Language of document : ECLI:EU:T:2007:258

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Grande Sezione)

12 settembre 2007 (*)

«Accesso ai documenti – Memorie depositate dalla Commissione nell’ambito di procedimenti dinanzi alla Corte e al Tribunale – Decisione che nega l’accesso»

Nella causa T‑36/04,

Association de la presse internationale ASBL (API), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti S. Völcker, F. Louis e J. Heithecker,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. C. Docksey e P. Aalto, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda d’annullamento della decisione della Commissione 20 novembre 2003 che respinge una domanda presentata dalla ricorrente per ottenere l’accesso alle memorie depositate dalla Commissione nell’ambito di taluni procedimenti dinanzi alla Corte e al Tribunale,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Grande Sezione),

composto dal sig. B. Vesterdorf, presidente, dai sigg. M. Jaeger, J. Pirrung, M. Vilaras, H. Legal, dalle sig.re M.E. Martins Ribeiro, E. Cremona, I. Pelikánová, dal sig. D. Šváby, dalla sig.ra K. Jürimäe, dai sigg. N. Wahl, M. Prek e V. Ciucă, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 28 febbraio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1        Ai sensi dell’art. 255 CE:

«1. Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma dei paragrafi 2 e 3.

2.      I principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251 entro due anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

(…)».

2        Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43), definisce i principi, le condizioni e le limitazioni del diritto di accesso ai documenti delle citate istituzioni sancito dall’art. 255 CE. Tale regolamento è applicabile dal 3 dicembre 2001.

3        Il secondo e il quarto ‘considerando’ del detto regolamento sono così formulati:

«(2)      Questa politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 [UE] e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(4)       Il presente regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le limitazioni a norma dell’articolo 255, paragrafo 2, [CE]».

4        L’art. 2, nn. 1 e 3, del regolamento n. 1049/2001 così dispone:

«1. Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento.

(…)

3.      Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea».

5        Ai sensi dell’art. 3, lett. a), del regolamento n. 1049/2001, per documento si intende «qualsiasi contenuto (…) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione».

6        L’art. 4 del regolamento n. 1049/2001, relativo alle eccezioni al diritto d’accesso, prevede quanto segue:

«(…)

2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

–        (…)

–        le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

–        gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

6.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.

7.      Le eccezioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento (…)».

7        L’art. 6, n. 1, del regolamento n. 1049/2001 dispone:

«Le domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue di cui all’articolo 314 [CE] e sono formulate in modo sufficientemente preciso per consentire all’istituzione di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda».

8        Secondo l’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, «[n]el caso di un rifiuto totale o parziale, il richiedente può, entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione della risposta dell’istituzione, chiedere alla stessa di rivedere la sua posizione, presentando una domanda di conferma».

9        L’art. 8, nn. 1 e 2, del regolamento n. 1049/2001, riguardante il trattamento delle domande di conferma, stabilisce quanto segue:

«1.      Le domande confermative sono trattate prontamente. Entro 15 giorni lavorativi dalla loro registrazione, l’istituzione concede l’accesso al documento richiesto e [lo] fornisce [...] ai sensi dell’articolo 10 entro tale termine oppure, con risposta scritta, motiva il rifiuto totale o parziale. In caso di rifiuto totale o parziale, l’istituzione è tenuta ad informare il richiedente dei mezzi di cui questi dispone, vale a dire l’avvio di un ricorso giurisdizionale contro l’istituzione e/o la presentazione di una denuncia presso il mediatore, a norma degli articoli 230 [CE] e 195 [CE].

2.      In via eccezionale, per esempio nel caso di una domanda relativa a un documento molto voluminoso o ad un numero elevato di documenti, il termine di cui al paragrafo 1 può essere prorogato di 15 giorni lavorativi, purché il richiedente ne sia previamente informato mediante comunicazione motivata in modo circostanziato».

 Fatti

10      L’Association de la presse internationale ASBL (API) è un’organizzazione a scopo non lucrativo di giornalisti stranieri di tutte le categorie e specializzazioni operanti in Belgio. L’API mira ad aiutare i propri membri ad informare i loro paesi d’origine in merito all’Unione europea.

11      Con lettera 1° agosto 2003 l’API ha chiesto alla Commissione, ai sensi dell’art. 6 del regolamento n. 1049/2001, l’accesso a tutte le memorie che essa ha presentato al Tribunale o alla Corte nell’ambito dei procedimenti relativi alle seguenti cause:

–        T‑209/01, Honeywell/Commissione, e T‑210/01, General Electric/Commissione;

–        T‑212/03, MyTravel/Commissione;

–        T‑342/99, Airtours/Commissione;

–        C‑203/03, Commissione/Austria;

–        C‑466/98, Commissione/Regno Unito; C‑467/98, Commissione/Danimarca; C‑468/98, Commissione/Svezia; C‑469/98, Commissione/Finlandia; C‑471/98, Commissione/Belgio; C‑472/98, Commissione/Lussemburgo; C‑475/98, Commissione/Austria e C‑476/98, Commissione/Germania (in prosieguo: le «cause cielo aperto»);

–        C‑224/01, Köbler;

–        C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg.

12      Con lettera 27 agosto 2003 la Commissione, per un verso, ha informato l’API che la domanda relativa alla causa T‑212/03, MyTravel/Commissione, era prematura e, per altro verso, ha chiesto all’API di precisare se la sua domanda aveva solamente ad oggetto le memorie o anche i relativi allegati. Con la stessa lettera, la Commissione ha comunicato all’API che, in considerazione delle questioni di principio sollevate dalla sua domanda d’accesso ai documenti, il termine prescritto per rispondere alla medesima doveva essere prorogato di 15 giorni lavorativi. L’API ha precisato, con lettera 29 agosto 2003, che la sua domanda aveva esclusivamente ad oggetto le memorie della Commissione, senza i relativi allegati.

13      Con lettere 17 settembre 2003, la Commissione ha riconosciuto l’accesso ai documenti relativi alle cause C‑224/01 e C‑280/00, mentre invece ha negato l’accesso ai documenti relativi alle cause T‑209/01, T‑210/01, T‑342/99 e C‑203/03, nonché alle cause Cielo aperto.

14      Con lettera 6 ottobre 2003 l’API ha presentato, ai sensi dell’art. 7, n. 2, del regolamento n. 1049/2001, una domanda di conferma relativa ai documenti per i quali la Commissione aveva negato l’accesso. In risposta a tale domanda, e dopo aver prorogato il termine con lettera 28 ottobre 2003, la Commissione ha adottato la decisione 20 novembre 2003, che confermava il diniego d’accesso ai documenti di cui trattasi (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

15      In primo luogo, per quanto riguarda il diniego d’accesso alle memorie presentate dalla Commissione nell’ambito delle cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, e T‑210/01, General Electric/Commissione, la Commissione nella decisione impugnata ha affermato che, poiché tali cause erano ancora pendenti, la divulgazione delle sue memorie avrebbe potuto compromettere la sua posizione di convenuta nell’ambito dei procedimenti in parola. Essa ha aggiunto che, come ricordato dal giudice comunitario (sentenza del Tribunale 17 giugno 1998, causa T‑174/95, Svenska Journalisteförbundet/Consiglio, Racc. pag. II‑2289), in forza di un principio generale di buona amministrazione della giustizia le parti avevano il diritto di difendere i loro interessi senza nessun condizionamento esterno, segnatamente da parte del pubblico. Posto che i documenti ai quali la ricorrente chiedeva l’accesso erano stati redatti ai soli fini dei due procedimenti di cui trattasi, essa ha ritenuto che rientrassero nell’ambito dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali (sentenza del Tribunale 7 dicembre 1999, causa T‑92/98, Interporc/Commissione, Racc. pag. II‑3521, in prosieguo: la «sentenza Interporc II»). La Commissione ha inoltre precisato che il fatto di aver autorizzato l’accesso alle osservazioni da essa presentate nell’ambito della causa C‑224/01, Köbler, non poteva essere invocato a titolo di precedente, tenuto conto del fatto che il procedimento era chiuso, benché la causa fosse ancora pendente, e che si trattava di una causa pregiudiziale, pertanto non comparabile a ricorsi diretti. Peraltro, essa ha sottolineato che il fatto stesso di aver autorizzato l’accesso alle osservazioni in questione dimostrava che la domanda dell’API era stata esaminata documento per documento.

16      In secondo luogo, per quanto riguarda il diniego d’accesso ai documenti relativi alla causa T‑342/99, Airtours/Commissione, la Commissione ha precisato che la sentenza del Tribunale 6 giugno 2002 (Racc. pag. II‑2585), che ha statuito su tale causa, era stata seguita da un’azione per risarcimento danni instaurata nei suoi confronti (causa T‑212/03, MyTravel/Commissione), nel cui contesto sarebbero stati discussi gli argomenti dedotti dalla Commissione nella causa T‑342/99 per motivare la propria decisione. La Commissione ha sottolineato che sussisterebbe uno stretto legame tra le due cause e che la divulgazione delle memorie di cui alla domanda della ricorrente arrecherebbe pregiudizio al procedimento nell’ambito della causa pendente.

17      In terzo luogo, per quanto riguarda il diniego d’accesso ai documenti riguardanti la causa C‑203/03, Commissione/Austria, la Commissione ha rilevato che la causa era pendente ed ha affermato che la divulgazione delle sue memorie avrebbe compromesso la sua posizione dinanzi alla Corte nonché rispetto alle autorità austriache. Essa ha quindi ritenuto che nella causa di cui trattasi valesse la stessa motivazione addotta per negare l’accesso alle memorie riguardanti le cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, e T‑210/01, General Electric/Commissione. Essa ha aggiunto di essere tenuta a negare l’accesso a qualsiasi documento relativo ad un ricorso per inadempimento, qualora la divulgazione arrecasse pregiudizio alla tutela dell’obiettivo delle attività di indagine, che, come stabilito dal Tribunale nella sentenza 11 dicembre 2001, causa T‑191/99, Petrie e a./Commissione (Racc. pag. II‑3677), consiste nell’ottenere una definizione amichevole della controversia tra la Commissione e lo Stato membro interessato. Essa ha precisato che, benché tale sentenza abbia avuto ad oggetto un diniego d’accesso a talune lettere di diffida e a taluni pareri motivati, il Tribunale non aveva precisato che il diniego d’accesso, finalizzato a preservare l’obiettivo di ottenere una definizione amichevole della controversia, fosse limitato alle citate categorie di documenti, così che la giustificazione sulla quale si fondava un siffatto diniego era altresì valida per le memorie presentate alla Corte, essendo identici gli argomenti addotti per dimostrare gli inadempimenti.

18      In quarto luogo, quanto al diniego d’accesso alle sue memorie relative alle cause Cielo aperto, la Commissione ha sottolineato che, ancorché i procedimenti per inadempimento relativi a tali cause fossero stati definiti con sentenze della Corte 5 novembre 2002, gli Stati membri interessati non si erano ancora conformati alle sentenze stesse, così che erano attualmente in corso negoziati volti a far sì che i detti Stati mettessero fine all’infrazione rilevata dalla Corte. Per tale ragione essa ha ritenuto che la divulgazione delle memorie presentate dalla Commissione in tali cause avrebbe arrecato pregiudizio alla tutela dell’obiettivo dell’indagine riguardante gli inadempimenti di cui trattasi.

19      In quinto luogo, dopo aver ricordato che l’art. 4, n. 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001 dispone che dev’essere rifiutato l’accesso a un documento «a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione», la Commissione ha osservato, nella decisione impugnata, che l’API non aveva sviluppato argomenti idonei a dimostrare che l’interesse pubblico alla divulgazione dei documenti di cui trattasi prevarrebbe sull’interesse pubblico a garantire una tutela adeguata alle procedure giurisdizionali pendenti e alle indagini relative a ricorsi per inadempimento. Essa ha aggiunto che l’interesse pubblico è maggiormente salvaguardato quando è garantito il corretto svolgimento dei procedimenti avviati dinanzi al giudice comunitario e quando sono tutelati i poteri di indagine di quest’ultimo.

20      In sesto e ultimo luogo, la Commissione ha confermato che non era possibile acconsentire ad un accesso parziale ai documenti richiesti, in quanto tutte le parti dei documenti stessi erano strettamente collegate e rientravano nelle eccezioni di cui sopra.

 Procedimento e conclusioni delle parti

21      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 febbraio 2004, la ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

22      Il 9 novembre 2006 il Tribunale, sentite le parti, ha deciso di attribuire la presente causa alla Grande Sezione del Tribunale.

23      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Grande Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

24      All’udienza del 28 febbraio 2007 sono state sentite le difese orali e le risposte delle parti ai quesiti posti dal Tribunale.

