Language of document : ECLI:EU:T:2015:699

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

25 settembre 2015 (*)

«Marchio comunitario – Opposizione – Domanda di marchio comunitario denominativo BLUECO – Marchio comunitario denominativo anteriore BLUECAR – Impedimento relativo alla registrazione – Rischio di confusione – Carattere distintivo del marchio anteriore – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Domanda di riforma presentata dall’interveniente – Articolo 65, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T‑684/13,

Copernicus-Trademarks Ltd, con sede in Borehamwood (Regno Unito), rappresentata da L. Pechan e S. Körber, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da A. Schifko, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Bolloré SA, con sede in Ergué-Gabéric (Francia), rappresentata inizialmente da B. Fontaine, successivamente da O. Legrand, avvocati,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI dell’8 ottobre 2013 (procedimento R 2029/2012‑1), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Bolloré SA e la Copernicus-Trademarks Ltd,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M. E. Martins Ribeiro, presidente, S. Gervasoni (relatore) e L. Madise, giudici,

cancelliere: C. Heeren, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 23 dicembre 2013,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 26 maggio 2014,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 maggio 2014,

vista la replica depositata presso la cancelleria del Tribunale il 1° settembre 2014,

vista la controreplica dell’interveniente, depositata presso la cancelleria del Tribunale il 24 novembre 2014,

in seguito all’udienza del 24 marzo 2015, alla quale la ricorrente non ha partecipato,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 9 febbraio 2011 la Copernicus Eood ha presentato una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1).

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno denominativo BLUECO.

3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano, segnatamente, nella classe 12 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «Veicoli e relative parti e accessori».

4        La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 139/2011, del 26 luglio 2011.

5        Il 26 ottobre 2011, la Bolloré SA, interveniente, ha presentato opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione si fondava sul marchio comunitario denominativo anteriore BLUECAR, registrato il 23 agosto 2006 con il numero 4597621, segnatamente per i prodotti compresi nella classe 12 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Veicoli; motori elettrici e organi di trasmissione per i suddetti veicoli a propulsione elettrica».

7        L’impedimento dedotto a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

8        Il 20 agosto 2012, la domanda di marchio è stata trasferita alla ricorrente, la Copernicus‑Trademarks Ltd.

9        Con decisione del 31 agosto 2012, la divisione di opposizione ha accolto l’opposizione.

10      Il 30 ottobre 2012, la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione di opposizione.

11      Il 10 aprile 2013, la ricorrente ha richiesto di limitare l’elenco dei prodotti contenuti nella domanda di marchio ai «veicoli, escluse relative parti e accessori», compresi nella classe 12. L’UAMI ha accettato tale limitazione e ha invitato l’interveniente a decidere se, alla luce della nuova specificazione dei prodotti, l’opposizione dovesse essere ritirata. L’interveniente non ha dato seguito a tale invito.

12      Con decisione dell’8 ottobre 2013 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha respinto il ricorso. In particolare, essa ha ritenuto che il territorio di riferimento fosse l’Unione europea, che il pubblico di riferimento fosse composto da consumatori finali, il cui livello di attenzione è elevato, trattandosi di prodotti costosi (punto 20 della decisione impugnata), e che i prodotti interessati dal marchio richiesto fossero identici ai prodotti coperti dal marchio anteriore (punto 21 della decisione impugnata). In seguito, essa ha affermato che il marchio anteriore comprendeva i termini «blue» e «car», il cui ultimo termine descriveva direttamente i prodotti di cui trattasi e che costituiva, pertanto, il termine più debole di tale marchio (punto 24 della decisione impugnata). In seguito, essa ha ritenuto che gli elementi di prova prodotti dall’interveniente non consentissero di accertare che il marchio anteriore aveva acquisito un carattere distintivo accresciuto dall’uso e ne ha dedotto che tale marchio possedesse un carattere distintivo intrinseco medio (punto 25 della decisione impugnata). La commissione di ricorso ha parimenti ritenuto l’esistenza di una somiglianza visiva tra i segni in conflitto, le cui prime cinque lettere sono identiche e poste nel medesimo ordine (punto 26 della decisione impugnata). Da un punto di vista fonetico, essa ha ritenuto che i segni in conflitto fossero globalmente molto simili per il pubblico anglofono, parte rilevante del pubblico di riferimento, a causa di una pronuncia identica dell’elemento «blue», comune ai due segni, e di una pronuncia simile degli elementi «co» e «car» (punto 27 della decisione impugnata). Essa ha, inoltre, ritenuto che i segni fossero, in parte, concettualmente simili per il pubblico anglofono, a causa della presenza del termine «blue» nei due segni (punto 28 della decisione impugnata). Poiché i segni in conflitto erano globalmente simili (punto 29 della decisione impugnata), i prodotti di cui trattasi erano identici e la giurisprudenza ritiene che sia sufficiente che sussista un rischio di confusione nei confronti soltanto di una parte del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso ha concluso che non potesse escludersi un rischio di confusione tra i segni in conflitto (punti da 30 a 33 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

