Language of document : ECLI:EU:T:2007:261

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

12 settembre 2007 (*)

«Pubblico impiego – Dipendenti – Molestie psicologiche – Dovere di assistenza – Rapporto di evoluzione della carriera per l’esercizio 2001/2002 – Ricorso di annullamento – Mancanza di interesse ad agire – Ricorso per risarcimento danni»

Nella causa T‑249/04,

Philippe Combescot, già dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente in Popayán (Colombia), rappresentato dagli avv.ti A. Maritati e V. Messa,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Joris e dalla sig.ra M. Velardo, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. S. Corongiu,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, il riconoscimento dell’illegittimità dei comportamenti dei superiori gerarchici del ricorrente, il riconoscimento del diritto di quest’ultimo all’assistenza e l’annullamento del rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per il periodo dal 1° luglio 2001 al 31 dicembre 2002, e, dall’altro lato, il pagamento di una somma a titolo di risarcimento dei danni asseritamente subiti dal ricorrente,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dal sig. J. Pirrung, presidente, dal sig. A.W.H. Meij e dalla sig.ra I. Pelikánová, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 14 novembre 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1.     Rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per il periodo 2001-2002

1        Al momento del deposito del ricorso il ricorrente era dipendente di ruolo della Commissione. Fra il novembre 1999 e l’estate 2003 ha svolto le funzioni di consigliere residente in Guatemala.

2        Il rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per il periodo dal 1° luglio 2001 al 31 dicembre 2002 (in prosieguo: il «REC») è stato compilato da due covalutatori, il sig. M., all’epoca capo della delegazione della Commissione in Nicaragua e superiore gerarchico diretto del ricorrente, e il sig. D.C., all’epoca direttore della Direzione G, «America latina», della Direzione generale (in prosieguo: la «DG») Relazioni esterne della Commissione. In occasione della loro riunione dell’11 febbraio 2003, i covalutatori si sono trovati d’accordo per una valutazione globale di 13 punti su 20, vale a dire 7 su 10 per la voce «Rendimento», 4 su 6 per la voce «Attitudini» e 2 su 4 per la voce «Condotta nell’ambito del servizio».

3        Il REC è stato convalidato dal sig. F., all’epoca direttore della Direzione K, «Servizio esterno», della DG «Relazioni esterne», e trasmesso al ricorrente, che l’ha ricevuto il 28 aprile 2003.

4        Con nota inviata il 29 aprile 2003 il ricorrente ha espresso il proprio disaccordo con il REC, sollecitando un colloquio con l’incaricato della convalida. Tale colloquio si è svolto il 21 maggio 2003.

5        Il 5 giugno 2003 l’incaricato della convalida ha inviato al ricorrente una nota informandolo della propria decisione di confermare le osservazioni contenute nel REC e la valutazione globale di 13 punti su 20.

6        Il Comitato paritetico per la valutazione per il servizio esterno, adito dal ricorrente, ha ritenuto, con decisione 30 settembre 2003, che non occorresse modificare il REC.

7        Di conseguenza il REC è stato definitivamente confermato dal valutatore d’appello il 10 ottobre 2003 e notificato al ricorrente il 9 maggio 2004.

2.     Fase precontenziosa

8        Con lettera del 12 settembre 2003, intitolata «Reclamo ai sensi dell’art. 90 dello Statuto per molestie», inviata all’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), il ricorrente ha proposto talune censure sostenendo di essere stato oggetto di molestie da parte dei suoi superiori gerarchici, in particolare da parte del sig. M., nel corso dell’esercizio delle sue funzioni in Guatemala. Secondo il ricorrente, tali molestie sarebbero legate al fatto che egli aveva informato la Commissione di alcune irregolarità che avrebbe constatato nella gestione della delegazione in Guatemala da parte del signor M., suo predecessore in tale posto.

9        Il ricorrente sosteneva altresì l’illegittimità del REC, in quanto il sig. M. si sarebbe trovato in una situazione di conflitto di interessi, a causa della profonda inimicizia tra loro esistente. Il ricorrente ha inoltre richiesto, nel medesimo documento, l’apertura di un’inchiesta relativamente a taluni comportamenti del sig. M. e di altri dipendenti della Commissione, oltre a rivendicare nei confronti della Commissione il «diritto di protezione», nonché il risarcimento di «tutte le conseguenze fisiche, materiali, morali e intellettuali» da lui subite.

10      Dopo essere stata in un primo tempo oggetto di una decisione di rigetto implicito, la lettera del 12 settembre 2003, qualificata dall’APN come domanda di assistenza ai sensi dell’art. 24 dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), è stata esplicitamente respinta con decisione 25 marzo 2004 (in prosieguo: la «decisione dell’APN»). L’APN ha ritenuto che il REC non fosse illegittimo. Essa ha inoltre ritenuto che i rilievi presentati dal ricorrente non consentissero di accogliere la sua domanda di assistenza. L’APN ha tuttavia trasmesso i rilievi del ricorrente all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (in prosieguo: l’«OLAF») nonché all’Ufficio di indagine e di disciplina, ai fini dell’eventuale avvio di inchieste, riservandosi il diritto di modificare le proprie conclusioni nel caso in cui tali inchieste avessero apportato nuovi elementi.

3.     Collocazione in pensione del ricorrente

11      In occasione della sua riunione del 31 gennaio 2005, una commissione di invalidità ha ritenuto il ricorrente affetto da invalidità permanente totale. La commissione di invalidità non si è pronunciata circa la possibilità che l’invalidità fosse la conseguenza di una malattia professionale. Sulla base delle conclusioni della commissione di invalidità, l’APN ha deciso, in data 7 febbraio 2005, di collocare il ricorrente in pensione e di concedergli il beneficio di un assegno di invalidità a partire dal 28 febbraio 2005.

4.     Indagini dell’OLAF

12      Con decisione 20 settembre 2004 l’OLAF ha aperto un’inchiesta sulla base delle affermazioni fatte pervenire dal ricorrente all’APN. Tale inchiesta è stata chiusa con la relazione finale del 30 maggio 2006 (in prosieguo: la «relazione dell’OLAF») senza che siano state rilevate irregolarità o formulate raccomandazioni.

 Procedimento e conclusioni delle parti

13      Il ricorrente ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 21 giugno 2004.

14      Il Tribunale (Seconda Sezione) ha chiesto alle parti di depositare taluni documenti ed ha posto loro una serie di quesiti scritti. Il ricorrente e la Commissione hanno risposto ai quesiti e depositato i documenti.

15      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso l’apertura della fase orale del procedimento.

