immunità per un’infrazione dello stesso tipo commessa in altri Stati membri è irrilevante a questo proposito, dato che la natura e la precisione delle informazioni fornite in ciascun caso erano diverse.

La Commissione non supera neppure in modo manifesto il margine di discrezionalità di cui dispone per valutare la cooperazione di un’impresa al fine di ridurre l’importo dell’ammenda inflitta, considerando che elementi non contemporanei, che negano la finalità anticoncorrenziale di un’intesa e che sono affetti da ambiguità, sono privi della precisione necessaria per attribuire loro un valore aggiunto significativo, ai sensi del punto 21 della suddetta comunicazione sulla cooperazione. Infatti, quando un’impresa, la quale non trasmetta nella sua domanda di trattamento favorevole elementi di prova contemporanei alla Commissione, informi quest’ultima di determinati elementi che le erano precedentemente ignoti, si può ritenere che tali elementi rafforzino in misura significativa la capacità della Commissione di dimostrare un’intesa solo se l’impresa interessata pone tali elementi in relazione con detta intesa, poiché il contributo dell’impresa deve effettivamente rafforzare la capacità della Commissione di provare l’infrazione. Pertanto, ogni riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta dalla Commissione deve rispecchiare l’effettivo contributo dell’impresa alla constatazione dell’infrazione da parte della Commissione.

(v. punti 80-81, 83-84, 91, 94, 97-99, 100, 102-103, 108, 111-113, 117-119, 122-124, 162, 165, 169, 174-176, 179)

5.      La Commissione deve, trattandosi di decisioni che ordinano accertamenti, chiaramente precisare gli indizi che intende verificare. Tuttavia, la delimitazione precisa del mercato di cui trattasi, l’esatta qualificazione giuridica delle asserite infrazioni e l’indicazione del periodo durante il quale le infrazioni sarebbero state commesse non sono indispensabili nella decisione che ordina l’accertamento.

(v. punto 116)

6.      La comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese crea aspettative legittime sulle quali fanno affidamento le imprese che intendono informare la Commissione dell’esistenza di un’intesa. Alla luce del legittimo affidamento che le imprese che intendono cooperare con la Commissione possono aver tratto dalla detta comunicazione, la Commissione è tenuta a conformarvisi in sede di valutazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda imposta ad un’impresa, della cooperazione di quest’ultima. Al riguardo, in via di principio un operatore economico non può fondare un legittimo affidamento nella concessione dell’immunità dalle ammende esclusivamente sul silenzio della Commissione.

(v. punti 127, 130, 186)

7.      La Commissione non può violare, nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dai partecipanti ad un’intesa, il principio di parità di trattamento. Non ricorre una violazione di detto principio, dato che le due situazioni non sono paragonabili, allorché la Commissione, da un lato, concede l’immunità dalle ammende ad un’impresa le cui informazioni hanno consentito di dare l’avvio ai primi accertamenti e, dall’altro, la nega ad un’altra impresa che ha fornito informazioni dopo che la Commissione abbia effettuato detti primi accertamenti.

(v. punti 135, 137-138, 140)

8.      Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento con cui possono essere inflitte sanzioni, specie ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa.

L’accesso al fascicolo nelle cause di concorrenza ha lo scopo, in particolare, di permettere ai destinatari di una comunicazione degli addebiti di venire a conoscenza degli elementi di prova contenuti nel fascicolo della Commissione, affinché possano pronunciarsi in modo efficace, sulla base di tali elementi, sulle conclusioni cui la Commissione è pervenuta nella sua comunicazione degli addebiti. L’accesso al fascicolo rientra così tra le garanzie procedurali dirette a tutelare i diritti della difesa e ad assicurare, in particolare, l’effettivo esercizio del diritto di essere sentiti.

La Commissione ha quindi l’obbligo di rendere accessibile alle imprese coinvolte in un procedimento ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE tutta la documentazione a carico e a favore da essa raccolta nel corso dell’indagine, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni dell’istituzione e altre informazioni riservate.

Peraltro, la semplice mancata comunicazione di un documento a carico costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata può dimostrare che la Commissione si è basata su tale documento per dare sostegno alla propria censura relativa all’esistenza di un’infrazione e che tale censura poteva essere dimostrata solo facendo riferimento al documento in questione.

Per quanto attiene, invece, alla mancata comunicazione di un documento a discarico, l’impresa interessata deve solo provare che la sua mancata divulgazione abbia potuto influenzare, a suo detrimento, lo svolgimento del procedimento ed il contenuto della decisione della Commissione. È quindi sufficiente che l’impresa dimostri che essa avrebbe potuto utilizzare tali documenti a discarico per la propria difesa, nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi non concordanti con le deduzioni operate in quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto, pertanto, influenzare, in una qualsiasi maniera, le valutazioni svolte da quest’ultima nell’eventuale decisione, quanto meno con riguardo alla gravità e alla durata del comportamento contestatole e, di conseguenza, all’entità dell’ammenda.

