Language of document : ECLI:EU:C:2023:107

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 16 febbraio 2023(1)

Cause riunite C38/21, C47/21 e C232/21

VK

contro

BMW Bank GmbH (C38/21)

e

F.F.

contro

C. Bank AG (C47/21)

e

CR,

AY,

ML,

BQ

contro

Volkswagen Bank GmbH,

Audi Bank (C232/21)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Contratto di leasing per un autoveicolo basato su conteggio chilometrico – Contratto di mutuo per l’acquisto di un autoveicolo usato – Direttiva 2002/65/CE – Direttiva 2008/48/CE – Direttiva 2011/83/UE – Nozioni di “contratto negoziato fuori dei locali commerciali” e “contratto a distanza” – Coinvolgimento di un intermediario nella fase preparatoria del contratto – Eccezione al diritto di recesso per una prestazione di servizi di noleggio di autovetture – Assenza di effetto orizzontale diretto di una direttiva – Requisiti relativi alle informazioni da inserire nel contratto – Presunzione di adempimento dell’obbligo di fornire informazioni in caso di utilizzo di un modello previsto dalla legge – Diritto di recesso – Inizio del periodo di recesso nel caso di informazioni incomplete o inesatte – Esercizio abusivo del diritto di recesso – Obbligo di restituzione preventiva»






Indice


I. Introduzione

II. Quadro normativo

A. Diritto dell’Unione

1. Direttiva 2002/65

2. Direttiva 2008/48

3. Direttiva 2011/83

B. Diritto tedesco

1. Codice civile

2. EGBGB

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

A. Causa C38/21

B. Causa C47/21

C. Causa C232/21

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

V. Analisi

A. Causa C38/21

1. Sulla quinta questione nella causa C38/21

2. Sulla sesta questione nella causa C38/21

3. Sulla settima questione nella causa C38/21

4. Sull’ottava questione nella causa C38/21

5. Conclusione provvisoria

B. Cause C47/21 e C232/21

1. Sulla prima questione nelle cause C47/21 e C232/21

2. Sulla seconda questione nelle cause C47/21 e C232/21

3. Sulla quarta questione nelle cause C47/21 e C232/21

4. Sulla quinta questione nelle cause C47/21 e C232/21

VI. Conclusioni


I.      Introduzione

1.        Le domande di pronuncia pregiudiziale da parte del Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg, Germania) sorgono nel contesto di una serie di controversie tra consumatori e istituti finanziari collegati a case automobilistiche. Le cause sottoposte al giudice del rinvio sollevano questioni relative alla validità del recesso di consumatori da un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico per un autoveicolo, in una causa, e da contratti di mutuo per il finanziamento dell’acquisto di un autoveicolo usato, nelle altre cause.

2.        Le presenti conclusioni tratteranno, conformemente alla richiesta della Corte, in primo luogo, la natura di un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, alla luce della direttiva 2002/65/CE (2), della direttiva 2008/48/CE (3) e della direttiva 2011/83/UE (4). In tale contesto, la Corte è altresì chiamata a interpretare le nozioni di «contratto negoziato fuori dei locali commerciali» e di «contratto a distanza», ai sensi della direttiva 2011/83, e a pronunciarsi sull’eventuale applicazione di un’eccezione al diritto di recesso prevista da quest’ultima direttiva. In secondo luogo, la Corte è invitata a pronunciarsi su tre aspetti dell’obbligo, che la direttiva 2008/48 impone ai creditori, di fornire ai consumatori informazioni relative, in particolare, al diritto di recesso. Detti tre aspetti riguardano: la compatibilità con la direttiva della normativa nazionale che crea una presunzione di legge secondo cui l’obbligo d’informazione è soddisfatto mediante il ricorso a una clausola modello stabilita nella normativa nazionale (in prosieguo: il «modello previsto dalla legge»); le conseguenze, sull’inizio del periodo di recesso, della comunicazione di informazioni inesatte o incomplete; la possibilità per un creditore di invocare l’esercizio abusivo del diritto di recesso da parte di un consumatore. In terzo luogo, la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con il principio di effettività del diritto dell’Unione di talune conseguenze che il diritto nazionale attribuisce al recesso da un contratto di credito collegato a un contratto di vendita.

II.    Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 2002/65

3.        L’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2002/65 descrive l’oggetto di tale direttiva come «il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori».

4.        Ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/65 per «contratto a distanza» si intende «qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso». Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della stessa direttiva, per «servizio finanziario» si intende «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento».

5.        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2002/65 prevede, tra l’altro, che «[g]li Stati membri fanno in modo che il consumatore disponga di un termine di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo».

2.      Direttiva 2008/48

6.        A tenore dei considerando 9, 10, 12, 30 e 31 della direttiva 2008/48:

«(9)      È necessaria una piena armonizzazione che garantisca a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e che crei un vero mercato interno. Pertanto, agli Stati membri non dovrebbe essere consentito di mantenere o introdurre disposizioni nazionali diverse da quelle previste dalla presente direttiva. Tuttavia, tale restrizione dovrebbe essere applicata soltanto nelle materie armonizzate dalla presente direttiva. Laddove tali disposizioni armonizzate mancassero, gli Stati membri dovrebbero rimanere liberi di mantenere o introdurre norme nazionali. Di conseguenza, gli Stati membri possono, per esempio, mantenere o introdurre disposizioni nazionali sulla responsabilità solidale del venditore o prestatore di servizi e del creditore. Un altro esempio di questa possibilità offerta agli Stati membri potrebbe essere quello del mantenimento o dell’introduzione di disposizioni nazionali sull’annullamento del contratto di vendita di merci o di prestazione di servizi se il consumatore esercita il diritto di recesso dal contratto di credito. (...)

(10)      Le definizioni contenute nella presente direttiva fissano la portata dell’armonizzazione. L’obbligo degli Stati membri di attuare le disposizioni della presente direttiva dovrebbe pertanto essere limitato all’ambito d’applicazione della stessa fissato da tali definizioni. La presente direttiva dovrebbe tuttavia far salva l’applicazione da parte degli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, delle disposizioni della presente direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa. Di conseguenza, uno Stato membro potrebbe mantenere o introdurre norme nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni, in materia di contratti di credito al di fuori dell’ambito di applicazione della presente direttiva. (...)

(...)

(12)      I contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo, in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali, possono differire considerevolmente dai contratti di credito oggetto della presente direttiva sia in termini di interessi delle parti contrattuali sia in termini di modalità ed esecuzione delle transazioni dei negozi. Pertanto, si dovrebbe precisare che tali contratti non sono considerati contratti di credito ai fini della presente direttiva. (...)

(…)

(30)      La presente direttiva non disciplina gli aspetti del diritto contrattuale relativi alla validità dei contratti di credito. Pertanto, in tale materia gli Stati membri possono mantenere o introdurre norme nazionali conformi al diritto comunitario. (...)

(31)      Per consentire al consumatore di conoscere i suoi diritti e obblighi in virtù del contratto di credito, questo dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie in modo chiaro e conciso.

(...)».

7.        L’articolo 1 della direttiva 2008/48 descrive l’obiettivo della direttiva come «l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti di credito ai consumatori». L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 prevede che essa si applica ai contratti di credito. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera d) stabilisce che tale direttiva non si applica ai «contratti di locazione o di leasing che non prevedono obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto né in virtù del contratto stesso né di altri contratti distinti; tale obbligo si ritiene sussistente se è così deciso unilateralmente dal creditore».

8.        L’articolo 3 della direttiva 2008/48 fornisce una serie di definizioni dei termini utilizzati in tale direttiva, tra cui:

«c)      “contratto di credito”: un contratto in base al quale il creditore concede o s’impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra agevolazione finanziaria analoga, ad eccezione dei contratti relativi alla prestazione continuata di un servizio o alla fornitura di merci dello stesso tipo in base ai quali il consumatore versa il corrispettivo, per la durata della prestazione o fornitura, mediante pagamenti rateali;

(...)

n)      “contratto di credito collegato”: un contratto di credito che soddisfa le due condizioni seguenti:

i)      il credito in questione serve esclusivamente a finanziare un contratto relativo alla fornitura di merci specifiche o alla prestazione di servizi specifici;

ii)      i due contratti costituiscono oggettivamente un’unica operazione commerciale; si ritiene esistente un’unica operazione commerciale quando il fornitore o il prestatore stesso finanzia il credito al consumo oppure, se il credito è finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra ai servizi del fornitore o del prestatore per la conclusione o la preparazione del contratto di credito o qualora le merci specifiche o la prestazione di servizi specifici siano esplicitamente individuati nel contratto di credito».

9.        L’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, intitolato «Informazioni da inserire nei contratti di credito», prevede, tra l’altro, che:

«Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:

(...)

l)      il tasso degli interessi in caso di ritardi di pagamento applicabile al momento della conclusione del contratto di credito e le modalità di modifica dello stesso e, se applicabili, le penali per inadempimento;

(...)

p)      l’esistenza o l’assenza del diritto di recesso e il periodo durante il quale esso può essere esercitato e le altre condizioni per il suo esercizio, comprese le informazioni sull’obbligo del consumatore di rimborsare il capitale prelevato e corrispondere gli interessi conformemente all’articolo 14, paragrafo 3, lettera b) e l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere;

(...)

r)      il diritto al rimborso anticipato, la relativa procedura nonché, se del caso, le informazioni sul diritto del creditore a ottenere un indennizzo e le relative modalità di calcolo;

(...)

t)      l’eventuale esistenza di un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso a disposizione del consumatore e, se tale meccanismo esiste, le modalità di accesso allo stesso;

(...)».

10.      L’articolo 14 della direttiva 2008/48, intitolato «Diritto di recesso», recita come segue:

«1.      Il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto di credito senza dare alcuna motivazione.

Tale periodo di recesso ha inizio:

a)      il giorno della conclusione del contratto di credito oppure

b)      il giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all’articolo 10, se tale giorno è posteriore a quello indicato nella lettera a) del presente comma.

(...)

3.      Se il consumatore esercita il diritto di recesso:

a)      per dare efficacia al recesso ne informa il creditore prima della scadenza del termine indicato nel paragrafo 1, secondo le informazioni fornite dal creditore ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), con un mezzo che possa costituire prova conformemente alla legislazione nazionale. Il termine si considera rispettato qualora la notifica, purché trasmessa su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile e accessibile per il creditore, sia stata inviata prima della scadenza del termine; e

b)      paga al creditore il capitale e gli interessi dovuti su tale capitale dalla data di prelievo del credito fino alla data di rimborso del capitale senza indugio e comunque non oltre 30 giorni di calendario dall’invio della notifica del recesso al creditore. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso debitore pattuito. Il creditore non ha diritto a nessun altro indennizzo da parte del consumatore in caso di recesso, salvo essere tenuto indenne delle spese non rimborsabili pagate dal creditore stesso alla pubblica amministrazione.

(...)».

11.      Ai sensi dell’articolo 15 della direttiva 2008/48, intitolato «Contratti di credito collegati»:

«1.      Il consumatore che abbia esercitato un diritto di recesso basato sulla normativa comunitaria riguardo a un contratto per la fornitura di merci o la prestazione di servizi non è più vincolato da un eventuale contratto di credito collegato.

(...)

3.      Il presente articolo si applica fatte salve le norme nazionali secondo cui, se il consumatore ha ottenuto il finanziamento per l’acquisto delle merci o dei servizi tramite un contratto di credito, il creditore risponde in solido con il fornitore di merci o il prestatore di servizi qualora il consumatore faccia valere una pretesa nei confronti di quest’ultimo».

12.      L’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, rubricato «Armonizzazione e obbligatorietà della direttiva», prevede che:

«Nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».

3.      Direttiva 2011/83

13.      I considerando 2, 16, 20, 22 e 49 della direttiva 2011/83 enunciano quanto segue:

«(2)      (...) La presente direttiva dovrebbe pertanto stabilire norme standard per gli aspetti comuni dei contratti a distanza e dei contratti negoziati fuori dei locali commerciali distanziandosi dall’approccio di armonizzazione minima di cui alle precedenti direttive e consentendo, al contempo, agli Stati membri di mantenere o adottare norme nazionali relative a taluni aspetti.

(...)

(16)      La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare le disposizioni nazionali in materia di assistenza legale quali le norme relative ad una persona che agisce in nome o per conto del professionista (quale un agente o un fiduciario). In questo settore rimangono competenti gli Stati membri. (...)

(...)

(20)      La definizione di contratto a distanza dovrebbe coprire tutti i casi in cui è concluso un contratto tra consumatore e professionista nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza (ordine mediante posta, internet, telefono o fax), fino al momento della conclusione del contratto incluso. Tale definizione dovrebbe anche includere le situazioni in cui il consumatore si limita a visitare i locali commerciali per raccogliere informazioni sui beni o i servizi e successivamente negozia e conclude il contratto a distanza. D’altro canto, un contratto negoziato nei locali del professionista e concluso definitivamente mediante comunicazione a distanza non dovrebbe essere considerato un contratto a distanza, così come non dovrebbe essere considerato un contratto a distanza il contratto avviato mediante comunicazione a distanza ma concluso definitivamente nei locali del professionista. (...) Il concetto di regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza dovrebbe comprendere quei regimi offerti da un terzo diverso dal professionista ma utilizzati da quest’ultimo, come una piattaforma online. Dovrebbero tuttavia rimanere esclusi i casi in cui i siti web offrono informazioni solo sul professionista, sui beni e/o servizi che presta e sui suoi dati di contatto.

(...)

(22)      I locali commerciali dovrebbero includere qualsiasi forma di locale (ad esempio negozi, chioschi o camion) che serva da luogo permanente o abituale di commercio per il professionista. I chioschi di vendita al mercato o in una fiera dovrebbero essere considerati locali commerciali se soddisfano tale condizione. (…) I locali commerciali di una persona che agisce in nome o per conto del professionista quale definito nella presente direttiva, dovrebbero essere considerati locali commerciali ai sensi della presente direttiva.

(...)

(49)      È opportuno prevedere alcune eccezioni al diritto di recesso, sia per i contratti a distanza sia per quelli negoziati fuori dei locali commerciali. (…) La concessione di un diritto di recesso al consumatore potrebbe essere inappropriata anche nel caso di taluni servizi per i quali la conclusione del contratto implica l’accantonamento di disponibilità che il professionista potrebbe avere difficoltà a recuperare, se fosse esercitato il diritto di recesso. Sarebbe il caso, ad esempio, delle prenotazioni alberghiere o relative a case di vacanza, o a eventi culturali o sportivi».

14.      L’articolo 1 della direttiva 2011/83, intitolato «Oggetto», afferma che essa, «tramite il conseguimento di un livello elevato di tutela dei consumatori, intende contribuire al corretto funzionamento del mercato interno mediante l’armonizzazione di taluni aspetti delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di contratti conclusi tra consumatori e professionisti».

15.      L’articolo 2 della direttiva 2011/83, intitolato «Definizioni», così recita:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

2)      “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale nei contratti oggetto della presente direttiva, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto;

(...)

6)      “contratto di servizi”: qualsiasi contratto diverso da un contratto di vendita in base al quale il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio al consumatore e il consumatore paga o si impegna a pagarne il prezzo;

7)      “contratto a distanza”: qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;

8)      “contratto negoziato fuori dei locali commerciali”: qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore:

a)      concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista;

b)      per cui è stata fatta un’offerta da parte del consumatore, nelle stesse circostanze di cui alla lettera a);

c)      concluso nei locali del professionista o mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza immediatamente dopo che il consumatore è stato avvicinato personalmente e singolarmente in un luogo diverso dai locali del professionista, alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore; oppure

(...)

9)      “locali commerciali”:

a)      qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente; oppure

b)      qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale;

(...)

12)      “servizio finanziario”: qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento;

(...)

15)      “contratto accessorio”: un contratto mediante il quale il consumatore acquista beni o servizi connessi a un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali e in cui tali beni o servizi sono forniti dal professionista o da un terzo in base ad un accordo tra il terzo e il professionista».

16.      Ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1, la direttiva 2011/83 si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera d), essa non si applica ai contratti di servizi finanziari.

17.      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2011/83, intitolato «Obblighi di informazione per i contratti a distanza e per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali», così dispone:

«Prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali o da una corrispondente offerta, il professionista fornisce al consumatore le informazioni seguenti, in maniera chiara e comprensibile:

(...)

h)      in caso di sussistenza di un diritto di recesso, le condizioni, i termini e le procedure per esercitare tale diritto conformemente all’articolo 11, paragrafo 1, nonché il modulo tipo di recesso di cui all’allegato I, parte B;

(...)».

18.      I paragrafi 1 e 2 dell’articolo 9 della direttiva 2011/83, intitolato «Diritto di recesso», prevedono:

«1.      Fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 16, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all’articolo 13, paragrafo 2, e all’articolo 14.

2.      Fatto salvo l’articolo 10, il periodo di recesso di cui al paragrafo 1 del presente articolo scade dopo quattordici giorni a partire:

a)      nel caso dei contratti di servizi, dal giorno della conclusione del contratto;

(...)».