16      Le parti hanno svolto le proprie difese orali e risposto ai quesiti formulati oralmente dal Tribunale all’udienza del 14 novembre 2006.

17      All’udienza la Commissione è stata invitata a produrre una copia della relazione dell’OLAF, nonché del rapporto relativo all’ispezione compiuta dai servizi della Commissione in Guatemala in data 12 settembre 2002 (in prosieguo: il «rapporto ispettivo»). Una volta depositati tali documenti, il ricorrente è stato invitato a presentare le proprie osservazioni rispetto agli stessi. La Commissione, in data 7 dicembre 2006, ha depositato tali documenti, sui quali il ricorrente, su invito del Tribunale, ha presentato le proprie osservazioni in data 8 gennaio 2007.

18      Con decisione del presidente della Seconda Sezione del Tribunale 23 gennaio 2007 è stata chiusa la fase orale.

19      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione dell’APN in quanto ha respinto la sua domanda di assistenza ai sensi dell’art. 24 dello Statuto;

–        annullare il REC;

–        riconoscere il suo diritto al risarcimento dei danni subiti a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN, del REC e di tutti gli altri comportamenti vessatori dei suoi superiori gerarchici;

–        condannare la Commissione alle spese.

20      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare l’irricevibilità delle domande di annullamento;

–        respingere il ricorso;

–        pronunciarsi sulle spese secondo diritto.

 In diritto

1.     Sul rispetto delle formalità procedurali

21      Ciascuna delle parti ha proposto una censura relativa al rispetto, da parte dell’altra, delle formalità connesse alla rappresentanza dinanzi al Tribunale. La Commissione sostiene così che la firma del ricorrente sul mandato conferito agli avvocati appare identica a quella apposta sul mandato nella causa T‑250/04. Il ricorrente, da parte sua, richiama il fatto che il controricorso non è stato firmato dall’avvocato che assiste gli agenti della Commissione.

22      Per quanto riguarda l’apparente identità dei mandati conferiti nella presente causa e nella causa T‑250/04, tale circostanza non è in grado di inficiare la regolarità della rappresentanza del ricorrente. Le norme di procedura applicabili dinanzi al Tribunale non vietano infatti che una parte produca un unico mandato che riguarda più cause dinanzi a tale organo giurisdizionale alle quali essa intende partecipare, e dunque che un medesimo mandato sia prodotto dal rappresentante in questione nell’ambito di più ricorsi.

23      Per quanto riguarda la censura del ricorrente, l’art. 19, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale ai sensi dell’art. 53 dello stesso, prevede che le istituzioni comunitarie siano rappresentate dinanzi alla Corte da un agente. Pertanto la firma del controricorso da parte dei due agenti della Commissione, non contestata dal ricorrente, è sufficiente, non essendo necessaria, alla luce delle norme di procedura applicabili dinanzi al Tribunale, la firma dell’avvocato che assiste tali agenti.

24      Poiché dall’esame di tali censure non è emersa alcuna irregolarità, le stesse devono essere respinte.

2.     Sulla ricevibilità

 Sul rinvio generale ai fatti esposti nella lettera del 12 settembre 2003

25      Nell’atto introduttivo il ricorrente ha fatto riferimento a tutti i fatti esposti nella sua lettera del 12 settembre 2003.

26      Ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte e dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, l’atto introduttivo deve contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare le proprie difese e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente, senza dover ricorrere ad altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e una buona amministrazione della giustizia, è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui il ricorso si fonda risultino almeno sommariamente, ma comunque in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso. Sebbene il contenuto dell’atto introduttivo possa essere sostenuto e completato, su punti specifici, con rinvii a parti di documenti allegati, un rinvio generale ad altri scritti, anche allegati all’atto introduttivo, non può compensare l’assenza degli elementi essenziali dell’argomentazione giuridica, i quali, in base alle disposizioni ricordate più sopra, devono essere contenuti nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti che esso potrebbe ritenere alla base del ricorso, poiché gli allegati hanno una funzione puramente probatoria e strumentale (ordinanza del Tribunale 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II‑523, punti 20-22; sentenze del Tribunale 21 marzo 2002, causa T‑231/99, Joynson/Commissione, Racc. pag. II‑2085, punto 154, e 3 marzo 2004, causa T‑48/01, Vainker/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑51 e II‑197, punto 151).

27      Risulta da quanto precede che, nella parte in cui richiama censure non esplicitate nell’atto introduttivo, il rinvio generale ai fatti esposti nella lettera del 12 settembre 2003 deve essere dichiarato irricevibile.

 Sul rispetto della procedura precontenziosa

28      Per quanto riguarda le domande finalizzate all’annullamento della decisione dell’APN e al risarcimento del danno asseritamente subito a causa del comportamento dei superiori gerarchici del ricorrente, si deve ricordare che gli artt. 90 e 91 dello Statuto subordinano la ricevibilità del ricorso giurisdizionale proposto da un dipendente contro l’istituzione a cui appartiene alla condizione di principio del regolare svolgimento del previo procedimento amministrativo che gli stessi istituiscono. Tali norme sono di ordine pubblico, e le parti non vi si possono sottrarre. Ai sensi dell’art. 113 del suo regolamento di procedura, il Tribunale può sempre esaminare d’ufficio i motivi di irricevibilità di ordine pubblico (v. sentenza del Tribunale 13 luglio 2006, causa T‑285/04, Andrieu/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 129 e giurisprudenza ivi citata) e, di conseguenza, il rispetto di tali norme procedurali.

29      Si deve in proposito ricordare che, ai sensi dell’art. 91, n. 2, dello Statuto, un ricorso può essere proposto dinanzi al Tribunale soltanto se l’APN ha prima ricevuto un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto nel termine ivi previsto e tale reclamo è stato oggetto di una decisione esplicita o implicita di rigetto. L’art. 90, n. 2, dello Statuto prevede che l’APN può ricevere un reclamo proposto contro un atto che arreca pregiudizio al dipendente, sia che l’APN abbia preso una decisione sia che essa non abbia adottato un provvedimento imposto dallo Statuto. Un atto pregiudizievole può consistere, in particolare, nel rigetto, implicito o esplicito, di una domanda preliminare inviata dal dipendente all’APN ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto.

30      Di conseguenza, se il dipendente intende contestare un atto a lui pregiudizievole può presentare direttamente un reclamo all’APN e successivamente, se questo è respinto, proporre un ricorso dinanzi al Tribunale chiedendo l’annullamento dell’atto pregiudizievole, un risarcimento o entrambe le cose.

