Language of document : ECLI:EU:T:2009:157

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

14 maggio 2009 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di nullità e di decadenza – Marchio comunitario denominativo ELIO FIORUCCI – Registrazione come marchio di un nome di persona notorio – Artt. 52, n. 2, lett. a), e 50, n. 1, lett. c), del regolamento (CE) n. 40/94»

Nella causa T‑165/06,

Elio Fiorucci, residente in Milano, rappresentato dagli avv.ti A. Vanzetti, G. Sironi e F. Rossi,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. O. Montalto e L. Rampini, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Edwin Co. Ltd, con sede in Tokyo (Giappone), rappresentata dagli avv.ti D. Rigatti, M. Bertani, S. Verea, K. Muraro e M. Balestriero,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’UAMI 6 aprile 2006 (procedimento R 238/2005‑1), relativa a un procedimento di nullità e di decadenza tra il sig. Elio Fiorucci e la Edwin Co. Ltd,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. M. Vilaras, presidente, M. Prek e V. M. Ciucă (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 19 giugno 2006,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1° dicembre 2006,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 dicembre 2006,

in seguito all’udienza del 5 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Negli anni ’70 lo stilista Elio Fiorucci, ricorrente, ha acquisito una certa notorietà in Italia. A seguito di alcune difficoltà finanziarie incontrate negli anni ’80, la sua società, Fiorucci SpA, ha dovuto accedere a una procedura di concordato preventivo.

2        Il 21 dicembre 1990 la Fiorucci ha ceduto per contratto all’interveniente, Edwin Co. Ltd, una multinazionale giapponese, tutto il suo «patrimonio creativo». L’art. 1 di tale contratto prevedeva quanto segue:

«La Fiorucci cede, vende e trasferisce alla Edwin (…), che per parte sua acquista:

         i)      tutti i marchi, dovunque depositati od oggetto di domanda di deposito in tutto il mondo, e inoltre brevetti, modelli ornamentali e di utilità e tutti gli altri segni distintivi di proprietà della Fiorucci, così come meglio individuati nel prospetto allegato al presente contratto sotto la lettera “A, A1, A2 e A3”, riferendosi l’allegato “A” ai marchi registrati in Italia, l’allegato “A1” ai marchi registrati all’estero, l’allegato “A2” ai brevetti italiani e l’allegato “A3” ai brevetti esteri;

         ii)    tutti i rapporti contrattuali esistenti, aventi ad oggetto marchi ed eventuali altri segni distintivi, compresi i contratti di licenza d’uso dei marchi stessi;

         iii)  tutti gli archivi Fiorucci dei modelli in carta, cartelle colori, collezioni, campioni di tessuto, cartelli vetrine, supporti pubblicitari, campionari delle collezioni di abbigliamento create dalla Fiorucci, fotografie (il “know how”);

         iv)    tutti i diritti di utilizzare in esclusiva la denominazione “FIORUCCI”, di fabbricare e vendere in esclusiva i capi di abbigliamento e altri prodotti firmati “FIORUCCI”».

3        Per qualche anno il ricorrente ha mantenuto rapporti di collaborazione con l’interveniente.

4        Il 23 dicembre 1997 l’interveniente ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) domanda di registrazione del marchio denominativo ELIO FIORUCCI quale marchio comunitario per una serie di prodotti compresi nelle classi 3, 18 e 25 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.

5        Il 6 aprile 1999 il marchio denominativo ELIO FIORUCCI è stato registrato dall’UAMI e pubblicato sul Bollettino dei marchi comunitari n. 39/1999 del 17 maggio 1999.

6        Il 3 febbraio 2003 il ricorrente ha presentato una domanda di decadenza nonché di nullità del suddetto marchio, conformemente all’art. 50, n. 1, lett. c), e all’art. 52, n. 2, lett. a), del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.

7        Con decisione 23 dicembre 2004, la divisione di annullamento dell’UAMI ha accolto la domanda di nullità del marchio ELIO FIORUCCI per violazione dell’art. 52, n. 2, del regolamento n. 40/94, ritenendo invece assorbita la questione della decadenza di tale marchio.

8        La divisione di annullamento ha ritenuto applicabile l’art. 21, terzo comma, della legge italiana sui marchi (divenuto art. 8, n. 3, del codice italiano della proprietà industriale) e ha dichiarato la nullità della registrazione del marchio in questione, atteso che risultava dimostrata la notorietà del nome Elio Fiorucci e mancava la prova del consenso espresso, certo ed inequivoco alla registrazione di detto nome quale marchio comunitario. Ritenendo che tale motivo fosse di per sé sufficiente a determinare la nullità del marchio, la divisione di annullamento non ha stimato necessario esaminare i motivi di decadenza dedotti dal ricorrente.