19.      L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2011/83, intitolato «Non adempimento dell’obbligo d’informazione sul diritto di recesso» così dispone:

«Se in violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera h), il professionista non fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso, il periodo di recesso scade dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, come determinato a norma dell’articolo 9, paragrafo 2».

20.      Ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2011/83, intitolato «Obblighi del professionista nel caso di recesso»:

«Salvo che il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni, con riguardo ai contratti di vendita il professionista può trattenere il rimborso finché non abbia ricevuto i beni oppure finché il consumatore non abbia dimostrato di aver rispedito i beni, a seconda di quale situazione si verifichi per prima».

21.      L’articolo 15 della direttiva 2011/83, intitolato «Effetti dell’esercizio del diritto di recesso sui contratti accessori», così dispone:

«1.      Fatto salvo l’articolo 15 della direttiva [2008/48], se il consumatore esercita il suo diritto di recesso da un contratto a distanza o concluso fuori dei locali commerciali a norma degli articoli da 9 a 14 della presente direttiva, eventuali contratti accessori sono automaticamente annullati, senza costi per il consumatore, ad eccezione di quelli previsti dall’articolo 13, paragrafo 2, e dall’articolo 14 della presente direttiva.

2.      Gli Stati membri stabiliscono norme dettagliate per la risoluzione di tali contratti».

22.      L’articolo 16 della direttiva 2011/83, intitolato «Eccezioni al diritto di recesso», stabilisce, tra l’altro, che gli Stati membri non prevedono il diritto di recesso di cui agli articoli da 9 a 15 per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dei locali commerciali relativamente a: «l) la fornitura di alloggi per fini non residenziali, il trasporto di beni, i servizi di noleggio di autovetture, i servizi di catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici».

B.      Diritto tedesco

1.      Codice civile

23.      Ai sensi dell’articolo 242 del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile tedesco; in prosieguo: il «BGB»), intitolato «Esecuzione in buona fede», «[i]l debitore è tenuto a eseguire la prestazione secondo la buona fede, tenendo conto degli usi commerciali».

24.      L’articolo 273, paragrafo 1, del BGB, intitolato «Diritto di ritenzione», prevede quanto segue:

«Se il debitore ha un credito esigibile nei confronti del creditore in virtù dello stesso rapporto giuridico su cui si basa l’obbligazione, può, a meno che il rapporto obbligatorio non preveda diversamente, rifiutare la prestazione dovuta a quest’ultimo fino a quando la prestazione a lui dovuta non sia stata eseguita (diritto di ritenzione)».

25.      Ai sensi dell’articolo 293 del BGB, intitolato «Mora nell’accettazione», «[i]l creditore è in mora se non accetta la prestazione offertagli».

26.      Ai sensi dell’articolo 294 del BGB, intitolato «Offerta reale», «[l]a prestazione deve essere offerta effettivamente al creditore nel modo in cui deve essere eseguita».

27.      L’articolo 312b del BGB, intitolato «Contratti negoziati fuori dei locali commerciali», prevede:

«1) 1Sono contratti negoziati fuori dei locali commerciali quelli

1.      conclusi alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista;

2.      per cui è stata fatta un’offerta da parte del consumatore, nelle stesse circostanze di cui al punto 1;

3.      conclusi nei locali del professionista o mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza immediatamente dopo, comunque, che il consumatore sia stato avvicinato personalmente e singolarmente al di fuori dei locali del professionista, alla presenza fisica e simultanea del consumatore e del professionista; oppure

(...)

2Sono equiparate al professionista le persone che agiscono in suo nome o per suo conto.

2) 1Si intende per locali commerciali ai sensi del paragrafo 1) qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente e qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale. 2 Locali in cui la persona che agisce in nome o per conto del professionista esercita la propria attività su base permanente o a carattere abituale sono equiparati ai locali del professionista».

28.      L’articolo 312c del BGB, intitolato «Contratti a distanza», stabilisce che:

«1)      I contratti a distanza sono contratti in cui il professionista o una persona che agisce in suo nome o per suo conto e il consumatore utilizzano per le trattative commerciali e la conclusione del contratto esclusivamente mezzi di comunicazione a distanza, salvo i casi in cui la conclusione del contratto non avviene nel quadro di un sistema organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza.

2)      I mezzi di comunicazione a distanza ai sensi della presente legge sono mezzi di comunicazione utilizzabili per avviare trattative o concludere un contratto senza la contemporanea presenza fisica delle parti contraenti, quali lettere, cataloghi, telefonate, fax, posta elettronica, messaggi inviati attraverso il servizio di telefonia mobile (SMS) nonché la radio e i media televisivi».

29.      L’articolo 312g del BGB, intitolato «Diritto di recesso», prevede:

«1)      Nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e di contratti a distanza, al consumatore è attribuito un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 355.

2)      Salvo che le parti abbiano concordato altrimenti, il diritto di recesso non si applica ai seguenti contratti:

(...)

9.      contratti per la fornitura di servizi di alloggio per fini diversi da quelli residenziali, trasporto di merci, noleggio di veicoli a motore, i servizi di catering e per la fornitura di altri servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici;

(...)».

30.      Ai sensi dell’articolo 322, paragrafo 2, del BGB, intitolato «obbligo di prestazione contestuale», «[s]e la parte che propone l’azione deve eseguire la sua prestazione essa può, se l’altra parte è morosa nell’accettazione, chiederne la condanna alla prestazione una volta ricevuta la controprestazione».

31.      L’articolo 346 del BGB, intitolato «Effetti della risoluzione», al paragrafo 1 così dispone (5):

«Qualora una delle parti si sia riservata contrattualmente il diritto di risolvere il contratto, o tale diritto le spetti ex lege, l’esercizio di tale diritto implica la restituzione delle prestazioni ricevute e la restituzione dei vantaggi effettivamente percepiti».

32.      Ai sensi dell’articolo 348 del BGB, intitolato «Esecuzione contestuale» (6):

«Le obbligazioni delle parti derivanti dalla risoluzione devono essere adempiute contestualmente. Si applicano, mutatis mutandis, le disposizioni di cui agli articoli 320 e 322».

33.      L’articolo 355 del BGB, intitolato «Diritto di recesso dai contratti dei consumatori», recita come segue:

«1) 1Nel caso in cui la legge riconosca al consumatore un diritto di recesso ai sensi della presente disposizione, il consumatore e il professionista cessano di essere vincolati alle proprie dichiarazioni di volontà dirette alla conclusione del contratto qualora il consumatore eserciti il diritto di recesso entro il termine previsto. (...)

2) 1Il diritto di recesso può essere esercitato entro 14 giorni. 2Salvo disposizioni contrarie, tale termine decorre dal momento della conclusione del contratto».

34.      L’articolo 356b del BGB, intitolato «Diritto di recesso nei contratti di credito al consumo», così dispone al paragrafo 2:

«1Laddove, [nel caso di un contratto generale di credito al consumatore] il documento fornito al mutuatario ai sensi del paragrafo 1 non contenga le informazioni obbligatorie previste dall’articolo 492, paragrafo 2, il termine non inizierà a decorrere finché il vizio non sarà sanato ai sensi dell’articolo 492, paragrafo 6.

(...)».

35.      L’articolo 357 del BGB, intitolato «Effetti giuridici del recesso da contratti negoziati fuori dai locali commerciali e contratti a distanza diversi dai contratti di servizi finanziari» così prevede ai paragrafi 1 e 4 (7):

«1) Le prestazioni ricevute devono essere restituite entro 14 giorni.

(...)

4)      1Nel caso di una vendita di beni di consumo, il professionista può rifiutarsi di effettuare il rimborso finché non abbia ricevuto i beni restituiti o finché il consumatore non abbia fornito la prova di aver spedito i beni. 2Tale disposizione non si applica nel caso in cui il professionista abbia offerto di ritirare egli stesso i beni».

36.      L’articolo 357a del BGB, intitolato «Effetti giuridici del recesso da contratti relativi a servizi finanziari», stabilisce ai paragrafi 1 e 3 che:

«1)      Le prestazioni ricevute devono essere restituite entro 30 giorni.

(...)

3)      1Quando un mutuatario recede da un contratto di credito al consumo, deve pagare gli interessi pattuiti per il periodo compreso tra l’erogazione e il rimborso del prestito.

(...)».

37.      L’articolo 358 del BGB, intitolato «Contratto collegato al contratto per il quale è stato esercitato il diritto di recesso», prevede, ai paragrafi da 2 a 4 (8):

«2)      Il consumatore, qualora abbia validamente revocato la propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto di credito al consumo sulla base dell’articolo 495, paragrafo 1, o 514, paragrafo 2, prima frase, cessa altresì di essere vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione di un contratto per la fornitura di beni o la prestazione di altri servizi collegato al contratto di credito al consumo di cui trattasi.

3)      1Un contratto per la fornitura di beni o la prestazione di altri servizi e un contratto di credito ai sensi dei paragrafi 1 e 2 sono collegati laddove il credito sia volto a finanziare in tutto o in parte l’altro contratto e i due contratti costituiscano un’unica operazione economica. 2Si ritiene che esista un’unità economica, in particolare, qualora il professionista stesso finanzi la controprestazione del consumatore oppure, nel caso in cui il credito sia finanziato da un terzo, qualora il creditore ricorra a un professionista ai fini della predisposizione o della conclusione del contratto di credito.

(4)      1L’articolo 355, paragrafo 3 e, a seconda della tipologia di contratto collegato, gli articoli da 357 a 357 b, si applicano, mutatis mutandis, alla risoluzione del contratto collegato, indipendentemente dal metodo di commercializzazione. (...) 5Il mutuante assume, nei rapporti con il consumatore, i diritti e gli obblighi del professionista derivanti dal contratto collegato relativi agli effetti giuridici del recesso qualora, al momento in cui il recesso prende effetto, la somma mutuata sia già stata versata al professionista.

(...)».

38.      L’articolo 492 del BGB, intitolato «Forma scritta, contenuto del contratto», stabilisce, ai paragrafi 2 e 6, che:

«2)      Il contratto deve contenere le informazioni prescritte dall’articolo 247, paragrafi da 6 a 13, dell’Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch [disposizioni preliminari al codice civile tedesco del 21 settembre 1994 (9); in prosieguo: l’“EGBGB”] per i contratti di credito conclusi con i consumatori.

(...)

6)      Se il contratto non contiene le informazioni di cui al paragrafo 2, o se non le contiene integralmente, tali informazioni possono essere fornite successivamente su un supporto durevole dopo che il contratto è stato effettivamente stipulato o, nei casi di cui alla prima frase dell’articolo 494, paragrafo 2, dopo che il contratto ha preso effetto».

39.      L’articolo 495 del BGB, intitolato «Diritto di recesso; periodo di riflessione», così prevede al paragrafo 1:

«Nel caso di un contratto di credito stipulato con un consumatore è riconosciuto al mutuatario il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 355».

40.      Ai sensi dell’articolo 506 del BGB, intitolato «Dilazione di pagamento, altre agevolazioni finanziarie»:

«1)      1Le disposizioni degli articoli da 358 a 360, da 491a a 502 e da 505a a 505e applicabili ai contratti generali di credito al consumo, ad eccezione dell’articolo 492, paragrafo 4 e fatti salvi i paragrafi 3 e 4, trovano applicazione ai contratti con cui un professionista concede a un consumatore a titolo oneroso una dilazione di pagamento o un’altra agevolazione finanziaria a titolo oneroso.

2)      1I contratti tra un professionista e un consumatore aventi ad oggetto l’utilizzazione di un bene a titolo oneroso sono considerati come agevolazione finanziaria a titolo oneroso nel caso in cui venga pattuito che:

1.      il consumatore è obbligato ad acquistare l’oggetto,

2.      il professionista può chiedere al consumatore di acquistare l’oggetto, oppure

3.      il consumatore è responsabile di un certo valore dell’oggetto alla fine del contratto.

2L’articolo 500, paragrafo 2, e l’articolo 502 non si applicano ai contratti di cui al numero 3 della prima frase.

(...)

4)      1Le disposizioni del presente sottotitolo non si applicano nella misura specificata dall’articolo 491, paragrafo 2, seconda frase, nn. da 1 a 5, paragrafo 3, seconda frase, e paragrafo 4. Qualora non esista un importo netto del prestito in base al tipo di contratto (articolo 491, paragrafo 2, seconda frase, n. 1), ad esso subentra il prezzo in contanti o, qualora il professionista abbia acquistato il bene per il consumatore, il prezzo di acquisto».

2.      EGBGB

41.      L’articolo 247 dell’EGBGB, intitolato «Obblighi d’informazione concernenti contratti di mutuo ai consumaotri, agevolazioni finanziarie a titolo oneroso e contratti di intermediazione del credito», contiene quanto segue (10):

«(...)

§ 6      Contenuto del contratto

1)      Nel contratto di credito al consumo devono figurare, in termini chiari e comprensibili, le seguenti informazioni:

1.      le informazioni indicate all’articolo 3, paragrafo 1, numeri da 1 a 14, e paragrafo 4,

(...)

2)      1Qualora esista un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 495 del [BGB], il contratto deve contenere informazioni sul termine e sulle altre condizioni per dichiarare il recesso, nonché un riferimento all’obbligo del mutuatario di rimborsare un prestito già erogato e di pagare gli interessi. 2Il contratto deve indicare l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere. 3Qualora il contratto di credito al consumo contenga una clausola contrattuale formulata in forma evidente e chiara, corrispondente, nel caso di contratti generali di credito al consumo, al modello di cui all’Allegato 7 (...), tale clausola contrattuale deve soddisfare i requisiti di cui alle frasi 1 e 2.

(...).

5Il mutuante può discostarsi dal modello in termini di formato e di dimensioni dei caratteri, tenendo conto della frase 3.

§ 7      Altre informazioni contenute nel contratto

1)      Nel contratto di credito al consumo devono figurare, in termini chiari e comprensibili, le seguenti informazioni, laddove siano pertinenti al contratto:

(...)

3.      Le modalità di calcolo dell’indennizzo dovuto in caso di rimborso anticipato, laddove il mutuante intenda avvalersi di tale diritto in caso di rimborso anticipato del prestito da parte del mutuatario,

4.      l’accesso del mutuatario a procedure di reclamo e di ricorso extragiudiziali e, se del caso, le condizioni di tale accesso.

(...)

§ 12      Contratti collegati e agevolazioni finanziarie a titolo oneroso

1)      1I paragrafi da 1 a 11 si applicano, mutatis mutandis, ai contratti di agevolazione finanziaria a titolo oneroso di cui all’articolo 506, paragrafo 1, del [BGB]. 2Nel caso di tali contratti, nonché dei contratti di credito al consumo collegati a un altro contratto ai sensi dell’articolo 358 del [BGB] o in cui sono specificati beni o servizi ai sensi della seconda frase dell’articolo 360, paragrafo 2, del [BGB]:

1.      le informazioni precontrattuali devono contenere, anche nel caso di cui al paragrafo 5, l’oggetto e il prezzo in contanti,

2.      il contratto deve contenere

a)      l’oggetto e il prezzo in contanti

b)      informazioni sui diritti derivanti dagli articoli 358 e 359 o dall’articolo 360 del [BGB] e sulle condizioni di esercizio di tali diritti.

3Qualora il contratto di credito al consumo contenga una clausola contrattuale evidente e chiaramente formulata, corrispondente, nel caso di contratti generali di credito al consumo, al modello di cui all’allegato 7 (...), tale clausola contrattuale, nel caso di contratti collegati e di operazioni ai sensi dell’articolo 360, paragrafo 2, seconda frase, del [BGB], deve soddisfare i requisiti di cui al numero 2, lettera b), della seconda frase. (…)

(...)».

III. Procedimento principale e questioni pregiudiziali

A.      Causa C38/21

42.      Il 10 novembre 2018 VK stipulava con la BMW Bank GmbH, in qualità di consumatore, un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico avente ad oggetto un autoveicolo BMW per uso privato. VK presentava domanda di leasing e firmava la domanda nei locali del concessionario. Il concessionario, che operava come intermediario del credito per la BMW Bank senza avere alcun potere per stipulare il contratto, calcolava i diversi elementi del leasing (durata del leasing, pagamento una tantum e importo delle rate mensili) e li spiegava a VK. Il concessionario era autorizzato e in grado di fornire a VK informazioni sul contratto e di rispondere a domande. Il concessionario trasmetteva la domanda di leasing alla banca, che l’accettava.