31      Per contro, se il dipendente lamenta un danno non derivante da un atto pregiudizievole ai sensi dello Statuto, egli può avviare la procedura soltanto proponendo all’APN una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, il cui eventuale rigetto costituirà una decisione a lui pregiudizievole contro la quale potrà presentare un reclamo che, eventualmente, potrà essere oggetto di un ricorso di annullamento e/o di un ricorso per risarcimento (v. sentenza Andrieu/Commissione, cit., punto 133 e giurisprudenza ivi citata).

32      In questo caso, per quanto concerne la domanda di annullamento della decisione dell’APN, si deve osservare che, nonostante il titolo «Reclamo ai sensi dell’art. 90 dello Statuto per molestie», la cui scelta, da parte del ricorrente, non può vincolare il Tribunale (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 14 febbraio 2005, causa T‑406/03, Ravailhe/Comitato delle regioni, Racc. PI pagg. I‑A‑19 e II‑79, punto 41 e giurisprudenza ivi citata), la lettera del 12 settembre 2003 costituisce in realtà una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto. Infatti la rivendicazione, da parte del ricorrente, del suo diritto all’assistenza era finalizzata all’adozione, da parte dell’APN, di una decisione nei suoi confronti, e non era diretta contro un atto pregiudizievole. Essa non può dunque essere qualificata come reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto. Pertanto, il rigetto da parte dell’APN della lettera del 12 settembre 2003 costituisce un atto recante pregiudizio al ricorrente. Ebbene, il ricorrente non ha proposto all’APN un reclamo contro il rigetto della lettera del 12 settembre 2003. Di conseguenza, poiché il ricorrente non ha seguito la procedura precontenziosa richiesta dallo Statuto, la domanda di annullamento della decisione dell’APN è irricevibile.

33      La medesima conclusione si impone per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno subito a causa dei comportamenti asseritamente vessatori dei superiori gerarchici del ricorrente. Infatti, a differenza delle domande di risarcimento del danno subito a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN e del REC, il ricorrente sostiene di aver subito un danno in mancanza di atti pregiudizievoli. Egli era pertanto tenuto a seguire una procedura precontenziosa in due fasi, cioè la presentazione di una domanda e in seguito, eventualmente, la proposizione di un reclamo, ai sensi dell’art. 90, nn. 1 e 2, dello Statuto. Ebbene, anche se la lettera del 12 settembre 2003 contiene un passaggio che può essere interpretato come una richiesta di risarcimento dei danni subiti (v. supra, punto 9, parte finale), essa è stata integralmente rigettata dall’APN. Alla luce di tutto ciò, in base alla giurisprudenza sopra richiamata, il ricorrente era tenuto a proporre un reclamo contro il rigetto della sua domanda di indennizzo da parte dell’APN. Poiché tale reclamo non è stato presentato, la domanda proposta dinanzi al Tribunale è irricevibile.

 Sull’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del REC

 Argomenti delle parti

34      La Commissione sostiene che la domanda di annullamento del REC è divenuta irricevibile, dal momento che il ricorrente è stato collocato in pensione e ammesso al beneficio di un assegno di invalidità. Infatti, il dipendente in pensione non avrebbe alcun interesse a chiedere l’annullamento di decisioni in grado di produrre effetti negativi sulla sua carriera.

35      Il ricorrente ritiene di avere ancora un interesse all’annullamento del REC, dal momento che quest’ultimo ha intaccato la sua immagine e il suo stato di salute, oltre ad aver messo in dubbio la sua professionalità. Inoltre, una decisione sulla legittimità del REC avrebbe conseguenze per la situazione economica del ricorrente, dal momento che, da un lato, la stessa sarebbe presa in considerazione nell’ambito del ricorso per il risarcimento del danno e, dall’altro, gli consentirebbe eventualmente di rivendicare un migliore riconoscimento delle sue qualifiche e, di conseguenza, un trattamento economico più elevato. Inoltre, l’accertamento dell’illegittimità del REC sarebbe importante per l’eventuale riconoscimento, da parte della commissione di invalidità, dell’origine professionale della sua invalidità.

 Giudizio del Tribunale

36      Secondo la giurisprudenza, affinché un dipendente collocato in pensione possa presentare un ricorso per l’annullamento di una decisione dell’APN è necessario che lo stesso conservi un interesse personale all’annullamento della decisione impugnata (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 15 febbraio 1995, causa T‑112/94, Moat/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑37 e II‑135, punto 26, e sentenza del Tribunale 29 maggio 1997, causa T‑6/96, Contargyris/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑119 e II‑357, punto 32).

37      Per quanto riguarda il REC impugnato nel presente ricorso, è pacifico, in giurisprudenza, che un rapporto di evoluzione della carriera, in quanto documento interno, ha la funzione principale di garantire all’amministrazione un’informazione periodica circa il compimento dei propri doveri da parte dei suoi dipendenti (v. ordinanza del Tribunale 30 novembre 1998, causa T‑97/94, N/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑621 e II‑1879, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Nei confronti del dipendente esso svolge un ruolo importante per l’andamento della carriera, essenzialmente in materia di trasferimento e di promozione. Pertanto, in linea di principio esso incide sugli interessi della persona valutata solo fino alla cessazione definitiva delle sue funzioni (ordinanza N/Commissione, cit., punto 26).

38      In questo caso, è pacifico che, dopo il deposito del ricorso, il ricorrente è stato collocato in pensione e ammesso al beneficio di una pensione di invalidità. Inoltre, come risulta dalle risposte delle parti all’udienza, la decisione di collocamento in pensione è divenuta definitiva, dal momento che il ricorrente non ha presentato reclamo, e nulla indica che sia probabile un miglioramento del suo stato di salute che consenta la sua reintegrazione al servizio della Commissione. Il ricorrente non ha pertanto più interesse a chiedere l’annullamento del REC.

39      Le circostanze fatte valere dal ricorrente non sono in grado di modificare tale conclusione. Infatti, in primo luogo, l’esistenza di un rapporto di evoluzione della carriera, in quanto documento interno, non costituisce, in linea di principio, un attacco all’immagine e alla professionalità di un dipendente collocato a riposo, il quale non fa più parte dell’istituzione che ha redatto il documento. In secondo luogo, il problema dell’esistenza di eventuali effetti pregiudizievoli del REC per la salute del ricorrente si pone soltanto nell’ambito della domanda di risarcimento del danno asseritamente subito dal ricorrente (v., di seguito, punti 42 e ss.). In terzo luogo, l’annullamento del REC in sé solo, cioè in mancanza dell’annullamento di una decisione di non promozione, non può dare diritto ad un trattamento economico migliore per il ricorrente. Ebbene, il presente ricorso non riguarda una decisione di non promozione, e il ricorrente non sostiene di averne impugnata una al di fuori del ricorso in esame. In quarto ed ultimo luogo, il ricorrente non fornisce elementi a sostegno della sua tesi secondo cui l’esame della legittimità del REC potrebbe influire sull’eventuale riconoscimento, da parte della commissione di invalidità, dell’origine professionale della sua invalidità. Si tratta in tal caso di una semplice affermazione, dal momento che l’esistenza di un’influenza di questo tipo non risulta neppure dai fatti di causa, come esposti al Tribunale.