25      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Diritto

27      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente solleva un unico motivo, basato sulla violazione dell’art. 2 e dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001. Il motivo si suddivide, in sostanza, in due parti. La prima parte riguarda il diniego d’accesso ai documenti basato sull’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, di cui all’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. La seconda parte riguarda il diniego d’accesso ai documenti basato sull’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine, prevista dall’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

 Sul diniego d’accesso ai documenti basato sull’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, di cui all’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

 Argomenti delle parti

28      In primo luogo la ricorrente, dopo aver sottolineato che la sua domanda di accesso rientrava nell’ambito d’applicazione dell’art. 2 del regolamento n. 1049/2001, che sancisce il principio del più ampio accesso ai documenti delle istituzioni, osserva che l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali non può motivare una generale esclusione delle memorie della Commissione dal principio del libero accesso ai documenti.

29      Essa rileva a tal proposito, in primo luogo, che detta eccezione, secondo cui l’accesso a un documento può essere negato solamente qualora la sua divulgazione «arrechi pregiudizio» a talune procedure giurisdizionali, deve essere interpretata in senso restrittivo. Da un raffronto tra il regolamento n. 1049/2001 e la disciplina precedente, vale a dire la decisione della Commissione 8 febbraio 1994, 94/90/CECA, CE, Euratom, sull’accesso del pubblico ai documenti della Commissione (GU L 46, pag. 58), che ha formalmente adottato il codice di condotta relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Consiglio e della Commissione (GU 1993, L 340, pag. 41; in prosieguo: il «codice di condotta del 1993»), approvato dal Consiglio e dalla Commissione il 6 dicembre 1993, emergerebbe che il legislatore comunitario ha deliberatamente scelto di limitare la portata dell’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali. Infatti, mentre il codice di condotta del 1993 avrebbe previsto la possibilità di negare l’accesso a tutti i documenti la cui divulgazione «possa pregiudicare» i procedimenti giudiziari, il regolamento n. 1049/2001 avrebbe ad oggetto documenti la cui divulgazione «arrechi pregiudizio» a procedimenti siffatti. Inoltre, contrariamente al regolamento n. 1049/2001, il codice di condotta del 1993 non avrebbe previsto la possibilità della prevalenza di un interesse pubblico sull’interesse connesso alla tutela delle procedure giurisdizionali.

30      Il limitato obiettivo dell’eccezione prevista dall’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 sarebbe inoltre espresso dall’undicesimo ‘considerando’ del citato regolamento, che enuncia il principio secondo cui tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico, nonché dalla formulazione dei motivi della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione [COM/2000/0030 def.‑COD 2000/0032, sezione 5], in cui si precisa che le eccezioni sono applicabili solamente per tutelare interessi specifici espressamente indicati. Un diniego generalizzato d’accesso a un’intera categoria di documenti non sarebbe quindi ammissibile, poiché l’istituzione interessata ha il dovere di dimostrare, per ciascun documento richiesto, che la sua divulgazione arrecherebbe un pregiudizio talmente grave alla tutela di uno degli interessi specifici elencati dall’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001 che l’interesse pubblico connesso alla divulgazione non potrebbe in alcun caso prevalere.

31      In secondo luogo, la ricorrente afferma che la divulgazione delle memorie presentate dalla Commissione dinanzi ai giudici comunitari non arrecherebbe alcun pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali, posto che una siffatta divulgazione non darebbe adito ad un’indebita influenza da parte del pubblico, né pregiudicherebbe la serenità della trattazione dinanzi al giudice comunitario in modo da nuocere al funzionamento della procedura giudiziaria. In ogni caso, una motivazione così generica quale quella fornita nella decisione impugnata non potrebbe soddisfare il requisito del danno grave e concreto stabilito dall’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

32      La ricorrente aggiunge che l’interesse del pubblico nei confronti dei lavori dei giudici che trattano rilevanti problemi di politica pubblica è sano e naturale in qualsiasi sistema basato sui principi dello Stato di diritto e che i giudici comunitari hanno essi stessi promosso e sostenuto tale fenomeno, rendendo accessibile al grande pubblico una parte sempre più rilevante delle informazioni relative ai procedimenti pendenti facendo ricorso al loro sito Internet e al loro servizio stampa. Peraltro, le udienze sarebbero pubbliche e la relazione d’udienza sarebbe accessibile al pubblico dal giorno in cui si è svolta l’udienza.

33      Sarebbe pertanto difficile comprendere in che modo la divulgazione delle difese scritte della Commissione potrebbe rappresentare un grave pregiudizio al buon andamento dei procedimenti giudiziari cui tali difese scritte si riferiscono. Al contrario, una pubblicità di queste ultime avrebbe un effetto positivo, in quanto una completa informazione del pubblico dimostrerebbe l’imparzialità dei giudici comunitari, il che rafforzerebbe l’accettazione delle loro decisioni da parte del pubblico. La ricorrente osserva inoltre che le autorità giurisdizionali di molti Stati, nonché la Corte europea dei diritti dell’uomo, pur prevedendo eccezioni al principio di trasparenza, ad esempio ai fini della tutela dei segreti commerciali e per il rispetto della vita privata, rendono accessibili i documenti relativi a procedimenti giudiziari, segnatamente nelle cause in cui sono parti in giudizio enti statali. Nessuna di tali autorità giurisdizionali avrebbe mai ritenuto che il principio di trasparenza potesse nuocere all’efficacia della procedura giurisdizionale e alla buona amministrazione della giustizia.

34      In terzo luogo, la ricorrente sottolinea che la divulgazione delle memorie presentate dalla Commissione dinanzi ai giudici comunitari sarebbe di interesse pubblico, nel senso che essa consentirebbe una diffusione del punto di vista della Commissione su questioni fondamentali di interpretazione del Trattato e del diritto comunitario derivato. In materia di diritto della concorrenza, ad esempio, una tale diffusione sarebbe particolarmente vantaggiosa se si considerano i pareri che la Commissione potrebbe essere indotta a formulare a beneficio dei giudici nazionali in base al regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1). La ricorrente aggiunge che, benché le udienze dinanzi ai giudici comunitari siano pubbliche e il giorno dell’udienza sia disponibile una sintesi degli argomenti delle parti, la presentazione delle cause trattate è incompleta, il che impedisce ai giornalisti di fornire un’informazione precisa ed esauriente. Il solo modo di garantire un’adeguata trasparenza sarebbe pertanto quello di divulgare le difese scritte presentate dalla Commissione.

35      In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione non può basare il proprio diniego sullo stato attuale della giurisprudenza in materia, poiché le sentenze Svenska Journalistförbundet/Consiglio e Interporc II, citate al precedente punto 15, fanno riferimento al codice di condotta del 1993, mentre il regolamento n. 1049/2001 dev’essere oggetto di interpretazione più restrittiva. Peraltro, la sentenza Svenska Journalistförbundet/Consiglio, citata al precedente punto 15, riguarderebbe un’ipotesi particolare, in quanto l’associazione in questione avrebbe diffuso via Internet una versione commentata del controricorso del Consiglio e avrebbe invitato il pubblico ad inviare i propri commenti direttamente agli agenti del Consiglio, dei quali si fornivano i numeri di telefono e di telefax, mentre l’API, che non è parte in alcuno dei procedimenti di cui trattasi, non avrebbe simili intenzioni. Del pari, la sentenza Interporc II, citata al precedente punto 15, non sarebbe pertinente, in quanto l’affermazione del Tribunale, di cui al punto 40 della sentenza citata, secondo cui la protezione dell’interesse pubblico osta alla divulgazione del contenuto dei documenti redatti dalla Commissione ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare rappresenterebbe un semplice obiter dictum, poiché la domanda formulata nella causa che ha dato luogo alla pronuncia di tale sentenza era intesa a stabilire se l’accesso a documenti redatti nell’ambito di un procedimento amministrativo potesse essere negato in quanto i documenti stessi erano collegati ad un particolare procedimento giudiziario. Il Tribunale avrebbe inoltre stabilito che l’eccezione di cui trattasi aveva l’obiettivo di «garantire, da un lato, la protezione del lavoro interno della Commissione e, dall’altro, la riservatezza e la salvaguardia del principio del segreto professionale degli avvocati» (sentenza Interporc II, citata al precedente punto 15, punto 41).

36      Una tale interpretazione dell’eccezione relativa ai procedimenti giudiziari non impedirebbe l’accesso del pubblico alle memorie della Commissione, in quanto queste ultime non sono da considerarsi documenti interni e confidenziali, bensì, al contrario, sono trasmesse ai giudici e alle controparti nelle cause in questione. La ricorrente aggiunge, a tal proposito, che la valutazione espressa al punto 40 della sentenza Interporc II, citata al precedente punto 15, è stata ulteriormente confutata, poiché la Corte ha stabilito che, nella sentenza 19 marzo 1998, causa T‑83/96, van der Wal/Commissione (Racc. pag. II‑545, punto 50), il Tribunale aveva commesso un errore di diritto interpretando la citata eccezione nel senso che essa obbliga la Commissione a negare l’accesso ai documenti da essa redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario (sentenza della Corte 11 gennaio 2000, cause riunite C‑174/98 P e C‑189/98 P, Paesi Bassi e van der Wal/Commissione, Racc. pag. I‑1, punto 30).

37      Ne discende, a parere della ricorrente, che la giurisprudenza comunitaria in materia non può essere interpretata nel senso indicato dalla Commissione e che l’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non giustifica una generale esclusione delle memorie delle istituzioni dal principio del libero accesso ai documenti comunitari.

38      In secondo luogo, la ricorrente contesta la decisione impugnata nella parte in cui la Commissione si è rifiutata di divulgare talune memorie avvalendosi dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, in quanto la causa cui esse si riferivano, o una causa connessa, erano ancora pendenti.

39      La ricorrente rileva, a tal proposito, che una così stretta limitazione dell’eccezione di cui trattasi sarebbe ingiustificata in quanto arrecherebbe un grave pregiudizio al principio del libero accesso ai documenti proprio in casi in cui, non essendovi alcuna sentenza o relazione d’udienza, l’interesse pubblico connesso alla divulgazione delle memorie sarebbe di massima importanza. Il diniego d’accesso sarebbe ancora più inspiegabile quando i documenti richiesti riguardano un procedimento già concluso, come nel caso della causa T‑342/99, Airtours/Commissione, ma presentano un collegamento con un altro procedimento ancora pendente. La Commissione non avrebbe infatti spiegato in che modo la divulgazione delle memorie relative alla causa già conclusa risulterebbe pregiudizievole per il procedimento pendente, allorché la parte ricorrente nelle due cause è la stessa ed è quindi già a conoscenza degli argomenti dedotti dalla Commissione nelle sue memorie relative alla prima causa.

40      La Commissione osserva, preliminarmente, che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, essa non ha opposto a quest’ultima un rifiuto «generalizzato» di dar seguito alla sua domanda, né un rifiuto di divulgare un’intera categoria di documenti. Essa ammette che i suoi atti difensivi dinanzi ai giudici comunitari non sono, in quanto tali, esenti da divulgazione, in quanto le eccezioni al principio generale d’accesso ai documenti devono essere interpretate restrittivamente. Tuttavia, essa afferma che, quando un’eccezione trova applicazione, questa deve essere rispettata, cosicché, nel caso in cui la divulgazione di un documento «arrechi» pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali o delle indagini, essa non lo deve divulgare. Essa aggiunge che l’impiego del condizionale ([in francese:] porterait), implicante un margine discrezionale, significa che un effetto negativo può prodursi, ma non che deve esservi la certezza assoluta che un tale effetto si produca.

41      Quanto all’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, la Commissione sottolinea, in primo luogo, che ogni sistema giurisdizionale nazionale ed internazionale stabilisce una linea di condotta peculiare quanto al modo di gestire gli atti processuali presentati ad un giudice. Come sarebbe stato rilevato dalla ricorrente stessa, i giudici europei garantirebbero un livello di trasparenza assai elevato, poiché, oltre al fatto che per ciascuna causa si effettua una comunicazione sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, che contiene una sintesi dei motivi e dei principali argomenti fatti valere nell’ambito del ricorso, l’udienza è pubblica e gli argomenti delle parti sono riassunti nella relazione d’udienza, per essere poi ripresi ed esaminati nelle conclusioni dell’avvocato generale e nella sentenza.