43.      Le parti pattuivano che VK avrebbe pagato un importo complessivo di EUR 12 486,80, composto da una somma una tantum di EUR 4 760, seguita da 24 rate di leasing pari a EUR 321,95 ciascuna. Il tasso debitore era pari al 3,49% annuo per l’intera durata del contratto di leasing e il tasso di interesse effettivo annuo era pari al 3,55%. L’importo netto del credito era di EUR 40 294,85, corrispondente al prezzo di acquisto del veicolo. Veniva altresì pattuito un chilometraggio di VK limitato a 10 000 km l’anno. Al momento della restituzione del veicolo, VK avrebbe pagato 0,0737 EUR per ogni chilometro percorso eccedente il limite massimo, mentre gli sarebbero stati rimborsati 0,0492 EUR per ciascun chilometro non percorso rispetto al limite massimo. Se, al momento della restituzione, le condizioni del veicolo non avessero corrisposto alla sua età e al chilometraggio concordato, VK sarebbe stato tenuto a risarcire la BMW Bank per tale ulteriore perdita di valore. Né il contratto di leasing né alcun accordo separato contenevano un obbligo di acquisto del veicolo.

44.      Il contratto di leasing contiene la seguente clausola, intitolata «Diritto di recesso» (11):

«Ella può recedere dalla dichiarazione contrattuale, senza obbligo di motivazione, entro il termine di 14 giorni. Tale termine inizia a decorrere con la conclusione del contratto, ma in ogni caso solo dopo che Le siano state fornite tutte le informazioni obbligatorie previste dall’articolo 492, paragrafo 2, del [BGB] (ad esempio, in ordine alla tipologia di credito, all’importo netto del credito e alla scadenza del contratto) (...)».

45.      VK prendeva in consegna il veicolo. A decorrere dal gennaio 2019, egli versava regolarmente le rate mensili concordate. Con lettera del 25 giugno 2020, il medesimo recedeva da detto contratto. La BMW Bank respingeva tale recesso.

46.      Con il ricorso diretto contro la BMW Bank dinanzi al giudice del rinvio, VK chiede l’accertamento giudiziale che la banca non possa far valere alcun diritto derivante dal contratto di leasing, in particolare il diritto al pagamento delle rate del leasing. Egli sostiene che il termine di recesso non aveva iniziato a decorrere dal momento che le informazioni obbligatorie contenute nel contratto di leasing sono insufficienti e incomprensibili. Poiché il contratto di leasing è un contratto a distanza e/o concluso fuori dei locali commerciali, VK sostiene inoltre che l’articolo 312g, paragrafo 1, del BGB gli conferisce il diritto di recedere dallo stesso. Secondo VK, non è possibile chiedere chiarimenti e ottenere informazioni obbligatorie dalla BMW Bank se un dipendente o un rappresentante di tale banca non è presente nei locali del concessionario nella fase preparatoria del contratto.

47.      La BMW Bank chiede che il ricorso di VK sia dichiarato infondato. Essa afferma che le norme sul recesso applicabili ai contratti di credito al consumo non si applicano ai contratti di leasing basati su conteggio chilometrico. In ogni caso, nel contratto di leasing finanziario sarebbero state debitamente comunicate a VK tutte le informazioni obbligatorie, compreso il diritto di recesso dal contratto medesimo. L’informativa sul diritto di recesso corrisponderebbe pedissequamente al modello previsto dalla legge, per cui si ritiene che essa soddisfi i requisiti di cui all’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e terza frase, dell’EGBGB, cosicché il termine di recesso di 14 giorni era scaduto molto prima che VK pretendesse di esercitare il suo diritto di recesso. La BMW Bank sostiene inoltre che, poiché VK ha avuto contatti personali con un intermediario che era in grado di informarlo sul servizio offerto, il contratto di leasing non è un contratto a distanza. Non è nemmeno un contratto concluso fuori dei locali commerciali, in quanto si deve ritenere che l’intermediario abbia agito in nome o per conto del professionista, ai sensi del considerando 22 della direttiva 2011/83.

48.      Il giudice del rinvio osserva che, fino a tempi recenti, la giurisprudenza tedesca riconosceva l’esistenza di un diritto di recesso nel caso di contratti di leasing basati su conteggio chilometrico applicando analoghe disposizioni nazionali che disciplinano i contratti con cui un professionista concede a un consumatore una dilazione di pagamento a titolo oneroso o un’altra facilitazione di pagamento a titolo oneroso (12). Con sentenza del 24 febbraio 2021 (13), il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) ha tuttavia dichiarato che tale analogia era insostenibile. Gli articoli 495 e 355 del BGB non conferiscono quindi all’utilizzatore di un veicolo un diritto di recesso da questo tipo di contratto di leasing. Secondo detto giudice, tale soluzione è corretta dal punto di vista del diritto dell’Unione, poiché l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2008/48 non si applica ai contratti di locazione o di leasing in cui l’obbligo di acquistare l’oggetto del contratto non è previsto né dal contratto stesso né da un contratto distinto. Poiché non esiste un obbligo di acquisto nel caso di contratti di leasing basati su conteggio chilometrico, non è possibile per un giudice applicare la direttiva 2008/48 in via analogica. Il giudice del rinvio dubita che tale analisi sia corretta.

49.      Il giudice del rinvio cerca innanzitutto di chiarire se un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, come quello di cui trattasi, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, della direttiva 2011/83 o della direttiva 2002/65. Detto giudice ipotizza la possibilità di applicare in via analogica la direttiva 2008/48 (14), nella misura in cui i contratti di leasing basati su conteggio chilometrico sono solitamente concepiti in modo da garantire, sia in termini di calcolo che in pratica, l’ammortamento totale dell’utilizzo del veicolo. In subordine, il giudice del rinvio si chiede se il leasing per autoveicoli basato su conteggio chilometrico sia un servizio finanziario ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65 e dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2011/83 (15). A sostegno di tale approccio, il giudice del rinvio osserva che, nel caso dei contratti di leasing basati su conteggio chilometrico, non vi è alcuna vicinanza oggettiva tra il concedente di leasing e il bene oggetto del contratto, poiché l’utilizzatore del leasing seleziona il bene oggetto del leasing in base alle proprie esigenze. A differenza del locatario in senso stretto, l’utilizzatore del leasing si assume tutti i rischi durante la durata del contratto di leasing, deve assicurare il veicolo e far valere i propri diritti nei confronti di terzi in caso di difetti del veicolo, mentre il concedente di leasing si limita a finanziare l’uso del veicolo da parte dell’utilizzatore del leasing.

50.      Nell’ipotesi in cui un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello oggetto del procedimento principale rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, il giudice del rinvio cerca poi di verificare la compatibilità con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e l’articolo 14, paragrafo 1, della normativa nazionale, che stabilisce una presunzione di legge secondo cui, nonostante l’eventuale inadeguatezza delle informazioni fornite, l’obbligo di fornire al consumatore informazioni sul diritto di recesso è soddisfatto quando il contratto contiene una clausola che corrisponde al modello previsto dalla legge allegato a tale normativa (in prosieguo: la «presunzione di legittimità»). Il giudice del rinvio chiede inoltre se debba disapplicare tale normativa, qualora lo ritenesse opportuno.

51.      Il giudice del rinvio dubita che la presunzione di legittimità sia compatibile con la sentenza della Corte nella causa Kreissparkasse Saarlouis (16), in cui si afferma, tra l’altro, che, per quanto attiene alle informazioni di cui all’articolo 10 della direttiva 2008/48, il paragrafo 2, lettera p), di questo deve essere interpretato nel senso che osta a un contratto di credito che faceva rinvio a una disposizione nazionale facente a sua volta rinvio ad altre disposizioni della normativa nazionale (17). Il giudice del rinvio osserva che l’Undicesima Sezione civile del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha ritenuto di non poter seguire tale giurisprudenza, in quanto la lettera, la ratio, lo scopo e l’origine dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase, dell’EGBGB ostano a un’interpretazione compatibile con la direttiva 2008/48 (18). Detta Sezione non poteva nemmeno prevedere l’applicazione diretta di tale direttiva, poiché la Corte di giustizia aveva escluso, nel campo del credito al consumo, la possibilità di un’interpretazione del diritto nazionale al limite del contra legem per conformarsi ai requisiti del diritto dell’Unione. Il giudice del rinvio ritiene tuttavia che la Corte abbia finora lasciato aperta l’applicazione del principio del primato del diritto dell’Unione in relazione alla direttiva 2008/48 (19).

52.      In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito alle informazioni che i contratti di credito al consumo devono contenere ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere p), l) e t), della direttiva 2008/48. Esso chiede se solo l’assenza di informazioni obbligatorie possa impedire la decorrenza del termine di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della stessa o se il fatto che le informazioni fornite siano incomplete o materialmente inesatte abbia la stessa conseguenza.

53.      In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un consumatore possa decadere dal diritto di recesso nel caso di un contratto di credito al consumo a causa di una violazione del principio di buona fede sancito dall’articolo 242 del BGB.

54.      In quarto luogo, il giudice del rinvio desidera sapere se e a quali condizioni l’esercizio del diritto di recesso da un contratto di credito al consumo da parte di un consumatore possa essere considerato abusivo. Esso nota che, in una recente sentenza, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha statuito che l’esercizio del diritto di recesso può risultare abusivo, e quindi costituire una violazione dell’articolo 242 del BGB, nel caso in cui il consumatore, invocando l’assenza della presunzione di legittimità legata al modello previsto dalla legge, cerchi di sfruttare una posizione giuridica formale. Secondo detto giudice, in tale contesto può essere necessario tener conto di una serie di fatti, fra cui, non esaustivamente, i seguenti: che il consumatore possa aver ritenuto irrilevanti per la sua situazione le informazioni non conformi al modello previsto dalla legge; che la persona possa aver sollevato per la prima volta la questione della non conformità del modello previsto dalla legge nell’ambito di un ricorso per cassazione, o che il consumatore possa aver «esercitato il proprio diritto di recesso per poter restituire il veicolo, dopo averlo utilizzato conformemente alla sua destinazione d’uso per un periodo relativamente lungo, ritenendo – erroneamente – di essere esonerato dall’obbligo di risarcimento».

55.      Qualora, in subordine, un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello di cui trattasi consista nella prestazione di un servizio finanziario ai sensi delle direttive 2002/65 e 2011/83, il giudice del rinvio si chiede, in primo luogo, se un siffatto contratto vada qualificato come «contratto negoziato fuori dei locali commerciali», ai sensi dell’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/83 (20). Esso si chiede se i locali commerciali di una persona che interviene solo nella preparazione del contratto, nella fattispecie il concessionario di autoveicoli, senza disporre del potere di rappresentare tale professionista per concludere tale contratto, siano locali commerciali di tale professionista, ai sensi dell’articolo 2, punto 9, della direttiva 2011/83. Si pone la precisa questione se il coinvolgimento di una siffatta persona possa essere assimilato a quello di agire «in nome o per conto del professionista», ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 e, di conseguenza, degli articoli 312b, paragrafo 1, secondo periodo, e 312b, paragrafo 2, del BGB.

56.      In secondo luogo, al giudice del rinvio non è chiaro se il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi rientri nell’ambito di applicazione dell’eccezione al diritto di recesso di cui all’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 e all’articolo 312g, paragrafo 2, punto 9, del BGB per quanto riguarda i servizi di autonoleggio. A tale proposito, il giudice del rinvio osserva, tra l’altro, che, secondo una sentenza dell’Oberlandesgericht München (Tribunale superiore del Land, Monaco, Germania) del 18 giugno 2020 (21), il «noleggio di autovetture» ricomprende il noleggio di autovetture a breve termine e non i contratti di leasing basati su conteggio chilometrico.

57.      In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede se un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello di cui trattasi possa essere qualificato come «contratto a distanza» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/65 e dell’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83, qualora il consumatore abbia contatti personali solo con un intermediario, che si limita a predisporre il contratto ma non ha alcun potere di rappresentare il professionista al fine di stipulare detto contratto (22). Esso rileva in particolare che, secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), la condizione dell’«uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza» contenuta in tali disposizioni non è soddisfatta qualora il consumatore, nella fase preparatoria della stipula di un contratto, abbia contatti personali con un terzo che, per conto del professionista, gli fornisce informazioni su detto contratto.

58.      Ciò premesso, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      In merito alla fictio legis di cui all’articolo 247, paragrafi 6, secondo comma, terza frase, e 12, primo comma, terza frase, dell’[EGBGB]:

a)      Se l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB, sia incompatibile con l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e con l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48].

In caso di risposta affermativa:

b)      Se dal diritto dell’Unione, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), e dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2008/48] discenda l’inapplicabilità dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase e paragrafo 12, primo comma, terza frase, dell’EGBGB, nella parte in cui prevedono che le clausole contrattuali in contrasto con le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] soddisfano i requisiti posti dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e seconda frase, e paragrafo 12, primo comma, seconda frase, punto 2, lettera b), dell’EGBGB.

Nel caso di risposta negativa alla questione sub II.1. b):

2.      In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva [2008/48]

a)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere che deve figurare nel contratto di credito risulti dal calcolo del tasso debitore pattuito e indicato nel contratto.

b)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che debba essere indicato, espresso in valore numerico assoluto, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto di credito o, quantomeno, il tasso di riferimento applicabile (nel caso di specie, il tasso di base ai sensi dell’articolo 247 del [BGB]), in base al quale viene determinato, per effetto di una maggiorazione, il tasso d’interesse di mora applicabile (nel caso di specie, di 5 punti percentuali in forza dell’articolo 288, paragrafo 1, seconda frase, del BGB) e il consumatore debba essere informato del tasso di riferimento (tasso di base) e della sua variabilità.

c)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che nel contratto di credito debbano essere indicati i requisiti di forma essenziali ai fini dell’accesso ad un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso.

Nel caso di risposta affermativa ad almeno una delle precedenti questioni sub II.2 da a) a c):

d)      Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

In caso di risposta negativa:

e)      Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

Nel caso di risposta affermativa alle precedenti questioni sub II.1. a) e/o ad almeno una delle questioni sub II.2 da a) a c):

3.      In merito alla decadenza dal diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

a)      Se il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48] sia soggetto a decadenza.

In caso affermativo:

b)      Se la decadenza consista in una limitazione temporale del diritto di recesso, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

In caso di risposta negativa:

c)      Se l’eccezione di decadenza presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

In caso di risposta negativa:

d)      Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti all’applicazione in buona fede delle norme sulla decadenza.

In caso di risposta negativa:

e)      Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

In caso affermativo:

f)      In qual modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

4.      In merito al riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso del consumatore in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

a)      Se l’esercizio del diritto di recesso possa essere abusivo in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48].

In caso affermativo:

b)      Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso consista in una limitazione temporale di detto diritto, necessariamente disciplinata da una legge del Parlamento.

In caso di risposta negativa:

c)      Se il riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso presupponga ratione personae che il consumatore fosse al corrente della persistenza del proprio diritto di recesso ovvero debba quantomeno rispondere per grave negligenza della propria ignoranza.

In caso di risposta negativa:

d)      Se la possibilità per il creditore di fornire a posteriori al mutuatario le informazioni di cui all’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48], consentendo in tal modo che il termine di recesso inizi a decorrere, osti al riconoscimento in buona fede di un esercizio abusivo del diritto di recesso.

In caso di risposta negativa:

e)      Se ciò sia compatibile con i consolidati principi di diritto cui è vincolato il giudice tedesco, in base al Grundgesetz (Costituzione tedesca).

In caso affermativo:

f)      In qual modo gli organi tedeschi incaricati dell’attuazione della legge risolvano il conflitto tra norme cogenti del diritto internazionale e i requisiti sanciti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

5.      Se i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, aventi una durata compresa tra due e tre anni e stipulati con esclusione, nella relativa modulistica, del diritto di recesso ordinario, nell’ambito dei quali il consumatore deve provvedere a stipulare un’assicurazione con copertura casco totale del mezzo, oltre che farsi carico di promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti (in particolare nei confronti del venditore o del costruttore del veicolo) e inoltre sopporta il rischio di perdita, danneggiamento e perdita di valore di altro tipo, rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva [2011/83] e/o della direttiva [2008/48] e/o della direttiva [2002/65]. Se detti contratti costituiscano contratti di credito ai sensi dell’articolo 3, lettera c), della direttiva [2008/48] e/o contratti relativi a servizi finanziari ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva [2011/83], nonché dell’articolo 2, lettera b), della direttiva [2002/65].

6.      Nel caso in cui i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione II. 5., costituiscano contratti relativi a servizi finanziari:

a)      se si considerino locali immobili adibiti alla vendita ai sensi dell’articolo 2, punto 9, della direttiva [2011/83] anche i locali commerciali di un soggetto che avvia operazioni per conto del professionista, ma non detiene direttamente alcun potere di rappresentanza per concludere i contratti in oggetto.

In caso affermativo:

b)      se ciò si applichi anche quando il soggetto che avvia trattative ai fini del contratto operi a livello imprenditoriale in un altro settore e per motivi legati alla vigilanza e/o di diritto civile non sia autorizzato a concludere contratti relativi a servizi finanziari.

7.      In caso di risposta negativa a una delle questioni sub 6. a) o b):

se l’articolo 16, lettera l), della direttiva [2011/83] debba essere interpretato nel senso che i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione II. 5., rientrino in tale fattispecie di deroga.