9        L’interveniente ha quindi presentato, dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI, un ricorso volto alla riforma della decisione impugnata con il rigetto della domanda di dichiarazione di nullità del marchio controverso e la conferma della registrazione di esso.

10      Con decisione 6 aprile 2006 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’UAMI ha accolto il ricorso dell’interveniente ed ha annullato la decisione della divisione di annullamento, ritenendo che la causa di nullità relativa di cui all’art. 52, n. 2, del regolamento n. 40/94 non fosse applicabile al caso di specie, non rientrante tra i casi previsti dalla normativa nazionale (art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale). Anche la domanda di decadenza del marchio controverso, che era stata presentata dal ricorrente deducendo la violazione dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, è stata respinta dalla commissione di ricorso.

11      In particolare, la commissione di ricorso ha precisato che la ratio dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale è quella di impedire lo sfruttamento a fini commerciali del nome di una persona celebre da parte di soggetti estranei. Ad avviso della commissione di ricorso, tale disposizione è stata creata per proteggere le potenzialità commerciali di un nome divenuto famoso in ambiti estranei a quello propriamente commerciale (ad esempio, negli ambiti dell’arte, della politica, dello sport, e così via). La commissione di ricorso ha osservato che, per quanto ad essa noto, non esiste giurisprudenza sul punto e che, tuttavia, la «migliore dottrina italiana» sembra confermare che la disposizione in parola non troverebbe ragion d’essere nei casi in cui tali potenzialità commerciali siano già ampiamente sfruttate. La commissione di ricorso ha sottolineato che, nel caso di specie, la notorietà del nome Elio Fiorucci presso il pubblico italiano non potrebbe certo definirsi come il risultato di un’utilizzazione primaria in campo extramercantile. Al contrario, a suo avviso, stando a quanto emerso dagli atti processuali e dalle stesse deduzioni del ricorrente, la notorietà di Elio Fiorucci quale uomo di cultura sarebbe diretta conseguenza della notorietà di Elio Fiorucci quale stilista e, quindi, della sua attività commerciale. Per le suesposte ragioni, la commissione di ricorso ha ritenuto che la registrazione del nome Elio Fiorucci come marchio comunitario da parte della titolare non rientri tra i casi contemplati dalla citata disposizione nazionale e che, pertanto, non sussistesse la causa di nullità di cui all’art. 52, n. 2, del regolamento n. 40/94.

12      Quanto alla domanda di decadenza presentata ai sensi dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, la commissione di ricorso ha chiarito che la ratio della norma è quella di tutelare l’affidamento del pubblico circa la corrispondenza del prodotto al messaggio contenuto nel marchio dopo la sua registrazione. Di conseguenza, secondo la commissione di ricorso, l’applicabilità della norma presuppone la sussistenza di due condizioni:

–        la prima, che il marchio contenga un messaggio circa la natura, la qualità, la provenienza geografica oppure, come nel caso di specie, la paternità stilistica del prodotto;

–        la seconda, che nell’uso del marchio si possa osservare uno scostamento tra il messaggio anzidetto e le caratteristiche del prodotto identificato dal marchio presentato al pubblico.

13      Nel caso in esame, la commissione di ricorso ha considerato che la prima delle due condizioni non sia soddisfatta, ragion per cui sarebbe impossibile verificare la sussistenza della seconda. Infatti, essa ha rilevato che il marchio in questione risulta privo di qualsiasi messaggio circa la provenienza geografica, la natura, la qualità o, ancora, la paternità stilistica dei prodotti di cui trattasi. La commissione di ricorso ha sottolineato che il pubblico non ricollega necessariamente i prodotti contrassegnati da un marchio consistente in un patronimico alla persona fisica che lo porta. Essa ha precisato che ciò dipende dal fatto che il pubblico è consapevole che l’uso dei patronimici come marchi commerciali è pratica diffusa, ma che questo non significa necessariamente che dietro a tali patronimici si celi una persona reale. La commissione di ricorso ha peraltro rilevato che, per effetto della cessione del 1990, il ricorrente si è spogliato di tutti i diritti di sfruttamento sia del marchio FIORUCCI che del marchio ELIO FIORUCCI. Essa ha ritenuto che la differenza tra i due marchi sia artificiosa e che tra il marchio FIORUCCI ed il patronimico, segno distintivo di fatto, esista un’identificazione totale.