42      La Commissione afferma che la tutela delle procedure giurisdizionali le impone di tener conto della linea di condotta assunta a tal proposito da ciascun giudice. Orbene, né la Corte, né il Tribunale pubblicherebbero gli atti processuali che vengono loro sottoposti e, per quanto riguarda quest’ultimo, l’accesso dei terzi al fascicolo di causa sarebbe sottoposto a un rigido controllo, in conformità all’art. 5, n. 3, terzo comma, delle istruzioni al cancelliere del Tribunale, adottate il 3 marzo 1994 (GU 1994, L 78, pag. 32), come modificate, da ultimo, il 5 giugno 2002 (GU 2002, L 160, pag. 1), secondo cui «nessuna persona terza, privata o pubblica, può accedere al fascicolo di causa o agli atti processuali senza espressa autorizzazione del presidente, sentite le parti» e «[t]ale autorizzazione può essere concessa soltanto su domanda scritta, corredata di elementi che comprovino dettagliatamente il legittimo interesse alla consultazione del fascicolo». Peraltro, il regolamento n. 1049/2001 non prevederebbe con quali modalità i giudici devono gestire i procedimenti che si svolgono dinanzi ad essi. A tal proposito, la Corte avrebbe rilevato che non esiste alcuna regola generale in materia di riservatezza degli atti processuali o quanto alla questione se le parti del procedimento possano comunicare a terzi gli atti stessi, pur sottolineando che considerazioni particolari devono essere svolte qualora «la divulgazione di un documento potrebbe compromettere la buona amministrazione della giustizia» (ordinanza della Corte 3 aprile 2000, causa C‑376/98, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I‑2247, punto 10).

43      Il Tribunale avrebbe confermato ed applicato agli atti processuali il principio generale di buona amministrazione della giustizia, in forza del quale le parti hanno il diritto di difendere i loro interessi senza nessun condizionamento esterno, segnatamente da parte del pubblico (sentenza Svenska Journalistförbundet/Consiglio, punto 15 supra, punto 136). Il fatto che le cause pendenti siano di notorietà pubblica non dovrebbe essere confuso col diritto delle parti di non esporre i loro argomenti scritti in pubblico.

44      Secondo la Commissione, l’interesse pubblico non richiede la divulgazione dell’integralità degli atti processuali, che potrebbe addirittura rivelarsi pericolosa, poiché il dialogo scritto tra le parti rischierebbe di trasformarsi in un dibattito pubblico in occasione del quale potrebbero essere esercitate pressioni sugli agenti incaricati di una causa e la fondatezza di taluni argomenti potrebbe essere esposta ad altre pressioni esterne. La necessità di tutelare la serenità della trattazione prevarrebbe quindi sulla necessità che i giornalisti siano adeguatamente preparati per l’udienza. Una sistematica divulgazione potrebbe inoltre creare un dannoso squilibrio tra le istituzioni e tutte o talune delle altre parti in causa, le quali non sarebbero tenute a concedere l’accesso alle loro memorie alle stesse condizioni applicabili alle istituzioni.

45      La Commissione rileva, in secondo luogo, che, una volta investita di una domanda d’accesso ai sensi del regolamento n. 1049/2001, essa verifica innanzitutto se il procedimento cui si riferisce il documento richiesto abbia raggiunto la fase dell’udienza e successivamente se, alla luce di quanto precede, la tutela delle procedure giurisdizionali renda necessario un diniego d’accesso a tale documento. In questo modo, essa avrebbe rifiutato di divulgare le proprie memorie nelle cause T‑210/01, General Electric/Commissione, e T‑209/01, Honeywell/Commissione, che erano pendenti dinanzi al Tribunale.

46      Vi potrebbero inoltre essere motivi tali da imporre il diniego d’accesso a un documento dopo che si è svolta l’udienza ovvero dopo la pronuncia della sentenza, quando risulti necessario tutelare la formulazione di un argomento scritto identico a quello dedotto in una causa connessa ancora pendente. Il diniego d’accesso alle memorie relative alla causa T‑342/99, Airtours/Commissione, già conclusasi con una sentenza del Tribunale, sarebbe basato su un motivo siffatto, in quanto la ricorrente stessa ha in seguito presentato ricorso per risarcimento danni (causa T‑212/03, MyTravel/Commissione), tuttora pendente. La correlazione tra tali due cause sarebbe data dal fatto che alcuni degli argomenti fatti valere nell’ambito del ricorso per annullamento potrebbero essere discussi anche nell’ambito del ricorso per risarcimento danni.

47      Per quanto riguarda la ponderazione degli interessi in gioco, la Commissione osserva che l’esistenza di un interesse pubblico prevalente tale da giustificare la divulgazione dei documenti richiesti non può mai presumersi con riferimento ad una categoria di documenti di qualsivoglia natura, bensì dev’essere sempre dimostrata, tenuto conto degli altri interessi in gioco nell’ambito di ciascuna fattispecie. L’interesse pubblico prevalente, nozione che non sarebbe stata definita dal regolamento n. 1049/2001, potrebbe essere preso in considerazione solamente una volta dimostrata l’applicabilità di una delle eccezioni.

48      Peraltro, se l’eccezione relativa all’interesse pubblico prevalente, che rappresenta un’eccezione ad un’eccezione, fosse applicata sistematicamente per giustificare la divulgazione degli atti in una qualsiasi fase procedurale, ne discenderebbe che l’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali sarebbe privata di qualsivoglia effetto utile. La ponderazione degli interessi in gioco dovrebbe inoltre tener conto del fatto che le informazioni relative a una causa sono già comunicate al pubblico, innanzitutto nella fase della presentazione del ricorso (pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dei principali motivi ed argomenti della parte ricorrente) e in seguito mediante la relazione d’udienza. Per quanto riguarda i documenti richiesti dalla ricorrente nella presente causa, la Commissione avrebbe ritenuto che il modo migliore di salvaguardare l’interesse pubblico fosse quello di preservare il buon andamento dei procedimenti giudiziari di cui trattasi.

49      Il fatto che la ricorrente non sia parte in alcuno dei procedimenti cui si riferiscono i documenti dei quali è stata chiesta la divulgazione e che né la ricorrente stessa, né i suoi membri abbiano intenzione di esercitare pressioni sulla Commissione non priverebbe in alcun modo la sentenza Svenska Journalistförbundet/Consiglio, punto 15 supra, della sua pertinenza. Al punto 138 della sentenza citata, il Tribunale avrebbe infatti giudicato scorretto lo scopo della divulgazione degli atti processuali nella causa in questione. La Commissione aggiunge che, poiché la divulgazione di un documento conferma che quest’ultimo può essere liberamente diffuso, l’impegno assunto dalla ricorrente a non esercitare pressioni non garantisce che altri soggetti facenti parte del pubblico adottino lo stesso comportamento.

50      La Commissione sottolinea inoltre che nella sentenza Interporc II, citata al precedente punto 15 (punti 40 e 41), il Tribunale ha precisato che la categoria di documenti cui si applica l’eccezione relativa ai procedimenti giudiziari è costituita da tutti i documenti redatti dalla Commissione ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare. La sentenza Interporc II, citata al precedente punto 15, avrebbe quindi definito l’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alle procedure giurisdizionali, senza tuttavia sottrarre tali documenti, considerati come categoria, al diritto d’accesso pubblico, e la sentenza Paesi Bassi e van der Wal/Commissione, citata al precedente punto 36 (punti 27‑30), avrebbe confermato che non sussiste alcuna esclusione generalizzata di tali documenti che obblighi la Commissione a non divulgarli. La sentenza Interporc II rimarrebbe quindi giuridicamente rilevante e sarebbe stata osservata nella fattispecie, poiché, lungi dall’opporre un diniego generalizzato, la Commissione avrebbe effettuato un esame caso per caso di ciascun documento.

 Giudizio del Tribunale

–       Osservazioni preliminari

51      Si deve innanzitutto rilevare che l’art. 1 del regolamento n. 1049/2001, letto, in particolare, alla luce del quarto ‘considerando’ del medesimo, mira a dare la massima attuazione possibile al diritto di pubblica consultazione dei documenti detenuti dalle istituzioni (sentenza della Corte 1° febbraio 2007, causa C‑266/05 P, Sison/Consiglio, Racc. pag. I-1233, punto 61).

52      Tuttavia, dal regolamento in questione, in particolare dal suo undicesimo ‘considerando’, dal suo art. 1, lett. a), e dal suo art. 4, che prevede un regime di eccezioni in merito, risulta altresì che il diritto di consultazione dei documenti è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenza Sison/Consiglio, punto 51 supra, punto 62).

53      Dato che derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, tali eccezioni devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (sentenza Sison/Consiglio, punto 51 supra, punto 63; sentenza del Tribunale 6 luglio 2006, cause riunite T‑391/03 e T‑70/04, Franchet e Byk/Commissione, Racc. pag. II‑2023, punto 84; v., inoltre, per analogia, con riferimento al codice di condotta del 1993, sentenze della Corte Paesi Bassi e van der Wal/Commissione, punto 36 supra, punto 27, e 6 dicembre 2001, causa C‑353/99 P, Consiglio/Hautala, Racc. pag. I‑9565, punto 25; sentenze del Tribunale 14 ottobre 1999, causa T‑309/97, Bavarian Lager/Commissione, Racc. pag. II‑3217, punto 39, e Petrie e a./Commissione, punto 17 supra, punto 66).

54      Si deve inoltre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’esame richiesto per il trattamento di una domanda di accesso a certi documenti deve rivestire un carattere concreto. Infatti, per un verso, la mera circostanza che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione non basta di per sé a giustificare l’applicazione di quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 26 aprile 2005, cause riunite T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, Sison/Consiglio, Racc. pag. II‑1429, punto 75, e Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 105). In linea di principio, tale applicazione può essere giustificata solo nel caso in cui l’istituzione abbia previamente valutato, innanzi tutto, se l’accesso al documento avrebbe potuto arrecare, concretamente ed effettivamente, un pregiudizio all’interesse tutelato e, in secondo luogo, nei casi previsti dall’art. 4, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, se non esistesse un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del documento in questione. Per altro verso, il rischio di arrecare un pregiudizio ad un interesse tutelato deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico. Di conseguenza, l’esame al quale deve procedere l’istituzione per applicare un’eccezione deve essere effettuato in concreto e deve emergere dalla motivazione della decisione (sentenze del Tribunale 13 aprile 2005, causa T‑2/03, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, Racc. pag. II‑1121, in prosieguo: la «sentenza VKI», punto 69, e Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 115).

55      Peraltro, tale esame concreto deve essere effettuato per ogni documento oggetto della domanda. Infatti, dal regolamento n. 1049/2001 risulta che tutte le eccezioni di cui ai nn. 1-3 del suo art. 4 devono essere applicate «a un documento» (sentenze VKI, punto 54 supra, punto 70, e Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 116). Inoltre, quanto all’applicazione ratione temporis di queste stesse eccezioni, l’art. 4, n. 7, del citato regolamento prevede che esse si applichino unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del «contenuto del documento».

56      Ne discende che un esame specifico e concreto è in ogni caso necessario dal momento che, anche nel caso sia chiaro che una domanda di accesso riguarda documenti coperti da un’eccezione, solo un siffatto esame può consentire all’istituzione di valutare la possibilità di concedere al richiedente un accesso parziale, ai sensi dell’art. 4, n. 6, del regolamento n. 1049/2001 (sentenze VKI, punto 54 supra, punto 73, e Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 117). Nell’ambito dell’applicazione del detto regolamento, il Tribunale ha peraltro già considerato in linea di principio insufficiente una valutazione di documenti effettuata per categoria piuttosto che in relazione ai concreti elementi d’informazione contenuti in tali documenti, poiché l’esame da effettuarsi da parte dell’istituzione deve permettere alla stessa di valutare in concreto se l’eccezione invocata si applichi effettivamente a tutte le informazioni contenute in detti documenti (sentenza VKI, punto 54 supra, punti 74 e 76; con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 ottobre 2000, causa T‑123/99, JT’s Corporation/Commissione, Racc. pag. II‑3269, punti da 46 a 48).

57      L’obbligo per un’istituzione di procedere ad una valutazione specifica e concreta del contenuto dei documenti oggetto della domanda d’accesso rappresenta una regola generale (sentenza VKI, punto 54 supra, punti 74 e 75), che trova applicazione per tutte le eccezioni di cui ai nn. 1-3 dell’art. 4 del regolamento n. 1049/2001, qualunque sia l’ambito cui si riferiscono i documenti richiesti. Poiché il citato regolamento non contiene alcuna disposizione specifica riguardante l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, la citata regola generale si applica altresì all’eccezione di cui trattasi.