8.      Nel caso in cui i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, come descritti in precedenza nella questione II. 5., costituiscano contratti relativi a servizi finanziari:

a)      se sussista un contratto a distanza ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva [2002/65] e dell’articolo 2, punto 7, della direttiva [2011/83] anche quando durante le trattative si sono tenuti contatti con un’unica persona che avvia operazioni con i consumatori per conto del professionista, ma non detiene direttamente alcun potere di rappresentanza per concludere i contratti in oggetto.

In caso affermativo:

b)      se ciò si applichi anche quando il soggetto che avvia trattative ai fini del contratto operi a livello imprenditoriale in un altro settore e per motivi legati alla vigilanza e/o di diritto civile non sia autorizzato a concludere contratti relativi a servizi finanziari».

B.      Causa C47/21

59.      Il 12 aprile 2017 F.F. stipulava, in qualità di consumatore, un contratto di mutuo con la C. Bank AG per un importo di EUR 15 111,70 per l’acquisto di un veicolo di seconda mano per uso privato.

60.      Il concessionario automobilistico dal quale F.F. acquistava il veicolo agiva in qualità di intermediario del credito per la C. Bank nella preparazione e nella conclusione del contratto di prestito, utilizzando i moduli contrattuali predisposti dalla banca. Il prezzo di acquisto ammontava a EUR 14 880. Al netto dell’acconto versato pari a EUR 2 000, l’importo residuo di EUR 12 880 veniva finanziato con il mutuo. Il contratto di mutuo prevede il rimborso in 60 rate mensili, oltre a un pagamento finale di un determinato importo.

61.      Esso contiene la seguente clausola (23):

«Diritto di recesso

Il mutuatario può recedere dal contratto, senza obbligo di motivazione, entro il termine di 14 giorni. Tale termine inizia a decorrere dalla conclusione del contratto, ma in ogni caso solo dopo che siano state fornite al mutuatario tutte informazioni obbligatorie previste dall’articolo 492, paragrafo 2, del [BGB] (ad esempio, in ordine alla tipologia di credito, all’importo netto del credito e alla scadenza del contratto) (...)».

62.      La proprietà del veicolo veniva trasferita alla C. Bank a titolo di garanzia per il rimborso del mutuo. Dopo l’erogazione del mutuo, F.F. pagava regolarmente le rate mensili concordate. Il 1o aprile 2020 recedeva dal contratto di prestito. La C. Bank respingeva tale recesso.

63.      Nel ricorso proposto dinanzi al giudice del rinvio, F.F. chiede, in seguito alla restituzione del veicolo alla C. Bank, il rimborso delle rate mensili da lui pagate e dell’acconto versato al concessionario, vale a dire EUR 10 110,11. Inoltre, egli chiede l’accertamento giudiziale della mora della C. Bank per quanto riguarda la ripresa del veicolo. F.F. afferma la validità del suo recesso, in quanto il termine di recesso non avrebbe ancora iniziato a decorrere a causa della mancanza di chiarezza dell’informativa sul diritto di recesso e dell’inesattezza delle informazioni obbligatorie che gli sono state fornite.

64.      La C. Bank chiede il rigetto del ricorso in quanto infondato. Essa sostiene di aver fornito a F.F. tutte le informazioni obbligatorie tramite il modello previsto dalla legge, per cui tali informazioni devono essere considerate corrette ai sensi dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima e terza frase, dell’EGBGB. Il recesso di F.F. sarebbe quindi tardivo. In subordine, la C. Bank sostiene che il comportamento di F.F. costituirebbe un abuso di diritto.

65.      In primo luogo, il giudice del rinvio cerca di verificare se la normativa nazionale che ha stabilito la presunzione di legittimità sia compatibile con la direttiva 2008/48 e se esso debba disapplicare tale normativa qualora lo ritenga opportuno. Benché abbia utilizzato il modello previsto dalla legge, la C. Bank lo ha fatto in modo errato, in quanto ha fornito anche informazioni su contratti collegati irrilevanti per F.F., dal momento che quest’ultimo non aveva stipulato alcun contratto di questo tipo. Poiché i criteri stabiliti dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) per individuare la presenza di un abuso di diritto sono soddisfatti nel caso di cui trattasi, F.F. non può sostenere che la presunzione di legittimità non è applicabile. Inoltre, il giudice del rinvio formula le stesse considerazioni esposte ai paragrafi 50 e 51 delle presenti conclusioni.

66.      In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito alle informazioni che devono essere incluse nei contratti di credito al consumo ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere l), r) e t), della direttiva 2008/48. Esso si chiede se il fatto che le informazioni fornite siano semplicemente incomplete o materialmente inesatte possa precludere la decorrenza del termine di recesso.

67.      In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se nel caso di un contratto di credito al consumo il consumatore possa decadere dal diritto di recesso a causa della violazione del principio di buona fede sancito dall’articolo 242 del BGB.

68.      In quarto luogo, il giudice del rinvio desidera sapere se, e a quali condizioni, l’esercizio del diritto di recesso da parte di un consumatore nel caso di un contratto di credito al consumo possa essere abusivo. A questo proposito, il giudice del rinvio espone le considerazioni di cui al paragrafo 54 delle presenti conclusioni.

69.      In quinto luogo, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito al diritto del consumatore al rimborso delle rate mensili pagate nel caso in cui il contratto di credito rispetto al quale ha esercitato il diritto di recesso sia collegato a un contratto di acquisto di beni. Secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), la normativa nazionale (24) prevede che, quando un consumatore recede da un contratto di credito collegato a un contratto per l’acquisto di un autoveicolo, il creditore (25) può rifiutare il rimborso delle rate mensili e, eventualmente, dell’acconto, fino a quando il veicolo non gli sia stato restituito o fino a quando il consumatore non abbia fornito la prova di averlo fatto. In termini di procedura civile, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), applicando per analogia l’articolo 322, paragrafo 2, del BGB, ritiene che, a causa di tale obbligo di previa restituzione, una volta che il consumatore ha esercitato il suo diritto di recesso, un’azione di pagamento nei confronti del creditore è fondata solo se il consumatore ha invitato il creditore a riprendersi l’autoveicolo, facendo così un’«offerta reale» al creditore ai sensi dell’articolo 294 del BGB, o se il consumatore fornisce la prova di aver restituito il veicolo al creditore.

70.      Il giudice del rinvio dubita della compatibilità dell’obbligo di previa restituzione e delle sue conseguenze procedurali con l’effettività del diritto di recesso previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48. L’esercizio del diritto di recesso sarebbe notevolmente limitato nella pratica se il consumatore dovesse restituire il veicolo prima di poter chiedere in via giudiziale il rimborso delle rate del prestito. Inoltre, il giudice del rinvio non è sicuro che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 abbia un effetto diretto, per cui esso sarebbe tenuto a disapplicare le suddette disposizioni nazionali.

71.      In sesto luogo, il giudice del rinvio, che è un giudice monocratico, sostiene che dalla giurisprudenza del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) risulta che, in base alle norme procedurali nazionali, un giudice monocratico non è legittimato a presentare una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 267 TFUE e deve, in tal caso, trasferire il procedimento a un giudice collegiale. Si chiede se tali norme siano compatibili con l’articolo 267 TFUE e, in caso contrario, se esse debbano essere disapplicate.

72.      In siffatte circostanze, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, il cui testo, per le questioni 1, 3 e 4, è identico a quello della causa C‑38/21:

«1)      (…)

Indipendentemente dalla risposta alle questioni sub II. 1.a) e b):

2.      In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva [2008/48]

a)      [La questione sub II. 2.a) è stata ritirata]

b)      In merito all’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), della direttiva [2008/48]:

aa)      Se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che le informazioni contenute nel contratto di credito e relative all’indennità da corrispondere in caso di rimborso anticipato del credito debbano essere sufficientemente precise da consentire al consumatore di calcolare, quantomeno approssimativamente, l’importo dell’indennità da versare in caso di recesso anticipato.

(in caso di risposta affermativa alla precedente questione):

bb)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera r), e l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva [2008/48] ostino a una normativa nazionale, per effetto della quale, in caso di informazioni incomplete ai sensi del medesimo articolo 10, paragrafo 2, lettera r), il termine ai fini dell’esercizio del diritto di recesso inizi comunque a decorrere con la conclusione del contratto estinguendosi unicamente il diritto del creditore all’indennità relativa al rimborso anticipato del credito.

c)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera l), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che debba essere indicato, espresso in valore numerico assoluto, il tasso d’interesse di mora applicabile al momento della conclusione del contratto di credito o, quantomeno, il tasso di riferimento applicabile (nel caso di specie, il tasso di base ai sensi dell’articolo 247 del [BGB]), in base al quale viene determinato, per effetto di una maggiorazione, il tasso d’interesse di mora applicabile (nel caso di specie, di 5 punti percentuali in forza dell’articolo 288, paragrafo 1, seconda frase, del BGB) e il consumatore debba essere informato del tasso di riferimento (tasso di base) e della sua variabilità.

d)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera t), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che nel contratto di credito debbano essere indicati i requisiti di forma essenziali ai fini dell’accesso ad un meccanismo extragiudiziale di reclamo e di ricorso.

Nel caso di risposta affermativa ad almeno una delle precedenti questioni sub II.2 da a) a d):

e)      Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

In caso di risposta negativa:

f)      Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

Nel caso di risposta affermativa alle precedenti questioni sub II.1. a) e/o ad almeno una delle questioni sub II.2 da a) a d):

3)      (…)

4)      (…)

5)      Indipendentemente dalla risposta alle precedenti questioni:

a)      Se sia compatibile con il diritto dell’Unione, in particolare con il diritto di recesso sancito dall’articolo 14, paragrafo 1, [prima frase] della direttiva [2008/48] il fatto che, in base al diritto nazionale, nel caso di un contratto di credito collegato ad un contratto di acquisto, a seguito del valido esercizio del diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva medesima

aa)      il diritto del consumatore, nei confronti del creditore, al rimborso delle rate di mutuo versate sia esercitabile solo successivamente alla riconsegna al creditore del bene acquistato da parte del consumatore stesso ovvero dell’esibizione della prova dell’avvenuta spedizione del bene de quo;

bb)      l’azione del consumatore volta ad ottenere il rimborso delle rate di mutuo dallo stesso versate a seguito della consegna del bene acquistato debba essere respinta in quanto infondata, [se] il creditore non [è] in mora per mancata accettazione del bene acquistato.

In caso di risposta negativa:

b)      Se risulti dal diritto dell’Unione l’inapplicabilità delle disposizioni nazionali menzionate sub a) aa) e/o a) bb).

Indipendentemente dalla risposta alle questioni sub II. da 1. a 5.:

6)      Se l’articolo 348 a, paragrafo 2, punto 1, della ZPO, nella parte relativa alla pronuncia di ordinanze di rinvio ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 2, TFUE, sia incompatibile con la legittimazione al rinvio pregiudiziale dei giudici nazionali previsto da quest’ultima norma e sia pertanto inapplicabile alla pronuncia di ordinanze di rinvio».

C.      Causa C232/21

73.      I fatti alla base di questa domanda di pronuncia pregiudiziale si sovrappongono in larga misura a quelli della causa C‑47/21. A seguito di richieste di prestito datate rispettivamente 30 giugno 2017, 28 marzo 2017, 26 gennaio 2019 e 31 gennaio 2012, CR, AY, ML e BQ stipulavano, in qualità di consumatori, con la Volkswagen Bank GmbH (nel caso di CR) o con la sua filiale Audi Bank, contratti di mutuo per importi netti di EUR 21 418,66, EUR 28 671,25, EUR 18 972,74, e EUR 30 208,10. Ciascuno dei contratti di mutuo era destinato a finanziare l’acquisto di un autoveicolo di seconda mano per uso privato. Il prezzo di vendita per il veicolo acquistato da CR era di EUR 30 490, per quello acquistato da AY di EUR 31 920, per quello acquistato da ML di EUR 28 030 e per quello acquistato da BQ di EUR 27 750. CR, AY e ML versavano acconti ai concessionari di autovetture e finanziavano il saldo del prezzo di acquisto, insieme al costo dell’assicurazione sulla vita e sull’invalidità, mediante i rispettivi prestiti. BQ non versava alcun acconto e pagava l’intero prezzo di acquisto del veicolo, insieme all’assicurazione sulla vita e sull’invalidità, tramite il prestito.

74.      I contratti di mutuo contengono una clausola identica o molto simile a quella riportata al paragrafo 61 delle presenti conclusioni.

75.      I concessionari presso i quali i veicoli sono stati acquistati agivano come intermediari del credito per le banche nell’ambito della preparazione e della conclusione dei contratti di mutuo e utilizzavano il modello di contratto standard fornito da tali banche. I rimborsi dei prestiti dovevano essere effettuati in 48 rate mensili (nel caso di CR e AY), 36 (nel caso di ML) e 60 (nel caso di BQ). A CR, AY, ML e BQ veniva richiesto inoltre il pagamento finale di un determinato importo.

76.      Dopo l’erogazione dei prestiti, CR, AY, ML e BQ pagavano regolarmente le rate mensili concordate. Tuttavia, rispettivamente il 31 marzo 2019, il 13 giugno 2019, il 16 settembre 2019 e il 20 settembre 2020, ciascuno di essi recedeva dal rispettivo contratto di mutuo. CR, ML e BQ proponevano di restituire il veicolo alla sede della banca in cambio del contestuale rimborso dei pagamenti effettuati. BQ rimborsava interamente il prestito. La Volkswagen Bank e l’Audi Bank respingevano tutti questi tentativi di recedere dai contratti.

77.      CR, AY, ML e BQ presentavano ricorso al giudice del rinvio contro la Volkswagen Bank e l’Audi Bank. Poiché le informazioni sul diritto di recesso e le altre informazioni obbligatorie non erano state loro debitamente comunicate, essi sostengono che il termine di recesso non aveva iniziato a decorrere alle date in cui essi avevano receduto dai rispettivi contratti di muto. CR chiede, tra l’altro, il rimborso delle rate mensili che ha pagato, insieme all’acconto versato al concessionario, contestualmente o, in subordine, successivamente alla restituzione del veicolo. Egli chiede inoltre che venga dichiarato che non è tenuto a pagare gli interessi sul capitale o le rate dello stesso a partire dalla data di recesso e che la banca era in mora nella ripresa del veicolo. Le richieste di ML sono sostanzialmente identiche a quelle di CR. AY chiede principalmente che venga dichiarato che, a partire dalla data del recesso, non è più tenuto a corrispondere il capitale del suo prestito o gli interessi sullo stesso. BQ chiede principalmente il rimborso delle rate mensili pagate e la costituzione in mora della banca per mancata accettazione del veicolo.

78.      La Volkswagen Bank e l’Audi Bank sostengono in primo luogo che i ricorsi devono essere respinti in quanto infondati. Dette parti affermano di aver fornito a CR, AY, ML e BQ tutte le informazioni obbligatorie utilizzando il modello previsto dalla legge e che il termine di recesso di 14 giorni era quindi scaduto. Nel caso di CR e AY, esse dichiarano, in subordine, che questi ultimi sono decaduti dal diritto di recesso e che esse hanno fatto legittimamente affidamento sul fatto che tali consumatori non avrebbero più esercitato il diritto di recesso dopo aver utilizzato i veicoli e pagato regolarmente le rate mensili. Nel caso di ML e BQ, esse sostengono inoltre di non trovarsi in mora nella ripresa dei veicoli, poiché tali consumatori non hanno fatto loro un’offerta reale ai sensi dell’articolo 294 del BGB.

79.      Il giudice del rinvio osserva che, secondo il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), le questioni relative alla decadenza e all’esercizio abusivo del diritto di recesso devono essere esaminate principalmente in relazione ai contratti che le parti hanno già interamente eseguito.

80.      In tali circostanze, sulla base di considerazioni sostanzialmente analoghe a quelle esposte ai paragrafi da 65 a 71 delle presenti conclusioni, il Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali, il cui testo, per le questioni 1, 3 e da 4 a 6, è pressoché identico a quello della causa C‑47/21:

«1)      (…)

2)      In merito alle informazioni obbligatorie di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva [2008/48]:

a)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che l’importo giornaliero degli interessi da corrispondere che deve figurare nel contratto di credito risulti dal calcolo del tasso debitore pattuito e indicato nel contratto.

b)      (...)

Nel caso di risposta affermativa ad almeno uno dei quesiti della seconda questione sub a) o b):

c)      Se l’articolo 14, paragrafo 1, seconda frase, lettera b), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che il termine di recesso inizi a decorrere solo nel momento in cui le informazioni prescritte dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva medesima siano fornite in modo completo ed esatto.

In caso di risposta negativa:

d)      Quali siano i criteri che determinano l’inizio del decorso del termine di recesso nonostante l’incompletezza e l’inesattezza delle informazioni.

Nel caso di risposta affermativa alla prima questione sub a) e/o ad uno dei quesiti della seconda questione sub a) o b):

3)      In merito alla decadenza dal diritto di recesso ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

a)      (…)

b)      (...)

c)      (...) Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

d)      (...) Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

e)      (...)

f)      (...)

4.      In merito al riconoscimento di un esercizio abusivo del diritto di recesso del consumatore in forza dell’articolo 14, paragrafo 1, prima frase, della direttiva [2008/48]:

a)      (…)

b)      (...)

c)      (...) Se ciò valga anche nel caso dei contratti eseguiti.

d)      (...) Se ciò valga anche nel caso dei contratti [eseguiti].

e)      (...)

f)      (...)

5)      (…)

6)      (…)».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

81.      Con decisione del 22 aprile 2021, il Presidente della Corte ha riunito le cause C‑38/21 e C‑47/21 ai fini della procedura scritta e orale e della sentenza.

82.      Con decisione del 3 agosto 2021, il giudice del rinvio ha ritirato la questione sub 2 a), nella causa C‑47/21, in quanto la controversia in una delle due cause del procedimento principale è stata composta in via amichevole.

83.      Nella causa C‑38/21, con ordinanza di rinvio del 24 agosto 2021, il giudice del rinvio ha deciso di presentare un’integrazione alla sua domanda iniziale e di sottoporre questioni pregiudiziali supplementari.

84.      Con decisione del 31 maggio 2022, la Corte ha riunito la causa C‑232/21 e le cause riunite C‑38/21 e C‑47/21 ai fini della fase orale e della sentenza.

85.      La BMW Bank, la C. Bank, la Volkswagen Bank, l’Audi Bank, il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Le stesse parti e CR hanno risposto per iscritto a un quesito posto dalla Corte il 31 maggio 2022.

86.      All’udienza del 7 settembre 2022, CR, la BMW Bank, la C. Bank, la Volkswagen Bank, l’Audi Bank, il governo tedesco e la Commissione hanno svolto osservazioni orali e risposto ai quesiti della Corte.

V.      Analisi

87.      La Corte chiede che nelle presenti conclusioni vengano esaminate le seguenti questioni:

–        la prima questione nelle cause C‑38/99, C‑47/21 e C‑232/21;

–        la seconda questione nelle cause C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, nella misura in cui essa riguarda l’inizio della decorrenza del termine per esercitare il diritto recesso nel caso in cui le informazioni fornite al consumatore siano incomplete o materialmente inesatte;

–        la quarta questione nelle cause C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, nella misura in cui essa riguarda, con riferimento al comportamento del consumatore dopo il suo recesso dal contratto, il ricorso alla dottrina dell’abuso di diritto per limitare l’esercizio del diritto di recesso; e la rilevanza, in tale contesto, del fatto che le parti hanno dato piena esecuzione al contratto;

–        la quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21;

–        la quinta, sesta e settima questione nella causa C‑38/21.

88.      Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, proporrò anche una risposta all’ottava questione nella causa C‑38/21.

89.      La mia analisi di tali questioni si articola in due parti. Esaminerò innanzitutto la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑38/21, a partire dalla quinta questione, che riguarda la natura del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico. La risposta a tale questione determina quali altre questioni necessitano di risposta. Affronterò quindi le questioni del giudice del rinvio nelle cause C‑47/21 e C‑232/21.

A.      Causa C38/21

1.      Sulla quinta questione nella causa C38/21

90.      Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un contratto di leasing per autoveicolo basato su conteggio chilometrico, come quello oggetto del ricorso in esame, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/65, della direttiva 2008/48 o della direttiva 2011/83.

91.      Secondo la descrizione fornita dal giudice del rinvio, dalla BMW Bank e dal governo tedesco, lo scopo di tale contratto è, dietro pagamento di una rata mensile, mettere a disposizione dell’utilizzatore un autoveicolo per una durata da due a tre anni con un limite massimo del numero di chilometri che il veicolo può percorrere. Al termine di tale periodo, se il numero di chilometri percorsi supera quello concordato, l’utilizzatore paga un indennizzo al concedente di leasing. Per converso, se il numero di chilometri percorsi è inferiore a quello concordato, l’utilizzatore ottiene un rimborso dal concedente di leasing. L’utilizzatore si assume il rischio di perdita, danneggiamento e perdita di valore di altro tipo del veicolo per tutta la durata del contratto e deve quindi stipulare un’assicurazione con copertura casco totale. Inoltre, incombe all’utilizzatore del leasing farsi carico di promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti, in particolare nei confronti del concessionario e del costruttore. Il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, o qualsiasi altro contratto distinto, non impone all’utilizzatore alcun obbligo di acquisto del veicolo. Infine, l’utilizzatore del leasing non assume alcuna garanzia di valore residuo alla scadenza del contratto; è tenuto a risarcire la perdita di valore solo se, alla riconsegna del veicolo, si constata che le condizioni dello stesso non corrispondono alla sua età o che è stato superato il numero massimo di chilometri previsto dal contratto.

92.      Propongo di affrontare la quinta questione nella causa C‑38/21 in tre parti. In primo luogo, a mio avviso è chiaro che un contratto di leasing per un autoveicolo basato su conteggio chilometrico, come descritto sopra, non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 (26). L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 copre i «contratti di credito» come definiti dall’articolo 3, lettera c), della stessa. Dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), si evince che la direttiva 2008/48 si applica ai contratti di leasing solo quando questi prevedono per l’utilizzatore l’obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto, in virtù del contratto stesso o di un altro contratto distinto (27). È quindi solo in tali circostanze chiaramente definite che i contratti di leasing possono essere considerati come contratti di credito ai fini della direttiva 2008/48. Dalla decisione di rinvio nella causa C‑38/21 risulta che né il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico né alcun contratto distinto contengono un obbligo di acquisto dell’autoveicolo in questione.

93.      Non condivido l’argomento del giudice del rinvio secondo cui è possibile applicare per analogia le disposizioni della direttiva 2008/48, in quanto i contratti di leasing basati su conteggio chilometrico sono generalmente concepiti in modo da comportare l’ammortamento completo dell’uso del veicolo per tutta la durata del leasing. Sono giunto a questa conclusione per la semplice ragione che la direttiva 2008/48 esclude inequivocabilmente dal suo campo di applicazione i contratti di leasing senza obbligo di acquisto (28). In ogni caso, come giustamente osservano la BMW Bank e il governo tedesco, nel caso di specie non vi è alcun vuoto normativo che possa giustificare il ricorso all’applicazione di norme diverse in via analogica.

94.      In secondo luogo, per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2002/65, l’articolo 1, paragrafo 1, definisce come oggetto della stessa il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (29). L’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65 definisce «servizio finanziario» «qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento» (30).

95.      Condivido l’opinione del governo tedesco, secondo cui un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, come quello di cui trattasi, non è un contratto per un «servizio di natura bancaria» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65. Il tipo di contratto in questione è offerto quasi esclusivamente da banche di proprietà di costruttori di autoveicoli, come nel caso di cui trattasi, o da imprese specializzate nel leasing di autoveicoli, come le società di autonoleggio. Sebbene spetti al giudice del rinvio verificarlo, i contratti di leasing basati su conteggio chilometrico non costituiscono l’attività principale di quelle che potrebbero essere definite banche «grandi banche». Il fatto che una banca sia parte di un contratto di leasing per un autoveicolo basato su conteggio chilometrico non è di per sé sufficiente a considerare ciò un «servizio di natura bancaria». Come spiegato di seguito, perché ciò avvenga è necessario che il contratto in questione svolga una funzione di finanziamento.

96.      La questione è piuttosto se un siffatto contratto di leasing possa costituire un contratto per un «servizio di natura (...) creditizia» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65. Poiché tale direttiva non definisce la nozione di «credito», per interpretarla si potrebbe ipotizzare un riferimento alla definizione di «contratto di credito» di cui all’articolo 3, lettera c), della direttiva 2008/48. Seguendo questo approccio, i contratti di leasing che non prevedono un obbligo di acquisto non si riferiscono a un «servizio di natura creditizia» poiché, come spiegato al paragrafo 92 delle presenti conclusioni, essi non costituiscono contratti di credito ai fini della direttiva 2008/48. Tale soluzione mi sembra alquanto artificiosa, in quanto non si può escludere che, al momento dell’emanazione della direttiva 2002/65, il legislatore abbia adottato un’interpretazione della nozione di credito più ampia di quella successivamente adottata nella direttiva 2008/48.

97.      Condivido l’opinione espressa dalle parti che hanno presentato osservazioni nella causa C‑38/21, secondo cui la risposta a tale questione dipende dall’individuazione dello scopo principale di un contratto di leasing per un autoveicolo basato su conteggio chilometrico che non preveda l’obbligo di acquistare l’autoveicolo. A mio avviso, solo se tale contratto riveste principalmente una funzione di finanziamento si può ritenere che esso si riferisca a un servizio finanziario e, di conseguenza, rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/65.

98.      Condivido l’analisi della BMW Bank e del governo tedesco, secondo cui lo scopo principale di un siffatto contratto è quello di consentire al consumatore di utilizzare un veicolo di sua scelta durante un determinato periodo di tempo in cambio del pagamento di un canone mensile.

99.      È vero che, come sostiene la Commissione, nell’ambito di un contratto di leasing un consumatore riceve un aiuto finanziario che agevola l’utilizzo di beni mobili o immobili. Un contratto di leasing sostituisce il finanziamento di quell’operazione per la quale il consumatore deve altrimenti provvedere. Come sostiene in modo in qualche misura ambiguo anche la Commissione, tale contratto costituisce un mezzo per «finanziare l’uso di un veicolo».

100. A mio avviso, un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello oggetto del procedimento principale non svolge, in senso stretto, una funzione di finanziamento per il consumatore, nel senso che gli consente di acquistare un veicolo mediante pagamento differito. Il concedente di leasing non mette a disposizione del consumatore un capitale a tale scopo. Esso acquista il veicolo e ne è proprietario durante e dopo la scadenza del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, anche se è il consumatore ad aver scelto il veicolo. Il consumatore non è responsabile dell’ammortamento completo dei costi sostenuti dal concedente di leasing per l’acquisto del veicolo e i pagamenti effettuati in base al contratto non compensano necessariamente tali costi. Il concedente di leasing si fa carico anche dei rischi legati al valore residuo del veicolo alla scadenza del contratto. Come osserva giustamente il governo tedesco, l’indennizzo previsto dal contratto di leasing in caso di utilizzo eccessivo o sottoutilizzo del veicolo non garantisce al concedente di leasing il beneficio di un valore residuo specifico o l’ammortamento completo dell’utilizzo di tale veicolo.

101. La Commissione sottolinea inoltre che, in base a un siffatto contratto, il consumatore assume diritti e obblighi che normalmente incombono sul proprietario di un veicolo, tra cui la responsabilità dei premi assicurativi, i costi di manutenzione, le tasse e il rischio di perdita o danno. Il consumatore deve inoltre promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti. Tali diritti e obblighi sussistono tuttavia per tutto il periodo di utilizzo del veicolo, come stabilito nel contratto di leasing, e sono limitati ai rischi derivanti da tale utilizzo, che in ultima analisi attiene al consumatore.

102. Sono pertanto del parere che un contratto di leasing per un autoveicolo basato su conteggio chilometrico che non preveda l’obbligo di acquisto non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/65 (31).

103. In terzo luogo, ritengo che tale contratto abbia la natura di contratto di servizi ai sensi della direttiva 2011/83, che si applica a «qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore» (32). La direttiva 2011/83 definisce il «contratto di servizi» come qualsiasi contratto, distinto da un contratto di vendita di cui all’articolo 2, punto 5, della stessa (33), in base al quale il professionista fornisca o si impegni a fornire un servizio al consumatore e il consumatore versi o si impegni a versarne il prezzo (34). In tale tipo di contratto rientrano chiaramente i contratti, come quello di cui trattasi nella causa C‑38/21, con cui un professionista, dietro pagamento, trasferisce a un consumatore il diritto di utilizzare un autoveicolo per un periodo di tempo determinato (35).

104. Per completezza, aggiungo che la mia analisi mi porta a concludere che il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi non persegue contemporaneamente lo scopo di finanziare e di trasferire il diritto di utilizzare il veicolo. Ne consegue che non condivido l’approccio della Commissione, secondo cui la direttiva 2002/65 e la direttiva 2011/83 si applicano parallelamente. Tale approccio è incompatibile con due fatti. L’ambito di ciascuna direttiva è definito con precisione. Esiste un contratto unico e indivisibile in base al quale il consumatore utilizza un veicolo in cambio del pagamento di un canone. L’applicazione simultanea di diverse direttive a tale contratto comprometterebbe pertanto la certezza del diritto e l’obiettivo di fornire un livello elevato di protezione dei consumatori.

105. In siffatte circostanze, propongo alla Corte di rispondere alla quinta questione nella causa C‑38/21 che i contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, aventi approssimativamente una durata da due a tre anni e stipulati con esclusione, nella relativa modulistica, del diritto di risoluzione ordinario, che non prevedono per l’utilizzatore obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto, in virtù del contratto stesso o di un altro contratto distinto, salvo il fatto che tale obbligo si ritiene sussistente se è così deciso unilateralmente dal concedente di leasing, e nell’ambito dei quali il consumatore deve provvedere a stipulare un’assicurazione con copertura casco totale del mezzo, farsi carico di promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti (in particolare nei confronti del venditore o del costruttore del veicolo) e sopportare il rischio di perdita, danneggiamento e perdita di valore di altro tipo, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/83. Non si tratta di contratti di credito ai sensi dell’articolo 3, lettera c), della direttiva 2008/48 né di contratti relativi a servizi finanziari ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2011/83 e dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65.

2.      Sulla sesta questione nella causa C38/21

106. Con la presente questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, date le circostanze in cui è stato concluso il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi, descritte al paragrafo 42 delle presenti conclusioni, tale contratto debba essere considerato come un «contratto negoziato fuori dei locali commerciali» ai sensi dell’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/83. In particolare, detto giudice si chiede se i locali del concessionario in cui il consumatore presenta la richiesta di leasing di un veicolo debbano essere considerati «locali commerciali» del professionista ai sensi dell’articolo 2, punto 9, di tale direttiva, qualora il concessionario si limiti a partecipare alla preparazione del contratto, senza avere alcuna competenza per stipularlo.

107. L’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83 definisce un «contratto negoziato fuori dei locali commerciali» come qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore «concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista». Ai sensi dell’articolo 2, punto 9, lettera a), di tale direttiva, per «locali commerciali» si intende «qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente».

108. Dal considerando 22 della direttiva 2011/83 si evince che la nozione di «locali commerciali» deve essere intesa in senso lato e che i locali di una persona che agisce in nome o per conto del professionista, quale definito in detta direttiva, dovrebbero essere considerati tali. L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 definisce il «professionista» come qualsiasi persona fisica o giuridica che «agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale» nei contratti oggetto di detta direttiva.

109. Da quanto precede si può dedurre che il criterio dirimente per qualificare i locali commerciali di una persona che agisce in qualità di intermediario, nella fattispecie il concessionario di autoveicoli, come «locali commerciali» del professionista è se la detta persona agisca in nome o per conto di quest’ultimo.

110. Stando al considerando 16, la direttiva 2011/83 non intende pregiudicare le disposizioni nazionali in materia di assistenza legale, quali le norme che definiscono la persona che agisce in nome o per conto del professionista. Ne consegue che, per rispondere alla presente questione, spetta al giudice del rinvio valutare, alla luce del diritto nazionale, il rapporto giuridico tra il concessionario e la banca nelle circostanze del caso di specie e stabilire se da tale rapporto si possa dedurre che il primo abbia agito in nome o per conto della seconda.

111. Nonostante si tratti di una questione di diritto nazionale, la direttiva 2011/83 fornisce alcune indicazioni su come affrontare la questione. A questo proposito, mentre l’articolo 2, punto 8, lettera a), della direttiva 2011/83 fa riferimento a un contratto «concluso», mi sembra che, affinché i locali dell’intermediario siano considerati «locali commerciali» del professionista, non sia necessario che l’intermediario sia specificamente incaricato di concludere il contratto con il consumatore.

112. Ne consegue che il coinvolgimento dell’intermediario nella fase di negoziazione del contratto è sufficiente per equiparare i suoi locali ai locali commerciali del professionista, a condizione che tale coinvolgimento sia sufficientemente sostanziale e comprenda l’obbligo per l’intermediario di fornire al consumatore le informazioni a cui fa riferimento l’articolo 5 della direttiva 2011/83.

113. Infine, sembra che il considerando 21 della direttiva 2011/83 stabilisca l’obiettivo delle disposizioni che disciplinano i «contratti negoziati fuori dei locali commerciali», secondo cui, quando il consumatore si trova fuori dei locali commerciali, può essere sottoposto a una potenziale pressione psicologica o può trovarsi di fronte a un elemento di sorpresa, indipendentemente dal fatto che abbia richiesto o meno la visita del professionista (36). Tali disposizioni chiaramente non sono destinate a tutelare i consumatori che si recano spontaneamente in locali in cui possono aspettarsi di essere avvicinati dal professionista allo scopo di stipulare contratti. Di conseguenza, non sono convinto che un consumatore che desidera acquistare un veicolo sarebbe sorpreso qualora, durante la visita dei locali del concessionario di autoveicoli collegato a una banca che propone contratti di leasing, divenga oggetto di offerte di contratti di tale natura.