40      Alla luce di tutto ciò, la domanda di annullamento del REC deve essere dichiarata irricevibile.

41      Tale conclusione non è rimessa in discussione dalla giurisprudenza secondo cui un dipendente collocato in pensione conserva un interesse personale a proporre un ricorso di annullamento poiché, nel caso di annullamento della decisione impugnata, egli avrebbe la possibilità di proporre in seguito un ricorso per il risarcimento del danno che potrebbe aver subito (v., in tal senso, sentenze del Tribunale 5 dicembre 1990, causa T‑82/89, Marcato/Commissione, Racc. pag. II‑735, punto 54, e Contargyris/Consiglio, cit., punto 32). Infatti, nel caso in esame il ricorrente ha già esaurito tale possibilità, proponendo una domanda per il risarcimento del danno asseritamente subito per l’illegittimità del REC contemporaneamente alla domanda finalizzata all’annullamento di quest’ultimo.

 Sulla ricevibilità delle domande di risarcimento per il danno asseritamente subito a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN che ha respinto la domanda di assistenza e del REC

42      La Commissione sostiene inoltre che le domande di risarcimento per il danno asseritamente subito a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN che ha respinto la domanda di assistenza e del REC sono irricevibili, in quanto strettamente legate a domande di annullamento irricevibili.

43      È vero che, secondo la giurisprudenza, un dipendente non può, con una domanda di risarcimento danni, eludere l’irricevibilità di una domanda diretta contro l’illegittimità dello stesso atto e intesa ad ottenere lo stesso risultato pecuniario (sentenza della Corte 15 dicembre 1966, causa 59/65, Schreckenberg/Commissione, Racc. pag. 734, in particolare pag. 744) e che, di conseguenza, l’irricevibilità di una domanda di annullamento comporta l'irrecevibilità della domanda di risarcimento ad essa collegata (sentenza della Corte 14 febbraio 1989, causa 346/87, Bossi/Commissione, Racc. pag. 303, punto 31; v. altresì, in tal senso, sentenza della Corte 12 dicembre 1967, causa 4/67, Collignon/Commissione, Racc. pag. 430, in particolare pag. 439).

44      Tale giurisprudenza è stata tuttavia formulata nell’ambito di cause in cui i ricorrenti hanno omesso di impugnare con un ricorso di annullamento gli atti all’origine del danno asseritamente subito, oppure in cui tali ricorsi di annullamento sono stati dichiarati irricevibili perché presentati tardivamente. Pertanto, la regola giurisprudenziale ha esplicitamente lo scopo di evitare che un dipendente che non ha impugnato in tempo utile una decisione dell’APN che gli arreca pregiudizio possa eludere tale preclusione presentando un ricorso per il risarcimento del danno sulla base della presunta illegittimità di detta decisione (sentenze Schreckenberg/Commissione, cit., pag. 744, e Bossi/Commissione, cit., punti 31 e 34; sentenza del Tribunale 6 aprile 2006, causa T‑309/03, Camós Grau/Commissione, Racc. pag. II‑1173, punto 76; v. altresì, in tal senso, sentenze della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punto 11; Collignon/Commissione, cit., pag. 439, e 7 ottobre 1987, causa 401/85, Schina/Commissione, Racc. pag. 3911, punti 10 e 13).

45      Alla luce di tali considerazioni, risulta che la domanda di risarcimento relativa al presunto danno subito a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN che ha respinto la domanda di assistenza è irricevibile. Come infatti è stato osservato sopra, al punto 32, omettendo di presentare un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto il ricorrente non ha soddisfatto il requisito dello svolgimento regolare della fase precontenziosa. Poiché tale omissione è assimilabile alle situazioni richiamate al punto precedente, in quanto essa riguarda il mancato rispetto, da parte del ricorrente, della procedura prescritta per chiedere l’annullamento di un atto pregiudizievole, l’applicazione della regola giurisprudenziale sopra ricordata è giustificata.

46      Per contro, per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno asseritamente subito a causa dell’illegittimità del REC, si deve osservare che il ricorrente ha contestato tempestivamente con un ricorso di annullamento la legittimità del REC, dal momento che quest’ultimo ricorso non era soggetto al rispetto di una procedura precontenziosa (v., in tal senso, sentenza Andrieu/Commissione, cit., punto 132 e giurisprudenza ivi citata). Soltanto dopo il deposito del ricorso la domanda di annullamento è divenuta irricevibile, e ciò per una ragione indipendente dalla volontà del ricorrente, vale a dire il suo collocamento in pensione. In tali circostanze, dichiarare la ricevibilità della domanda di risarcimento non significa consentire al ricorrente di eludere una preclusione connessa al mancato rispetto della procedura appropriata per chiedere l’annullamento dell’atto di cui sostiene l’illegittimità.

47      Si deve inoltre osservare che, sebbene il ricorrente non abbia più alcun legittimo interesse ad ottenere l’annullamento del REC, egli conserva tuttavia un interesse a chiedere un riesame della legittimità di tale atto nell’ambito di una domanda per il risarcimento del danno professionale, fisico e morale che egli ritiene di avere subito a causa del comportamento della Commissione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 13 dicembre 1990, causa T‑20/89, Moritz/Commissione, Racc. pag. II‑769, punto 18, non annullata, in sede di impugnazione, nella parte relativa alla ricevibilità).

48      Ne consegue che la domanda di risarcimento relativa agli effetti dannosi dell’asserita illegittimità del REC deve essere dichiarata ricevibile, per cui occorre esaminarla nel merito.