58      Tale regola generale non significa tuttavia che un siffatto esame sia prescritto in tutte le circostanze. Infatti, poiché l’esame specifico e concreto al quale, in linea di principio, l’istituzione deve procedere in risposta ad una domanda di accesso formulata ai sensi del regolamento n. 1049/2001 ha lo scopo di permettere all’istituzione in questione di valutare, da un lato, in che misura una deroga al diritto di accesso sia applicabile e, dall’altro, la possibilità di un accesso parziale, detto esame può non essere necessario quando, a causa delle circostanze particolari del caso concreto, sia evidente che l’accesso deve essere negato o, al contrario, concesso. Ciò potrebbe avvenire, in particolare, innanzi tutto, nel caso in cui alcuni documenti ricadano manifestamente ed integralmente in un’eccezione al diritto di accesso, o, al contrario, qualora siano manifestamente consultabili nella loro interezza, o, infine, nel caso in cui siano già stati oggetto di una valutazione specifica e concreta da parte della Commissione in analoghe circostanze (sentenza VKI, punto 54 supra, punto 75).

59      In secondo luogo, per quanto riguarda l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, si deve ricordare, innanzi tutto, che dall’ampia definizione della nozione di documento enunciata dall’art. 3, lett. a), del regolamento n. 1049/2001, nonché dalla formulazione e dell’esistenza stessa di un’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, emerge che il legislatore comunitario non ha inteso escludere l’attività contenziosa delle istituzioni dal diritto d’accesso dei cittadini, ma che ha previsto, in tal senso, che queste ultime rifiutino di divulgare i documenti relativi ad una procedura giurisdizionale laddove una siffatta divulgazione arrechi pregiudizio alla procedura cui i documenti stessi si riferiscono.

60      In secondo luogo, il Tribunale ha già avuto occasione di stabilire che la nozione di «procedimenti giudiziari», interpretata nell’ambito del codice di condotta del 1993 come comprendente le memorie o gli atti depositati, i documenti interni riguardanti l’istruzione della causa in corso e le comunicazioni relative alla causa scambiate tra la direzione generale interessata e il servizio giuridico o uno studio legale (sentenza Interporc II, punto 15 supra, punto 41), è pertinente anche nel contesto del regolamento n. 1049/2001 (v. sentenza Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 90). Le memorie presentate dalla Commissione dinanzi al giudice comunitario rientrano pertanto nell’ambito di applicazione dell’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, nel senso che esse riguardano un interesse protetto.

61      In terzo luogo, il fatto che l’ambito applicativo della citata eccezione comprenda tutti i documenti redatti ai soli fini di un procedimento giudiziario particolare (sentenze Interporc II, punto 15 supra, punto 40, e Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punti 88 e 89), e in particolare le memorie depositate dalle istituzioni, non può, di per se stesso, giustificare l’applicazione dell’eccezione invocata. Infatti, come già stabilito dalla Corte con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, l’eccezione relativa alla protezione dell’interesse pubblico nell’ambito di un procedimento giudiziario non può essere interpretata nel senso che essa obbliga la Commissione a negare l’accesso a tutti i documenti da essa redatti ai soli fini di tale procedimento (sentenza Paesi Bassi e van der Wal/Commissione, punto 36 supra, punto 30).

62      Una siffatta interpretazione si impone necessariamente nell’ambito del regolamento n. 1049/2001, in quanto l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, prevista dall’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento citato, è formulata in modo più restrittivo rispetto a quella contenuta nel codice di condotta del 1993. Infatti, per un verso, nell’ambito del regolamento n. 1049/2001 il diniego d’accesso è giustificato solamente nel caso in cui la divulgazione del documento di cui trattasi «arrechi pregiudizio» all’interesse in questione e non più, come era previsto nell’ambito del codice di condotta del 1993, nel caso in cui la divulgazione in questione «possa pregiudicare» il citato interesse. Ciò implica che l’istituzione interessata è tenuta ad esaminare, per ogni documento richiesto, se, in considerazione delle informazioni di cui dispone, la sua divulgazione possa effettivamente pregiudicare uno degli interessi tutelati dal regime delle eccezioni (con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, v., in tal senso, sentenze del Tribunale 6 febbraio 1998, causa T‑124/96, Interporc/Commissione, Racc. pag. II‑231, punto 52, e JT’s Corporation/Commissione, punto 56 supra, punto 64). Per altro verso, anche nel caso in cui la divulgazione del documento richiesto arrechi pregiudizio alla tutela della procedura giurisdizionale in questione, il regolamento n. 1049/2001 prevede che l’accesso sia consentito qualora ciò sia giustificato da un interesse pubblico prevalente, il che non era previsto nell’ambito del codice di condotta del 1993.

63      In quarto luogo, si deve precisare che l’eccezione al principio generale dell’accesso ai documenti relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali mira segnatamente a garantire il rispetto del diritto di ogni persona ad un’equa udienza davanti a un Tribunale indipendente, che rappresenta un diritto fondamentale previsto dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») e che fa parte integrante dei principi generali del diritto comunitario dei quali il giudice comunitario garantisce l’osservanza ispirandosi alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite in particolare dalla CEDU (sentenze della Corte 2 maggio 2006, causa C‑341/04, Eurofood IFSC, Racc. pag. I‑3813, punto 65, e 25 gennaio 2007, causa C‑411/04 P, Salzgitter Mannesmann/Commissione, Racc. pag. I-965, punti 40 e 41), nonché a garantire il buon andamento della giustizia. Detta eccezione riguarda quindi non solo gli interessi delle parti nell’ambito del procedimento giudiziario, bensì, più in generale, il buon andamento del procedimento stesso.

64      Spetta quindi al Tribunale verificare, alla luce dei principi esposti ai precedenti punti 51-63, se, nella fattispecie, la Commissione non sia incorsa in un errore ritenendo che il diniego alla divulgazione delle memorie da essa presentate nell’ambito delle cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, T‑210/01, General Electric/Commissione, C‑203/03, Commissione/Austria, e T‑342/99, Airtours/Commissione, fosse coperto dall’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali.

–       Sul diniego d’accesso riguardante le memorie relative alle cause T‑209/01, T‑210/01 e C‑203/03

65      Innanzi tutto, è necessario verificare, con riferimento ai documenti specificamente individuati nella domanda d’accesso, se la Commissione abbia effettuato un esame concreto del contenuto di ciascun documento richiesto, il che è contestato dalla ricorrente, la quale sottolinea in tal senso la genericità della giustificazione addotta per negare l’accesso.

66      È giocoforza rilevare che dai motivi della decisione impugnata non emerge che la Commissione abbia effettuato un esame siffatto. Nell’ambito della decisione di cui trattasi, infatti, quest’ultima non ha fatto riferimento al contenuto delle memorie in questione, né all’oggetto specifico di ciascun procedimento cui esse si riferivano, per dar prova dell’esistenza di un’effettiva necessità di tutela ad essi afferente. Essa si è limitata ad affermare genericamente che il diniego d’accesso alle memorie relative alle cause in corso di cui essa era parte era coperto dall’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, in quanto la divulgazione delle memorie di cui trattasi avrebbe arrecato pregiudizio alla sua posizione di parte, esponendola al rischio di pressioni esterne. Una siffatta giustificazione può applicarsi, del pari, a tutte le memorie della Commissione relative a cause pendenti in cui essa sia parte.

67      Deve rilevarsi a tal proposito che la genericità della motivazione sulla quale si basa un diniego d’accesso nonché la sua concisione o il suo carattere stereotipato possono costituire un indizio di mancanza di esame effettivo solamente nel caso in cui sia obiettivamente possibile indicare le giustificazioni del diniego di consultazione di ciascun documento senza divulgare il contenuto del detto documento o un elemento essenziale di quest’ultimo e, pertanto, compromettere lo scopo essenziale dell’eccezione (v., in tal senso, sentenza 26 aprile 2005, Sison/Consiglio, punto 54 supra, punto 84; v., per analogia, con riferimento al codice di condotta del 1993, sentenza del Tribunale 5 marzo 1997, causa T‑105/95, WWF UK/Commissione, Racc. pag. II‑313, punto 65). Come la Corte ha avuto modo di precisare, la necessità per le istituzioni di astenersi dal menzionare elementi che arrecherebbero indirettamente pregiudizio agli interessi che le eccezioni mirano specificamente a proteggere è sottolineata in particolare dall’art. 9, n. 4, e dall’art. 11, n. 2, del regolamento n. 1049/2001 (sentenza 1° febbraio 2007, Sison/Consiglio, punto 51 supra, punto 83).

68      Nella fattispecie, tuttavia, l’assenza di un esame concreto emerge dalle ragioni addotte dalla Commissione per giustificare il diniego d’accesso, che risultano totalmente estranee al contenuto delle memorie richieste. L’asserita esigenza di seguire la linea di condotta del giudice comunitario quanto all’accesso dei terzi agli atti processuali, nonché la necessità di garantire la serenità della trattazione e di evitare qualsivoglia pressione sui propri agenti, che non è in alcun modo connessa, nella decisione impugnata, alla natura delle informazioni in questione e/o all’eventuale carattere sensibile dell’oggetto della controversia, dimostrano infatti che, a parere della Commissione, non era necessaria alcuna valutazione concreta del contenuto di ciascuna memoria richiesta ai fini della decisione in merito alla domanda d’accesso della ricorrente.

69      Questa conclusione non è smentita dall’affermazione della Commissione, contenuta nella decisione impugnata, secondo cui il fatto di aver dato accesso alle osservazioni presentate nell’ambito della causa pregiudiziale C‑224/01, Köbler, ancora pendente dinanzi alla Corte, dimostra che la domanda dell’API è stata esaminata documento per documento. Tale circostanza dimostra infatti, semplicemente, che la Commissione ha operato una distinzione basata sulla natura del ricorso e sulla fase raggiunta da ciascuno dei procedimenti in questione. E’ in base a una distinzione siffatta che essa ha accordato l’accesso alle osservazioni da essa presentate nell’ambito del procedimento pregiudiziale definito con sentenza della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (Racc. pag. I‑7747), nonché a quelle presentate nell’ambito del procedimento Köbler (causa C‑224/01), ancora pendente dinanzi alla Corte, ma per il quale la fase orale era già conclusa, e lo ha negato con riferimento alle memorie presentate nell’ambito dei ricorsi diretti tuttora pendenti dinanzi al giudice comunitario.

70      Peraltro, in risposta ad un quesito formulato dal Tribunale all’udienza, la Commissione ha precisato che, in sede di adozione di una decisione su una domanda d’accesso alle memorie depositate nell’ambito di cause pendenti, la data dell’udienza rappresenta un elemento determinante, nel senso che essa ritiene che tali documenti necessitino di un trattamento riservato, a titolo di tutela minima, quanto meno fino alla data in cui si svolge la trattazione dinanzi al giudice. Solamente dopo la data dell’udienza sussiste, a suo dire, una presunzione d’accesso e solamente allora essa effettua, con riferimento alle cause pregiudiziali, un esame caso per caso prendendo in considerazione le informazioni contenute nei documenti richiesti e il carattere sensibile della controversia. Per quanto riguarda i ricorsi diretti, invece, essa ritiene che il diniego d’accesso si imponga fino alla sentenza definitiva e, nel caso di cause connesse pendenti, fino alla definizione della causa connessa in questione.

71      Emerge da quanto sopra non solo che la Commissione non ha effettuato alcun esame concreto di ciascun documento richiesto, ma altresì che essa ha ritenuto che tutte le memorie depositate in cause in cui era parte e che risultavano pendenti fossero automaticamente e complessivamente coperte dall’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, senza che vi fosse necessità di un siffatto esame.

72      Si deve in secondo luogo verificare se, in forza delle peculiari circostanze della fattispecie, la Commissione potesse esimersi dall’effettuare un esame concreto del contenuto delle memorie relative alle cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, T‑210/01, General Electric/Commissione, e C‑203/03, Commissione/Austria. Si deve a tal fine verificare, anzitutto, se i documenti in questione rientrino tutti in un’unica categoria, cosìcché la stessa giustificazione possa essere loro applicata. Successivamente, in caso di risposta affermativa, è necessario verificare se l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, come applicata nella fattispecie dalla Commissione, copra manifestamente e integralmente i documenti rientranti in tale categoria, nel senso che l’esigenza di tutela invocata era effettiva (v., in tal senso, sentenza VKI, punto 54 supra, punti 83 e 84).

73      In linea di principio, è la natura delle informazioni contenute nei documenti controversi che può far sì che la loro divulgazione possa arrecare pregiudizio ad un interesse tutelato, nella fattispecie alla tutela delle procedure giurisdizionali. Una valutazione per categoria presuppone quindi, affinché si possano individuare le probabili conseguenze dell’atto di divulgazione sulle procedure giurisdizionali, che i documenti rientranti nella categoria individuata contengano lo stesso tipo di informazioni. Infatti, il mancato svolgimento di un esame concreto può essere giustificato solamente qualora risulti manifesto che l’eccezione invocata si applica realmente a tutte le informazioni contenute nei documenti richiesti (sentenza VKI, punto 54 supra, punto 75).