114. In siffatte circostanze, propongo alla Corte di rispondere alla sesta questione nella causa C‑38/21 che l’articolo 2, punto 9, della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che i locali commerciali di una persona che agisce in nome o per conto del professionista, come definito all’articolo 2, punto 2, della stessa, devono essere considerati come «locali commerciali» di tale professionista. Spetta al giudice del rinvio valutare se, nelle circostanze specifiche della causa dinanzi ad esso pendente e in base al diritto nazionale, l’intermediario abbia agito in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione o della conclusione del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico.

3.      Sulla settima questione nella causa C38/21

115. Con tale questione il giudice del rinvio desidera sapere se l’eccezione al diritto di recesso di cui all’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 si applichi a un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello oggetto del procedimento principale.

116. Gli articoli da 9 a 15 della direttiva 2011/83 riconoscono al consumatore un diritto di recesso a seguito della conclusione di un contratto a distanza o di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, come definiti rispettivamente dall’articolo 2, punto 7, e dall’articolo 2, punto 8, della stessa direttiva, e descrivono le condizioni e le modalità per l’esercizio di tale diritto. L’articolo 16 della direttiva 2011/83 contiene eccezioni al diritto di recesso, in particolare per i contratti di servizi di noleggio di autovetture che prevedono una data o un periodo di esecuzione specifici. Tale disposizione deve essere interpretata in modo restrittivo, in quanto deroga alle norme dell’Unione in materia di tutela dei consumatori (37).

117. Per quanto riguarda, in primo luogo, la questione se i contratti di leasing basati su conteggio chilometrico siano contratti per la fornitura di servizi di noleggio di autovetture, secondo la giurisprudenza la nozione di «servizi di noleggio di autovetture» si riferisce al «fatto di mettere a disposizione del consumatore un mezzo di trasporto» (38). La Corte ha inoltre statuito che un contratto di noleggio di un autoveicolo mira a consentire il trasporto passeggeri (39). Alla luce di questi elementi, a prima vista potrebbe sembrare che un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, il cui scopo è mettere a disposizione di un consumatore l’uso di un veicolo a motore, rientri nella nozione di fornitura «di servizi di noleggio di autovetture».

118. Tuttavia, dal considerando 49 della direttiva 2011/83 si evince che l’articolo 16, lettera l), persegue l’obiettivo di proteggere il professionista dal rischio legato all’accantonamento di disponibilità che quest’ultimo potrebbe avere difficoltà a recuperare se fosse possibile esercitare il diritto di recesso (40). Analogamente, dalla giurisprudenza della Corte si evince che l’articolo 16, lettera l), mira in particolare a proteggere alcuni prestatori di servizi dalle conseguenze sproporzionate derivanti dall’agevolazione di cancellazioni con breve preavviso senza spese né motivazione da parte del consumatore (41). A differenza della Commissione, non sono convinto della presenza di un tale rischio o di conseguenze sproporzionate nel contesto di un contratto di leasing per un autoveicolo. Il concedente di leasing, che rimane proprietario di tale veicolo, ha la possibilità di destinarlo ad altri usi, come il noleggio o la rivendita, in caso di esercizio del diritto di recesso. Pertanto, ritengo che l’eccezione al diritto di recesso di cui all’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 non si applichi in un caso come quello pendente dinanzi al giudice del rinvio. In tale contesto, osservo anche che dal fatto che l’eccezione trova applicazione quando il contratto prevede «una data o un periodo di esecuzione specifici», si evince che l’intento del legislatore era quello di includere solo il noleggio di automobili a breve termine.

119. In siffatte circostanze, propongo alla Corte di rispondere alla settima questione nella causa C‑38/21 che l’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che l’eccezione ivi prevista non si applica ai contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico.

4.      Sullottava questione nella causa C38/21

120. Con tale questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico come quello in questione possa essere qualificato come «contratto a distanza» ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/65 e dell’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83, qualora il consumatore abbia contatti personali solo con un intermediario, che prepara il contratto ed è in grado di informarlo sul servizio offerto, ma non detiene alcun potere di rappresentare il professionista per concludere detto contratto.

121. L’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 definisce «contratto a distanza» qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso. L’articolo 2, lettera a), della direttiva 2002/65 prevede una definizione molto simile (42).

122. A mio avviso, un contratto non è concluso con l’uso «esclusivo» di uno o più mezzi di comunicazione a distanza «fino» alla sua conclusione quando un intermediario ha partecipato, in nome o per conto del professionista, alla negoziazione di tale contratto fornendo al consumatore, in presenza di quest’ultimo, informazioni dettagliate sul contenuto del contratto e rispondendo alle sue domande.

123. L’articolo 2, punto 2, della direttiva 2011/83 definisce professionista qualsiasi persona che agisca in suo nome o per suo conto. Non mi sembra dirimente che tale persona non abbia il potere di agire in nome o per conto del professionista ai fini della conclusione del contratto, essendo sufficiente, nella fase di negoziazione, un coinvolgimento in tale veste. A questo proposito, dal considerando 20 della direttiva 2011/83 si evince che, sebbene la definizione di contratto a distanza includa anche le situazioni in cui il consumatore visita i locali commerciali per raccogliere informazioni su beni o servizi e successivamente negozia e conclude il contratto a distanza, un contratto negoziato nei locali commerciali del professionista e concluso mediante comunicazione a distanza non è considerato un contratto a distanza.

124. Nel caso di specie, dai fatti esposti dal giudice del rinvio risulta che il concessionario, in presenza di VK, ha calcolato i vari elementi del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico (durata del leasing, acconto e importo delle rate mensili), li ha discussi con VK ed era autorizzato e in grado di rispondere a tutte le domande di VK. In tali circostanze, si potrebbe ritenere che VK non stesse semplicemente raccogliendo informazioni su un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, ma piuttosto che fosse «fisicamente» coinvolto nella negoziazione con il concessionario di tale contratto, che pertanto non deve essere considerato un contratto a distanza. Spetta al giudice del rinvio stabilire, alla luce del diritto nazionale e delle circostanze specifiche del caso, se il concessionario fosse autorizzato ad agire in nome o per conto della banca, almeno ai fini della negoziazione del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi, e se la portata del coinvolgimento di tale concessionario possa essere assimilata a una negoziazione.

125. Per completezza, osservo che il giudice del rinvio non indica se l’accordo sia stato concluso nell’ambito di un «regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza» (43). Anche in questo caso spetta a detto giudice accertare la presenza di tale aspetto.

126. Propongo pertanto alla Corte di rispondere all’ottava questione nella causa C‑38/21 che l’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che un contratto non può essere classificato come contratto a distanza quando una persona che agisce in nome o per conto del professionista partecipa alla negoziazione di tale contratto con la presenza fisica del consumatore. Spetta al giudice del rinvio valutare se, nelle circostanze specifiche del caso di specie e in base al diritto nazionale, l’intermediario abbia agito in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico.

5.      Conclusione provvisoria

127. Se, alla luce delle risposte ricevute dalla Corte, il giudice del rinvio dovesse ritenere che il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi costituisca un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o un contratto a distanza e che l’eccezione al diritto di recesso prevista dall’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 non si applichi a tale contratto, detto giudice dovrebbe, in linea di principio, concludere che VK godeva di tale diritto sulla base dell’articolo 9, paragrafo 1, della stessa (44).

128. In siffatte circostanze, sarebbe comunque necessario che il giudice del rinvio verificasse se VK abbia esercitato tale diritto entro il termine stabilito dall’articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2011/83, eventualmente letto in combinato disposto con l’articolo 10 della stessa. Poiché non si può escludere che VK godesse di tale diritto di recesso, la terza e la quarta questione che il giudice del rinvio ha posto nella causa C‑38/21 sono rilevanti al fine di risolvere la controversia nel procedimento principale (45). Per quanto riguarda la risposta alla quarta questione nella causa C‑38/21, che la Corte mi ha chiesto di esaminare, rimando alla mia valutazione della corrispondente questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, esposta ai paragrafi da 149 a 158 delle presenti conclusioni.

B.      Cause C47/21 e C232/21

1.      Sulla prima questione nelle cause C47/21 e C232/21

129. La prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 chiede, in sostanza, se la direttiva 2008/48 osti a una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legge secondo cui il professionista adempie all’obbligo di informare il consumatore sul diritto di recesso inserendo nel contratto una clausola corrispondente al modello previsto dalla legge che è non conforme ai requisiti di detta direttiva. Viene chiesto se, in tal caso, il giudice del rinvio sia tenuto a disapplicare detta normativa nazionale.

130. Per quanto riguarda la prima parte della questione, i contratti di mutuo oggetto delle cause C‑47/21 e C‑232/21 contengono ciascuno una clausola in base alla quale il termine di recesso decorre dopo la conclusione del contratto, ma non prima che il mutuatario abbia ricevuto tutte le informazioni obbligatorie cui fa riferimento l’articolo 492, paragrafo 2, del BGB. La stessa disposizione rinvia all’articolo 247, paragrafi da 6 a 13, dell’EGBGB, che a sua volta rinvia ad altre disposizioni del BGB. Una clausola di questo tipo è, a tutti gli effetti, identica a quella che la Corte ha ritenuto contraria all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 nella sentenza Kreissparkasse Saarlouis (46).

131. La clausola contenuta nei suddetti contratti di credito corrisponde anche al modello previsto dalla versione allora vigente dell’allegato 7 dell’EGBGB (47). La terza frase dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma e la terza frase dell’articolo 247, paragrafo 12, primo comma, dell’EGBGB stabiliscono una presunzione di legittimità in base alla quale, se l’accordo contiene una clausola corrispondente a tale modello, essa soddisfa i requisiti di legge circa la comunicazione di informazioni sul diritto di recesso.

132. Per quanto riguarda le informazioni a cui fa riferimento l’articolo 10 della direttiva 2008/48, la Corte ha stabilito che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), osta a che un contratto di credito rinvii ad una disposizione nazionale facente a sua volta rinvio ad altre disposizioni legislative nazionali. Ne consegue che una normativa nazionale che stabilisce una presunzione di legittimità, come descritto al paragrafo 131 delle presenti conclusioni, è altresì incompatibile con tale direttiva. Molte delle parti in causa sembrano condividere questo punto di vista. Il governo tedesco ha persino sottolineato, sia nelle sue osservazioni scritte sia in udienza, che il modello previsto dalla legge di cui all’allegato 7 dell’EGBGB è stato modificato con effetto dal 15 giugno 2021 per conformarsi all’interpretazione adottata dalla Corte nella sentenza Kreissparkasse Saarlouis (48).

133. La seconda parte della questione riguarda le conseguenze giuridiche di una constatazione di incompatibilità con la direttiva 2008/48 della presunzione di legittimità stabilita dall’articolo 247, paragrafo 6, terza frase, e dall’articolo 247, paragrafo 12, secondo comma, terza frase, dell’EGBGB.

134. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione chiarisce e precisa il significato e la portata della norma stessa, nel senso in cui deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. I giudici sono tenuti ad applicare la norma così interpretata anche a rapporti giuridici costituitisi dopo l’entrata in vigore di detta norma e prima della sentenza che statuisce sulla domanda d’interpretazione, sempreché, d’altro canto, sussistano i presupposti per sottoporre ai giudici competenti una controversia relativa all’applicazione di detta norma (49). È parimenti giurisprudenza consolidata che spetta ai giudici nazionali interpretare, per quanto possibile, il loro diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione e riconoscere ai privati la possibilità di ottenere un risarcimento qualora i loro diritti siano lesi da una violazione del diritto dell’Unione imputabile a uno Stato membro (50). A tal riguardo, un giudice nazionale non può validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che tale disposizione è stata interpretata in un senso che non è compatibile con tale diritto (51).

135. L’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una direttiva nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del proprio diritto interno trova, tuttavia, un limite nei principi generali del diritto. Inoltre, detto obbligo non può servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (52). Nei casi di specie, il giudice del rinvio afferma che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha stabilito che un’interpretazione delle disposizioni nazionali in questione conforme alla direttiva 2008/48 non è possibile e sarebbe quindi contra legem. La C. Bank, la Volkswagen Bank, l’Audi Bank e il governo tedesco sostengono tale tesi.

136. Ove il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto dell’Unione, non possa procedere a un’interpretazione della normativa nazionale conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione, esso ha l’obbligo, in base al principio del primato di quest’ultimo diritto, di garantire la piena efficacia di tali disposizioni, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, anche posteriore, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (53). Una disposizione del diritto dell’Unione che sia priva di effetto diretto non può, tuttavia, essere fatta valere nell’ambito di una controversia rientrante nel diritto dell’Unione per escludere l’applicazione di una disposizione del diritto nazionale ad essa contraria (54).

137. Nel caso di specie non è necessario stabilire se le disposizioni della direttiva 2008/48 in questione abbiano effetto diretto. Come recentemente ribadito dalla Corte nella sentenza Thelen Technopark Berlin (55) e come osservato dalla C. Bank, dalla Volkswagen Bank, dall’Audi Bank, dal governo tedesco e dalla Commissione nelle rispettive osservazioni scritte, è giurisprudenza consolidata che una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un soggetto di diritto e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale. Poiché le controversie di cui al procedimento principale sono tra consumatori e banche private, il giudice del rinvio non può essere tenuto a escludere l’applicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi con riferimento alla sola direttiva 2008/48.

138. Come sostiene la Commissione nelle sue osservazioni scritte, la Repubblica federale di Germania può tuttavia incorrere nella responsabilità extracontrattuale per il fatto che la sua normativa nazionale era contraria alla direttiva 2008/48. Come la Corte ha anche ricordato nella sentenza Thelen Technopark Berlin (56), la parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione potrebbe far valere la giurisprudenza risultante dalla sentenza Francovich e a. (57) per ottenere, se del caso, un adeguato risarcimento del danno subito in conseguenza di ciò.

139. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, della stessa, deve essere interpretato nel senso che osta a norme nazionali, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevedono una presunzione di legittimità in base alla quale, qualora un contratto di credito contenga una clausola corrispondente al modello previsto dalla legge, tale clausola soddisfa i requisiti legali nazionali in materia di informazione sul diritto di recesso, pur non essendo conforme ai requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), di detta direttiva. Un giudice nazionale investito di una controversia tra privati non è tenuto, unicamente sulla base del diritto dell’Unione, a disapplicare tali norme nazionali, anche se contrarie all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, fatto salvo il diritto di una parte che sia stata danneggiata a causa della non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione di chiedere un risarcimento del danno conseguente.

140. Alla luce della risposta proposta alla presente questione, non è necessario, a mio avviso, pronunciarsi sulla richiesta del governo tedesco di limitare gli effetti della sentenza della Corte a partire dalla data della sua pronuncia. Si può osservare che tale richiesta è formulata per il caso in cui la Corte dovesse ritenere che «la nozione di presunzione di legittimità in quanto tale, vale a dire a prescindere dal fatto che tale presunzione si applichi in condizioni coerenti con gli articoli 10 e 14 della direttiva [2008/48], sia contraria al diritto dell’Unione» oppure che la presunzione non debba essere applicata perché contraria all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48 e che quest’ultima disposizione sia di diretta applicazione. Nessuna di queste due situazioni si verifica nel caso di specie.

2.      Sulla seconda questione nelle cause C47/21 e C232/21

141. La seconda questione, suddivisa in più sottoquestioni, riguarda le informazioni che devono essere inserite in un contratto di credito al consumo ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48. Il giudice del rinvio chiede, tra l’altro, se il termine di recesso inizi a decorrere, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, di tale direttiva, solo se le informazioni fornite sono complete ed esatte. In caso contrario, si chiede quali siano i criteri che determinano il momento in cui si ritiene che abbia inizio il decorso del termine di recesso.

142. L’obiettivo dell’obbligo di includere le informazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 nel contratto di credito in modo chiaro e conciso è quello di consentire al consumatore di conoscere i propri diritti e obblighi derivanti dal contratto (58). La conoscenza e una corretta comprensione di tali informazioni da parte dei consumatori sono necessarie per la corretta esecuzione del contratto stesso e, in particolare, per l’esercizio dei diritti del consumatore, tra i quali figura il suo diritto di recesso (59). Come osservato dalla Corte nella sentenza Kreissparkasse Saarlouis, tale requisito contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 2008/48 di prevedere, in materia di credito ai consumatori, un’armonizzazione completa e obbligatoria in una serie di settori fondamentali, la quale viene ritenuta necessaria per garantire a tutti i consumatori dell’Unione europea un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e per facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo (60).

143. Come giustamente sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 è espressione del sistema di tutela alla base di tale direttiva, fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al creditore, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte dal creditore senza poter incidere sul loro contenuto (61).

144. Dal combinato disposto dell’articolo 10, paragrafo 2, e dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 risulta che il termine di recesso di 14 giorni inizia a decorrere dal giorno della conclusione del contratto di credito se il contratto contiene tutte le informazioni obbligatorie. Se una qualsiasi delle informazioni obbligatorie non viene fornita al consumatore in quel giorno, il periodo di recesso di 14 giorni inizia a decorrere dal giorno in cui il consumatore riceve le informazioni mancanti.

145. Alla luce dell’obiettivo dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, come indicato al paragrafo 142 delle presenti conclusioni, e del fatto che le informazioni a cui tale disposizione fa riferimento devono essere specificate «in modo chiaro e conciso», ritengo, al pari della Commissione, che le informazioni obbligatorie debbano essere considerate come non incluse nell’accezione di tale direttiva qualora siano così incomplete o materialmente inesatte che il loro contenuto induce in errore il consumatore in merito ai suoi diritti e obblighi (62). Spetta al giudice del rinvio stabilire se sia effettivamente così.

146. Non mi convince l’argomentazione che la C. Bank, la Volkswagen Bank, l’Audi Bank e il governo tedesco cercano di desumere dal fatto che il diritto nazionale prevede già sanzioni in caso di inserimento di informazioni obbligatorie inesatte nel contratto di credito, con la conseguenza che sarebbe sproporzionato richiedere che il termine di recesso non inizi a decorrere ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48. La mancata decorrenza di tale termine di recesso è una conseguenza diretta del fatto che il creditore ha omesso di comunicare al consumatore le informazioni obbligatorie cui fa riferimento l’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva. Dal momento che essa prevede un’armonizzazione completa, gli Stati membri non possono ignorare o escludere l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48. Fatta salva la riserva espressa al paragrafo 144 delle presenti conclusioni, tale requisito non può quindi essere considerato sproporzionato.

147. Aggiungo che, contrariamente a quanto sostenuto dalle banche resistenti, non si può parlare dell’istituzione di un «periodo di recesso perpetuo». Come spiegherò al paragrafo 150 delle presenti conclusioni, una volta che le parti hanno dato piena esecuzione al contratto, non può più essere esercitato il diritto di recesso previsto dall’articolo 14 della direttiva 2008/48.

148. Alla luce di quanto sopra, propongo alla Corte di rispondere alla seconda questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 che l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che il termine di recesso non inizia a decorrere fino a quando le informazioni obbligatorie richieste ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva non siano state fornite al consumatore in modo completo e materialmente esatto, a meno che l’incompletezza o l’inesattezza delle informazioni fornite siano inidonee a pregiudicare la capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e dei suoi obblighi, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare.

3.      Sulla quarta questione nelle cause C47/21 e C232/21

149. Con la quarta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 (63), il giudice del rinvio chiede se e a quali condizioni l’esercizio del diritto di recesso da parte di un consumatore nel caso di un contratto di credito al consumo possa essere considerato abusivo. La Corte mi chiede di indirizzare l’analisi su due aspetti: in primo luogo, la possibilità di giustificare una limitazione all’esercizio del diritto di recesso con riferimento al comportamento del consumatore dopo il recesso e, in secondo luogo, la possibilità per il consumatore di esercitare il proprio diritto di recesso qualora le parti abbiano dato piena esecuzione al contratto di credito (64).

150. Per quanto riguarda il secondo aspetto della questione, condivido l’approccio dell’avvocato generale Hogan nelle conclusioni presentate nella causa Volkswagen Bank e a. (65). Avendo osservato che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 prevede un diritto di recesso e non un diritto di rinuncia e che l’adempimento di un contratto costituisce il meccanismo naturale che pone termine all’obbligo contrattuale, egli ha concluso che tale disposizione doveva essere interpretata nel senso che il diritto di recesso che essa contiene non possa più essere esercitato una volta che entrambe le parti hanno dato piena esecuzione al contratto di credito. Il considerando 34 della direttiva 2008/48 avvalorava la sua conclusione: esso precisa che la direttiva 2008/48 ha previsto un diritto di recesso con condizioni simili a quelle previste dalla direttiva 2002/65, mentre ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, lettera c), di quest’ultima il diritto di recesso non si applica «ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta esplicita del consumatore prima che quest’ultimo eserciti il suo diritto di recesso». L’avvocato generale Hogan ha inoltre osservato che lo scopo degli obblighi di informazione di cui all’articolo 10 della direttiva 2008/48 consiste nel permettere ai consumatori di conoscere la portata dei loro diritti ed obblighi durante l’esecuzione del contratto. Detti obblighi non hanno più alcuna utilità una volta che il contratto sia stato interamente eseguito.

151. Per quanto riguarda il primo aspetto, dopo aver osservato che la direttiva 2008/48 non contiene disposizioni che disciplinano l’abuso da parte del consumatore dei diritti conferiti da tale direttiva, nella sentenza Volkswagen Bank e a. la Corte ha confermato il principio generale del diritto dell’Unione secondo cui i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente di una disposizione del diritto dell’Unione (66). La Corte ha pertanto esaminato se l’esercizio, da parte del consumatore, del suo diritto di recesso, a norma dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, fosse limitato a causa dell’applicazione, nel caso di specie, di tale principio generale (67).

152. Raccomando questa analisi alla Corte. L’articolo 14 della direttiva 2008/48 conferisce espressamente al consumatore il diritto di recedere da un contratto di credito. L’esercizio di tale diritto deve essere conforme al diritto dell’Unione, di cui il principio generale del divieto di esercizio abusivo è parte integrante. Condivido ancora una volta l’opinione espressa dall’avvocato generale Hogan nelle conclusioni presentate nella causa Volkswagen Bank e a., secondo cui, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, la possibilità di invocare il carattere abusivo dell’esercizio di un diritto riconosciuto dal rispettivo ordinamento deve essere valutata esclusivamente in relazione al detto principio e non a eventuali requisiti dell’ordinamento nazionale (68).

153. Nella sentenza Cussens e a., che riguardava l’impugnazione di un diniego dell’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto per le vendite di beni immobili, la Corte ha stabilito che il divieto di ricorrere a pratiche abusive può essere direttamente applicato nell’ordinamento giuridico interno quale motivo di diniego, indipendentemente da un’eventuale misura nazionale che gli dia attuazione, senza che vi ostino i principi della certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento (69). Da tale giurisprudenza e da quanto affermato al paragrafo 151 delle presenti conclusioni si può dedurre che non è necessario che il legislatore tedesco adotti una legge che autorizzi il giudice nazionale a limitare l’esercizio del diritto di recesso qualora tale esercizio possa essere considerato abusivo (70).

154. Secondo costante giurisprudenza, la prova di una pratica abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione applicabile, l’obiettivo perseguito da tale normativa non sia stato conseguito e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante da tale normativa dell’Unione per mezzo della creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (71). Se è vero che la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio pregiudiziale, può, ove necessario, fornire precisazioni che guidino il giudice nazionale nella sua interpretazione, spetta sempre a quest’ultimo verificare se sussistano, nella controversia di cui è investito, gli elementi costitutivi di una pratica abusiva, in funzione di tutti i fatti e le circostanze pertinenti (72).

155. Nella sentenza Volkswagen Bank e a., la Corte si è limitata a considerare l’elemento oggettivo, ritenendo che ove il professionista non abbia comunicato al consumatore le informazioni di cui all’articolo 10 della direttiva 2008/48 e il consumatore decida di recedere dal contratto di credito oltre il termine di quattordici giorni successivi alla conclusione del medesimo, tale professionista non può addebitare a detto consumatore un abuso del suo diritto di recesso, anche qualora il lasso di tempo trascorso tra la conclusione di tale contratto e il recesso da parte del consumatore sia considerevole. La Corte è giunta a tale conclusione dopo aver constatato che l’articolo 14 della direttiva 2008/48 persegue l’obiettivo di consentire al consumatore di scegliere il contratto più consono alle sue esigenze. Un consumatore può quindi rinunciare agli effetti di un contratto che, dopo la sua conclusione, si riveli, entro il termine di riflessione previsto, inadeguato alle esigenze di tale consumatore. Inoltre, l’obiettivo dell’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 consiste nel garantire che il consumatore riceva tutte le informazioni necessarie per valutare la portata del proprio impegno contrattuale e di sanzionare il professionista che non gli comunichi tali informazioni (73).

156. Concordo con le opinioni espresse dalle banche resistenti nel procedimento principale e dal governo tedesco, secondo cui la Corte non ha escluso che, in un caso specifico caratterizzato da circostanze particolari che vanno oltre il semplice trascorrere del tempo, l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore possa essere considerato abusivo (74). Più specificamente, ritengo che, in linea di principio, sia possibile dedurre dal comportamento del consumatore dopo il recesso che egli ha esercitato abusivamente il diritto riconosciuto dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48. Poiché la verifica dell’esistenza di un abuso di diritto richiede che il giudice nazionale prenda in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, esso può prendere in considerazione anche fatti che si verificano dopo il recesso dal contratto (75).

157. Il comportamento del consumatore dopo il recesso dal contratto potrebbe indicare che gli obiettivi che l’articolo 14 della direttiva 2008/48 persegue, come indicato al paragrafo 155 delle presenti conclusioni, non sono stati di fatto conseguiti o, per dirla diversamente, che il risultato dell’esercizio del diritto di recesso è in contrasto con tali obiettivi. La presa in considerazione di tale comportamento consente altresì di trarre conclusioni riguardo all’esistenza dell’elemento soggettivo e, più in particolare, di dimostrare che il consumatore ha esercitato il diritto di recesso al solo scopo di ottenere artificialmente un beneficio economico non previsto dal diritto dell’Unione.

158. Alla luce di quanto sopra, propongo alla Corte di interpretare l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 nel senso che il diritto di recesso ivi previsto non può più essere esercitato una volta che il contratto di credito sia stato interamente eseguito dalle parti. Tale disposizione non osta a che i giudici nazionali, in un caso specifico caratterizzato da circostanze particolari che vanno oltre il semplice trascorrere del tempo, valutino se l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore sia abusivo. Per stabilire l’esistenza di un tale abuso in un caso specifico, il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, compresi, se del caso, gli eventi successivi a tale recesso.

4.      Sulla quinta questione nelle cause C47/21 e C232/21

159. Con la quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 osti a una normativa nazionale che prevede che, qualora un contratto di credito oggetto di recesso da parte del consumatore sia collegato a un contratto di vendita, tale consumatore possa chiedere il rimborso delle rate del prestito solo dopo aver restituito al creditore l’oggetto acquistato o aver fornito la prova di averlo restituito. Il giudice del rinvio è inoltre incerto sulla compatibilità con il diritto dell’Unione delle conclusioni che il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha tratto da tale obbligo di restituzione preventiva in termini di procedura civile.

160. Come giustamente sottolineato dalla Commissione, la direttiva 2008/48 non contiene alcuna disposizione relativa alle conseguenze del recesso da un contratto di credito su un contratto di vendita collegato a tale contratto (76).

161. Concordo con la posizione assunta dal governo tedesco e dalla Commissione secondo cui, in tali circostanze, spetta agli Stati membri definire tali conseguenze nelle rispettive normative nazionali. Il considerando 35 della direttiva 2008/48 conferma tale approccio in quanto prevede che, quando un consumatore recede da un contratto di credito in virtù del quale ha ricevuto merci, tale direttiva «dovrebbe far salva qualsiasi regolamentazione degli Stati membri su questioni relative alla restituzione delle merci o ogni altra questione correlata» (77).

162. Nel caso di specie, dalle osservazioni scritte del governo tedesco emerge che le norme nazionali in questione si basano sull’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2011/83. Tale approccio non è di per sé censurabile, purché tali norme non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di natura interna (principio di equivalenza) e non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai consumatori dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (78).

163. Il giudice del rinvio non chiede lumi alla Corte in merito alla conformità della normativa nazionale di cui trattasi con il principio di equivalenza, né dispone di elementi idonei a far sorgere dubbi quanto alla sua conformità a tale principio.

164. Quanto al principio di effettività, non sono convinto, alla luce degli elementi di cui dispone la Corte, e fatte salve eventuali verifiche che il giudice del rinvio può effettuare, che l’obbligo di restituzione preventiva possa, in generale, rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio da parte di un consumatore del diritto di recesso previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48. Le preoccupazioni espresse dal giudice del rinvio si basano, in sostanza, sulla premessa che il creditore contesterà la validità del recesso e che il consumatore dovrà intraprendere un’azione legale per ottenere il rimborso delle rate mensili già pagate. Se, nell’ambito di tale azione, dovesse emergere che la restituzione preventiva del veicolo era ingiustificata, il consumatore dovrebbe tentare di recuperarlo, esponendosi così al rischio di un ulteriore contenzioso. Se la restituzione preventiva fosse giustificata, il consumatore dovrebbe agire in giudizio per ottenere rimborso senza poter conservare il veicolo. Il giudice del rinvio fa altresì riferimento al fatto che gli autoveicoli sono spesso necessari all’esercizio di un’attività professionale e che comportano capitali considerevoli. Nel caso in cui i consumatori debbano restituire gli autoveicoli ai creditori senza sapere se il recesso sia efficace, e quindi senza conoscere il periodo entro il quale riceveranno il rimborso delle rate pagate che gli consente di acquistare veicoli sostitutivi, essi saranno disincentivati dall’esercitare il diritto di recesso.

165. Le diverse considerazioni esposte dal giudice del rinvio sembrano essere di natura speculativa. Esse non dimostrano in modo sufficiente che l’obbligo di restituzione preventiva crea un ostacolo sostanziale idoneo a dissuadere il consumatore dall’esercitare il diritto di recesso. Come spiegato dalle banche resistenti e dal governo tedesco sia nelle loro osservazioni scritte che in udienza, senza essere contraddetti nella sostanza, è prassi piuttosto comune che il consumatore, dopo aver esercitato il diritto di recesso, non restituisca il veicolo, continuando invece a usarlo senza compensare il creditore per il suo deprezzamento durante quel determinato periodo.

166. Sono tanto meno convinto dell’esistenza di una violazione del principio di effettività nei casi in esame poiché l’articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2011/83 prevede che, in caso di recesso del consumatore da un contratto di vendita rientrante nell’ambito di applicazione di tale direttiva, il professionista possa trattenere il rimborso del prezzo pagato fino alla restituzione dei beni o fino a quando il consumatore non dimostri di averli restituiti.

167. La seconda parte della quinta domanda dovrebbe, a mio avviso, ricevere la stessa risposta della prima. Come spiega il governo tedesco nelle sue osservazioni scritte, l’applicazione per analogia dell’articolo 322, paragrafo 2, del BGB da parte del Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) è solo una conseguenza procedurale dell’obbligo di restituzione preventiva.

168. In tali circostanze, propongo alla Corte di rispondere alla quinta questione nelle cause C‑47/21 e C‑232/21 che l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a norme nazionali in base alle quali, nel caso di un contratto di credito collegato a un contratto di vendita, a seguito dell’esercizio effettivo del diritto di recesso del consumatore, il diritto del consumatore verso il creditore al rimborso delle rate pagate sorge solo dopo che il consumatore abbia restituito al creditore l’oggetto acquistato o abbia fornito la prova di averlo restituito a quest’ultimo. Un’azione intentata dal consumatore per ottenere il rimborso delle rate pagate, dopo aver restituito l’oggetto acquistato, deve essere respinta in quanto infondata se il creditore non era in mora riguardo all’accettazione del suddetto bene.

VI.    Conclusioni

169. Alla luce delle suesposte considerazioni propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Landgericht Ravensburg (Tribunale del Land, Ravensburg, Germania) come segue:

1)      Contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico, aventi approssimativamente una durata da due a tre anni e stipulati con esclusione, nella relativa modulistica, del diritto di risoluzione ordinario, che non prevedono per l’utilizzatore obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto, in virtù del contratto stesso o di un altro contratto distinto, salvo il fatto che tale obbligo si ritiene sussistente se è così deciso unilateralmente dal concedente di leasing, e nell’ambito dei quali il consumatore deve provvedere a stipulare un’assicurazione con copertura casco totale del mezzo, farsi carico di promuovere azioni di responsabilità nei confronti di terzi in caso di difetti (in particolare nei confronti del venditore o del costruttore del veicolo) e sopportare il rischio di perdita, danneggiamento e perdita di valore di altro tipo, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio. Non si tratta di contratti di credito ai sensi dell’articolo 3, lettera c), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, né di contratti relativi a servizi finanziari ai sensi dell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2011/83 e dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE.

2)      L’articolo 2, punto 9, della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che i locali commerciali di una persona che agisce in nome o per conto del professionista, come definito all’articolo 2, punto 2, della stessa, devono essere considerati come «locali commerciali» di tale professionista. Spetta al giudice del rinvio valutare se, nelle circostanze specifiche della causa dinanzi ad esso pendente e in base al diritto nazionale, l’intermediario abbia agito in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione o della conclusione del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico.

3)      L’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che l’eccezione ivi prevista non si applica ai contratti di leasing per autoveicoli basati su conteggio chilometrico.