14      In ordine al secondo motivo di decadenza dedotto dal ricorrente, segnatamente il degrado qualitativo della produzione contrassegnata dal marchio ELIO FIORUCCI, la commissione di ricorso ha escluso l’applicabilità di tale causa di decadenza, prevista dall’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94. Essa ha osservato che il bene protetto da tale articolo non è la qualità dei prodotti in senso astratto, bensì l’affidamento del pubblico circa le precise caratteristiche dei prodotti promesse dal marchio. Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha considerato che il marchio ELIO FIORUCCI, che rappresenta semplicemente il nome di una persona, non fornisce alcuna indicazione circa determinati pregi qualitativi e, pertanto, non può tradursi in un inganno nei confronti dei consumatori.

 Conclusioni delle parti

15      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        in via principale, annullare la decisione impugnata e dichiarare la nullità del marchio comunitario ELIO FIORUCCI;

–        in subordine, dichiarare la decadenza del marchio comunitario ELIO FIORUCCI;

–        condannare l’UAMI e l’interveniente alle spese.

16      L’UAMI conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

17      L’interveniente conclude che il Tribunale voglia:

–        in rito, dichiarare irricevibili:

         a)      la domanda del ricorrente diretta all’annullamento della decisione impugnata nella parte in cui rigetta la domanda di declaratoria di decadenza del marchio comunitario ELIO FIORUCCI;

         b)      la domanda del ricorrente relativa alla dichiarazione di decadenza per uso ingannevole del marchio in questione;

         c)      la domanda del ricorrente riguardante la declaratoria di nullità del marchio de quo per decettività originaria ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. g), del regolamento n. 40/94;

–        nel merito, respingere tutte le domande formulate dal ricorrente, in quanto infondate in fatto e in diritto;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità

18      L’interveniente rileva che, nell’impugnare la parte della decisione controversa riguardante la domanda di decadenza, il ricorrente non avrebbe indicato in che cosa consista la pretesa violazione dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 perpetrata dalla commissione di ricorso. Infatti, l’interveniente osserva che il ricorrente non avrebbe dedotto un errore nell’interpretazione o nell’applicazione di tale disposizione, ma, piuttosto, avrebbe contestato l’esito dell’applicazione fattane nella decisione impugnata. Secondo l’interveniente, il ricorso del ricorrente avrebbe l’unico scopo di ottenere da parte del Tribunale un nuovo esame dei fatti di causa, che si sostituisca a quello effettuato dalla commissione di ricorso dell’UAMI. Tuttavia, detto ricorso sarebbe rivolto ad un giudice che, ai sensi dell’art. 63, n. 1, del regolamento n. 40/94, è competente esclusivamente a sindacare la legittimità della decisione impugnata. Tanto sarebbe sufficiente per concludere che la domanda del ricorrente riguardante la decadenza dal marchio deve essere respinta in quanto irricevibile.

19      Inoltre, l’interveniente afferma che i motivi di ricorso attinenti alla presunta nullità del marchio in questione per mancanza di novità nonché per decettività originaria ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. g), del regolamento n. 40/94, e per deposito in malafede di tale marchio ai sensi dell’art. 51, n. 1, del medesimo regolamento, costituiscono motivi nuovi rispetto a quelli che furono oggetto del procedimento dinanzi all’UAMI e, di conseguenza, dovrebbero essere dichiarati irricevibili.

20      Da ultimo, l’interveniente rileva che numerosi documenti depositati dal ricorrente unitamente al ricorso in data 19 giugno 2006, segnatamente gli allegati A36, A37, A39‑A59, A74‑A94, A103‑A106, A116 e A117, appaiono nuovi, dato che non sono mai stati prodotti nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI. L’interveniente ricorda che, secondo una costante giurisprudenza, le parti non possono produrre dinanzi al Tribunale documenti nuovi, che, in quanto tali, sono irricevibili.

21      Occorre ricordare che il ricorso dinanzi al Tribunale ha ad oggetto il sindacato di legittimità delle decisioni adottate dalle commissioni di ricorso dell’UAMI ai sensi dell’art. 63 del regolamento n. 40/94 [sentenze del Tribunale 6 marzo 2003, causa T‑128/01, DaimlerChrysler/UAMI (Calandra), Racc. pag. II‑701, punto 18; 3 luglio 2003, causa T‑129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II‑2251, punto 67, e 22 ottobre 2003, causa T‑311/01, Éditions Albert René/UAMI – Trucco (Starix), Racc. pag. II‑4625, punto 70]. Infatti, sebbene ai sensi dell’art. 63, n. 3, del regolamento n. 40/94 il Tribunale sia «competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata», tale disposizione deve essere letta alla luce del paragrafo precedente, ai sensi del quale il «ricorso può essere proposto per incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma, per violazione del Trattato, del presente regolamento o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione o per sviamento di potere», e ciò nell’ambito degli artt. 229 CE e 230 CE. Il sindacato di legittimità operato dal Tribunale in ordine a una decisione della commissione di ricorso deve quindi svolgersi con riferimento alle questioni di diritto che sono state sollevate dinanzi alla commissione di ricorso [sentenza del Tribunale 31 maggio 2005, causa T‑373/03, Solo Italia/UAMI − Nuova Sala (PARMITALIA), Racc. pag. II‑1881, punto 25].