13      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata e respingere l’opposizione nella sua integralità;

–        condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese del presente procedimento e del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI.

14      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

15      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        ingiungere alla ricorrente di giustificare il suo interesse ad agire;

–        escludere gli allegati da K 5 a K 27 prodotti dalla ricorrente in quanto irricevibili;

–        confermare la decisione impugnata, salvo affermare che il marchio anteriore beneficia di una tutela accresciuta in ragione della notorietà di cui gode sul mercato;

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sull’interesse ad agire

16      Nel suo controricorso, l’interveniente ha contestato l’interesse ad agire della ricorrente, la quale avrebbe ceduto la domanda di marchio controverso alla società Ivo‑Kermartin, e ha chiesto al Tribunale di sollecitare alla ricorrente la produzione di elementi diretti a giustificare il suo interesse ad agire.

17      Nella sua memoria di replica, la ricorrente ha prodotto un mandato della società Ivo‑Kermartin, nuova titolare della domanda di marchio, il quale indica che questa l’autorizzava a proseguire il suo ricorso nel suo proprio interesse e in suo nome. Essa ritiene, pertanto, di essere «legittimata a proporre [il suo] ricorso» sul fondamento delle disposizioni dell’articolo 65, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009.

18      All’udienza l’interveniente ha affermato di non contestare più l’interesse ad agire della ricorrente e l’UAMI ha affermato di rimettersi al prudente apprezzamento del Tribunale quanto alla necessità di risolvere tale questione nel caso di specie.

19      Quanto alle circostanze della fattispecie, occorre statuire direttamente sul merito della causa, senza che vi sia bisogno di pronunciarsi sull’interesse ad agire della ricorrente (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2002, Consiglio/Boehringer, C‑23/00 P, Racc., EU:C:2002:118, punti da 50 a 52, e del 23 ottobre 2007, Polonia/Consiglio, C‑273/04, Racc., EU:C:2007:622, punto 33).

 Sulla ricevibilità di taluni argomenti ed elementi di prova dedotti per la prima volta dinanzi al Tribunale

20      In via preliminare, occorre constatare, come rilevato dall’UAMI e dall’interveniente, che la ricorrente ha prodotto dinanzi al Tribunale diversi documenti che non erano stati prodotti nel corso del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, a sostegno della sua argomentazione, presentata per la prima volta dinanzi al Tribunale, secondo cui il termine «blue» farebbe riferimento, in particolare nel settore automobilistico, al rispetto dell’ambiente.

21      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, infatti, dal fascicolo emerge che questa non aveva addotto alcuna argomentazione dinanzi agli organi dell’UAMI diretta ad accertare che il termine «blue» fosse riferito al rispetto dell’ambiente. Parimenti, gli allegati da K 5 a K 25 non erano stati prodotti dalla ricorrente dinanzi all’UAMI.