3.     Sulla fondatezza della domanda di risarcimento del danno subito a causa dell’illegittimità del REC

49      Secondo una costante giurisprudenza, perché sussista una responsabilità extracontrattuale della Comunità occorre che sia soddisfatto un insieme di condizioni relative all’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, all’effettività del danno lamentato e all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento e il danno fatto valere (sentenza del Tribunale 9 febbraio 1994, causa T‑82/91, Latham/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑15 e II‑61, punto 72; ordinanza del Tribunale 24 aprile 2001, causa T‑172/00, Pierard/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑91 e II‑429, punto 34, e sentenza del Tribunale 9 novembre 2004, causa T‑116/03, Montalto/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑339 e II‑1541, punto 125). Queste tre condizioni sono cumulative, il che significa che non può sussistere la responsabilità della Comunità quando anche una sola di esse non è soddisfatta (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T‑165/95, Lucaccioni/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑203 e II‑627, punto 57, confermata in sede di impugnazione con sentenza della Corte 9 settembre 1999, causa C‑257/98 P, Lucaccioni/Commissione, Racc. pag. I‑5251, punto 14).

 Sul comportamento illegittimo

 Argomenti delle parti

50      Il ricorrente afferma in sostanza che, a causa di un’inimicizia personale derivante da una serie di fatti precedenti, il sig. M. non era imparziale al momento della redazione del REC. Tale inimicizia personale di lunga durata si rifletterebbe nel contenuto del REC e sarebbe da ultimo confermata dal fatto che il sig. M. ha chiesto di essere esentato dalla redazione del rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per l’anno 2003.

51      Secondo il ricorrente, in tale situazione il sig. M. avrebbe dovuto astenersi dal redigere il REC, e la Commissione, che era al corrente della sua parzialità, avrebbe dovuto incaricare altri suoi dipendenti di valutare il ricorrente. Il ricorrente afferma in proposito che, poiché non è stata rispettata la condizione dell’imparzialità di chi esprime un giudizio, il procedimento che ha condotto alla compilazione del REC è viziato da una grave illegittimità.

52      Il ricorrente sostiene inoltre che, a causa del ruolo fondamentale del valutatore, che deve condurre un dialogo con il valutato, le conseguenze di tale mancanza di imparzialità non potevano essere eliminate nominando un covalutatore nell’ambito della procedura di valutazione.

53      Per quanto riguarda più specificamente gli eventi precedenti alla redazione del REC, il ricorrente afferma che il sig. M. provava nei suoi confronti una profonda inimicizia. Tale ostilità personale, non correlata con i rapporti professionali, sarebbe connessa al fatto che il ricorrente aveva attirato l’attenzione della Commissione su talune anomalie e disfunzioni nella gestione della delegazione in Guatemala da parte del suo predecessore, il sig. M.

54      Il ricorrente afferma in proposito che, prima di assumere le proprie funzioni in Guatemala, egli era già stato qualificato come persona «litigiosa» da parte del sig. M., il che avrebbe inciso sulla sua reputazione professionale. Tale giudizio personale e infondato, finalizzato a nuocere all’immagine del ricorrente, sarebbe contraddetto dalle testimonianze di stima a lui indirizzate da parte dei suoi amici e colleghi in Guatemala.

55      Esempio di tale inimicizia personale sarebbe il fatto che, al termine della sua missione in Guatemala, il sig. M. lasciò la delegazione senza attendere l’arrivo del suo successore, cioè il ricorrente, e senza compiere il passaggio formale delle consegne, operazione indispensabile per la continuità del lavoro e imposta dalla prassi.

56      Il ricorrente fa inoltre osservare di avere informato la Commissione del fatto che, prima del suo arrivo, un certo sig. A. svolgeva un’attività per conto della Commissione in Guatemala senza alcun'altra legittimazione che l’autorizzazione di fatto del sig. M. (in prosieguo: il «caso A.»). Secondo il ricorrente tale grave circostanza, confermata dal rapporto ispettivo, e le sue conseguenze, tra le quali l’ispezione stessa, sono sufficienti per determinare l’esistenza di un’antipatia personale del sig. M. nei suoi confronti. Infatti, in seguito al caso A. il sig. M. avrebbe indirizzato al sig. S., all’epoca direttore del personale della DG «Relazioni esterne», una nota per contestare le affermazioni del ricorrente. In seguito alla comunicazione di tale nota il sig. S. avrebbe organizzato un incontro tra il ricorrente e il sig. M. a Bruxelles, nel dicembre 2000.

57      Il rapporto di profonda inimicizia e le molestie da esso derivanti avrebbero altresì toccato la sfera privata del ricorrente. Infatti, secondo le informazioni ottenute dal sig. R., autista presso la delegazione della Commissione in Guatemala che il ricorrente ha proposto di convocare come testimone, il sig. M. avrebbe espresso taluni commenti sulla sessualità del ricorrente. Secondo il ricorrente, tale atteggiamento è indicatore di un profondo disprezzo.

58      Quanto al contenuto del REC, la mancanza di obiettività del sig. M. risulterebbe dai suoi commenti, in quanto valutatore, sulla condotta del ricorrente nel servizio, secondo i quali «il sig. Combescot [aveva] relazioni complicate con i suoi colleghi, non sempre gradevoli e talvolta al di là dei limiti imposti dal principio di collegialità e del rispetto della vita privata». Si tratterebbe di una conclusione parziale del valutatore, motivata dalla sua antipatia personale nei confronti del ricorrente e indicatrice di intolleranza. Tale conclusione non sarebbe corroborata da alcun fatto specifico e sarebbe inoltre contraddetta da talune testimonianze di stima indirizzate al ricorrente da parte dei suoi colleghi del Guatemala.

59      Le osservazioni del valutatore sulle attitudini del ricorrente, le quali rilevano che egli è «buon comunicatore, [anche se] il suo spirito talvolta eccessivamente critico [ha] provocato in alcuni casi conflitti inutili nelle relazioni con le controparti locali», sarebbero caratterizzate dalla medesima mancanza di obiettività. Il valutatore avrebbe infatti nuovamente omesso di fornire elementi specifici in grado di consentire la verifica della fondatezza della sua valutazione, rendendola così non controllabile, in quanto sprovvista di motivazione.

60      Così l’autovalutazione del ricorrente, che non è stata commentata dal valutatore, nonché le osservazioni contenute nel rapporto ispettivo, sarebbero notevolmente diverse dalle conclusioni del valutatore, mettendo in luce i buoni risultati del lavoro del ricorrente in Guatemala. Il ricorrente chiarisce in proposito che, sebbene sia vero che la valutazione non spetta al dipendente valutato, il valutatore che si discosta in modo netto dall’autovalutazione è tenuto a motivare la propria posizione, il che non è stato fatto nel presente caso. Il ricorrente ne conclude che il REC è viziato da una incoerenza di fondo.

61      Il ricorrente conclude osservando che la parzialità della sua valutazione risulta dai punti che gli sono stati attribuiti nelle varie voci del REC, cioè 7 punti per il rendimento, un criterio di valutazione oggettivamente verificabile, 4 punti per le attitudini, un criterio soggettivo con un elemento discrezionale, e 2 punti per la condotta, il che costituirebbe una valutazione severa non sostenuta da fatti specifici. Secondo il ricorrente è infatti incoerente che il valutatore si esprima positivamente sul rendimento del dipendente valutato e negativamente sulle sue attitudini e sulla sua condotta.

62      La Commissione ritiene che il ricorrente non abbia fornito elementi a sostegno della propria tesi sulla parzialità del sig. M. e fa rilevare, in tale contesto, che gli atti del ricorrente non contengono una descrizione completa e precisa dei fatti.

63      Inoltre, il fatto che il sig. M., che era la persona più indicata per valutare il ricorrente, abbia richiesto l’organizzazione di un incontro per appianare le difficoltà conseguenti al caso A., nonché la sua domanda di essere esentato dalla valutazione del ricorrente per l’anno 2003 sarebbero prova dei suoi sforzi per instaurare rapporti professionali sereni con il ricorrente.

64      La Commissione ricorda inoltre che il REC è il risultato di una covalutazione di due valutatori e che è stato convalidato dal soggetto a ciò preposto.

65      Essa sostiene infine che il REC non è viziato da un errore manifesto di valutazione, che non contiene una contraddizione tra i punti attribuiti e le motivazioni fornite e che è sufficientemente motivato.

 Giudizio del Tribunale

66      Si deve preliminarmente osservare che, in considerazione del carattere fondamentale degli obiettivi di indipendenza e di integrità perseguiti dall’art. 14 dello Statuto, nella sua versione applicabile alla fattispecie, è pacifico, in giurisprudenza, che tale disposizione possiede un vasto ambito di applicazione. Quest’ultimo comprende ogni situazione che il dipendente che deve esprimere un parere su una determinata pratica deve ragionevolmente intendere come idonea ad apparire, agli occhi di terzi, come possibile causa di perdita della sua indipendenza a questo proposito (sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑89/01, Willeme/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑153 e II‑803, punto 47). Se ne deve concludere che un provvedimento adottato in violazione di tale esigenza di imparzialità e di integrità, come ad esempio un REC redatto da un valutatore parziale, può essere considerato illegittimo.

67      Occorre dunque valutare gli elementi addotti dal ricorrente per dimostrare la mancanza di imparzialità del sig. M.

–       Sugli eventi precedenti alla redazione del REC

68      Per quanto riguarda il primo evento precedente alla redazione del REC, il ricorrente non indica le circostanze in cui il sig. M. lo avrebbe qualificato «soggetto litigioso», ad esempio il luogo, la data esatta o gli interlocutori a cui il sig. M. si sarebbe rivolto. In tale situazione, il Tribunale non è in grado di verificare se l’evento in questione si sia verificato e, di conseguenza, non può prenderlo in considerazione.

69      Allo stesso modo, l’affermazione relativa alla partenza anticipata del sig. M. dal Guatemala non è in grado di dimostrare la parzialità di quest’ultimo. Infatti, da un lato, il ricorrente non ha presentato elementi a sostegno della veridicità della sua affermazione. Dall’altro, anche ammettendo che tale episodio si sia verificato, nulla, negli atti di causa, consente di ritenere che il comportamento del sig. M. sia stato dovuto ad un’antipatia nei confronti del ricorrente, e non ad un altro motivo.

70      Quanto al caso A., risulta dagli atti del fascicolo che il ricorrente ha trasmesso alla Commissione, poco tempo dopo il suo arrivo in Guatemala, taluni documenti che facevano riferimento ad alcune irregolarità nella gestione da parte del sig. M. della delegazione in Guatemala e all’appartenenza di quest’ultimo ad una «mafia», denunciando al tempo stesso i rapporti che il fratello di questi avrebbe avuto con ambienti criminali. Il sig. M. ha contestato tali affermazioni in una nota indirizzata al direttore del personale della DG «Relazioni esterne», il quale ha organizzato un incontro tra i due dipendenti per tentare di risolvere i loro contrasti.

71      Sebbene tale serie di eventi indichi l’esistenza di divergenze tra i due dipendenti interessati, si deve tuttavia osservare, da un lato, che le stesse sembrano almeno in parte dovute alla natura delle affermazioni avanzate dal ricorrente e, dall’altro, che il sig. M. ha scelto una soluzione di conciliazione e non ha adottato provvedimenti disciplinari o di altro tipo nei confronti del ricorrente. Inoltre, sebbene non si possa escludere che divergenze tra un dipendente e il suo superiore gerarchico possano creare una certa irritazione in quest’ultimo, tale eventualità non implica, in quanto tale, che il superiore gerarchico non sia più in grado di valutare oggettivamente i meriti del dipendente interessato (sentenza del Tribunale 23 febbraio 2001, cause riunite T‑7/98, T‑208/98 e T‑109/99, De Nicola/BEI, Racc. PI pagg. I‑A‑49 e II‑185, punto 188).

72      Per quanto infine riguarda i commenti sulle abitudini sessuali del ricorrente che sarebbero stati formulati dal sig. M., si deve osservare che il ricorrente non ha fornito indicazioni sufficientemente precise sulla data e il contenuto di tali affermazioni. Inoltre, sebbene egli abbia proposto di chiamare a testimoniare l’interlocutore del sig. M., il sig. G., all’epoca autista della delegazione in Guatemala, il ricorrente non ha tuttavia fornito al Tribunale le informazioni necessarie per convocare il testimone, in particolare per quanto riguarda l’identificazione precisa e il domicilio di quest’ultimo. Di conseguenza la domanda di provvedimenti istruttori deve essere respinta, così come l’affermazione del ricorrente, che non è sostenuta da alcun altro elemento.

73      Si deve anche osservare che, sebbene le copie della relazione dell’OLAF e del rapporto ispettivo depositate dalla Commissione attestino l’esistenza di talune divergenze tra il ricorrente e il sig. M. in connessione con il caso A., le stesse non consentono di concludere che quest’ultimo non sarebbe stato imparziale.

74      Risulta da quanto precede che si deve concludere che il ricorrente non ha dimostrato che il suo valutatore sarebbe stato parziale nella redazione del REC a causa degli eventi precedenti. Di conseguenza, non è stato dimostrato che il sig. M. avrebbe dovuto informare l’APN dell’esistenza di un conflitto di interessi, ai sensi dell’art. 14 dello Statuto allora in vigore, o ancora che la Commissione avrebbe dovuto sostituire il sig. M. con un altro valutatore.

75      Si deve inoltre ancora osservare che il REC è stato predisposto di comune accordo da parte di due covalutatori, il sig. M. e il sig. D.C., direttore della direzione G della DG «Relazioni esterne», ed è stato convalidato dal soggetto a ciò preposto, il sig. F, direttore della direzione K della medesima DG. Pertanto, anche ammettendo l’esistenza di una certa irritazione in capo al sig. M., l’intervento di questi due dipendenti è tale da controbilanciare il rilievo di tale circostanza. Infatti, il sistema che prevede l’intervento dell’organo di convalida nell’ambito del processo di valutazione deve essere considerato una garanzia in grado di neutralizzare un eventuale rischio di conflitto di interessi in capo al valutatore (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 12 luglio 2005, causa T‑157/04, De Bry/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑199 e II‑901, punto 46, non annullata su tale punto in sede di impugnazione).

76      A tale proposito, non può essere accolto l’argomento del ricorrente secondo il quale la partecipazione del covalutatore e dell’organo di convalida sarebbe irrilevante. Infatti, secondo le norme applicabili, da un lato, il capo delegazione e il direttore responsabile della zona geografica (in questo caso, il sig. D.C.) sono entrambi valutatori (art. 3, n. 1, della decisione della Commissione 27 dicembre 2002, recante modalità specifiche per la valutazione e la promozione del personale del servizio esterno) e, d’altra parte, il valutatore formula i suoi giudizi in stretta associazione con l’organo di convalida, insieme con il quale predispone il REC (art. 3, n. 1, e art. 7, n. 4, della decisione della Commissione 26 aprile 2002, recante le disposizioni generali di esecuzione dell’art. 43 dello Statuto). È inoltre pacifico che, nella fattispecie, il ricorrente ha effettivamente preso parte ad un colloquio con il soggetto incaricato della convalida, il sig. F.

–       Sul contenuto del REC

77      Il ricorrente sostiene che la mancanza di imparzialità del sig. M. si manifesta nel contenuto stesso del REC, che sarebbe peraltro caratterizzato anche da altri profili di illegittimità.

78      A tale proposito si deve preliminarmente ricordare che non spetta al Tribunale sostituire la propria valutazione a quella dei soggetti incaricati di giudicare il lavoro della persona valutata. Le istituzioni comunitarie dispongono infatti di un ampio potere discrezionale per la valutazione del lavoro dei loro dipendenti. I giudizi di valore sui dipendenti contenuti nel REC sono sottratti al controllo giurisdizionale, il quale si esercita soltanto sulle eventuali irregolarità formali, sugli errori di fatto manifesti che influenzano i giudizi dell’amministrazione nonché su un eventuale sviamento di potere (v. sentenza Andrieu/Commissione, cit., punto 99 e giurisprudenza ivi citata).

79      Per quanto riguarda, in primo luogo, le osservazioni contenute al punto 6.2 del REC, intitolato «Attitudini», nonché al punto 6.3, intitolato «Condotta nell’ambito del servizio» (v. più sopra, punti 58 e 59), si deve osservare che, sebbene il valutatore esprima talune riserve sullo svolgimento dei propri compiti da parte del ricorrente, le sue osservazioni non vanno al di là dei limiti di una valutazione oggettiva di un dipendente da parte del suo superiore gerarchico e, di conseguenza, non costituiscono una prova della parzialità di quest’ultimo o dell’esistenza di un manifesto errore di valutazione.

80      Le lettere elogiative prodotte dal ricorrente non sono tali, di per sé, da rimettere in discussione le osservazioni relative alla condotta nell’ambito del servizio. Infatti, sebbene una di queste lettere suggerisca che il ricorrente era stimato da una parte dei suoi collaboratori dell’ufficio in Guatemala, essa non consente tuttavia di applicare la medesima conclusione a tutti i colleghi della Commissione con cui il ricorrente era entrato in contatto, e in particolare ai suoi omologhi o ai suoi superiori gerarchici.

81      In secondo luogo, il fatto che il valutatore non abbia richiamato, nelle sue osservazioni, né l’autovalutazione del ricorrente né il rapporto ispettivo non è tale da dimostrare la parzialità del sig. M., e nemmeno può costituire un manifesto errore di valutazione della Commissione.

82      Da un lato, infatti, le critiche del valutatore si sono concentrate sui rapporti del ricorrente con i suoi colleghi e con gli interlocutori locali, mentre l’autovalutazione consisteva in sostanza in un’esposizione delle varie attività svolte e dei progetti realizzati. Di conseguenza, non sembra che il riferimento all’autovalutazione avrebbe modificato in modo rilevante il tenore delle osservazioni del valutatore nel REC. Inoltre, il solo fatto di non aver richiamato nei commenti tutti gli elementi dell’autovalutazione non può di per sé essere sufficiente per dimostrare che la Commissione non ha preso in considerazione tutti gli elementi rilevanti della fattispecie. L’esercizio della valutazione perderebbe infatti esso stesso ogni ragione di essere se il dipendente valutato vi svolgesse un ruolo predominante, e il valutatore dovesse soltanto confutare le affermazioni di tale dipendente (sentenza Andrieu/Commissione, cit., punto 92). Infine, il ricorrente non ha prodotto alcun elemento indicativo del fatto che il mancato riferimento all’autovalutazione sarebbe dovuto alla mancanza di imparzialità del suo valutatore.

83      Si deve d’altra parte notare che un rapporto, come in questo caso il rapporto ispettivo, redatto a scopi diversi dalla valutazione dei dipendenti della Commissione non costituisce, in generale, un elemento da tenere in considerazione da parte del valutatore nel redigere un rapporto di evoluzione della carriera. In ogni caso, nella fattispecie non è stato dimostrato che, al momento della predisposizione del REC controverso, il valutatore fosse a conoscenza dell’esistenza del rapporto ispettivo, o che fosse stato informato del suo contenuto. Ne consegue che non è stato dimostrato che il valutatore avrebbe dovuto prendere tale rapporto in considerazione.

84      In terzo luogo, per quanto riguarda la violazione dell’obbligo di motivazione in cui sarebbe incorso il valutatore, da un lato, non indicando esempi concreti a sostegno delle proprie critiche e, dall’altro, non motivando la propria scelta di differenziarsi rispetto all’autovalutazione del ricorrente e alle conclusioni del rapporto ispettivo, si deve ricordare che l’amministrazione ha l’obbligo di motivare i rapporti di evoluzione della carriera in modo sufficiente e preciso. La motivazione deve essere particolarmente accurata in talune situazioni, in particolare qualora il valutatore d’appello non accolga le raccomandazioni del comitato paritetico di valutazione, qualora il rapporto contenga valutazioni meno favorevoli di quelle contenute in un rapporto precedente o ancora qualora la redazione del rapporto sia effettuata con ritardo e il valutatore non sia più il superiore gerarchico del periodo a cui si riferisce la valutazione (sentenza del Tribunale 30 settembre 2004, causa T‑16/03, Ferrer de Moncada/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑261 e II‑1163, punti 49, 50, 53 e 54).

85      Orbene, la motivazione del REC, contenuta al punto 6, soddisfa tali requisiti. Essa infatti segue, sebbene brevemente, nelle tre voci che si riferiscono rispettivamente al rendimento, alle attitudini e alla condotta nell’ambito del servizio, la griglia di valutazione analitica del REC, indicando i punti forti e i punti deboli dello svolgimento da parte del ricorrente delle proprie funzioni. Inoltre, il ricorrente non fa valere alcuna delle citate circostanze che obbligherebbero l’amministrazione ad utilizzare una cura particolare nella motivazione del REC.

86      Ne consegue che il valutatore non era tenuto a fornire una motivazione più dettagliata al REC, indicando esempi concreti per suffragare i suoi giudizi di merito. Né era tenuto a motivare la propria scelta di distaccarsi dall’autovalutazione e dalle conclusioni del rapporto ispettivo, dal momento che, da un lato, un giudizio del valutatore che si distacchi per taluni aspetti dall’autovalutazione non deve essere specialmente motivato (sentenza Andrieu/Commissione, cit., punto 92) e, dall’altro, si è concluso sopra al punto 83 che il valutatore non era tenuto a prendere in considerazione tale rapporto ispettivo.

87      In quarto luogo, infine, per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui un rapporto di evoluzione della carriera che, come in questo caso, contiene una valutazione positiva per una voce e valutazioni fortemente negative per altre voci sarebbe incoerente e costituirebbe pertanto l’espressione della parzialità del valutatore, si deve riconoscere che le varie categorie di valutazione non sono del tutto indipendenti le une dalle altre. Infatti, le competenze di un dipendente e la sua condotta avranno normalmente una ripercussione sul suo rendimento. Tuttavia, dal momento che altri fattori possono influenzare la qualità generale delle prestazioni, non si può escludere che, nello svolgimento delle sue funzioni, un dipendente sia meno valido in un settore che in altri. Nella fattispecie, il punteggio di 4 su 6 per le «Attitudini» del ricorrente corrisponde a quello relativo al suo «Rendimento», che è di 7 punti su 10. Sebbene la valutazione per la sua «Condotta nell’ambito del servizio» sia relativamente meno elevata, con solo 2 punti su 4, la differenza rispetto alle altre voci non sembra tuttavia sufficientemente ampia per rilevare l’esistenza di una manifesta incoerenza.

88      Ne consegue che non è possibile accogliere alcuna delle censure relative al contenuto del REC.

–       Sulla domanda del sig. M. relativa al periodo di valutazione 2003

89      Per quanto riguarda il fatto che il sig. M. ha chiesto di essere esentato dalla redazione del rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per l’anno 2003, si deve osservare che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, tale circostanza non è necessariamente la manifestazione di un’antipatia di lunga durata nei suoi confronti, ma può avere altre cause, in particolare gli eventi legati alla redazione del REC controverso, la contestazione di quest’ultimo da parte del ricorrente e le sue affermazioni relative al sig. M. indirizzate all’APN. Ebbene, il ricorrente non ha fornito elementi che consentano di valutare i motivi che hanno effettivamente spinto il sig. M. a chiedere di essere sostituito nella sua funzione di valutatore del ricorrente.

90      Anche questa censura deve dunque essere respinta.

91      Risulta da tutto quanto precede che il ricorrente non ha sufficientemente dimostrato che il sig. M. non sia stato imparziale in sede di predisposizione del REC.

92      L’esame delle altre censure del ricorrente non ha consentito di rilevare l’illegittimità del REC per altri motivi.

93      Si deve dunque concludere che non è stata dimostrata l’esistenza di un comportamento illegittimo della Commissione nell’ambito della predisposizione del REC controverso. Mancando in tal modo una delle condizioni richieste dalla giurisprudenza citata sopra, al punto 49, deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno asseritamente subito dal ricorrente per la presunta illegittimità del REC, senza che sia necessario pronunciarsi relativamente all’importo del risarcimento richiesto.

94      Il ricorso deve dunque essere respinto nella sua interezza.

4.     Sui provvedimenti istruttori

95      Nei propri atti il ricorrente ha chiesto che fossero disposti alcuni provvedimenti istruttori. Su richiesta del Tribunale la Commissione ha prodotto il rapporto ispettivo e la relazione dell’OLAF. Quanto alla domanda di assunzione di una testimonianza, essa è stata respinta in quanto non sufficientemente precisa (v. supra, punto 72).

96      Poiché il Tribunale ha potuto risolvere la controversia sulla base dei documenti acquisiti al fascicolo, occorre respingere le altre domande di provvedimenti istruttori presentate dal ricorrente.

 Sulle spese

97      Ai sensi dell’ art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, ai sensi dell’art. 88 del medesimo regolamento, nelle cause fra le Comunità e i loro dipendenti le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Vista la soccombenza del ricorrente, si deve decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.


Pirrung

Meij

Pelikánová

Il cancelliere

 

       Il presidente

E. Coulon

 

       J. Pirrung

Indice

Fatti

1. Rapporto di evoluzione della carriera del ricorrente per il periodo 2001-2002

2. Fase precontenziosa

3. Collocazione in pensione del ricorrente

4. Indagini dell’OLAF

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

1. Sul rispetto delle formalità procedurali

2. Sulla ricevibilità

Sul rinvio generale ai fatti esposti nella lettera del 12 settembre 2003

Sul rispetto della procedura precontenziosa

Sull’interesse del ricorrente ad ottenere l’annullamento del REC

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità delle domande di risarcimento per il danno asseritamente subito a causa dell’illegittimità della decisione dell’APN che ha respinto la domanda di assistenza e del REC

3. Sulla fondatezza della domanda di risarcimento del danno subito a causa dell’illegittimità del REC

Sul comportamento illegittimo

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

– Sugli eventi precedenti alla redazione del REC

– Sul contenuto del REC

– Sulla domanda del sig. M. relativa al periodo di valutazione 2003

4. Sui provvedimenti istruttori

Sulle spese



* Lingua processuale: l'italiano.