22      Pertanto, la funzione del Tribunale non è quella di esaminare nuovi motivi di impugnazione dedotti dinanzi ad esso, oppure quella di riesaminare le circostanze di fatto alla luce delle prove presentate per la prima volta dinanzi ad esso. Infatti, l’esame di detti nuovi motivi e l’ammissione di tali prove contrastano con l’art. 135, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale, secondo cui le memorie delle parti non possono modificare l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso. Pertanto, i motivi e le prove presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale devono essere dichiarati irricevibili, senza che occorra procedere al loro esame [v., in tal senso, sentenze della Corte 13 marzo 2007, causa C‑29/05 P, UAMI/Kaul, Racc. pag. I‑2213, punto 54, e del Tribunale 23 maggio 2007, causa T‑342/05, Henkel/UAMI – SERCA (COR), punto 31].

23      Nella fattispecie, per quanto concerne il primo motivo di irricevibilità sollevato dall’interveniente, si deve sottolineare che il ricorrente deduce chiaramente una violazione da parte della commissione di ricorso dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, dunque uno dei motivi previsti dall’art. 63, n. 2, del medesimo regolamento. Di conseguenza, l’eccezione di irricevibilità del secondo motivo di ricorso sollevata dall’interveniente deve essere respinta.

24      Quanto agli altri motivi di irricevibilità sollevati dall’interveniente, dagli atti di causa risulta che – come giustamente sostenuto dall’interveniente – i motivi di ricorso attinenti alla presunta nullità del marchio in questione per mancanza di novità nonché per decettività originaria ai sensi dell’art. 7, n. 1, lett. g), del regolamento n. 40/94, e per deposito in malafede del medesimo marchio ai sensi dell’art. 51, n. 1, dello stesso regolamento, costituiscono motivi nuovi rispetto a quelli che furono oggetto del procedimento dinanzi all’UAMI e devono, quindi, essere dichiarati irricevibili.

25      Di conseguenza, i soli motivi validamente dedotti dinanzi al Tribunale sono quelli relativi alla violazione dell’art. 52, n. 2, lett. a), e dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, vale a dire, rispettivamente, la nullità per violazione del diritto al nome e la decadenza per uso ingannevole.

26      Occorre inoltre aggiungere che taluni documenti prodotti dal ricorrente unitamente al suo ricorso, segnatamente gli allegati A36, A37, A39‑A59, A74‑A94, A103‑A106, A116 e A117, non sono stati prodotti nel corso del procedimento dinanzi all’UAMI e, pertanto, sono anch’essi irricevibili, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 22.

 Nel merito

27      A sostegno del suo ricorso il ricorrente invoca sostanzialmente due motivi, fondati, rispettivamente, sulla violazione dell’art. 52, n. 2, lett. a), del regolamento n. 40/94 e su quella dell’art. 50, n. 1, lett. c), del medesimo regolamento. Il Tribunale ritiene opportuno esaminare, prima di tutto, il secondo motivo.

 Sul secondo motivo, relativo alla violazione dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94

28      Il ricorrente afferma, in sostanza, che erroneamente la commissione di ricorso ha concluso che le condizioni di applicazione dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 non risultavano soddisfatte nel caso di specie. Ad avviso del ricorrente, da un lato, il marchio ELIO FIORUCCI è di per sé tale da indurre il pubblico in errore sulla paternità stilistica dei prodotti contrassegnati da detto marchio. Dall’altro, anche l’uso del suddetto marchio da parte dell’interveniente sarebbe tale da indurre in errore il pubblico.

29      L’UAMI e l’interveniente sostengono la tesi della commissione di ricorso e affermano, da un lato, che il marchio in questione non è di per sé ingannevole, essendo i consumatori consapevoli del fatto che le separazioni tra lo stilista e l’omonimo marchio sono comuni e non potendo dunque un consumatore medio essere tratto in inganno dal cambiamento nella titolarità di un marchio, e, dall’altro, che il ricorrente non avrebbe mai dimostrato alcun uso ingannevole del marchio di cui richiede la decadenza.