4)      L’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 deve essere interpretato nel senso che un contratto non può essere classificato come contratto a distanza quando una persona che agisce in nome o per conto del professionista partecipa alla negoziazione di tale contratto alla presenza fisica del consumatore. Spetta al giudice del rinvio valutare se, nelle circostanze specifiche del caso di specie e in base al diritto nazionale, l’intermediario abbia agito in nome o per conto del professionista ai fini della negoziazione del contratto di leasing basato su conteggio chilometrico.

5)      L’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, della stessa, deve essere interpretato nel senso che esso osta a norme nazionali, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevedono una presunzione di legittimità in base alla quale, qualora un contratto di credito contenga una clausola corrispondente al modello previsto dalla legge, tale clausola soddisfa i requisiti legali nazionali in materia di informazione sul diritto di recesso, pur non essendo conforme ai requisiti di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), di tale direttiva. Un giudice nazionale investito di una controversia tra privati non è tenuto, unicamente sulla base del diritto dell’Unione, a disapplicare tali norme nazionali, anche se contrarie all’articolo 10, paragrafo 2, lettera p), della direttiva 2008/48, fatto salvo il diritto di una parte che sia stata danneggiata a causa della non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione di chiedere un risarcimento del danno conseguente.

6)      L’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, lettera b), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che il termine di recesso non inizia a decorrere fino a quando le informazioni obbligatorie richieste ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva non siano state fornite al consumatore in modo completo e materialmente esatto, a meno che l’incompletezza o l’inesattezza delle informazioni fornite siano inidonee a pregiudicare la capacità del consumatore di valutare la portata dei suoi diritti e dei suoi obblighi, circostanza che spetta al giudice nazionale valutare.

7)      L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che il diritto di recesso ivi previsto non può più essere esercitato una volta che il contratto di credito sia stato interamente eseguito dalle parti. Tale disposizione non osta a che i giudici nazionali, in un caso specifico caratterizzato da circostanze particolari che vanno oltre il semplice trascorrere del tempo, valutino se l’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore sia abusivo. Per stabilire l’esistenza di un tale abuso in un caso specifico, il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze pertinenti, compresi, se del caso, gli eventi successivi a tale recesso.

8)      L’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a norme nazionali in base alle quali, nel caso di un contratto di credito collegato a un contratto di vendita, a seguito dell’esercizio effettivo del diritto di recesso del consumatore, il diritto del consumatore verso il creditore al rimborso delle rate pagate sorge solo dopo che il consumatore abbia restituito al creditore l’oggetto acquistato o abbia fornito la prova di averlo restituito a quest’ultimo. Un’azione intentata dal consumatore per il rimborso delle rate pagate, dopo aver restituito l’oggetto acquistato, deve essere respinta in quanto infondata se il creditore non era in mora riguardo all’accettazione di tale oggetto.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 settembre 2002 concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE (GU 2002, L 271, pag. 16).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66).


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64).


5      Tale disposizione, nella versione in vigore al 31 gennaio 2012, si applica nel quarto caso del procedimento principale nella causa C‑232/21.


6      Idem.


7      Tale disposizione, nella versione in vigore al 31 gennaio 2012, si applica al quarto caso del procedimento principale nella causa C‑232/21 e recita come segue:


      «1. Salvo ove diversamente stabilito, ai diritti di recesso e di restituzione si applica mutatis mutandis la disposizione sul diritto legale di risoluzione.


      (...)».


8      Tale disposizione si applica, nella versione in vigore il 31 gennaio 2012, al quarto caso del procedimento principale nella causa C‑232/21 e recita come segue:


      «2)      Il consumatore, qualora abbia validamente revocato la propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione del contratto di credito al consumo sulla base dell’articolo 495, paragrafo 1, cessa altresì di essere vincolato alla propria dichiarazione di volontà diretta alla conclusione di un contratto per la fornitura di merci o la prestazione di altri servizi collegati al contratto di credito al consumo di cui trattasi.


      (...)


      4) 1L’articolo 357 si applica mutatis mutandis al contratto collegato. (...)


(...)».


9      BGBl. 1994 I, pag. 2494, e rettifica BGBl. 1997 I, pag. 1061.


10      Tale disposizione, che si applica nella versione in vigore il 31 gennaio 2012 nel quarto caso del procedimento principale nella causa C‑232/21, contiene le seguenti differenze:


            Al paragrafo 6, comma 2, terza frase, e al paragrafo 12, comma 1, terza frase, i riferimenti all’«Allegato 7» dovrebbero essere all’«Allegato 6»;


            Al paragrafo 12, comma 1, prima e terza frase, i riferimenti all’«articolo 360 paragrafo 2, del [BGB]» dovrebbero essere all’«articolo 359a, paragrafo 1, del [BGB]»; e


            Al paragrafo 12, comma 1, seconda frase, il riferimento agli «articoli 358 e 359 o all’articolo 360 del [BGB]» dovrebbe essere agli «articoli 358 e 359 del [BGB]».


11      Secondo il giudice del rinvio, tale clausola corrisponde al modello previsto dalla legge specificato nell’allegato 7 dell’EGBGB, a cui fa riferimento l’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase, dell’EGBGB.


12      V. punto 3 della prima frase dell’articolo 506, paragrafo 2, e articolo 495, paragrafo 1, del BGB. Secondo il giudice del rinvio, tale giurisprudenza si basava sul fatto che, nell’ambito di un contratto di leasing basato su conteggio chilometrico, i canoni di locazione e il pagamento iniziale sono calcolati in modo da garantire che l’utilizzatore del leasing paghi l’intero valore ammortizzato del veicolo. A differenza dei contratti standard di trasferimento d’uso, il calcolo del valore residuo tiene conto del deprezzamento legato solo al numero di chilometri percorsi e non ad altri fattori come l’usura corrispondente al normale utilizzo. L’elemento essenziale del contratto non è quindi il trasferimento dell’uso del veicolo, ma il finanziamento di tale uso.


13      Causa n. VIII ZR 36/20, DE:BGH:2021:240221, juris UVIIIZR36.20.0.


14      Ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 2, lettera d), la direttiva 2008/48 non trova applicazione ai contratti di locazione o di leasing che non prevedono obbligo di acquisto dell’oggetto del contratto né in virtù del contratto stesso né di altri contratti distinti. Il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi non contiene un siffatto obbligo.


15      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera d), la direttiva 2011/83 non trova applicazione ai contratti di servizi finanziari.


16      Sentenza del 26 marzo 2020, Kreissparkasse Saarlouis (C‑66/19, EU:C:2020:242; in prosieguo: la «sentenza Kreissparkasse Saarlouis»).


17      Come risulta dal paragrafo 44 delle presenti conclusioni, il contratto di leasing di cui trattasi nel procedimento principale contiene tale rinvio. Il giudice del rinvio chiede se, a seguito della sentenza nella causa Kreissparkasse Saarlouis, le informazioni sul diritto di recesso contenute in tale contratto debbano essere considerate insufficienti, di modo che, ai sensi dell’articolo 356b, paragrafo 2, del BGB, in combinato disposto con l’articolo 492, paragrafo 2, dello stesso, nonché dell’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, prima frase, e dell’articolo 247, paragrafo 12, primo comma, seconda frase, dell’EGBGB, il periodo di recesso non abbia iniziato a decorrere.


18      Nell’ordinanza di rinvio, il giudice del rinvio osserva che, in Germania, certa dottrina sostiene che la presunzione di legittimità può essere interpretata come relativa al rispetto dei soli requisiti imposti dal diritto nazionale e non di quelli imposti dal diritto dell’Unione.


19      Il giudice del rinvio fa riferimento alla sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punti da 76 a 79).


20      Secondo il giudice del rinvio, se il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico è classificato come contratto concluso fuori dei locali commerciali, l’utilizzatore del leasing ha un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 312g, paragrafo 1, del BGB. Esso rileva che, sebbene la direttiva 2011/83 non conferisca ai consumatori un diritto di recesso per i contratti di servizi finanziari, l’interpretazione dell’articolo 312b, paragrafo 1, seconda frase, del BGB, che riguarda i contratti negoziati fuori dei locali commerciali, dipende da quella prevista dalla direttiva 2011/83. Detto giudice fa riferimento alla sentenza del 19 ottobre 2017, Solar Electric Martinique (C‑303/16, EU:C:2017:773, punto 26), e alla sentenza Kreissparkasse Saarlouis (punto 29), in cui la Corte ha affermato che «quando una normativa nazionale intende conformarsi, per le soluzioni che apporta a fattispecie non rientranti nell’ambito di applicazione dell’atto dell’Unione considerato, a quelle adottate nell’atto medesimo, sussiste un interesse certo dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese da tale atto ricevano un’interpretazione uniforme».


21      Causa 32 U 7119/19, DE:OLGMUEN:2020:0618.32U7119.19.0A, BeckRS2020,13248, punto 39.


22      Secondo il giudice del rinvio, se il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico è classificato come contratto a distanza, l’utilizzatore del leasing disporrebbe di un diritto di recesso ai sensi dell’articolo 312g, paragrafo 1, del BGB.


23      La suddetta clausola corrisponde al modello previsto dalla legge di cui all’allegato 7 dell’EGBGB, richiamato dall’articolo 247, paragrafo 6, secondo comma, terza frase, dell’EGBGB.


24      Prima frase dell’articolo 358, paragrafo 4, del BGB, in combinato disposto con la prima frase dell’articolo 357, paragrafo 4, dello stesso.


25      V. articolo 358, paragrafo 4, quinta frase, del BGB.


26      Tutte le parti che hanno presentato osservazioni nella causa C‑38/21, così come il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia), condividono questa opinione.


27      Tale obbligo si ritiene sussistente se il creditore decide unilateralmente in tal senso. Nella causa C‑38/21 la BMW Bank afferma di non poter prendere una decisione unilaterale di questo tipo. Questa circostanza deve essere verificata dal giudice del rinvio.


28      V., in tal senso, per analogia, sentenza del 18 settembre 2019, Riel (C‑47/18, EU:C:2019:754, punto 43).


29      Il considerando 14 della direttiva 2002/65 stabilisce inoltre che la direttiva «copre tutti i servizi finanziari che possono essere forniti a distanza».


30      Tale definizione è identica a quella contenuta nell’articolo 2, punto 12, della direttiva 2011/83, il cui articolo 3, paragrafo 3, lettera d), stabilisce che detta direttiva non si applica ai contratti di servizi finanziari.


31      Nel corso dell’udienza, la Commissione ha ammesso con una certa esitazione che il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico in questione rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva.


32      Articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2011/83. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, lettera d), la direttiva 2011/83 non si applica ai contratti di servizi finanziari.


33      L’articolo 2, punto 5, della direttiva 2011/83 definisce il «contratto di vendita» come «qualsiasi contratto in base al quale il professionista trasferisce o si impegna a trasferire la proprietà di beni al consumatore e il consumatore ne paga o si impegna a pagarne il prezzo, inclusi i contratti che hanno come oggetto sia beni che servizi».


34      Sentenza del 31 marzo 2022, CTS Eventim C‑96/21, EU:C:2022:238, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Dall’articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 2011/83 si evince che l’espressione «contratto di servizi» deve essere intesa nel senso che essa include tutti i contratti che non rientrano nella nozione di «contratto di vendita» (sentenza del 12 marzo 2020, Verbraucherzentrale Berlin, C‑583/18, EU:C:2020:199, punto 22).


35      Come sottolineato al paragrafo 100 delle presenti conclusioni, il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi non trasferisce la proprietà dei beni. La banca mantiene la proprietà del veicolo durante e dopo la scadenza del contratto.


36      Sentenza del 7 agosto 2018, Verbraucherzentrale Berlin (C‑485/17, EU:C:2018:642, punti 33 e 34).


37      Sentenza del 14 maggio 2020, NK (progettazione di una casa unifamiliare) (C‑208/19, EU:C:2020:382, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


38      V., in tal senso, sentenze del 10 marzo 2005, easyCar (C‑336/03, EU:C:2005:150, punti 23, 26 e 27), e del 12 marzo 2020, Verbraucherzentrale Berlin (C‑583/18, EU:C:2020:199, punto 30).


39      Sentenza del 12 marzo 2020, Verbraucherzentrale Berlin, (C‑583/18, EU:C:2020:199, punto 34).


40      Sentenza del 31 marzo 2022, CTS Eventim (C‑96/21, EU:C:2022:238, punto 44).


41      V., per analogia, sentenza del 10 marzo 2005, easyCar (C‑336/03, EU:C:2005:150, punto 28).


42      Limito la mia analisi all’articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83 poiché, a mio avviso, la direttiva 2002/65 non si applica al contratto di leasing basato su conteggio chilometrico in questione.


43      V. articolo 2, punto 7, della direttiva 2011/83.


44      Per converso, se il giudice del rinvio dovesse constatare che il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi non costituisce un contratto negoziato fuori dei locali commerciali o un contratto a distanza, o che lo costituisce ma che a tale contratto si applica l’eccezione al diritto di recesso prevista dall’articolo 16, lettera l), della direttiva 2011/83, detto giudice dovrebbe, in linea di principio, concludere che VK non godeva di tale diritto.


45      Nell’integrazione alla sua domanda iniziale, il giudice del rinvio afferma che, qualora la Corte dovesse concludere che il contratto di leasing basato su conteggio chilometrico di cui trattasi non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, la prima e la seconda questione sollevate nella causa C‑38/21 non sarebbero più pertinenti.


46      V. nota 16 di queste conclusioni.


47      All’epoca dei fatti, il modello di cui all’allegato 7 dell’EGBGB non specificava tutte le informazioni che dovevano essere fornite al mutuatario, ma si limitava a fare riferimento all’articolo 492, paragrafo 2, del BGB.


48      V. nota 16 delle presenti conclusioni.


49      Sentenza del 5 settembre 2019, Pohotovosť (C‑331/18, EU:C:2019:665, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


50      Sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 26 e giurisprudenza citata).


51      Sentenza del 5 settembre 2019, Pohotovosť (C‑331/18, EU:C:2019:665, punto 55).


52      Sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


53      Sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).


54      Ibidem, punto 62.


55      Sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin (C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


56      Ibidem, punto 41 e giurisprudenza ivi citata.


57      Sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428).


58      V. considerando 31 della direttiva 2008/48 e sentenza nella causa Kreissparkasse Saarlouis (punto 35 e giurisprudenza ivi citata). V., altresì, conclusioni presentate dall’avvocato generale Hogan nelle cause riunite Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:629, paragrafo 46).


59      La sentenza nella causa Kreissparkasse Saarlouis (punto 45).


60      Ibidem, punto 36 e giurisprudenza ivi citata. V., inoltre, considerando 9 della direttiva 2008/48.


61      V., per analogia, sentenza del 1o ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


62      Su quest’ultimo punto, si può osservare che nella sentenza Home Credit Slovakia, la Corte ha stabilito che, per loro natura, alcune delle informazioni cui fa riferimento l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 non possono incidere sulla capacità del consumatore di valutare la portata del proprio impegno. È il caso, ad esempio, del nome e dell’indirizzo dell’autorità di sorveglianza competente di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera v), di tale direttiva (sentenza del 9 novembre 2016, C‑42/15, EU:C:2016:842, punto 72).


63      Come indicato al paragrafo 128 delle presenti conclusioni, le considerazioni esposte di seguito valgono anche per la quarta questione nella causa C‑38/21.


64      Tale secondo aspetto della questione è rilevante per la causa C‑232/21, in cui BQ ha restituito la totalità del prestito.


65      Conclusioni dell’avvocato generale Hogan nelle cause riunite Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:629, paragrafi da 106 a 108).


66      L’applicazione della normativa dell’Unione non si estende alle operazioni effettuate allo scopo di beneficiare fraudolentemente o abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto dell’Unione (sentenza del 6 febbraio 2018, Altun e a., C‑359/16, EU:C:2018:63, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


67      Sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti 120 e 121).


68      Conclusioni dell’avvocato generale Hogan nelle cause riunite Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:6296, paragrafo 112).


69      Sentenza del 22 novembre 2017, Cussens e a. (C‑251/16, EU:C:2017:881, punto 44).


70      V., al riguardo, il punto b) della quarta questione del giudice del rinvio.


71      Sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punto 122 e giurisprudenza ivi citata).


72      Sentenza del 14 aprile 2016, Cervati e Malvi (C‑131/14, EU:C:2016:255, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


73      Sentenza del 9 settembre 2021, Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:736, punti da 123 a 126).


74      La Commissione riconosce inoltre che, qualora circostanze oggettive e soggettive suggeriscano una pratica abusiva da parte del consumatore, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare, al consumatore può essere in via eccezionale precluso l’esercizio del proprio diritto di recesso.


75      V., in tal senso, sentenza del 13 marzo 2014, SICES e a. (C‑155/13, EU:C:2014:145, punto 34).


76      Un siffatto contratto di credito è qualificato come «contratto di credito collegato» una volta che siano soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 3, lettera n), della direttiva 2008/48.


77      V. altresì conclusioni dell’avvocato generale Hogan nelle cause riunite Volkswagen Bank e a. (C‑33/20, C‑155/20 e C‑187/20, EU:C:2021:6296, paragrafi da 126 a 128).


78      V., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 83).