74      Tuttavia, tenuto conto della peculiare natura degli interessi che l’eccezione in esame mira a tutelare, come risulta dalle osservazioni formulate al precedente punto 63, nonché del fatto che i documenti cui è stato chiesto l’accesso sono le memorie di una delle parti del procedimento, non può escludersi che la mancata divulgazione possa giustificarsi, per un determinato periodo, per motivi indipendenti dal contenuto di ciascun documento richiesto, purché questi stessi motivi giustifichino la necessità di tutelare i documenti in questione nel loro complesso.

75      Nella fattispecie occorre rilevare, per un verso, che le memorie alle quali è stato chiesto l’accesso sono state redatte dalla Commissione in qualità di parte in tre ricorsi diretti ancora pendenti alla data di adozione della decisione impugnata. Di conseguenza, ciascuna delle memorie relative alle tre cause in questione può essere considerata come rientrante in un’unica categoria, così che una sola e identica giustificazione poteva motivare il diniego d’accesso.

76      Per altro verso, la Commissione ha motivato il diniego d’accesso alle memorie depositate nell’ambito delle cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, T‑210/01, General Electric/Commissione, e C‑203/03, Commissione/Austria, essenzialmente basandosi sulla necessità di salvaguardare la propria posizione di parte, a prescindere dal fatto che agisse in qualità di convenuta o di ricorrente, affermando che la divulgazione delle stesse sarebbe tale da creare uno squilibrio tra essa stessa e le altre parti del procedimento, nuocerebbe alla serenità della trattazione dinanzi al giudice e contrasterebbe con la linea di condotta adottata in tal senso dal giudice comunitario. Occorre quindi verificare se in forza di tali motivi sia possibile ritenere che le memorie citate fossero manifestamente e integralmente coperte dall’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali.

77      Si deve verificare a tal fine la rilevanza del fatto che la decisione impugnata è stata adottata in una data in cui le memorie in questione non erano ancora state discusse dinanzi al giudice, considerato che, secondo la Commissione, la data dell’udienza rappresenta un elemento determinante quanto alla decisione da adottarsi con riferimento all’accesso alle memorie richieste, in quanto il diniego d’accesso sarebbe indispensabile, prima di tale data, per evitare che i propri agenti siano soggetti a pressioni esterne, segnatamente da parte del pubblico.

78      Su questo punto, bisogna ammettere che la divulgazione delle memorie della Commissione prima dello svolgimento dell’udienza potrebbe porre quest’ultima in una situazione tale da dover far fronte alle critiche e alle obiezioni che potrebbero essere formulate avverso gli argomenti contenuti nelle memorie stesse da parte degli ambienti specialistici nonché da parte della stampa e dell’opinione pubblica in generale. Al di là delle eventuali pressioni sui suoi agenti, tali critiche ed obiezioni potrebbero produrre, in particolare, l’effetto di imporre un onere supplementare a tale istituzione, dal momento che essa potrebbe sentirsi obbligata a tenerne conto nel difendere la propria posizione dinanzi al giudice, quando invece le parti del procedimento non soggette all’obbligo di divulgare le proprie memorie possono difendere i loro interessi indipendentemente da qualsivoglia influenza esterna.

79      A tal proposito, il Tribunale ricorda che il principio di parità delle armi, che rappresenta uno degli elementi della più ampia nozione di processo equo, implica l’obbligo di fornire a ciascuna parte una ragionevole possibilità di presentare la propria causa in condizioni che non la pongano in una situazione di netto svantaggio rispetto al proprio avversario (v. Corte eur. D. U., sentenze 27 ottobre 1993, Dombo Beheer BV c. Paesi Bassi, serie A n. 274, § 33; 15 luglio 2003, Ernst e a. c. Belgio, § 60, e 18 aprile 2006, Vezon c. Francia, § 31). Tuttavia, se il fatto di divulgare le proprie memorie non è di per sé idoneo a porre l’istituzione interessata in una situazione di netto svantaggio nella presentazione della propria causa dinanzi al giudice, è altresì vero che la garanzia di uno scambio di informazioni e di opinioni libero da qualsiasi influenza esterna può richiedere, nell’interesse del buon andamento della giustizia, di sottrarre all’accesso del pubblico le memorie delle istituzioni fintanto che gli argomenti ivi contenuti non siano stati dibattuti dinanzi al giudice.

80      Peraltro, come stabilito dal Tribunale nella sentenza Svenska Journalistförbundet/Consiglio, citata al precedente punto 15 (punti 136‑138), le parti hanno il diritto di difendere i loro interessi senza nessun condizionamento esterno, segnatamente da parte del pubblico. Una tale considerazione, pur essendo stata svolta dal Tribunale con riferimento all’illecito utilizzo che una parte aveva fatto del controricorso dell’altra parte del procedimento, deve essere nondimeno intesa nel senso che, fino alla data di svolgimento dell’udienza, il procedimento dev’essere tutelato da qualsivoglia influenza esterna.

81      Infatti, al pari delle altre parti processuali, la Commissione deve poter presentare e discutere la propria posizione al riparo da qualsiasi influenza esterna, e ciò in quanto la posizione che essa difende mira, in linea di principio, a garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Data la natura degli interessi che l’eccezione di cui trattasi mira a tutelare, ricordati al precedente punto 63, la realizzazione di un tale obiettivo esige che le sue memorie non siano divulgate prima che essa abbia avuto la possibilità di discuterle innanzi al giudice all’udienza pubblica e che essa abbia perciò il diritto di sottrarle all’accesso del pubblico, in considerazione delle eventuali pressioni sui suoi agenti generate da un dibattito pubblico avviato dalla loro divulgazione, senza che sia necessario, a tal fine, che essa effettui una valutazione concreta del loro contenuto.

82      Si deve così concludere che, qualora il procedimento cui si riferiscono le memorie oggetto della domanda di accesso non abbia ancora raggiunto la fase dell’udienza, il rifiuto di divulgare le memorie stesse deve essere inteso come riguardante l’insieme delle informazioni ivi contenute. Al contrario, dopo lo svolgimento dell’udienza, la Commissione è soggetta all’obbligo di effettuare una valutazione concreta di ciascun documento richiesto per verificare, alla luce del suo specifico contenuto, se esso possa essere divulgato ovvero se la sua divulgazione possa arrecare pregiudizio al procedimento giurisdizionale cui si riferisce.

83      Queste conclusioni non sono contraddette dagli argomenti formulati a tal proposito dalle parti.

84      Innanzi tutto, la conclusione secondo cui è necessario escludere in maniera generalizzata ed automatica le memorie dal diritto d’accesso sino alla data dell’udienza non è contraddetta dal fatto, invocato dalla ricorrente nei suoi scritti, che la divulgazione degli atti processuali è ammessa in numerosi Stati membri e che essa è altresì prevista dall’art. 40, n. 2, della CEDU, il quale dispone che «i documenti depositati presso l’ufficio di cancelleria sono accessibili al pubblico a meno che il presidente della Corte non decida diversamente». La portata di tale disposizione è precisata dall’art. 33 del regolamento di procedura della Corte europea dei diritti dell’uomo, il quale prevede, al suo n. 2, la possibilità di negare l’accesso a un documento in ragione di taluni interessi pubblici o privati chiaramente identificati, ovvero «nella misura giudicata strettamente necessaria dal presidente della sezione quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia».

85      A tal proposito, è sufficiente rilevare che, a differenza delle disposizioni citate, le norme di procedura dei giudici comunitari non prevedono un diritto d’accesso dei terzi agli atti processuali depositati in cancelleria dalle parti.

86      In secondo luogo, la conclusione secondo cui è necessario effettuare una valutazione concreta del contenuto delle memorie richieste se queste fanno riferimento ad una causa per la quale si è già tenuta l’udienza non può essere smentita dal fatto che la Commissione, come essa sostiene, sarebbe obbligata a seguire la linea di condotta del giudice dinanzi al quale la causa è pendente, così che essa sarebbe tenuta, nelle cause pendenti di cui è parte, a negare l’accesso alle memorie richieste sino alla sentenza definitiva.

87      E’ certamente vero che le memorie delle parti hanno in linea di principio carattere riservato per quanto riguarda la loro gestione da parte del giudice comunitario. Infatti, l’art. 20, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia (in prosieguo: lo «Statuto»), applicabile anche al Tribunale ai sensi dell’art. 53 dello Statuto stesso, impone unicamente la loro comunicazione alle parti, nonché alle istituzioni della Comunità le cui decisioni sono in causa. Inoltre, l’art. 16, n. 5, secondo comma, del regolamento di procedura della Corte nonché l’art. 24, n. 5, secondo comma, del regolamento di procedura del Tribunale prevedono la possibilità per le sole parti in causa di ottenere copie degli atti processuali, mentre l’art. 5, n. 3, terzo comma, delle istruzioni al cancelliere del Tribunale subordina l’accesso dei terzi agli atti processuali all’esistenza di un legittimo interesse che deve essere debitamente comprovato.

88      Tali disposizioni, tuttavia, non impediscono alle parti di divulgare le proprie memorie, in quanto la Corte ha affermato che nessuna norma o disposizione autorizza o impedisce alle parti di rendere note le proprie memorie a terzi e che, salvo in casi eccezionali in cui la divulgazione di un documento potrebbe compromettere la buona amministrazione della giustizia, il che non ricorreva nella causa in questione, il principio è che le parti sono libere di divulgare le proprie memorie (ordinanza Germania/Parlamento e Consiglio, punto 42 supra, punto 10). Una tale affermazione della Corte, oltre ad escludere l’esistenza di un principio assoluto di riservatezza, implica altresì che la divulgazione di memorie relative a cause pendenti non arreca necessariamente pregiudizio al principio di buona amministrazione della giustizia.

89      Tali disposizioni non impongono nemmeno alle istituzioni di seguire, con riferimento all’applicazione delle norme in materia d’accesso ai documenti, la linea di condotta del giudice dinanzi al quale è pendente la causa cui fanno riferimento le memorie delle quali è richiesta la divulgazione, in quanto la Corte ha già stabilito, in applicazione del codice di condotta 1993, che dal diritto di ogni persona ad un’equa udienza davanti a un tribunale indipendente non può dedursi che il potere di consentire l’accesso ai documenti del procedimento giudiziario di cui trattasi spetti necessariamente al solo giudice adito per una controversia, in quanto i rischi di pregiudizio per l’indipendenza del giudice sono sufficientemente presi in considerazione dal codice citato e dalla tutela giurisdizionale a livello comunitario nei confronti degli atti della Commissione che consentono l’accesso ai documenti che questa detiene (sentenza Paesi Bassi e van der Wal/Commissione, punto 36 supra, punti 17 e 19). In mancanza di disposizioni specifiche in tal senso, non può quindi affermarsi che l’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001 possa essere circoscritto dal momento che le disposizioni dei regolamenti di procedura citate al precedente punto 87 non disciplinano l’accesso dei terzi e sarebbero applicabili in quanto lex specialis (con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, v., in tal senso, sentenza Interporc II, punto 15 supra, punti 37, 44 e 46).

90      Si deve infine rammentare che le uniche disposizioni procedurali che impongono alle parti un divieto di divulgazione sono quelle contenute nell’art. 56, n. 2, del regolamento di procedura della Corte e nell’art. 57 del regolamento di procedura del Tribunale, le quali prevedono che la decisione di procedere a porte chiuse comporta il divieto di pubblicare le discussioni. Infatti, ai sensi dell’art. 31 dello Statuto, l’udienza è pubblica, salvo decisione contraria presa dalla Corte, d’ufficio o su richiesta delle parti, per motivi gravi. Una tale disposizione sulla pubblicità delle discussioni rappresenta l’applicazione di un principio fondamentale sancito dall’art. 6, n. 1, della CEDU. Orbene, secondo una costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (v. Corte. eur. D. U., sentenza 22 febbraio 1984, Sutter c. Suisse, serie A n. 74, § 26; 26 settembre 1995, Diennet c. Francia, serie A n. 325-A, § 33, e 5 luglio 2005, Exel c. Repubblica ceca, § 45):

«Tale pubblicità tutela i singoli da una giustizia segreta che sfugge al controllo del pubblico; essa rappresenta altresì uno degli strumenti per contribuire al mantenimento della fiducia nelle corti e nei tribunali. Mediante la trasparenza da essa fornita all’amministrazione della giustizia, essa contribuisce a perseguire l’obiettivo dell’art. 6, n. 1: il processo equo, la cui garanzia fa parte dei principi di ogni società democratica ai sensi della Convenzione».