30      In primo luogo, quanto all’argomento del ricorrente secondo cui il marchio ELIO FIORUCCI sarebbe di per sé tale da indurre il pubblico in errore, dato che i prodotti da esso contrassegnati non sono stati disegnati dal ricorrente, occorre rilevare che tale argomento è stato respinto ai punti 53 e 54 della decisione impugnata, là dove la commissione di ricorso ha affermato che la mera identità tra un marchio ed un patronimico non può indurre a ritenere che il pubblico di riferimento penserà che la persona il cui patronimico costituisce il marchio abbia disegnato i prodotti da quest’ultimo contrassegnati. Secondo la commissione di ricorso, l’uso dei marchi costituiti da un patronimico è una pratica diffusa in tutti i settori commerciali e il pubblico di riferimento è pienamente cosciente del fatto che ad un marchio patronimico non corrisponde necessariamente uno stilista che porta lo stesso nome.

31      Tali considerazioni devono essere condivise.

32      A questo proposito occorre osservare, anzitutto, che la Corte ha identificato la funzione essenziale del marchio, che è quella di garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato dal marchio, consentendo loro di distinguere senza possibilità di confusione detto prodotto o servizio da quelli di provenienza diversa. Infatti, per poter svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato che il Trattato intende istituire e preservare, il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati siano stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa, alla quale possa essere attribuita la responsabilità della loro qualità (sentenza della Corte 12 novembre 2002, causa C‑206/01, Arsenal Football Club, Racc. pag. I‑10273, punto 48).

33      Inoltre, per quanto riguarda le condizioni di decadenza previste all’art. 12, n. 2, lett. b), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui disposto è sostanzialmente identico a quello dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, la Corte ha dichiarato che il titolare di un marchio corrispondente al nome del creatore e primo produttore dei beni contraddistinti da tale marchio non può, unicamente a causa di tale caratteristica, essere considerato decaduto dai suoi diritti con la motivazione che detto marchio indurrebbe il pubblico in errore, in particolare quando l’avviamento connesso a tale marchio sia stato ceduto unitamente all’impresa che produce i beni contraddistinti dal suddetto marchio (sentenza della Corte 30 marzo 2006, causa C‑259/04, Emanuel, Racc. pag. I‑3089, punto 53). Siffatta conclusione è motivata dall’assenza di un inganno concreto o di un rischio sufficientemente grave di inganno nei confronti del consumatore medio. Anche se quest’ultimo potesse essere influenzato, all’atto dell’acquisto del prodotto in questione, dall’idea che la persona al cui nome corrisponde il marchio ha partecipato alla sua creazione, le caratteristiche e le qualità di detto prodotto resterebbero garantite dall’impresa titolare del marchio (v., in tal senso, sentenza Emanuel, cit., punti 47 e 48).

34      Allo stesso modo, si deve dichiarare che il titolare di un marchio corrispondente al nome e cognome del creatore e primo produttore dei beni contraddistinti da tale marchio non può, unicamente a causa di tale caratteristica, essere considerato decaduto dai suoi diritti con la motivazione che detto marchio indurrebbe il pubblico in errore, qualora detto titolare abbia legittimamente acquisito, a seguito di una cessione, un marchio consistente nel solo cognome del creatore nonché l’insieme del patrimonio creativo dell’impresa che fabbrica i prodotti contraddistinti da tale marchio.

35      Poiché ciò è quanto è effettivamente avvenuto nel caso di specie, occorre respingere l’argomento secondo cui il marchio ELIO FIORUCCI sarebbe di per sé tale da indurre il pubblico in errore circa la provenienza della merce da esso contrassegnata ai sensi dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94.

36      In secondo luogo, quanto all’argomento relativo al presunto uso ingannevole del marchio ELIO FIORUCCI, che avrebbe indotto il pubblico in errore sulla paternità stilistica dei prodotti e, in tal modo, avrebbe rappresentato un inganno tale da comportare la decadenza del marchio ELIO FIORUCCI ai sensi dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94, si deve osservare che l’applicabilità di tale articolo è subordinata all’uso ingannevole del marchio successivamente alla sua registrazione. Siffatto uso ingannevole deve essere debitamente comprovato dal ricorrente.

37      Tuttavia, come giustamente affermato dall’UAMI e dall’interveniente, non è stata fornita alcuna prova di un qualsivoglia utilizzo del marchio ELIO FIORUCCI da parte dell’interveniente successivamente alla sua registrazione. In difetto di tale prova, non si può parlare di un uso idoneo a indurre il pubblico in errore ai sensi dell’art. 50, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94. In tale contesto, occorre respingere il motivo in esame in quanto infondato.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 52, n. 2, lett. a), del regolamento n. 40/94

38      Il ricorrente sostiene, da un lato, che la commissione di ricorso ha confuso e sovrapposto la questione dei diritti sul marchio FIORUCCI, a suo tempo ceduto, a quella dei diritti sul marchio costituito dal nome Elio Fiorucci, che non è mai stato oggetto di cessione, e, d’altro lato, contesta l’affermazione della commissione di ricorso secondo cui l’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale, che riserva la registrazione di un nome notorio come marchio al titolare di tale nome, troverebbe applicazione solo nel caso in cui la notorietà fosse sorta in campo extramercantile. Egli osserva che una siffatta affermazione non trova alcun fondamento nella legge italiana e che, in ogni caso, il ricorrente gode di un’ampia notorietà anche in ambito extramercantile.