22      Orbene, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il Tribunale non può, nell’esercizio di controllo di legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’UAMI, riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad esso (sentenze del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, Racc., EU:C:2008:739, punti da 136 a 144, e del 10 novembre 2011, LG Electronics/UAMI, C‑88/11 P, EU:C:2011:727, punti 25). Parimenti, i fatti non dedotti dalle parti dinanzi agli organi dell’UAMI non possono più esserlo nella fase del ricorso proposto dinanzi al Tribunale (sentenze Les Éditions Albert René/UAMI, cit., EU:C:2008:739, punto 137, e LG Electronics/UAMI, cit., EU:C:2011:727, punto 25). Pertanto, i fatti non dedotti dalla ricorrente dinanzi agli organi dell’UAMI e le prove prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale sono irricevibili.

23      Parimenti, l’allegato K 26, che contiene la sentenza del Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania) del 24 novembre 2010, non prodotta dinanzi alla commissione di ricorso e che è identico all’allegato K 29, non può essere addotto quale elemento di prova relativo ai fatti della presente causa. Se è vero, infatti, che le pronunce di giudici nazionali possono, in linea di principio, essere prodotte per la prima volta dinanzi al Tribunale, tuttavia queste non possono essere addotte quali elementi di prova sui fatti di una causa promossa dinanzi al Tribunale [v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2008, Lego Juris/UAMI – Mega Brands (Brique de Lego rouge), T‑270/06, Racc., EU:T:2008:483, punti 22 e 23].

 Sulla ricevibilità delle conclusioni di riforma presentate dall’interveniente

24      L’interveniente, pur concludendo, come l’UAMI, per il rigetto del ricorso, chiede che il Tribunale voglia confermare la decisione impugnata, salvo affermare che il marchio anteriore benefici di una tutela accresciuta in ragione della notorietà di cui gode sul mercato. L’interveniente contesta, infatti, la valutazione della commissione di ricorso, riportata al punto 25 della decisione impugnata, secondo la quale gli elementi che essa ha prodotto non provavano in modo sufficiente che il marchio anteriore fosse stato utilizzato con una tale intensità da acquisire un grado di notorietà presso i consumatori di riferimento in tutta l’Unione e che possedesse, pertanto, soltanto un carattere distintivo medio. L’interveniente chiede di confutare su tale punto la decisione impugnata o, quantomeno, di confermarla nei limiti in cui ha riconosciuto al marchio anteriore un carattere distintivo medio.

25      Una tale domanda deve essere intesa come conclusioni dirette alla riforma della decisione impugnata, così come ha ammesso del resto la medesima interveniente in udienza, precisando che tali conclusioni avevano carattere sussidiario. Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, un interveniente ha, infatti, in linea di principio, il diritto di formulare, nella sua memoria di replica, conclusioni dirette alla riforma della decisione della commissione di ricorso su un punto non sollevato nel ricorso.

26      In udienza l’UAMI ha dichiarato che le conclusioni dirette alla riforma della decisione impugnata dovevano essere respinte in quanto irricevibili.

27      Occorre ricordare che le disposizioni dell’articolo 65, paragrafo 4, del regolamento n. 207/2009 prevedono che il ricorso dinanzi al Tribunale avverso una decisione di una commissione di ricorso dell’UAMI può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso «se nella propria decisione questa non ne ha accolto le richieste». Inoltre, secondo costante giurisprudenza, l’interesse ad agire di un ricorrente costituisce il presupposto essenziale di qualsiasi azione giurisdizionale (ordinanza del 31 luglio 1989, S./Commissione, 206/89 R, Racc., EU:C:1989:333, punto 8) e deve sussistere, relativamente all’oggetto del ricorso, nella fase della presentazione dello stesso pena l’irricevibilità (sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, Racc., EU:C:2007:322, punto 42). L’interesse ad agire presuppone che il ricorso possa, con il suo esito, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (sentenza del 17 aprile 2008, Flaherty e a./Commissione, C‑373/06 P, C‑379/06 P e C‑382/06 P, Racc., EU:C:2008:230, punto 25).

28      Conformemente alla giurisprudenza, occorre ritenere che una decisione di una commissione di ricorso abbia accolto le pretese di una delle parti dinanzi a essa se accoglie la richiesta di tale parte sulla base di uno degli impedimenti alla registrazione o della nullità di un marchio o, più in generale, sulla base di una sola parte dell’argomentazione presentata da detta parte, anche se ha omesso di esaminare o ha respinto gli altri impedimenti o motivi invocati dalla stessa [sentenza del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, Racc., EU:T:2011:739, punto 26; v. anche, in tal senso, ordinanza del 14 luglio 2009, Hoo Hing/UAMI – Tresplain Investments (Golden Elephant Brand), T‑300/08, EU:T:2009:275, punti da 29 a 37; v., per analogia, sentenza del 17 settembre 1992, NBV e NVB/Commissione, T‑138/89, Racc., EU:T:1992:95, punti da 30 a 35].

29      Nel caso di specie, poiché l’opposizione proposta dall’interveniente alla registrazione del marchio richiesto, fondata sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, è stata accolta nella sua integralità, si deve ritenere che la decisione impugnata abbia accolto le pretese dell’interveniente.

30      Dal considerando 8 del regolamento n. 207/2009 emerge, certamente, che la valutazione del rischio di confusione dipende segnatamente dalla notorietà del marchio di impresa sul mercato di cui trattasi. Inoltre, essendo il rischio di confusione tanto più ampio quanto più rilevante è il carattere distintivo del marchio anteriore, i marchi che hanno un elevato carattere distintivo, o intrinsecamente o a motivo della notorietà che hanno in riferimento al pubblico, godono di una tutela più ampia rispetto ai marchi il cui carattere distintivo è inferiore (v., per analogia, sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C‑251/95, Racc., EU:C:1997:528, punto 24; del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, Racc., EU:C:1998:442, punto 18, e del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C‑342/97, Racc., EU:C:1999:323, punto 20).

31      Tuttavia, poiché la commissione di ricorso ha ritenuto l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto ed ha accolto l’opposizione, anche se non ha riconosciuto il carattere distintivo accresciuto dall’uso del marchio anteriore, un’eventuale riforma della decisione impugnata quanto alla sola valutazione della commissione di ricorso sul grado di carattere distintivo e di notorietà del marchio anteriore non inciderebbe sui diritti che l’interveniente trae da tale marchio e che detta decisione non ha in alcun modo pregiudicato. L’interveniente ha inoltre precisato, a sostegno della sua domanda di riforma, di sperare quantomeno nella conferma della decisione impugnata nella parte in cui accerta il carattere distintivo medio di detto marchio.

32      Di conseguenza, occorre respingere le conclusioni di riforma presentate dall’interveniente in quanto irricevibili.

 Nel merito

33      La ricorrente deduce un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

34      La ricorrente sostiene che non vi è rischio di confusione tra i segni in conflitto. Essa evidenzia, in primo luogo, che il marchio anteriore è dotato soltanto di un carattere distintivo molto debole, poiché il termine «blue» è descrittivo e frequentemente utilizzato da marchi registrati nel settore automobilistico. La ricorrente ritiene, inoltre, che la commissione di ricorso abbia erroneamente concluso che i segni in conflitto fossero simili sul piano visivo, in quanto il marchio richiesto doveva essere identificato come comprendente i termini «blue» e «eco». Sul piano fonetico, i due segni presenterebbero differenze rilevanti. Infine, i segni non sarebbero simili sul piano concettuale, tenuto conto della divergenza delle loro parti finali.

35      L’UAMI e l’interveniente contestano gli argomenti della ricorrente.

36      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio con un marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

37      Secondo una giurisprudenza constante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, in base alla percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi designati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, Racc., EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

38      È alla luce di tali principi che occorre esaminare la valutazione effettuata dalla commissione di ricorso del rischio di confusione tra i segni in conflitto.