91      Prevedendo che solo eccezionalmente il giudice stabilisce di tenere un’udienza a porte chiuse, l’art. 31 dello Statuto conferma che, per un verso, una divulgazione delle memorie che sono già state discusse pubblicamente nel corso dell’udienza e che sono altresì oggetto di una sintesi accessibile al pubblico in questa stessa occasione non comporta, in linea di principio, il rischio di arrecare pregiudizio al buon andamento del procedimento in questione. Per altro verso, un’eventuale esigenza di riservatezza, sia essa assoluta o parziale, può essere oggetto di una decisione del giudice solamente prima dello svolgimento dell’udienza, cosicché il fatto che l’istituzione interessata conceda l’accesso soltanto a partire dalla data dell’udienza è tale da salvaguardare l’effetto utile di un’eventuale decisione del giudice, d’ufficio o su richiesta di una parte, di tenere l’udienza a porte chiuse.

92      Emerge da quanto precede che la Commissione non è incorsa in un errore di diritto omettendo di svolgere un esame concreto delle memorie relative alle cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, T‑210/01, General Electric/Commissione, e C‑203/03, Commissione/Austria, e che essa non ha commesso alcun errore di valutazione ritenendo sussistente un interesse pubblico alla tutela delle memorie citate.

93      Ai sensi dell’art. 4, n. 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso alle memorie richieste dalla ricorrente doveva ciò nonostante essere concesso, anche se la loro divulgazione era effettivamente idonea ad arrecare pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali in questione, se un interesse pubblico prevalente giustificava la loro divulgazione.

94      Occorre precisare che il regolamento n. 1049/2001 non definisce la nozione di interesse pubblico prevalente. Si deve altresì precisare che, con riferimento agli interessi tutelati dall’eccezione di cui trattasi e diversamente dagli interessi tutelati dalle eccezioni previste dall’art. 4, n. 1, del regolamento citato, per i quali è il legislatore stesso ad aver ponderato gli interessi, spetta all’istituzione interessata effettuare la ponderazione dell’interesse pubblico connesso alla divulgazione rispetto all’interesse che risulterebbe soddisfatto da un diniego alla divulgazione, alla luce, eventualmente, degli argomenti sollevati dal richiedente in tal senso.

95      Nella fattispecie, la ricorrente si è limitata ad affermare che il diritto del pubblico di essere informato su rilevanti questioni di diritto comunitario, quali quelle in materia di concorrenza, nonché su questioni che rivestono un determinato interesse politico, quali quelle introdotte dai ricorsi per inadempimento, sarebbe prevalente sulla tutela delle procedure giurisdizionali. Da parte sua, la Commissione ha sostenuto che l’art. 4, n. 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001 rappresenta un’eccezione ad un’eccezione e che, di conseguenza, se essa fosse applicata sistematicamente, quale espressione del principio di trasparenza, l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali sarebbe privata di qualsivoglia effetto utile. In assenza di argomenti specifici della ricorrente che dimostrino l’esistenza di un’esigenza imperativa di informazione del pubblico sulle questioni citate, la Commissione ha ritenuto, nella decisione impugnata, che l’interesse pubblico fosse maggiormente salvaguardato mediante la tutela del buon andamento dei procedimenti giudiziari.

96      È necessario osservare che indubbiamente la libertà della stampa gioca un ruolo essenziale in una società democratica. Infatti, è compito della stampa comunicare informazioni riguardanti tutte le questioni aventi interesse generale, ivi compresa la redazione di resoconti e di commenti relativi ai procedimenti giudiziari, il che contribuisce a diffondere la conoscenza degli stessi, nel pieno rispetto del requisito di pubblicità dell’udienza, come ricordato al precedente punto 90. Non vi è alcun dubbio inoltre sul fatto che il diritto del pubblico di ricevere tali informazioni rappresenta l’espressione del principio di trasparenza, che è attuato dall’insieme delle disposizioni del regolamento n. 1049/2001, come emerge dal secondo ‘considerando’ del regolamento stesso, secondo cui la trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei loro confronti, e contribuisce a rafforzare il principio di democrazia.

97      L’interesse pubblico prevalente di cui all’art. 4, n. 2, in fine, del regolamento n. 1049/2001, che può giustificare la divulgazione di un documento arrecante pregiudizio alla tutela delle procedure giurisdizionali deve, in linea di principio, essere distinto dai principi summenzionati soggiacenti al detto regolamento. Tuttavia, il fatto che colui che richiede l’accesso non invochi, come nel caso di specie, alcun interesse pubblico distinto da tali principi non implica automaticamente che non sia necessaria alcuna ponderazione degli interessi in gioco. Infatti, il richiamo a questi stessi principi può presentare, alla luce delle peculiari circostanze della fattispecie, una rilevanza tale da prevalere sull’esigenza di tutela dei documenti controversi.

98      Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie. Si deve infatti osservare, per un verso, che la possibilità per il pubblico di ricevere informazioni relative alle cause pendenti è garantita dal fatto che ciascun ricorso, sin dalla sua presentazione, è oggetto, ai sensi dell’art. 16, n. 6, del regolamento di procedura della Corte e dell’art. 24, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale, di una comunicazione sulla Gazzetta ufficiale, diffusa altresì via Internet sul sito Eur‑Lex e sul sito della Corte, la quale precisa, segnatamente, l’oggetto della controversia e le conclusioni del ricorso, nonché i motivi e i principali argomenti sollevati. Inoltre, la relazione d’udienza, che contiene una sintesi degli argomenti delle parti, è resa pubblica il giorno dell’udienza, nel corso della quale, peraltro, gli argomenti delle parti sono discussi pubblicamente.

99      Per altro verso, occorre ricordare che l’applicazione dell’eccezione di cui trattasi, relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, ha segnatamente lo scopo di evitare qualsiasi influenza esterna sul buon andamento di queste ultime. Orbene, come emerge dalle osservazioni che precedono, l’interesse collegato alla tutela di un tale obiettivo si impone a prescindere dal contenuto delle memorie richieste dalla ricorrente, trattandosi di un interesse la cui salvaguardia è necessaria al buon andamento della giustizia.

100    Si deve quindi concludere che giustamente la Commissione ha ritenuto che l’interesse alla tutela delle procedure giurisdizionali in questione prevalesse sull’eventuale interesse generale alla divulgazione, invocato dalla ricorrente. Occorre peraltro sottolineare che una siffatta limitazione non è assoluta, in quanto essa si applica integralmente alle memorie alle quali è stato negato l’accesso solo fino alla data di svolgimento dell’udienza.

101    Ne discende che la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione ritenendo che l’interesse addotto dalla ricorrente non fosse tale da giustificare la divulgazione delle memorie di cui trattasi.

102    Da quanto precede, risulta che la domanda di annullamento della decisione impugnata relativamente al diniego d’accesso alle memorie riguardanti le cause T‑209/01, Honeywell/Commissione, T‑210/01, General Electric/Commissione, e C‑203/03, Commissione/Austria, deve essere respinta.

–       Sul diniego d’accesso riguardante le memorie relative alla causa T‑342/99

103    Per quanto riguarda il diniego d’accesso alle memorie presentate nell’ambito della causa T‑342/99, Airtours/Commissione, conclusasi con la sentenza del Tribunale 6 giugno 2002, vale a dire circa un anno e mezzo prima dell’adozione della decisione impugnata, la Commissione ha affermato nella decisione stessa che l’esigenza di tutela delle procedure giurisdizionali era data dal fatto che la citata sentenza era stata seguita da un ricorso per risarcimento danni nei suoi confronti (causa T‑212/03, MyTravel/Commissione). Essa ha infatti osservato che quest’ultima causa, ancora pendente dinanzi al Tribunale, presentava strette correlazioni col procedimento definito dalla citata sentenza, in quanto gli argomenti da essa dedotti per difendere la legittimità della decisione, annullata dalla citata sentenza del Tribunale, sarebbero stati altresì dibattuti nell’ambito del procedimento pendente.

104    Si deve inoltre rilevare che la Commissione ha presentato il proprio controricorso nell’ambito della causa T‑212/03, MyTravel/Commissione, il 28 febbraio 2004, mentre la decisione impugnata è stata adottata il 20 novembre 2003. Come precisato dalla Commissione stessa all’udienza, in sede di adozione della decisione impugnata essa non aveva ancora deciso quali argomenti, tra quelli contenuti nelle memorie presentate nell’ambito della causa già conclusa, sarebbero stati riproposti nella causa pendente. Il totale diniego d’accesso alle memorie citate si basa quindi sulla volontà della Commissione di conservare la possibilità di scegliere gli argomenti da utilizzare per difendere la propria posizione nella causa pendente.

105    Orbene, una siffatta giustificazione non è, all’evidenza, idonea a dimostrare che il diniego d’accesso alle memorie controverse fosse coperto dall’eccezione di cui trattasi, nel senso che esse necessitassero di una tutela nella loro integralità in quanto la loro divulgazione avrebbe arrecato pregiudizio al procedimento pendente collegato a quello cui esse si riferiscono.

106    In primo luogo, occorre sottolineare che le memorie alle quali la ricorrente ha chiesto l’accesso riguardano una causa conclusasi con una sentenza del Tribunale. Ne discende che il loro contenuto è stato non solo reso pubblico in forma sintetica mediante la relazione d’udienza redatta dal Tribunale e discusso nel corso dell’udienza pubblica, ma è stato altresì richiamato nella sentenza del Tribunale. Poiché si tratta quindi di argomenti già di dominio pubblico, quanto meno in forma sintetica, la necessità invocata dalla Commissione di negare l’accesso a tutte le memorie richieste per la sola ragione che gli argomenti ivi contenuti saranno dibattuti nell’ambito di una causa distinta ancora pendente è tale da privare del suo contenuto il generale principio del più ampio accesso ai documenti detenuti dalle istituzioni. Un approccio di tal genere ha infatti come conseguenza di effettuare una manifesta inversione tra la regola stabilita dal regolamento n. 1049/2001, vale a dire il diritto d’accesso, e le eccezioni a tale diritto, che, in conformità alla giurisprudenza citata al precedente punto 53, devono essere interpretate ed applicate restrittivamente.

107    Si deve in secondo luogo osservare che non ha carattere eccezionale il fatto che l’istituzione interessata si avvalga di una stessa argomentazione in cause che possono riguardare le stesse parti, ma avere un diverso oggetto, ovvero che riguardano parti diverse, ma che hanno lo stesso oggetto. Il semplice fatto che argomenti già sollevati dinanzi al giudice in una causa già conclusa possano essere altresì dibattuti nell’ambito di una causa simile ovvero nell’ambito di un ricorso per risarcimento presentato dalla stessa parte che ha visto accogliere il proprio ricorso d’annullamento non fa in alcun modo emergere un rischio di pregiudizio allo svolgimento del procedimento ancora pendente.

108    I motivi sollevati dalla Commissione per giustificare il diniego d’accesso alle memorie relative alla causa T‑342/99, Airtours/Commissione, se accolti, potrebbero valere anche in tutti i casi in cui l’argomentazione contenuta in memorie relative ad una causa conclusa può essere fatta valere altresì nell’ambito di una causa pendente.

109    Peraltro, nella fattispecie, come rilevato al precedente punto 104, il diniego d’accesso è stato deciso dalla Commissione in quanto essa ha ritenuto di dover essere libera di scegliere, tra gli argomenti contenuti nelle memorie in questione, quelli che essa avrebbe proposto altresì nella causa pendente. Un’argomentazione siffatta, che implica anche l’impossibilità di considerare un accesso parziale, in violazione dell’art. 4, n. 6, del regolamento n. 1049/2001, conferma che la Commissione non ha dimostrato che la divulgazione del contenuto delle memorie richieste dalla ricorrente arrecherebbe pregiudizio al buon andamento del procedimento T‑212/03, MyTravel/Commissione, ancora pendente dinanzi al Tribunale.

110    L’asserita necessità di tutelare argomenti che saranno eventualmente proposti nell’ambito di un procedimento ancora pendente non può quindi rappresentare un motivo per rifiutare l’accesso a memorie relative ad una causa già definita da una sentenza del Tribunale, in mancanza di una qualsivoglia motivazione specifica intesa a dimostrare che la loro divulgazione arrecherebbe pregiudizio al procedimento giurisdizionale pendente. I timori espressi dalla Commissione rimangono, allo stato, semplici affermazioni e risultano, di conseguenza, eccessivamente ipotetici (v., in tal senso, sentenza VKI, punto 54 supra, punto 84).