39      L’UAMI e l’interveniente chiedono che tale motivo venga respinto. In particolare, sostengono che debba escludersi l’applicabilità dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale, essendo la ratio di tale norma quella di tutelare le potenzialità commerciali di un nome famoso come segno distintivo, e non quelle già sfruttate commercialmente, per le quali la legge italiana già prevede una tutela specifica. Orbene, la notorietà di Elio Fiorucci si sarebbe sviluppata a partire dall’ambito commerciale. In subordine, secondo l’UAMI e l’interveniente, quand’anche la presente controversia dovesse essere risolta applicando l’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale, ciò non implicherebbe la nullità del marchio comunitario ELIO FIORUCCI. Al riguardo essi affermano che, come si evince dal contratto di cessione, quest’ultimo aveva ad oggetto tutti i marchi e tutti i segni distintivi, per cui sarebbe logico ritenere che esso comprendesse anche il marchio di fatto ELIO FIORUCCI.

40      Il Tribunale ricorda che, a norma dell’art. 52, n. 2, del regolamento n. 40/94:

«2. Su domanda presentata all'Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio comunitario è altresì dichiarato nullo se la sua utilizzazione può essere vietata in virtù di un altro diritto anteriore, in particolare:

a)       del diritto al nome;

(...)

secondo la normativa comunitaria o secondo il diritto nazionale che ne disciplina la protezione».

41      Sulla base di tale disposizione, l’UAMI può quindi dichiarare, ad istanza dell’interessato, la nullità di un marchio comunitario qualora il suo uso possa essere vietato, in particolare, in forza di un diritto al nome protetto da una normativa nazionale.

42      L’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale dispone quanto segue:

«Se notori, possono essere registrati come marchio solo dall’avente diritto, o con il consenso di questi, o dei soggetti di cui al comma 1: i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni non aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi».

43      Occorre sottolineare che, nel caso di specie, la commissione di ricorso ha escluso l’applicabilità dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale sostanzialmente per la ragione che detta disposizione si applica soltanto laddove la notorietà di un nome di persona costituisca il risultato di un’«utilizzazione primaria in campo extramercantile», il che non avverrebbe nel caso del nome del ricorrente (punto 44 della decisione impugnata).

44      La commissione di ricorso ha ritenuto che una siffatta interpretazione della predetta disposizione fosse giustificata dalla sua ratio, consistente nell’impedire lo sfruttamento a fini commerciali del nome di una persona celebre (punto 31 della decisione impugnata). A suo avviso, tale disposizione consente una «migrazione» controllata, vale a dire soggetta al consenso dell’interessato, di un patronimico «dall’ambito (politico, sportivo, ecc.) in cui era finora celebre verso quello schiettamente commerciale» (punto 32 della decisione impugnata).

45      La commissione di ricorso ha aggiunto che, qualora, benché celebre, il nome di persona fosse già noto al grande pubblico come marchio commerciale o «marchio distintivo di fatto», tale «migrazione» si sarebbe già realizzata e, di conseguenza, l’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale non troverebbe applicazione (punto 33 della decisione impugnata).

46      Pur prendendo atto della totale assenza di giurisprudenza relativa all’interpretazione dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale, la commissione di ricorso ha ritenuto che gli scritti di parte della dottrina italiana, dei quali ha citato taluni estratti ai punti 41-43 della decisione impugnata, confortassero la propria interpretazione di questa disposizione.

47      A tale proposito occorre rilevare che, tanto in diritto comunitario quanto in diritto italiano, i nomi di persona possono costituire marchi (v., relativamente ai marchi comunitari, art. 4 del regolamento n. 40/94 e art. 2 della direttiva 89/104 e, relativamente a quelli italiani, artt. 7 e 8, n. 2, del codice della proprietà industriale).

48      Tuttavia, considerato quale indicazione dell’origine commerciale dei prodotti o dei servizi da esso contrassegnati, il marchio consistente in un nome di persona esplica una funzione diversa da quella di un nome di persona in quanto tale, che serve all’identificazione di una determinata persona.