 Sul pubblico di riferimento

39      Secondo la giurisprudenza, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti interessata, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto. Occorre anche tener conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore medio può variare a seconda della categoria di prodotti o di servizi di cui trattasi [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, Racc., EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

40      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha giustamente constatato, al punto 20 della decisione impugnata, e senza essere contraddetta su tal punto dalla ricorrente, che, dato che i prodotti interessati dai marchi in conflitto avevano un prezzo elevato, il pubblico destinatario era composto dal consumatore finale che dimostra di possedere un livello di attenzione elevato. Inoltre, poiché il marchio anteriore è un marchio comunitario, il rischio di confusione deve essere valutato con riferimento al pubblico di tutta l’Unione.

 Sul confronto tra i prodotti

41      Al punto 21 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto, e senza che ciò sia stato oggetto, del resto, di contestazione da parte della ricorrente, che i prodotti di cui trattasi, i quali rientrano tutti nella classe 12, fossero identici, nonostante la limitazione dell’elenco iniziale dei prodotti interessati dal marchio richiesto nel corso del procedimento di ricorso dinanzi all’UAMI.

 Sul confronto tra i segni

42      In primo luogo, occorre ricordare che la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti. La percezione dei marchi che ha il consumatore medio dei prodotti o servizi di cui trattasi svolge un ruolo determinante nella valutazione globale di detto rischio. A tale proposito, il consumatore medio percepisce normalmente un marchio come un tutt’uno e non effettua un esame dei suoi singoli elementi (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, Racc., EU:C:2007:333, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

43      Ai punti da 26 a 29 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i segni in conflitto fossero simili sul piano visivo e che presentassero globalmente una somiglianza fonetica elevata per i consumatori anglofoni e una somiglianza concettuale, quanto alla loro parte iniziale «blue», per il pubblico anglofono.

–       Sulla somiglianza visuale

44      Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che i segni di cui trattasi avevano in comune le loro prime cinque lettere, poste nello stesso ordine, e che tali lettere costituivano la parte preponderante di ciascun segno. Atteso che il consumatore presta generalmente maggiore attenzione alla parte iniziale di un marchio denominativo, la commissione di ricorso ne ha dedotto l’esistenza di una somiglianza visiva tra i segni di cui trattasi.

45      La ricorrente ritiene che i segni non sono simili sul piano visivo. Essa sostiene che la lettera «e» del marchio richiesto avrebbe un duplice utilizzo e che pertanto il marchio richiesto sarebbe così identificato come inclusivo dei termini «blue» e «eco», due termini correnti in lingua inglese. Sarebbe, inoltre, prassi comune abbreviare il termine «blue» in «blu» e, pertanto, numerosi marchi comprenderebbero l’elemento «blu». I due segni di cui trattasi si distinguerebbero di conseguenza nettamente nella loro seconda parte. Orbene, trattandosi di segni brevi, piccole differenze sarebbero sufficienti a creare un’impressione d’insieme diversa. Inoltre, il marchio richiesto comprenderebbe tre sillabe, mentre il marchio anteriore ne comporterebbe soltanto due.

46      Occorre ricordare che, piuttosto, ciò che rileva nella valutazione della somiglianza visiva di due marchi denominativi è la presenza, in ciascuno di essi, di più lettere nello stesso ordine [sentenza del 25 marzo 2009, Kaul/UAMI – Bayer (ARCOL), T‑402/07, Racc., EU:T:2009:85, punto 83].

47      Nel caso di specie, è pacifico che il marchio anteriore e il marchio richiesto, composti rispettivamente, di sette e di sei lettere, hanno in comune le loro prime cinque lettere, ossia «b», «l», «u», «e» e «c»; il marchio richiesto comprende, inoltre, la lettera «o», e il marchio anteriore le lettere «a» e «r». Tale parte comune ai due segni in conflitto comporta una somiglianza visiva, tanto più che il pubblico è generalmente più attento alla parte iniziale dei marchi denominativi [v. sentenza del 6 giugno 2013, Celtipharm/UAMI – Alliance Healthcare France (PHARMASTREET), T‑411/12, EU:T:2013:304, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

48      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dall’argomento della ricorrente secondo cui il marchio richiesto sarebbe visivamente percepito come comprendente i due termini «blue» e «eco» e come composto di tre sillabe. Si deve constatare, infatti, che il marchio richiesto contiene soltanto una parola che, nella sua pronuncia più naturale, segnatamente per il locutore anglofono, è composta soltanto da due sillabe [v., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2015, Copernicus-Trademarks/UAMI – Blue Coat Systems (BLUECO), T‑685/13, EU:T:2015:38, punto 35] e che la ricorrente non ha presentato alcun elemento di prova pertinente a sostegno di tale argomento. Inoltre, se è vero che le lettere «a» e «r» nella parte finale del marchio anteriore e la lettera «o» nella parte finale del marchio richiesto impediscono di affermare che i segni sono identici, tali elementi, tuttavia, non influenzano l’impressione di insieme fornita da tali segni, contrariamente a quanto invece sostiene la ricorrente.

49      Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente concluso che i due segni presentassero una somiglianza sul piano visivo.

–       Sulla somiglianza fonetica

50      La commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 27 della decisione impugnata, che i segni di cui trattasi fossero globalmente molto simili sul piano fonetico per i consumatori anglofoni, per i quali l’elemento «blue», comune ai due segni, sarebbe pronunciato in maniera identica e gli elementi «co» e «car» sarebbero pronunciati in maniera simile. Essa ha inoltre ritenuto che la possibilità che il marchio richiesto sia pronunciato «blou eco» in talune lingue non impedisce la somiglianza fonetica summenzionata per una parte considerevole dei consumatori di riferimento.

51      La ricorrente sostiene che i due segni presentano differenze fonetiche rilevanti, atteso che il marchio richiesto contiene tre sillabe, mentre il marchio anteriore ne contiene soltanto due. In subordine, rileva che la successione e la combinazione di sillabe dei due segni sono molto diverse, in quanto vi è una pausa tra le vocali «u» e «e» del marchio richiesto. La ricorrente rileva, infine, che le ultime due sillabe dei segni in conflitto non sono pronunciate in maniera simile.

52      In via preliminare, occorre ricordare che, per rifiutare la registrazione, è sufficiente che sussista un rischio di confusione per una parte del pubblico di riferimento [v. sentenza del 18 settembre 2012, Scandic Distilleries/UAMI – Bürgerbräu, Röhm & Söhne (BÜRGER), T‑460/11, EU:T:2012:432, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

53      Orbene, per quanto riguarda il pubblico anglofono, occorre ricordare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tale pubblico non procederà alla duplicazione della vocale centrale del marchio richiesto, dal momento il termine «blue» fa parte del vocabolario corrente. Di conseguenza, tale pubblico non riterrà che il marchio richiesto comprenda tre sillabe, ma riterrà che esso ne comprenda due, e non farà alcuna pausa tra le vocali «u» e «e» del marchio richiesto (v., in tal senso, sentenza BLUECO, punto 48 supra, EU:T:2015:38, punto 40).

54      Peraltro, la presenza dell’elemento comune «blue» nella parte iniziale dei segni in conflitto consente di ritenere che questi siano foneticamente molto simili. Inoltre, sebbene la commissione di ricorso abbia rilevato, erroneamente, che i consumatori anglofoni pronunciano gli elementi «car» e «co» in maniera simile, tali terminazioni non sono molto diverse per il pubblico anglofono, in quanto detto pubblico pone l’accento sulla pronuncia della lettera «c» ed elimina la pronuncia della «r» finale dell’elemento «car». Infine, la ricorrente non può validamente sostenere che la lettera «o» dell’ultima sillaba del marchio richiesto influenza l’impressione fonetica d’insieme di tale marchio.

55      La commissione di ricorso ha quindi giustamente ritenuto che i due segni fossero molto simili sul piano fonetico per una parte considerevole del pubblico di riferimento.

–       Sulla somiglianza concettuale

56      La ricorrente sostiene che i segni in conflitto non sono simili sul piano concettuale, poiché il marchio anteriore è inteso dal pubblico di riferimento come un’indicazione descrittiva e i due segni presentano differenze rilevanti nelle loro parti finali.

57      Come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 28 della decisione impugnata, e riconosciuto peraltro dalla ricorrente, il pubblico anglofono percepirà la presenza del termine «blue», nei due segni, come un’indicazione del colore blu. Tale pubblico percepirà invece il termine «car» del marchio anteriore come avente il significato di «macchina» e lo distinguerà dalla terminazione «co» del marchio richiesto che o non avrà alcun significato o potrà essere intesa come un’abbreviazione del termine «company». Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il pubblico di riferimento, tuttavia, non percepirà il marchio richiesto come decomposto in due termini, «blue» e «eco».

58      La commissione di ricorso ha pertanto correttamente ritenuto che, per una parte del pubblico di riferimento, i segni in conflitto fossero concettualmente simili per quanto concerne la loro parte iniziale e le differenze tra i segni nella loro parte finale non consentono di escludere l’esistenza di una certa somiglianza concettuale.

 Sulla valutazione globale del rischio di confusione

59      La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione, e in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Pertanto, un debole grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un grado elevato di somiglianza tra i marchi, e viceversa [sentenze Canon, punto 30 supra, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, Racc., EU:T:2006:397, punto 74].

60      La valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, fonetica o concettuale dei segni in conflitto, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [sentenze del 14 ottobre 2003, Phillips‑Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), T‑292/01, Racc., EU:T:2003:264, punto 47, e del 7 settembre 2006, L & D/UAMI – Sämann (Aire Limpio), T‑168/04, Racc., EU:T:2006:245, punto 98].

61      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha affermato, in via preliminare, al punto 24 della decisione impugnata, che il marchio anteriore comprendeva i termini «blue» e «car», che tale ultimo termine descrivesse direttamente i prodotti di cui trattasi e costituisse, di conseguenza, il termine più debole di detto marchio. Essa ha, successivamente ritenuto, al punto 25 della decisione impugnata, che gli elementi di prova forniti dall’interveniente non consentissero di accertare l’acquisizione da parte del marchio di un carattere distintivo accresciuto dall’uso. Essa ne ha dedotto che il marchio anteriore avesse un carattere distintivo intrinseco medio.

62      In secondo luogo, quanto alla valutazione globale del rischio di confusione, la commissione di ricorso ha affermato, ai punti da 30 a 33 della decisione impugnata, che i prodotti di cui trattasi erano identici e che i segni in conflitto erano simili sul piano visivo, fonetico e concettuale per il pubblico anglofono, che rappresenta una parte considerevole del pubblico di riferimento. Essa ha precisato che il pubblico anglofono riconoscerebbe il termine «car» del marchio anteriore come descrittivo dei prodotti di cui trattasi e attribuirebbe ad esso, di conseguenza, minore importanza nella valutazione globale dei segni. Pertanto, il termine «blue» attirerebbe maggiormente l’attenzione dei consumatori anglofoni, comportando così un rischio di confusione.

63      In primo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio anteriore avesse un carattere distintivo medio, poiché l’elemento «blue» possiede un carattere descrittivo e numerosi marchi registrati nel settore automobilistico ricomprendono tale elemento.

64      In via preliminare, occorre escludere gli argomenti della ricorrente secondo cui l’interveniente tenterebbe di valersi della particolare notorietà del marchio anteriore, che non sarebbe stata dedotta dinanzi all’UAMI. Dal fascicolo emerge, infatti, che l’interveniente si è limitata a indicare, dinanzi al Tribunale, che la commissione di ricorso avrebbe dovuto riconoscere un carattere distintivo elevato del marchio anteriore in ragione del suo uso, argomento che aveva già dedotto dinanzi all’UAMI e che è stato escluso dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata. In ogni caso, le conclusioni di riforma presentate dall’interveniente, relative alla valutazione dalla commissione di ricorso circa il carattere distintivo che il marchio anteriore avrebbe acquisito con l’uso, sono state escluse in quanto irricevibili (vedi punti da 24 a 32 supra).