111    Risulta da quanto precede che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione negando l’accesso alle memorie relative alla causa T‑342/99, Airtours/Commissione. La domanda d’annullamento della decisione impugnata relativamente a tale diniego deve essere pertanto accolta.

 Sul diniego d’accesso ai documenti basato sull’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine di cui all’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

 Argomenti delle parti

112    La ricorrente afferma che la Commissione non può rifiutarsi di divulgare le proprie memorie richiamandosi all’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine, per il fatto che esse sono state presentate nell’ambito di procedimenti per inadempimento ancora pendenti dinanzi alla Corte o che, benché conclusi da una sentenza di quest’ultima, sono ancora pendenti dinanzi alla Commissione. Essa sottolinea che i ricorsi per inadempimento rivestono una sicura importanza sul piano politico, così che l’interesse pubblico collegato all’accesso ai documenti in tale materia è considerevole e aumenta proporzionalmente all’evoluzione dell’indagine.

113    Poiché l’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine implica una forte componente fattuale e riguarda principalmente la soppressione o l’alterazione delle prove, il rischio di arrecare pregiudizio all’interesse pubblico collegato alla tutela delle indagini si attenuerebbe man mano che si ottengono le prove. La ricorrente ritiene che giacché l’interesse pubblico collegato alla divulgazione è in costante aumento e l’interesse pubblico cui si collega la tutela delle indagini è in costante diminuzione, i documenti delle istituzioni relativi ai ricorsi per inadempimento dovrebbero essere divulgati quantomeno parzialmente ovvero in una versione non confidenziale. La Commissione sarebbe pertanto tenuta, in caso di diniego d’accesso, a fornire la prova di un grave pregiudizio per l’interesse pubblico in questione.

114    Secondo la ricorrente, il momento a partire dal quale l’interesse pubblico collegato alla divulgazione prevale sulla tutela delle indagini è quello dell’introduzione del ricorso dinanzi alla Corte, posto che, in questa fase della causa, gli sforzi effettuati per giungere ad una soluzione amichevole della controversia sono falliti. Tale posizione sarebbe conforme alla sentenza Petrie e a./Commissione, citata al precedente punto 17, nella quale il Tribunale avrebbe ritenuto che i documenti redatti dalla Commissione prima dell’introduzione del ricorso per inadempimento, vale a dire le lettere di diffida e i pareri motivati formulati nell’ambito della fase precontenziosa del procedimento, fossero esclusi dall’accesso al pubblico. Si dovrebbe inoltre osservare che tale sentenza riguarda il codice di condotta del 1993 e che l’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretato in modo maggiormente restrittivo quanto alle eccezioni al diritto d’accesso.

115    La Commissione rileva che il procedimento per inadempimento ha l’obiettivo di rendere il diritto nazionale conforme al diritto comunitario e non quello di «perseguire» gli Stati membri. Fino alla pronuncia della Corte, quindi, sarebbe possibile raggiungere una definizione amichevole, il che richiederebbe un dialogo caratterizzato dalla riservatezza, come sarebbe stato riconosciuto dal Tribunale nella sentenza Petrie e a./Commissione, citata al precedente punto 17 (punto 68). A tal proposito, l’argomento della ricorrente secondo cui tale sentenza riguarda esclusivamente la fase precontenziosa del procedimento, in quanto i documenti richiesti in tale causa erano lettere di diffida e pareri motivati, sarebbe privo di qualsivoglia fondamento, posto che il Tribunale avrebbe evidenziato che l’esigenza di riservatezza riguarda la procedura per inadempimento nella sua interezza fino alla fase della sentenza (sentenza Petrie e a./Commissione, punto 17 supra, punto 68).

116    La Commissione aggiunge, riferendosi all’allegato II della XXa Relazione annuale sul controllo dell’applicazione del diritto comunitario, che le statistiche relative all’anno 2002 dimostrano l’efficacia del dialogo che essa intrattiene con gli Stati membri con riferimento alle infrazioni, statistiche dalle quali risulta che, su 361 ricorsi presentati dinanzi alla Corte, 69 sono stati ritirati prima della pronuncia della sentenza e 22 sono stati chiusi prima che la Corte fosse nuovamente adita ai sensi dell’art. 228 CE. Trattandosi quindi di un dialogo che può prolungarsi, se del caso, fino alla pronuncia su un ulteriore ricorso ai sensi dell’art. 228 CE, la divulgazione dei soui argomenti potrebbe arrecare pregiudizio al procedimento di infrazione, compromettendo il clima di fiducia mantenuto con gli Stati membri.

117    Sarebbe proprio al fine di non compromettere l’obiettivo di ricercare una definizione amichevole della controversia che la oppone alle autorità austriache che sarebbe stata respinta la domanda volta ad ottenere i suoi atti processuali nella causa C‑203/03, Commissione/Austria, tuttora pendente. L’accesso agli atti processuali nelle cause cielo aperto sarebbe stato negato per analoghe ragioni, posto che gli Stati membri interessati non si sarebbero ancora conformati alle sentenze della Corte che accertano l’inadempimento, e che sarebbero ancora pendenti procedimenti connessi nei confronti di altri Stati membri.

118    Infine, secondo la Commissione, non vi è alcun interesse pubblico prevalente che richieda la divulgazione degli atti processuali in tutti i procedimenti di infrazione, salvo non si voglia privare di qualsiasi effetto utile l’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine. La Commissione ricorda di aver affermato, nella dichiarazione effettuata all’epoca dell’adozione del regolamento n. 1049/2001, di accettare «che le procedure d’infrazione non figurino espressamente tra le esclusioni previste dall’articolo 4, paragrafo 2 del regolamento, in quanto considera[va] che il testo attuale non modific[ava] in alcun modo l’attuale prassi di tutela della riservatezza garantita per l’esercizio delle sue responsabilità di controllo del rispetto del diritto comunitario» (verbale del Consiglio 6 giugno 2001, doc. 9204/01 ADD 1, pag. 3). Inoltre, l’interesse pubblico da tutelare sarebbe da individuarsi nella possibilità che le è data di convincere lo Stato membro a conformarsi al diritto comunitario, il che richiederebbe il mantenimento di un clima di fiducia reciproca e il diniego di qualsiasi accesso ai documenti prima della conclusione della causa.

 Giudizio del Tribunale

119    Si deve ricordare che l’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine era già prevista dal codice di condotta del 1993. Come è stato osservato al precedente punto 62 con riferimento alla tutela delle procedure giurisdizionali, le differenze tra il codice citato e il regolamento n. 1049/2001 consistono, per un verso, nel fatto che il primo prevedeva la possibilità di negare l’accesso del pubblico a tutti i documenti la cui divulgazione «possa pregiudicare» le attività di indagine, mentre il secondo avrebbe ad oggetto il caso in cui la divulgazione «arrechi pregiudizio» a tali attività, e, per altro verso, nel fatto che il primo non prevedeva la possibilità della prevalenza di un interesse pubblico sull’interesse connesso alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine. Peraltro, come il codice di condotta del 1993, il regolamento n. 1049/2001 non fornisce alcuna definizione delle attività di indagine.

120    La giurisprudenza relativa all’eccezione in esame, sviluppata all’epoca in cui vigeva il codice di condotta del 1993, ha stabilito che l’eccezione stessa poteva essere validamente invocata dalla Commissione per negare l’accesso a documenti relativi a indagini riguardanti un eventuale inadempimento di un obbligo di diritto comunitario, che potesse portare all’avvio della procedura ex art. 226 CE (sentenze WWF UK/Commissione, punto 67 supra, e Bavarian Lager/Commissione, punto 53 supra) ovvero che avesse effettivamente portato all’avvio di una procedura di tal genere (sentenza Petrie e a./Commissione, punto 17 supra). In simili casi, il diniego d’accesso è stato considerato giustificato dal fatto che gli Stati membri hanno il diritto di attendersi dalla Commissione il rispetto della riservatezza con riferimento alle indagini che potrebbero eventualmente sfociare in un procedimento per inadempimento, persino qualora sia trascorso un certo lasso di tempo dopo la chiusura di tali indagini (sentenza WWF UK/Commissione, punto 67 supra, punto 63) e addirittura dopo che è stata adita la Corte (sentenza Petrie e a./Commissione, punto 17 supra, punto 68).

121    Così, risulta dalla giurisprudenza che il divulgare documenti relativi alla fase delle indagini, nel corso dei negoziati tra la Commissione e lo Stato membro interessato, potrebbe pregiudicare il corretto svolgersi del procedimento per inadempimento in quanto lo scopo di quest’ultimo, che è quello di consentire allo Stato membro di conformarsi volontariamente alle prescrizioni del Trattato o, se del caso, di offrirgli la possibilità di giustificare la sua posizione (v. sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-191/95, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑5449, punto 44), potrebbe essere messo a repentaglio (sentenza Bavarian Lager/Commissione, punto 53 supra, punto 54). Tale esigenza di riservatezza, come stabilito del pari dal Tribunale nell’ambito dell’applicazione del codice di condotta del 1993, permane altresì dopo che è stata adita la Corte, poiché non può escludersi che i negoziati tra la Commissione e lo Stato membro interessato, intesi a che quest’ultimo si conformi volontariamente ai requisiti del Trattato, possano continuare nel corso del procedimento giudiziario e fino alla pronuncia della sentenza. La preservazione di questo obiettivo, ossia una definizione amichevole della controversia tra la Commissione e lo Stato membro interessato prima della sentenza della Corte, giustifica quindi il diniego di accesso a documenti redatti nell’ambito del procedimento di cui all’art. 226 CE (sentenza Petrie e a./Commissione, punto 17 supra, punto 68).

122    Quanto alla questione se una giustificazione siffatta si applichi a tutte le memorie presentate dalla Commissione nell’ambito di ricorsi per inadempimento pendenti dinanzi alla Corte, indipendentemente dal contenuto di ciascun documento richiesto, occorre ricordare che, come risulta dalle osservazioni svolte al precedente punto 73, il mancato svolgimento di un esame concreto del contenuto di ciascun documento richiesto è ammissibile qualora i documenti di cui trattasi ricadano manifestamente e nella loro interezza in un’eccezione al diritto di accesso.

123    Ciò si verifica quando le memorie richieste contengono lo stesso tipo di informazioni e quando l’inadempimento cui esse si riferiscono è contestato dallo Stato membro in questione. Infatti, poiché la possibilità di raggiungere una definizione amichevole della controversia che oppone la Commissione allo Stato membro interessato rappresenta un obiettivo essenziale delle attività di indagine della Commissione relative all’inadempimento da parte degli Stati membri degli obblighi loro incombenti in base al diritto comunitario, è giocoforza rilevare che l’esigenza di riservatezza degli atti processuali, necessaria alla realizzazione di un siffatto obiettivo, deve poter essere salvaguardata fino alla pronuncia della Corte sull’eventuale esistenza dell’inadempimento in questione, che conclude il processo relativo alle conseguenze che possono derivare dall’indagine svolta dalla Commissione. Inoltre, poiché tali documenti espongono i risultati dell’indagine svolta per dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato, essi sono necessariamente coperti nella loro interezza dalla citata eccezione.

124    Nella fattispecie, la Commissione ha rifiutato di concedere alla ricorrente l’accesso alle sue memorie riguardanti, per un verso, un ricorso per inadempimento ancora pendente al momento dell’adozione della decisione impugnata (causa C‑203/03, Commissione/Austria), cosicché tale diniego è stato del pari motivato con l’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, e, per altro verso, otto ricorsi per inadempimento simili (cause cielo aperto), sui quali, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Corte aveva già statuito con sentenze 5 novembre 2002, ma gli Stati membri interessati non si erano ancora conformati a tali sentenze.

125    Poiché, come emerge dal precedente punto 102, il diniego d’accesso alle memorie relative alla causa C‑203/03, Commissione/Austria, è giustificato dall’eccezione relativa alla tutela delle procedure giurisdizionali, non occorre verificare se esso poteva altresì essere giustificato dall’eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività di indagine. L’applicazione di tale eccezione deve quindi essere verificata solamente con riferimento al diniego d’accesso alle memorie relative alle cause cielo aperto.

126    È giocoforza rilevare che tutte queste memorie, in quanto necessariamente contenenti i risultati delle indagini svolte dalla Commissione per dimostrare l’esistenza di una violazione del diritto comunitario, sono strettamente connesse all’avvio dei procedimenti per inadempimento nel cui ambito esse sono state depositate, e si riferiscono quindi ad attività di indagine ai sensi dell’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

127    Tuttavia, posto che ogni eccezione al diritto d’accesso, come ricordato al precedente punto 53, deve essere interpretata ed applicata restrittivamente, il fatto che i documenti richiesti riguardino un interesse protetto non può di per sé giustificare l’applicazione dell’eccezione invocata, poiché spetta alla Commissione dimostrare che la loro divulgazione era effettivamente idonea ad arrecare pregiudizio alla tutela degli obiettivi delle sue attività di indagine relative agli inadempimenti in questione.

128    Spetta quindi al Tribunale verificare se la Commissione non sia incorsa in un errore di valutazione ritenendo che il diniego di divulgazione delle memorie da essa presentate nell’ambito dei ricorsi per inadempimento di cui trattasi fosse coperto dall’eccezione prevista dall’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

129    Nella decisione impugnata la Commissione ha sostenuto di non poter autorizzare l’accesso alle memorie citate poiché, sebbene le cause in questione fossero state definite da sentenze della Corte, gli Stati membri interessati non vi si erano ancora conformati, cosicché tali cause erano ancora pendenti dinanzi ad essa. Secondo la Commissione, i negoziati in corso con tali Stati membri, intesi a far sì che si conformassero volontariamente agli obblighi derivanti dal diritto comunitario, sarebbero messi a repentaglio in caso di divulgazione delle memorie richieste dalla ricorrente. Ne discenderebbe che l’obiettivo della tutela delle sue attività di indagine permarrebbe fino a quando tali Stati non si siano conformati alle sentenze della Corte. Inoltre, come sottolineato nel suo controricorso, altri procedimenti, connessi alle cause cielo aperto in quanto aventi lo stesso oggetto, sarebbero stati introdotti avverso altri Stati membri e sarebbero ancora pendenti dinanzi alla Corte.

130    La ricorrente contesta la posizione della Commissione, sostenendo, per un verso, che la sentenza Petrie e a./Commissione, citata al precedente punto 17, non è rilevante nella fattispecie, in quanto riguardava documenti redatti prima dell’introduzione del ricorso dinanzi alla Corte e, per altro verso, che il fatto di adire la Corte implica che gli sforzi effettuati per giungere a una definizione amichevole sono falliti. Essa aggiunge che la citata sentenza riguarda l’applicazione del codice di condotta del 1993 e che il regolamento n. 1049/2001 dev’essere interpretato in maniera maggiormente restrittiva per quanto riguarda le eccezioni al diritto d’accesso.

131    Si deve innanzitutto rilevare che dalla sentenza Petrie e a./Commissione, citata al precedente punto 17, non può dedursi che possano essere sottratti all’accesso del pubblico solo i documenti redatti prima che sia stata adita la Corte. Infatti, documenti quali lettere di diffida e pareri motivati hanno lo scopo di circoscrivere l’oggetto della controversia, il che implica che tali documenti ed il ricorso devono essere basati sui medesimi motivi e mezzi (sentenze della Corte 14 luglio 1988, causa 298/86, Commissione/Belgio, Racc. pag. 4343, punto 10, e 1° febbraio 2005, causa C‑203/03, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑935, punto 28). Come sostenuto dalla Commissione nella decisione impugnata, gli elementi di prova e gli argomenti contenuti nelle memorie sono perciò identici a quelli contenuti negli atti riguardanti la fase precontenziosa, cosicché la distinzione effettuata dalla ricorrente è priva di fondamento.

132    In secondo luogo, se è vero che l’obiettivo di raggiungere una definizione amichevole costituisce la ragione d’essere della fase precontenziosa, è altresì vero che, come dimostrato dalle statistiche fornite dalla Commissione, un tale risultato viene spesso raggiunto solo dopo che la Corte è stata adita. Sarebbe dunque contrario alla finalità di un procedimento per inadempimento, che è di far sì che lo Stato membro interessato si conformi al diritto comunitario, escludere la possibilità di ottenere un tale risultato dopo la presentazione del ricorso. Peraltro, il Tribunale si è pronunciato in questo stesso senso, affermando che l’esigenza di riservatezza permane anche dopo l’adizione della Corte poiché non può escludersi che i negoziati tra la Commissione e lo Stato membro interessato, intesi a che quest’ultimo si conformi volontariamente ai requisiti del Trattato, possano continuare nel corso del procedimento giudiziario e fino alla pronuncia della sentenza della Corte (sentenza Petrie e a./Commissione, punto 17 supra, punto 68).

133    Una conclusione siffatta non è confutata dall’argomento della ricorrente secondo cui la ragione d’essere dell’eccezione di cui trattasi è di evitare l’alterazione delle prove e un tale rischio è assai ridotto dopo la presentazione del ricorso della Commissione dinanzi alla Corte. Infatti, l’eccezione di cui trattasi, come risulta dalla sua formulazione, mira a tutelare non le attività di indagine in quanto tali, bensì l’obiettivo di tali attività, il quale, come risulta dalla giurisprudenza citata ai precedenti punti 120 e 121, consiste, nel caso di una procedura per inadempimento, nel far sì che lo Stato membro interessato si conformi al diritto comunitario. È per questa ragione che i diversi atti di indagine possono rimanere coperti dall’eccezione di cui trattasi finché tale obiettivo non viene raggiunto, anche se l’indagine o l’ispezione particolare che ha dato luogo al documento cui si chiede l’accesso è terminata (sentenza Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 110, e, per analogia, con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, sentenza del Tribunale 13 settembre 2000, causa T‑20/99, Denkavit Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑3011, punto 48).

134    Nella fattispecie, alla data dell’adozione della decisione impugnata la Corte aveva già pronunciato, da circa un anno, le sentenze che accertavano le infrazioni contestate dalla Commissione agli Stati membri interessati. E’ quindi fuor di dubbio che, a tale data, non era in corso alcuna attività di indagine volta a dimostrare l’esistenza degli inadempimenti in questione che avrebbe potuto essere messa in pericolo dalla divulgazione dei documenti richiesti.

135    Si deve tuttavia accertare se, come affermato dalla Commissione, documenti riguardanti attività di indagine possano essere considerati coperti dall’eccezione di cui all’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, quando le attività di cui trattasi sono state ultimate e hanno dato luogo non solo alla presentazione di ricorsi dinanzi alla Corte, bensì anche alla pronuncia di sentenze della Corte stessa. Si tratta quindi di verificare se l’obiettivo di giungere a una definizione amichevole, invocato dalla Commissione per giustificare il diniego d’accesso, permanga anche dopo la pronuncia di sentenze che accertano l’esistenza degli inadempimenti cui si sono riferite le attività di indagine della Commissione.

136    Occorre rilevare in tal senso che, a seguito delle sentenze che accertano un inadempimento, gli Stati membri interessati sono tenuti, ai sensi dell’art. 228, n. 1, CE, a prendere tutti i provvedimenti che la loro esecuzione comporta. Se l’art. 228 CE non precisa il termine entro il quale deve intervenire l’esecuzione di una sentenza, risulta da una giurisprudenza costante che l’esigenza di un’immediata e uniforme applicazione del diritto comunitario impone che tale esecuzione sia iniziata immediatamente e conclusa entro termini il più possibile ristretti (sentenze della Corte 4 luglio 2000, causa C‑387/97, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑5047, punti 81 e 82, e 25 novembre 2003, causa C‑278/01, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑14141, punti 26 e 27). Una volta che la Corte abbia riconosciuto la violazione, ad opera di uno Stato membro, di taluni obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato, tale Stato è tenuto ad assumere le misure necessarie a conformarsi a detta sentenza, senza che un tale risultato possa dipendere da quello dei negoziati in corso con la Commissione.

137    Non può certo escludersi che lo Stato membro interessato persista nel proprio inadempimento, anche con riferimento all’esecuzione della sentenza della Corte, il che può indurre la Commissione ad avviare un nuovo procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 228, n. 2, CE. Tuttavia, di fronte ad una situazione di tal genere la Commissione deve svolgere una nuova indagine, che implica una nuova fase precontenziosa e che, se del caso, può portare ad adire nuovamente la Corte. Le attività di indagine che portano all’introduzione di un ricorso basato sull’art. 228 CE sono pertanto nuove rispetto a quelle che hanno condotto all’introduzione del ricorso basato sull’art. 226 CE, in quanto mirano a dimostrare che l’infrazione accertata con sentenza della Corte persiste dopo la pronuncia della stessa.

138    Si deve peraltro osservare che l’art. 228, n. 2, CE, il quale ha ad oggetto la mancata esecuzione di una sentenza della Corte, prevede strumenti che hanno lo scopo specifico di spingere lo Stato membro inadempiente a eseguire una sentenza per inadempimento, garantendo con ciò l’applicazione effettiva del diritto comunitario da parte di tale Stato. Infatti, le misure previste da tale disposizione, e cioè la somma forfettaria e la penalità, mirano entrambe a questo stesso obiettivo, che è quindi quello di esercitare su quest’ultimo una pressione economica che lo induca a porre fine all’inadempimento accertato (sentenze della Corte 12 luglio 2005, causa C‑304/02, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑6263, punti 80 e 91, e 14 marzo 2006, causa C‑177/04, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑2461, punti 59 e 60).

139    Infine, se si dovesse ammettere che i vari documenti che si riferiscono ad attività di indagine sono coperti dall’eccezione di cui all’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 fino a quando tutti gli sviluppi di tali procedimenti non si siano esauriti, anche nel caso in cui risulti necessaria una nuova indagine che conduca eventualmente alla presentazione di un ricorso basato sull’art. 228, n. 2, CE, l’accesso ai citati documenti sarebbe subordinato ad avvenimenti aleatori, vale a dire l’inosservanza da parte dello Stato membro interessato della sentenza della Corte che accerta l’inadempimento e l’introduzione di un ricorso ai sensi dell’art. 228, n. 2, CE, che rientra nel potere discrezionale della Commissione. In ogni caso, si tratterebbe di avvenimenti futuri e incerti, dipendenti dalla celerità e dalla diligenza delle diverse autorità interessate.

140    Una soluzione di tal genere contrasterebbe con l’obiettivo di garantire al pubblico il più ampio accesso ai documenti delle istituzioni allo scopo di dare ai cittadini la possibilità di controllare in maniera più effettiva la legittimità dell’esercizio del potere pubblico (v., in tal senso, sentenza Franchet e Byk/Commissione, punto 53 supra, punto 112; v., inoltre, per analogia, con riferimento all’applicazione del codice di condotta del 1993, sentenze Interporc II, punto 15 supra, punto 39, e JT’s Corporation/Commissione, punto 56 supra, punto 50).

141    Quanto al fatto, richiamato nel controricorso, che talune cause aventi lo stesso oggetto delle cause cielo aperto sono ancora pendenti dinanzi alla Corte, è sufficiente rilevare, per un verso, che la Commissione non ha in alcun modo spiegato in che modo la possibilità di giungere a una definizione amichevole con gli Stati membri interessati in tali cause sarebbe compromessa dalla divulgazione di memorie che essa ha presentato nell’ambito di procedimenti avverso altri Stati membri e che si sono già conclusi con sentenze della Corte. Per altro verso, come sottolineato ai precedenti punti 106 e 107, la mera connessione tra due o più cause, aventi le stesse parti ovvero lo stesso oggetto, non può di per sé giustificare un diniego d’accesso, salvo che non si voglia operare una manifesta inversione tra il principio del libero accesso ai documenti delle istituzioni e le eccezioni a tale principio, stabilite dal regolamento n. 1049/2001.

142    Da tutte le considerazioni che precedono, risulta che la Commissione è incorsa in un errore di valutazione negando l’accesso ai documenti riguardanti le cause cielo aperto. La domanda d’annullamento della decisione impugnata deve essere quindi accolta per quanto riguarda tale diniego.

 Sulle spese

143    In forza dell’art. 87, n. 3, primo comma, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese. Nella fattispecie, poiché ciascuna parte è risultata soccombente su uno dei propri capi, si deve decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Grande Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della Commissione 20 novembre 2003 è annullata laddove essa ha negato l’accesso alle memorie presentate dalla Commissione dinanzi alla Corte nell’ambito delle cause C‑466/98, Commissione/Regno Unito; C‑467/98, Commissione/Danimarca; C‑468/98, Commissione/Svezia; C‑469/98, Commissione/Finlandia; C‑471/98, Commissione/Belgio; C‑472/98, Commissione/Lussemburgo; C‑475/98, Commissione/Austria, e C‑476/98, Commissione/Germania, e dinanzi al Tribunale nell’ambito della causa T‑342/99, Airtours/Commissione.

2)      Il ricorso è respinto per il resto.

3)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Vesterdorf

Jaeger

Pirrung

Vilaras

Legal

Martins Ribeiro

Cremona

Pelikánová

Šváby

Jürimäe

 

       Wahl

Prek

 

      Ciucă

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 settembre 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      B. Vesterdorf


* Lingua processuale: l'inglese.