49      Pertanto, la conclusione della commissione di ricorso secondo cui il nome di una persona che abbia acquisito una notorietà in ragione dell’attività commerciale da essa esercitata può essere protetto unicamente quale marchio notorio, e non a titolo di un diritto al nome ai sensi dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale, dev’essere respinta.

50      In primo luogo, si deve constatare che l’interpretazione dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale accolta dalla commissione di ricorso non trova conferma nella formulazione di tale disposizione, avente ad oggetto i nomi di persone notorie, senza distinzioni a seconda del settore in cui è stata acquisita tale notorietà.

51      Del resto, stante l’assenza di una definizione dei settori da considerarsi «extramercantili» nel codice della proprietà industriale, subordinare l’applicazione di detta disposizione a tale nozione, non definita con precisione, genererebbe ambiguità, se non addirittura confusione, e potrebbe condurre ad applicazioni pratiche molto divergenti.

52      Infatti, se taluni settori, come ad esempio la politica o la religione, possono incontrovertibilmente considerarsi come «extramercantili», la risposta alla questione se altri settori rientrino, oppure no, nell’ambito del commercio risulta molto meno chiara. Basti in proposito considerare che, generalmente, un «famoso regista cinematografico», così come un «popolare giocatore di calcio», citati quali esempi al punto 32 della decisione impugnata, traggono un profitto economico notevole dalle loro attività nei rispettivi settori. Si potrebbe quindi sostenere a ragione che tali persone hanno acquisito la loro notorietà in un settore che non era «extramercantile» e che, di conseguenza, e contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso, nemmeno esse rientrano nell’ambito di applicazione della disposizione italiana de qua.

53      In secondo luogo, contrariamente a quanto lascia intendere la commissione di ricorso al punto 33 della decisione impugnata, anche nel caso in cui un nome di persona notorio sia già stato registrato oppure utilizzato come marchio di fatto, la tutela prevista dall’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale non sarebbe affatto superflua o priva di senso.

54      Occorre infatti ricordare che i marchi sono registrati e tutelati in relazione a prodotti o servizi specifici. Se è ben vero che esistono talune disposizioni, come l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 40/94 e l’art. 4, n. 3, della direttiva 89/104, che consentono al titolare di un marchio anteriore di impedire la registrazione di un altro marchio identico o simile, anche in relazione a prodotti o servizi che non sono identici o che non presentano alcuna somiglianza con i prodotti o i servizi contrassegnati da detto marchio anteriore, tuttavia l’applicazione di tali disposizioni è subordinata a una serie di condizioni. Non si può presumere che tali condizioni siano sempre soddisfatte.

55      Di conseguenza, non può escludersi che un nome di persona notorio, registrato o utilizzato come marchio per taluni prodotti o servizi, possa costituire oggetto di una nuova registrazione per prodotti o servizi differenti, che non presentino alcuna somiglianza con quelli contrassegnati dalla registrazione anteriore. Pertanto, erroneamente la commissione di ricorso ha ritenuto che, una volta che un nome di persona notorio sia stato registrato o utilizzato come marchio, la sua «migrazione» verso l’ambito dei marchi si sia già «concretizzata».

56      Occorre inoltre constatare che l’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale non subordina la propria applicazione a condizioni ulteriori rispetto a quella della notorietà del nome della persona interessata. Poiché tale disposizione riconosce una tutela più estesa, e a condizioni meno gravose, alle persone il cui nome abbia acquisito una notorietà, non vi è alcuna ragione che consenta di escludere la sua applicazione nel caso di un nome di persona notorio registrato o utilizzato come marchio.

57      In terzo luogo, nemmeno gli estratti degli scritti di una parte della dottrina citati ai punti 41‑43 della decisione impugnata consentono di concludere nel senso della correttezza dell’interpretazione dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale accolta dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata.

58      In tal senso, il sig. Vanzetti – autore, con il sig. Di Cataldo, dell’opera citata al punto 41 della decisione impugnata – ha partecipato all’udienza come avvocato del ricorrente e ha dichiarato che la tesi adottata dalla commissione di ricorso non poteva derivare in alcun modo da quanto egli stesso aveva scritto nell’opera in questione, circostanza della quale si è preso atto nel verbale dell’udienza.

59      Secondo la commissione di ricorso, il sig. Ricolfi, menzionato al punto 42 della decisione impugnata, sostienene che la suddetta norma fa riferimento «alla notorietà [di un nome di persona] che consegue ad un’utilizzazione primaria molto spesso di carattere non imprenditoriale», il che non esclude affatto la notorietà che consegue ad un’utilizzazione «imprenditoriale», benché quest’ultima sia meno frequente.