65      In secondo luogo, si deve ricordare che il riconoscimento di un carattere distintivo tenue del marchio anteriore non impedisce, di per sé, di constatare l’esistenza di un rischio di confusione (v., in tal senso, ordinanza del 27 aprile 2006, L’Oréal/UAMI, C‑235/05 P, EU:C:2006:271, punti da 42 a 45). Se è vero, infatti, che il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere preso in considerazione ai fini della valutazione del rischio di confusione, si tratta solamente di uno degli elementi rilevanti per tale valutazione. Pertanto, anche in presenza di un marchio anteriore di debole carattere distintivo può sussistere un rischio di confusione, in particolare a causa di una somiglianza tra i segni e tra i prodotti o i servizi di cui trattasi [v. sentenze del 16 marzo 2005, L’Oréal/UAMI – Revlon (FLEXI AIR), T‑112/03, Racc., EU:T:2005:102, punto 61 e giurisprudenza ivi citata, e del 13 dicembre 2007, Xentral/UAMI – Pages jaunes (PAGESJAUNES.COM), T‑134/06, Racc., EU:T:2007:387, punto 70 e giurisprudenza ivi citata].

66      In ogni caso, come affermato dalla commissione di ricorso, se è vero che il pubblico anglofono riconoscerà il termine «car» del marchio anteriore come descrittivo dei prodotti di cui trattasi, la ricorrente non ha tuttavia addotto, nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI, alcun elemento che consentisse di accertare che il termine «blue» era percepito come avente un significato corrispondente ai prodotti interessati. Inoltre, la sola circostanza che anche altri marchi registrati nel settore automobilistico ricomprendano il termine «blue», quand’anche dimostrata, non può essere sufficiente per ritenere che tale termine possa essere percepito dal pubblico di riferimento come esclusivamente descrittivo delle caratteristiche dei prodotti di cui trattasi. Pertanto, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che il marchio anteriore avesse, nel suo insieme, un carattere distintivo medio.

67      In secondo luogo, la ricorrente sostiene che non sussiste un rischio di confusione tra i segni in conflitto, tenuto conto, segnatamente, del livello di attenzione elevato del pubblico di riferimento.

68      In via preliminare, occorre ricordare che, per rifiutare la registrazione, è sufficiente che sussista un rischio di confusione per una parte del pubblico di riferimento (v. punto 52 supra).

69      Orbene, da quanto precede risulta che, da una parte, i prodotti di cui trattasi sono identici e che, dall’altra, i segni in conflitto sono visivamente simili per tutto il pubblico di riferimento, foneticamente molto simili per il pubblico anglofono e concettualmente simili, per quanto attiene alla loro parte iniziale, per il pubblico anglofono. Pertanto, occorre ritenere che sussista, nel caso di specie, nonostante il livello di attenzione elevato del pubblico di riferimento, un rischio di confusione per il pubblico anglofono.

70      Alla luce di tali considerazioni, la commissione di ricorso non ha violato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 allorché ha ritenuto l’esistenza di un rischio di confusione tra i segni in conflitto.

71      Alla luce di tutti tali motivi, si deve respingere il ricorso nella sua totalità, senza che sia necessario statuire sulla ricevibilità della domanda della ricorrente, dedotta nell’ambito del primo capo delle sue conclusioni, diretta a chiedere al Tribunale di respingere integralmente l’opposizione [v., in tal senso, sentenze del 22 maggio 2008, NewSoft Technology/UAMI – Soft (Presto! Bizcard Reader), T‑205/06, EU:T:2008:163, punto 70, e del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, Racc., EU:T:2009:14, punti 35 e 67].

 Sulle spese

72      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Le conclusioni di riforma presentate dalla Bolloré SA sono respinte.

3)      La Copernicus-Trademarks Ltd è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Gervasoni

Madise

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 25 settembre 2015.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.