(v. punti 143-147,151)

9.      Nella determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di cooperazione durante il procedimento amministrativo è giustificata solo se il comportamento dell’impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con meno difficoltà e, se del caso, di porvi fine. Inoltre, l’impresa che dichiari espressamente di non contestare gli elementi di fatto sui quali la Commissione ha fondato i propri addebiti può essere considerata alla stregua di un’impresa che ha contribuito ad agevolare il compito della Commissione, consistente nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione.

Del resto, conformemente agli artt. 18, n. 1, e 20, n. 3, del regolamento n. 1/2003, le imprese sono obbligate a fornire le informazioni richieste e a sottoporsi agli accertamenti. Ora, una collaborazione all’inchiesta che non oltrepassa quanto incombe alle imprese in forza di tali disposizioni non giustifica una riduzione dell’ammenda.

Inoltre, l’asserita flessibilità dell’impresa per quanto riguarda le richieste di trattamento riservato delle informazioni da essa fornite alla Commissione non può essere considerata tale da contribuire ad agevolare il compito alla Commissione. A tale proposito, le richieste ragionevoli di trattamento riservato non ostacolano l’indagine e, in ogni caso, spetta all’impresa interessata chiedere il trattamento riservato dei dati che, a suo parere, non devono essere divulgati a terzi.

Ne consegue che una cooperazione circoscritta entro simili limiti non può aver suscitato alcun legittimo affidamento nel fatto che le sarebbe stata concessa una riduzione dell’ammenda.

(v. punti 204, 222)

10.    Il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l’amministrazione dell’Unione, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate. Per contro, nessuno può invocare una violazione del legittimo affidamento in mancanza di assicurazioni precise fornitegli dall’amministrazione. Costituiscono assicurazioni in tal senso informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili.

Nella determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, l’annuncio, nella comunicazione degli addebiti, che la Commissione intende concedere una riduzione dell’ammenda al di fuori della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese non può costituire un’assicurazione precisa circa l’entità o la percentuale della riduzione che sarebbe eventualmente accordata alle imprese interessate. Pertanto, una simile dichiarazione non può in alcun modo suscitare un legittimo affidamento a tale riguardo.

Neanche una prassi decisionale anteriore della Commissione può suscitare nelle imprese interessate un legittimo affidamento quanto al livello di riduzione dell’ammenda.

In ogni caso, gli operatori economici non possono fare affidamento sulla conservazione di una situazione esistente che può essere modificata dalle istituzioni nell’ambito del loro potere discrezionale. Di conseguenza, l’efficace applicazione delle norme della concorrenza dell’Unione implica che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

(v. punti 206-208, 210, 212)

11.    Per beneficiare di una riduzione dell’importo dell’ammenda per mancata contestazione dei fatti, conformemente al punto D, sub 2, secondo trattino, della comunicazione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi d’intesa tra imprese, un’impresa deve esplicitamente informare la Commissione che non intende contestare la sostanza dei fatti, dopo avere preso conoscenza della comunicazione degli addebiti. Al riguardo, una dichiarazione generica secondo cui l’impresa interessata non contesta che l’accordo collusivo, nei limiti in cui risulta dai fatti indicati nel fascicolo della Commissione riguardasse un’infrazione unica e continuata non può essere considerata atta ad agevolare il compito della Commissione che consiste nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione. Lo stesso dicasi quando la mancata contestazione è puramente formale ed ambigua e non ha alcun effetto positivo sull’accertamento dei fatti, poiché l’impresa interessata si limita a descrivere la propria partecipazione all’infrazione in termini puramente ipotetici, ovvero minimizzando gli effetti anticoncorrenziali degli accordi illeciti.

(v. punti 227, 230-231)

12.    Nella determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere per violazione delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, la Commissione non può violare il principio della parità di trattamento nell’ambito della valutazione della cooperazione fornita dai partecipanti di un’intesa. Tuttavia, l’osservanza del principio della parità di trattamento deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità secondo cui nessuno può far valere, a proprio vantaggio, un illecito commesso a favore di altri.

Al riguardo, l’impresa che dichiari espressamente di non contestare gli elementi di fatto sui quali la Commissione ha fondato i propri addebiti può essere considerata alla stregua di un’impresa che ha contribuito ad agevolare il compito della Commissione, consistente nell’accertare e nel reprimere le violazioni delle regole di concorrenza dell’Unione. Nelle sue decisioni che accertano l’esistenza di una violazione di tali regole, la Commissione può considerare un comportamento del genere come un riconoscimento delle sue allegazioni e, pertanto, come un elemento comprovante la loro fondatezza. Di conseguenza, un comportamento del genere può giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda.

Ciò non avviene quando un’impresa contesti nella sua risposta la sostanza dei fatti così allegati. Infatti, assumendo un atteggiamento del genere durante il procedimento amministrativo, l’impresa non contribuisce ad agevolare il compito della Commissione.

(v. punti 234-235)