60      Soltanto il sig. Amendola, citato al punto 43 della decisione impugnata, evoca un’utilizzazione in un «campo extramercantile», senza peraltro concludere in modo esplicito che l’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale non possa essere invocato allo scopo di tutelare un nome di persona la cui notorietà non sia stata acquisita in un campo siffatto. Ad ogni modo, alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale non può, basandosi solo sull’opinione di quest’unico autore, subordinare l’applicazione della disposizione in parola a una condizione che non risulti dal tenore letterale della stessa.

61      Ne consegue che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale. Siffatto errore ha comportato l’erronea disapplicazione di tale norma al caso del nome del ricorrente, benché si trattasse pacificamente del nome di una persona notoria.

62      Peraltro, anche ammettendo che l’interpretazione della norma de qua accolta dalla commissione di ricorso sia corretta, è altrettanto pacifico che il ricorrente gode di una notorietà anche in ambito «extramercantile», in ragione delle sue attività in campo artistico, culturale, dell’ecologia e della protezione dell’infanzia.

63      Anche qualora si consideri la notorietà extramercantile del nome Elio Fiorucci come successiva o derivata dalla sua notorietà nel settore mercantile, di per sé sola questa circostanza non osta alla tutela di tale notorietà extramercantile ai sensi dell’art. 8, n. 3, del codice della proprietà industriale.

64      Per quanto concerne l’argomento dedotto in via subordinata dall’UAMI e dall’interveniente, secondo cui, in sostanza, il marchio ELIO FIORUCCI sarebbe stato incluso nella cessione da parte del ricorrente all’interveniente di tutti i marchi e di tutti i segni distintivi, è sufficiente osservare che la commissione di ricorso non ha respinto la domanda di nullità per questa ragione.

65      Come si è ricordato supra al punto 21, il Tribunale effettua un sindacato di legittimità delle decisioni adottate dagli organi dell’UAMI e non può quindi, in ogni caso, sostituire la sua motivazione a quella del competente organo dell’UAMI, autore dell’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza della Corte 27 gennaio 2000, causa C‑164/98 P, DIR International Film e a./Commissione, Racc. pag. I‑447, punto 38). Ne consegue che l’argomento dedotto in via subordinata dall’UAMI e dall’interveniente deve essere respinto in quanto inconferente.

66      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il primo motivo deve essere accolto e, per l’effetto, la decisione impugnata deve essere annullata.

67      Da ultimo, per quanto concerne la domanda del ricorrente di dichiarare la nullità del marchio ELIO FIORUCCI, occorre rilevare che, in sostanza, il ricorrente chiede al Tribunale di adottare la decisione che l’UAMI avrebbe dovuto adottare, segnatamente una decisione di dichiarazione della nullità del marchio di cui trattasi. Pertanto, si deve ritenere che, relativamente a tale parte del primo capo delle sue conclusioni, il ricorrente chieda la riforma della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 4 ottobre 2006, causa T‑188/04, Freixenet/UAMI (Forma di una bottiglia smerigliata nero opaco), punti 16 e 17]. Tuttavia, dato che l’UAMI e l’interveniente hanno opposto alla domanda di nullità del marchio in questione, proposta dal ricorrente, un argomento che non è stato esaminato dalla commissione di ricorso (v. supra, punto 64), non può essere accolta la domanda del ricorrente di riformare la decisione impugnata, perché ciò comporterebbe, di fatto, l’esercizio di funzioni amministrative ed inquisitorie spettanti all’UAMI e, per tale ragione, sarebbe incompatibile con l’equilibrio istituzionale da cui deriva il principio di ripartizione delle competenze tra l’UAMI e il Tribunale (v., in tal senso, sentenza Forma di una bottiglia smerigliata nero opaco, cit., punto 47).

 Sulle spese

68      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Inoltre, ai sensi della medesima disposizione, qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese.

69      Nella fattispecie, l’UAMI e l’interveniente, rimasti soccombenti, devono essere condannati a sopportare le spese del ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

70      Di conseguenza, l’UAMI dev’essere condannato a sopportare le proprie spese nonché due terzi delle spese sostenute dal ricorrente, e l’interveniente dev’essere condannato a sopportare le proprie spese nonché un terzo delle spese sostenute dal ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della prima commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) 6 aprile 2006 (procedimento R 238/2005 1) è annullata in quanto contiene un errore di diritto nell’interpretazione dell’art. 8, n. 3, del codice italiano della proprietà industriale.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      L’UAMI sopporterà le proprie spese nonché due terzi di quelle sostenute dal sig. Elio Fiorucci.

4)      La Edwin Co. Ltd sopporterà le proprie spese nonché un terzo di quelle sostenute dal sig. Elio Fiorucci.

Vilaras

Prek

Ciucǎ

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 maggio 2009.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano